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IL TURISMO E LA NUOVA IMMAGINE DI RODI 4.1 Le ragioni e gli obiettivi della politica turistica

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CAPITOLO IV

IL TURISMO E LA NUOVA IMMAGINE DI RODI 4.1 Le ragioni e gli obiettivi della politica turistica

Il turismo comincia durante il ventennio fascista ad essere considerato un’industria alla stregua delle altre e quindi da pianificare, organizzare e promuovere.

1

A tale proposito Vittorio Buti commentava:

“La vecchia mentalità, per cui l’attirare il forestiere in un determinato paese…era considerata come una forma di parassitismo, indegna di un popolo civile, è ormai superata”.

2

Il Ministero dell’Educazione aveva istituito una cattedra di Economia turistica presso l’Università La Sapienza di Roma e vari enti come l’ENIT, il TCI e la CIT

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avevano fatto del fenomeno turistico l’obiettivo della loro attività.

4

La materia prima

5

Rodi la possedeva già per potervi impiantare un’industria turistica e per poter auspicare un sicuro sviluppo, così nel Dodecaneso, ma in particolare sull’isola di Rodi, si seguì la politica promossa a livello nazionale, cioè di sviluppo ed espansione di centri turistici.

I risultati che si registrarono nel settore turistico furono quelli più duraturi e redditizi che gli italiani ottennero rispetto a tutte le altre iniziative da essi avviate. Essi prepararono Rodi

“all’avvento del turismo di massa del secondo dopoguerra, quando Rodi sarebbe divenuta uno dei centri principali del turismo mediterraneo e l’industria delle vacanze sarebbe diventata la principale fonte di reddito e di lavoro dell’isola”.

6

Secondo Papani Dean il fatto che molti studiosi riconoscano nell’Italia la madrina che tenne a battesimo l’industria turistica a Rodi, è relativamente vero, poiché già prima dell’arrivo degli italiani esisteva una forma di turismo consolidata che consisteva soprattutto nell’arrivo di ricchi turisti provenienti dall’Egitto. Bisogna però anche dire che l’offerta turistica intesa in senso lato, (alberghi, svago, percorsi turistici, gite organizzate e guidate, mezzi e vie di comunicazione, ecc.) che prevedeva cioè la presenza di strutture e infrastrutture turistiche, era scadente e in certi casi inesistente. Gli egiziani venivano sì a Rodi in villeggiatura durante la stagione estiva prima dell’occupazione italiana, ma spesso si trattava più che di turisti, di egiziani di origine greca che tornavano a trascorrere i mesi estivi nella loro terra d’origine.

1

Martinoli., op. cit., p. 47

2

Articolo pubblicato in Rivista delle colonie italiane, 1930, p. 1086, in Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 47, nota 53

3

ENIT (Ente Nazionale per le Industrie Turistiche) istituito nel 1919; CIT (Compagnia Italiana Turismo) nel 1927; TCI (Touring Club Italiano) fondato come “Touring Club Ciclistico Italiano” a Milano nel 1894.

4

Martinoli., op. cit., p. 47.

5

Martinoli, op. cit., p. 48. “presenti tutte le premesse per attuare un ingresso in grande stile: bellezze del paesaggio, condizioni climatiche favorevoli, ricco patrimonio culturale, varietà di costumi e abitanti, da ultimo, un’ambientazione orientale” che incuriosiva gli europei.

6

Doumanis, op. cit., p. 75

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Molti greci si erano infatti trasferiti in massa in Egitto costituendo un’importante colonia greca soprattutto dalla metà dell’Ottocento attratti dal reclutamneto di manodopera per la costruzione del canale di Suez.

7

Il Generale Ameglio in un suo rapporto del 19 maggio 1912 sulla situazione politica di Rodi indirizzato al Presidente del Consiglio, descrivendo la situazione interna dice:

“Nulla di notevole per quanto riguarda le isole nella scorsa settimana. La popolazione rurale frattanto attende ai lavori campestri ed all’esportazione della frutta, che da Cos e da Rodi viene diretta in Egitto. D’altra parte, avvicinandosi la stagione estiva, molti benestanti rodioti residenti pei loro traffici ad Alessandria d’Egitto, sogliono venire a passare nell’isola i mesi di maggior calura...”

8

Gli egiziani di origine greca soggiornavano in abitazioni di loro proprietà per lo più in ville private e si fecero in seguito anche promotori finanziari di progetti in campo alberghiero:

“Il villaggio di Trianda, situato sulla costa occidentale dell’isola, era tradizionale meta dei greci emigrati in Egitto che continuarono a costrirvi le proprie ville anche grazie all’estensione al comune di Trianda (1924) dell’esenzione dall’imposta sui fabbricati.”

9

In quel periodo gli alberghi erano pochi, poco frequentati e mal gestiti, le vie di comunicazione e i mezzi di trasporto obsoleti e scomodi. Non esisteva nessuna forma di propaganda turistica e non si era creato alcun indotto a livello lavorativo. Gli operatori turistici erano pochi e poco professionali.

Sono tutti punti questi sui quali intervennero gli italiani modificandoli e sostituendo alla struttura preesistente una dimensione più attuale e dinamica che descriveremo in questo capitolo.

La studiosa fa inoltre presente che le caratteristiche e gli obiettivi dello sviluppo turistico avviato dagli italiani erano completamente diversi da quelli che sarebbero scaturiti successivamente.

10

Effettivamente, le ipotesi riguardanti le motivazioni che spinsero i governatori italiani a concentrare notevoli energie nello sviluppo del turismo, sono per lo più legate a uno degli obiettivi da raggiungere nel progetto a lungo termine previsto per lo sfruttamento e la trasformazione di Rodi:

“A differenza degli interventi in campo agricolo, gli investimenti nel settore turistico si sono rivelati fin troppo lungimiranti, trattandosi di un settore in cui effettivamente si è incanalato lo sviluppo successivo delle isole fino ai nostri giorni, con profonde ripercussioni sulla trasformazione del territorio.”

11

L’Italia fascista che mirava ad acquisire prestigio sulla scena internazionale, voleva “ trasformare le isole in monumenti di modernità italiana ”

12

e il settore turistico rappresentava l’occasione per mostrare al mondo intero i risultati ottenuti. L’impiego di notevoli risorse era giustificato quindi dall’obiettivo del colonialismo italiano, che cercava di mantenere elevati standard estetici per proiettare un’idea

7

Kolodny, 1974, II, p. 569-574. Cit. in Martinoli, nota 71 p. 54.

8

prot. 2911 - Archivio Centrale dello Stato

9

Martinoli, nota 77, p. 54

10

“Non appare invece condivisibile la valutazione – abbastanza diffusa e condivisa dal francese Kolodny- secondo la quale sarebbero poste allora le basi per lo sviluppo dell’industria turistica, quando si consideri che già da tempo Rodi in particolare era la meta di ricchi turisti egiziani e che a quel tempo, come è noto, il turismo aveva caratteristiche e prospettive completamente diverse da quelle che avrebbero assunto successivamente.” Papani Dean, p. 46-47.

11

Martinoli, op. cit., p. 47, nota 50

12

Doumanis, op. cit., p. 21

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di potenza. Dai commenti fatti dagli intervistati da Nicholas Doumanis, pare che l’obiettivo fosse stato raggiunto:

“...tutta la gente di qui amava guardare queste cose. I turisti, soprattutto greci, venivano a fare fotografie...Ogni venerdì passava un’imbarcazione piena di turisti...amavano la nostra città...”

13

Gli intervistati, oltre ad esaltare lo stile delle costruzioni italiane ne esaltavano anche la qualità.

Il turismo rappresentava per le isole secondo gli italiani, una importante risorsa con un duplice valore, non solo economico, ma anche “spirituale”. Secondo Pistolese, infatti, l'attrazione dei forestieri non si traduceva, soltanto in maggiori entrate per l'economia locale, ma serviva anche a favorire quei contatti fra l'elemento italiano e gli abitanti della Grecia, Turchia, Egitto soprattutto, con le quali si poteva attivare una intensa collaborazione, oltre che commerciale, anche culturale, che serviva a compiere e realizzare quella funzione di espansione e affermazione spirituale italiana nel Levante.

14

Dainelli, prospettando lo sviluppo turistico dell’isola, ipotizzava un risultato positivo legato non solo ai numeri di un utile sicuro, ma anche ad una ulteriore partita vinta dall’Italia a caccia di consensi:

“... ed il commercio locale forzatamente prenderà sviluppo e dal più diffuso e più grande benessere della popolazione, prodotto dal flusso di ricchezza cosmopolita, deriverà anche una maggiore benevolenza, non soltanto da parte da parte di ebrei e turchi, verso il regime italiano”.

15

Il governo coloniale, che mirava a fare di Rodi una meta turistica tra le più ricercate, e puntava a farne il centro turistico del Mediterraneo orientale,

16

trovò nel lungimirante governatore Lago un ottimo interprete di questa iniziativa che fin da subito istituì l'Ufficio propaganda e turismo del Regio Governo di Rodi, attivo a partire all’incirca dal 1926, di modo che le compagnie di viaggi potessero affidarsi totalmente ad esso.

Il programma di Lago era stato pubblicato sul Messaggero di Rodi nel luglio del 1923 e siglato da uno pseudonimo:

“1) sistemare il porto, in modo da favorirvi il traffico rendendolo comodo e sollecito; 2) dare impulso alle costruzioni edilizie per rendere la città più adatta ai suoi nuovi compiti, e svilupparvi la industria alberghiera e tutte le industrie relative al movimento dei forestieri; 3) farvi la base di irradiazione del Levante della cultura e della civiltà italiane nell’Oriente mediterraneo, nonché di tutte le nostre istituzioni bancarie ed industriali che fino ad ora dipendevano da Costantinopoli e da Alessandria o da Smirne.”

17

Una delle prime tattiche adottate da Lago, quella della fidelizzazione del cliente tramite la promessa di rendere sempre più piacevole la permanenza dei villeggianti a Rodi fu descritta in un trafiletto pubblicato sul Messaggero di Rodi del 16 agosto 1923, “Festeggiamenti in onore dei villeggianti”

emerge la tattica:

13

Dumanis, op. cit. p. 188

14

Gennaro Pistolese, op. cit., p. 210

15

Dainelli, op. cit., pp. 52-53

16

Doumans, op. cit., p. 74, nota 88

17

Ciacci, 1991, op. cit., p. 162

(4)

«Rodi vuoi degnamente mestiate la sua gratitudine ai villeggianti, che, confidando nella dolcezza del dima, e attratti dalle naturali bcllerae e dal fascino dei superbi monumenti secolari, sono qui convenuti a cercare riposo e svago. Con questi grandi festeggiamenti, che un Comitato d'Onore formato dalle più cospicue personalità cittadine ha predisposto e che un Comitato Direttivo sta attivamente preparando, il Comune di Rodi vuoi fare in modo che gli ospiti portino grato ricordo dell'Isola, non dimentica delle sue 'antiche tradizioni ospitali, e assicurare per il primo anno col ritorno dei vecchi, l'arrivo di molti altri villeggianti, E intende prometter loro pubblicamente che sarà cura principale e assidua delle autorità e di tutti i cittadini di rendere la bella città sempre più confacentc ai loro desideri e alle loro necessità, sviluppando le industrie alberghiere e turistiche richieste dal sempre crescente movimento dei forestieri». Il progetto per il futuro turistico delia città era ormai evidentemente stato definito.”

18

Lago, al contrario di altri che vedevano nell’isola un futuro di industrializzazione, appoggiava lo sviluppo dell’industria turistica. Il suo programma era condiviso da molti anche pubblicamente con articoli pubblicati sul Messaggero di Rodi come quello di Nebili Masuero:

“Una delle principali industrie di cui Rodi dovrebbe diventare centro è quella del forestiero.”

19

e da Anatolio (uno pseudonimo):

“…che il primo passo verso quella organizzazione turisticaa di Rodi che sarà indubbiamente una delle fonti principali di ricchezza della città…”

20

Altri come Migliorini temevano che il progresso dell’industria turistica avrebbe riguardato solo la città mentre era di tutta l’isola che bisognava occuparsi e quindi anche delle zone più interne:

“Non vi è dubbio che l’avvenire di Rodi, centro commerciale e culturale sia cosa di grande interesse e importanza, ma nel considerare questo avvenire noi non dobbiamo trascurare l’importanza e la prosperità che verrà col tempo a raggiungere questa nostra città di Rodi; essa rimarrà sempre tra l’altro, anche il capoluogo di provincia e come tale, intimamente collegata alle sorti dell’interno. E’ nostro dovere far sì che essa sia il capoluogo di una provincia prospera e ben organizzata, insomma europea e moderna. Nostro dovere è questo come uomini civili, nostro interesse come italiani, non solo, ma anche come uomini d’affari.”

21

L’opera di valorizzazione turistica avviata da Mario Lago appena insediato rientrava nel progetto più ampio di diffusione dell’immagine di Rodi come “vetrina nel Levante” delle molteplici capacità italiane. Egli voleva trasformare il Dodecaneso nella “vetrina della civiltà italiana”

22

nel mondo, trasformando le isole in stazioni climatiche, balneari, termali e culturali, oltre che in

“ una fonte di benessere economico, un’eccezionale arma di seduzione nei confronti dell'opinione pubblica italiana ed estera .”

23

Lo stesso progetto venne poi proseguito da De Vecchi.

Alla valorizzazione turistica dell'Egeo il governo opera perseguendo alcune scontate vie: anzitutto ponendo nel dovuto risalto e migliorando le attrattive turistiche in dotazione all’isola (bellezze locali, naturali e culturali), tentando poi di avvicinarle alle correnti turistiche internazionali con collegamenti marittimi ed aerei, creando un’efficiente rete stradale e costruendo moderne infrastrutture alberghiere e di svago: concetti completamente estranei alla arretrata Rodi turca,

18

MR del 16 agosto 1923, “Festeggiamenti in onore dei villeggianti”, in Ciacci, nota 13, p. 175.

19

Nebili Masuero, MR, n° 156, 4 settembre 1923 titolo dell’articolo: “Rodi base commerciale italiana nel Mediterraneo Orientale.

20

Anatolio, Museo, monumenti e guide, in Il Messaggero di Rodi n° 152 del 28 agosto 1923.

21

Migliorini, Rodi capoluogo di Rodi, in Il Messaggero di Rodi n° 141, del 2 agosto 1923.

22

Doumanis, op. cit., p. 71, nota 75

23

Martinoli, op. cit., p. 48

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indifferente sia al territorio che ad un incremento turistico.

Questo programma fu sostenuto da un’intensa azione di propaganda in un primo tempo impiegata per diffondere in Italia e all’estero le bellezze dell’isola e per far sapere al mondo che le isole dell’Egeo erano diventate italiane, chi era il nuovo padrone; in un secondo tempo, l’intento fu quello di dimostrare di cosa erano stati capaci gli italiani nella trasformazione del territorio e alimentare un incoming i cui numeri avrebbero dovuto giustificare le spese affrontate fino ad allora per trasformare Rodi in una meta turistica di lusso per ricchi vacanzieri.

In un articolo pubblicato da Lago nel 1930

24

emerge chiaramente la strategia di utilizzare i turisti come veicolo di propaganda non solo delle bellezze naturali dell’isola ma anche di quanto era stato realizzato in altri settori come quello agricolo:

Si lavora in silenzio e all’ombra. Gli stranieri che giungeranno qui da ogni parte dell’Oriente, potranno vedere quel che l’Italia ha saputo fare in questo campo

25

, e tornando ai propri paesi, riferire intorno alla nostra felice attività. Saranno essi i nostri migliori propagandisti.

26

Oltre a godersi il riposo, i visitatori avrebbero potuto ammirare la stessa industria turistica, che a propria volta faceva pubblicità alla civiltà italiana. Il progresso del turismo era quindi strettamente collegato alle trasformazioni dell’immagine di Rodi avviate in vari settori.

Per il governo “ dare agli indigeni la ‘grazia’ della civiltà occidentale era considerato un investimento ”,

27

poiché permetteva al possedimento di non pesare troppo finanziariamente sul governo italiano.

Gli strumenti di comunicazione utilizzati furono i classici previsti nelle strategia di promozione turistica che persistono ancora oggi: partecipazione a esposizioni nazionali e internazionali con padiglioni dedicati, diffusione di prodotti locali, pubblicità radiofoniche, diffusione di prodotti editoriali indirizzati ai turisti come brochure o guide oltre che di materiale fotografico e filmico, creazione di reti a larga scala (p.es. collegamenti con gli uffici ENIT nel mondo).

Sotto Lago e De Vecchi, si avvia così un processo di costruzione della nuova immagine turistica di Rodi come prodotto di una società esterna all’isola scaturita dalle strategie politiche italiane del periodo coloniale.

Le potenzialità per divenire una delle capitali del turismo nel Mediterraneo, Rodi le possedeva tutte, a cominciare dal clima mite che caratterizza l’isola durante tutto l’anno, dalla presenza del mare, della montagna, di terme, dai resti delle civiltà che vi fiorirono a cominciare da quella micenea a quella medievale e infine turca. Queste dotazioni consentivano una diversificazione dell’offerta potenzialmente sfruttabile che può essere riassunta nella seguente lista in basso:

24

Lago M., Rodi e il suo sviluppo agricolo e turistico, in Lo stato mussoliniano e la realizzazione del fascismo nella Nazione, La Rassegna italiana, Roma, 1930

25

Qui Lago intende il settore agricolo, di cui ha prima illustrato ampiamente le innovazioni apportate dagli italiani e le sperimentazioni avviate. Ibidem pp. 237-239

26

Lago, p. 239

27

Doumanis, op. cit., p. 158

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- stazione climatica - turismo culturale - turismo balneare - turismo montano - turismo termale - turismo d’affari

Differenziare l’offerta turistica per coinvolgere il maggior numero di nicchie di mercato fu uno degli obiettivi di Lago perché soddisfare variegati tipi di clientela avrebbe avuto la conseguenza di far aumentare gli arrivi e le presenze, e indotto l’utile propaganda del “passa parola”, senza escludere, ovviamente, il guadagno.

Di tutte queste forme di turismo, Lago ne parla ampiamente e con enfasi nel suo articolo pubblicato da Sillani nel 1929:

“Nell'anno 1929 i forestieri giunti a Rodi furono circa 20 mila, ma certamente aumenteranno negli anni successivi, a mano a mano che la fama che Rodi va acquistando di Stazione climatica si andrà consolidando ed estendendo. E che questa città abbia tutti i requisiti necessari a tale scopo nessuno dubita: clima mite, anche nell'estate, ciclo sereno, brezza ristoratrice. La spiaggia sabbiosa declina dolcemente verso il mare, lievemente mosso dal maestrale, dove si può scendere a fare i bagni ristoratori dai primi di maggio alla metà di ottobre. L'alta collina, che dista dalla città tre quarti d'ora di automobile, offre a chi aspira alla tranquillità e alla frescura delle altitudini, il bosco di abeti e di pini, mormorante sotto l'alito di un fresco vento profumato.

La natura ha voluto completare l'opera, facendo sgorgare, a poca distanza della città, un'acqua balsamica - l'acqua di Calitea - la quale ha tutte le caratteristiche di quella di Montecatini. Intorno si estende un nuovo Stabilimento termale, che va ampliandosi e che è dotato di ogni comodità, dove è possibile seguire le cure prescritte, specialmente per i sofferenti di fegato e di intestini, mentre l'acqua di S. Silvano, che si accosta assai a quella di S. Pellegrino, è specialmente indicata per le malattie renali e della vescica.

Le malattie dell'apparato digerente e dei reni, così diffuse in Oriente, rendono preziose queste sorgenti, alle quali accorrono numerosi infermi e vi accorreranno ancor più numerosi in avvenire. Un albergo di lusso, già sorto in Rodi, accoglie questi ospiti che chiedono al mare il refrigerio delle sue onde o alle acque il salutare conforto delle loro cure, come un grazioso albergo montano permette agli amanti della montagna di trovare anche lassù un'ospitalità larga e cortese. Altri alberghi sorgeranno certamente in seguito - già sono state fatte richieste in proposito: così il movimento dei forestieri tende a trasformarsi e i gitanti, qui convenuti con le crociere che si fermano poche ore, fanno posto ai villeggianti che intendono trascorrere in Rodi un periodo, più o meno lungo, di cura.”

28

Le prime dotazioni che si sfruttarono furono quelle preesistenti soprattutto quelle presenti in natura.

Lo specifico carattere insulare consentì di offrire la principale forma di turismo possibile, quella balneare che, grazie al suo clima mite, poteva spalmarsi lungo una stagione che andava dal mese di maggio fino quasi a tutto novembre. In caso di alte temperature, si poteva approfittare della frescura delle colline e delle montagne; venne progettato e realizzato anche un turismo termale, grazie allo sfruttamento delle acque di Calitea che comportò la costruzione di uno stabilimento in stile futurista in grado di accogliere un gran numero di turisti.

Per destagionalizzare il turismo, un altro tipo di turismo da sfruttare tutto l’anno era quello culturale grazie alla presenza di sedimenti materiali presenti sull’isola risalenti a leggendarie epoche passate, come quella classica e medievale, premeditatamente restaurati durante la fase deterritorializzante.

28

Lago, op. cit., pp. 239-240

(7)

Per poter innalzare però questi tipi di turismo verso gli standard europei, occorreva migliorare le strutture già esistenti e crearne di nuove. La nuova gestione italiana si concentrò soprattutto nella costruzione di nuove strutture ricettive, di infrastrutture, nel miglioramento delle vie di comunicazione, furono incentivati i mezzi di trasporto, migliorata l’accoglienza grazie a operatori turistici specializzati.

4.2 L’ immagine turistica della città

Il governo aveva riconosciuto l’importanza dell’immagine turistica quale fattore determinante nel favorire la promozione del Possedimento come meta di viaggio e per essere efficace dal punto di vista turistico, la scelta dei motivi iconografici finalizzati a rappresentare la Rodi italiana andava differenziata.

29

Di tutte le tracce e memorie vistose, lasciate nel Dodecaneso dai vari corsi storici, si decise di puntare, almeno al principio, più che su quelle archeologiche dell’antichità romana, su quelle lasciate dai cavalieri medievali sulla cui immagine simbolica gli italiani puntarono, “per connettere il loro dominio nell'Egeo con la difesa e diffusione del Cattolicesimo nelle terre orientali”

30

.

Una volta avviata la trasformazione della nuova immagine dell’isola, si decise di diffondere quella di un paesaggio in cui “antico” e “moderno” convivevano e si fondevano armoniosamente in un unicum: “la fortezza medioevale dei Cavalieri di San Giovanni” e la Città Nuova con “edifici sontuosi, gaia, ariosa”.

31

Sfruttare l’immagine della Nuova Rodi, edificata durante il periodo coloniale, accanto e in perfetto

“accordo” con la Città Vecchia significava diffondere una immagine vincente dell’Italia fra le potenze d’Europa oltre che comunicare che la realizzazione di un unico grande progetto, trasformare un vecchio baluardo di difesa carico di simbologie, in una moderna città simbolo, in un luogo di bellezza e di efficienza, in una località turistica da visitare, si era compiuta.

Ma presto ci si accorse che la permanenza turca, con i suoi sedimenti depositatisi in quattro secoli, complicava ulteriormente e arricchiva quel fascino d’Oriente che già Rodi possedeva, dovuto ai suoi legami storici con Bisanzio. Oltre all’immagine della città medievale e alla città moderna costruita dagli italiani, si decise di sfruttare sempre a fini turistici l’impressione d’oriente:

“Da un lato si ricorre all’immagine “ufficiale” della città cavalleresca, designata a simboleggiare il ritorno dell’Italia e della cristianità, in Oriente e in quest’ottica denudata delle parti aggiunte durante l’epoca ottomana, parallelamente sono proprio le caratteristiche orientali della stessa città murata a costituire un importante elemento d’attrazione turistica.”

32

29

Martinoli, p. 48

30

Rossana Boscaglia, Introduzione Martinoli-Perotti, op. cit.

31

Guida pratica ai luoghi di soggiorno e di cura d’Italia, vol. II - Le stazioni del Mare Adriatico e del Mar Ionio, di Rodi e della Libia. T.C.I. 1933

32

Martinoli, op. cit., p. 48

(8)

Non si arrivò però subito a questa conclusione. All'arrivo degli italiani, soprattutto nel primo periodo

“le contingenze politiche e le direttive ideologiche richiedono una netta cesura nei confronti della cultura dei predecessori turchi, definita in rapporto antagonistico a quella dei crociati e, più in generale, a quella occidentale; d'altro canto, e sempre più con l'avanzare del progetto turistico per il Possedimento, si valuta il potenziale richiamo esercitato da un ambiente di suggestione orientale.”

33

Bisognerà aspettare gli anni Trenta perché una ricerca sull’architettura turca di Rodi, fino ad allora ignorata, venisse commissionata all’ingegnere Balducci

34

dall'Istituto storico archeologico FERT diretto in quegli anni da Giulio Jacopi con l’intento di colmare una lacuna del sapere ma anche per cogliere il vantaggio della posizione di potenza coloniale per concorrere in ambito scientifico entro un settore poco conosciuto con le altre nazioni. Ecco cosa dice Jacopi nella sua presentazione:

"Nella scarsità generica di buoni studi sull'arte musulmana e in quella specifica dei lavori italiani, la presente monografia non solo viene a colmare una lacuna per ciò che riguarda in particolare Rodi e i suoi monumenti, ma costituisce una traccia sicura per altri, che auguriamo prossimi, lavori di più ampio respiro; mediante i quali il nostro Paese possa vantaggiosamente gareggiare, pur essendo arrivato tra gli ultimi in ordine di tempo, colle nazioni che sono oggi per lunga consuetudine e tradizione alla testa degli studi islamici..."

35

In seguito a questi studi, l’arte islamica, trascurata dagli studiosi italiani, diventerà un elemento potenziale di attrazione turistica da valutare.

Fino ad allora, l’impressione d’oriente colta nel tessuto urbano della città medievale di Rodi, era stata spesso oggetto di discordanti opinioni, sempre in bilico sul doppio registro della fascinazione e del deprezzamento.

36

Già nell'Ottocento Alphonse de Lamartine scrittore e poeta francese, esponente del romanticismo letterario, di passaggio a Rodi nell'agosto 1812, evince, anche se nell'accezione negativa, l'impressione di una città essenzialmente turca:

" Deux jours passés à Rhodes à parcourir cette première ville turque: caractère oriental des bazars, boutiques moresques en bois sculpté … rue des Chevaliers, où chaque maison garde encore intacts sur sa porte les écussons des anciennes maison de France, d’Espagne, d’Italie et d’Allemagne...je ne connais au monde ni une plus belle position militaire maritime, ni un plus beau ciel, ni une terre plus riante et féconde. Les Turcs y ont imprimé ce caractère d'inaction et d'indolence qu'ils portent partout! Tout y est dans l'inertie et dans une sorte de misere.. ."

37

Nel 1920 nel suo Nel Dodecaneso: impressioni d'Oriente, Tommaso Cerone evidenzia la diffusione di un carattere prettamente orientale del luogo:

“...ciò non toglie che questi posti abbiano il loro colore locale, formato dalle tinte e dalle fogge delle vesti degli indigeni, dalle case, dalle chiese e moschee, dalla forma delle barche, dal colore delle vele, dai prodotti delle loro terre e di quel po’ d’industria tessile e ceramica che vive tra essi, dal complesso delle loro abitudini in fine, e soprattutto dagli idiomi che essi adoperano: tutto ciò è innegabilmente orientale.”

38

33

Ibidem

34

Sarà l’unico fra i tanti tecnici italiani incaricati dal FERT di cogliere il vantaggio della potenza coloniale per concorrere in ambito scientifico (nel caso l’arte islamica) che nel 1932 in Architettura turca in Rodi offrirà un approccio sistematico alle opere eseguite durante il periodo ottomano, ignorate e poco stimate e salvaguardate dagli italiani.

35

Balducci, op. cit., prefazione, p. n. num.

36

Martinoli, op. cit.

37

De Lamartine, 1835, p. 171

38

Cerone, op. cit., p. 2

(9)

Presto, sulla scia di un retaggio romantico di derivazione ottocentesca, il fascino dell’Oriente, costituì un’irresistibile attrazione per gli ospiti occidentali che decantarono Rodi come Desio nel 1928:

“città meravigliosa…per quel lieve profumo che non narcotizza, ma solo attenua i contrasti e rallenta le pulsazioni troppo rapide della vita occidentale”.

39

Giulio Jacopi, sempre nel 1928 registra positivamente nel paesaggio urbano gli emblemi della cultura ottomana, apprezzandone la qualità composita dell'abitato:

“ Qua e là, polmoni aperti nel vetusto corpo assopito della città, piazze irregolari ombreggiate da ritorti platani fronzuti, aperte sullo sfondo di maestose moschee cupolate e di affusolati minareti, colla caratteristica forma turca, circuita da leggiere arcate. Il predominante carattere latino dell'abitato è modificato talvolta dagli adattamenti turchi, che coi balconi lignei dalle fitte grate, colle occlusioni parziali o totali dei vani antichi di porte e finestre, colle sopraelevazioni intonacate, forate da numerose finestrelle ad arco inflesso, non riescono se non a dare all'insieme un carattere di varietà tutt’altro che spiacevole .”

40

Nello stesso anno, analogamente per l'architetto Di Fausto, gli elementi levantini impressi a Rodi forniscono alla città un aspetto pittoresco:

" Serrata [la città murata] fra il duplice inespugnabile ordine di fossati e di mura, essa, grandiosa e sinistra esternamente, è nell'interno un'oasi di pace fatta vaghissima dall'alternarsi di preziose costruzioni cavalleresche e di chiuse abitazioni musulmane, pittorica per il dedalo di viuzze intricate, e per sfondi di giardini, di cupole e di minareti. "

41

Una “ affascinante visione orientale ” viene colta anche da Bertarelli nella Guida del Touring Club del 1929,

42

alla conclusione di un giro esterno delle fortificazioni, dopo aver illustrato al turista il panorama della città vecchia visto dalla torre di Naillac in cui non manca di segnalare la densa presenza delle moschee con le caratteristiche cupole e i minareti.

Anche autori più recenti come Kolodny non possono ignorare i sedimenti turchi impressi sul territorio:

“La Turquie a laissé des traces dans le paysage urbain, les modes de vie, le language, les habitudes culinaires.”

43

Martinoli riporta un commento di Buti e sottolinea come il volto orientale di Rodi sia stato presentato come più autentico di quello di altre zone della Turchia, in via di occidentalizzazione, perché preservato da contaminazioni esterne:

“…la Turchia del fez e del ferangiè vive ancora a Rodi, ove l’occidentalizzazione, così cara alla Repubblica di Angora, non è ancora penetrata con le sue manie livellatrici. Il viaggiatore può fare ancora – chi sa per quanto?-un tuffo nella vecchia vita d’Oriente, pittoresca e caratteristica; può fare un tuffo senza i disagi che gli costerebbe un viaggio nelle lontane regioni, ove il soffio della nuova città non ha ancora sconvolto tradizioni e costumanze.”

44

39

Martinoli, p. 48, cita Desio, 1928, p. 423

40

Jacopi, Rivista delle Colonie Italiane, 1928 - p. 707

41

Di Fausto, p. 7, nota 11 Perotti.

42

Bertarelli, op. cit., p. 99

43

“Mais l’Archipel, en repoussant le Turc, s’est libéré d’une partie des contraintes sociales infligées par ce dernier.”

Kolodny, pp. 169-170

44

Martinoli, p. 48, in nota Buti, Rivista delle colonie italiane, 1930, p. 1089.

(10)

Questo commento è alquanto bizzarro se si pensa alle “manie livellatrici” che intrapresero gli italiani per modernizzare l’isola e introdurre tutta una serie di stravolgimenti al fine di italianizzarne l’identità.

In particolare nell’offerta turistica verrà valorizzata e costituirà un elemento d’attrazione per molti turisti l’impronta levantina della città di Rodi con i suoi elementi orientali della città medievale, con la sovrapposizione di un paesaggio urbano islamico con bazar, cupole e minareti, mentre quella dei restanti centri abitati dell’isola, sarà ampiamente omessa e trascurata forse perché di impatto meno forte e visibile ai più:

“Le antiche mura ed i palazzi dei cavalieri gerosolimitani, spogliate dalle brutture che li avevano ingombrati corrodendoli, riapparivano ora nella loro maestà severa e romantica; le viuzze e le piazze interne, ripulite delle sozzure accumulate dall’apatia del vecchio regime turco, ritrovano l’aspetto del tempo della magnificenza di Solimano…”.

25

E’ proprio per riprodurre questo incontrastato fascino d’oriente che Rodi, ritrovò in alcune costruzioni realizzate nella Città Nuova o Italiana, gli stessi elementi decorativi orientali che verranno demoliti durante la gestione di De Vecchi anche nelle strutture alberghiere di cui parleremo più avanti perché intanto un’altra immagine da costruire da trasmettere ai posteri incalzava.

Secondo Martinoli, la "purificazione" architettonica dell'albergo delle Rose segna drasticamente la fine dell'identificazione di Rodi come sogno d'Oriente.

45

45

Marinoli, op. cit.

(11)

4.3 Le strutture ricettive create dagli italiani

Prima dell'occupazione italiana, e durante il governo militare, il movimento turistico nel Dodecaneso era assai limitato e l’infrastruttura alberghiera non corrispondeva allo standard occidentale. Al riguardo, nel 1913, un capitano italiano alloggiato all’Hotel des Etrangers di Rodi riferisce:

“un fabbricato ad un piano, dall’apparenza di una villa, …una discreta camera e due pasti al giorno per otto lire, …non sarebbe molto se …vi si avesse l’idea di quali possano essere le esigenze, anche modeste, di una persona che viaggia, e che dall’Europa si spinge fin qui per diletto …”

46

Già nel 1923, Giotto Dainelli aveva auspicato per Rodi, quale potesse essere la vera industria locale da iniziare e da sfruttare: solo quella alberghiera:

“…ma fatta, ben inteso, in grande, con programma vasto: non con un piccolo albergo, capace, tuttalpiù di gareggiare con quello dove albergo io, dove chiedere un bagno sembra l’espressione di un desiderio inarrivabile. D’estate già una piccola folla viene dall’Egitto, da Smirne, a godere le fresche brezze di Rodi; e le ville del Madrachi, le case di Neocori, le palazzette delle pendici del monte Smith già non sembrano più capaci a contenerla. In tutto quanto l’Oriente Mediterraneo manca, una stazione adatta per la bagnatura: Rodi sarebbe l’ideale. .... Lasciate che veramente sorga un grande albergo, moderno in tutto ciò che deve rendervi confortevole la vita, ma intonato all’ambiente, e vedrete affollarlo d’estate dai ricchi levantini di Alessandria e di Smirne; e magari d’inverno anche dagli Europei, un po’ blasés, dalle antichità e dai tramonti dell’Egitto. Allora potranno forse risorgere e fiorire a Rodi, accanto a quella alberghiera, delle piccole industrie, forse magari anche grandi poi nei risultati, come quella dei tappeti, delle ceramiche imitanti quelle vecchie di Lindos, dei ricami delle donne dei villaggi lontani”.

47

I suggerimenti di Giotto Dainelli, trovarono esito durante il governatorato di Lago, nell’ambito del progetto di sviluppo turistico di Rodi, in cui si rendeva assolutamente necessario dare ampio sviluppo alle strutture ricettive se si voleva competere nel mercato del turismo d’élite in Oriente la cui leader ship era detenuta da tempo da Egitto, Libano e Gerusalemme.

Il Cairo era infatti tradizionale meta del turismo di alto bordo e disponeva di un’attrezzatura ben organizzata con alberghi tra i più lussuosi al mondo,

48

mentre

“gli esordi del turismo libanese si situano nel 1870, anno d'apertura del grand hotel d'Orient, dotato di 30 camere e tre bagni. Nel periodo tra le due guerre le stazioni climatiche libanesi disponevano di una dignitosa infrastnittura alberghiera, ma l'unico albergo di riguardo era ilSaint-Georges, eretto nel 1932 (80 letti e 20 bagni). In quel periodo il Libano non era ancora inserito nelle rotte turisi i e Ile internazionali che passavano dalla Palestina e dall'Egitto. Nel traffico turistico internazionale prevalevano Damasco con l'Orient-Palace e l'Ommayades e Gerusalemme con i suoi 10 alberghi di prima categoria. L'infrastruttura alberghiera libanese conosce lo sviluppo determinante nel dopoguerra, quando Beirut diviene il centro principale del Medio Oriente: nel 1944, Beirut dispone di soli 378 posti letto, dieci anni dopo si contano 11 alberghi di prima categoria con oltre 1200 letti.”

49

A partire dal 1923, nel corso del congresso nazionale per l'espansione economica e commerciale all'estero tenuto a Trieste, si avvertì l’esigenza di promuovere questo settore e si denunciò la mancanza di strutture ricettive, invitando gli imprenditori italiani a investire nel ramo alberghiero e di svago in Egeo.

46

Martinoli S.- Perotti E., op. cit., op. cit., p. 47, nota 56: Rivista del Touring Club Italiano, 1913, Puliti, p. 546.

47

Dainelli, op. cit., p. 50.

48

Nota 73, p. 54 Martinoli

49

Cfr. Libanon 1955, p. 22-23. Nota 75, p. 54 Martinoli

(12)

Presto, fin dal 1925 si diede inizio all’edificazione di alberghi in grado di rispondere soprattutto alle esigenze di una clientela d’élite anche se non si disdegnò la costruzione di strutture ricettive per una clientela più modesta. In particolare le costruzioni vennero erette nel comune di Rodi, cui si affiancavano le località montane di Monte del Profeta, quella balneare di Trianda e quella termale di Kallithea. Quest’ultima rimarrà però priva di infrastrutture alberghiere capaci di soddisfare una clientela d’élite.

In seguito l’offerta si estende a Coo e Lero, mentre le altre isole si qualificano soprattutto quali mete di escursioni giornaliere.

50

Il primo finanziamento del governo italiano nell’ambito della ricettività alberghiera fu la costruzione del Grande Albergo delle Rose sorto nella Rodi italiana in posizione privilegiata direttamente sulla spiaggia della Punta:

“superba affermazione dell’industria alberghiera italiana e della modernità di vedute del Governo locale che ne ha aiutato la realizzazione”.

51

Fu Mario Lago a parlarne per primo nel 1924. La somma stanziata fu di 4.500.000 di lire italiane. I soldi provenivano dal Governo italiano, dalla Banca Commerciale, dall’Azienda Triestino, ma pare che anche gli abitanti fossero stati obbligati ad offrire, oltre alla mano d’opera, anche consistenti somme di denaro.

La società a cui venne assegnata la costruzione era la S.A.G.A.R (Società Anonima Grande Albergo di Rodi, dal 1928 Società Anonima Grande Albergo delle Rose), istituita a Rodi, con sede amministrativa a Venezia.

La progettazione dell’edificio fu accompagnata dal dissidio tra il governatore Lago e l’architetto Di Fausto, poiché, nonostante l’ingente impegno finanziario del Governo di Rodi, la Società Alberghiera impose come suo tecnico l’ingegner Platanìa, da affiancare al Di Fausto per esaminare il progetto in discussione.

“Entrambi gli architetti presenziano comunque alla posa della prima pietra, svoltasi il 27 marzo 1925 al cospetto del governatore …Il 21 maggio 1927 ha luogo la cerimonia d’inaugurazione alla quale convengono, oltre alle autorità civili, militari ed ecclesiastiche cittadine, numerose personalità italiane e straniere tra cui il sottosegretario di stato per la Pubblica Istruzione Emilio Bodrero, il rappresentante della camera dei deputati Ezio Maria Gray e la delegazione egiziana”.

52

L’albergo, definito il miglior albergo del Mediterraneo orientale, divenne il simbolo stesso degli anni d'oro del Dodecaneso, meta privilegiata di un turismo di lusso che partiva soprattutto dall'Italia, anche con gli Idrovolanti messi a disposizione dal regime.

Pare che possedesse tutte le caratteristiche degli alberghi delle grandi stazioni mondane, con 160 stanze, di cui 80 con bagno, acqua corrente calda e fredda in tutte le camere, “ristoranti di alto

50

Martinoli, p. 49

51

Annuario delle colonie italiane, Isole dell’Egeo, Paesi dell’Africa, 1936 p. 653

52

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 302, scheda 89

Fig. 99. Carta intestata del Grande Albergo delle rose.

(ASD)

(13)

livello”, telefoni, riscaldamento, ascensori, sala da ballo, casinò, campo da tennis, spiaggia attrezzata, ecc.

Fig. 100. Il Grande Albergo delle Rose sotto Lago. Immagine tratta da Kolonas Vasilis, Italian Architecture in the Dodecanese Islands 1912-1943, Olkos, Atene, 2002, p. 53

Nel 1930 il Governo decise la costruzione del “Piccolo albergo delle Rose”, ala d’ampliamento indipendente, addossata all’esistente edificio.

Fig. 101. L’Albergo delle rose dopo l’ampliamento – Veduta dal mare (fig. 102 in Ciacci L., Il Dodecaneso e la costruzione di Rodi italiana – Le molte ragioni di un progetto urbano, in Livadiotti M., Rocco G., La presenza italiana nel Dodecaneso tra il 1912 e il 1948, Ed. del Prisma, Catania, 1996, pp. 273-284)

Il lussuoso hotel, sorto su una pianta longitudinale, si sviluppava su quattro piani conferendo

all’insieme un ingente volume. L’architettura si ispirava a diversi elementi stilistici, arcate cuspidate

(14)

riprese dall’architettura ottomana, merlatura veneto-bizantina, frontoni ondulati di derivazione barocca reinterpretati in chiave déco. Gli interni erano curati nei minimi particolari, lampadari di murano, pavimenti in marmo, tappeti, mobili in stile, tutto questo per conferire estrema eleganza all’ambiente. Nella veduta d’insieme spiccava il carattere orientale al quale si accostava una nota d’ispirazione mediterranea conferitagli dall’intonaco bianco ravvivato da rifiniture di colore contrastante.

“Con l’albergo delle Rose si avvera dunque il “sogno d’Oriente” in sintonia con la tradizione europea consueta al connubio tra propensione esotica e strutture turistiche o di svago”.

61

Fig. 102. L’Albergo delle rose dopo l’ampliamento – Prospetto verso il mare (fig. 103 in Ciacci, op. cit.)

Con il governatore De Vecchi, l’albergo a causa dei suoi espliciti riferimenti all’Oriente, divenne oggetto di una campagna di purificazione: fu eliminata la cupola, la merlatura e i frontoni.

Fig. 103 . L’Albergo delle rose oggi (V. Aloi)

Il Messaggero di Rodi in un articolo del 13 giugno 1938 così commentava le trasformazioni de

Quadrumviro:

(15)

“…il Quadrunviro Governatore ha stabilito che il nuovo ‘Grande Albergo delle Rose’ venga donato, sabato prossimo, al nome e al palpito turistico di Rodi Imperiale …Non è un albergo, pur lussuoso che sia, che si apre al pubblico; non è un maestoso e confortevole edificio che vien messo a disposizione della clientela internazionale. E’ invece una ‘casa’

stupenda di altissima rappresentanza che Rodi riceve in dono per poter essere finalmente in grado di realizzare- aristocratica ed italianissima-la sua premurosa ospitalità. Nello stesso piano simbolico nel quale il prestigio della Patria si ritrova anche nella grandiosità delle sedi delle nostre Ambasciate all’Estero o sui colossi della nostra Marina transatlantica ...il Quadrunviro della Rivoluzione ha tenacemente voluto che Rodi fascista dovesse e potesse lanciare con consapevole responsabilità l’invito al Mondo, nel nome di Roma. Di questa casa, di questo fantasioso eppur così reale complesso architettonico artistico tecnico ed organizzativo, il fascismo ha trovato nel Governatore il suo artefice e il suo realizzatore …il conte di Val Cismon ha appoggiato sulle sue vere basi la grande politica turistica che libererà Rodi di tutte quelle incrostature che ne hanno soffocata e snaturata la funzione, pur così delicata e caratteristica”.

53

Intanto nel 1937 l’albergo, così come tutto l’apparato turistico passò in gestione alla S.A.V.I.A., società italiana che operava nel settore di cui parleremo ampiamente più avanti, e nel 1939 il Governo locale divenne proprietario dell’albergo.

54

Sempre durante il governatorato Lago, si costruì in altro grande albergo, l’Albergo del Cervo, situato sulle falde del Monte Sant’Elia che da quel momento prese il nome di Monte del Profeta (798m slm), su disegno dell’architetto Petracco, il quale lavorò a tale progetto tra il 1927 e il 1928.

Fu scelta come sede dell’albergo una località di montagna poiché, la politica del governatore Lago, non era solo di promuovere l’isola come stazione balneare ma, anche come località montana sfruttando il ricco bosco di pini e cipressi:

“Mettendo in risalto un luogo fresco e salubre, in posizione panoramica e facilmente raggiungibile da una strada carrozzabile appositamente costruita, il governo prevede di convogliare verso Monte del Profeta quel turismo che fino ad allora ricercava la frescura estiva nelle località alpine”.

55

Il 4 giugno 1928 ebbero inizio i lavori, alla presenza del Governatore ed altre personalità, tra cui l’architetto Petracco. Nell’estate del 1930 ebbe inizio la stagione turistica dell’albergo, dotato di 18 camere, servizi comuni, luce elettrica, acqua corrente e telefono, campo da tennis e rotonda per i balli. L’albergo si sviluppava su una pianta rettangolare, con quattro piani, tetti spioventi e abbaini, il tutto gli conferiva uno stile rustico che si distanziava dallo stile architettonico fino ad allora seguito nelle nuove costruzioni. Nel 1931 l’albergo del Cervo si rivelò insufficiente a raccogliere le domande dei turisti e venne quindi progettata dal Petracco una dépandance, l’albergo della Cerva, a circa 100 metri di distanza. Lo stile della dépandance, riprese quello dell’albergo del Cervo, in versione semplificata. Nel 1936, in seguito all’aumentato afflusso di turisti sull’isola, anche i posti letto disponibili nell’albergo della Cerva si rivelarono insufficienti e si costruì una nuova ala.

L’albergo del Cervo, nel 1937 come tutto l’apparato turistico di Rodi passò in gestione anch’esso alla società S.A.V.I.A.

Nella politica di sviluppo turistico perseguita dal governatore Lago, rientrava anche il progetto dello stabilimento termale di Kallithea, a 10 Km a sud di Rodi lungo la costa orientale.

53

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 305, scheda 89

54

“Nel 1947 dopo l’annessione del Dodecaneso alla Grecia, divenne proprietà del governo greco e rimase in funzione fino ai primi anni Sessanta, per poi cadere nell’incuria fino al 1987.” Martinoli S. – Perotti E., op. cit.

55

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 296, scheda 87

(16)

Nel 1927 si effettuarono presso il laboratorio dell’ufficio sanitario di Rodi, le prime analisi dell’acqua di Kallithea e visti i risultati positivi, furono effettuate analisi più approfondite.

“L’impervia e pietrosa baia di Calitea viene anzitutto dotata di una calata per permettere l’approdo a motovelieri e motoscafi e si procede all’adattamento del terreno. Le prime opere sono volte a rendere rapidamente agibile la fonte alla popolazione, invogliata alla cura mediante numerose agevolazioni, poiché è necessario saggiare le effettive proprietà terapeutiche dell’acqua; la stazione termale è collegata alla città da una strada denominata “Via della Salute”, costeggiata da un doppio filare di platani”.

56

Il progetto dello stabilimento termale fu affidato all’architetto Lombardi e nel 1928 ebbero inizio i lavori proseguiti l’anno seguente sotto la direzione del Barnabiti. Lo stabilimento termale controllato dal governo e gestito da una società privata, fu inaugurato nel 1929.

Si trattava di una struttura molto elegante, ispirata all’architettura degli hamam ottomani.

“Ed è essenzialmente la compenetrazione architettonica del paesaggio naturale, il rapporto osmotico instaurato tra l’artefatto e l’elemento vegetale, panoramico e climatico che costituiscono il fascino-non privo di componenti esplicitamente pittoresche, alludenti alla rêverie dell’esotico-dello stabilimento”.

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La costruzione dell’edificio per la suggestiva e armoniosa architettura venne esageratamente attribuita da Vittorio Buti ad una magia:

“Chi ricorda la desolata solitudine dell’antica sorgente e la paragona allo stabilimento che oggi è sorto, con le sue scale e con la sua rotonda, con la galleria, con il parco che si espande tutt'intorno, deve pensare che soltanto una bacchetta magica abbia saputo creare tanta bellezza”.

58

L’anno seguente all’inaugurazione, le terme furono dotate delle infrastrutture necessarie e di collegamenti attraverso automobili e motonavi che partivano dal foro italico e dall’albergo delle Rose poiché, lo stabilimento si rivolgeva in modo particolare ad una clientela d’élite.

Alle terme era collegato l’Albergo delle Terme, costruito a qualche km di distanza da Kallithea, a Rodi città, con 170 stanze. Probabilmente progettato dal Petracco ma, con uno stile architettonico più tradizionalista rispetto a quello dello stabilimento termale l’albergo delle Terme si rivolgeva essenzialmente ad una clientela di livello medio senza troppe pretese.

Inaugurato nel 1937, si trovava nelle vicinanze della Porta d’Amboise che immette nella città murata e come si intuisce dal nome nei pressi della strada che porta allo stabilimento termale di Kallithea.

56

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 492, scheda 193

57

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 496, scheda 193

58

Buti, op. cit., p. 138.

Terme di Kallithea, veduta dal mare. Foto tratta da Kolonas

Vasilis, op. cit., p. 51

(17)

In un articolo pubblicato su L’Italia d’Oltremare, dal titolo “L’apertura del nuovo albergo delle terme a Rodi” si legge:

Ha cominciato a funzionare ospitando un buon numero di turisti e di villeggianti l’Albergo delle Terme, costruito quest’anno a Rodi, per soddisfare le richieste di una larga categoria di persone.

59

In un altro articolo del 7 luglio 1937 il Messaggero di Rodi lo descriveva così:

“All’esterno l’edificio si presenta con linee sobrie e con efficace chiaroscuro di masse aumentato dal robusto movimento dell’avancorpo centrale ove s’apre l’ingresso. Indovinato quindi l’aspetto esterno che bene s’intona con quella patina nell’atmosfera caratteristica di Rodi medievale, e che con un proprio carattere robusto ma non grezzo o peggio rozzo, e neppure squadrato o piallato da risultare uno scatolone amorfo, ha evidenti pregi di contenuta modernità e di felici combinazioni di elementi decorativi”.

60

Infatti, l’aspetto esterno dell’edificio era quello di un “casermone”, anche se ne venivano apprezzate le infrastrutture interne e i servizi offerti. Attualmente l’albergo è ancora in funzione e conserva, tranne gli adattamenti effettuati all’interno, l’aspetto originario.

Gli alberghi si concentravano per lo più verso le spiagge per far leva sulla crescente popolarità di sport acquatici e dei bagni di sole.

“On y a crée une organisation hotelière et touristique de tout premier ordre dont rien n’existait auparavant et dans laquelle il serait impossible, de nos jours, de faire revivre l’antique tradition de l’hospitalité. Rien a été épargné pour rendre au touriste un séjour à Rhodes, aussi facile que confortable, aussi économique que plaisant. On a construit de nombreux hotels: depuis ce luxueux Grand Hotel des Roses qui n’a rien à envier, pour la richesse des salons , le luxe de ses appartements et la ponctualité de son service, aux plus célèbres places de l’Europe, jusqu’à des pensions de famille, où l’on se trouve fort bien à des prix très modestes”.

61

Nel 1936, ultimo anno del governo Lago, Rodi poteva disporre di 350 camere d’albergo con un complesso di quasi seicento letti.

Con De Vecchi, seguendo lo stile architettonico da lui perseguito, venne restaurato un altro albergo che prendeva le distanze dallo stile orientale o cavalleresco, l’albergo Savoia, risalente al 1927, situato nel cuore della Città Nuova, in via Generale Ameglio, che faceva pensare guardandolo ad una pensione a conduzione familiare. In via Generale Ameglio, si trovavano altri due alberghi inaugurati entrambi nel 1932, per rispondere alle aumentate domande di posti letto disponibili: il nuovo albergo Savoia (l’adiacente albergo Savoia assume da quel momento il nome “Regina”) progettato da Armando Barnabiti il quale gli conferì una “fisionomia più internazionale”

65

e, l’albergo La Rosetta, il quale risultava essere il più modesto dei tre hotel situati in quella strada.

Tutto ciò che si tramanda riguardo l’efficienza di questi edifici, la loro gestione e la qualità dei servizi erogati, sembra rappresentare il non plus ultra per l’epoca. Un’idea di perfezione e soddisfazione si riscontra non solo in tutte le guide, brochure e articoli pubblicati in Italia e all’estero, ma anche nei commenti ricevuti dai clienti ospitati proprio in quelle strutture da noi reperiti presso l’Archivio del Dodecaneso. Ecco perché leggere la relazione del 10 gennaio 1937 del

59

L’Italia d’Oltremare, n. 14, anno II, Roma 20 luglio 1937, Cronache d’Oltremare, Isole Italiane dell’Egeo

60

Martinoli S. – Perotti E., op. cit., p. 308, scheda 90

61

Rhodes, ENIT, op. cit. , p. 23

(18)

Direttore dell’Uffico turismo Benetti in persona, inviata all’On. Bonomi, in cui si denuncia una situazione catastrofica sulla gestione dei principali alberghi di Rodi, ha suscitano in noi una grande sorpresa.

L’Albergo delle rose, per esempio, tanto celebrato sotto il governo Lago, fiore all’occhiello dell’offerta turistica dell’isola, invidiato da tutto il Medio Oriente, in questa relazione viene definito da Benetti, il Direttore dell’Ufficio Turismo, in base ai servizi offerti e alla limitazione del personale disponibile, una “Pensione di lusso” anziché “un vero grande albergo”.

Emerge da questa relazione una serie di lagnanze riguardo soprattutto la cucina e i prezzi reputati troppo alti. Le motivazioni di una cucina scadente erano attribuite alla poca varietà di ingredienti presenti sul mercato e al cuoco, che, avendo un contratto fisso la cui remunerazione si basava sul numero di clienti da servire, “ meno spendeva più guadagnava .” Nel 1934 si era pensato di ovviare a questo inconveniente abrogando questo tipo di contratto e grazie alle condizioni del mercato che erano andate gradatamente migliorando, le lagnanze nei riguardi della cucina erano diminuite ma non cessate.

Benetti non escludeva, malgrado questi dati di fatto, l’esistenza fin dall’inizio di una politica diffamatoria in Egitto e a bordo dei vapori del Lloyd contro la cucina dell’albergo delle rose:

ci vorranno degli anni interi di buon trattamento per smontarla e non si può non tenere conto del malcontento e delle voci che circolano.

Circa i prezzi, ridotti gli ultimi anni al minimo, Benetti consigliava di aumentarli al più presto per poter garantire qualità in cucina.

“I prezzi degli extra furono fissati due anni or sono tenendoli più bassi di quelli degli alberghi di ugual classe di Alessandria e di Cairo e sono rimasti tali nonostante il diminuito valore della lira.”

Benetti aveva osservato che non erano i turisti di classe a lamentarsi bensì quelli che provenivano da una classe più modesta. Attribuisce inoltre queste defaillance ad una gestione andata avanti senza sovvenzioni da parte dello Stato e ai magri bilanci dell’anno in corso che a malapena avevano consentito il pagamento dell’affitto che ammontava a 70.000 lire l’anno.

Il Direttore dell’Albergo infine non era un professionista infatti prima di insediarsi nell’albergo nel

1926 faceva il portiere. Negli anni aveva sì acquisito una competenza tale da soddisfare le esigenze

della clientela più esigente ma Benetti non escludeva una sua sostituzione.

(19)

Anche presso l’Albergo del Cervo la gestione era all’insegna dell’improvvisazione e dell’inesperienza. La gestione del primo anno da parte del Direttore dell’Albergo delle Rose, il Comm. Toma, ex direttore di Banca inviato a Rodi dalla Banca Comerciale, viene definita

“infelice”. Il secondo anno, l’albergo passò alla gestione di Giovanni Palmieri, un ex carabiniere, poi maestro di casa a bordo dell’Archimede della R. Marina e poi del Circolo Italia. In entrambi i casi, i due personaggi erano estranei al settore turistico e quindi direttori improbabili. Il carabiniere, come il direttore dell’Albergo delle rose, riuscì, malgrado l’inesperienza, a superare momenti difficili come problemi di overbooking attribuibili solo alla sua inesperienza.

L’estate del 1936, pare infatti che i turisti prenotati fossero quasi il doppio della disponibilità consentita dall’albergo. Il direttore per risolvere il problema, fece alloggiare i turisti in città presso gli hotel Regina e Egitto, in attesa che si liberasse il posto. Era anche abile nella fidelizzazione del cliente, soprattutto di turisti ebrei e italiani residenti in Egitto.

Dopo tutte queste belle parole sull’arte di arrangirasi da parte del direttore, nella relazione si legge quanto segue:

“spesso però clienti di classe albergati all’Albergo delle Rose, decisi a trasferirsi all’Albergo del cervo in un soggiorno successivo, dopo aver fatto un sopralluogo, rinunciano ad andarvi.”

Benetti per risollevare le sorti dell’albergo, consiglia:

“Se si vuole conservare all'Albergo del Cervo questo suo attuale carattere di popolarità, le gestione del Palmieri è indicato, ma bisogna in ogni caso inporgli l'aiuto di un Direttore per la parte amministrativa e per la corrispondenza coi clienti tenuta fin ora da lui in forma embrionale, tale da creare i gravissimi incidenti accaduti nella scorsa stagione in cui egli aveva per lettera e per telegramma assicurato l'alloggio a persone che quando giunsero non trovarono neppure un letto per passare la notte non solo al Cervo ma neppure in Città. Se invece si vuole elevare la classe dell'albergo, la direzione del Palmieri non è adatta.”

Per non incorrere nei problemi di cui sopra, per l’Albergo delle Terme, ancora da ultimare nel 1937, Benetti suggerisce di affidarne la gestione “a persona capace, di vedute larghe e moderne, e in grado, con i mezzi suoi o di altri, di far fronte a ulteriori sviluppi .” L’albergo, malgrado il nome, non era nei pressi di Kallithea, ma in città, proprio fuori le mura, come già detto. Per la sua ibrida posizione, poteva offrire ai suoi clienti vari tipi di turismo: balneare, di montagna e termale (Kallithea). In particolare, i clienti contemplati erano gli egiziani abituati a spaziare fra queste tre forme di turismo, a volte accoppiando ai bagni le terme o il soggiorno in montagna alle Terme di Kallithea.

“Pare che la formula più gradita all’egiziano sia quella del soggiorno in montagna. Questo Albergo si colloca a livello di standard tra l’Albergo delle rose e i restanti della città, il cui divario a livello di classe risulta enorme e incolmabile.

Per la sua posizione tranquilla e non sul mare, dovrebbe essere l’ideale per un turismo termale, per chi si reca a Calitea.”

Benetti lo definisce la “ cellula dalla quale dovrebbe nascere l’ulteriore perfezionato sviluppo turistico ed

alberghiero di Rodi stazione di Cura .”

(20)

Secondo Benetti, l’Albergo del Cervo sarebbe potuto diventare un affiliato dell’Albergo delle Terme. Chiede nella relazione all’On. Bonomi di suggerire una persona adatta a questa Direzione.

De Vecchi, per far fronte a questi spiacevoli problemi di gestione, decise di dare in via sperimentale da giugno a dicembre 1937 la gestione alberghiera dell’isola alla S.A.V.I.A. (Società Anonima Valori Immobiliari Alberghieri) presieduta dall’Ing. Bertazzoni.

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La lista delle competenze affidate alla società ci da una chiara idea dell’offerta turistica della ricettività di Rodi in quell’epoca:

“a) Albergo delle Rose, compreso il Casino di gioco con tutti gli annessi e l'arredamento risultante da inventario b)Albergo delle Terme con gli arredi ed il mobilio di cui verrà in dotazione e corrispondenti al fabbisogno, fatta eccezione delle stoviglie,delle cristallerie,della biancheria da cucina,della bianeheria da letto di cui provvederete direttanente all'acquisto;

c) Albergo del Cervo, cosi, come sopra al comma b);

d)Stabilimento Bagni per l'intera utilizzazione e con tutti i servizi di cui è dotato, compreso le cabine ed esercizio giuoco. Sarà presa in considerazione la sostituzione dell’attuale cucina ritenuta insufficiente

e)Parco divertimenti con quella trasformazione e destinazione che verrà data da questo Governo;

f)Terme denominate di Calitea;

g)Nuovo teatro; il quale però dovrà avere una separata gestione per conto di questo Governo al quale dovrà eseere oottoposte per il necessario bene stare, ogni manifestazione artistica per le quali il Governo si riserva anche scelte dirette convenute. Resta convenuto fondamentalmente che la enttrante gestione dovrà essere di esame e di studio per la definita elaborazione del programma 1938 che mi sarà presentato entro il 31 dicembre di quest’anno e poi il governo deciderà.”

Il Governo esigeva un 20% sui guadagni degli esercizi elencati, e il versamento avrebbe dovuto avere luogo a fine anno, dopo la presentazione dei bilanci:

“Sull’esercizio il Governo si riserva il controllo in ogni parte e in ogni momento.”

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Malgrado questa precauzione, la nuova gestione riscontrò comunque dei problemi all’avvio della stagione estiva del 1937. L’apertura dell’Albergo del Cervo prevista per il 15 giugno e quella dell’Albergo delle Terme, per il 1° luglio, era ostacolata dai seguenti problemi:

64

• l’impossibilità ad aprire l’albergo del Cervo nella data prestabilita, poiché erano in corso dei lavori, non ancora conclusi alla data della lettera (19 giugno 1937);

• all’apertura (probabilmente nella settimana successiva) l’albergo non sarebbe stato a pieno regime per la persistente mancanza di materiali indispensabili elencati in basso, di cui si sollecitava il governo a provvedere al più presto al rifornimento.

frigorifero mobili Bega letti per bambini letti per il personale coperte di lana materiali da cucina

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In una lettera del 23 apile 1937 De Vecchi avvisa la S.A.V.I.A. che dal 1° giugno 1937 la gestione delle strutture turistiche di Rodi è stata affidata all’Ing. Bertazzoni.

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Lettera del 5 aprile 1937 inviata da De Vecchi a Francesco Bertazzoni, rappresentante della S.A.V.I.A.

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Si tratta di una lettera del 19 giugno 1937 indirizzata all’Ing. Tacconi, Capo Ufficio delle Opere Pubbliche di Rodi, da

una società il cui mittente non è trascritto, probabilmente si tratta della S.A.V.I.A.

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lavanderia sovracoperte scendiletto

Per l'Albergo delle Terme la situazione era la seguente:

“abbiamo già assunto, come Le è noto, l'impegno di ospitare, il 1° luglio p.v., circa 97 ufficiali in congedo prevenienti dall'Egitto. Per tale data l'albergo deve, quindi, essere in condizioni efficienti, come, del resto, ci è stato a suo tempo assicurato. E però, mentre riteniamo di poter esser tranquilli per quanto riguarda il mobilio, non lo siamo affatto per ciò che riguarda i materiali di prima dotazione; come: argenteria, materassi,coperte, materiali da cucina, ecc. Voglia, pertanto,illustrissimo Ingegnere, interporre i Suoi autorevoli offici perché dette forniture siano sollecitate e giungano tempestivamente . Oltre tutto ciò, La preghiamo di voler conferire a chi di ragione, i necessari poteri affinchè man mano che arriva la merce diretta al Governo, la pratica di sdoganamento con essenzione di dogana, sia la più pronta e sollecita possibile.”

Per quanto riguarda l’Albergo delle rose, i guai per la nuova gestione si ravvisarono in piena stagione turistica. In una lettera del 9 luglio 1937 inviata da Bertazzoni all’Amministratore unico della S.A.G.A.R. e al Capo di Gabinetto del Governatore, si denunciano delle gravissime deficienze dell’Albergo tali da compromettere il funzionamento dei servizi basilari e il rendimento dell’hotel dopo soli 20 giorni di gestione. Il Piccolo Albergo,

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uno dei due corpi della struttura, aveva rivelato

“ un’idoneità aziendale pressoché incriticabile ”, il Grande Albergo delle rose invece aveva rivelato quanto segue:

• tutte le macchine di cucina e gli impianti dotati del sottosuolo, inservibili;

• tutti i servizi sanitari, guasti

• permanente dispersione d’acqua (10 tonnellate al giorno) attraverso gli impianti idraulici

• ripetuti casi di allagamento

• ascensori, montacarichi, passavivande e orologi, fermi

• telefoni interni inutilizzabili

• intasamento (da almeno un anno) delle latrine del personale

Se la situazione della ricettività alberghiera dell’isola descritta in questo carteggio corrisponde al vero, dobbiamo constatare che, poiché nessuno di questi elementi è mai trapelato all’esterno, nè nei commenti dei clienti nè negli articoli dei giornalisti, la mission di trasmissione di un’immagine turistica efficace e di un meccanismo di gestione perfetta e ineccepibile era ampiamente riuscita.

65

In una lettera del 4 ottobre del 1937 Bertazzoni chiede l’autorizzazione a trasferire i pochi turisti presenti dell’albergo,

nella depandance chiamata Piccola albergo, al fine di contenere le spese vista l’esiguità del numero degli ospiti.

(22)

4.4 Le strutture ricreative, l’artigianato e il folklore

Negli stessi anni in cui si procedeva all’edificazione degli alberghi, ci si rese conto che per diventare competitivi sul mercato del turismo d’élite, era necessario ampliare l’offerta delle infrastrutture turistiche soprattutto di quelle ricreative appetibili per specifiche nicchie di mercato fino ad allora mai contemplate. La Rodi italiana doveva diventare un luogo accogliente per sportivi, golfisti, tennisti, appassionati di ciclismo e motociclismo, ecc.

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Anche se Buti si augurava questo nel 1930

“Noi dobbiamo prevalere assicurando un trattamento più signorile e senza chiuderci in una concezione troppo austera della vita, quegli svaghi che ogni villeggiante desidera…”

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nel 1933 lo stesso autore rileva che ancora questa ipotesi era stata poco sfruttata:

“Certo i villeggianti non trovano ancora a Rodi i mille svaghi di altre stazioni di bagnature; non basta che il Circolo Italia …apra le sue sale a settimanali feste da ballo …non basta che qualche cinematografo offra le sue proiezioni alla curiosità dei turisti, occorre qualcosa di più e il Governo se ne rende conto”.

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Nella brochure dell’ENIT dello stesso anno l’idea che si voleva trasmettere era invece quella di una meta turistica dotata di tutto quel “superfluo” necessario a un viaggiatore esigente:

“On a organisé tout ce qui, dans notre vie contemporaine, est devenu indispensable: terrains de Golf, Tir aux Pigeons, Foot-ball, Tennis, Théatres, Cercles, lieux de rendez-vous mondains, cinématographes, concours sportifs, chasses, etc.”

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Organizzare intrattenimenti tali da sollazzare con soddisfazione i turisti che si fossero recati a Rodi in modo da fidelizzarli fu uno dei pallini di Lago che nell’articolo pubblicato da Sillani scriverà:

“Naturalmente occorrerà organizzare quei trattenimenti e quegli svaghi che i forestieri richiedono allo scopo di trascorrere lietamente le ore che la cura o le bagnature lascian loro libere. Qualcosa si è già fatto: il Golf offre ai soci dell'aristocratico circolo le sale della sua sede e gli estesi piani del suo campo; lo Stadio svolge già le curve della sua ampia pista su cui gli atleti si misureranno in gare cortesi; la Società del tiro al piattello e al piccione invita nel proprio Stand i forti campioni che amano misurarsi con quelli locali, pronti a difendere la fama che si sono conqui- stati nelle difficili contese; il Tennis è aperto alle gentili fanciulle che mostrano nel giuoco leggiadro le grazie e la vigoria dei loro corpi flessuosi. Fra breve un ampio e comodo Teatro permetterà di gustare o le suggestive arie del nostro vecchio o nuovo melodramma o le comiche vicende di allegra commedia o le spigliatezze briose di qualche artista di varietà. Nulla si trascura anche in questo campo, ma è opportuno notare, a tal proposito, che l’Italia è qui con intenti di signorilità e di dignità ed esamina il problema turistico locale anche sotto questo punto di vista.

Vuol rendere lieto il soggiorno nell’isola a coloro che vi convengono, ma soprattutto si preoccupa di preparar loro un ambiente che parli ai loro occhi e alla loro mente.”

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Nel 1937, in una lettera del 19 febbraio 1937 inviata dal Capo di Gabinetto del Governatore Bazzani in risposta a una missiva

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di richiesta di informazioni turistiche su Rodi da parte del

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Doumanis, op. cit., p.

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RCI Buti 1930, p. 1087

68

Rhodes, ENIT, op. cit. p. 25

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Lago, pp. 239-240

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Lettera del 3 febbraio 37. Bazzani dopo aver fatto un riassunto dell’offerta dell’isola e aver parlato del nucleo

medievale che è la principale attrattiva per i turisti, e si trova a immediato contatto con questo quartiere moderno che lo

abbraccia coi suoi grandi viali e giardini., parla dello svago che l’isola offre.

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