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CAPITOLO 4 SIMULAZIONI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

SIMULAZIONI

Per concludere il nostro percorso in questa tesi sperimentale, atta a scoprire una nuova applicazione per ottenere superdirettività su poligoni acustici, concetto che comunque in generale può essere esteso a qualsiasi array lineare, presenteremo adesso una serie di simulazioni con le considerazioni derivanti dai risultati ottenuti.

Per poter permettere al lettore di seguire chiaramente il procedimento, si inizia il capitolo esponendo un piccolo riassunto delle elaborazioni:

1) grazie ai dati grezzi e agli strumenti presenti nel laboratorio di analisi del CSSN, si è ottenuto la “acustic signature”, in formato WAV (non compresso), di una Unità Navale minore testata dal NPA, e di rivelare quali siano le righe frequenziali significative a bassa frequenza;

2) attraverso i programmi Adobe Audition e Matlab, per ogni singolo file WAV è stato possibile ridurre la durata del segnale, eliminare le alte frequenze e ridurre il numero dei campioni attraverso sottocampionamento, in modo da poter rendere facilmente gestibili le successive azioni;

3) determinata la riga frequenziale da studiare e facendo riferimento alle tabelle del paragrafo 3.2, tra tutti i file audio sono stati selezionati quelli relativi ad un array di sensori che opera in una determinata ottava e con determinata spaziatura tra gli elementi; i possibili array che si sono generati in questo modo hanno tutti medesima lunghezza fisica pari alla lunghezza d’onda relativa alla ottava suddetta ottava;

4) prelevando campioni simultanei da ogni sensore del sub-array considerato, si costruisce un vettore di elementi cui viene applicato un beamforming a pesi di modulo unitario;

5) dai segnali utili è stato prelevato un singolo campione, così da creare un vettore “snapshot” (ovvero un vettore di campioni prelevati simultaneamente dall’array) del campo acustico cui sono state applicate le procedure di estrapolazione del campo, come visto nel Capitolo 3; 6) al vettore risultante dalla estrapolazione è stato poi applicato lo stesso beamforming a pesi di

modulo unitario.

Inoltre, per avere una sorta di confronto circa alcuni fenomeni che si sono osservati in corso d’opera, sono state effettuate le stesse procedure di estrapolazione del campo e di beamforming su di un segnale opportunamente generato immerso in un campo di rumore derivato da sorgenti distribuite lungo l’orizzonte, a distanza tale da considerarsi valide le condizioni di campo lontano.

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4.1 Acquisizione dati e preparazione alle simulazioni

Tra le varie corse registrate nel database storico presente al CED, è stata scelta quella riguardante un semplice rimorchiatore, in quanto non risultano essere coperte da limiti di segretezza. Tuttavia per precauzione, e perché comunque non necessario ai fini della tesi, ci limiteremo a non divulgare il nome della Unità Navale in questione.

I dati utilizzati per la simulazione sono stati acquisiti durante il collaudo finale del Nuovo Poligono Acustico, effettuato gli ultimi giorni di Febbraio 2012 al largo dell’isola d’Elba in buone condizioni meteo. Le misurazioni bativelocimetriche effettuate in quel giorno mostrano che la velocità del suono intorno alla profondità di centro cortina (56 metri) risultava essere di circa 1504 m/sec, su un fondale profondo circa 100 metri. Sebbene non sia stato possibile rinvenire dagli archivi il

tracciamento completo della UNP, risulta essere registrato su opportuni report che la distanza della UNP dalla posizione della boa A era di circa 200 metri, il che valida la condizione di campo lontano per le onde acustiche in ricezione dall’array verticale.

Attraverso dovuto applicativo presente nel laboratorio CED del CSSN, è stato possibile ricavare lo spettrogramma dei segnali registrati da ciascun sensore, il quale ha permesso di evidenziare

particolari picchi di frequenza. Ignorando le frequenze superiori al kHz, sono state rivelate in questo modo righe isolate di frequenza intorno a 280Hz e 520Hz, più una serie di righe (o “pettine”) tra i 700Hz e il kHz. La scelta della riga di frequenza su cui concentrare i nostri sforzi è ricaduta sulla prima di quelle menzionate.

Data l’impossibilità di impiegare gli elaborati ottenuti dal CED, in particolare le FFT, tramite software convenzionali quali Matlab, è stato necessario tralasciare gli spettrogrammi elaborati al CSSN e prelevare esclusivamente i formati WAV grezzi, in formato 16 bit, di durata di oltre 12 minuti, con 8.5 kHz di banda e frequenza di campionamento pari a 17kHz.

Grazie ad uno script Matlab, sviluppato nell’ambito dell’attività di tesi in modo che fosse compatibile con i segnali WAV, è stato comunque possibile ottenere gli stessi spettrogrammi di segnali per ogni sensore elaborati al CED, a meno di un fattore moltiplicativo. In Fig. 4.1 ne è mostrato un esempio: l’asse delle ascisse rappresenta la frequenza espressa in Hz, le ordinate rappresentano il tempo espresso in secondi, mentre l’ampiezza in dB è data dalle tonalità di colore, come espresso nella legenda a lato.

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Fig. 4.1 – Spettrogramma del sensore a centro cortina

Per ridurre le complessità e velocizzare i calcoli, anziché lavorare sull’intero segnale, da ogni formato audio è stata prelevata una porzione pari a 2 minuti (nella quale si registra un aumento del livello di segnale), la stessa per tutti gli idrofoni, senza modificare il numero di bit, formato e frequenza di campionamento, grazie al programma Adobe Audition. In questo modo si è ridotto il numero di campioni da 13164544 a 2040000. Tramite Matlab poi, per ogni singolo file WAV, si è applicato un filtraggio FIR passabasso da 1KHz, in modo da eliminare le componenti frequenziali inutili.

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Fig 4.2 – Filtro FIR passabasso da 1KHz

In seguito è stato applicato un sottocampionamento di fattore 6, quindi è stato riportato il segnale in banda base con frequenza f0= 280Hz ed è stato applicato un secondo filtro passabasso, stavolta di

banda 10Hz per poi completare l’elaborazione con un secondo sottocampionamento di fattore 64. In questo modo si è passato da un segnale di banda 8500Hz, 2040000 campioni e frequenza di

campionamento pari a 17KHz, ad un segnale di banda 10Hz, 5313 campioni e frequenza di campionamento pari a 44.2708Hz. L’importanza di aver ridotto il numero dei campioni è dato dal fatto che in questo modo il calcolo delle medie sui successivi beamforming è divenuto più veloce. In Fig. 4.3 si può vedere la differenza tra lo spettro del segnale originale e lo spettro del segnale dopo le elaborazioni relativo a quanto registrato dal sensore a centro cortina.

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4.2 Applicazione del beamformer a pesi di modulo unitario

Un beamformer è un sistema numerico utilizzato in combinazione con una schiera di sensori per fornire una forma di filtraggio spaziale: l’array raccoglie dei campioni spaziali del fronte d’onda che vengono processati. L’obiettivo è stimare un determinato segnale proveniente da una certa

direzione, in presenza di rumore ed interferenze: un beamformer pertanto realizza un filtraggio spaziale per separare segnali che si sovrappongono spettralmente ma che provengono da differenti direzioni dello spazio. Il termine beamforming deriva dal fatto che originariamente i filtri spaziali venivano progettati per generare dei “pencil beams” al fine di ricevere nel miglior modo possibile il segnale irradiato da un punto specifico dello spazio, ed attenuare il più possibile eventuali segnali provenienti da altri punti. Il termine beamforming sembra suggerire più una tecnica propensa alla radiazione di energia piuttosto che alla ricezione, ma in realtà comprende entrambi i casi, e nel resto della trattazione, si farà riferimento esclusivamente al beamforming in ricezione. I sistemi progettati per ricevere segnali che si propagano nello spazio si trovano spesso a dover fronteggiare segnali interferenti. Se il segnale desiderato ed i segnali interferenti occupano contemporaneamente la stessa banda di frequenze, il solo filtraggio temporale non può essere utilizzato per separare il segnale dall’interferenza. Ecco perché la convenienza nell’ implementare un filtraggio spaziale. Ricordando quanto esposto nel paragrafo 1.4, le righe a bassa frequenza sono associabili a fonti di rumore provenienti da macchinari in rotazione a frequenza fissa, quali meccanismi di propulsione o ausiliari installati a bordo della Unità Navale in prova. Applicando gli opportuni filtraggi è stato reso possibile allora isolare una componente di segnale relativa al nostro bersaglio.

Il beamforming applicato in un contesto sonar ha come scopo principale la localizzazione delle sorgenti e rispettiva classificazione; per l’obiettivo che ci siamo prefissati, ci concentreremo in particolare sul primo.

Per poter effettuare un beamforming è necessario effettuare un prodotto scalare tra il vettore “snapshot” e il vettore che attua il filtraggio spaziale. Questo vettore è funzione del numero degli elementi dell’array, della spaziatura tra gli elementi e dell’angolo di puntamento del fascio:

a(θ) =

[

1 …

]

t

dove Δ rappresenta la spaziatura degli elementi, λ la lunghezza d’onda, θ0 l’angolo di puntamento e

M il massimo numero di elementi che compongono l’array, che vale 5 nel caso di spaziatura a , 9 per una spaziatura a . Viene detto a pesatura di modulo unitario proprio perché i coefficienti degli elementi del vettore hanno modulo pari a 1. Data la disposizione (verticale) della cortina, gli angoli di puntamento sono relativi alla componente in elevazione, e quindi vanno da -90° (puntamento verso il fondale) a + 90° (puntamento verso la superficie), presi a intervalli di 1°; per quanto riguarda il puntamento in azimuth, i sensori presenti nell’array sono omnidirettivi. I risultati vengono presentati sotto forma di grafico cartesiano, con l’asse delle ascisse che rappresenta il

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puntamento espresso in gradi, mentre l’asse delle ordinate rappresenta il valore assoluto delle ampiezze risultanti dal beamforming. I valori ottenuti sono stati normalizzati rispetto al valore massimo che si ottiene applicando il beamforming senza effettuare il processo di FE.

Fig. 4.4 –Risultato del beamforming per Δ=

Fig. 4.5 – Risultato del beamforming per Δ=

La parte evidenziata in blu rappresenta il risultato del beamforming a pesi di modulo unitario applicato al vettore risultante della estrapolazione, mentre, in rosso, è rappresentato il beamforming convenzionale applicato sul vettore dei campioni direttamente registrati dai sensori della cortina verticale nel medesimo istante.

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Già da questa immagine si riesce a comprendere come l’algoritmo sia riuscito ad ottenere un profilo più stretto rispetto a quanto si è ottenuto applicando il beamforming al semplice vettore dei

campioni senza estrapolazione di campo. Per mostrare che comunque il fenomeno non si limiti ad un singolo caso, si faccia riferimento alle Figg. 4.6 e 4.7 che mostrano il risultato del beamforming applicato su 100 campioni consecutivi (circa 2.26 secondi di registrazione), normalizzato rispetto al valore massimo.

Fig. 4.6 – Risultato dei beamforming per Δ= su 100 campioni

Fig. 4.7 – Risultato dei beamforming per Δ= su 100 campioni

Tuttavia è altresì evidente che il massimo valore registrato dalla cortina “virtuale” non risulta essere allineato a quanto invece registrano i sensori fisicamente posti lungo l’array. Questa condizione è stata registrata in generale anche cambiando l’istante temporale da cui si preleva il vettore dei campioni. Per poter indagare meglio su questo fenomeno, ed evitare di attribuirne a priori la causa a

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componenti di rumore presenti al momento della corsa della Unità Navale di Prova lungo il percorso di misura, è stato considerato opportuno effettuare delle osservazioni anche su segnali fittizi, simulati sempre in ambiente Matlab.

Come si vede dalla coppia di figure successive, anche in questo caso si registra una differenza dell’angolo cui corrisponde il massimo del beamforming applicato al vettore di M e di N elementi. Il fenomeno risulta crescere al variare della posizione angolare di un ipotetico bersaglio dalla direzione al traverso rispetto all’array, fino alla direzione che forma un angolo di 45° rispetto la normale all’array, per poi decrescere nuovamente.

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Fig. 4.9 – Beamforming su sorgente fittizia su array con spaziatura Δ=

Questo fenomeno prende il nome di polarizzazione, e fa sì che l’angolo cui corrisponde il valore massimo registrato dopo aver applicato il beamforming a pesi di modulo unitario sia “attratto” verso la direzione trasversale rispetto all’array. Sebbene non si sia riuscito a misurare con esattezza al variare dell’angolo quanto vari l’angolo di massima ricezione del segnale estrapolato rispetto a quello del segnale registrato, attraverso molteplici prove si potrebbe dire che tale variazione risulti essere deterministica, pertanto basterebbe riuscire a ottenerne la legge esatta ed applicare

semplicemente le dovute correzioni.

Tutto sommato dunque il processo di estrapolazione del campo permette di ottenere una spiccata proprietà di superdirettività, sebbene si tratti ancora di uno studio ai suoi albori, in quando

bisognerebbe continuare ad affinare la tecnica in modo da correggere l’effetto di polarizzazione e gli errori sui valori di campo estrapolato conseguenti a questo fenomeno.

Quello che seguirà adesso è l’applicazione della tecnica di estrapolazione al vettore di M campioni provenienti dai segnali registrati dai sensori allo scopo di ottenere infine un vettore di N campioni, con N>M, proprio come se si ottenesse un array con un maggior numero di elementi rispetto a quello originale, ma che comunque comprende al suo interno gli stessi campioni registrati.

4.3 Applicazione della tecnica di estrapolazione del campo

L’algoritmo di estrapolazione del campo, presentato nel Capitolo 2 di questa tesi, ha come duplice obiettivo quello di poter ottenere un numero maggiore di campioni del campo (acustico in questo caso, ma l’applicazione vale anche per sistemi elettromagnetici) a partire da una collezione di campioni registrati in un determinato istante di tempo dai sensori reali presenti sull’array.

Dunque a partire da M campioni reali, si riesce infine ad ottenerne N, dove N può assumere un certo valore intero all’interno di un intervallo numerico, ma di cui comunque si preferisce impiegare sempre il minimo per le ragioni già presentate precedentemente.

Continuando a lavorare sui campioni prelevati dalla elaborazione sulla riga a 280Hz, viene ora prelevato un campione da ognuno degli M nuovi file ottenuti, dove M varia in base alla spaziatura degli elementi. Andando a considerare 5 sensori a partire da quello centrale, tutti equistaziati di , dove λ=6 e se considerassimo la seconda ottava di intervallo (175, 350) Hz, contenente appunto la riga a 280Hz, si andrebbe a costruire un array composto dagli elementi numero 6-8-14-20-22 e di lunghezza fisica pari a λ, come opportunamente verificabile dalle informazioni estratte dal corso didattico sul Nuovo Poligono Acustico [17, Parte 2, Slide 34-35]. Se invece si prendesse una spaziatura pari a , M varrebbe 9, la lunghezza fisica resterebbe λ, e i sensori da considerare sarebbero i numeri 6-7-8-10-14-18-20-21-22. Nel primo caso, l’applicazione dell’algoritmo produrrebbe un numero N di sensori pari a 8, mentre nel secondo caso il numero di sensori aumenterebbe per un totale di 16.

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Ancora una volta i risultati elaborati vengono esposti sotto forma di grafico cartesiano, dove le ascisse rappresentano stavolta la profondità a cui sono posizionati i sensori, mentre le ordinate rappresentano la parte reale del segnale campionato. In particolare, il grafico mostra in rosso la parte reale dei campioni registrato dal sub-array di M elementi estratto dalla cortina, mentre in blu sono riportati i campioni estrapolati dall’algoritmo.

Fig. 4.10 – Risultato della tecnica di estrapolazione al variare dei parametri

In Fig. 4.10 sono stati riportati i valori registrati ed estrapolati del campo anche nel caso di sub-array composto da soli 3 sensori e Δ = , in quanto impiegare 9 sensori alla stessa spaziatura non soddisfa la condizione M = 2⌊ΔN⌋+1, forzandoci ad impiegare non la matrice inversa di

estrapolazione nella trasformazione inversa dal dominio angolare a quello spaziale, ma bensì una trasformata pseudoinversa, che comporta delle imperfezioni di calcolo che si ripercuotono sui risultati finali [14, par. 2.2]. Questa condizione risulta essere verificata pertanto se, adottando una spaziatura di , si prelevano dalla cortina solo i sensori 10, 14 e 18; quando invece la spaziatura tra gli elementi risulta essere allora è possibile considerare anche il massimo numero di elementi possibili, ovvero M=5.

I risultati mostrati sono quanto di meglio si riesca ad ottenere dalla tecnica di estrapolazione. L’effetto di polarizzazione si è accennato nel paragrafo precedente tuttavia, in un certo numero di casi, rende i risultati ottenuti dall’algoritmo FE insufficientemente vicini di quanto si riesca a

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registrare se nelle posizioni degli elementi virtuali vi si installassero sensori reali. Va comunque riconosciuto che, nonostante alcune imperfezioni, l’algoritmo riesce comunque a prevedere l’andamento del campo anche in coordinate spaziali in cui l’array non è presente, un risultato di grande importanza che rappresenta un valore aggiuntivo alla caratteristica di superdirettività raggiunta.

Per finire, ancora una volta viene mostrato il paragone rispetto allo stesso procedimento applicato su un ambiente simulato, per dimostrare che i risultati ottenuti affetti da imperfezione non

dipendono esclusivamente dalla quantità di rumore presente durante la registrazione del campo. La Fig. 4.11 presenta pertanto il risultato della estrapolazione applicata su di un segnale noto immerso in rumore proveniente da sorgenti situate lungo i 360° del piano in cui è collocato l’array di M elementi equidistanti. Il segnale risulta essere posizionato lungo la direzione ortogonale rispetto all’array e risulta avere un valore di campo superiore rispetto al contributo di rumore.

Fig. 4.11 – Risultato della estrapolazione al variare dei parametri su sorgente simulata al traverso In rosso ancora una volta è presentata la parte reale di campo vero, in blu la parte reale di campo estrapolato, mentre in verde i la parte reale di campo vero posizionato in punti esterni all’array, in corrispondenza delle posizioni dei sensori virtuali. Le ascisse stavolta rappresentano il numero del sensore da cui si registra o su cui si estrapola il campo. I risultati ottenuti sembrano essere più che accettabili in queste condizioni, tuttavia è sufficiente spostare la nostra sorgente in modo da risultare sguardata rispetto l’asse dell’array da rendere evidenti alcune imperfezioni. La Fig. 4.12 evidenzia quanto detto nella condizione in cui la sorgente risulti essere posizionata lungo una direzione che forma un angolo di 45° rispetto l’asse dell’array.

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Fig. 4.12 – Risultato della estrapolazione al variare dei parametri su sorgente simulata posta a 45° rispetto l’asse dell’array

4.4 Conclusioni

La tesi ha affrontato l’argomento della superdirettività di un array acustico, applicata su dati ricavati dal Nuovo Poligono Acustico del CSSN di La Spezia, proprietà che è stata raggiunta attraverso l’implementazione di un algoritmo capace di generare, a partire da un array di M sensori, N-M elementi virtuali equidistanti tra loro, in modo da ottenere un array più lungo. Di fatto maggiore è la dimensione dell’array, migliori sono le proprietà direttive dei fasci generati dall’array stesso.

L’obiettivo che era stato prefissato è stato raggiunto, tuttavia questa ricerca è solo agli arbori, in quanto vanno ancora studiate le imperfezioni che derivano dall’applicazione dell’algoritmo, in particolar modo, sarebbe interessante studiare le caratteristiche di polarizzazione del beamforming applicato all’array estrapolato, capirne la natura apparentemente deterministica della deviazione angolare e dimensionarla opportunamente al variare della posizione del bersaglio, in modo da apportare le dovute modifiche in sede di implementazione. Una volta studiato il fenomeno, sarebbe necessario verificare gli effetti delle opportune correzioni sui valori di campo estrapolati, in

relazione a quanto si registrerebbe se nelle posizioni dei sensori virtuali si posizionassero dei veri microfoni.

L’ambiente studiato in questa tesi è quello acustico, in linea con la carriera da me intrapresa, ma non si preclude la validità dell’algoritmo anche in ambito elettromagnetico, con particolare interesse ai sistemi MIMO, in quanto la generazione dei fasci superdirettivi permettono di coprire l’intero orizzonte senza sovrapposizione dei pencil beams. In definitiva, le proprietà di superdirettività sono state verificate, sebbene molti aspetti siano ancora da chiarire. Tutto sommato quanto affrontato nel corso di questi ultimi mesi potrebbe rivelarsi un valido trampolino di lancio verso studi ed

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