6. RISULTATI OTTENUTI DALL’ ANALISI IN ANSYS
A questo punto si può dire di saper effettuare analisi agli elementi finiti modale, statica lineare e non-lineare, a “buckling” lineare e non-lineare di un palo cilindrico o conico, tubolare, traviforme, realizzato in compositi, incastrato alla base e soggetto in punta o a un carico assiale o trasverso o a un momento flettente. Su specifica indicazione della ditta collaboratrice si è focalizzata l’attenzione sul “buckling” lineare e non-lineare del palo caricato in direzione traversa. Si è anche effettuata un’analisi statica della struttura con la medesima tipologia di carico nella condizione di incipiente instabilizzazione per vedere, nei casi analizzati, se fosse più critico il “buckling” o la “first-failure”.
Infatti si è già detto che ANSYS non prevede al suo interno un’opzione per lo studio del materiale composito danneggiato, quindi qualora si verificasse una parziale rottura prima del “buckling”, questa non verrebbe considerata per il calcolo del carico critico. In questo caso il progettista si troverebbe in difficoltà, in quanto non saprebbe in che misura e in che modo le parziali rotture influiscono sull’instabilizzazione della struttura. Sarebbe necessario a questo scopo implementare nel programma una “routine” definita dall’utente che permetta di considerare il parziale danneggiamento del materiale, ma tale attività non rientra in questa tesi.
Prima di procedere con un qualsiasi tipo di analisi si ricordi che, per restringere il campo di lavoro, sono stati fissati alcuni parametri, i cui valori verranno utilizzati nelle analisi numeriche che seguono. Sono state completamente definite le caratteristiche di rigidezza, resistenza, espansione termica e densità di due materiali, uno composto da fibre di vetro in resina epossidica e l’altro da fibre di carbonio in resina epossidica; si è definita la geometria dei pali (conica e cilindrica), lo spessore e il numero di lamine e il numero di punti di integrazione. I parametri che sono stati lasciati liberi di assumere valori differenti da caso a caso sono: il numero di elementi in senso assiale e circonferenziale, i moduli dei carichi e degli spostamenti imposti, l’orientazione della singole lamine e, qualora servano, il numero di modi propri estratti e il numero di “substeps”
utilizzati nell’analisi non-lineare. A prescindere dalla tipologia di analisi, tutti questi parametri indipendenti condizionano il risultato, ma solo alcuni di essi condizionano il procedimento o la precisione del risultato. E’ quindi necessario “settare” questi ultimi parametri indipendenti
“principali” (per distinguerli dagli altri) su valori che garantiscano una adeguata precisione, tempi di calcolo ammissibili e il corretto funzionamento del procedimento. Per trovare il “settaggio” ottimale dei parametri principali, si osserveranno gli andamenti dei risultati al variare dei parametri indipendenti principali e fissati tutti i parametri indipendenti di secondaria importanza.
1.1 Analisi modale
I parametri indipendenti “principali” per l’analisi modale sono il numero di modi estratti e il numero di elementi. Si vuole capire se, fissata la geometria, il materiale e il numero di elementi, l’aumentare del numero di modi propri estratti e poi espansi condiziona o meno il valore delle prime quattro frequenze critiche. Si è compiuto tale calcolo, scegliendo l’elemento tubolare con geometria conica, realizzato in carbon-epoxy e con “stacking-sequence” tipo cross-ply simmetrico e come numero di modi propri: 4, 6, 10, 20, 30, 50, 75, 100, 200. I risultati sono stati riportati su un grafico (Fig.6.1).
VARIAZIONE DELLE PRIME FREQUENZE NATURALI CON NUMERO DI ELEMENTI COSTANTI E AUMENTANDO IL NUMERO DI MODI
PROPRI UTILIZZATO
0 20 40 60 80 100 120 140
4 6 10 20 30 50 75 100 200
NUMERO DI MODI PROPRIFRQUENZE NATURAL
1st N-F 2nd N-F 3th N-F 4th N-F
Fig.6.1
Le frequenze proprie sono uguali a due a due, prima con la seconda e terza con la quarta, e tutte e quattro sono costanti con l’aumento progressivo dei modi propri utilizzati. Ciò significa che i modi propri superiori al quarto non partecipano minimamente alla formazione delle prime quattro frequenze naturali.
Si desidera anche capire quanto incida il numero di elementi longitudinali e circonferenziali
sulle prime quattro frequenze proprie, fissati la geometria, il materiale e il numero di elementi. Si
risceglie ad esempio la geometria conica e come materiale il carbon-epoxy, si fissa un numero di
modi propri cautelativo (20) e si aumenta progressivamente il numero degli elementi longitudinali e
circonferenziali: 40-8 (320), 60-12 (720), 80-16 (1280), 100-20 (2000), 120-24 (2880), 140-28
(3920), 160-32 (5120), 180-36 (6480), 200-40 (8000). Graficando i risultati ottenuti si ottiene
(Fig.6.2)
VARIAZIONE DELLE PRIME FREQUENZE NATURALI CON NUMERO DI MODI PROPRI COSTANTI E AUMENTANDO IL NUMERO DI
ELEMENTI UTILIZZATO
0 20 40 60 80 100 120 140
320 720
1280 2000
2880 3920
5120 6480
8000 NUMERO DI ELEMENTI
FREQUENZE NATURALI
1st N-F 2nd N-F 3th N-F 4th N-F
Fig.6.2
Anche questa analisi conferma il fatto che le frequenze proprie sono uguali a due a due e si nota anche che i valori rimangono pressoché costanti oltre i 2000 elementi utilizzati.
Optando per 100 elementi longitudinali e 20 circonferenziali e per la solita sequenza di impilamento tipo “cross-ply” simmetrico si guardi adesso i valori delle prime quattro frequenze proprie per le quattro combinazioni di materiali e geometrie (Tab.6.1).
1st Nat. Freq.
[Hz]
2nd Nat. Freq.
[Hz]
3th Nat. Freq.
[Hz]
4th Nat. Freq.
[Hz]
Con. carbon-epoxy 26.998 26.998 118.71 118.71
Cyl. carbon-epoxy 25.285 25.285 85.779 85.779
Con. glass-epoxy 12.668 12.668 63.500 63.500
Cyl. glass-epoxy 12.018 12.018 42.081 42.081
(Tab.6.1)
Come logico aspettarsi a causa delle rigidezze nettamente superiori, il carbonio fornisce, a parità di geometria, frequenze proprie circa doppie rispetto al vetro. Quindi strutture in cui si ricerchi la massima rigidezza sono da realizzarsi, costo permettendo, preferibilmente in carbonio.
La geometria conica fornisce frequenze proprie superiori rispetto alla geometria cilindrica. Tale
fenomeno è imputabile al fatto che la sezione si restringe allontanandosi dall’incastro, cioè il
baricentro si trova, a parità di lunghezza, più vicino all’incastro e conseguentemente ha una minore
libertà di movimento.
1.2 Analisi a “buckling” lineare
Ritornando al “buckling” del palo soggetto a carico trasversale, si è cominciato a prendere in considerazione la soluzione lineare anziché quella non-lineare, avendo la prima tempi di calcolo di qualche minuto e la seconda di qualche ora. Nell’analisi lineare, è possibile utilizzare sia la SHELL99 che la SHELL181, anche se, per ottenere la medesima precisione a parità di numero di elementi, la seconda richiede una “meshatura” più fitta essendo composta da 4 nodi anziché da 8.
Per questo si sono utilizzati quasi esclusivamente SHELL181.
A questo punto e in questo tipo di analisi ci si può chiedere quali siano i parametri
“indipendenti” e quali siano i loro valori per ottenere sia una adeguata precisione con tempi di calcolo ragionevoli. Definito il modulo del carico unitario in modo da avere perfetta corrispondenza tra autovalori estratti e carichi critici, le uniche variabili libere sono: il numero di elementi, il numero di modi estratti e poi espansi, l’orientazione dei “layers”, il tipo di materiale e di geometria.
Per selezionare valori ragionevoli di questi parametri si è scelto, pensando che ciò non minasse più di tanto la generalità del procedimento, l’elemeneto tubolare con geometria conica realizzato in fibra di carbonio con “stacking sequence” tipo “cross-ply” simmetrico. Sono state condotte due tipologie di analisi: valutare i primi tre carichi critici, in un caso, fissando il numero di elementi e aumentando man mano il numero di modi estratti, e nell’altro, fissando il numero di modi estratti e aumentando il numero di elementi. Entrambe le analisi sono state compiute sia con carico assiale che traverso, in modo da avere sempre un termine di paragone.
Nella prima tipologia di analisi, ossia quella con numero di elementi costante e con numero di modi propri estratti e poi espansi crescente, si è scelto un numero di elementi abbastanza elevato, 2000, dato da 100 elementi longitudinali e 20 circonferenziali. Per quanto riguarda il numero di modi estratti e poi espansi si sono scelti i seguenti valori: 3, 5, 10, 20, 30, 50, 75, 100, 200.
L’andamento dei primi tre carichi critici in funzione dei modi propri utilizzati è stato riportato nei
due grafici seguenti (Fig.6.3 e Fig.6.4), il primo per il carico assiale e il secondo per quello
trasverso.
VARIAZIONE DEI CARICHI CRITICI ASSIALI CON NUMERO DI ELEMENTI COSTANTI E AUMENTANDO
IL NUMERO DI MODI PROPRI UTILIZZATO
0 50000 100000 150000 200000 250000 300000 350000 400000 450000
3 5 10 20 30 50 75 100 200
NUMERO DI MODI PROPRICARICHI CRITICI
1st C-L
2nd C-L 3th C-L
Fig.6.3
VARIAZIONE DEI CARICHI CRITICI TRASVERSI CON NUMERO DI ELEMENTI COSTANTI E AUMENTANDO
IL NUMERO DI MODI PROPRI UTILIZZATO
0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 40000 45000 50000
3 5 10 20 30 50 75 100 200
NUMERO DI MODI PROPRICARICHI CRITICI TRASVERSI
1st C-L 2nd C-L 3th C-L
Fig.6.4
Come si può vedere dai grafici (Fig.6.3 e Fig.6.4), il modulo medio dei carichi critici assiali è
circa un ordine di grandezza superiore rispetto a quello dei carichi critici traversi, il valore dei primi
tre carichi critici assiali risulta costante con l’aumentare dei modi propri utilizzati (da 3 a 200 modi
propri), mentre il valore dei primi tre carichi critici traversi decresce fino a 20 modi propri estratti,
poi rimane costante (da 20 a 200 modi propri). Si può anche notare che, in entrambi i casi, i valori
dei “buckling loads”, per un determinato numero di elementi e di modi propri, sono uguali a due a
due, cioè il primo e il secondo, il terzo e il quarto e così via. Quando si utilizza un basso numero di nodi e di modi propri i valori differiscono leggermente.
Nella seconda tipologia di analisi invece si fissa il numero di modi propri estratti e poi espansi a 30 e si aumenta gradualmente il numero di elementi assiali e circonferenziali utilizzati e quindi il numero totale: rispettivamente 50-10 (500), 80-16 (1280), 100-20 (2000), 120-24 (2880), 140-28 (3920), 160-32 (5120), 180-36 (6480), 200-40 (8000) e 250-50 (12500). Gli andamenti dei carichi critici assiali e trasversi con numero di modi propri costante e aumento del numero di elementi sono riportati nei due grafici qui sotto (Fig.6.5 e Fig.6.6).
VARIAZIONE DEI CARICHI CRITICI ASSIALI CON NUMERO DI MODI PROPRI COSTANTI E
AUMENTO DEL NUMERO DI ELEMENTI UTILIZZATO
0 100000 200000 300000 400000 500000 600000
500 1280
2000 2880
392 0
5120 6480 8000 12500 NUMERO DI ELEMENTI
CARICHI CRITICI ASSIALI
1st C-L 2nd C-L 3th C-L
Fig.6.5
VARIAZIONE DEI CARICHI CRITICI TRASVERSI CON DI MODI PROPRI COSTANTI E AUMENTO
DEL NUMERO DI ELEMENTI UTILIZZATO
0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 80000
500 1280 200
0 288
0 392
0 5120
6480 8000
125 00 NUMERO DI ELEMENTI
CARICHI CRITICI TRAVERSI
1st C-L 2nd C-L 3th C-L
Fig.6.6
Dall’analisi del primo grafico si nota che i primi due carichi critici assali hanno un andamento leggermente crescente con l’aumentare del numero di nodi, mentre il terzo mostra un andamento decisamente decrescente. Si può concludere che i primi due carichi critici raggiungono quasi subito la convergenza (già con 2000 elementi si può asserire di avere un risultato soddisfacente, differendo da quello ottenuto con 12500 elementi solo del 1.6%), mentre il terzo e il quarto no (l’errore percentuale tra i risultati ottenuti con i numeri di elementi citati precedentemente è infatti del 15.5%). Ma dato che ai fini di questa tesi interessa esclusivamente il primo carico critico, si può ritenere adeguato un modello composto da 100 elementi in senso longitudinale e 20 in senso circonferenziale.
Dall’analisi del secondo grafico, invece, si vede come l’andamento dei primi tre carichi critici trasversi non converga a nessun asintoto orizzontale e come continui a decrescere con l’aumentare del numero dei nodi. Per avere un termine di paragone con il carico assiale, si tenga conto che, in questo caso, l’errore percentuale tra il primo carico critico ottenuto con 100 elementi longitudinali e 20 circonferenziali e quello ottenuto con 250 elementi assiali e 50 circonferenziali è del 39.2%. Per analizzare le cause di questa differenza si è pensato di visualizzare le deformate associate al primo
“buckling load” di entrambi i casi di carico per vedere se rispecchiavano la reale natura dei fenomeni. Un elemento tubolare, lungo e traviforme, incastrato alla base e caricato all’estremità libera in direzione assiale instabilizza con una deformata “tipo trave” perfettamente descritta dal problema di Eulero. Diversamente, se il medesimo palo viene caricato in direzione trasversale (come notò il dottor Elmar Pfletshinger negli anni ’80 con esperimenti in laboratorio [29]), si manifesta un’instabilità con una deformata locale “tipo guscio” a un’altezza compresa tra 1/5 e 1/3 dall’incastro. Il fenomeno si manifesta con una progressiva ovalizzazione della sezione, con conseguente restringimento dell’altezza della sezione in direzione del carico e allargamento in direzione ad esso ortogonale. Questa variazione geometrica genera una progressiva perdita di momento di inerzia, non descritta nel modello lineare, che porta al “buckling” locale e alla successiva rottura del palo. Le deformate associate ai primi carichi critici derivate da un’analisi a
“buckling” lineare per carico assiale e traverso (Fig.6.7 e Fig.6.8) sono invece:
Fig.6.7 Fig.6.8
Osservando le (Fig.6.7 e Fig.6.8), si nota come la deformata dovuta al carico assiale riproduce quanto si verifica sperimentalmente, mentre quella dovuta al carico orizzontale è completamente diversa da quanto osservato. Il suo aspetto è infatti alquanto anomalo: rimane completamente inalterata e indeformata per 5/6 della sua lunghezza, mentre l’ultimo sesto (quello adiacente all’incastro) mostra nella zona compressa onde entranti e uscenti rispetto allo superficie del guscio con accentuate deformazioni degli elementi sulle “gobbe” uscenti. Ragionando sul motivo di una così marcata diversità tra analisi sperimentale e modello lineare agli elementi finiti, si è pensato a una possibile causa di errore del modello proprio nella sua linearità. Cioè, è possibile che il
“buckling” assiale sia un fenomeno che si innesca non lontano dalla configurazione indeformata
(pur arrivando a rottura con frecce elevate) e quindi bene riproducibile con un modello lineare
(piccoli spostamenti e deformazioni). Mentre il “buckling” trasversale è probabile sia un fenomeno
che si attiva lontano dalla configurazione indeformata, in regime di grandi spostamenti, e quindi
risolvibile solo con un modello non-lineare. Dato che solitamente i materiali compositi fibrosi
hanno un comportamento lineare elastico fino a rottura (non plasticizzano e quindi non subiscono
grandi deformazioni), si eseguirà un’analisi a “buckling” non-lineare in cui l’unica non-linearità definita sarà quella dovuta ai grandi spostamenti o rotazioni.
1.3 Buckling non-lineare
La procedura da seguire nel caso in cui si voglia eseguire un’analisi a “buckling” non-lineare agli elementi finiti è già stata spiegata precedentemente. Seguendo nuovamente il percorso logico tracciato nell’analisi a “buckling” lineare appena trattata, la prima cosa da fare è pensare quali siano le variabili indipendenti del problema; possono essere raggruppate in: il modulo del carico o dello spostamento imposto, il numero di “substeps”, il numero di elementi, l’orientazione dei layers, il tipo di materiale e di geometria. Le prime due possono essere chiamate variabili di tentativo in quanto, dipendendo fortemente dalle dimensioni e dal materiale, sono sempre state fissate in base all’esperienza e assumono valori diversi da caso a caso. Tra queste, il numero di “substeps”, a parità di carico, condiziona la precisione del risultato e il tempo di calcolo, mentre il modulo carico o dello spostamento imposto deve essere sempre superiore al corrispettivo valore critico ma non troppo, in quanto, a parità di numero di “substeps”, adoperare un valore maggiore del necessario equivale a utilizzare un passo più grande e a compiere un’analisi meno precisa. Di fatto quindi il modulo del carico o dello spostamento imposto e il numero di “substeps” possono essere considerati nel caso specifico più parametri imposti che variabili indipendenti. Similmente al caso lineare, pensando di non limitare la generalità della procedura, si è scelto l’elemento tubolare con geometria conica, realizzato in fibra di carbonio, con “stacking sequence” tipo “cross-ply”
simmetrico e si è fatta variare l’ultima variabile rimasta, il numero di elementi, col fine di trovare il valore ottimale che coniughi precisione e tempi di calcolo ragionevoli. Si aumenterà progressivamente il numero di elementi assiali e circonferenziali mantenendo, al solito, il loro rapporto inalterato. I valori assiali, circonferenziali e totali utilizzati sono rispettivamente: 40-8 (320), 60-12 (720), 80-16 (1280), 100-20 (2000), 120-24 (2880), 140-28 (3920), 160-32 (5120). Si è usato un minor numero di elementi rispetto all’analisi lineare perché, come si è spiegato, i tempi di calcolo si allungano notevolmente, basti pensare che per 5120 elementi sono necessarie più di 3 ore e 30 minuti. L’andamento del carico critico assiale e trasverso con numero di “substeps”
costante e aumentando il numero di elementi è riportato nei due grafici (Fig.6.9 e Fig.6.10).
VARIAZIONE DEL CARICO CRITICO ASSIALE CON L'AUMENTARE DEL NUMERO DI ELEMENTI
UTILIZZATO
185000 190000 195000 200000 205000 210000 215000 220000 225000 230000
320 720 1280 2000 2880 3920 5120
NUMERO DI ELEMENTICARICO CRITICO ASSIALE
1st C-L
Fig.6.9
VARIAZIONE DEL CARICO CRITICO TRASVERSO CON L'AUMENTARE DEL NUMERO DI ELEMENTI
UTILIZZATO
0 5000 10000 15000 20000 25000 30000
320 720 1280 2000 2880 3920 5120
NUMERO DI ELEMENTICARICO CRITICO TRASVERSO