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IV. INTENTIO TRADUCTORIS

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Academic year: 2021

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IV. INTENTIO TRADUCTORIS

Tradurre è mentire, transitivamente, sintassi e morfologia, lessico e stile, ritmo e, spesso, punteggiatura. Non si salva niente, ogni parte del testo fonte è oggetto del nostro paziente mentire. Susanna Basso, Sul tradurre: esperienze e divagazioni militanti

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4.1 Metodo, tecniche e strategie

Operazione primaria da eseguire sul testo in lingua originale, apparentemente scontata e antecedente al processo di traduzione vero e proprio, è l'interpretazione del significato del testo; nelle parole di Umberto Eco,

Una traduzione soddisfacente deve rendere (e cioè conservare abbastanza immutato, ed eventualmente ampliare senza contraddire) il senso del testo originale. […] tradurre significa interpretare, e interpretare vuole dire anche scommettere che il senso che noi riconosciamo in un testo è in qualche modo, e senza evidenti contraddizioni co-testuali, il senso di quel testo. Il senso che il traduttore deve trovare, e tradurre, non è depositato in alcuna pura lingua. È soltanto il risultato di una congettura interpretativa. Il senso non si trova in una no language's land: è il risultato di una scommessa.1

Durante l'intero processo di traduzione si sono quindi tenuti a mente una serie di precetti ed elementi teorici che verranno illustrati successivamente, evidenziando le difficoltà principali che sono emerse nel corso dell'operazione. In particolare, condividendo la definizione di Eugène Nida sulla traduzione, si è operato attraverso precise scelte e la messa in atto di determinate tecniche e strategie:

“Tradurre consiste nel produrre nella lingua di arrivo il più vicino equivalente naturale del messaggio nella lingua di partenza, in primo luogo nel significato e in secondo luogo nello stile.” Questo tipo di definizione riconosce la mancanza di qualsiasi corrispondenza assoluta, ma puntualizza l'importanza di trovare l'equivalenza più vicina. Con “naturale” intendiamo che le forme equivalenti non dovrebbero suonare “straniere”, né nella forma (eccezione fatta naturalmente per casi inevitabili come i nomi propri) né nel significato. Vale a dire una buon traduzione

1 U. ECO, Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzione, (a cura di) S. NERGAARD, Teorie

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non dovrebbe rivelare la sua natura non nativa. Si riconosce che non è sempre possibile mantenere l'equivalenza sia nello stile sia nel significato […]. Quando dunque l'uno deve essere abbandonato in favore dell'altro, il significato deve avere priorità sulle forme stilistiche.2

Avendo a che fare con sistemi linguistici e culturali diversi, è inevitabile che in alcune occasioni, per riprodurre il contenuto del messaggio, si sia reso necessario cambiarne la forma, adattandola in traduzione alle esigenze del processo comunicativo3; in rispetto del senso e della funzione testuale dell'opera originale, «[u]na infedeltà linguistica permette una fedeltà culturale.»4

Durante il processo di traduzione è inoltre di fondamentale importanza tenere presente con quale tipo di realtà culturale ci si sta confrontando: tradurre, infatti, non implica un'operazione meramente linguistica ma anche culturale, essendo una qualunque lingua intrinsecamente radicata all'interno di una specifica cultura: le società si trovano di fatto a vivere in mondi diversi, anziché in un unico mondo etichettato in maniere differenti.5

David Katan, servendosi delle parole di Robert Taft, di fatto designa il traduttore come un mediatore culturale, in quanto «a cultural mediator is the person who facilitates communication, understanding, and action between persons or groups who differ with respect to language and culture.»6

Per questa ragione nel corso di questa traduzione si è operato cercando di tener conto sia della cultura, o meglio, delle culture sottostanti al testo di partenza,

2 E. A. NIDA, Principi di traduzione esemplificati dalla traduzione della Bibbia, titolo originale,

Principles of Translation as exemplified by Bible Translation, (a cura di) S. NERGAARD, Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano, 1995, pp. 149-180, qui p. 162.

3 Cfr. E. A. NIDA, Principi di traduzione esemplificati dalla traduzione della Bibbia, titolo originale, Principles of Translation as exemplified by Bible Translation, (a cura di) S. NERGAARD, Teorie contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano, 1995, p. 151. 4 U. ECO, Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzione, (a cura di) S. NERGAARD, Teorie

contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano, 1995, pp. 121-146, qui p. 123.

5 Cfr. D. KATAN, Translating Cultures: An Introduction for Translators, Interpreters and

Mediators, St. Jerome Publishing, Manchester, 1999, p. 74.

6 D. KATAN, Translating Cultures: An Introduction for Translators, Interpreters and Mediators, St. Jerome Publishing, Manchester, 1999, p. 12.

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sia della cultura dei fruitori del testo d'arrivo. Così, come sostiene Eco, «se occorre portare il lettore a capire l'universo semiotico dell'originale – occorre parimenti trasformare l'originale adattandolo all'universo semiotico del lettore.»7 Nello specifico, in traduzione vi è stato, da un lato, il tentativo di avvicinare il testo al lettore italiano, con riferimento particolare a quegli elementi culturali più difficili da cogliere, ma dall'altro, vi è anche stata l'intenzione di evocare un certo sentimento di straniamento, nonché la percezione di avere a che fare con una serie di mondi e culture diversi; questo sentimento di confronto e di comprensione/incomprensione culturale è esperito in primis dagli stessi personaggi dei racconti e costituisce parte della funzione propria dell'opera. La scrittrice stessa sembra adottare, in certe occasioni, un ruolo di mediatrice culturale, preoccupandosi di esplicitare o di rendere più chiari alcuni elementi appartenenti a culture molto distanti tra loro, come possono essere la cultura occidentale e quella orientale. Tutto ciò comporta nel lettore del testo in lingua originale l'innesco di questo effetto straniante, effetto che si tenterà di ricreare, più o meno in ugual misura, anche nel lettore del testo tradotto, in rispetto al principio di equivalenza dinamica, formulato da Eugène Nida8.

Quella di Xu Xi si presenta come un'opera culturalmente e linguisticamente complessa che però si avvale di una prosa apparentemente semplice, chiara, diretta, fresca, vivace e guizzante, in cui traspare, tra l'altro, l'enorme conoscenza culturale e letteraria della scrittrice: le sue narrazioni sono spesso inframezzate da citazioni in lingua straniera, prediligendo il francese, il latino e, naturalmente, il cinese; abbondano i riferimenti a importanti pietre miliari della letteratura occidentale, come Shakespeare, Kerouac, Proust e Dickinson. Accanto a queste

7 U. ECO, Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzione, (a cura di) S. NERGAARD, Teorie

contemporanee della traduzione, Bompiani, Milano, 1995, pp. 121-146, qui p. 125.

8 Nida definisce il concetto di equivalenza dinamica come «the quality of a translation in which the message of the original text has been so transported into the receptor language that the

response of the receptor is essentially like that of the original receptors.» tratto da E. A. NIDA, E. A. NIDA, C. R. TABER, The Theory and Practice of Translation, With Special Reference to

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citazioni “alte”, non mancano elementi appartenenti alla cosiddetta “low culture”, ovvero una cultura “pop” sia globale (o globalizzata) oppure più circoscritta alla realtà specificamente asiatica o cantonese: troviamo quindi riferimenti ad attori come Jackie Chan, a registi come Wong Kar Wai, a film e serie televisive americane, cantanti e canzoni.

La scrittura di Xu Xi, i temi, le situazioni e i personaggi riflettono pienamente il vissuto della scrittrice, un vissuto internazionale, cosmopolita, multietnico, multiculturale e multilinguistico. Gran parte degli elementi inseriti procedono naturalmente dalla sua esperienza personale, così ampia e variegata, attraverso la quale ha e ha avuto modo di confrontarsi con realtà estremamente eterogenee. Anziché “schizofrenica”, la sua scrittura, con un'accezione più positiva, si potrebbe definire “caleidoscopica”, volta a ricreare infinite realtà che si legano al passato e alla tradizione, ma allo stesso tempo ben ancorate alla modernità di una realtà presente globale e quindi proiettate in un futuro già esperibile, in un gioco di continui rimandi e allusioni intra- e intertestuali.

Per quanto riguarda il particolare uso che fa della lingua, è l'autrice stessa a sottolineare una mancanza di “purezza” nel suo inglese, soprattutto se paragonato al cosiddetto “inglese autentico”. Ritroviamo perciò nella sua produzione scritta una miscela di base di inglese americano e britannico, da cui emergono anche altre varianti inglesi appartenenti all'area del sud-est asiatico, così come alcune forme agrammaticali e a volte, ma più raramente, persino degli esempi di

Chinglish.

In considerazione di quanto precedentemente scritto, il lettore in questione a cui l'opera si rivolge avrà una cultura medio-alta e piuttosto ampia e variegata per poter essere in grado di districarsi al meglio all'interno della babele linguistica e culturale delle narrazioni. È bene notare che tutti i racconti, per quanto denotino un carattere internazionale e multiculturale, presentano come fil rouge ambienti e contesti situazionali legati alla cultura americana statunitense, la quale, di fatto, si colloca in posizione centrale all'interno della formazione della scrittrice. Perciò, un lettore detentore di tale cultura avrà un maggiore e più immediato accesso al

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CIII

sostrato testuale dell'opera, percependo molti aspetti dei vari contesti situazionali più famigliari rispetto a un lettore italiano, al di là dell'elemento linguistico, in quanto appartenenti ad una realtà condivisa con l'autrice.

4.2 Spunti di riflessione e risoluzione di aspetti

problematici

4.2.1 Sintassi, punteggiatura ed elementi grafici

Traduzione dei titoli dei racconti

La traduzione dei titoli, in particolare di alcuni, ha presentato non poche difficoltà in virtù della forte carica semantica e intertestuale di ciascuno di essi; ciò ha comportato una serie di riflessioni per riuscire a trovare le migliori soluzioni possibili.

«Iron Light»: il titolo fa riferimento alla luce particolare di una giornata uggiosa a Stoccolma, con il cielo coperto e la luce del sole che va e viene: «Sun rays teased the sky, shafting in and out of the cloudy grey. An iron light. It glinted, disappeared, glinted again.». La parola “iron” viene successivamente ripresa nel corso della narrazione nell'espressione «“Iron Ice” Ching», soprannome dato con ironia alla protagonista dai suoi colleghi maschi che allude, con una certa vena maschilista, alla sua personalità: unica donna nel suo ambiente di lavoro, essa si mostra distaccata, inflessibile, impenetrabile, una “donna di ferro e di ghiaccio”: “Iron Ice” Ching, her colleagues affectionately nicknamed her. Cool. Untouchable. Clean.». L'immagine, fredda e tetra, crea un parallelismo con l'ambiente circostante in cui, a un certo punto della narrazione, il personaggio si ritrova a vagare, in solitudine, e concorre a creare il successivo contrasto con il

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calore del luogo di origine della protagonista. La complicazione ulteriore in traduzione risulta dalla necessità di mantenere la parola «iron» nel titolo e nel testo del racconto. Per questo motivo si è deciso di usare l'aggettivo “plumbeo” per la traduzione di «iron» quando si riferisce a “light”, in quanto caratteristica associabile sia a persona che a un elemento atmosferico, e il sostantivo “piombo” quando si riferisce ad «ice», tradotto con la parola «ghiaccio». Per una questione di lunghezza delle sillabe (“ghiaccio” e “piombo” sono entrambi bisillabi) non si riesce a conservare l'aggettivo “plumbeo” in entrambi i casi. Quindi, ricapitolando, l'espressione «iron light» è tradotta come «luce plumbea», mentre «Iron Ice» è tradotta «Ghiaccio Piombo», intesa come “primo e secondo nome” all'interno del nome completo della protagonista (Ching è infatti il cognome del personaggio).

«Access»: è reso in traduzione con «Accesso», pur non risultando estremamente elegante all'orecchio italiano. Il termine è ripreso nel corso della narrazione nell'espressione «ACCESSO NEGATO» in riferimento al mancato riconoscimento di una password per accedere a un account online. Non è possibile sostituire il termine con altro, in quanto si tratta di un termine specialistico di quel campo semantico.

«Agora»: essendo una parola di origine greca presente anche nel vocabolario italiano è “tradotta” con «Agorà».

«Famine»: viene resa in italiano con la parola «Fame» in quanto l'espressione, ripresa numerose volte nel corso della narrazione, è traducibile solo in questo modo all'interno del testo.

«Trashy Desires of Women Nearing Fifty»: in traduzione viene reso con «Squallide fantasie di donne alle soglie dei cinquanta». Il motivo della scelta dell'aggettivo “squallide” per la resa del termine “trashy” è spiegato nelle pagine successive. Si è reso il termine “desires” con “fantasie” anziché “desideri” in quanto il primo termine abbraccia meglio il significato del vocabolo inglese, che sarà ripreso anche nel corso della narrazione.

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CV successive verrà spiegato il motivo della scelta.

Appello diretto al lettore o ai lettori

«you're probably wondering» (Famine, p. 136), «and let you judge» (Famine, p. 145), «all I can do is remind them that they are you»(Famine, 147): il personaggio principale e voce narrante si dirige a una seconda persona singolare o plurale di cui non conosciamo l'identità; potrebbe essere un personaggio all'interno della narrazione oppure il lettore stesso (o i lettori). Un parziale chiarimento di ciò può essere dato dall'ultima frase, con l'inserimento nella proposizione del pronome personale plurale “they”; in traduzione si è quindi optato per la resa del pronome “you” con la seconda persona plurale, in linea con l'atteggiamento del personaggio, ossessionato da una pluralità di figure, ovvero tutti i suoi fantasmi del passato.

«Don't get this wrong...» (Lady Day, p. 195): non sappiamo a chi si stia rivolgendo il personaggio; c'è la possibilità che l'interlocutore sia un “tu” o un “voi”. Ipotizzando che si tratti di un'intervista o di un monologo interiore, rivolto a se stessa, o di una confessione privata, probabilmente in forma orale, vista la non organicità che presenta il testo, in traduzione, si è scelto di optare per l'uso della seconda persona singolare.

Riformulazione della struttura sintattica

In traduzione, a causa della diversa formazione sintattica della lingua inglese rispetto alla lingua italiana, si rende spesso necessaria una completa riformulazione testuale, il che comporta il riposizionamento delle proposizioni all'interno del periodo, il riposizionamento dei termini all'interno delle proposizioni, il cambio di categoria grammaticale dei termini, l'eliminazione, l'aggiunta o la sostituzione di alcune particelle linguistiche, quali avverbi,

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congiunzioni e preposizioni, la divisione di lunghi periodi articolati in periodi più semplici e brevi. Di seguito, si riportano alcuni esempi:

«It's not like we wouldn't pay him back.» (Access, p. 107) in traduzione è stato reso con l'espressione «Ma glielo renderemmo.».

«“But he's got more money than he knows what to do with. Even he says so.”» (Access, p. 107) la struttura della frase è modificata da una comparativa a una consecutiva, per cui in traduzione si ha «“Ma ha talmente tanti soldi che neanche lui sa che cosa farci. È lui stesso a dirlo.”».

«To say so would disappoint Hélene, who liked being cared for. Somehow, this situation had grown out of control, and Mother had come to depend on her in a way that made Elna feel useful.» (Access, p. 108) in traduzione si ha il passaggio della struttura passiva a quella attiva, il riposizionamento degli elementi della frase, il cambiamento delle classi di parole da verbo a sostantivo, il passaggio dalla forma verbale positiva a quella negativa, la sostituzione del pronome «her» con il sostantivo «figlia», il cambio dei soggetti e l'interruzione del periodo, per cui il risultato finale è: «Ma Hélene, che amava che gli altri si prendessero cura di lei, non avrebbe gradito quelle parole. In qualche modo, la situazione era sfuggita al controllo per cui Mamma aveva sviluppato una dipendenza morbosa nei confronti della figlia. Ed Elna si sentiva utile a qualcosa.».

«Chee-an» (Agora, p. 118): in italiano si è cambiata la grafia in «Cii-an» per rispettare l'aspetto fonico della parola.

«Semantics, they say, dismissive, just as they dismiss what I say of debt, that is not inevitable, or that children exist to be taught, not spoilt.» (Famine, p. 135): è riformulato in traduzione con «Semantica, dicono, tagliando corto, proprio come tagliano corto su ciò che dico del debito, che non è inevitabile, o che i bambini esistono per essere educati, non viziati.»; l'aggettivo «dissmissive» e il verbo «dismiss» sono resi con l'espressione idiomatica «tagliare corto» che rende il periodo, già piuttosto lungo, più scorrevole.

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(Famine, p. 139): in traduzione la parola è resa con il verbo «trasudare» per cui la frase successiva è leggermente modificata, in coerenza con il vocabolo tradotto: «Trasudare. Mi piace la lascivia di questa parola, con il suo eccesso di consonanti».

«the power of a face that does not flinch» (Lady Day, p. 199): “to flinch” significa “trasalire”, “sobbalzare”, “sussultare”, l'intera frase relativa è resa tramite l'aggettivo «impassibile» con il senso di “fermo nelle proprie convinzioni, non lascia trapelare ripensamenti.”

Incongruenze testuali

Nel testo sono presenti dei passaggi la cui struttura sintattica presenta caratteristiche anomale, di scorrettezza grammaticale e/o sintattica. Di seguito vengono riportati alcuni esempi:

«Things Chinese» (Iron Light, p. 28): normalmente l'aggettivo dovrebbe precedere il sostantivo a cui si riferisce.

«Drunks the world over got to you only if you listened.» (Iron Light, p. 35): vi è un'assenza di punteggiatura e di elementi grammaticali che rendono la frase non proprio immediatamente accessibile. Probabilmente la scrittrice sta imitando una modalità di formulazione dei pensieri disorganica per rendere il turbamento interiore provato dal personaggio.

«consumed» (Access, p.109): l'autrice volontariamente non usa il verbo “to eat”, che sarebbe stato più appropriato, per evidenziare il fatto che Hélene non è né madrelingua né tanto meno famigliare con queste “tecnologie” e soprattutto con il vocabolario appropriato. Si è tradotto il termine con il vocabolo «digerito», in quanto il vocabolo italiano “consumato” avrebbe potuto essere inteso come “deteriorato”.

«My dad was a distant cousin» (Agora, p. 118): è probabile che ci sia un errore nel testo originale, in particolare il verbo «was» potrebbe essere un “had”.

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In traduzione la frase è resa con “ Mio padre aveva un cugino alla lontana”, altrimenti usando il verbo essere apparirebbe priva di senso.

«I'll spring for a limo, as long as you'll listen to my pitch» (Lady Day, p. 195): grammaticalmente dopo “as long” dovrebbe seguire un presente semplice (simple

present) e non un futuro (simple future).

«when in I walked» (Lady Day, p. 206): è possibile che ci sia un errore nel testo originale, che dovrebbe presentarsi come «when I walked in».

« I just don’t care for the nightlife because you end up looking sleazy, even in designer, because even those who need never become working girls have been seduced by fashion to ape the look.» (Lady Day, p. 208): la struttura sintattica presenta delle anomalie che rendono il significato molto ambiguo. In traduzione si è reso il periodo con: «Non mi interessa la vita notturna perché finisci col sembrare sciatta, anche quando ti vesti di marca, perché è ciò che la clientela vuole, perché persino quelle che non hanno la necessità di diventare ragazze del mestiere, vengono sedotte dalla moda per scimmiottarne l’aspetto. »

Concordanza di genere

Il racconto Lady Day è narrato in prima persona dal protagonista, di cui, tra l'altro non conosciamo il nome, ma solo il soprannome che dà il titolo alla narrazione. Nel corso della traduzione si è presentato il problema linguistico della concordanza dei termini con il soggetto parlante, il cui sesso non è mai chiaramente definito, e anzi, egli presenta entrambe le caratteristiche maschile e femminile. In italiano è necessario prendere una decisione per quanto riguarda l'identità sessuale del protagonista, per cui si è deciso di concordare la narrazione al femminile in quei passaggi in cui il personaggio si considera ed è considerato al femminile, mentre sarà concordata al maschile nel caso opposto. Di seguito alcuni esempi:

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being her.» (Lady Day, p. 191): con «her» il personaggio si riferisce al suo alter

ego, Lady Day: in queste vesti si percepisce ed è percepito al femminile e perciò in traduzione la concordanza sarà al femminile.

«[...] and dressed as a boy whenever Daddy visited. But all my early life, I was Ah Lum’s girl.»: nella fase della sua vita in cui il personaggio si mostra agli altri come ragazzo la concordanza segue al maschile.

Un caso simile si verifica anche con un altro personaggio della narrazione, in questo caso un travestito. La parola travestito in italiano è maschile, ma nella narrazione ci si riferisce al personaggio con il pronome «she» e successivamente con l'aggettivo possessivo «his». In traduzione vengono conservati entrambi i riferimenti, maschile e femminile:

«When Gordon called in alone that time, he wanted Kavali, this tiny Indian transvestite who specializes in bondage and Spanish fly transactions. Later, out of Madame’s earshot, I pulled her aside and offered double his rate to substitute.» (Lady Day, p. 211): in traduzione si ha «Quando quella volta Gordon chiamò da solo voleva Kavali, questo Indianino travestito, specializzato in bondage e transazioni di afrodisiaci. Più tardi, all'insaputa di Madame, la presi da parte e gli offrii il doppio per sostituirlo.»

Uso del corsivo

Il corsivo viene impiegato frequentemente dalla scrittrice e con scopi diversi: - espressioni non inglesi (in latino, francese, cantonese, cinese):

«alma mater» (Access, p. 112) «au gratin» (Famine, p. 136) «Waan yuen» (Lady Day, p. 191)

- messa in evidenza di termini su cui il narratore pone l'accento e il lettore è invitato a soffermarsi:

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CX «I wanted this life» (Lady Day, p. 203)

-messa in evidenza di parole insolite o usate in maniera insolita, come nel caso di termini inglesi, ma non appartenenti al British o American English.

«boot» (Agora, p. 120) messo in relazione a «trunk»

«dairy» (Agora, p. 131) messo in relazione a «village shop» -trascrizione del discorso diretto riportato:

«Sorry, wrote Rand, but b bk 4 b’day dinner enjoy city.» (Iron Light, p. 32) «Why New York, Veronica asked» (Famine, p. 138)

- trascrizione dei pensieri dei personaggi.

«she says, thinking But we said no men» (Trashy Desires of Women Nearing

Fifty, p. 151),

«Like a perp walk, Jane thinks.» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 156)

«Squelch that ... this is hysteria, Jane tells herself» (Trashy Desires of Women

Nearing Fifty, p. 157)

- Titoli di opere di vario genere: «Lord of the Rings» (Agora, p. 129) «David Copperfield» (Famine, p. 144) «The Tempest» (Lady Day, p. 202)

In traduzione si mantiene in ciascuno di questi casi l'uso del corsivo, evidenziando laddove possibile gli stessi segmenti lessicali, in alternativa sostituendoli in base alle scelte obbligate dovute alla sintassi italiana, come nel seguente esempio:

«But what if doesn’t make a life. What is, does.» (Lady Day, p. 198): la frase è resa in italiano «Ma coi se non si scrive la storia, semmai coi sì.»; sfruttando la consonanza delle parole di “se” e “si”, si cerca di riprodurre il gioco di parole “What if” e “What is”, mantenendo il significato dell'espressione.

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CXI

Uso della maiuscola

Mother, Father, Dad, Daddy, A-Ma, A-Ba, A-ba, A-ma, Pop, sono sempre con

la lettera maiuscola quando sono pronunciati o pensati dai personaggi dei racconti; quando è la voce narrante esterna al racconto a usare questi vocaboli, presentano la lettera minuscola (es. Access). Fa eccezione il racconto Lady Day, in cui la voce narrante del personaggio principale nel momento in cui rievoca la madre, usa la parola «mother» con lettera minuscola; ciò però non accade quando si rievoca la figura del padre, per cui usa la parola «Daddy»; i due genitori hanno avuto un ruolo e una presenza molto diversa nella vita del personaggio, in particolare la madre è stata assente durante l'intera infanzia del personaggio, per cui attraverso l'uso della parola «mother» si accentua la distanza soggettiva e affettiva del protagonista.

I nomi di enti o servizi sempre con la maiuscola nel testo di partenza vengono con la minuscola in traduzione. Alcuni esempi:

«Customer Service» (Access, p. 106): «servizio clienti» «Tech Support» (Access, p. 106): «supporto tecnico»

«Guest Relations» (Famine, p. 138): «servizio d'accoglienza» «Room Service» (Famine, p. 138): «servizio in camera»

Uso dello stampatello maiuscolo

«ELNA, WE THANK YOU FOR YOUR BUSINESS» (Access, p. 103) «ACCESS DENIED» (Access, p. 105): riproduzione della forma scritta appartenente a un (possibile) contesto reale all'interno del contesto testuale.

Acronimi

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«CD-ROM» (Access, p. 103): è mantenuta la parola «CD-ROM». «PIN» (Access, p. 106): è mantenuto identico in traduzione.

«ATM (card)» (Access, p. 106): in traduzione è reso con «sportello» e «carta per prelevare».

«IRS» (Access, p. 106): Internal Revenue Service, è reso in traduzione con «il fisco»

«RV» (Access, p. 112): Recreational Vehicle, reso in traduzione con «veicoli da vacanza»

«BA»(Agora, p. 121): viene sostituito e reso in traduzione con «triennale», secondo il sistema italiano, pur comunque riconoscendo che il sistema americano prevede per il B.A. quattro o cinque anni.

«U.S.» (Agora, p. 122): è reso con «Stati Uniti».

«D. A.» (Lady Day, p. 209): District Attorney, tradotto con «procuratore distrettuale».

Segnalazione dei segmenti dialogici

Si segnalano delle incongruenze tra le due lingue nell'uso della punteggiatura: nella maggior parte dei casi in cui il discorso diretto nel testo originale sarà preceduto da verbo e virgola, in traduzione sarà pressoché sempre preceduto verbo e virgola per mantenere il senso di fluidità e scorrevolezza del linguaggio, presente nel testo originale:

«she explained, “My mother's American. White.”» in traduzione «aveva spiegato, “Mia madre è Americana. Bianca.”»

A volte l'autrice usa introdurre il discorso diretto tramite un verbo seguito dal punto, le virgolette e quindi il parlato. Molto spesso nella resa in italiano il punto prima dell'apertura di un dialogo risulta poco naturale e, anzi, a volte sarebbe meglio l'uso dei due punti. Alcuni esempi:

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CXIII

reso con «Jill aveva detto: “Una volta sono stata in America [...]».

«He says. “The magician, madam?”»: in traduzione si ha «Lui mi risponde: “Il mago, signora?”».

Uso del trattino (hyphen)

Con frequenza numerosi elementi lessicali vengono collegati dal trattino, operazione che conferisce un senso di rapidità e di accelerazione alla lettura:

«Post-Thanksgiving-but-not-yet-Christmas frenzy» (Iron Light, p. 27): è reso in italiano con «La frenesia da post-Ringraziamento e pre-natalizia» .

«the more-or-less-real story» (Lady Day, p. 196): «ciò che era più o meno vero della mia vita».

«God-and-Allah-fearing leaders» (Lady Day, p. 208): è reso con «I leader timorosi di Dio e Allah».

«Four-or-more-hour-erection side effect» (Lady Day, p. 212): è reso con «la controindicazione di un'erezione di quattro o più ore».

4.2.2 Culturemi

Il concetto di culturema, sviluppato in anni piuttosto recenti, permette di racchiudere all'interno di questa ampia categoria tutte quelle unità semiotiche che comprendono dentro di sé aspetti precipui della cultura che li ha prodotti. Christiane Nord, che procede dalla definizione di Hans J. Vermeer, definisce il culturema come «a social phenomenon of a culture X that is regarded as relevant by members of this culture and, when compared with a corresponding social phenomenon in a culture Y, is found to be specific to culture X.» per cui «[t]he relevant parametres of the comparisons will be form, distribution and frequency, that is: in which situation do text producers, prefer (and text receivers, therefore,

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CXIV expect) which form with which frequency.»9

Lucía Molina10 individua quattro ambiti di classificazione di cui ci serviremo per commentare le scelte effettuate durante il processo di traduzione:

Elemento paesaggistico: flora, fauna, fenomeni atmosferici, paesaggi naturali e creati dall'uomo, toponimi;

Patrimonio culturale: riferimenti fisici o ideologici tipici di una cultura, comportamenti culturali, patrimonio storico-culturale; cultura religiosa e cultura materiale, realia folklorici e mitologici, personaggi reali o fittizi, avvenimenti storici, conoscenze religiose, festività, credenze popolari, folklore, opere e movimenti artistici, cinema, musica, balli, giochi, monumenti emblematici, luoghi noti.

Cultura sociale: abitudini e convenzioni sociali (trattamento di cortesia, modo di mangiare, di vestire, di parlare, valori morali, saluti, gesti, distanza fisica fra interlocutori); organizzazione sociale (sistemi politici, legali, educativi, organizzazioni, professioni, moneta, calendario, ere, pesi, misure)

Cultura linguistica: traslitterazione, fraseologia (proverbi, espressioni idiomatiche, metafore generalizzate) nomi propri con significati accessori aggiunti, associazioni simboliche, interiezioni, insulti, blasfemie).

In genere, laddove non sarà possibile trovare un equivalente nella lingua di arrivo, verranno adottano tecniche di adattamento, volte a produrre strutture semantiche equivalenti, a creare equivalenti stilistici appropriati e ad apportare un'uguale carica comunicativa attraverso operazioni di addizione, sottrazione o alterazione e parafrasi esplicative.

9 C. NORD, What Do We Know About the Target-Text Receiver?, (a cura di) A. BEEBY, D. ENSINGER, M. PRESAS, Investigating Translation: Selected papers from the 4th

International Congress on Translation, John Benjamins Publishing, The Netherlands, 2000, pp.

195-212, qui p. 204. Per altre definizioni di culturema, vedi Luque Nadal, Luque Durán e Antonio Pamies Beltrán.

10 Vedi L. M. MOLINA, El otoño del pingüino: análisis descriptivo de la traducción de los

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CXV

Elemento Paesaggistico

In generale, i culturemi appartenenti a questa categoria vengono preservati in traduzione nella loro forma originale, a meno che non esista una forma italiana universalmente nota. Di seguito, alcuni esempi:

«New Territories» (Famine, p. 138): alcuni testi traducono il nome di quest'area di Hong Kong come Nuovi Territori. In questa sede si è deciso per mantenere il nome in originale.

Patrimonio culturale

«Gamla Stan», (Iron Light, p. 27): è la città vecchia di Stoccolma. In traduzione si ampliano le informazioni sul significato del termine attraverso l'aggiunta delle parole «la parte vecchia».

«Flatiron» (Iron Light, p. 37; (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 155): in traduzione si attua un'espansione del vocabolo con l'aggiunta del sostantivo «grattacielo» per rendere più immediato al pubblico italiano, a cui il termine probabilmente suonerà poco famigliare, l'oggetto di cui si sta parlando. Si tratta di un grattacielo situato a Manhattan, il nome originale sarebbe Fuller Building, ma è noto come Flatiron Building (“ferro da stiro”), nome coniato dai Newyorkesi per la sua particolare forma triangolare.

«Rosie the Riveter» (Access, p. 108): fa riferimento a un'icona americana classica nata durante la seconda guerra mondiale, rappresentante le lavoratrici nelle fabbriche. In traduzione è reso con il traducente «Rosie la rivettatrice», ma probabilmente alle generazioni più giovani il nome potrà risultare poco famigliare.

«the Twin Towers» (Access, p. 113): vi è qui un riferimento ad un evento realmente accaduto, ovvero i fatti dell'11 settembre 2001, il giorno dell'attentato terroristico alle Torri Gemelle. In traduzione è quindi reso con il traducente

(19)

CXVI italiano «Torri Gemelle».

Si riportano qui alcuni riferimenti di natura eterogenea e ad elementi testuali, letterari, filmici, musicali politici, della realtà storica contemporanea o passata globale, americana, cantonese, cinese;

«Lord of the Rings» (Agora, p. 129): è reso in traduzione con il suo traducente corrispettivo «Il Signore degli Anelli».

«June Cleaver» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 153): si tratta di un personaggio di una serie televisiva americana degli anni Cinquanta e Sessanta, dal titolo Leave it to Beaver e trasmessa in Italia con il titolo Il carissimo Billy.

«Nickelodeon» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 153): si tratta di un canale inizialmente americano diventato ora internazionale ed esiste una sua versione italiana. Per tale motivo si è pensato di mantenere il vocabolo anche in traduzione, ma con un'aggiunta informativa, per cui si propone «programmi di Nickelodeon».

«The Man Show», (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 154): si tratta di uno show televisivo americano creato alla fine degli anni Novanta. Si ritiene opportuno mantenere il titolo tale e quale, in quanto non presenta difficoltà nella comprensione del significato e inoltre è intuibile dalla narrazione di che tipo di programma si tratti. Lo stesso discorso vale per il successivo «The Daily Show» (p. 161).

«the Grim Reaper» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 153): è la classica iconografia della morte rappresentata come un individuo recante una lunga falce; è reso in traduzione con “il tristo Mietitore”.

«Lady Day», «“strange fruit”» (Lady Day, p. 193, 195), il primo lemma è titolo del racconto e soprannome della protagonista, fa riferimento al soprannome della famosissima cantante statunitense Billie Holiday (1915-1919); il secondo, è il titolo di uno dei suoi brani cantato nel 1939; lo strano frutto della canzone era il corpo di un nero ucciso dai bianchi ed appeso a un albero. Per entrambe le voci, si è deciso di mantenere la lingua inglese, in quanto facenti riferimento a titoli di canzoni ampiamente note.

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CXVII

«he'd be Spock» (Lady Day, p. 194): riferimento a uno dei personaggi della serie televisiva statunitense di fantascienza Star Treck, degli anni Sessanta e ideata da Gene Roddenberry, largamente conosciuta anche tra i lettori italiani.

«Adam and the apple» (Lady Day, p. 195): riferimento in chiave ironica all'episodio dell'Antico Testamento.

«he had the proverbial gun in his pocket» (Lady Day, p. 196): si tratta di un riferimento alla celebre frase dell'attrice statunitense Mae West, Is that a gun in

your pocket, or are you just happy to see me?

«downtown» (Lady Day, p. 193): nel caso specifico della città di New York si riferisce alla zona sud di Manhattan, centro del settore finanziario ed economico. Viene tradotto con l'espressione «il cuore della città» con cui si fa riferimento a una zona centrale della città, non solo dal punto di vista geografico, ma soprattutto dal punto di vista della sua importante funzione, a cui si fa riferimento poco dopo, nominando Wall Street.

«Let them eat cake» (Lady Day, p. 202): si tratta della famosa citazione erroneamente attribuita alla regina Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena; la frase originale in francese è “S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche” e la traduzione italiana entrata in uso è “Se non hanno pane, che mangino brioche!”. Per tale ragione in traduzione si adotta la formula comunemente nota.

Cultura sociale

Il carattere «$» (Access, p. 103) viene reso in traduzione con il termine «dollari».

«Grey Goose» (Agora, p.121): si tratta di una vodka originariamente prodotta in Francia ed estremamente costosa. In traduzione si ampliano le informazioni sul termine aggiungendo il vocabolo «bottiglia» per sopperire a un'eventuale mancanza di conoscenza del prodotto da parte del lettore; non viene specificato che si tratta di una vodka, in quanto non è necessario ai fini della comprensione e

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CXVIII

dal contesto si intende che si tratta di un liquore molto costoso e/o pregiato.

«Texas yellow» (Agora, p.125): si tratta di una sfumatura di giallo. In italiano non esiste un traducente letterale, per cui si è optato per la scelta di un'espressione ben nota e figurativamente immediata come «giallo zafferano».

«a third of an acre» (Agora, p.125): la misura è convertita in traduzione con «quasi 1.500 m2».

«slightly less than three inches» (Agora, p.132): non è realizzata la conversione in quanto l'espressione è volutamente utilizzata dalla scrittrice per rimarcare la differenza con il sistema metrico decimale.

«you've given up your “rice bowl”» (Famine, p. 136): è tradotto con «hai gettato alle ortiche la tua “ciotola di riso”». In cantonese, con l'espressione “rice

bowl” si fa riferimento a una posizione di lavoro sicura e stabile.

«nine hundred square feet» (Famine, p. 136): viene effettuata la conversione delle misure secondo il sistema metrico decimale «83 metri quadrati».

«Tofu», «porridge», «escargots» (Famine, p. 137, p. 145): si mantengono in traduzione questi termini di origine straniera, rispettivamente giapponese, inglese e francese, in quanto ormai importati anche nel vocabolario italiano e i cui significati non presentano particolari difficoltà di comprensione.

«Form 5 students», «Form 4» (Famine, p. 138, 139): fanno riferimento a due cicli scolastici della scuola secondaria; in traduzione sono resi entrambi con «scuola secondaria», attraverso un'operazione di semplificazione.

«Cherikoff» (Famine, p. 139): si tratta di un negozio di prodotti da forno a Mong Kong, Hong Kong. In traduzione viene aggiunta l'informazione linguistica «comprata da» (Cherikoff) per rendere più chiaro il significato.

«I order tea and scones from Room Service» (Famine, p. 139): è reso con l'espressione «Ordino del tè e delle paste al servizio in camera». Gli scones sono dei prodotti da forno tipici dell'area britannica, meno dolci del pan brioche, e vengono serviti generalmente con il tè e marmellata e altre salse dolci. Si è scelto di rendere il vocabolo con il termine «pasticcini», più vicino all'esperienza del lettore italiano e comunque in grado di evocare un alimento dolciario generico che

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CXIX si accompagna al consumo del tè.

«tea enriched by cream and sugar»: secondo l'usanza del tè all'inglese, con l'espressione “cream tea” non si intende il tè miscelato a panna o crema, ma l'intero momento del pasto che comprende il tè servito con i tipici scones, clotted

cream (letteralmente “panna rappresa”, quindi una specie di crema burrosa

spalmabile) e marmellate. In questo testo, però, sembra che si faccia proprio riferimento a una miscela di tè, crema (di latte) e zucchero, dato che l'espressione è preceduta dalla frase «I eat two scones oozing with butter and savor tea...» che permette di distinguere bene le due azioni del “mangiare” e del “bere”, tra l'altro indicate dai verbi «eat» e «savour». Da qui la scelta di tradurre la frase nel seguente modo: «Mi mangio due paste trasudanti burro e assaporo il tè, arricchito con crema di latte e zucchero».

«cheongsam» (Famine, p. 141): per informazioni sul significato vedi “Glossario”. Si mantiene in traduzione il termine tale e quale, dato che non esiste un traducente italiano e il significato viene esplicitato nel corso della narrazione.

«brunch» (Famine, p. 145): si tratta di un pasto abbondante, a metà mattinata, volto a unire colazione e pranzo (il termine “brunch” è in effetti un blending delle parole “breakfast” e “lunch”). In traduzione si mantiene il termine, ormai entrato nell'uso comune anche in italiano, ma scritto in corsivo, in quanto comunque termine ancora avvertito come straniero e appartenente a una cultura diversa.

«all you can eat» (Famine, p. 145): in maniera analoga, si applica il discorso precedente anche a questa espressione.

«Seventy-two» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 161): la temperatura è espressa in gradi Fahrenheit, per cui in traduzione è convertita in gradi Celsius, ovvero «ventidue gradi».

«an A student», «a C-minus», «an F» (Lady Day, pp. 200, 202): si realizza la conversione dei voti secondo il sistema italiano o la riformulazione delle espressioni, perciò in traduzione si ha «studente con il massimo dei voti», «un meno di buono», «un'insufficienza».

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CXX

«Spanish fly» (Lady Day, p. 212): si tratta di un insetto chiamato Cantaride officinale (Lytta vesicatoria) da cui è ricavata la cantaridina una sostanza usata in passato come afrodisiaco, antiflogistico e come veleno. In traduzione si è scelto di tradurre con il termine generico «afrodisiaco», dal momento che difficilmente la parola Lytta vesicatoria o “Mosca Spagnola” avrebbe portato il lettore a capire di cosa si stesse parlando.

«Mickey Finn» (Lady Day, p. 213): si tratta di un cocktail a cui è stato addizionato dell'idrato di cloralio, un sedativo. Deriva il nome dal barista Mickey Finn il quale si serviva della sostanza per sedare i suoi clienti e derubarli. In traduzione si è optato per la parola generica «narcotico» in quanto una traduzione letterale del termine avrebbe probabilmente causato ambiguità o incomprensione nel lettore italiano.

Cultura linguistica

Espressioni inglesi non tradotte

In traduzione si è deciso di mantenere la forma originale dei seguenti termini in quanto divenuti ormai d'uso anche nel linguaggio italiano o perché attinenti a specifiche realtà sociali e culturali; alcuni di questi vocaboli hanno in realtà origini provenienti da altre lingue, come il francese.

«(rice) porridge», «escargots», «brunch», «all you can eat» (Famine, pp.137, 145 ): termini relativi all'area semantica del cibo.

«jet-lag» (Famine, p. 145): esiste l'espressione italiana “mal di fuso”, ma è molto più comune l'espressione inglese.

«concierge» si mantiene lo stesso vocabolo in traduzione in quanto termine presente anche nel vocabolario italiano che denota un'ambientazione di lusso o sfarzosa. Inoltre la parola «usciere» era già stata usata per tradurre la parola «porter».

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CXXI

«playgirl» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 156): rimanda alla figura del playboy, termine traducibile con “dongiovanni” ma mantenuto spesso in lingua inglese. In italiano non esiste un corrispettivo avente la stessa accezione positiva dell'inglese. Viene trascritto in corsivo in traduzione.

«East Coast Ivy league» (Lady Day, p. 192): si tratta di un gruppo di otto università di grande prestigio nel nord-est degli Stati Uniti. In traduzione si è mantenuta l’espressione «Ivy League» in corsivo.

«pound» (Lady Day, p. 211): la conversione dei pound in euro non sarebbe stata un'operazione culturalmente né linguisticamente opportuna.

«bondage» (Lady Day, p. 211): sono delle pratiche sessuali basate su costrizioni fisiche realizzate in vari modi attraverso legature. In traduzione è trascritto in corsivo.

Tutti i vocaboli appartenenti a lingue che non fossero l'inglese sono stati riportati in traduzione invariati, in rispetto dello stile dell'autrice; inoltre, in nessun caso è stato necessario aggiungere delle eventuali note esplicative in quanto la comprensione dei passaggi narrativi non veniva messa a rischio.

Termini ed espressioni in lingua cantonese e cinese

Queste espressioni, impossibili da comprendere senza conoscere il cinese o il cantonese, vengono sempre chiarite all'interno del testo dalla scrittrice stessa per cui in nessun caso si pone necessaria una traduzione italiana o un'espansione linguistico-informativa dei termini. Di seguito si riportano alcuni esempi:

«farangs, gaijins, gweilos» (Iron Light, p. 33): sono degli appellativi con cui si identificano gli uomini occidentali. Immediatamente dopo viene chiarito nel testo che si tratta appunto di questo.

«lai see» (Famine, p. 136): è tradizione donare questo pacchettino rosso contenente del denaro in occasione dei festeggiamenti per il Nuovo Anno Lunare.

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CXXII

Non è necessaria la traduzione in quanto nel testo originale troviamo l'espressione inserita all'interno della frase «a lai see packet with a generous check» che ne permette la comprensione.

«Waan yuen,» (Lady Day, p. 204): nel testo è immediatamente seguito dalla frase «as Daddy might have said. Party’s over.».

«“What, no favors for your dai go?”» «“Ni bu shi nüxing de Shi ma?”» (Lady

Day, pp. 201, 204): in entrambi i casi, attraverso la risposta del personaggio a cui

la domanda è rivolta, è possibile comprendere il significato delle frasi: nel primo caso, la risposta è «“You’re not my brother.”», nel secondo è «I wanted to bolt. How did this old man guess my questionable girlhood?»

Termini ed espressioni francesi

«au gratin», «Au jus», «filet mignon», (Famine, pp. 136, 145, 146): termini relativi all'area semantica del cibo.

«decolleté» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 151): il senso del termine in questo contesto è “scollato, scollatura, abito scollato”; in traduzione, se si mantiene la parola in lingua francese, in italiano presenta un significato ambiguo in quanto, oltre al primo significato di scollatura, presenta anche il significato di «scarpa da donna che lascia molto scoperto il collo del piede» (DE MAURO). Se il termine si traduce con “scollata” l'accezione introdotta è leggermente più negativa e si lega a un concetto di “volgarità”, mentre la parola “decolleté” richiama alla mente qualcosa di raffinato. Si è quindi optato per lasciare la parola in francese in rispetto della scelta linguistica della scrittrice; l’accezione del termine in italiano viene in seguito disambiguata nel corso della narrazione.

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CXXIII Altre Lingue

«badet» (Iron Light, p. 36) dallo svedese, significa “bagno”.

«tofu» (Famine, p. 137): dal giapponese, è una specie di formaggio a base di latte di soia.

Gergo

«Johns» (Lady Day, p. 193): in slang americano significa “tizio, tipo”, “cliente di prostituta, puttaniere”, “cinese”; in traduzione è reso con il termine «clienti» il quale trasmette allo stesso modo dell'originale l'ambiguità sulla natura di questi clienti e sull'attività della protagonista.

Fraseologia

Espressioni idiomatiche

«they've got their thumbs stuck up their asses.» (Agora, p. 128): si tratta di un'espressione idiomatica piuttosto volgare, traducibile a senso con l'espressione “con le mani in mano”, la quale però non presenta la stessa intensità volgare. Si è optato quindi per l'equivalente italiano «a non fare un cazzo».

«next to nothing» (Access, p. 111): letteralmente significa “per quasi niente”, viene reso in traduzione con l'espressione idiomatica «per quattro soldi».

«as good as it got» (Access, p. 113): il significato di questa espressione, che è possibile rendere con «il meglio che si possa avere», può assumere sfumature più o meno positive/negative a seconda del contesto in cui è inserita; in traduzione viene resa con «non si poteva chiedere di meglio».

«He had the hots for her» (Agora, p. 121) è un'espressione idiomatica il cui significato è “provare una forte attrazione sessuale per qualcuno”. Viene tradotto con «Aveva un debole per lei», leggermente smorzando la carica sessuale

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CXXIV dell'espressione.

«I call the shots here» (Agora, p. 126), «who calls the shots» (Lady Day, p. 212): le espressioni vengono rese in italiano con «Sono io ad avere il comando

qui» e «chi comanda».

«they've got their thumbs stuck up their asses.» (Agora, p. 128) si tratta di un'espressione idiomatica piuttosto volgare, traducibile con l'espressione “con le mani in mano”, la quale però non risulta altrettanto volgare. In traduzione si è quindi optato per l'equivalente «a non fare un cazzo».

«and know about greasy palms of New Yorkers» (Famine, p.138): dal modo di dire “to grease somebody's palms”, ovvero corrompere qualcuno con denaro. In traduzione si è fatto ricorso al modo di dire equivalente “ungere le ruote a qualcuno”, ovvero cercare di ottenere favori per mezzo di regali e simili, con il risultato «e so come ungere le ruote dei New Yorkesi.»

«No match for» (Trashy Desires for Women Nearing Fifty, p. 154): significato «to be less powerful or effective than something or someone else» (thefreedictionary.com), il cui equivalente italiano potrebbe essere “una partita persa in partenza”.

«Calling a spade a spade» (Trashy Desires for Women Nearing Fifty, p. 154) «hit pay dirt» (Trashy Desires for Women Nearing Fifty, p. 154): il significato è “to discover something of value; to get great riches” (thefreedictionary.com) che viene resa in traduzione con «aveva trovato la gallina dalle uova d'oro».

«hit the wires» (Lady Day, p. 196): questa espressione idiomatica fa

riferimento alla diffusione delle notizie quando ancora non era presente la tecnologia contemporanea. È resa in traduzione con «venne data alla stampa».

«who fit the bill»: l'espressione è resa in italiano con la frase «che suonava bene».

«Red herring» (Lady Day, p. 202): letteralmente “aringa rossa”, è tradotta con «La falsa pista».

«Walk the walk; talk the talk» (Lady Day, p. 203): il significato dell'espressione si riferisce alla conformità che dovrebbe intercorrere tra pensiero

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CXXV

e azione; è assimilabile alla formula italiana «parla come mangi».

«Exit, stage left» (Lady Day, p. 207): è un'espressione che si rifa al linguaggio teatrale e serve a segnalare l'uscita di scena di un personaggio. In traduzione è reso con «Uscita di scena».

«to follow to […] to a T» : «seguire alla lettera».

«I wouldn't raise a stink»: (Lady Day, p. 210): l'espressione idiomatica è resa in italiano con «non avrei fatto nessuna obiezione.».

«a big shot» (Lady Day, p. 211): se riferito a persona, significa “uno che conta, importante”; in traduzione è reso con l'espressione comune “è un pezzo grosso.”

«to cop a feel» (Lady Day, p. 206): espressione idiomatica resa in traduzione con «dare una palpata».

Espressioni che sembrano idiomatiche ma che non lo sono

«Double jeopardy, double return» (Lady Day, p. 193), tradotto con “Doppio è il rischio, doppio è il guadagno”.

«It was as lame as Adam and the apple» (Lady Day, p. 195)

Variazioni sul tema

«slept like rough logs» (Lady Day, p. 203): dal cliché to sleep like logs.

«When pigs fly out my ass» (Agora, p. 117): When pigs fly è una figura iperbolica comune che denota l'impossibilità di un evento a verificarsi; in questo caso, l'espressione viene resa volgare attraverso l'aggiunta della seconda parte «out my ass». In traduzione è resa con l'equivalente neutro “quando gli asini voleranno”, perdendo l'accezione volgare.

Doppi sensi, giochi di parole

«The Lord of the Rings films had made their paradise gateway hot.» (Agora, p. ) è tradotta con l'espressione «I film de Il Signore degli anelli avevano reso quel

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CXXVI

paradiso per le vacanze un posto iper quotato.» perdendo la figura ossimorica creata dalla contrapposizione tra «paradise getaway» e «hot».

«The waiter waits as I take too long to study the menu. He does not seem patient, making him an oxymoron in his profession.» (Famine, p. 140): questo gioco di parole è costruito sui termini “waiter (to wait) - no patience” che purtroppo non è possibile conservare del tutto in italiano. La frase è resa con: «Il cameriere aspetta mentre mi attardo a studiare l'elenco. Non sembra aver troppa pazienza, il che lo rende un ossimoro nella sua professione.»

«I draw a bath, as one does in English Literature» (Famine, p. 136): l'espressione “to draw a bath”, ovvero “riempire la vasca da bagno” è piuttosto antiquata ed è stata pressoché sostituita dall'espressione “to run a bath”; l'uso aveva a che fare con l'antico sistema di pompaggio dell'acqua. Conoscendo il significato di questa espressione, in effetti acquista senso anche la frase che segue, ovvero «as one does in English Literature»: essendo un'espressione antiquata, la si può giusto trovare negli antichi testi di letteratura inglese. In traduzione si è proposta la soluzione: «Mi preparo ad immergermi e a sprofondare nella vasca da bagno, come insegna la letteratura» eliminando il riferimento specifico alla letteratura inglese, levando l'aggettivo, e cercando di creare nel lettore un'immagine famigliare connessa all'azione del “purificarsi immergendosi nelle acque” e di raccoglimento del personaggio, e che possa quindi innescare diversi rimandi in ambito letterario a scene simili.

«When we were poor but not impoverished» (Famine, p. 139): in traduzione si perde l'elemento fonico delle parole «poor» e «impoverished», ma attraverso l'uso della parola «miserabili» si attiva nel lettore italiano la catena di conoscenze relative a questa area semantica, nonché il rimando letterario all'opera di Victor Hugo.

«Cucumber Jane herself» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. ): in inglese esiste l'espressione “cool as a cucumber” o “(as) fresh as a cucumber” che fa riferimento alla temperatura corporea, ma può anche riferirsi all’indole di un

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CXXVII

individuo e significare “persona imperturbabile”, “impassibile”, “padrona di sé”. In traduzione il termine è stato reso con la parola “Ghiacciolo” e successivamente “Ghiacciolino”, per tradurre l’espressione “Cucumber girl”, in quanto è più comune in italiano la similitudine con il ghiaccio per rendere quel tipo di significati trasmessi dal vocabolo inglese.

4.2.3 Variazioni diafasiche e diastratiche

All'interno delle varie narrazioni si nota la compresenza di diversi registri linguistici, nonché la commistione di registro formale e informale. Rispetto all'italiano, in lingua inglese la distinzione tra un registro formale e un registro informale procede in maniera differente: in italiano, infatti, adottando un registro formale, vengono messe in atto delle strategie linguistiche ben precise: per prima cosa, si segnala l'uso dei pronomi personali di cortesia (il “lei”, o il “voi” per la forma arcaica), quindi l'uso di strutture sintattiche più complesse, articolate e indirette, come ad esempio le perifrasi, l'uso di forme fisse convenzionali basate sul sistema gerarchico presente tra i parlanti, l'uso di un lessico più specifico, attento e ricercato. In inglese, la distinzione tra registro formale e informale avviene tramite mezzi che possono definirsi in parte simili a quelli adottati dall'italiano, come l'uso di un linguaggio più sorvegliato e di formule fisse, e in parte diversi: si registra infatti in inglese l'assenza di alcuni segnali caratteristici dell'italiano, come la distinzione tra il “tu” e il “lei” a favore di un “appiattimento” formale per mezzo del versatile “you”, il quale indica inoltre la seconda persona plurale, o la presenza di altri segnali, come l'assenza delle forme contratte nella forma scritta. Durante la fase di traduzione, la resa dei differenti registri informali ha presentato un grado di difficoltà leggermente superiore rispetto alla resa dei registri formali, in virtù di quanto appena detto, in merito all'esistenza di formule fisse convenzionali impiegate in un contesto formale, queste sono risultate più

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CXXVIII

immediatamente traducibili e trasmissibili, al contrario di certi elementi riconducibili all'uso di un registro informale che hanno richiesto una maggiore riflessione.

Al registro informale si associano vari tipi di linguaggi, relativi ai diversi contesti situazionali e culturali:

Linguaggio colloquiale, caratterizzato da interiezioni, esclamazioni, interruzioni; la scrittrice spesse volte cerca di riprodurre in forma scritta il linguaggio colloquiale e informale dei personaggi. In italiano si è tentato di trovare altrettante forme colloquiali e contratte, laddove possibile:

«Sorry, wrote Rand, but b bk 4 b’day dinner enjoy city.»; «hey u bk 2nite;).» «Tks 4 for ur patience,»: in questi tre esempi la scrittrice riproduce nel racconto il testo degli SMS, con il caratteristico linguaggio sintetico, sgrammaticato e iconico-simbolico. In traduzione si è tentato di riprodurre il significato del testo, tenendo a mente le tipiche caratteristiche di questo tipo di comunicazione in lingua italiana, con i seguenti risultati: «Scusa, scrisse Rand, ma barbecue per

cena comple, divertiti.»; «ehi, torno stas;).»; «grazie x per la pazienza.»

«She pronounced it “Chee-an.”» (Agora, p. 118): in italiano si è cambiata la grafia in «Cii-an» in rispetto della fonetica italiana. È quindi tradotto con «Lo aveva pronunciato “Cii-an.”».

«anyhoooooo» (Agora, p. 124): in traduzione si tenta di riprodurre l'allungamento vocalico dell'originale nel termine equivalente, tenendo presente la possibile pronuncia reale; il risultato è quindi «e comuuuuunque».

«You're my only friends here, y'know,» (Agora, p. 128): l'espressione presenta la forma contratta di «you know» a imitazione di un modo di parlare molto informale e non sorvegliato. Viene reso in traduzione con «Sai che sei la mia unica amica qui,», perdendo in parte questa caratteristica del parlato del personaggio.

Linguaggio volgare o sessualmente esplicito: è importante riuscire a trovare i giusti equivalenti, capire il tono, il grado di volgarità, non scadere in un

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CXXIX linguaggio antiquato o artificiale.

«Screw Jill.» (Agora, p. 123): la parola screw acquista in questo contesto una valenza volgare e, intesa come verbo, può voler significare: “scopare”, “mandare a puttane”, “incasinare”, “fottere”, “fregare”; è qui tradotta con l'imprecazione comune «Fanculo Jill.».

«shoving her pussy into Walter's face» (Agora, p. 123): è stato reso in traduzione «spingendo la sua fighetta contro la faccia di Walter» cercando di mantenere la stessa volgarità ed esplicità dell'espressione «pussy».

«bozo» (Agora, p. 124): significa clown, scemo, cretino; è tradotto qui con il termine «idiota».

«Dont' be bitchy» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 152): è reso in traduzione con «Non fare la stronza».

«my toy boys» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 160): il corrispettivo italiano sarebbe uomo-oggetto; è reso in traduzione, semplificando con «i miei ragazzi».

Slang Americano

«off-kilter» (Iron Light, p. 36): in slang americano significa “dissestato”, “guasto”, “in cattive condizioni”; riferendosi a «dark» si opta in traduzione per l'espressione «oscurità corrotta» a indicare un'oscurità non ancora totale, ma “sporcata” dagli ultimi momenti di luce.

«pissed off» (Access, p. 110): a seconda dei contesti può assumere sfumature più o meno volgari; in traduzione si è scelto per il termine piuttosto neutro «scocciato».

«Mom's white trash from Georgia» (Agora, p. 118): il termine “white trash” ha in sé una connotazione dispregiativa che fa riferimento all'etnia e alla classe sociale della persona. A seconda dei contesti e della persona a cui si riferisce può

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CXXX

essere portatore di diversi significati e stereotipi; in generale, connota gente di pelle bianca e ricopre le accezioni di sporco, rozzo, ineducato, illetterato, di bassi standard morali, volgare e di cattivo gusto. In italiano è estremamente difficile trovare un equivalente formale con lo stesso apporto semantico così complesso, anche in virtù della differente storia passata del paese americano, legata alla questione del razzismo. Si è scelto perciò di usare l'espressione «feccia bianca» con la quale si fa riferimento a quegli aspetti più generici del termine “trash”, perdendo ovviamente tutta la connotazione che comporta tale termine, che si cerca di recuperare parzialmente con il vocabolo «bassifondi», mentre si connota l'etnia del personaggio attraverso l'aggettivo “bianco”.

«pot»: (Agora, p. 118): significa marijuana; in traduzione viene reso con il termine slang «maria».

«boyscout» (Agora, p. 123): una persona considerata ingenua, senza esperienza. In traduzione viene reso con «bravo ragazzo».

«bozo» (Agora, p. 124): è un termine in slang americano e significa clown, scemo, cretino; è qui tradotto con «idiota».

«Trashy» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p. 151): così come il sostantivo “trash”, l'aggettivo presenta differenti traduzioni, a seconda dei contesti: “di nessun valore”, “meschino”; “scadente”; “da due soldi”, “spazzatura” (Dizionario Il Ragazzini 2011); dai dizionari monolingue le sfumature di significato offerte sono numerose: “not decent or respectable; involving improper behavior; very low in quality” (http://www.merriam-webster.com/dictionary); “worthless, cheap, inferior, shabby, flimsy, shoddy, tawdry, tinsel, thrown together, crappy (slang), meretricious, rubbishy, poxy (slang), chickenshit (US,

slang), catchpenny, brummagem, cheap-jack (informal)”

(http://www.collinsdictionary.com/dictionary/english-thesaurus); “Resembling or

containing trash; cheap or worthless: trashy merchandise; in very poor taste or of

very poor quality”; “cheap, worthless, or badly made”

(http://www.thefreedictionary.com); “of the nature of trash; inferior in quality;

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CXXXI

withered vegetation from an earlier crop” (http://dictionary.reference.com). Da Urban Dictionary (http://www.urbandictionary.com): “includes inelegant, unenriched kinds of things: junk food, having empty sex, reading celebrity gossip, being drawn to tacky unnecessary products, bright adverts; to lack appreciation and understanding of deeper beauty, if something is of bad taste and lacks modesty or a refined aesthetic then something is cheap, TRASHY. Little class, foul mouthed, folk.”

«Banana» (Trashy Desires of Women Nearing Fifty, p.152): “Banana” in questo contesto fa riferimento alle persone con caratteristiche fisiche asiatiche, ma assimilate alla cultura occidentale o sposate a una persona di etnia caucasica (“gialle fuori, bianche dentro”). In traduzione si mantiene l'espressione, ma si aggiunge una nota a piè di pagina per spiegare la specificità culturale di questo soprannome.

«the cat's pajamas» (Trashy Desires for Women Nearing Fifty, p. 160) : si tratta di una frase coniata da Thomas A Dorgan, un fumettista americano, che divenne popolare negli Stati Uniti a partire dagli anni Venti, così come altre espressioni come the bee's knees, the cat's whiskers. Negli anni Venti, il termine “cat” era usato in riferimento alle donne emancipate della scienza jazz. Venne usato in combinazione al termine “pyjamas” (o “pajamas”) all'epoca un indumento innovativo nel vestiario femminile, per indicare la cosa migliore o che funziona al meglio, oppure “the hottest new thing” or “great, wonderful”

4.2.4 Variazioni diatopiche

All'interno delle narrazioni sono stati inseriti vocaboli appartenenti a differenti varianti linguistiche inglesi; di seguito si riportano alcuni esempi e le relative traduzioni:

la parola «trunk» (inglese americano) è posta a contrasto con la parola «boot» (inglese neozelandese); i due termini vengono resi in traduzione con

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CXXXII

«portabagagli» e «bagagliera»: il primo termine appartiene all'italiano standard ed è di uso comune, mentre il secondo, sempre appartenente all'italiano, è di basso uso. La scrittrice vuole mettere in risalto la differenza lessicale tra l'inglese americano, parlato dalla protagonista, e l'inglese della Nuova Zelanda. Si è evitato di tradurre il vocabolo impiegando una variante regionale dell'italiano, in quanto non sarebbe stata un'operazione opportuna dal punto di vista culturale.

«the dairy» (Agora, p. 131): il termine appartenente alla variante linguistica dell'Australian English è qui inteso come “negozio di alimentari” ed è volutamente usato per creare un effetto straniante nel lettore, abituato all'uso del termine in accordo al British o American English la cui traduzione sarebbe “caseificio” o “latticini”. In inglese australiano “dairy” corrisponde infatti a “corner-shop” usato in inglese britannico, ovvero “piccolo negozio (di alimentari, alcolici, sigarette, ecc., generalmente d'angolo; negozietto di quartiere” (Ragazzini 2011). In traduzione, la scelta dell'espressione “la latteria”, evidenziando il termine in corsivo, è dovuta alla vicinanza letterale del termine all'originale e allo stesso tempo alla sua capacità di creare un effetto un po' straniante nel lettore italiano, così come avviene nel lettore anglofono, ma non australiano, in quanto il concetto moderno di latteria può non essere del tutto famigliare, soprattutto per i lettori più giovani, ma è comunque in grado di richiamare l'idea di un piccolo negozio in cui è possibile acquistare latticini e altri generi alimentari.

4.2.5. Temporalità

Frequentemente i personaggi dei racconti sono anche le voci narranti che seguono il flusso dei loro pensieri nella narrazione. Il risultato è che spesso e volentieri la narrazione non si presenta organica, ma intervallata da numerosi salti temporali, tra cui flashback, flashforwward e digressioni, accompagnati dai commenti personali del personaggio, espressi sia in contemporaneità all'evento passato, e quindi appartenenti al passato, oppure a posteriori, e quindi formulati

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