Capitolo 2 ‐ Materiali e Metodi
Chapter 2 ‐ Materials and Methods
2.1 ‐ Animali / AnimalsGli animali oggetto di studio sono stati 5 yearlings di razza Mustang Nordamericano, 4 maschi ed 1 femmina. I soggetti, di età compresa tra i 12 ed i 14 mesi, pur non essendo nati allo stato brado, non avevano mai avuto contatti con l’uomo.
Da alcuni mesi, i giovani soggetti erano tenuti in due recinti. Nel primo, con superficie di circa 180 m2, si trovavano i maschi: Oliver (O),
Jazzman (J), entrambi con mantello grigio, Chappa (C) e Maybe (M), con mantello sauro. Nell’altro (ca. 100 m2) veniva tenuta la femmina, Ana (A),
anche lei con mantello sauro, assieme ad un’altra femmina di età simile. La lettiera era in terra battuta e venivano nutriti con fieno di buona qualità. Non hanno avuto contatti fisici con l’uomo prima dell’inizio dell’addestramento.
2.2 ‐ Addestratori / Trainers
Per lo svolgimento di questo lavoro hanno collaborato 2 addestratori, allo scopo di ridurre il rischio che l’efficacia del metodo dipendesse dall’operato di un’unica persona.
James W. Johnson (fig. 2.1) lavora da 15 anni presso il Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti come Wild Horses and Burros Specialist. Il suo lavoro consiste nel monitorare e gestire le popolazioni di cavalli
selvaggi in Oregon, mantenendole ad un numero accettabile per evitare il danneggiamento del territorio nonché degli animali stessi. L’area di sua competenza ha una superficie approssimativa di 1,2 milioni di acri ed ospita circa 3000 cavalli. Johnson addestra cavalli da circa 30 anni. Iniziò come high desert buckaroo, stile di vita che si ispira ai metodi “vaquero” che ritroviamo in California. In quegli anni si interessò a metodi di addestramento basati sulla sensibilità ed il rispetto piuttosto che sulla paura e sulla dominanza. Non considerandosi mai soddisfatto, come lui stesso dice, continua ad imparare per cercare di migliorare il modo di comunicare con i cavalli. In quest’ottica, Johnson condivide sempre con piacere ciò che ha imparato con chi si dimostra interessato a stabilire un rapporto con gli animali basato sulla fiducia, la sicurezza ed un’attitudine volenterosa.
Shaney Rockefeller ha imparato a cavalcare da piccola e alla età di 12 anni ha cominciato ad interessarsi alla doma, aiutando altri addestratori. A 17 anni ha iniziato a lavorare con un addestratore che seguiva un metodo basato sul rispetto della natura del cavallo. Anni dopo, Shaney si è trasferita a Vale (Oregon) dove ha conosciuto Johnson, e da 8 anni lavorano insieme, imparando sempre più ogni anno. Ciò che le piace del rapporto con i cavalli è la sensazione di poter comunicare con loro, stabilire un rapporto simile all’amicizia, proteggendoli o aiutandoli a risolvere problemi. Shaney ama vedere nei cavalli comportamenti che dimostrano che hanno capito quanto è stato loro richesto di fare, per esempio, abbassando la testa e muovendo le labbra, quasi stiano pensando ‘Meno male che ho capito cosa vuole’. Questa profonda intesa è ancora più visibile quando il cavaliere sta per fare un determinato movimento con
l’intento di prendere una vacca al lazzo, per esempio, e il cavallo sembra quasi prevedere il movimento, rilevando anche i movimenti più impercettibili del cavaliere e assecondandolo nelle sue azioni. 2.3 ‐ Materiali e Strutture / Equipment and Facility 2.3.1 ‐ Area di lavoro / Training area L’area di lavoro era un tondino o “round pen” del diametro di circa 60 piedi (18,2 metri) adiacente ai due recinti dove si trovavano i puledri (fig. 2.2). La recinzione era di tipo metallico, costituita da tubi cavi ed avente un’altezza di 180 cm. Alla recinzione erano state fissate delle tavole di legno fino a circa 150 cm dal suolo. La recinzione non aveva sporgenze né qualsiasi altro elemento che potesse provocare ferite ai soggetti. La lettiera era in terra battuta e segatura. 2.3.2 ‐ Materiale di lavoro / Training tack (equipment) Il materiale usato consisteva in un laccio per prendere i cavalli (lariat o catch rope) simile al lazzo, una capezza di corda con una longhina morbida
ed a volte un frustino lungo con una bandierina all’estremità, per far muovere l’animale senza toccarlo. Questo viene considerato come un prolungamento del braccio e viene quindi usato come tale. Infatti, lo strumento principale per guadagnare la fiducia del cavallo resta la mano. Nelle fasi successive dell’addestramento veniva introdotta anche una corda morbida con all’estremità un tessuto morbido usato come collare.
2.3.3 ‐ Osservazioni video / Video observations
Le osservazioni video sono state effettuate con una videocamera Panasonic modello NV‐GS15EG montata su treppiede per una maggiore stabilità. Ciò ha permesso di effettuare primi piani dei soggetti e riprese più ampie comprendenti l’intera area di lavoro. Le sessioni di lavoro raramente hanno superato la durata di 90 minuti. Abbiamo quindi ottenuto le seguenti riprese:
Oliver Maybe Jazzman Chappa Ana
Filmati 1h 12’ 58” 1h 39’ 35” 19’ 32” 38’ 37” 37’ 1h 28’ 58” 1h 29’ 58” 1h 27’ 23’ 27” 47’ 12” Tempo totale 3h 12’ 5” 2h 44’ 35” 2h 56’ 58” 23’ 27” 47’ 12” 2.4 ‐ Metodo / Training procedure 2.4.1 ‐ Principi generali / Main principles
Il metodo di addestramento oggetto di studio si basa su pochi e semplici principi. Il primo a sviluppare tale tecnica é stato Tom Dorrance (Dorrance e Hunt Porter, 1987a). Elemento essenziale per approccio al
cavallo é prima di tutto una profonda conoscenza della natura dell’animale e del suo comportamento in libertà, sia come individuo che come gruppo (Dorrance e Desmond, 2001; Dorrance e Hunt Porter, 1987a).
Ciò si acquisisce soprattutto mediante l’osservazione attenta e paziente degli animali, cercando di non dare nulla per scontato e di non tralasciare dettagli apparentemente insignificanti. Inoltre, é molto importante tenere conto dell’istinto di sopravvivenza dell’animale. “Il cavaliere deve
riconoscere l’istinto di sopravvivenza del cavallo e le sue necessità in rapporto alla Mente, al Corpo e al terzo fattore, lo Spirito. Deve rendersi conto di cosa questo significhi per il cavallo e di come poter trarne beneficio. Il cavaliere deve capire come l’approccio della persona può
rassicurare il cavallo riguardo alla sua sopravvivenza e fargli capire che può continuare a rispondere alle richieste della persona. Tutto ciò é utile sia per la persona che per il cavallo.” (Dorrance e Hunt Porter, 1987b)
Da un punto di vista più pratico, l’addestramento dei puledri inizia di solito in primavera, quando i soggetti hanno un’età compresa tra i 12 ed i 14 mesi circa. Durante questa primo periodo si susseguono varie fasi. All’inizio é indispensabile stabilire il rapporto gerarchico tra addestratore e animale. Successivamente si passa al controllo della velocità, ai cambi di direzione, al contatto fisico ed infine all’uso della capezza. Durante l’inverno i puledri vengono fatti lavorare meno intensamente, per poi passare al lavoro con la sella durante la primavera successiva. In quest’ultima fase gli esercizi sono sostanzialmente gli stessi, ma viene gradualmente introdotta la sella, prima facendo sentire all’animale il suo peso per pochi minuti, poi iniziando a lavorare in piano con la sella. Stesso procedimento si usa per abituare l’animale al peso del cavaliere. In seguito il soggetto verrà portato fuori dal tondino per iniziare il lavoro in campo (figg. 2.3, 2.4 e 2.5). L’obiettivo ultimo dell’addestramento è quello di avere un cavallo sollecito e capace di eseguire il lavoro in modo automono.
Tom Dorrance ha lavorato per molti anni con Ray Hunt, imparando l’uno dall’altro ma soprattutto dai cavalli stessi. Il metodo usato da Jim Johnson si ispira agli insegnamenti di Dorrance e di Hunt, adattandoli ai singoli soggetti. Non bisogna infatti dimenticare che ogni cavallo ha i propri tempi di apprendimento, i propri punti di forza e le proprie
debolezze. Bisogna sempre evitare di umanizzare il cavallo, bensì di capire come sfruttare al meglio le sue potenzialità. È necessario perciò imparare a pensare come un cavallo e non chiedere mai al soggetto di fare qualcosa che non risulti naturale per l’animale. Se il soggetto non risponde a quello che gli è stato chiesto di fare, per prima cosa bisogna verificare se la presentazione era corretta. Quindi bisogna sempre valutare la presentazione e il lavoro in base alle caratteristiche proprie del soggetto. Ad esempio, nel caso di cavalli particolarmente esuberanti è utile riuscire ad usare la loro esuberanza in modo positivo senza sopprimerla, valutando il temperamento del cavallo e associarlo ad una determinata mansione.
Il metodo si basa quindi sul mettere il cavallo in una situazione nuova dandogli una via d’uscita, rendendo più facile per il soggetto fare la cosa richiesta nell’esercizio, mentre la reazione sbagliata risulterà di più difficile esecuzione, come avviene ad esempio nel caso del girarsi dando le spalle alla persona (vedi, paragrafo 2.4.4, pag. 33). Mediante un processo di desensibilizzazione si avrà una “riduzione della risposta [indesiderata] che deriva dall’esposizione graduale allo stimolo che elicita la risposta” (Overall, 2001). Gli esercizi vanno ripetuti finché il cavallo non si sentirà a suo agio, ma é importante ricordare che uno stress eccessivo ha effetti negativi sui risultati. Infatti, alcuni Autori hanno riscontrato che concentrare l’attività di addestramento in brevi ed intense sessioni porta ad una riduzione dell’efficacia dell’apprendimento nel cavallo, ma comunque è necessaria una moderata ripetizione delle attività di addestramento per rendere efficiente l’apprendimento (McCall et al, 1993).
Va sempre lasciato al cavallo il tempo di formulare una risposta adeguata e trovare la via di uscita alla nuova situazione. Non é quindi
Fig. 2.1: James W. Johnson.
Fig. 2.2: Tondino e recinti.
Fig. 2.4: Keena, 2 anni, primo esercizio con il cavaliere.
Fig. 2.5: Keena, 2 anni (a sinistra) e Johnson su Punch.
rilevante il numero di tentativi per raggiungere il risultato, ma piuttosto un lavoro costante (Kusunose e Yamanobe, 2002) ed il raggiungimento del risultato sperato. L’approccio maggiormente utilizzato é quindi quello di assuefare il cavallo a stimoli fino ad allora sconosciuti e quindi fonte di paura (Mills e Nankervis, 1999b; Rivera et al, 2002; Waring, 2003b). Durante
ogni esercizio l’addestratore si avvicina al livello soglia di paura dell’animale, per poi allontanarsene e riavvicinarsi in seguito. In questo modo il livello soglia aumenta gradualmente, permettendo all’animale di abituarsi alle nuove situazioni senza uno stress di durata eccessiva.
L’addestratore fa uso di rinforzi positivi, rinforzi negativi e punizioni, sia positive che negative. Il rinforzo “è il processo che riguarda uno stimolo o un evento che aumentano la probabilità che nel futuro un certo comportamento o certe categorie di comportamenti siano eseguiti. Il rinforzo positivo è uno stimolo o un evento, che si verifica dopo una risposta, che porta successivamente ad un aumento di quella stessa risposta” (Overall, 2001). Per esempio, se l’esercizio è eseguito correttamente, il cavallo riceve una carezza dall’addestratore. Essendo la carezza un evento piacevole, l’animale sarà più invogliato a ripetere l’azione che lo ha portato a ricevere la carezza. Il rinforzo positivo può anche essere rappresentato dal cibo, ma in questo caso durante l’addestramento non è mai stato usato. Vice versa, “il rinforzo negativo è un evento o stimolo avversivo che aumenta la frequenza di un comportamento, ma lo fa mediante la fuga o l’evitamento” (Overall, 2001). Per esempio, se il cavallo è al lazzo e non esegue l’esercizio correttamente, gli viene impedito di allontanarsi troppo, mentre se il cavallo manifesta il comportamento richiesto (restare vicino alla persona), la ricompensa sarà l’assenza di tensione sulla corda e sul lazzo. Ciò rientra nel principio di
rendere più difficile per il cavallo l’esecuzione della risposta sbagliata, in questo caso la fuga (Carpenter, 1998) e verrà trattato più avanti nel paragrafo 2.4.3, relativo al controllo della velocità e alla distanza dalla persona che il cavallo deve mantenere.
Le punizioni sono di tipo “etologico” e quindi non stressanti e non fisiche. Applicata subito dopo la risposta indesiderata del cavallo, la punizione ha lo scopo di ridurre la frequenza di tale risposta (Waring, 2003b). Le punizioni usate sono di tipo positivo (per esempio, scacciare il cavallo) e di tipo negativo (per esempio, non dare attenzione al cavallo). L’addestratore deve essere un acuto osservatore per poter capire come procedere con l’addestramento nel migliore dei modi, agendo al momento opportuno con i rinforzi sopra citati (McLean, 2004). È importante riuscire a far sentire il cavallo a proprio agio anche in situazioni nuove e prestare sempre attenzione ai piccoli dettagli, come i movimenti del collo (teso, di traverso, alto, etc.), della testa (in alto, di lato, etc.), del naso (verso la persona, più in basso, etc.) quando ci si avvicina al soggetto (Hausberger e Muller, 2002).
Alcuni segnali positivi sono il masticamento o il leccamento, la testa leggermente abbassata ed il collo rilassato, una traiettoria più vicina al centro del tondino, lo sbruffo e l’annusamento. Un chiaro segnale negativo è invece la posizione delle orecchie abbassate e indietro (Waring, 2003a).
Alcuni segni di sfida sono: la testa alzata oppure rivolta verso l’addestratore, ma non in linea con il resto del corpo; un passo in avanti di scatto verso la persona; lo sguardo dritto mentre si gira verso l’addestratore. Il cavallo non deve rimanere sulla difensiva né avere atteggiamenti di sfida in quanto “solo un cavallo rilassato è nello stato giusto per imparare.” (Carpenter, 1998) È quindi importante capire
quando è il momento di fermarsi perché il cavallo non è pronto; in tal caso è necessario lavorare su di una cosa alla volta per evitare di confonderlo. Ogni sessione di lavoro viene conclusa lasciando che il cavallo resti accanto all’addestratore per qualche minuto, senza capezza o altro contenimento (fig. 2.6). Questo permette di capire se è stato fatto un buon lavoro e concludere con una nota positiva.
2.4.2 ‐ Rapporto gerarchico / Pecking order
Stabilire il corretto rapporto gerarchico col soggetto è essenziale e determina la buona riuscita dell’addestramento (Jackson, 1997). L’addestratore acquisisce il ruolo di capobranco, quindi il soggetto deve sottostare alla sua autorità. Ogni cavallo ha tempi diversi per capire qual è il proprio posto all’interno della gerarchia (pecking order). Il suo posto deve comunque essere subordinato a quello dell’addestratore. I singoli soggetti dovranno rispettare la sua figura e non prendersi libertà non concesse, come per esempio avvicinarsi troppo, appoggiarsi o toccare la persona col muso. In questi casi l’addestratore allontanerà il cavallo con un leggero colpetto sul muso.
Allo stesso tempo il cavallo deve sentirsi a proprio agio vicino al capobranco ed essere sollecito nell’eseguire ciò che viene richiesto, sia che si tratti di un particolare esercizio o semplicemente di seguirlo nei suoi spostamenti. Di conseguenza la fiducia risulta un altro punto cardine dell’intero procedimento.
Quindi bisogna sempre fare attenzione allo sguardo del cavallo perché ci dà un’idea di quanta attenzione l’animale sta prestando, se segue il confronto o lo sta evitando. Quando il cavallo è fermo nel tondino dovrà
perciò rivolgere il suo sguardo verso l’addestratore con entrambi gli occhi (figg. 2.7 e 2.8), segno che sta mostrando attenzione verso la persona.
Come illustrato nella figura 2.9, quando il soggetto è fermo, con l’attenzione rivolta verso l’addestratore, questo si sposta in modo tale da far sì che il cavallo muova il posteriore restando in posizione con gli arti anteriori, mentre continua a dare attenzione.
Le figure 2.10, 2.11 e 2.12 mostrano altri esercizi per stabilire il corretto rapporto gerarchico ed insegnare al cavallo a dare attenzione all’ad‐ destratore. Si può lavorare facendo muovere gli arti posteriori (fig. 2.10), gli arti anteriori (fig. 2.11) oppure col cavallo fermo (fig. 2.12).
Durante questi esercizi non vi è mai contatto fisico tra i due soggetti. Per tutta la durata dell’esercizio il cavallo ha l’attenzione rivolta verso l’addestratore. A fine esercizio, quest’ultimo si ferma davanti al cavallo, si avvicina e poi si allontana nuovamente.
Un esercizio con il cavallo in movimento consiste nel farlo fermare e girare verso l’addestratore, sempre mantenendo l’attenzione su quest’ultimo. Ciò indica che ha capito l’ordine gerarchico e, come verrà spiegato in seguito, risulta utile anche per il controllo dell’andatura.
Questi esercizi vanno ripetuti finché il cavallo si sente a suo agio, così che possa capire che non verrà mai infranta la nostra promessa iniziale: possiamo essere amici e lavorare insieme, ma io sono il capobranco e non ti farò del male. Infatti, se un esercizio è stato eseguito correttamente, alla fine di questo l’addestratore si avvicina al soggetto per dargli una carezza, si allontana per poi riavvicinarsi e dare un’altra carezza. A fine lavoro il cavallo seguirà l’addestratore senza bisogno di essere sollecitato, come si può vedere nella figura 2.13.
Fig. 2.7: Shaney Rockefeller e Chappa, 1 anno. Fig. 2.8: Jim Johnson con Oliver, 1 anno.
Fig. 2.9: 1‐ Cavallo fermo, dà attenzione all’addestratore; 2‐
Mentre l’addestratore si sposta verso destra, il cavallo si sposta di conseguenza per rimanere allineato; 3‐ L’addestratore si ferma e il cavallo é allineato di fronte a lui, dando attenzione.
Fig. 2.10: 1, 2, 3‐ L’addestratore si sposta sul lato destro del cavallo, spingendo il cavallo a
ruotare il posteriore non muovendo gli arti anteriori ; 4, 5‐ L’addestratore torna nella posizione originale e il cavallo sposta il posteriore di conseguenza.
Fig. 2.11: L’addestratore cammina intorno al cavallo, il quale resta fermo col posteriore,
mentre muove gli arti anteriori in modo da mantenere l’attenzione sulla persona.
Fig. 2.12: L’addestratore si muove nel tondino mentre il cavallo deve rimanere
fermo pur dando sempre attenzione, quindi sposterà solo la testa per guardare la persona con entrambi gli occhi.
2.4.3 ‐ Controllo della velocità / Speed control
Gli esercizi per controllare l’andatura si possono fare con il cavallo sia libero nel tondino che preso al lazzo. Questo è usato come estensione della mano e quindi col tempo il cavallo impara a rispondere al lazzo come alla mano. Con il cavallo libero nel tondino, l’addestratore fa dei gesti con il braccio per far mantenere al cavallo la stessa direzione. Per esempio, per farlo andare a mano sinistra, la persona tiene il lazzo nella mano destra e muoverà leggermente il braccio dall’alto verso il basso, con movimenti più o meno ampi in base al grado di incitamento richiesto per far muovere il soggetto. La stessa tecnica può essere usata anche quando il cavallo è stato preso al lazzo: con una mano si tiene il lazzo, mentre l’altra si muove per incitare il cavallo. Si può anche ricorrere all’uso di una bandierina legata all’estremità di un frustino lungo, con o senza l’uso del lazzo. La bandierina rappresenta un’estensione del braccio dell’addestratore ed è usata anche in questo caso per incitare il cavallo a muoversi in una direzione mantenendo un’andatura il più possibile constante. All’inizio il soggetto si troverà ad affrontare una situazione nuova che suscita paura, ma questa può essere superata con la stessa tecnica descritta nei precedenti paragrafi. Questo è quanto realizzato anche con la bandierina, che permetterà alla fine di toccare il cavallo sul dorso e sul muso. Resta comunque essenziale far capire al soggetto quando fa la cosa giusta, e quindi lasciargli l’oppor‐ tunità di avvicinarsi e, nel caso lo faccia, si dà una carezza sul muso.
Questi esercizi servono a far capire all’animale quali sono l’andatura e la direzione che deve mantenere. L’addestratore non stringe la corda nella mano, ma se il cavallo si allontana eccessivamente la corda viene tirata
leggermente per richiamarlo, mentre se il soggetto sta mantenendo la distanza richiesta l’addestratore non dovrà esercitare nessuna trazione (fig. 2.14). Questa procedura è simile al metodo applicato da Jeffery, secondo cui il cavallo impara mediante un rinforzo negativo (la corda tesa) che avvicinarsi alla persona porta sollievo (Waran e Casey, 2005).
Oltre a mantenere un’andatura costante, il cavallo deve anche imparare a fermarsi e rimanere in stazione quando gli viene richiesto. Generalmente ogni soggetto ha un posto particolare dove tende a fermarsi ad ogni giro, quindi è necessario lavorare per insegnare al cavallo a fermarsi al comando dell’addestratore, in posizioni diverse all’interno del tondino. La figura 2.15 illustra la tecnica usata per far fermare il cavallo e allo stesso tempo far sì che questo mantenga la propria attenzione sull’addestratore. Se il soggetto sta per fermarsi nel solito posto, l’addestratore lo sollecita prontamente con movimenti del braccio o del lazzo tenuto in una mano o roteato in aria. Questo esercizio va ripetuto in più punti del tondino fin quanto ritenuto necessario, in quanto è un processo che necessita di tempi diversi a seconda del soggetto.
2.4.4 ‐ Cambi di direzione / Changes of direction
Il lavoro prosegue con esercizi sull’andatura abbinati questa volta a cambi di direzione. Durante un cambio di direzione l’addestratore userà la corda o i movimenti delle braccia per spingere il cavallo nella direzione giusta. All’inizio è molto probabile che il soggetto tenda a girarsi verso la recinzione, mentre è auspicabile che si giri verso l’addestratore, il quale può spostarsi leggermente dal centro del tondino per aiutare il cavallo nella svolta (fig. 2.17).
Come riportato in precedenza, bisogna rendere l’azione sbagliata difficile da fare mentre quella giusta deve risultare più facile. Avendo già lavorato con il cavallo per stabilire il pecking order e farlo sentire a suo agio al fianco dell’addestratore, il soggetto dovrà anche in questo caso prestare attenzione alla persona guardandola con entrambi gli occhi ed imparare a girarsi verso di lei anziché verso l’esterno (fig. 2.16). Per rendere fluido il cambio di direzione l’addestratore dà il comando e poi non viene mantenuta nessuna pressione sul soggetto per evitare una reazione negativa. In questo modo viene lasciato al cavallo il tempo di trovare una soluzione alla nuova situazione, senza che l’animale sia sottoposto ad uno stress eccessivo. Dopo aver effettuato 2 o 3 cambi di direzione successivi, l’addestratore ferma il cavallo per dargli una carezza. Il rinforzo positivo servirà a far capire al soggetto che sta eseguendo nel modo giusto ciò che gli viene richiesto.
É possibile combinare gli esercizi sulle andature con i cambi di direzione. Nella figura 2.18 viene mostrato il caso in cui il cavallo, dopo essersi fermato e aver dato attenzione all’addestratore, riprende a trottare nella direzione errata e ad una distanza ridotta dall’addestratore. In queste situazioni, il cavallo va corretto ripetendo l’esercizio e gratificandolo con una carezza ogni qual volta lo esegue correttamente. 2.4.5 ‐ Contatto fisico / Contact Tanto più il cavallo ha compreso e accettato l’ordine gerarchico (pecking order) con l’addestratore, quanto più i seguenti esercizi risulteranno facili
Fig. 2.13: Oliver segue l’addestratore. Fig. 2.14: Maybe: andatura regolare, la corda non é in tensione.
Fig. 2.15: 1‐ Il cavallo sta trottando a mano destra; 2‐ L’addestratore si sposta dal
centro del tondino verso il cavallo; 3‐ Il cavallo si ferma e si posiziona con l’anteriore verso il centro del tondino; 4‐ L’addestratore torna nel centro del tondino.
Fig. 2.16: 1‐ Cambio di direzione errato:
verso l’esterno; 2‐ Cambio di direzione corretto: verso l’interno.
Fig. 2.17: 1‐ Il cavallo cammina a mano destra; 2‐ L’animale
effettua un cambio di direzione errato (verso l’esterno, 1) quindi l’addestratore si sposta in direzione del cavallo per fermarlo (2); 3‐ L’animale effettua quindi un cambio di direzione corretto (verso l’interno, 1) e l’addestratore torna verso il centro del tondino (2).
Fig. 2.18: 1‐ Trotto a mano destra; 2‐ Trotto a mano sinistra; 3‐ Dopo ripetuti cambi di
direzione, l’addestratore smette di dirigere il cavallo, il quale si ferma in stazione con gli arti anteriori allineati verso l’addestratore; 4‐ Il cavallo dà attenzione guardando l’addestratore con entrambi gli occhi; 5‐ Il cavallo riprende a trottare dal lato sbagliato e passando troppo vicino all’addestratore.
Fig. 2.19: 1 e 2‐ L’addestratore si avvicina al cavallo lentamente; 3‐ Tocca il
cavallo sul muso con una mano; 4‐ Si sposta lateralmente e ripete l’esercizio, mentre l’animale ruota la testa restando in stazione.
da eseguire. Il soggetto è fermo nel tondino e l’addestratore si avvicina lentamente, senza cercare di toccare il cavallo. Poi si allontana e si riavvicina, cercando di dare una carezza al cavallo, di solito sul collo o sul dorso. Si procede in questo modo, evitando di mettere il cavallo sotto pressione continua, fino a riuscire a toccarlo sulla testa, sul collo (fig. 2.20) e sul dorso, da entrambi i lati, lasciando che il soggetto guardi la persona con entrambi gli occhi.
Successivamente, lo stesso esercizio è eseguito con in mano il lazzo, come illustrato nella figura 2.21. Ciò serve ad abituare il cavallo a corde e lazzi a contatto con il corpo o semplicemente in movimento intorno ad esso. In questo modo sarà più facile il passaggio ad esercizi con la capezza (fig. 2.22).
2.4.6 ‐ Capezza / Halter
All’inizio la capezza viene lasciata a terra nel tondino, in modo da lasciare al cavallo la possibilità di ispezionare l’oggetto nuovo, senza pressioni da parte dell’addestratore. Dopo qualche minuto, per rassicurare il cavallo, la persona lo accarezza sulla fronte. Ciò avviene ogni qual volta questo dimostri di essere tranquillo. Dopo aver dato la carezza, l’addestratore si allontana di qualche metro e si avvicina nuovamente ripetendo l’esercizio, questa volta tenendo in mano la capezza. Questo tipo di esercizio può essere fatto sia con il cavallo libero che preso al lazzo (fig. 2.23). Una volta messa, la capezza è lasciata indosso per qualche minuto, poi viene tolta per ripetere l’esercizio finché il soggetto avrà acquisito abbastanza confidenza con questa manualità.
In seguito, l’addestratore procede con una serie di esercizi per far capire al cavallo che deve seguire la persona in modo sollecito ma pur
sempre mantenendo una distanza adeguata dal capobranco. L’addestratore inizia quindi a camminare lentamente nel tondino, indirizzando il cavallo con le mani ed il corpo. Per esempio, mentre gira verso destra alza la mano destra, così da permettere al soggetto di associare i movimenti della persona alla direzione da prendere. Al contrario di quanto avviene negli esercizi precedenti, il cavallo si trova dietro alla persona, per cui il senso di marcia e il lato del braccio alzato equivalgono. All’inizio bastano pochi passi dell’addestratore, seguiti da una carezza se il soggetto reagisce positivamente (rinforzo positivo). Con la stessa tecnica ma senza camminare, l’addestratore fa quindi avvicinare il cavallo un passo alla volta, esercitando leggere trazioni sulla corda fino a far muovere al soggetto un arto alla volta (fig. 2.24).
La fase successiva prevede che il cavallo impari a girare nel tondino nella direzione richiesta. Questo passaggio è stato già trattato nel paragrafo riferito al controllo della velocità, al quale si rimanda.
2.5 ‐ Raccolta dei dati / Data collection
Dopo aver filmato i soggetti su supporto MiniDV, le registrazioni sono state trasformate in file di formato avi ed mpg, così da poter essere visionate al computer. Per l’osservazione dei dati abbiamo usato il software The Observer® (Noldus Information Technology, Wageningen,
The Netherlands). Una delle funzioni di questo software permette di creare delle tabelle contenenti i dati raccolti grazie all’osservazione dei video. Ad ogni voce è assegnata una sigla e viene specificato se si tratta di un evento oppure di uno stato. In quest’ultimo caso il software calcolerà non solo la frequenza ma anche la durata dell’azione.
I comportamenti oggetto di osservazione nel presente studio sono quelli riportati da Seaman et al (2002), con alcune modifiche ad hoc. Per una maggiore chiarezza e semplicità di osservazione, i comportamenti analizzati sono stati suddivisi in 5 categorie, di cui di seguito riportiamo il dettaglio:
Andature:
- Stazione (ST): l’animale è fermo, col peso distribuito su 3 o 4 arti, ma vigile. - Passo (PAS): andatura a un tempo. - Trotto (TR): andatura a due tempi. - Galoppo (GAL): andatura a tre tempi. Attenzione:
- Allerta (AL): attenzione ad uno stimolo esterno, manifestata col collo elevato e con le orecchie e con la testa rivolte verso lo stimolo esterno.
- Vigilanza (VIG): attenzione al domatore, manifestate col collo elevato e con le orecchie e con la testa rivolte verso il domatore. - Avvicinamento (AV): avvicinarsi al domatore. - Annusamento (AN): annusare il domatore. - Investigazione (INV): stare fermo o camminare lentamente col collo in posizione orizzontale o più basso, pronto ad annusare il terreno. - Vocalizzazione (VOC): nitrito, lunga chiamata sonora che fluttua in frequenza e viene emessa in espirazione.
Reazioni positive: - Posizione coda (PC): coda elevata sopra il livello della schiena, fino ad essere portata in verticale. - Sbruffo (SB): espirazione breve ed esplosiva. - Masticazione e leccamento (MAS): masticazione. Reazioni negative:
- Zampata / Raspata (ZAM): colpire il terreno, una superficie verticale o l’aria con l’arto anteriore. - Fuga / Tentativo di fuga (FUG): indietreggiamento, allontanamento dalla persona. - Defecazione (DEF): emissione di feci. - Urinazione (UR): emissione di urine. Aggressione:
- Tentativo di morso (TMO): tentativo di mordere con orecchie indietro e collo esteso, senza effettivo contatto.
- Morso (MOR): come sopra, ma con contatto.
- Tentativo di calcio (TCA): intenzione di scalciare, sgroppando, stendendo gli arti posteriori verso la persona, sollevando il posteriore.
- Calcio (CAL): uno o due arti posteriori cercano di colpire la persona.
- Rampata (RAM): un arto anteriore allungato in modo veloce e rigido.
- Impennata (IMP): entrambi gli arti anteriori sollevati e i posteriori a terra.
- Inseguimento (INS): il cavallo corre dietro alla persona, a volte cercando di morderlo. Fig. 2.20: Contatto fisico con Jazzman, 1 anno. Fig. 2.21: 1‐ L’addestratore ha il lazzo (L) nella mano destra; 2‐ e 3‐ Il lazzo viene mosso davanti agli occhi del cavallo, per abituarlo.
Fig. 2.22: Contatto fisico con capezza. Fig. 2.23: Maybe prende confidenza con la capezza. Fig. 2.24: Avvicinamento all’addestratore.