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1.1 Il dopoguerra europeo

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1.1 Il dopoguerra europeo

La principale "malattia" di cui soffriva l'Europa alla fine del secondo conflitto mondiale era quella della disoccupazione tecnologica, diagnosticava Keynes, a causa dell'introduzione di tecniche produttive e organizzative intese a risparmiare, non lavoro, ma lavoratori. La necessità di ricostruire il territorio procedeva di pari passo con la necessità di una ripresa economica sicuramente non facile. Il nazifascismo aveva portato al conflitto mondiale, dimostrando la fragilità di un territorio, ma l’Europa, grazie alla cultura britannica, trovò degli antidoti a questa patologia.

Coniugare produzione di massa con stato sociale, in presenza di una forte scarsità di risorse, fu l'esercizio su cui si confrontò l'efficacia della pianificazione economica e territoriale nel secondo dopoguerra. Con il venir meno della certezza di cicli economici lunghi e con la variabilità dei settori produttivi – a causa del rapido progresso tecnologico – vennero meno le tradizionali regole di articolazione funzionale dello sviluppo della città, che avevano caratterizzato il progetto urbano nella prima fase dell'industrializzazione.

I progettisti dovettero mettere in discussione i loro saperi per adeguarli alle nuove esigenze della società il cui urgente obiettivo era garantire alle popolazioni adeguati livelli di sussistenza e fu all'interno di questo tipo di pianificazione che emerse il nuovo ruolo degli operatori territoriali.

Se l'efficacia della ripresa dipendeva, coerentemente con l'assunto keynesiano

1

, da:

- redistribuzione dei redditi dalle classi dei più ricchi a quelle dei più poveri;

- incoraggiamento agli investimenti privati;

- qualità degli investimenti pubblici, finanziati in deficit;

1 J. M. Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and Money, Cambridge 1935.

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la capacità di adattamento al nuovo modello fu quanto mai eterogenea, perché la storia della ricostruzione europea è soprattutto una storia di diversità e in questo quadro decisivo fu l’apporto del E.R.P..

2

La nazione che più rapidamente metabolizzò le nuove regole fu probabilmente proprio l'Olanda che, pur avendo una produttiva distrutta e avendo perso le principali Colonie, si impegnò in un piano di riconversione globale, sia dell'economia che del territorio, chiamando i suoi cittadini, dopo i sacrifici della guerra, ad operare per "una nuova frontiera" che nulla concedeva ai consumi.

L'esigenza di massimizzare il rendimento delle risorse modificò sostanzialmente i modelli organizzativi della pubblica amministrazione:

le autorità centrali proposero, con un sistema di istituzioni fortemente gerarchizzate, di modificare e ridurre il ruolo della romantica figura del progettista architetto.

Gli approcci al progetto furono molteplici: reinterpretazione umanistica del modernismo operata in Italia, il neo-monumentalismo nei paesi a dominazione sovietica, il nuovo razionalismo olandese, la riscoperta delle tradizioni regionali e la pittoresca riproposizione dello scenario delle prime città industriali.

L'interpretazione di urbanistica e architettura nel processo europeo di ricostruzione ha dato nel "progetto" fisico della città e del territorio le sue più concrete manifestazioni, una serie di risposte prevalentemente ispirate all'utilitarismo, eludendo l'importante tema offerto dalla ricostruzione circa la nuova forma della città (e della convivenza) nell'epoca dell'industrialismo maturo.

2 European Recovery Program (Programma di ricostruzione europea), piano di aiuti economici realizzato dagli Stati Uniti d'America a favore dei Paesi europei, negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, proposto il 5 giugno 1947 dal segretario di Stato G. C. Marshall.

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1.2 Il dopoguerra olandese, maggio 1945

La fine della seconda guerra mondiale è per la cultura olandese il momento più brutto della sua storia millenaria:

- 3,5 milioni di cittadini erano ridotti alla fame, le razioni alimentari erano di sole 340 calorie al giorno a fronte di un minimo di 1200 calorie;

- la mancanza di cibo si fece più acuta durante il periodo dell'occupazione tedesca, in cui si ebbero più vittime tra i civili che tra i militari.

La struttura stessa del territorio aveva dimostrato la sua fragilità:

- le strutture portuali di Amsterdam e Rotterdam furono devastate, gli accessi dal mare bloccati con le mine, i canali ostruiti con imbarcazioni affondate. Le comunicazioni con il mondo esterno, specialmente con le Indie orientali, erano impossibili;

- distrutti 900 ponti stradali e 180 ponti ferroviari, l'85% del materiale rotabile fu "requisito" o semplicemente rubato dalle forze di occupazione tedesca, con interi tronchi ferroviari letteralmente smantellati e trasportati in Germania;

- 1/9 di tutte le terre coltivate inondate o inaccessibili a causa delle mine. Ai contadini mancavano i fertilizzanti, le sementi e gli attrezzi agricoli, la produzione di latte e carne era diminuita di circa il 50%

rispetto all'anteguerra, a causa soprattutto della mancanza di foraggio;

- 123.000 case distrutte e 390.000 danneggiate su un totale di 2.000.000 di abitazioni al 1940;

- 14.000 fattorie, 25.000 edifici industriali o commerciali, 1.000 scuole, 250 ospedali furono distrutti.

Alla fine della guerra il governo si impegnò a risarcire i danni di guerra,

ma i rimborsi furono accreditati in conti bloccati, al fine di mantere basso

il tasso di inflazione.

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Le idee base che caratterizzarono il periodo della ricostruzione e che presero corpo già durante la guerra, tendevano al "rinnovamento" del paese, a realizzare la spettacolare mutazione di uno stato conservatore dipendente dall'agricoltura, dal commercio e dalle imprese coloniali, in un "welfare state" che sarebbe diventato uno dei paesi fondatori della Comunità europea. Nel periodo immediatamente seguente alla guerra pianificare era relativamente semplice, le necessità di base imponevano le politiche: fu data priorità alle comunicazioni a partire dalle strutture portuali di Amsterdam e Rotterdam, per rendere possibile l'importazione di cibo, petrolio e macchinari, all'aeroporto di Schiphol, alla riapertura dei canali interni per il trasporto del carbone dal sud del paese, alla riattivazione di ponti ferroviari e stradali. Materiali da costruzione, legno, mattoni e cemento scarseggiavano ed erano rigorosamente razionati dal Governo. La costruzione di case e il rinnovo urbano non avevano priorità, le attività produttive che potevano far fronte alle necessità primarie o per lo meno contenere le importazioni erano considerate più importanti. La produzione di case era molto bassa, divenendo sempre più acuta fino agli anni Ottanta.

Le risposte della società

La ricostruzione fu possibile grazie a:

-

diffuso consenso sugli obiettivi e sui mezzi. Il popolo fu chiamato a sostenere sacrifici per la causa comune: bassi salari, razionamento governativo dei beni di consumo, drastiche riforme monetarie, tasse sui capital gains, nessuno sciopero, relativamente limitato il mercato nero, comunque inferiore rispetto al periodo della guerra;

-

aiuti americani noti come "piano Marshall", grazie ai quali vennero acquistati nuovi impianti industriali;

-

rapida ripresa degli importanti mercati costituiti dalla Germania e

dagli altri paesi Europei;

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9 -

graduale costruzione di un sistema di garanzie sociali;

-

politici di spicco come P. Lieftinck e S. Mansholt con le loro successive carriere nella World Bank, nel Fondo Monetario Internazionale e nelle commissioni CEE a confermarne le capacità.

Questa analisi appare fin troppo schematica se si pensa che differentemente dall’agricoltura e dall’industria, la casa in Olanda non costituisce una priorità in quanto non rappresentava un mezzo utile alla crescita economica, e con le politiche regionali che tendevano semplicemente alla ricostruzione dello stato di fatto d'anteguerra (l'area di Rotterdam è un'eccezione). Inoltre i funzionari subito dopo l’armistizio iniziarono a elaborare i piani per la ricostruzione. L'Instituut voor volkshuisvesting en stedebouw

3

giocò un ruolo molto importante come ideatore, controllore e critico, prima, durante e dopo la guerra. Il Commissario per la ricostruzione, nominò i membri del direttivo dell'Istituto suoi consiglieri per la pianificazione urbana, studiando accuratamente i modelli inglesi per le nuove città e elaborando estesi commentari alle proposte di legge per la casa e la pianificazione

4

. Come detto alla fine del conflitto il governo stabilì di rimborsare i danni di guerra e fu redatto un dettagliato inventario suddiviso in cinque categorie:

- danni causati dalle battaglie del maggio 1940 alle città di Rotterdam, Middelburg, Rhenen, Wageningen e a vari areoporti;

- distruzioni delle proprietà degli ebrei;

- distruzione delle zone costiere lungo l'Atlantic Wall, le barriere difensive create lungo le coste dalla Danimarca alla Spagna;

3 Istituto per la casa e la pianificazione urbana, oggi chiamato Nederlands instituut voor ruimtelijke ordering en stedebouw.

4 C. de Cler, “De wederopbouwperiode”, in Stedenbouw in Nederland, 50 jaar BNS, Zutphen 1985.

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- aree bombardate (spesso per errore) dalle Forze Alleate, fra cui L'Aia;

- aree della parte meridionale e orientale del paese che facevano parte del fronte bellico alla fine del conflitto.

Per raggiungere dei risultati al Commissario per la ricostruzione fu conferito il potere di espropriare proprietà private, distribuire materiali da costruzione e controllare i piani edilizi, sempre però nel rispetto delle autorità e delle tradizioni costruttive locali. Questo spiega il carattere passatista dell’edilizia, nella maggior parte dei casi secondo le idee anteguerra della cosidetta scuola di Delft.

Nonostante in questi anni fossero stati portati a termine da 600 a 700 piani di ricostruzione, il problema della casa non si poteva certo dire risolto con l'espansione urbana molto lenta fino al 1960; le città si svilupparono in modo tradizionale attraverso una graduale edificazione delle aree periferiche, attraverso piani austeri dove non c'era spazio alcuno per il lusso. La priorità data ai porti e agli areoporti , “l'assalto alla costa" da parte delle industrie petrolchimiche e metallurgiche portarono ad una forte concentrazione di popolazione e di occupazione nella parte occidentale del paese, specialmente nella regione della "Randstad"

(l'anello di città formato da Amsterdam, Utrecht, Rotterdam e l'Aia), laddove larga parte del suolo era costituito da torba umida, che rendeva ardua l'edificazione.

Nel 1950 un gruppo di alti dirigenti pubblici fu chiamato dal ministero a formulare politiche di sviluppo per la parte occidentale del paese

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. Un lavoro durato circa un ventennio e con risultati assai positivi. In primis la conservazione della caratteristica forma ad "anello" del Randstad grazie al mantenenimento del green heart come spazio libero; poi l’indirizzo della prevista "tracimazione" della popolazione dalle città verso nuovi

5 P. de Ruyter, Voor volkshuisvesting en stedebouw, Utrecht 1987.

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insediamenti; infine il decentramento delle attività che non erano strettamente vincolate ad una localizzazione occidentale.

La ricostruzione

La classica unità urbana di base per regolare lo sviluppo della città è il blocco edificato, circondato da strade, questa unità di base su cui ricavare spazi urbani pubblici, come strade e piazze, separati dai terreni privati. Il primo compito della pianificazione è controllare lo sviluppo fisico urbano per fornire risposte alle esigenze di sfruttamento delle aree da parte dei privati, il tutto attraverso gli strumenti del piano regolatore e dei regolamenti edilizi. La privatizzazione e la divisione della città tra proprietà pubblica e privata è fondamentale e importante ad ogni livello:

le strade sono pubbliche, gli edifici sono privati, gli edifici degli enti pubblici sono pubblici, gli edifici residenziali sono privati, i parchi e gli spazi verdi sono pubblici, i giardini sono privati, le piazze sono pubbliche e i cortili sono privati, così come, la libertà di edificare, è uno dei diritti fondamentali del cittadino limitata solo dai regolamenti edilizi che tengano conto delle norme riguardanti la sicurezza delle costruzioni e le norme igieniche e garantiscano giuste condizioni di mercato in una situazione in cui produttore e consumatore sono la stessa persona.

Se la pianificazione post bellica può essere considerata una frattura nella pratica dell’espansione urbana, in Olanda si è realizzata in due fasi. La prima fase risale alla pianificazione architettonica monumentale di Berlage, che estendeva il controllo fino all'aspetto strettamente estetico dello spazio urbano: il suo sviluppo era senza vincoli, l'espansione in tutte le direzioni era ritenuta un fattore equilibratore e non c'erano motivi per comprimerla.

La seconda fase, cioè l'introduzione della ricerca scientifica nella

pianificazione, fu infinitamente più importante per lo sviluppo della

pianificazione moderna e analizzando l'espansione nel contesto dello

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sviluppo della regione circostante. Ciò avvenne per la prima volta con l’Algemeen Uitbreidingsplan voor Amsterdam

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e Van Lohuizen e Van Eesteren introdussero una supervisione programmatica a largo raggio dell'espansione urbana. Il risultato doveva essere un paesaggio armonioso, una ritmica successione di spazi occupati da strade e piazze.

Il piano doveva esercitare la funzione di equilibratore nello sviluppo dei diversi elementi urbani. Il basisplan del 1946 per la ricostruzione di Rotterdam introdusse una nuova relazione tra ricerca preliminare e città esistente e, di conseguenza, tra ricerca e design. Nell'AUP ci si servì di un'ipotesi di lavoro in cui gli sviluppi demografici e socio-economici venivano considerati secondo le loro tendenze naturali che portarono a prevedere l’arresto della crescita demografica entro l'anno 2000. La terrificante immagine di un'espansione inarrestabile della grande città, che Berlage aveva cercato di contrastare per mezzo del rafforzamento dell' articolazione architettonica interna al corpo urbano, era stata spazzata via da una previsione.

L’AUP stabilì la dimensione e la forma della città, la dimensione e la collocazione delle aree fabbricabili destinate ad abitazione e luoghi di lavoro e gli elementi determinanti della struttura urbana: le strade, progettate come viali alberati, a formare un tutto unico, numerosi e estesi spazi liberi tesi a favorirne l'espansione, come ad esempio, i parchi intorno a Sloterplas, nella zona di espansione occidentale della città (realizzata negli anni Cinquanta) e il parco Gijsbrecht van Aemstel a Buitenveldert, nella zona di espansione a sud (realizzato negli anni Sessanta). Questi parchi urbani destinati alla ricreazione, danno una loro fisionomia alle aree periferiche residenziali, rispetto ai centri commerciali ed amministrativi che connotano il centro storico.

6 AUP è l’acronimo del Piano di Espansione Generale di Amsterdam.

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L’equilibrio tra l'integrazione della pianificazione sociale, economica e territoriale era un obiettivo a cui si doveva aspirare in tutte le fasi dello sviluppo urbano.

Si sperimentarono i principi dello Spatial Planning Act: l'idea guida per le zone periferiche si basò sulla definizione di aree residenziali ispirate a un modello ideale come dimensione e regole compositive con una diffusione sistematica di luoghi di alta qualità ambientale e, per quanto riguarda la residenza, di un articolato mix di classi sociali.

In questo modo il problema della forma della moderna metropoli senza confini venne risolto in un solo colpo, collegando insieme diverse unità, ognuna delle quali della dimensione di una cittadina o di un grande villaggio, con i propri servizi centrali e con la propria cintura di verde che ne delineava i confini.Wagenaar considera questa procedura di pianificazione urbana, sviluppata per la ricostruzione di Rotterdam, il prototipo di pianificazione per la società futura; essa, negli anni Sessanta, sarebbe diventata pratica comune, grazie allo Spatial Planning Act ed alla fase iniziale dei piani patchy. L'eredità della pianificazione di Berlage si può ritrovare in molti piani urbanistici della Scuola di Delft incentrati su villaggi e cittadine piuttosto che sulle città, ed anche i piani di Dudok per la ricostruzione dell'Aia furono in armonia con questo approccio. Negli anni Settanta Berlage godette di un rinnovato interesse quando il modello della welvarende stad entrò in crisi e l'attenzione si spostò dall'espansione al rinnovo urbano.

L’architettura

Nell'edilizia privata l'unità architettonica è rappresentata dalla proprietà

individuale, cioè dall'abitazione, mentre nello spazio pubblico

l'architettura si presenta come una successione di facciate di edifici

privati. Ad Amsterdam lungo l'anello dei canali sono presenti da un lato

costruzioni dal basso rendimento economico, e dall'altro le detached

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house, tipologia dominante di abitazioni private. Berlage accettò questo fatto come un'evoluzione obbligata, dalla quale trasse una conclusione radicale. Egli prese una costruzione tipo block e considerò l’intero blocco come un'unità architettonica. Questi ambienti divennero il soggetto "dell'arte di edificazione urbana"

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vista da Berlage come arte di stato per eccellenza e eliminando la distinzione tra architettura e urbanistica. La mediazione tra architettura e pianificazione urbana non si affermava più attraverso una tipologia edilizia che serviva da astratto riferimento per i regolamenti edilizi; l'architettura e la pianificazione urbana furono plasmate insieme

8

, da un comune modo di esprimersi, da un nuovo stile architettonico

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.

Van Eesteren, uno degli autori dell'AUP, definì il Plan-Zuid di Berlage come "Pianificazione urbana per parti”

10

. Egli riteneva fondamentalmente improprio che pianificatori monumentali come Berlage subordinassero la casa e la sua progettazione ad una teoria estetica riguardante il ruolo delle facciate su strade e piazze nello scenario urbano.

Ogni residuo di "Gesamtkunstwerk", cioè di stile come mezzo per creare uniformità, fu bandito dall'AUP, la cui pianificazione combinò tutti gli elementi (case, fabbriche, magazzini, strade, parchi, ecc.) in una composizione che rendeva possibile l'evoluzione degli stessi secondo la loro natura; non c'era nessuna idea onnicomprensiva che riguardasse la loro forma. Il maggiore problema affrontato da Van Eesteren, quando

7 H. P. Berlage, “Stedenbouw”, in Beschouwingen over bouwkunst en hare ontwikkeling, Rotterdam 1911.

8 V. van Rossem, “Berlage; beschouwingen over stedebouw 1892 ‐ 1924”, in S. Polano, Hendrik Petrus Berlage, het complete werk, Alphen aan den Rijn 1988, p. 59.

9 H. Engel, J. de Heer, “stadsbeeld en massawoningbouw”, in Oase n. 7, juli 1984, p. 14.

10 V. van Rossum, Het Algemeen Uitbreidingsplan van Amsterdam: geschiedenis en ontwerp, Den Haag 1993; H. Engel, J. de Heer, “stadsbeeld en massawoningbouw”, in Oase n. 7, juli 1984, p. 22.

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cominciò ad entrare nel dettaglio dell'AUP, fu quello di trovare alternative alla divisione delle aree edificabili per blocchi chiusi.

All'inizio furono sperimentate anche aree fabbricabili a forma di striscia;

ma in definitiva nei piani edilizi realizzati dopo la seconda guerra mondiale, fu fatto frequentemente uso dello schema di divisione delle aree in "corti quadrate", applicato per la prima volta a Frankendael (Amsterdam-Oost, 1951). Lo scopo principale della suddivisione non era più quello di recintare e di separare la proprietà privata da quella pubblica, la nuova forma edilizia tendeva semplicemente ed esclusivamente a soddisfare le esigenze residenziali.

Ogni blocco era fornito di una sua propria definizione architettonica:

case unifamiliari a due piani con tetto a terrazza, palazzi ad appartamenti con tre o quattro piani, blocchi di costruzioni alte 10 o 12 piani. Inoltre, i materiali usati nella costruzione erano differenti a seconda dei diversi tipi di casa e come affermano Van Eesteren e l'architetto Merkelback nel 1943: «Non pretendete differenze puramente estetiche, ma ricercate quelle imposte dalla funzionalità delle abitazioni

»

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.

L'idea dello spazio pubblico da modellare simbolicamente con l'architettura, doveva essere accantonata come ostacolo allo sviluppo di un modo di vivere libero. A Rotterdam la diversificazione dell'offerta di abitazioni fu usata come punto di partenza per la divisione strutturale del corpo della città, mentre a Amsterdam c’era la stretta relazione tra le forme dei fabbricati ed uno strato socialmente definito di cittadini.

Fu scelto un insieme eterogeneo di edifici, che garantisse sia una espansione equilibrata che un mix di diverse categorie di residenti. Nella

11 Si parla in particolare del Rapport voor richtlijnen voor woning‐woningarchitectuur, studiegroep woningarchitectuuur, 1943. in R. Bijhouwer, “De worm van de herhaling Amsterdam, Rotterdam, 1930‐1960, de woning en haar verkavelingsvorm”, in U. Barbieri (a cura di.), Architectuur en planning. Nederland 1940‐1990, Rotterdam 1983.

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sua spiegazione dei piani per il distretto di Pendrecht a Rotterdam, Mrs.

L. Stam-Beese stabilì esplicitamente questa relazione tra concetto sociale e forma; inizialmente non fu ricercata alcuna soluzione estetica, ma fu fatto uso della struttura di una "costellazione" sociale come elemento di design.

A questo fine fu introdotta una nuova forma di unità abitativa, chiamata anche "francobollo", in cui vari tipi di abitazione (case per anziani, unifamigliari e appartamenti) venivano combinati in un'unità di base: il minimo comune denominatore dell'intero distretto.

Il piano di Pendrecht – risultato di una stretta collaborazione tra l’ufficio comunale e OPBOUW, un gruppo di architetti di Rotterdam – ispirò questi ultimi a scrivere una serie di relazioni presentate alle conferenze CIAM post-belliche.

Secondo OPBOUW l'unità abitativa ripetibile rendeva possibile ridefinire le relazioni tra architettura e pianificazione. Nei successivi piani-studi per Pendrecht e Alexanderpolder, l'idea fu allargata e furono aumentate le possibilità di variazione dell'unità base.

Inoltre, la stratificazione sociale, come base fondamentale di interpretazione della pianificazione urbana, aprì la strada ad una divisione estetica determinata dalla rappresentazione delle diverse classi. HABITAT, preparato in occasione della nona conferenza CIAM introdusse un'attiva interazione tra l'ambiente edificato e i suoi fruitori.

L'urbanistica non era più vista come il rafforzamento di un programmato ordine sociale, ma come un continuo susseguirsi di eventi spontanei.

Ed era compito degli architetti creare una "struttura organizzata" in cui

questi eventi potessero trovare collocazione o potessero almeno essere

provocati. Il programma di HABITAT era largamente simile alle idee

dell'International Situationists on Unitair Urbanisme (Unitary Urbanism),

il principio base dell'Utopian Babylon project (1960) dell'artista Constant

Nieuwenhuis.

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Dal punto di vista architettonico queste idee furono rielaborate in dettaglio in Forum, una rivista di architettura (1959-1963) e furono realizzate, per esempio, nel distretto di Buikslotermeer in Amsterdam.

Diversamente da Pendrecht, questo distretto non fu composto con diverse forme di abitazione a seconda delle diverse categorie di residenti, ma consisteva in una sola forma di costruzione che incorpora differenti tipi di abitazione e costituiva una neutra struttura urbana formata da spazi tipo corte. Anche la composizione iniziale di Bijlmermeer fu ispirata da una forma di costruzione urbana neutra.

Fino a Van der Broek il metodo dell’open building era un mezzo per ridefinire il significato dei progetti architettonici individuali nel piano urbanistico: «Il paesaggio urbano non sarà più determinato dalle facciate su strada, ma dalla massa plastica degli edifici. Essi daranno alla creazione architettonica un più apprezzabile punto di partenza che non la sola cura delle facciate. Nella concezione architettonica i progettisti saranno più liberi che non nello schema delle facciate continue, nel quale si deve tenere conto della reale necessità di

"continuità", che ostacola il disegno originale. Un più trasparente e realistico meccanismo di stanziamenti a favore dell'edilizia ispirerebbe una migliore architettura.»

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Il progetto Lijnbaan provò che la distinzione tra proprietà pubblica e privata, che aveva regolato la pianificazione del 19° secolo a tutti i livelli non sarebbe più stata determinante. Il Lijnbaan è il risultato della cooperazione tra pubblico e privato, così come era stata auspicata da molto tempo. Il progetto comprende una varietà di funzioni urbane e la sua dimensione va di gran lunga al di là della potenzialità di un qualunque singolo progetto privato. Gli studi per l'area di Van der Broek

12 J. H. van der Broek, “Bouwvormen”, in de Binnenstad, Rotterdam 1946, citato in C.

Wagenaar, Welvaartsstad in wording: de wederopbouw van Rotterdam, 1940-1952, Rotterdam 1993, p. 229.

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non riguardavano soltanto la tipologia dei fabbricati, ma anche l'organizzazione dell'uso del suolo e lo stato degli spazi aperti. Gli studi non servivano solo per la preparazione di un piano edilizio tradizionale, ma anche ad individuare le probabilità di sviluppo del progetto: la scelta del modello finale è stata così determinata dalla valutazione dei rischi economici per le varie parti coinvolte. Il governo non è più al di sopra delle parti in tali progetti di cooperazione pubblica-privata, ma è una delle parti interessate così come la distinzione fra urbanistica ed architettura si dissolve.

1.3 Rotterdam

Era ancora molto giovane, da poco regina del popolo britannico quando, nel 1958, Elisabetta II giunse a Rotterdam insieme al principe Filippo.

L'allora assessore comunale all'urbanistica, C. van Traa, illustrò alle altezze reali modelli e progetti per la ricostruzione. Gli allievi del

"Bouwcentrum" fanno ala al momento della partenza offrendo, oltre ai tradizionali mazzi di fiori, i simboli del lavoro edile: martello, compasso e cazzuola

13

. Un viaggio istruttivo, quello dei reali inglesi, sul tema della

"ricostruzione", dove vengono messe a confronto Coventry e Rotterdam e il relativo grado di distruzione: 275 ettari a Rotterdam e 96 ettari a Coventry. In effetti i danni causati dalla guerra a Rotterdam corrispondono a circa un terzo del volume totale di distruzione dei Paesi Bassi.

Van Traa descrive la posizione della città come Porta d'Europa raggiungibile via acqua, l'ottima rete di collegamenti ferroviari, stradali e fluviali con la Germania, e in particolare con il territorio della Ruhr, le caratteristiche geologiche della città, situata al di sotto del livello del

13 C. van Traa, “Spraak” [in occasione della visita della regina Elisabetta II a Rotterdam], in AA.VV., Bow, Rotterdam 1958, pp. 335‐341.

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mare e le misure di sicurezza imposte da questa situazione, i problemi della preparazione del suolo da edificare, dove è necessario conficcare pali lunghi almeno diciotto metri e le costruzioni devono avere muri sottili, per ridurre al minimo il peso che grava sui pali. Una caratteristica, quest'ultima, che ha contribuito alla totale distruzione del centro della città a causa del bombardamento e dell'incendio che ne è seguito:

rimasero in piedi solo pochi edifici dai muri spessi, come il municipio, la borsa e la posta centrale, le mura esterne della Chiesa di San Lorenzo e poche altre facciate.

Van Traa passa quindi a illustrare i progetti esposti nel "Bouwcentrum", che un anno prima avevano costituito il tema di una mostra nel museo Boymans van Beuningen, che aveva riscosso un incredibile successo di pubblico, con migliaia di visitatori ogni giorno. Mostre di architettura e urbanistica dedicate al tema della ricostruzione non erano certo una rarità nell'Europa del dopoguerra. Già nel 1946, nelle rovine del castello di Berlino, si tenne la mostra "Berlino ricostruisce", organizzata dall'allora assessore all'urbanistica Hans Scharoun. Nel 1948-49 André Lurçat promosse una mostra itinerante per tutta Europa intitolata

"Architettura e urbanistica francese", che documentava tra l'altro le distruzioni causate dalla guerra in Francia. A Colonia, infine, la mostra

"La Germania ricostruisce. Architettura a partire dal 1945" illustra le attività della ricostruzione. Negli anni Cinquanta compaiono, in varie città, le prime importanti realizzazioni: la Royal Festival Hall sulla South Bank a Londra

14

, il quartiere Hansa di Berlino, esempio di edilizia decentrata ed espressione di un nuovo paesaggio urbano, presentato in occasione della mostra di urbanistica "Interbau 1957" e infine, ma non meno importante, il Lijnbaan

15

, realizzato fra il 1951 e il 1953, nell'ambito del progetto generale di ricostruzione di Rotterdam.

14 Architetti Robert Matthew & Leslie Martin (1948‐51).

15 Nella ricca bibliografia si vedano:

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Il progetto Witteveen

La Rotterdam di oggi è una boomtown, una città caratterizzata da un forte sviluppo demografico ed economico, una sorta di Manhattan sulla Mosa. Le origini di questo boom vanno ricercate, per quanto strano possa sembrare, nel bombardamento effettuato dai tedeschi nel 1940.

Il fatto che il centro fosse stato raso al suolo fu interpretato da molti fautori del funzionalismo e critici della città, come una occasione unica:

finalmente, e per di più nel bel mezzo della città, c'era spazio per applicare gli ideali della separazione delle funzioni – di luce, aria e verde – auspicati dai membri del CIAM, fra i quali vanno ricordati i rappresentanti olandesi che contribuirono all'elaborazione della "Charte d'Athene"

16

.

Circa 2,6 milioni di metri quadrati, quasi l'intero centro storico, vennero distrutti dalle bombe e dall'incendio del 14 maggio 1940: 28.000 abitazioni, 2.300 negozi, 2.000 impianti produttivi, 1.400 uffici, 24 chiese, 62 scuole, 13 ospedali, 12 cinema e 4 stazioni risultarono completamente distrutti, 900 le vittime.

Successivamente, nel 1942, '43 e '44 a Rotterdam le bombe della R.A.F.

e della U.S. Air Force, destinate a obiettivi strategici come impianti portuali e cantieri navali, colpirono per errore anche obiettivi civili: una superficie di 10,5 ettari venne rasa al suolo, 2.661 appartamenti, 89

J. B. Bakema, J. H. van den Broek, “Winkelpromenade Lijnbaan te Rotterdam”, in Bouwkundig Weekblad, Rotterdam 1953, pp. 345‐355; J. B. Bakema, e J. H. van den Broek, ”Winkelpromenade Lijnbaan”, in Bouw n. 2, april 1953, pp. 843‐862; E. Gentili,

“Lijnbaan: storicità di un’architettura”, in Casabella n. 202, agosto-settembre 1954, pp. 33- 41; H. D. Klug, “Ladenzentrum und Warenhduser in Rotterdam”, in Bauen-Wohnen, 1958, Februar pp. 255‐265.

16 F. Bollerey, “Los Decorados se han superflous. Decorations have become superfluous, Urban development from 1910 to 1933, between Empiricism, Ideology and Form”, in Urbanismo Revista n. 8, agosto 1990, pp. 41‐42.

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impianti produttivi, 9 caffè, 3 pensioni, 1 chiesa, 2 scuole, 3 palazzi di uffici, vennero distrutti, le vittime furono 326, i feriti 400

17

.

Dieci giorni dopo il bombardamento del 14 maggio 1940 viene emanato un decreto sulla ricostruzione, il quale ai paragrafi 3-6 sancisce l'esproprio dell'area distrutta. Per prevenire un intervento dei tedeschi, sin dal 18 maggio 1940 W. G. Witteveen viene incaricato di mettere a punto un piano di ricostruzione. L'8 giugno 1940 viene presentata una pianta stradale schematica, il 4 dicembre '41 l'intero progetto, ispirato principalmente alla necessità di costruire dighe e sbarramenti, di realizzare un nuovo tracciato della ferrovia, oltre a quello dell'impianto stradale e la ricostruzione degli edifici.

Durante gli anni del conflitto non si lavorò alla realizzazione del piano;

per non influenzare il futuro sviluppo del centro non fu costruita alcuna abitazione ed i senzatetto furono ospitati in centri di emergenza situati in altri quartieri della città.

Il progetto Witteveen è ancora ispirato ad una sorta di revisione critica dell'edilizia tradizionale, in quanto la singola casa svolge un proprio ruolo nella delimitazione delle strade.

Il quartiere commerciale rimanda, a differenza della Lijnban che sarà poi effettivamente realizzata, alla forma dell'isolato prediletta da J. J. P.

Oud.

17 A. J. A. Hermanns, “Een noodlottige vergissing door identieke stedebouwkundige vormen. Onderzoek naar achtergronden van het door de Amerikaanse luchtmacht uitgevoerde bombardement op Rotterdam, op 31 maart 1943”, in Stedebouw &

Volkshuisvesting n. 190, augustus-oktober 1989, pp. 312‐313; R. A. D. Renting, Overzicht van het Gemeentebestuur van Rotterdam met de sanering 1940 t/m 1972, Rotterdam 1974, p.10.

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Gli aspetti più originali di questo piano riguardano le norme sugli espropri e le opere sotterranee, le quali subiscono una radicale trasformazione. Cinque milioni di metri cubi di macerie vengono eliminati non solo in superficie e nei corsi d'acqua di Rotterdam indicati da Witteveen: Schie, Kolk, Blaak, Shiedamsesingel e il lago di Kraling;

anche sottoterra viene eliminato tutto quello che si rifà alla vecchia struttura storica: vengono rimossi per esempio 14.000 pali, che, se disposti in successione l'uno dopo l'altro avrebbero coperto la distanza Londra - Leningrado

18

. Tabula rasa, quindi, persino sottoterra; anche questa è una peculiarità di Rotterdam, dal momento che in quasi tutte le altre città distrutte dalla guerra, per motivi di costi, l'infrastruttura del sottosuolo non fu toccata, alla pari delle vecchie strutture stradali, che dovettero essere integrate nei piani di ricostruzione.

18 C. van Traa, “Das neue Herz von Rotterdam”, in Der Aufbau n. 43, März-April 1947, p.

42.

il piano Witteveen.

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Il progetto Van Traa

Ben diverso fu il caso di Rotterdam. Il 5 maggio 1945 venne firmata la resa. Il 23 maggio si riunì a L'Aia il governo in esilio. Il 28 giugno tornò dall'esilio la regina Guglielmina che, insieme al re Leopoldo I del Belgio, aveva offerto, a partire dal 30 agosto 1939, i propri servigi come mediatrice fra le grandi potenze e successivamente, dal 13 maggio 1940, era riparata a Londra.

Il 7 maggio 1945 il sindaco di Rotterdam, destituito dai tedeschi, torna a ricoprire la sua carica. Si formano i primi comitati civici e nazionali, viene eletto un consiglio comunale pro tempore e il 16 novembre l'allora ministro competente, J. A. Riners, dichiara la ricostruzione di Rotterdam questione nazionale. Nella primavera successiva viene presentato il basisplan, che il 15 giugno 1946 viene accettato come piano regolatore generale. «Il piano base attualmente presentato […] vuole essere un punto di partenza, non solo per la ricostruzione del centro della città distrutto, ma anche per le misure che si renderanno necessarie in futuro, una volta completata la ricostruzione»

19

.

Autore del progetto è il sopracitato C. van Traa che, sin dal 1944, aveva preso il posto del suo predecessore Witteveen. Gli abitanti di Rotterdam vivevano ormai da sei anni con un deserto nel cuore della città. Come accennato in precedenza, erano rimasti in piedi solo pochi edifici: il municipio, la borsa, la posta centrale lungo il Coolsingel e, nelle vicinanze del porto di Leuve, la barocca "Schielandhuis" e il magazzino

"Bijenkorf" (1929, van W.M. Dudock), nonchè a ovest, ultima rovina del cuore della città, la chiesa di San Lorenzo

20

.

19R. A. D. Renting, Overzicht van het Gemeentebestuur van Rotterdam met de sanering 1940 t/m 1972, Rotterdam 1974, p. 14.

20H. van Dijk, Architectuurgids Rotterdam, Amsterdam 1980.

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Con un gesto che vuole essere simbolico, nel 1945 viene dato il via alla costruzione del Teatro municipale. realizzato in mattoni riciclati (1.700.000 pezzi) e consegnato alla popolazione nel 1949. Per molto tempo rimane un edificio del tutto isolato e nel 1952 la città trasmette ancora un'impressione di grande desolazione. Sono sorti solo pochi edifici le cui caratteristiche sono innovative: il "Bowcentrum" (1946-48, di J. W. C. Boks), il "Groothandelsgebown" (1949-51, di H. A.

Maaskant), la ditta "ter Meulen, Wassen e van Vorst" (1948-51 di J. H.

Broek & Bakema).

La stazione (1950-57, di S. van Ravenstijn) e il Rijnhotel &

Appartmenthaus per la gioventù (1949-59, di B. Merkelbach e P. Elling), sono ancora in costruzione. Quest'ultimo edificio esprime chiaramente l'importanza attribuita dagli olandesi, nel dopoguerra, ai giovani e alla loro indipendenza. Gli edifici più rappresentativi sono indubbiamente il

"Bowcentrum" e il "Groothandelsgebouw".

Il "Bowcentrum", dove fu ricevuta Elisabetta II nel 1958, è stato concepito come istituto di informazione centrale per l'edilizia e sin dal '52 viene definito dalla stampa specialistica internazionale «Centro di riferimento internazionale per l'intero settore dell'edilizia»

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. Certo New York ha un "urban centre" e Londra un "building centre", ma la fondazione del "Bouwcentrum" nel 1948 testimonia per quei tempi una buona dose di lungimiranza e si ricollega idealmente alla cultura architettonica del periodo precedente la guerra (H.P. Berlage, J.J.P.

Oud, C. van Eesteren e altri).

Il "Groothandelsgebouw" è un grande edificio commerciale; basta qualche cifra per dare l'idea di quanto sia imponente: 440.000 metri cubi di volume edificato, 128.000 metri quadrati di superficie utile, 220 metri di lughezza per 85 di larghezza. L'idea di realizzare questo "Palazzo del

21 E. Deusche, “Die Innenstadt Rotterdams heute. Eine Zwischenbilanz”, in Die Neue Stadt n. 9, September 1952, p. 489.

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commercio" fu promossa nel 1944 da un gruppo di commercianti all'ingrosso che, per economizzare sui costi fissi, promossero il

"condominio" di un edificio che si trovasse in posizione favorevole rispetto alle vie di comunicazione e ai mezzi di trasporto.

Negozi e uffici, magazzini e spazi espositivi, ristoranti e boutique si affacciano su tre cortili interni. Una rampa d'accesso permette di salire al primo piano. Questa tipologia costruttiva rappresenta una combinazione tra il Lingotto di Torino, lo stabilimento di produzione della Fiat, opera di Mattè Trucco (1914-15 e 1920-25) e i tradizionali edifici a corte che ospitavano le attività produttive, tipici della Berlino ottocentesca. La tipologia di edificio che combina funzioni di commercio, deposito e vendita, ma anche di produzione e amministrazione, ricorda anche quella del caravanserraglio, ampiamente diffusa a Istanbul e in altre città della Turchia, che fungeva da alloggio per uomini e animali e da deposito e posto di trasbordo per le merci.

groothandelsgebouw nel 1952

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Il "Groothandelsgebouw", per la concentrazione di funzioni, raccoglie l'eredità ideale degli anni Venti, esso infatti, anche se soddisfa una molteplicità di funzioni rimane un edificio monofunzionale, poichè tutto è subordinato al commercio: ai paladini dell'ideologia che propugnava la separazione delle funzioni, anche la concentrazione delle stesse dovette apparire una premessa necessaria.

I piani del 1946 e del 1955

Il piano di base per Rotterdam del 1946 e la versione modificata del 1955 si rifanno al principio di concentrazione: le superfici urbane vengono articolate per funzioni specifiche sia per quanto riguarda la macrostruttura dell'intera città che per la microstruttura del centro; le zone portuali e industriali, nonchè le aree adibite ai trasporti vengono nettamente delimitate, viene sancita la creazione di quartieri residenziali a Kleinpolder a nord, Pendrecht e Zuidwijk a sud e, per il futuro sviluppo urbano, le zone di Hoogvliet a sudovest, Lombardijen a sudest, Groot

basisplan di Rotterdam ad opera di C. van Traa, 1946.

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IJsselmonde a est. L'esempio più rilevante è costituito dalla città satellite di Pendrecht, nata per ospitare 22.000 abitanti; il progetto, del 1950, ad opera di Charlotte Stam-Beese, porta chiaramente l'impronta del CIAM e parla lo stesso linguaggio del gruppo di architetti olandesi "De 8 en De Opbouw", che curò la preparazione del VII Congresso del CIAM, tenutosi a Bergamo nel 1949. Per quanto riguarda il centro della città vengono pianificati soltanto 10.000 nuovi appartamenti in sostituzione dei 28.000 distrutti, poichè nel nuovo nucleo urbano deve essere riservato più spazio al commercio, all'amministrazione e alla cultura.

Queste funzioni sono ancora una volta concentrate: la zona commerciale è situata a ovest del Coolsingel, dove viene costruito anche il nuovo grande magazzino "Bijenkorf" del 1955-57 su progetto di Marcel Breuer, mentre ad est - preceduto dal municipio e dalla borsa - sorge il quartiere dell'amministrazione e delle banche, degli alberghi e delle strutture culturali. Attorno alla stazione (1950-57, S. van Ravestijn) si concentrano anche le linee dei mezzi di trasporto pubblici: ai tram dell'epoca si è aggiunta oggi la metropolitana.

Oltre alla separazione delle funzioni, uno degli obiettivi dei paladini

dell'urbanistica moderna era una città con una viabilità razionale, tema

questo su cui fu incentrato l'VIII Congresso del CIAM ("Heart of the City")

tenutosi a Hoddeston, che rivolse particolare attenzione ai problemi dei

pedoni. I progetti urbanistici di quel tempo si sforzavano così di attuare

la separazione dei vari sistemi di mobilità: pedoni, biciclette, auto. In

questo disegno grande importanza rivestono le piste ciclabili, che

costituiscono una presenza costante nei Paesi Bassi, anche se si può

osservare che solo alla fine degli anni Settanta e negli anni Ottanta gli

urbanisti integreranno la rete di piste ciclabili nella struttura complessiva

delle vie di comunicazione cittadine e, ancora una volta, l'esperienza di

Berlino si rivelerà determinante. L'intervento viabilistico più

rappresentativo è quello del Coolsingel, un gran viale la cui struttura si

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ispira agli Champs Elysèes di Parigi o della Frankfurter Allee, già Stalinallee di Berlino. La struttura del Coolsingel è andata sviluppandosi nel tempo: il Tunnel sotto la Mosa viene costruito tra il 1937 e il 1942, ed anche nel progetto Witteveen esso era già integrato in una maglia viabilistica ortogonale che comprendeva l'intera città ed era caratterizzata da un reticolo di strade disposto da nord a sud e da est a ovest, con circolazione rotatoria in prossimità degli incroci. Con la risistemazione del Coolsingel si voleva anche stabilire un rapporto visivo con l'acqua: esso "apre una finestra" sul canale e lo scorcio sul porto di Leuve ricorda agli abitanti di Rotterdam il carattere, la fama e la ragione dell'esistenza stessa della loro città: porto, commercio, navigazione.

Un altro aspetto fondamentale di questi piani regolatori generali è la creazione di aree di verde all'interno della città. Il Coolsingel fiancheggiato da alberi doveva sfociare nel Maasboulevard, anch'esso alberato, da cui avrebbe dovuto dipartirsi una striscia di verde adibita a parco fino alle rive del lago di Kraling; una concezione che rievoca i progetti Parkway di Robert Moses per New York.

Il Lijnbaan

È essenzialmente il Lijnbaan a fare di Rotterdam una meta obbligata di architetti e urbanisti del dopoguerra, di rappresentanti della stampa specializzata e addirittura, come abbiamo già detto, di rappresentanti reali. Persino Lewis Mumford esalta il quartiere dalle colonne del The New Yorker, affermando che con essa si è trovata una soluzione ottimale per rappresentare lo scenario urbano in cui vive l'uomo moderno. Il Lijnbaan era il palcoscenico perfetto per il cittadino

"consumatore" del dopoguerra che, passeggiando, si vedeva sfilare

davanti agli occhi la straordinaria offerta di nuovi beni di consumo, fonte

di tentazione e nel contempo conferma della ripresa economica. Il rito

dell'andare per negozi, spesso accompagnato a una sosta in un caffè o

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in un ristorante per fare uno spuntino e riposare, così come il recarsi al cinematografo, erano attività del tempo libero tipiche degli anni Cinquanta e il Lijnbaan fu il primo esempio architettonico e urbanistico in Europa a tenere conto di questo genere di svaghi. In contrasto con la convinzione dei futuri proprietari dei negozi, gli architetti J.H. van den Broek e J.B. Bakema separarono i negozi dalle abitazioni. L'incarico di realizzare 65 locali commerciali venne loro affidato dalla Camera di commercio simbolicamente nel giorno che segnò l'inizio della ricostruzione, nel 1951. Il centro commerciale, a forma di L, presenta il braccio più lungo orientato in direzione nord-sud e quello più corto in direzione est-ovest. Per i negozi a due piani disposti in 6 file (4 nel braccio più lungo, 2 in quello più corto) gli architetti svilupparono quattro tipologie diverse. L'assoluta novità era costituita dalla collocazione delle vie d'accesso: situate sul retro, riprendono il sistema inglese delle mews, abitazioni ricavate dalle scuderie intorno a un cortile posteriore, consentendo così di mantenere inalterato il carattere delle facciate.

Tutte le vetrine sono provviste di pensiline protettive. A intervalli di cento metri, ossia per sei volte lungo i 600 metri della strada commerciale, sono state costruite delle tettoie che si protendono fino al lato opposto della via. Oltre a rendere possibile una determinata articolazione dello spazio, questo fa sì che si possa passeggiare indisturbati anche in caso di maltempo. L'intera area - strade, facciate e spazi interni - è basata su un modulo di 100 per 110 metri; così su entrambi i lati delle strade larghe 18 metri si trovano locali commerciali profondi 15 metri, e su strade larghe 12 metri vi sono negozi di 20 metri di profondità.

«È chiaro che siamo di fronte a un ambiente urbano a misura di pedone

[...] pedone che, come nella satira "The Little Golden Kalf", dovrebbe

essere al centro della nostra attenzione [...] Di fatto, però, nella città la

sua naturale libertà di movimento è sempre più limitata mentre

l'attenzione è rivolta esclusivamente all'automobile [...] Il Lijnbaan,

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30

invece, è frutto di una concezione diametralmente opposta [...] Il Lijnbaan ha un aspetto molto simpatico, vivace e allegro per via della luce naturale, lo sventolio delle bandiere, le belle acacie, le aiuole e le fioriere rettangolari collocate qua e là a ornare i caffè con i loro tavolini nel bel mezzo della passeggiata, e non di meno per via della gente che si muove tra l'ombra delle tettoie e il sole, in un ambiente fatto a misura d'uomo. L'equilibrio e l'armonia del Lijnbaan sono una gioia per gli occhi.

L'elemento artistico s'intreccia con quello naturale, il fattore individuale con quello collettivo a formare un insieme indovinatissimo.»

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, così recita l'elogio di Mumford, un inno in lode della città a misura d'uomo propugnata fin dagli anni Venti. Quest'area urbana paradiso del consumatore, quest'isola pedonale a metà strada fra le gallerie parigine e londinesi di fine Settecento e Ottocento, si ricollega alle gallerie di Torino, Milano, Berlino, Bruxelles o L'Aia e agli shopping malls statunitensi.

22 L. Mumford, “the Sky Line, in The New Yorker n. 12, october 1957, cit., p. 174.

mappa del Lijnbaan in relazione con gli edifici pubblici limitrofi

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