Accertamento valore immobile:
come difendersi
Autore: Paolo Remer | 19/08/2019
La legge dice che il Fisco dovrebbe ascoltare sempre il contribuente e sentire le sue ragioni prima di emettere un accertamento. Sembra semplice, ma non lo è.
Un giorno ti arriva a casa un accertamento di rettifica del valore catastale della
tua abitazione; lo impugni in commissione tributaria perché ritieni di aver indicato correttamente la rendita del tuo immobile e non ritieni giusto il ricalcolo in aumento effettuato dal Fisco. Sai che è importante contestare la rendita aumentata per non “portartela dietro” così alta per tutti gli anni a venire: tutti i valori successivi sarebbero più elevati perché partirebbero da quel dato (la rendita catastale è la base per stabilire il valore del bene in caso di compravendita o per l’ammontare delle imposte annuali da pagare sugli immobili).
Nel tuo ricorso, fai rilevare un difetto evidente: l’ufficio ha emesso l’atto senza averti avvisato, interpellato o coinvolto prima in nessuna maniera; nessun funzionario ti ha convocato per informazioni o è venuto a fare un sopralluogo per verificare lo stato e le condizioni dei locali. L’amministrazione finanziaria, cioè, non ha posto in essere il previsto contraddittorio preventivo, nel corso del quale avresti potuto interloquire, esporre le tue ragioni e magari convincere i funzionari, facendoli desistere dall’emettere l’atto.
Con un semplice confronto e dialogo forse avresti avuto ragione in partenza ed avreste risparmiato tutti e due – tu e il Fisco – tempo e fatica: invece, ora sei costretto a ricorrere in giudizio per farti annullare l’atto che ha aumentato, a tuo avviso ingiustamente, il valore del bene e ti ha anche irrogato le sanzioni conseguenti.
Quando si sceglie come difendersi da un accertamento fiscale sul valore di un immobile, puntare sul fatto che il Fisco non ha svolto il contraddittorio preventivo (detto anche endoprocedimentale, che si compie all’interno del procedimento e prima dell’emanazione del provvedimento finale) con il contribuente è un ottimo cavallo di battaglia e si rivela spesso un’arma vincente: il principio, infatti, è previsto dalle principali leggi cardine sul procedimento amministrativo in generale [1] e su quello tributario in particolare [2], senza contare la giurisprudenza europea che afferma che il contraddittorio preventivo è «un principio di civiltà giuridica, generale ed ineludibile» [3].
Così, se l’Agenzia delle Entrate ti ha rettificato il valore catastale dell’immobile senza informarti prima, il gioco sembra fatto: ricorri in giudizio e vinci, ottenendo l’annullamento dell’atto invalido perché non ha rispettato questo fondamentale principio. Invece le cose non vanno sempre in questo modo e la vittoria non è affatto facile e scontata: sembra incredibile, ma la giurisprudenza nazionale in molti casi continua a tutt’oggi a dar torto ai contribuenti. L’ultimo caso è quello di
una recentissima sentenza della Commissione Tributaria Lombardia [4] che ha dato ragione all’ufficio finanziario ritenendo che proprio per l’accertamento catastale non c’è l’obbligo di applicare il contraddittorio preventivo.
Il problema è che non si tratta di una pronuncia isolata: i giudici lombardi seguono l’orientamento affermatosi in Cassazione [5] secondo il quale il contraddittorio endoprocedimentale è un obbligo generale solo per i tributi “armonizzati” a livello europeo (come ad esempio l’Iva), ma non per quelli “non armonizzati”
(come tutto il ceppo delle imposte sui redditi, tra cui il settore immobiliare), dove varrebbe «solo se è espressamente sancito» da una specifica disposizione di legge;
che nel caso esaminato, non c’è.
Nel caso deciso a Milano, inoltre, l’accertamento catastale si basava sul procedimento Docfa per l’aggiornamento dei dati (è l’architetto, ingegnere o geometra di fiducia del proprietario a compilare la dichiarazione e le relative schede) e per la Commissione tributaria lombarda questa circostanza ha «natura fortemente partecipativa» in modo da rendere ancor meno vincolante l’obbligo di contraddittorio preventivo e tantomeno della necessità di un sopralluogo sul posto dei funzionari.
Quando su problematiche così importanti per il pubblico, la giurisprudenza è spaccata (molti giudici di merito si discostano da questo orientamento restrittivo della Cassazione e essa stessa appare oscillante sul punto), di solito interviene a spada dritta il legislatore e, nel nostro caso, lo ha fatto proprio di recente, con il Decreto crescita [6] che ha esteso i casi di obbligatorietà del contraddittorio preventivo (anche l’Agenzia delle Entrate ha recepito questo indirizzo nella circolare emessa prima di Ferragosto [7]); ma non l’ha fatto ancora del tutto,
“dimenticandosi” proprio degli accertamenti sui valori immobiliari mediante modifica delle rendite catastali (l’intervento normativo riguardava i casi delle verifiche fiscali “a tavolino”, cioè fatte fuori dalla sede del contribuente, in genere impresa o professionista).
Comunque, la direzione verso la generalizzazione dell’obbligo di coinvolgere il contribuente in tutti i casi, e senza distinzioni, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento sembra segnata, ma rimane ancora parecchia strada da fare.
Intanto, se oggi ti arriva un avviso di accertamento che rettifica il valore catastale dei tuoi immobili, puoi sempre eccepire la violazione del contraddittorio preventivo, perché come abbiamo visto sono sempre di più coloro che ne
riconoscono la necessità e, quindi, il fatto che il Fisco non lo abbia instaurato può comportare l’invalidità dell’accertamento compiuto; così potrai ottenere l’annullamento dell’atto in via giudiziale.
Non dimenticare, però, di dire nel ricorso al giudice le ragioni che avresti esposto al Fisco se avessi avuto la possibilità di confrontarti prima dell’emanazione dell’accertamento: si tratta della cosiddetta prova di resistenza, che serve a dimostrare al giudice che eri in grado di far valere ragioni valide davanti all’Amministrazione finanziaria se il contraddittorio fosse stato attivato, in modo che, se ti avessero ascoltato in partenza, non ci sarebbe stata la necessità di emanare l’atto impositivo.
Note
[1] Art. 7 Legge 7 agosto 1990, n.241 "Comunicazione di avvio del procedimento".
[2] Art. 12, comma 7, Legge 27 luglio 2000, n.212 "Statuto del contribuente". [3]
Art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Nizza - Strasburgo 7 dicembre 2000 e 12 dicembre 2007; Corte di Giustizia UE, sent. C349/07 del 18 dicembre 2008, c.d. sentenza Sopropé. [4] Comm. Trib. Reg. Lombardia, sent. n.
3206/2019 del 22 luglio 2019. [5] Cass. Sez. Un. sent. n. 24823/2015 del 9 dicembre 2015 secondo cui «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo
generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in
concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati, mentre, per quelli non armonizzati, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale,
un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito»; nello stesso senso la successiva Cass. ord. n.
10903/2016 del 26 maggio 2016. [6] Art. 4 octies della Legge n. 59/2019 del 28 giugno 2019, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 34/2019. Tale norma ha inserito l'art. 5-ter al Dlgs 218/1997, secondo il quale: «L’ufficio, fuori dei casi in cui
sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l’invito a comparire di cui all’articolo 5 per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento». [7] Circolare Agenzia delle Entrate n.19/E del 8 agosto 2019 :
«L’Ufficio ha l’obbligo di instaurare il contraddittorio con il contribuente, invitandolo a comparire di persona o tramite rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti
ai fini dell’accertamento nonché di avviare, in caso di accertamento, il
procedimento per adesione, ai sensi dell’art.5 del decreto legislativo del 19 giugno
1997 n.218 (comma settimo)».