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INDICE Introduzione Capitolo 1 Caratteristiche principali del settore calcio

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INDICE Introduzione

Capitolo 1 Caratteristiche principali del settore calcio 1.1 L’ambiente economico di riferimento

1.2 Organismi di regolamentazione e vigilanza 1.3 Sistema normativo e sua evoluzione

Capitolo 2 Analisi economico-finanziaria di settore 2.1 Particolarità di bilancio delle società di calcio 2.2 Il bilancio riclassificato di settore

2.3 Analisi economico-finanziaria della Serie A

Capitolo 3 Il controllo di gestione nelle società di calcio 3.1 Uno sguardo alle diverse forme di controllo

3.2 Sistemi di governance

3.3 La pianificazione strategica nelle società di calcio 3.4 La gestione dei costi

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Capitolo 4 Il caso Società Sportiva Calcio Napoli 4.1 Il profilo societario

4.2 I fattori critici di successo

4.3 Situazione economico-finanziaria 4.4 Potenziali scenari futuri della società Conclusioni

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INTRODUZIONE

Quando fu inventato il gioco del calcio e prima ancora che la globalità del pianeta ne fosse a conoscenza, nessuno, probabilmente, poteva immaginare le dimensioni sociali ed economiche che tale pratica agonistica avrebbe raggiunto.

Sotto l’aspetto sociale il calcio è, attualmente, lo sport più praticato, seguito e conosciuto al mondo ed in particolare nel nostro paese; il fascino per questa disciplina è testimoniato dalla quantità di persone che lo seguono in maniera quotidiana, mediante le testate giornalistiche sportive, le emittenti televisive e radiofoniche e, non per ultimo, utilizzando internet. Se si considera, poi, che il calcio spinge masse di persone a popolare uno stadio o piccoli gruppi dinanzi ad un televisore, l’aspetto sociale risulta nettamente più evidente, data la condivisione tra una moltitudine di individui, di emozioni e spazi comuni.

Riguardo agli aspetti economici, emerge, sempre più, la relazione esistente tra società di calcio e aziende industriali e/o commerciali. Nella realtà italiana le società di calcio, rientrano nell’assetto di gruppi societari che operano nel campo industriale, finanziario o commerciale; la Juventus S.p.A. appartiene al gruppo I.F.I., l’A.C. Milan S.p.A. al gruppo Fininvest, l’Internazionale Milano S.p.A. al gruppo petrolifero Saras e l’A.S. Roma S.p.A. alla Italpetroli solo per citare qualche esempio. Altre aziende industriali e commerciali partecipano poi, seppur indirettamente, alla vita di tali società. Le prime mediante la produzione e la fornitura di articoli sportivi ufficiali, licenze di utilizzo dei marchi per la produzione di beni complementari, affini e diversi, sponsorizzazioni varie; le seconde attraverso sponsorizzazioni, utilizzo dei diritti televisivi, attività di gestione degli eventi.

Il ruolo economico-sociale che il calcio ricopre, è poi rafforzato, da alcuni eventi che hanno visto intervenire il mondo politico e le istituzioni nazionali, per riequilibrare situazioni di disagio economico-finanziario di singole società, che hanno beneficiato, in passato, della possibilità di rateizzare i propri debiti verso l’Erario. La conseguenza è una evidente “alterazione” della libera concorrenza: delle imposte che paga in un anno la società Alfa, la società Beta, a parità di condizioni, ne pagherà solo una parte, e, potrà così investire maggiori quantità di capitali e competere, forse meglio, nell’ambito sportivo ed economico, anche a livello internazionale.

Inoltre il management dei club italiani deve far fronte ad una perdita di competitività rispetto ai club di altri paesi europei, dove la possibilità di tesserare calciatori per un massimo di 7 anni, anziché di 5, consente di ripartire in più esercizi i diritti pluriennali

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alle prestazioni dei calciatori, ossia il fattore produttivo principale sia per la natura dell’attività che per la struttura dei costi aziendali, così da ottenere migliori margini di profitto e maggiore potere contrattuale.

Ancora recente è, poi, lo scandalo di Calciopoli che ha costretto il calcio italiano a mettere in discussione e revisionare gli assetti di governo dell’intero sistema, alla luce di comportamenti anticompetitivi e poco etici che ne hanno leso la reputazione e l’immagine.

L’enorme importanza che ha assunto il calcio negli ultimi anni, ha, anche, spinto la Comunità Europea a dare maggiore attenzione al sistema calcistico e agli effetti socio-economici che esso determina, e ad attuare un processo di regolamentazione e armonizzazione in tema, a livello comunitario.

Al di là dei suddetti eventi e dei potenziali scenari futuri, che troveranno spazio nel proseguo di questo lavoro, l’evoluzione del calcio sotto il profilo economico-sociale presenta dei parallelismi con il mondo industriale, le cui politiche ed innovazioni sono risultate determinanti nel processo di cambiamento del sistema calcio degli ultimi 30 anni. Ne rappresenta una conferma l’ampliamento della gamma di prodotti/servizi proposto dalle società di calcio negli ultimi decenni, volto a differenziare l’offerta e i conseguenti ricavi. Inoltre è da segnalare l’impatto attuale, ma soprattutto futuro, che i new media avranno sull’economia del calcio. Si ipotizza che il calcio del domani si giocherà, quasi interamente, nel così detto stadio virtuale: i tifosi di squadre di club presenti in ogni parte del mondo avranno la possibilità di assistere all’evento sportivo mediante il sito web del club stesso. Qualche società si è già mossa in questo senso, seppur, per ora, solo in via sperimentale, ponendo una maggiore attenzione alle opportunità derivanti dall’immenso network di internet.

Nonostante tale differenziazione, l’attività tipica risulta essere, comunque, quella sportiva, per cui, è evidente l’esistenza di un forte legame tra prestazione sportiva e performance economica. Diversi casi hanno dimostrato, però, che non sempre una prestazione sportiva positiva genera performance economiche positive e viceversa. E’ necessario considerare, poi, l’esistenza di una certa proporzionalità tra capitali investiti e capacità di raggiungimento di obiettivi sportivi e, non meno, tra volontà di ottenere risultati sportivi e predisposizione societaria ai connessi sacrifici economici futuri. La turbolenza dei contesti economici attuali ha inciso sullo svolgimento delle attività anche nelle società di calcio, le quali si sono ritrovate a gestire quei mutamenti e ad affrontare quelle sfide di carattere strategico, operativo ed economico, che hanno

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riguardato le aziende che in genere operano nel campo industriale. Mutamenti che come si vedrà nel proseguo di questo studio sono sia di carattere strutturale che di carattere operativo. In particolare un punto di rottura con il passato si è avuto con il D.L. 20 settembre 1996, n. 485, che sanciva il riconoscimento alle società di calcio del fine di lucro soggettivo, e dunque apriva lo spiraglio ad una gestione manageriale delle società focalizzata anche sui risultati economici. Questo ha consentito ad alcune società italiane di quotare le proprie azioni nel nostro mercato regolamentato, ampliando la categoria degli stakeholder aziendali e le necessarie forme di rispetto dei loro interessi.

Tali evoluzioni hanno col tempo messo in luce l’esigenza di adottare, per le imprese calcistiche, modelli, tecniche e strumenti utilizzati nel mondo industriale per supportare la gestione aziendale, adattandone i contenuti al contesto di riferimento. I temi della pianificazione e del controllo gestionale, risultano critici per le società in causa, data anche la proposta del vecchio governo di limitare o abolire la detrazione fiscale delle perdite da parte delle società capogruppo. Un simile vincolo potrebbe, e dovrebbe, avere il beneficio di innescare iniziative manageriali volte, da un lato a ridurre eventuali influenze derivanti da politiche di gruppo, dall’altro, a perseguire un adeguato equilibrio economico-finanziario.

Lo studio presentato, iniziato nel marzo 2007, prende forma da una serie di riflessioni sulle modalità di formulazione e implementazione delle strategie nelle società di calcio. Seppur siano sempre esistiti strumenti di pianificazione in questo settore, si è passati da una pianificazione puramente strategico sportiva ad una pianificazione strategica con una visione più ampia, dettata dalla necessità di affrontare i repentini cambiamenti dimensionali delle società di calcio, che a differenza del passato si ritrovano, oggi, dinanzi a quelle problematiche operative tipiche delle imprese industriali, finanziarie e commerciali, ossia quello di gestire con efficacia ed efficienza le proprie risorse al fine di raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile.

Alla luce di questi aspetti anche le società di calcio dovranno porre un’attenzione maggiore all’esterno e al futuro, attraverso l’elaborazione e l’analisi di un numero via via crescente di informazioni, che dovranno essere gestite con efficacia, al fine di supportare il management nell’assunzione di decisioni critiche, che determinano o possono determinare il raggiungimento degli obiettivi e dei livelli di performance economica stabiliti. La gestione di tali informazioni rientra tra le attività principali del controllo di gestione, che può essere inteso come l’insieme di strumenti, procedure e

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tecniche che utilizzano flussi informativi al fine di formulare, implementare e supportare la strategia.

L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di analizzare come si sviluppa il controllo di gestione nelle società di calcio della Serie A, focalizzando l’attenzione sul controllo direzionale.

Nel primo capitolo sono descritte le caratteristiche del sistema-calcio mediante un’analisi dell’ambiente economico di riferimento, dell’evoluzione giuridica che esso ha subito fino ad oggi (anche a livello internazionale), delle caratteristiche e dei compiti degli organi di regolamentazione e vigilanza.

Il secondo capitolo riporta un’analisi di bilancio a livello di settore, necessaria per comprenderne le caratteristiche strutturali e le sue dinamiche e determinanti competitive, nonché per analizzarne la struttura dei costi a livello globale.

Nel terzo capitolo sono analizzate le forme di controllo utilizzate dalle società di calcio, con una particolare attenzione verso le tematiche della pianificazione strategica, della governance aziendale, della gestione dei costi e della gestione dei rischi. In questa parte saranno esposti ed analizzati le risultanze di appositi questionari e/o interviste sottoposti ai dirigenti delle società della Serie A.

Il quarto, ed ultimo capitolo, riporta un caso di studio incentrato sulla Società Sportiva Calcio Napoli, mediante l’analisi della situazione generale in cui perversa la società. In particolare sarà posta l’enfasi suoi fattori critici di successo aziendali, sull’attuale situazione economico-finanziaria, sulle forme di controllo e sui potenziali scenari futuri.

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CAPITOLO 1: CARATTERISTICHE DEL SETTORE CALCIO

Prima di affrontare ed analizzare gli aspetti propriamente economico-gestionali delle società di calcio, sembra opportuno descrivere la struttura organizzativa ed economica dell’intero settore. A tal fine il seguente capitolo riporta un’analisi dell’ambiente di riferimento in cui esse operano, proponendo anche punti di vista di alcuni autori specializzati in materia. Il secondo paragrafo propone una descrizione delle tipologie, delle caratteristiche e delle funzioni degli organi di governo e di vigilanza a livello nazionale, comunitario e internazionale. Infine sarà riportata una schematizzazione di fonti normative e singole norme che regolano il sistema-calcio, con una particolare attenzione a quelle che hanno una rilevanza economico-gestionale.

1.1 L’AMBIENTE ECONOMICO DI RIFERIMENTO

Probabilmente non molti sono a conoscenza del fatto che, il gioco del calcio è di origine arcaica, in uso presso gli antichi Romani con l'Harpastum, nel quale due fazioni dovevano portare una palla oltre la linea di fondo avversaria e nel quale prevaleva l'aspetto antagonistico rispetto a quello agonistico. In seguito uno sport ad esso riconducibile fu praticato, durante il Medioevo in Italia, conosciuto come Calcio fiorentino5, ma la sua affermazione moderna e codificata si ebbe in Inghilterra, alla metà

del XIX secolo e da allora si diffuse dapprima nel resto d'Europa e in Sud America e poi in tutto il mondo. Nel 1848, all'Università di Cambridge, H. de Winton e J.C. Thring, proposero, e ottennero, di fare una riunione con altri dodici rappresentanti di Eton, Harrow, Rugby, Winchester e Shrewsbury. L'incontro durò otto ore e produsse un importante risultato: vennero infatti stilate le prime basilari regole del calcio.

Il 26 ottobre 1886 fu fondata a Londra la Football Association, prima federazione calcistica nazionale, nel 1886 le Federazioni britanniche diedero origine all'International Football Association Board, con il compito di sovra-intendere al regolamento, ed infine nel 1888 si tenne il primo campionato inglese, secondo la formula tuttora in vigore. E’ evidente che da quel momento il calcio ha assunto la forma di sistema; un sistema di natura privata, ma che, come si vedrà, nel corso del tempo necessiterà di regolamentazioni da parte delle istituzioni nazionali, comunitarie ed internazionali, a causa dell’impatto socio-economico che ne deriverà.

5 BREDEKAMP H., Calcio Fiorentino - Il Rinascimento visto attraverso i suoi giochi, Genova, ed.

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Il calcio arriva in Italia solo un decennio dopo, seguendo le tendenze degli altri paesi europei. Nonostante il calcio moderno abbia più di un secolo, gli effetti socio-economici più rilevanti si cominciano a ravvisare dopo la prima metà del XX secolo, e quindi dopo la Seconda Guerra Mondiale, bensì diversi studi testimonino la continuità nel verificarsi di alcuni eventi di carattere anticompetitivo e poco leale, basati su sistemi di corruzione iniziati nel primo ventennio dello scorso secolo. Non a caso il primo scandalo del calcio italiano risale al campionato 1926-1927, anno in cui lo scudetto fu rievocato al Torino che con un sistema di corruzione aveva falsato alcune partite decisive. Fu il primo scandalo del calcio italiano e l’unico scudetto rievocato nella storia, prima del recente scandalo definito col termine Calciopoli6.

1.1.1 Il mercato: le società calcistiche e i tifosi/clienti

Il calcio, come altre discipline, nasce dunque come attività ludica per poi trasformarsi nella seconda metà dell’Ottocento in sport inteso come attività organizzata, regolata, sinonimo di progresso, di velocità, di modernità, uno dei massimi simboli della cultura del XX secolo7

Gli effetti economici, che risultano essere i più rilevanti ai fini del seguente studio, possono essere analizzati in primis focalizzando l’attenzione su quello che è il mercato che caratterizza il sistema calcistico. Si tratta di capire come la domanda e l’offerta di calcio si sviluppano, mediante l’identificazione degli attori e delle variabili che le determinano, e che sono in grado di influenzarle.

“Come in qualsiasi altra impresa, le società devono generare ricavi, vendendo prodotti ai loro clienti: devono quindi investire nella comunicazione, nel marketing e nella promozione, devono investire nelle strutture che offrono la possibilità di vendere i loro prodotti nell’ambiente giusto e, soprattutto, devono pagare gli stipendi ai giocatori e investire nello sviluppo dei talenti per poter assicurare livelli di performance elevati. Questo è già di per sé un fine, al quale si collega anche un risvolto economico che è dato dalla volontà del pubblico di continuare a pagare per vedere lo spettacolo offerto8”. Questa considerazione mette in risalto i comportamenti microeconomici dei principali attori del mercato: le società che offrono lo spettacolo calcistico come servizio core della propria attività economica e la fornitura/erogazione di altri prodotti/servizi

6 Per approfondimenti CAREMANI, F. STROCCIO, P. Calcio marcio show: dalle tribune ai tribunali.

2006

7 PIVATO S. L’era dello Sport. Firenze, Giunti-Castermann. 1994

8 LAGO U. BARONCELLI A. SZYMANSKY S. Il business del calcio: successi sportivi e rovesci

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correlati, gestiti internamente o assegnati a terzi sotto diverse forme di esternalizzazione; e i tifosi/clienti che in maniera discontinua e non facilmente prevedibile, richiedono la soddisfazione di un loro bisogno mediante la visione della partita di calcio e/o l’acquisto dei prodotti/servizi aggiuntivi.

I tifosi/clienti

Soffermandosi sulle caratteristiche dei tifosi/clienti, è naturale interpretare questa categoria in maniera del tutto diversa da clienti di aziende che operano in altri settori. E’ quasi scontato che un tifoso nel corso della sua vita non sposterà mai la sua preferenza a favore di un’altra squadra. Ne consegue che qualunque mossa attui una società per accaparrarsi tifosi e quindi clienti a scapito delle concorrenti, sarà vana. Il comportamento di acquisto del cliente potrà essere determinato in maniera univoca dalla società alla quale esso crede di appartenere, per motivi diversi (appartenenza territoriale, spettacolarità di una squadra e sua capacità di affermazione a livello nazionale ed internazionale, club del calciatore preferito, tradizione familiare etc.). Il tifoso/cliente apporterà benefici economici alla società, tanto più quest’ultima sarà in grado di motivare, tramite i successi sportivi, il riacquisto di un prodotto/servizio. Non è difficile imbattersi, ad inizio settimana, in tifosi che soffrono di un malessere personale giornaliero, che si trasferisce sulle normali attività quotidiane, causato da una sconfitta domenicale della squadra del cuore, che li rende sfiduciati nei confronti del club, dei giocatori e delle loro capacità di ottenere risultati sportivi soddisfacenti. Una parte di questi, probabilmente, la domenica successiva non ritornerà allo stadio, o non seguirà la partita acquistando l’evento dalle emittenti televisive che lo propongono, con la conseguenza evidente di mancati introiti per la società. Si può dunque affermare che in taluni casi, e nella maggior parte delle volte, la prestazione sportiva incide sulla performance economica di questa tipologia di aziende. Tale concetto sembra rafforzato dai valori economici positivi e dai relativi flussi finanziari attivi che le società percepiscono con la qualificazione ad una competizione internazionale, e dalla loro progressiva crescita in riferimento al raggiungimento delle fasi finali, nonché alle possibilità di vincita delle stessa, che come nel caso della Champions League porterebbe nelle casse del club vincente una somma che si aggira intorno ai 150 milioni di euro. Un recente studio, volto ad analizzare la variazione della domanda di calcio in Italia dal ’62 ad oggi, dimostra le cause di una progressiva riduzione degli spettatori allo stadio, con conseguente diminuzione degli incassi da botteghini.

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“In generale, sono diverse le cause alle quali viene attribuito il calo di spettatori negli stadi. Tra le più comuni vi è il presunto impatto prodotto dalla introduzione dello “stadio virtuale” con l’evento della pay-tv datata 1993, della successiva evoluzione verso la pay per view nel 1996, fino ai sistemi più recenti di trasmissione delle partite attraverso il digitale terrestre e internet datate 2004 e 2005. Altre possibili cause della crisi vengono individuate nell’eccessivo costo dei biglietti, se confrontato con quello dello “stadio virtuale”, fino alla vetustà degli impianti sportivi che sarebbero scomodi e poco adatti alla reale fruizione dell’evento rispetto a realtà calcistiche diverse. Altri imputano la crisi alla ridotta credibilità circa il regolare svolgimento dei campionati, testimoniata dai sempre più frequenti interventi della giustizia sportiva e ordinaria nella definizione sia delle griglie delle squadre partecipanti dei tornei, che nella definizione delle posizioni al termine degli stessi”9.

Le società calcistiche

Le società calcistiche si differenziano da altre tipologie di aziende per il valore elevato che presentano i propri asset sotto forma di capitale intellettuale. Di fatti l’attività principale riguarda un’attività sportiva professionistica, di gruppo, che si materializza tramite il coinvolgimento di un insieme di persone: i calciatori. In effetti in questo tipo di aziende il diritto di utilizzo delle prestazioni del calciatore è considerabile come un fattore produttivo a fecondità ripetuta, ed in quanto tale è soggetto ad ammortamento. Allo stesso modo il calciatore in quanto risorsa umana ha diritto ad una retribuzione per il lavoro svolto nell’organizzazione.

Sebbene i dati sopra riportati siano relativi alla variazione della domanda di calcio nel periodo considerato, consentono di muovere una serie di considerazioni su come l’offerta, di conseguenza, sia variata o meglio evoluta. E’ evidente, e lo sarà ancor di più osservando i dati di bilancio proposti nel prossimo capitolo, che le società di calcio hanno cambiato, in gran parte, le modalità di erogazione del proprio servizio-core: la gran parte degli introiti deriva dalle vendite dei diritti televisivi che sono cresciuti a dismisura negli ultimi decenni. Era inimmaginabile prima dell’avvento delle tv a pagamento di poter assistere ad una partita di campionato in televisione; ma se questa evoluzione ha ampliato il bacino di utenza raggiungibile dal servizio offerto, ha allo stesso modo inciso particolarmente, e negativamente, sulla presenza degli spettatori allo

9 DI DOMIZIO M. La domanda di calcio in Italia: serie A 1962-2006. Rivista di Diritto ed economia

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stadio. Naturalmente le società hanno resistito a questo calo di domanda da stadio, e ai conseguenti mancati ricavi, grazie agli introiti incassati dalle emittenti televisive a livello nazionale ed internazionale.

1.1.2 Il mercato ampliato

Ad ampliare l’offerta di queste tipologie di aziende non ha contribuito esclusivamente il crescente aumento delle entrate da diritti tv, ma anche l’utilizzo di tecniche di marketing volte allo sfruttamento economico del proprio marchio in via diretta o indiretta, mediante operazioni di licensing e/o di merchandising. Da non sottovalutare, poi, sono, i contratti di sponsorship che rappresentano una fetta importante di ricavi, necessari in non pochi casi, a finanziare in maniera anticipata gli investimenti stagionali.

A tal fine si può analizzare il mercato con una visione molto più ampia se si considera l’insieme di interlocutori “commerciali10” che interagiscono con queste tipologie di aziende.

La domanda di sport si esprime in un duplice senso; i produttori di sport hanno, infatti, due distinte “clientele”: a) la clientela di massa (o “mass market”), che include il largo pubblico di gare o altri eventi, i sostenitori attivi e passivi di associazioni o società sportive, nonché singole persone o famiglie in cerca di occasioni di divertimento nel loro tempo libero: tutte queste persone possono considerarsi consumatori di attività sportive ; b) la clientela aziendale ovvero le imprese che producono beni e servizi per lo sport (o “business market”): senza sport -dilettantistico o professionistico che sia- queste aziende non esisterebbero o farebbero altro o farebbero di meno. Trattasi dei fornitori di articoli per l’attività degli atleti dilettanti o professionisti e dei produttori di attrezzature e impianti sportivi (Sporting-Goods companies); trattasi, inoltre, di un numero assai differenziato di imprese industriali e commerciali – appartenenti ai più diversi settori di attività economica (e, quindi, terze parti rispetto al mondo dello sport) – che forniscono assistenza, fondi e altre forme di aiuto alla pratica sportiva. Queste imprese cercano le attività sportive, del tipo più diverso, per comunicare il loro marchio industriale o commerciale, nella speranza di stabilizzare o incrementare il loro fatturato totale11 .

10 In tal caso il termine interlocutori è riferibile esclusivamente a quei soggetti che hanno relazioni di tipo

commerciale, e non altri soggetti interessati ad altri tipi di relazioni.

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Figura 1: Offerta e domanda nell’economia dello sport.

Fonte: Governance e Management nell’economia dello Sport (2oo4) R. Cafferata Symphonia

1.1.3 Sistema economico generale

Secondo il parere di chi scrive, al centro del grafico si potrebbero, nel caso del calcio, far rientrare i diversi organi di gestione e regolamentazione del sistema in base all’evento preso in considerazione. Ossia, se si tratta della pianificazione, organizzazione e gestione dei Campionati del mondo, l’elemento centrale può essere considerato la F.I.F.A.; nel caso di una competizione continentale la confederazione di riferimento territoriale (ne rappresenta un esempio la U.E.F.A. per quanto riguarda la gestione di eventi come il Campionato Europeo e la Champions League); nel caso dei campionati e delle coppe nazionali la federazione calcistica del paese stesso (in Italia la Federazione Italiana Giuoco Calcio). In realtà le federazioni hanno come fine il raggiungimento di obiettivi comuni dei propri partecipanti. Né è un esempio lampante la trattativa che avviene tra le federazioni12 e le emittenti televisive che acquistano i diritti di trasmissione dell’evento sportivo in diretta (anche se la contrattazione collettiva riprenderà solo dal 2010). L’obiettivo delle federazioni in tal caso è cercare di spuntare quote di introiti più alte grazie al maggior potere contrattuale raggiunto con la cooperazione delle diverse società. Ciò non vuol dire che l’operato delle società si riduce alla loro cooperazione, bensì esse pianificano indipendentemente i propri obiettivi sportivi, associando ad essi le modalità di utilizzo delle risorse e i livelli di performance economici desiderati. Allo stesso modo agiscono in maniera univoca nei

12 In realtà nel caso italiano la FIGC demanda questo compito alle proprie Leghe, costituite al fine di una

gestione diretta ed efficace degli interessi delle parti interessate:le società di calcio. Mass Market Business Market Individui,famiglie tifosi Dilettanti e professionisti Altri sponsor (terze parti) Sporting-goods Companies Organizzazioni sportive

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confronti dei propri clienti, o per definirli secondo il termine anglosassone, supporters, proprio per le caratteristiche specifiche che lega questi soggetti all’azienda. Di fatti non è difficile immaginare come il cliente/tifoso in un certo senso supporti il club con una serie di sforzi economici più o meno costanti, con la volontà di aiutare la società a sopravvivere in casi critici o ad avere maggior peso nel calcio-mercato in situazioni di stabilità ed espansione.

Provando a schematizzare, dunque, la struttura organizzativa del sistema calcistico a livello mondiale, ne potrebbe venir fuori un’organizzazione divisionale di tipo territoriale, ossia come mostra la figura 2 una struttura in cui le confederazioni continentali rappresentano divisioni geografiche che fanno capo alla federazione centrale che è la F.I.F.A. Naturalmente tale figura ha lo scopo esclusivo di evidenziare la struttura generale del sistema. Di fatti se si volessero considerare gli organi amministrativi, funzionali, e di staff l’organigramma presentato sarebbe di più vaste dimensioni. In ogni caso una particolare attenzione alle caratteristiche degli organi sopra-descritti sarà prestata nel secondo paragrafo di questo capitolo. L’obiettivo attuale è la comprensione del sistema calcistico per poterne capire le ripercussioni a livello economico-sociale che esso ha sull’intero pianeta; ripercussioni che risultano più facili da spiegare a livello esclusivamente nazionale ed in considerazione al nostro continente di riferimento, seppur non siano da escludere opportunità e vincoli derivanti da alcune zone geografiche (Asia minore e Stati Uniti) in cui il calcio nostrano si presenta in forte espansione economica.

Figura 2: La struttura organizzativa del sistema calcistico mondiale

FIFA

CONFEDERAZIONI CONTINENTALI

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1.1.4 Calcio e Politica Economica

Dunque gli effetti del calcio sui sistemi economici andrebbero misurati e monitorati nel corso del tempo, per analizzare l’apporto di tale sistema nella creazione della ricchezza nazionale e comunitaria.

Il portale web Industritalia commenta così i dati economici della stagione 2005:

“Un business da oltre 4 miliardi di euro, ma secondo le stime più generose si arriva addirittura a 6 miliardi, cioè quasi mezzo punto di Pil. Tanto vale l'industria del calcio in Italia. Una piccola quota, neanche 200 milioni di euro, pari dunque a meno del 5%, arriva dagli spettatori paganti degli stadi, tra biglietti e abbonamenti. Per il resto il giro d'affari sale vertiginosamente tra diritti tv, scommesse, stampa, merchandising, sponsor. Secondo gli ultimi dati della Deloitte, le squadre della Serie A in Italia hanno un valore di mercato di 1,34 miliardi, al secondo posto in Europa solo dopo la Premiership (ovvero la Serie A inglese) il cui valore è quantificato in 1,97 miliardi di euro. Anche se si guarda alla classifica dei club più ricchi, sempre curata da Deloitte, tra le prime 20 squadre europee 5 sono italiane, con Milan e Juventus al terzo e quarto posto. I fatturati sono da aziende di notevoli dimensioni, rispettivamente di 234 e 229 milioni di euro13”. Ciò dimostra che i risvolti economici del sistema calcistico possono avere una forte rilevanza sull’economia di un paese. Lo testimoniano le quantità di finanziamenti che gli organi internazionali mettono a disposizione dei paesi che ospitano un particolare evento sportivo. Tali finanziamenti sono per lo più utilizzati per la costruzione e/o l’ammodernamento delle infrastrutture necessarie al regolare svolgimento delle competizioni. Opportunità, queste, da non sottovalutare soprattutto per quei paesi che sono in via di sviluppo, e che sono in fase di affermazione della loro crescita economica. A ben vedere, gli Europei del 2012 si svolgeranno in Polonia e Ucraina: il primo paese è entrato nell’UE nel 2004, e si appresta ad entrare nell’area Euro; il secondo, seppur non candidato come futuro entrante nell’UE, è un paese che intrattiene notevoli scambi commerciali con i paesi della Comunità Europea.

Lo stesso articolo propone, poi, un aspetto ulteriormente interessante:

“[…] Il business non si ferma certo là (all’evento sportivo) ed è articolato in tre momenti. Prima dell'evento incidono stampa (l'Italia è l'unico Paese europeo con quattro quotidiani sportivi, di cui uno dedicato specificatamente ai tifosi di una squadra), scommesse, trasporti dei supporter. C'é poi l'evento vero e proprio dove si calcola la vendita di biglietti e abbonamenti, diritti tv, sponsorizzazioni. Infine il dopo-evento

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fatto ancora di vendita di giornali e servizi di trasporto”. Questa sembra essere la conferma di come il calcio interagisce con una molteplicità di entità economiche sia pubbliche che private, e che il suo indotto commerciale si spinge oltre la tipica offerta di erogazione di uno spettacolo sportivo.

1.1.5. Aspetti di innovazione strategica

Se prendessimo in considerazione la catena del valore di queste aziende, sembrerebbe opportuno considerare gli effetti strategici di una possibile gestione propria dei servizi post-vendita (ad esempio la ristorazione). A ben vedere in Inghilterra questo si verifica già da tempo, dato che, le società calcistiche inglesi sono proprietarie dell’impianto in cui erogano il servizio (lo stadio), e hanno, così, la possibilità di generare reddito e creare valore dallo sfruttamento commerciale di un proprio asset. Le società italiane si stanno muovendo sempre più verso quest’ottica di gestione orientata alla diversificazione dei ricavi mediante la differenziazione dei servizi offerti. Ad esempio il Genoa Cricket and Football Association organizza, ad un prezzo che si aggira intorno ai 180 euro, il Genoa Experience attraverso il quale è possibile vivere l’emozione del pre-partita, entrando negli spogliatoi poche ore prima del match e percorrere il tunnel, nonché calcare il prato del Ferraris poco prima del fischio di inizio14.

A livello internazionale sembra quasi inimmaginabile l’innovazione di servizio proposta dal Barcellona Football Club che dà la possibilità ai propri sostenitori di poter giocare al Camp Nou una partita tra amici. La proposta base, valida per due mesi in estate, quando il campo del Barcellona non sarà utilizzato per impegni ufficiali, costa 40.000 euro e prevede l’iscrizione di 35 giocatori, l’omaggio di una divisa ufficiale del Barça a testa, l’arbitro, lo speaker, una foto ricordo.

1.1.5. Situazione economica attuale

Dall’analisi fin qui proposta sembrerebbe che le società di calcio vivono in uno stato di benessere. Le società calcistiche sono percepite come imprese molto ricche, che fanno incassi miliardari e che sono in grado di pagare ai propri giocatori stipendi da favola. Tuttavia i bilanci di queste società sono spesso in perdita15.

Soprattutto nel nostro paese le società di calcio, hanno una propensione a generare perdite per più esercizi, come se la gestione fosse rivolta esclusivamente a sforzi

14 Fonte sito web: http://www.genoacfc.it

15 LAGO U. BARONCELLI A. SZYMANSKY S. Il business del calcio: successi sportivi e rovesci

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necessari al raggiungimento di una prestazione sportiva prefissata. Ne consegue che l’equilibrio economico passa in secondo piano, a favore di quegli obiettivi prettamente operativi.

Le cause dello squilibrio economico sono riconducibili sicuramente all’entità delle due voci di costo che riguardano i calciatori:

i diritti pluriennali di utilizzo delle prestazioni dei calciatori che rappresentano costi capitalizzabili e soggetti ad ammortamento in base alla durata del contratto che lega il calciatore al club;

i salari e gli stipendi dei calciatori che sono quei costi sostenuti per la retribuzione degli stipendi ai calciatori.

A ben vedere in Italia, come in Europa, la trasformazione che si è avuta nel tempo da sport dilettantistico a sport professionistico, ha portato ad una regolamentazione a livello nazionale e comunitario (la sentenza Bosmann) che ha dato un potere contrattuale eccessivo ai calciatori. Questi ultimi affidano la gestione dei propri interessi, o meglio affari, ai loro procuratori o agenti, che in qualità di intermediari hanno contribuito ad un innalzamento rapido e crescente dei prezzi, e naturalmente dei loro, non di certo umili, compensi. Inoltre sono diverse le aziende (esterne al calcio) interessate ad affiancare al proprio marchio l’immagine di un calciatore. Anche qui sorgono problemi di potere contrattuale, che spesso si trasformano in vere e proprie diatribe tra club, agenti e calciatori per trovare un accordo, dato che, le società vorrebbero trarre esse stesse un vantaggio economico diretto dallo sfruttamento dell’immagine di un proprio calciatore, che come detto rappresenta un proprio asset.. Al di là di queste situazioni che troveranno un approfondimento di tipo legale e contabile nei prossimi paragrafi e capitoli, sembra necessario ragionare sul ricorrente risultato di esercizio di una società di calcio: la perdita. Non vi è alcun dubbio che una perdita rappresenti una distruzione di ricchezza, uno spreco. Se esiste una pianificazione economico-finanziaria, come mai i dirigenti non sono responsabilizzati su obiettivi di equilibrio economico? Anche in sede di pianificazione le perdite sono considerate come unico risultato d’esercizio?

Un motivo, probabilmente, è rappresentato dall’influenza che le politiche di bilancio delle capogruppo hanno sulle società di calcio. Le holding traggono un vantaggio economico dall’assorbimento delle perdite della società in bilancio consolidato. In

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effetti la perdita sarà sommata algebricamente, e quindi sottratta, al reddito dell’intero gruppo, con la conseguenza positiva per il soggetto economico di una riduzione della base imponibile su cui pagare le imposte di esercizio.

Ma se la perdita rappresenta uno spreco di risorse, perché mandare in fumo dei capitali che, in altri settori, potevano avere rendimenti molto più elevati, a fronte di livelli di rischio più contenuti?

Secondo il parere di chi scrive le due risposte possibili sono:

1. l’eccessiva necessità di mantenimento della competitività attuale, giustifica troppo spesso ingenti investimenti in capitali, i cui ritorni in termini di flussi di cassa si verificheranno, probabilmente, in esercizi futuri;

2. il calcio, è un veicolo di comunicazione sociale; basta ricollegare l’immagine del club a quella del suo gruppo economico per capire come l’azionista di riferimento sia disposto ad accettare una perdita, considerandola in senso lato, come un investimento in un suo ritorno di immagine.

La seconda risposta necessita di ulteriori chiarimenti. Le società di calcio, in passato, erano acquistate e gestite da soggetti mecenati, imprenditori, spesse volte disinteressati allo sport in generale e al calcio in particolare, ma interessati ad un loro ritorno di immagine, da sfruttare magari nel campo politico. Come detto in precedenza, i messaggi trasmissibili attraverso il veicolo calcio possono raggiungere enormi masse di individui. Probabilmente anche oggi il calcio presenta forme di mecenatismo, e i risultati non possono che essere identici a quelli sopra descritti, ossia in tali casi le perdite sono un “abitudine comoda”. Questa deduzione nasce dalla lettura dell’articolo 3 comma 1 lettera n della legge finanziaria 2008 che dovrebbe stabilire, se dovesse entrare in vigore, l’annullamento della deduzione delle perdite fiscali delle società sportive da parte delle proprie società capogruppo. Le spese potranno essere dedotte solo in parte come spese di rappresentanza. Per spese di rappresentanza si intendono quelle spese effettuate per offrire un’immagine positiva dell’impresa (es. organizzazione di ricevimenti, convegni e manifestazioni in genere).

Appunto la spesa di rappresentanza nel bilancio di gruppo rappresenterà un costo di esercizio sostenuto al fine di migliorare l’immagine dell’impresa, del soggetto

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economico, ma sicuramente anche quella dell’azionista di riferimento, che nella stragrande maggioranza dei casi coincide con il presidente stesso della società di calcio. Inoltre, non pochi, sono i dubbi che possono sorgere riguardo al regolare andamento dei campionati, dovuto al prevalere degli interessi economici, che come descritto, raggiungono livelli non trascurabili. Da ciò possono derivare senz’altro considerazioni inerenti i conflitti di interesse. Di fatti le società di calcio appartengono alla loro lega di riferimento nazionale all’interno della quale cooperano per organizzare lo svolgimento dei campionati, assumendo decisioni economiche che si rifletteranno sull’andamento delle singole società. Non è raro imbattersi in scambi commerciali tra la lega e le aziende che appartengono a gruppi economici delle società di calcio stesse. Ciò rende qualche società molto soddisfatta delle proprie capacità contrattuali, altre, al contrario, insoddisfatte del loro poco peso economico all’interno del sistema. Né un esempio l’introduzione del digitale terrestre, che ha suscitato non poche polemiche, dato che la proposta della Mediaset, di utilizzare questa nuova tecnologia per offrire le partite di calcio tramite il sistema della pay per view , è stata considerata, da alcuni esperti, come una distorsione della concorrenza, in primis, ed un conflitto di interessi, poi. Di fatti l’azienda in considerazione fa parte del gruppo Fininvest, al quale appartiene anche la società A.C. Milan. Inoltre l’azionista di riferimento, al tempo della stipula del contratto, ricopriva la carica di capo del Governo. Un articolo del quotidiano La Repubblica, a cura del giornalista Giovanni Valentini, datato 20 gennaio 2005 si pronuncia così a riguardo:

“È un'ipoteca che minaccia di compromettere definitivamente i conti della maggior parte delle società; di svilire il campionato di calcio, aumentando la forbice tra le grandi squadre e quelle minori; e anche di danneggiare il Coni che sul prodotto calcio fonda in prevalenza le sue entrate. […] L'aspetto più sconcertante della vicenda è che un governo della Repubblica ha presentato una legge, imponendola all'approvazione della sua maggioranza in Parlamento a colpi di voti di fiducia, per favorire l'azienda televisiva e la società calcistica che appartengono entrambe al presidente del Consiglio. E per di più, promuovendo la diffusione del digitale terrestre con incentivi pubblici per l'acquisto dei decoder, a carico dello Stato e quindi dei contribuenti, di ciascuno di noi. Tutto ciò con la complicità del presidente della Lega Calcio, Adriano Galliani, al contempo vicepresidente vicario e amministratore delegato del Milan, che in questa veste ha trattato direttamente con Mediaset insieme a Juventus e Inter, senza

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informare e coinvolgere le altre 39 società che fanno parte dell'associazione, tradendo con ciò i suoi doveri e le sue responsabilità istituzionali16”.

Il calcio in effetti dovrebbe essere considerato come un sistema esteso auto-regolamentato al suo interno, se non vi fosse, poi, la necessità da un lato di ricorrere a forme di sostentamento pubblico per salvaguardare le società da situazioni di crisi, e la volontà dall’altro di sfruttare posizioni politiche per rafforzare singole posizioni concorrenziali.

A ben vedere questi conflitti di interesse non si manifestano esclusivamente nell’ambito nazionale, ma si estendono a quelle forme di governo calcistico di livello mondiale. Il portale web La settima sportiva, con un articolo proposto da Marco Liguori, affronta così il delicato caso del futuro sfruttamento dei diritti televisivi:

“Il colosso svizzero Infront Sports & Media, presieduto dal nipote del presidente Fifa Joseph Blatter, sta per mettere le mani sulla serie A. Stando alla Gazzetta dello Sport, la società starebbe trattando un accordo con la Lega Calcio per produrre lo spettacolo del massimo campionato di calcio. Ma sull’operazione gravano alcuni elementi poco chiari. Liberomercato ha contattato martedì scorso la Infront Sports & Media per ottenere maggiori dettagli riguardo ai suoi azionisti, al suo management e ai principali dati economici, senza ottenere alcuna risposta. La celebre riservatezza svizzera ha lasciato sul sito www.infrontsports.com solo alcune sommarie informazioni sui sei membri del consiglio di amministrazione. Presidente e CEO del gruppo è Philip Blatter, nipote del numero uno del calcio mondiale: è stato eletto alla vicepresidenza nel dicembre 2005 ed è diventato CEO nella seconda metà del 2006. Tra il giugno e il luglio dello stesso anno si svolsero i Mondiali di calcio in Germania: Infront ne ha curato la produzione televisiva, rivendendo i diritti di trasmissione a un vasto numero di televisioni (tra cui 165 pay tv) e radio. La società è presente, oltre in Svizzera, anche in Austria, Cina, Norvegia, Finlandia, Singapore e Svezia: ha come clienti principali la Bundesliga (lega calcio tedesca) e le federazioni internazionali di sci e hockey. Il gruppo ha ottenuto anche la gestione dei diritti per il mondiale 2010 in Sud Africa: su esso grava però l’ombra del conflitto d’interessi in riferimento alla famiglia Blatter17”.

L’aspetto sportivo, in questi casi, passa in secondo piano, o meglio è solo un mezzo

16 Per approfondimenti consultare il seguente indirizzo web:

http://www.repubblica.it/2005/a/sezioni/sport/calcio/valntn/valntn/valntn.html 17 Per approfondimenti consultare il seguente indirizzo web:

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attraverso il quale accaparrarsi ingenti quote di introiti, attraverso il potere politico di alcuni soggetti.

Le caratteristiche appena esposte hanno spinto la Comunità Europea ad introdurre delle norme che regolino il calcio, a livello comunitario, sotto il duplice aspetto sportivo/economico. Seppur per ora, le normative Europee siano in fase di studio e valutazione, chi ama il calcio, e spende in esso tempo libero, risparmi e capitali, non può che sperare in una breve regolamentazione delle situazioni poco chiare: se si è veri sportivi, non si può accettare di vincere, solo grazie al potere politico-economico del proprio club. Questi aspetti saranno trattati nel terzo paragrafo che riguarderà appunto il sistema legislativo, l’ordinamento giuridico e la sua evoluzione passata, presente e (potenzialmente) futura.

1.2. ORGANISMI DI REGOLAMENTAZIONE E VIGILANZA

Le attività delle società sportive, in generale, e di quelle calcistiche, in particolare, sono disciplinate da una serie di norme che gli organi nazionali e internazionali hanno col tempo emanato al fine di regolamentare il sistema sportivo. Per cui risulta necessario capire quali sono gli organismi che si occupano della legislazione sportiva, prima ancora di procedere ad analizzare le norme che regolano lo sport. Dato che l’obiettivo di questo studio è analizzare il sistema calcistico sotto il punto di vista dell’utilizzo di tecniche e modelli di controllo di gestione da parte delle società della Serie A italiana, gli organismi che saranno trattati con maggiore enfasi saranno quelli relativi al calcio italiano stesso, dando spazio, però, con una breve descrizione, agli organismi olimpici e del calcio internazione che hanno dato vita alle prime forme di regolamentazione dello sport a livello mondiale e nazionale.

1.2.1 Il Comitato Olimpico Internazionale

Il primo organismo sportivo giuridicamente riconosciuto si è avuto con la costituzione del Comitato Olimpico Internazionale. Il CIO (dalle iniziali del nome originale francese Comité International Olympique), è un'organizzazione non governativa creata da Pierre de Coubertin nel 1894, per far rinascere i Giochi Olimpici dell'Antica Grecia attraverso un evento sportivo quadriennale dove gli atleti di tutti i paesi potessero competere fra loro. Attualmente il CIO ha sede a Losanna, in Svizzera.

È composto da 115 membri che si riuniscono almeno una volta all'anno. Il Comitato sceglie i propri membri per cooptazione ed elegge un presidente, che rimane in carica 8

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anni. Il suo compito principale è quello di supervisionare l'organizzazione dei Giochi Olimpici. Riceve le candidature per l'organizzazione delle Olimpiadi estive e invernali, e procede all'assegnazione tramite votazione dei propri membri.

Il CIO coordina i comitati olimpici nazionali e altre organizzazioni collegate, che assieme formano il Movimento Olimpico. L'attività del CIO è finanziata dai proventi dei diritti televisivi sulle Olimpiadi (che sono l'evento più seguito al mondo), dagli accordi di sponsorizzazione con le maggiori multinazionali e dai diritti di sfruttamento dei loghi olimpici. Uno dei presidenti più influenti del CIO è stato Juan Antonio Samaranch. Sotto la sua presidenza, durata vent'anni dal 1980 al 2001, i Giochi Olimpici sono cresciuti fino a diventare il più grande evento planetario. Durante l'era Samaranch il CIO ha aperto progressivamente i Giochi agli sponsor, ai media, agli atleti professionisti.

Quest’ultimo aspetto testimonia come lo sport abbia avuto una crescente necessità di regolamentazione negli ultimi 25 anni, ossia da quando gli eventi sportivi più rilevanti hanno reso gli interessi economici ad essi legati molto più considerevoli rispetto al passato.

1.2.2 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano

A livello nazionale ritroviamo come ordinamento giuridico e di regolamentazione normativa dello sport il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Il CONI, emanazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), coordina e sovrintende le organizzazioni sportive nazionali. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Ente pubblico cui è demandata l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, promuove la massima diffusione della pratica sportiva. Dopo le ultime modifiche normative del 9 gennaio 2004, è la Confederazione delle Federazioni Sportive e delle Discipline Associate. Fondato il 9 e 10 giugno del 1914 a Roma in via permanente, oggi il CONI è presente in 102 Province e 19 Regioni, riconosce 45 Federazioni Sportive Nazionali, 15 Discipline Associate, 17 Enti di Promozione Sportiva Nazionali e 1 territoriale, 18 Associazioni Benemerite. A questi organismi aderiscono circa 65.000 società sportive per un totale di circa 8 milioni di tesserati18.

A ben vedere il Coni rappresenta un’istituzione nazionale pubblica che regolamenta lo sviluppo di pratiche sportive a livello nazionale, il cui fine è quello di consentire agli atleti professionisti di partecipare ai Giochi Olimpici, ma anche di promuovere lo sport

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come attività necessaria alla crescita dell’intero paese. Di fatti la statistica sopra riportata, relativa al numero di tesserati, pone in evidenza il gran numero di soggetti che pratica sport secondo le regole stabilite dal Coni. Senza considerare l’aspetto amatoriale non compreso in tale censimento, si può senz’altro affermare che quasi il 14% della popolazione italiana fa sport in maniera continua e costante, a testimonianza del fatto che tale pratica assume una certa rilevanza a livello sociale. In particolare la forma di associazionismo consente di educare le persone verso la condivisione di esperienze e/o di obiettivi comuni.

Ciò nonostante sembra opportuno muovere una critica riguardo alla stima proposta. Ci sono associazioni affiliate al Coni che sfruttano tale rapporto per ottenere agevolazioni fiscali, utilizzando la forma di associazionismo per svolgere attività economiche che in realtà presentano il fine di lucro. Di fatti alcuni club, pub o locali notturni utilizzano la loro affiliazione al Coni per ottenere il riconoscimento di istituzione no-profit, per eludere il regime fiscale, senza svolgere alcuna attività di tipo sportiva, richiedendo ai frequentanti, anche occasionali, l’iscrizione alla loro associazione, per effettuare l’ingresso. Ne desume che la stima non sia del tutto attendibile.

1.2.3. La Fédération Internationale de Football Association

La Fédération Internationale de Football Association, più nota con l’acronimo FIFA, è la federazione internazionale che governa lo sport del calcio. La sua sede si trova a Zurigo, in Svizzera. L'attuale presidente è lo svizzero Joseph Blatter.

La federazione fu fondata a Parigi il 21 maggio 1904. Attualmente si occupa di tutte le manifestazioni intercontinentali di calcio, ma anche di calcio a 5 e beach soccer e del torneo del videogame EA Sports dedicato al calcio.

IFAB

L’International Football Association Board (IFAB) è l’organismo internazionale incaricato di stilare ed, eventualmente, rivedere, le regole del gioco del calcio. A tale organismo è anche demandato il compito, se necessario, di emanare regole aggiuntive. Quando, nel 1904, nacque a Parigi la Fédération Internationale de Football Association (FIFA), il nuovo organismo di governo del calcio mondiale decise di adottare, quale regolamento internazionale di gioco, quello stabilito diciotto anni prima dall’IFAB. Nove anni dopo, nel 1913, grazie alla crescente diffusione del gioco del calcio in tutto il mondo, membri della FIFA furono ammessi nell’IFAB.

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L’attuale sistema di voto adottato dall’IFAB fu deciso nel 1958: l’organismo è composto da otto membri, quattro nominati dalla FIFA e quattro dalle federazioni calcistiche del Regno Unito. Quindi, nel consiglio dell’IFAB, ogni federazione britannica dispone di un solo voto, mentre la FIFA di quattro, ma ogni modifica o aggiunta deve essere approvata con sei voti. Di conseguenza, nessuna modifica può essere adottata senza il placet della FIFA, ma la stessa FIFA da sola non può adottare modifiche perché ha bisogno del voto di almeno due federazioni britanniche.

L’IFAB si riunisce due volte all’anno, con due ordini del giorno separati: una riunione è destinata all’esame di nuove regole e all’eventuale revisione delle vigenti, l’altra è dedicata agli affari interni. La prima riunione si chiama Incontro Generale Annuale (AGM, Annual General Meeting), la seconda Incontro Finanziario Annuale (AFM, Annual Financial Meeting).

Fino a quattro settimane prima dell’Incontro Generale, le federazioni inviano le proposte al segretario della propria associazione apicale, che poi le trasmette alla FIFA che le rende note all’IFAB e alle altre associazioni.

L’incontro generale si tiene di norma in febbraio o marzo (in tempo per le competizioni internazionali di metà anno), quelle finanziarie in settembre od ottobre.

Esistono, quindi, forme di report economico-finanziari già a partire dal livello più alto della piramide che sembrerebbe opportuno approfondire, seppur esse non coincidono con le tipologie di controllo che riguardano il seguente studio focalizzato sulle singole società calcistiche. L’Annual Financial Meeting ha lo scopo di approvare i dati sia di budget che a consuntivo risultanti dal FIFA Financial Report. Tale strumento di comunicazione economico-finanziaria, consultabile sul sito web della FIFA, riporta i prospetti di bilancio dell’ultimo triennio, evidenziando le varie componenti dello stesso in maniera più o meno analitica a secondo della significatività dell’informazione. Inoltre risulta interessante il confronto con i valori di budget che potrebbero consentire di effettuare considerazioni circa l’efficacia e l’efficienza della gestione. Il documento è sottoscritto dal presidente dell’Internal Audit Committee, ruolo che attualmente, nonostante il coinvolgimento nello scandalo di Calciopoli, è ricoperto dall’ex presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio Franco Carraro.

1.2.4. La Union of European Football Associations

La UEFA – Unione delle Federazioni Calcistiche Europee (Union of European Football Associations) – è l’autorità che governa il calcio nel continente europeo. La missione

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della UEFA consiste nella salvaguardia e nello sviluppo del calcio europeo ad ogni livello del gioco e nella promozione dei principi di unità e solidarietà.

La UEFA è l'associazione delle associazioni e si basa su principi di democrazia rappresentativa19.

Se si leggono i punti chiave della mission che la UEFA propone sul proprio sito internet, si possono trarre delle utili considerazioni di natura economica. Infatti i punti 3, 4 e 5 così esplicitano parte della mission dell’organizzazione:

• ottenere successi commerciali ed economici senza distorcere le qualità sportive delle nostre competizioni;

• usare gli introiti della UEFA per sostenere il reinvestimento e la ridistribuzione

• indirizzare aiuti e assistenza specifici per aiutare le associazioni affiliate con le difficoltà maggiori.

Il primo punto riportato, ribadisce l’importanza che il calcio assume a livello economico e il potere commerciale che esso ha non solo in Europa. Attualmente i diritti televisivi della Champion’s League sono venduti in quasi tutto il mondo; anche quelle zone che sembravano ostili al calcio e al suo sviluppo, hanno cominciato ad appassionarsi a questo sport e a richiederne la fornitura di servizi televisivi legati ad eventi calcistici europei che sono ritenuti tra i più spettacolari al mondo. Sarebbe interessante sapere se ai fini del controllo di gestione la UEFA sviluppa modelli e strumenti basati sulle tipiche matrici prodotto/mercato per la misurazione delle performance dell’attività di fornitura dei suoi servizi in diverse zone intercontinentali.

Il secondo punto pone l’enfasi sulle modalità di reinvestimento e redistribuzione delle risorse che, a parere di chi scrive, concilia con il concetto di continuità dell’attività organizzativa degli eventi sportivi a livello comunitario ed internazionale.

Infine il terzo punto è incentrato su sistemi di assistenzialismo che dovrebbero essere volti ad iniziative di cooperazione ed aiuto alle associazioni che beneficiano in maniera minore delle risorse disponibili. L’applicazione di tale criterio è testimoniato dall’assegnazione delle competizioni a paesi meno industrializzati e/o in fase di sviluppo economico.

1.2.5 La federazione Italiana Giuoco Calcio

La federazione Italiana Giuoco Calcio organizza e gestisce il gioco del calcio in Italia, dai Club alle nazionali. La sede si trova a Roma e il suo attuale presidente, eletto il 2

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aprile 2007, è Giancarlo Abete, capo delegazione degli azzurri ai Mondiali di Germania del 200620.

Come cita il secondo comma dell’art. 1 dello Statuto: La FIGC è l’associazione delle società e delle associazioni sportive ( le “società”) che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi a essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. I regolamenti federali disciplinano il tesseramento degli atleti, dei tecnici, degli ufficiali di gara, dei dirigenti e degli altri soggetti dell’ordinamento federale.

Per capirne invece la struttura organizzativa è necessario soffermarsi sul secondo comma dell’art. 5 dal titolo “Organizzazione della FIGC”:

Sono organi della FIGC: a) l’Assemblea; b) il Presidente; c) i Vice-Presidenti;

d) il Comitato di Presidenza; e) il Consiglio Federale;

f) il Collegio dei revisori dei conti

Sembra opportuno soffermarci su alcuni aspetti relativi a questi organi. Una lettura del Titolo III dello Statuto della FIGC, consente analisi e riflessioni sull’organizzazione della federazione, essendo dedicato appunto alla definizione strutturale dell’ente. L’Assemblea

L’art. 20 dal titolo Composizione ed elezione dell’Assemblea così si esprime (al comma 1), sull’organo assembleare:

“L’Assemblea della FIGC si compone di Delegati. I Delegati per le Leghe professionistiche (LNP) sono i presidenti delle società professionistiche o i loro rappresentanti. I Delegati per la Lega Nazionale Dilettanti (LND) sono eletti, per un quadriennio, dalle società che ne fanno parte, secondo il regolamento elettorale da essa emanato, con diritto di voto solo per le società che abbiano maturato un’anzianità minima di affiliazione di dodici mesi precedenti la data di celebrazione dell’assemblea[…] I delegati atleti (AIC) e tecnici (AIAC) sono eletti, per un quadriennio, dagli atleti e tecnici secondo i regolamenti elettorali emanati dalle

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associazioni rappresentative dalle Componenti tecniche. I Delegati degli ufficiali di gara (AIA) sono eletti, per un quadriennio, dai medesimi ufficiali di gara secondo un regolamento elettorale emanato dall’AIA21.

Essendo i Delegati in numero non eguale per le diverse associazioni di appartenenza, ne desume che anche il peso del voto non influisca in maniera del tutto paritetica; cioè data la rilevanza economica delle decisioni assunte in sede assembleare, risulta naturale una certa ponderazione dei voti a seconda dell’importanza che l’associazione ricopre nella Federazione. Tale ponderazione è riportata nel comma 2 dell’art. 20 dello Statuto della FIGC che cita:

[…] “In ogni caso, rispetto al totale dei voti dell’Assemblea federale, i voti spettanti ai Delegati della LND devono rappresentare il 34%, i voti spettanti ai Delegati delle Leghe professionistiche devono rappresentare complessivamente il 34%, con ripartizione tra le diverse Leghe professionistiche in base a criteri rappresentativi stabiliti dal Consiglio federale a maggioranza qualificata, i voti spettanti ai Delegati atleti devono rappresentare il 20%, i voti spettanti ai Delegati tecnici devono rappresentare il 10%, i voti spettanti ai Delegati degli ufficiali di gara devono rappresentare il 2%22”.

Dunque la partecipazione all’Assemblea è garantita a tutte le parti interessate al calcio, bensì il peso del voto, come già riportato, sia diverso a seconda dell’importanza del tipo di associazione cui il Delegato appartiene. E’ quindi un sistema di votazione non del tutto democratico.

Le funzioni dell’Assemblea sono essenzialmente quattro:

1) l’approvazione del bilancio consuntivo in ipotesi di parere negativo del Collegio dei revisori o di mancata approvazione da parte della Giunta nazionale del Coni; 2) la nomina a vita di Presidenti d’onore e Membri d’onore della FIGC;

3) l’elezione, per un quadriennio olimpico, del Presidente federale

4) l’elezione del Presidente del Collegio dei revisori dei conti, due revisori dei conti effettivi e due componenti supplenti.

21 Fonte: Statuto FIGC Titolo III art. 20 comma 1, consultabile sul sito www.figc.it 22 Fonte: Statuto FIGC Titolo III art. 20 comma 2, consultabile sul sito www.figc.it

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Il Presidente

Dall’art. 24 dello Statuto della FIGC si evince che il Presidente Federale rappresenta la federazione nella sua unità e ne ha la rappresentanza legale. Egli è eletto dall’Assemblea:

• al primo scrutinio quando riporti la maggioranza di tre quarti dei voti validamente espressi dai Delegati;

• al secondo scrutinio quando riporti la maggioranza di due terzi dei voti validamente espressi dai Delegati;

• al terzo scrutinio quando riporti la maggioranza dei voti validamente espressi dai Delegati.

Il suo potere principale è quello di adottare i provvedimenti di ordine amministrativo, tecnico e sportivo. Inoltre convoca almeno ogni bimestre il Comitato di presidenza e il Consiglio federale. Il Presidente resta in carica per quattro anni e può essere riconfermato. Per l’elezione successiva a due o più mandati consecutivi, il Presidente uscente candidato è confermato qualora venga eletto entro il secondo scrutinio riportando la maggioranza dei due terzi dei voti, così come sopra riportato (tratto dal comma 6 dell’art. 24 dello Statuto).

Infine il Presidente, seppur senza diritto di voto, partecipa alle Assemblee. I Vice-Presidenti

I Vice-Presidenti, oltre alle funzioni delegate dal Presidente svolgono funzioni sostitutive e di rappresentanza legale della FIGC in assenza o impedimento del Presidente. Tali funzioni sono svolte nell’ordine dal Vice-Presidente vicario, da altro Vice-Presidente per anzianità di età, da un componente del Consiglio federale per anzianità di età.

Il Comitato di presidenza

“Il Comitato di presidenza è composto dal Presidente federale, dai Vice-Presidenti, da due componenti del Consiglio federale designati dai Presidenti delle Leghe e/o Componenti tecniche che non abbiano espresso Vice-Presidenti, nonché da un componente del Consiglio federale designato dal Presidente della Lega rappresentativa delle società partecipanti al massimo campionato nazionale, per un totale di sette23 23 Art. 25 comma 1 dello Statuto Figc

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Il secondo comma dell’articolo 25 dello Statuto della FIGC mette in risalto un punto piuttosto rilevante ai fini del seguente studio; di fatti esso cita che:

“Il Comitato di presidenza coadiuva il Presidente federale nella adozione di tutti gli atti di natura contabile e gestionale eccedenti l’ordinaria amministrazione; cura la predisposizione del bilancio preventivo ed eventuali variazioni, nonché del bilancio consuntivo su delega del Consiglio federale; esprime al consiglio federale il proprio parere sulla nomina da parte del Presidente federale dei componenti del Consiglio di amministrazione delle società controllate dalla FIGC, con vincolo per questi ultimi a riferire regolarmente al Comitato”.

La lettura del precedente articolo mostra come questo organo federale si occupi principalmente di aspetti inerenti la comunicazione economico-finanziaria, predisponendo il bilancio preventivo e consuntivo, nonché intrattenendo rapporti informativi continui con l’amministrazione delle società controllate dalla FIGC. Per quest’ultimo aspetto sarebbe interessante analizzare l’utilizzo di forme di controllo, diverse da quelle contabili. Sarebbe, cioè, opportuno capire la frequenza e il contenuto dei report, nonché la loro rilevanza nei processi decisionali.

Ultimo aspetto da non sottovalutare è che il Comitato di presidenza concerta le misure economico-finanziare per la tutela degli atleti convocati per le squadre nazionali, tenendo conto della posizione delle società di appartenenza. Anche riguardo a tale rapporto organo di regolamentazione-società di calcio sarebbe interessante capire le modalità di comunicazione economico-finanziaria fra le varie parti.

Il Consiglio Federale

Secondo il primo comma dell’art. 26 dello Statuto della FIGC il Consiglio federale è composto dai seguenti soggetti:

a) il Presidente federale; b) il Presidente dell’AIA; c) otto componenti della LND;

d) otto componenti delle Leghe professionistiche; e) sei atleti;

f) tre tecnici.

Il Consiglio federale, fatte salve le funzioni attribuite all’Assemblea, è l’organo normativo, di indirizzo generale e di amministrazione della FIGC.

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Di fatti il Consiglio federale, così come si evince dall’art. 27 dello Statuto della FIGC, emana:

• le norme organizzative interne (N.O.I.F.);

• il Codice di giustizia sportiva;

• la disciplina antidoping;

• le norme per il controllo delle società

• il manuale delle licenze FIGC per la partecipazione ai campionati professionistici;

• il manuale delle licenze UEFA per la partecipazione alle competizioni europee;

• il regolamento sulle attività degli agenti dei calciatori;

• le norme interne di amministrazione e contabilità e le norme organizzative per il funzionamento degli uffici della FIGC;

• ogni altra norma necessaria per l’attuazione dello Statuto della FIGC.

Inoltre è da sottolineare che su proposta del Presidente federale, esso approva il bilancio preventivo e le eventuali variazioni, nonché il bilancio consuntivo corredato della relazione sulla gestione .

La redazione e l’approvazione di bilanci preventivi fa presumere l’utilizzo di forme di controllo relative alla pianificazione economico-finanziaria (i budget); le “eventuali variazioni” dovrebbero invece essere supportate da sistemi di feed-forward utilizzati per correggere le aspettative risultanti dai periodi infrannuali considerati; infine, l’utilizzo di entrambi i modelli dovrebbe consentire un controllo efficace di feedback basato sul confronto tra risultati a preventivo e risultati a consuntivo, sia a livello infrannuale che a livello di intero esercizio di competenza.

Il Collegio dei revisori dei conti

Il Collegio dei revisori dei conti si compone di cinque componenti effettivi e tre componenti supplenti. Dei cinque componenti effettivi del Collegio, tre sono eletti dall’Assemblea federale e due sono designati dal CONI; dei tre componenti supplenti, due sono eletti dall’Assemblea generale e uno è designato dal CONI. Tutti i componenti del Collegio restano in carica per un quadriennio.

Figura

Figura 1: Offerta e domanda nell’economia dello sport.
Figura 2.1 Fonti di ricavo delle società di calcio
Tabella 2.1 I ricavi commerciali delle 20 società più ricc
Tabella 2.2.: L’evoluzione della contrattazione dei diritti tv
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