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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Scienze Geologiche

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea in Scienze Geologiche

Tesi di Laurea:

Studio geologico e litologico-tecnico dell’area tra Barga e

Gallicano (Lu) e realizzazione di una carta dell’instabilità

dei versanti con analisi statistica e tecniche GIS.

Relatore: Controrelatore:

Dott. Giacomo D’Amato Avanzi Dott. Adriano Ribolini

Prof. Alberto Puccinelli

Correlatore: Candidato:

Dott. Francesco Falaschi Marco Valori

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INDICE

Introduzione………...4

1. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO……….6

2. INQUADRAMENTO TETTONICO………8

3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO...16

3.1 Descrizione dell’area di studio………...16

3.2. Litostratigrafia………...18

3.2.1. Falda Toscana………...19

3.2.2. Unità Liguri………33

3.2.3. Depositi continentali villafranchiani………..34

3.2.4. Coperture quaternarie……….37

4. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO………....42

4.1. Lineamenti generali………...42

4.2. Processi forme e depositi dovuti alle acque correnti……….45

4.2.1. Forme di accumulo fluviale e relativi depositi………...46

4.2.2. Forme di erosione fluviale………..50

4.2.3. Forme di erosione dovute al dilavamento………. .53

4.3. Processi forme e depositi dovuti alla gravità……….53

4.3.1. Nomenclatura delle frane……….. .53

4.3.2. Principali eventi franosi presenti nell’area……… 69

4.4. Forme antropiche………...77

5. CARATTERIZZAZIONE LITOLOGICO-TECNICA………....78

5.1. Introduzione………...78

5.1.1. Substrato roccioso………...79

5.1.2. Materiali a comportamento intermedio………...83

5.1.3. Coperture………...85

5.2. Strumentazione e risultati………...87

5.2.1. Sclerometro di Schmidt………...88

5.2.2. Determinazione dei pesi di volume………...91

5.2.3. Point Load Test………...92

5.2.4. Analisi granulometrica………97

5.2.5. Limiti di consistenza o di Atterberg………...111

5.2.6. Sondaggi geognostici……….121

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5.4. Classificazione litologico-tecnica dell’area di studio ………129 5.4.1. U.L.T. del substrato roccioso………...129 5.4.2. U.L.T. dei materiali a comportamento intermedio…………...132 5.4.3. U.L.T. delle coperture………..133

6. REALIZZAZIONE DELLA CARTA DELL’INSTABILITA’DEI

VERSANTI ATTRAVERSO L’UTILIZZO DI TECNICHE GIS…..135 6.1. Analisi statistica condizionale………...136 6.1.1. Elaborazione delle carte tematiche: area di Gallicano………..138 6.1.2. Elaborazione delle carte tematiche: area di Barga………155 6.1.3. Carta dell’instabilità dei versanti: area di Barga………...170 6.1.4. Cartadell’instabilità dei versanti: area di Gallicano…………..174 6.2. Analisi statistica multivariata………..177

CONCLUSIONI………..186

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi di laurea si inserisce nel progetto di realizzazione del Foglio tematico n°250 Castelnuovo Garfagnana a scala 1: 50.000, che ha per oggetto la pericolosità geologica connessa ai fenomeni di instabilità dei versanti. L’area in esame rappresenta una porzione della Media Valle del Serchio (Lucca), all’interno dei territori comunali di Gallicano, Molazzana e di Barga.

Il territorio in esame si colloca nella depressione tettonica della Valle del fiume Serchio, impostata tra il massiccio delle Alpi Apuane ad Ovest ed il crinale appenninico ad Est.

In questa area il substrato roccioso è rappresentato essenzialmente dalle formazioni della Successione Toscana non metamorfica al di sopra delle quali troviamo ampie estensioni di terreni, plio-pleistocenici, riconducibili ai depositi fluvio-lacustri del bacino di Barga.

Il lavoro svolto, che si inquadra in un ottica di zonazione del territorio in funzione del grado di propensione al dissesto dei versanti, si è articolato nelle seguenti fasi: analisi geomorfologica del territorio, caratterizzazione litologico-tecnica delle formazioni affioranti ed in ultimo nella creazione di una carta dell’instabilità potenziale dei versanti attraverso l’utilizzo di analisi statistiche e tecniche GIS (Sistema Informativo Geografico).

La carta geomorfologica (scala 1:5.000) realizzata attraverso l’analisi fotointerpretativa ed il rilevamento in campagna, ha permesso di individuare le forme ed i principali processi morfogenetici connessi con l’instabilità dei versanti (forme e processi dovuti alla gravità e alle acque correnti).

Per la legenda della carta è stata utilizzata la simbologia geologica e geomorfologica prevista dalla Regione Toscana (2004).

Il rilevamento litologico-tecnico ha permesso di analizzare il substrato roccioso e le coperture dal punto di vista delle loro caratteristiche meccaniche. Tale caratterizzazione è stata ottenuta, sia attraverso un rilevamento, in situ, dei principali parametri geomeccanici delle formazioni (analisi manuali, Schmidt

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Hammer Test), sia mediante analisi di laboratorio (analisi granulometriche, Point Load Tast).

Ad integrazione dei dati di campagna sono stati inoltre analizzati i risultati, forniti dall’amministrazione comunale di Barga e Gallicano, di vari sondaggi geognostici a carotaggio continuo, comprensivi di prove Spt (standard penetration test).

Questo ha permesso di distinguere, all’interno del territorio studiato Unità Litologico Tecniche (U.L.T.), cioè aree dalle caratteristiche geomeccaniche omogenee.

Per quanto riguarda la classificazione dei terreni s.l. in U.L.T. è stata utilizzata la legenda del progetto VEL (Valutazioni Effetti Locali) della Regione Toscana. La carta dell’instabilità dei versanti realizzata utilizzando le tecniche GIS costituisce l’elaborato di sintesi delle conoscenze apprese con le precedenti analisi. In questa carta il territorio in esame è stato diviso in classi di instabilità, ovvero in zone a diversa suscettibilità a franare.

L’elaborazione della carta dell’instabilità è avvenuta in varie fasi; mediante le tecniche GIS è stato possibile analizzare le carte tematiche considerate (litologico-tecnica, fenomeni franosi, utilizzo del suolo, distanza dai corsi d’acqua, esposizione e acclività dei versanti), relative ai fattori di instabilità e sovrapporle, attraverso l’analisi spaziale, in modo da poter valutare in ogni punto dell’area in esame il concentrarsi dei vari fattori, in relazione all’occorrenza dei fenomeni franosi.

L’applicazione dell’analisi statistica (condizionale e multivariata) ha dato la possibilità di valutare, in modo oggettivo e quantitativo, le possibili relazioni tra i fattori predisponesti considerati e la distribuzione dei dissesti nell’area di studio. Infine è stato necessario effettuare un confronto tra i risultati ottenuti dall’elaborazione statistica e la realtà geologica e geomorfologica del territorio, in modo da verificare e perfezionare i metodi utilizzati.

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CAPITOLO 1

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Il presente lavoro di tesi di laurea è stato svolto all’interno della Media Valle del Serchio (Lucca), al margine Sud della Garfagnana.

L’area di studio si estende sia in destra che in sinistra idrografica del fiume Serchio e comprende il territorio comunale di Gallicano, Molazzana e di Barga (figura 1.1).

I centri abitati presenti in destra del fiume Serchio sono da Nord a Sud, Molazzana, Gallicano e Verni (502 m s.l.m.); sul versante opposto troviamo invece gli abitati di Barga, Mologno, Loppia di Sopra, Loppia di Sotto e di Fornaci di Barga (410 m s.l.m.).

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Da un punto di vista geografico-geologico, tale area può essere inquadrata all’interno della depressione tettonica della Valle del Serchio, impostatasi tra il massiccio delle Alpi Apuane ad Ovest ed il crinale appenninico ad Est.

Il territorio in esame rientra nel foglio I.G.M. n° 250 Castelnuovo di Garfagnana (scala 1:50.000), in cui gli elementi cartografici utilizzati (scala 1:5.000) sono i C.T.R. della Regione Toscana n°250102 Barga e il n°250103 Gallicano.

L’area in esame possiede una copertura aerofotogrammetrica costituita dalle strisciate 21 B, fotogrammi 993-997 e 22 C fotogrammi 98-100, eseguite dalle

ditte I. R. T. E. F. e S. C. A. M. E. di Firenze nell’anno1976.

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CAPITOLO 2

INQUADRAMENTO TETTONICO

La zona in esame si trova all’interno di una depressione tettonica (Graben) allungata parallelamente al fiume Serchio (direzione NW-SE), che risulta compresa tra il massiccio apuano ad Ovest ed il crinale appenninico ad Est (figura 2.1).

Figura 2.1: Schema strutturale dell' Appennino Settentrionale.

Per comprendere meglio la struttura in esame è utile seguire la storia evolutiva dell’ Appennino Settentrionale, con particolare riferimento al complesso delle Alpi Apuane. Tale complesso metamorfico è sormontato, con successione pressoché continua, dalla Falda Toscana, che risulta essere la base su cui poggia il Dominio Ligure.

Le unità stratigrafico-tettoniche più elevate risultano essere i terreni neoautoctoni (Nardi, 1961).

L’Appennino Settentrionale è una catena strutturalmente complessa, formatasi a partire dal Cretaceo superiore in seguito al riavvicinamento tra la placca Europea

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(Sardo-Corso) e quella Africana (Adria) (Elter, 1975; Sartori, 1990). La prima fase di tale processo di convergenza, Fase Ligure, è caratterizzata dalla chiusura dell’ Oceano Ligure-Piemontese e successivamente dalla collisione delle due placche. La fase successiva definita Fase Toscana (Carmignani, Giglia & Klingfield, 1980) è contraddistinta da due fasi deformative definite D1 e D2.

• D1: deformazione compressiva a partire dall’Oligocene (Boccaletti et al, 1971; Alvarez et al, 1974; Klingfield, 1979), di subduzione ensialica; è responsabile della strutturazione principale ed è collegata alla collisione continentale del basamento Sardo-Corso con la placca Adria; è contemporanea all’accavallamento della Falda Toscana sul complesso metamorfico apuano ed è legata al metamorfismo di più alto grado delle stesse Apuane. Oltre a questo, la deformazione di tipo duttile genera pieghe isoclinali coricate non cilindriche di ogni dimensione, con vergenza NE, una scistosità di piano assiale S1 generalmente parallela alla stratificazione e una lineazione di estensione parallela agli assi, diretta verso NE-SW. Secondo Klingfield et al. (1986) l’inizio di tale fase è da collocarsi a circa 27 Ma e la sua durata tra l’Oligocene e il Miocene inferiore.

• D2: fase estensionale, a partire dal Miocene, che deforma tutte le unità tettoniche appena impilate, realizzando un duomo di scistosità allungato in direzione appenninica, caratterizzato da strutture di scarico a direzione opposta sui due versanti del duomo. Queste deformazioni, che risultano meno marcate rispetto alle precedenti, generano pieghe a tutte le scale, sviluppando un clivaggio privo di blastesi metamorfica, dove la nuova scistosità S2, sovrapponendosi alle precedenti strutture, piega la prima scistosità S1.

L’evoluzione, a livelli alto strutturali, della D2 avrebbe portato alla formazione una struttura ad horst e graben sul versante tirrenico, mentre la deformazione compressiva si spostava nella parte esterna (orientale) della catena.

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Quanto sopra esposto fa riferimento al modello di Platt (1986), secondo cui un cuneo orogenico, dopo le prime fasi tangenziali compressive (caratterizzate da accavallamenti e ispessimenti del cuneo stesso), subisce una fase distensiva in modo tale da riacquisire una configurazione stabile. Tale distensione, responsabile della riesumazione dei settori interni del prisma, si realizzerebbe mediante faglie listriche collocabili nalla fascia di transizione fragile-duttile, al di sopra del quale si formerebbero invece delle pieghe.

Sempre in accordo con il modello di Platt (1986), Carmignani e Klingfield (1990) propongono un modello a quattro stadi per descrivere l’evoluzione tettonica del complesso metamorfico delle Alpi Apuane e quindi dell’Appennino Settentrionale e del Mar Tirreno (figura 2.2):

1 Il primo stadio è caratterizzato da un complesso subduzione-prisma di accrezione formatosi, dal Cretaceo all’Eocene, contraddistinto da deformazione compressive di ofioliti e rocce sedimentarie di acque profonde.

2 Lo stadio successivo, datato all’Oligocene (27 Ma), è caratterizzato dalla collisione dei due margini, che causa un forte ispessimento del prisma per underplating e le deformazione compressive del margine adriatico (strutturazione unità toscane ).

3 Al Miocene medio cambia il regime di deformazione della catena, 12 Ma (Giglia & Radicati di Brozzoloa, 1970; Klingfield et al., 1986) infatti, si instaurano processi di estensione a livello della crosta media e superiore, attribuiti alle variazioni della dinamica all’interno del prisma orogenico. Questo, in seguito a forte ispessimento, è soggetto a distensione mediante collassi gravitazionali, per ristabilire l’equilibrio isostatico.

4 Infine, nel quarto stadio (Tortoniano) proseguono i processi di estensione che coinvolgono il settore interno della catena e sono attribuiti dagli autori all’instaurarsi del processo di rifting e all’apertura del Mar Tirreno.

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Figura 2.2: schema evolutivo dell’Appennino settentrionale.

A: subduzione di crosta oceanica al di sotto del blocco sardo-corso e conseguente deformazione delle liguridi. B: collisione continentale, conseguente underplating che causa

l’ispessimento del prisma. C: collasso gravitativo del prisma ispessito, con estensione nella parte superiore della crosta. D: conseguente uplift ed erosione del complesso metamorfico apuano. E: proseguimento della fase distensiva che coinvolge tutto il settore interno della catena, legata allo sviluppo del rift che porterà all’apertura del mar Tirreno. A: core complex apuano. F:Falda Toscana. C: flysch del Cervarola. Cg: brecce sedimentarie. U1 e U2: deformazioni del dominio umbro al Tortoniano e Mesiniano, rispettivamente (da Carmignani & Klingfield 1990).

Oltre a ciò, i due autori descrivono le falde impilatesi al di sopra delle Alpi Apuane (Unita Liguri e Falda Toscana), che risultano caratterizzate da faglie

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dirette ad alto angolo che tagliano faglie a basso angolo più antiche, ed in queste hanno una terminazione con geometria listrica (figura 2.3).

Figura 2.3: da Carmignani & Klingfield (1990).

Queste faglie portano a contatto rocce recenti con rocce più antiche, provocando elisioni della successione stratigrafica.

Le principali faglie che bordano il Graben del Serchio come quello del Magra, terminano nella formazione del Calcare cavernoso, che ha rappresentato l’orizzonte di scivolamento preferenziale della Falda Toscana durante le fasi deformative D1 e D2. All’interno della falda Toscana, ulteriori orizzonti di scivolamento sono rappresentati dalle formazioni dei Calacari e marne a Posidonia e delle argilliti nella formazione della Scaglia toscana (Nardi, 1961). Come precedentemente accennato la valle del Serchio è impostata in una depressione tettonica, individuatasi a partire dal Miocene superiore, in seguito a deformazioni prevalentemente distensive, che hanno caratterizzato la Toscana marittima e le aree dell’ Appennino Settentrionale a Nord del fiume Arno (Trevisan, 1952; Nardi, 1961; Dallan & Nardi, 1972; Federici, 1973,1978; Elter et al., 1975; Bartolini & Pranzino, 1979; Federici & Rau, 1980; Bartolini et al., 1982; Nardi et al., 1986a, 1986c, 1987a ).

Si è avuta così la formazione di bacini lacustri intermontani (figura 2.4), importanti testimonianze dei quali sono i depositi argillosi e sabbiosi del Villafranchiano inferiore (De Stefani, 1887, 1889; Ugolini, 1902; Masini, 1936, 1956; Azzaroli, 1970, 1977), che si sono deposti lungo tutta la Valle del Serchio, da Pieve Fosciana fino a Calavorno.

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Figura 2.4: schema strutturale dei bacini dell’Appennino Settentrionale.

Thrust principali: T:margine della Falda Toscana; C: margine dell’Unità Cervarola-Falterona; F: thrust frontali; ++: Unità Toscana metamorfica. MTR: Ridge medio-toscano. Allineamenti morfotettonici trasversali: Is: Livorno-Sillaro; al: Alberga; pp: Piombino-Pesaro. Bacini: AL: Alberga; BA: Baccinello; CA: Casigliano; CE: Cecina; CM; Compiano; CS: Casino; CT: Casentino; EL: Elsa; GA: Garfagnana; GU: Gubbio; GT: Gualdo Tadino; FI: Firenze; MG: Mugello; MB: Monte Bamboli; NC: Val di Chiana settentrionale; PA: Pontremoli-Aulla; RA: radicandoli; RD: Radicofani; SI: Siena; SC: Val di Chiana meridionale; SR: Serrazzano; TE: Tevere-Foligno; TF: Tora-Fine; VA: Valdarno; VE: Velina; VI: Viareggio; VO: Volterra. Punteggiatura grossolana: bacini “Centrali” Miocenici; punteggiatura fine: bacini “Periferici” Plio-Quaternari; tratteggio: depositi marini Pleistocenici; nero: rocce magmatiche (intrusive e vulcaniche) con età associata in milioni di anni.

Il lago di Barga occupava una conca di forma allungata in direzione appenninica, compresa tra la zona di Mt. Perpoli a Nord e la soglia di Ponte a Calavorno a Sud, con un’estensione di circa 10 Km di lunghezza e 5 Km di larghezza massima (D’Amato Avanzi & Puccinelli, 1988). Di questo, sempre secondo gli autori, la Turrite di Gallicano costituiva un antico immissario che rappresenta, oggi, un affluente di destra del fiume Serchio, il quale scorre su formazioni appartenenti sia alla Successione Toscana non metamorfica, che metamorfica (Parautoctono, Unità delle Panie). La parte orientale del fiume Serchio è invece caratterizzata dalla

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presenza della sola Falda Toscana, in cui la formazione preponderante sembra essere quella del Macigno.

In particolare, D’Amato Avanzi & Puccinelli (1988), hanno descritto l’evoluzione del bacino di Barga (figura 2.5).

Figura 2.5: Schema evolutivo del bacino lacustre di Barga, dal Villafranchiano all’attuale; all: alluvioni recenti e attuali; at: alluvioni terrazzate; ct/mg: ciottoli di “Macigno” (Pleistocene medio-sup.); cg: ghiaie e conglomerati calcarei (Villafranchiano inferiore); substrato: pre-Villafranchiano (da D’Amato Avanzi & Puccinelli 1988).

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Secondo questi autori dopo l’individuazione dei bacini lacustri intermontani, come quelli di Barga e Castelnuovo Garfagnana-Pieve Fosciana, si è avuto un’innalzamento del massiccio apuano (Villafranchiano inferiore). Tale fenomeno ha prodotto un apporto di ghiaie e conglomerati calcarei da occidente, che attraverso la Turrite di Gallicano, hanno formato un grande delta conoide, non più riconoscibile, appoggiato ai rilievi occidentali. A questa fase ne è seguita una di innalzamento del crinale appenninico (Pleistocene medio-superiore), che ha prodotto un deposito a prevalenti ciottoli di Macigno, convogliato dai torrenti di provenienza orientale verso il bacino di Barga, riempiendolo e formando un'altra conoide stavolta appoggiata sui rilievi orientali.

Infine, i due autori cosi come avevano ipotizzato Federici e Rau (1980), puntualizzano il fatto che, l’area occidentale sulla quale scorre la Turrite di Gallicano, non è stata interessata dai maggiori processi neotettonici, post-pliocenici, che invece hanno caratterizzato la zona orientale, provocandone un sollevamento.

Evidenze odierne di tale attività sono rappresentate da faglie dirette con direzione prevalentemente appenninica, dall’evidente erosione regressiva delle conoidi, dalla franosità delle sue scarpate, dal gran numero di terrazzi fluviali (a volte disposti in contropendenza rispetto al profilo degli alvei) e ,infine, dal frequente tilting dei depositi quaternari (Nardi et alii, 1987).

Figura

Figura 2.1: Schema strutturale dell' Appennino Settentrionale.
Figura 2.2: schema evolutivo dell’Appennino settentrionale.
Figura 2.4: schema strutturale dei bacini dell’Appennino Settentrionale.
Figura 2.5: Schema evolutivo del bacino lacustre di Barga, dal Villafranchiano all’attuale;  all: alluvioni recenti e attuali; at: alluvioni terrazzate; ct/mg: ciottoli di “Macigno”  (Pleistocene medio-sup.); cg: ghiaie e conglomerati calcarei (Villafranch

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