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III THE KENTUCKY TRILOGY

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Academic year: 2021

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III

THE KENTUCKY TRILOGY

Come sottolineato nei capitoli precedenti, quando Arnow cominciò a scrivere il primo romanzo, all’età di 26 anni, non c’erano ancora strade vere e proprie in gran parte delle regioni boschive e montane del Kentucky. La Grande Migrazione degli appalachiani verso le città del Nord non aveva ancora avuto inizio o, comunque, era partita un po’ in sordina, tuttavia la giovane scrittrice aveva già intuito che la vita così come l’aveva conosciuta lungo le sponde del Cumberland, nella parte sudorientale del suo stato natale, era ormai segnata. Fu così che per non dimenticare una cultura e un popolo Arnow iniziò a scrivere la trilogia per la cui stesura le occorsero circa due decenni e non è casuale che i tre romanzi avrebbero dovuto intitolarsi, rispettivamente, Path, End of Gravel e The Highway:

At an early age I saw my work as a record of people’s lives in terms of roads, […] At first, it was only a path, then a community at the end of a gravel road that took men and families away, and finally, where gravel led to a highway, the highway destroyed the hill community.1

Questo anche perché, attraverso i titoli, l’autrice desiderava mettere in evidenza l’impatto che il progresso aveva avuto sulle remote montagne degli Appalachi:

I was aware that nothing had been written on the Southern migrants, of what was actually happening to them and to their culture, of how they came to the cities the first time in the 1920s, leaving their families behind. I began writing during the Depression, which had sent hill people back home again. And then, as I was still writing during the Second War, I witnessed the permanent move the men made by bringing their wives and children with them to the cities. With that last migration, hill life was gone forever, and with it, I suppose, a personal dream of community I’d had since childhood and have been trying ever since to recapture in my writing.2

La Kentucky Trilogy si apre con Mountain Path, continua con Hunter’s Horn e si conclude con The Dollmaker. Questi romanzi raccontano le vicende di uomini e donne che vedono i propri sogni di indipendenza infrangersi e le proprie libertà personali precluse da un’avida società industriale. A proposito della trilogia di Arnow, Barbara L. Baer scrive:

1

Cfr. Baer, Barbara L., “Harriette Arnow’s Chronicles of Destruction” in Chung, Haeja K. (ed.), Harriette Simpson Arnow – Critical Essays on Her Work, Michigan State University Press, 1995, p. 53.

2

(2)

30 “Whether the books are read today as regional, or realistic or even feminist writing, they are first of all a coherent vision, in the best tradition of American fiction, of Americans

coming of age on the edge of the shrinking frontier.”3

3.1 Mountain Path

Su Mountain Path4 Arnow ha dichiarato: “it was not an apology for a moonshining

family; it tried to be only a story.”5 E difatti il romanzo non cade mai nel sentimentalismo

tipico della narrativa “montana” dell’epoca. L’autrice documenta con realismo uno stile di vita ormai passato da tanto tempo, ma che negli anni Venti e Trenta del Novecento era ancora predominante nelle più remote vallate nell’area del Cumberland, un modo di vivere che lei, maestra in una piccola scuola sperduta sulle colline del Kentucky, arrivò a conoscere in prima persona.

MP narra le vicende di una ragazza, una forestiera, che giunge sulle montagne

impreparata a comprenderne gli abitanti e la loro mentalità. Louisa Sheridan arriva da Lexington fresca di laurea e accetta un posto di maestra nella remota Canebrake (Kentucky), una località sperduta che non è nemmeno segnata sulle mappe, ed entra così in una storia di intrighi, vendette e contrabbando. I Calohouns o Cal, come tutti li conoscevano, sono la famiglia che la ospiterà e sono coinvolti in una faida con una famiglia rivale del posto. Cercano in ogni modo di tenere Louisa all’oscuro da ciò che sta succedendo ma, un po’ alla volta, lei mette insieme i pezzi del puzzle e viene a conoscenza dei guai in cui si sono cacciati. Nel processo si innamora di Chris Bledsoe, un membro del clan dei Cal il quale, dopo aver ucciso un vicesceriffo per vendicare l’omicidio del fratello minore, è diventato un fuorilegge. Alla fine, Chris viene ucciso e una Louisa emotivamente

3

Cfr. Ibidem, p. 54.

4

Arnow, Harriette, Mountain Path, Michigan, Michigan State University Press, 2012. Nel corso di questo lavoro, la suddetta opera verrà indicata con l’abbreviazione: MP.

5

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31 più matura si prepara a far ritorno a Lexington. In questo senso, dunque, almeno in superficie, MP è solo un’altra storia melodrammatica ambientata sulle montagne, completa di suspense, violenza e storia d’amore. Ma la trama, per quanto abbastanza interessante, non è il vero punto focale del romanzo. Al contrario, essa serve principalmente a dare un senso di continuità alla presentazione di una galleria di abitanti delle montagne e, quindi, di un intero modo di vivere:

It is not plot that makes Mountain Path a successful novel [….] Indeed, if Path has weaknesses, they lie in the area of plot. Events are melodramatic and often contrived; characters are occasionally incorporated into the story with little or no relevance to the story line; and foreshadowing is often too obvious. But these flaws are diminished when viewed against the total fabric of the novel.6 Nel corso del romanzo l’autrice mette metodicamente a confronto la civiltà, qui incarnata dalla protagonista, con la vita selvaggia sulle montagne rappresentata, invece, dagli abitanti della Cal Valley. A Lexington il mondo di Louisa era infatti regolato dai libri, scandito dalle ore, e tutto aveva un nome preciso. Il mondo che trova nella Cal Valley è regolato dagli eventi e dalle stagioni, un mondo i cui abitanti sono illetterati ma hanno una dignità naturale che, anche se non riesce a comprendere appieno, comunque rispetta. I suoi giovani studenti, l’uomo di cui si innamora, le donne che vede al lavoro, tutti loro fanno sì che la ragazza metta in dubbio la propria educazione, i propri valori, le proprie certezze e dunque se stessa, tant’è che arriverà a pensare: “For the first time in her life,

perhaps, she saw herself with absolute candore and the sight wasn’t an inspiring one.”7

Pertanto alla fine, il significato principale di MP sta nel processo di crescita di Louisa durante i sette mesi che trascorre nella Cal Valley, poiché quando arriva è ancora un’ingenua ragazza di città, ma quando se ne va ha perso ogni ingenuità ed è diventata una donna. Chris è fondamentale per la crescita di Louisa, poiché in lui si riflettono tutte le caratteristiche peculiari della vita di montagna. È un ragazzo molto sensibile che in città

6

Cfr. Ibidem, p. 54

7

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32 avrebbe potuto fare il pittore o lo scrittore, ma che in montagna non può che lasciarsi coinvolgere dalle faide e diventare un assassino. Lui si confida con la giovane maestra, le fa vedere la realtà attraverso i suoi occhi e sogna con lei una vita diversa. Ed è proprio identificandosi con Chris, l’uomo che ama, un estraneo, artefice dell’omicidio di uno dei membri della famiglia rivale, che Louisa percepisce tutto ciò che ha perso mentre studiava la vita attraverso i libri. Prima di giungere nella Cal Valley non aveva idea di cosa fossero realmente le faide, il contrabbando, i segreti e di quanto fosse dura la vita per le donne del posto, così impegnate a sostenere i propri uomini. Poi pian piano entra a far parte di quel mondo e riesce a comprenderlo. Dopo la morte di Chris, come vedremo, pensa addirittura di poter restare, di poter continuare a insegnare a quei bambini a cui si è affezionata nel corso dei mesi, di diventare una sorta di “salvatrice” per loro, di impedirgli di proseguire sul sentiero tracciato dalle loro famiglie, ma si rende conto immediatamente che i suoi sono soltanto castelli in aria: il contrabbando, la rivalità tra famiglie, sono parte integrante di queste persone e lei non potrebbe mai riuscire a cambiare un modo di vivere così radicato in loro.

Rarely in American fiction has the leading character of a Bildungsroman – a coming-of-age novel – been a woman who, like Huck Finn, makes her way through physical as well as emotional trials and emerges whole as an adult. […] Like Huck Finn’s identification with Jim, Louisa begins to see through the eyes of a fugitive8

Louisa non riesce facilmente a risolvere le contraddizioni tra i due mondi, tra due differenti modi di vivere: da una parte c’è la vita della donna di montagna, impegnata a partorire e a seppellire i morti, che non ha tempo per porsi delle domande ma che, tuttavia, ha un’esistenza piena, sicura, con marito e figli; e poi c’è la sua vita, intellettuale, civilizzata, ma carica di interrogativi e che lei considera “empty, trying to live so as to feel

8

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33 nothing, watching, thinking, ‘This is not my life. I am preparing for my real life. Some day

I shall live and be a success.’”9

Louisa è sul punto di sposare Chris e restare nella Valle quando il dilemma si risolve: Chris, gravemente ferito in uno scontro a fuoco con la famiglia rivale, deve essere abbandonato nella grotta gelata vicino alla distilleria. Se avessero chiamato un dottore, tutta la famiglia Cal sarebbe stata arrestata per contrabbando e per aver nascosto un criminale. Louisa impara che a volte si è costretti a scegliere tra due esiti tragici e, quando Chris muore, fa le valigie per far ritorno a casa. Non riesce nemmeno a piangere.

In questo primo romanzo Arnow, mostrando una notevole sensibilità e abilità artistica, si serve della storia per dar rilievo ai personaggi stessi e all’ambientazione. L’autrice non prende mai una posizione morale o etica, si limita a presentare i fatti. Ma non li presenta in modo freddo e obiettivo, come potrebbero fare molti realisti. Al contrario, la solidarietà per i suoi personaggi è evidente. E tuttavia non si manifesta nel modo sentimentale che caratterizzava tanti altri romanzi montani. Louisa e i Cal hanno tutti le loro colpe, ma hanno anche i loro pregi. Louisa è egocentrica e di mentalità ristretta, tuttavia è anche una ragazza compassionevole e comprensiva. I Cal, ospitali e altruisti, sono inclini a odiare e a uccidere anche solo per vendetta. A questo proposito Eckley scrive, infatti, che:

In Mountain Path Mrs. Arnow has successfully juxtaposed two life views – that of the inhabitants of Cal Valley and that of the world of “civilization” (Louisa). They bring each other into sharp relief and, indeed, are the raison d’être of the novel. In this sense, the plot is merely vehicle and not an end in itself.10

MP ottenne un discreto successo di critica poiché rappresentava, per la narrativa

montana del Sud, una rottura col sentimentalismo che aveva caratterizzato il genere per tantissimo tempo. È un romanzo ben strutturato, scritto con chiarezza, e mostra la capacità

9

Arnow, Harriette, Mountain Path (1936), in Baer, Barbara L., op. cit., 1995, p. 55.

10

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34 dell’autrice di identificarsi con i suoi personaggi mantenendo, allo stesso tempo, una distanza artistica che fa sì che siano loro a narrare la propria storia. Questa abilità sarà ancor più evidente nei romanzi successivi.

3.2 Hunter’s Horn

Sono trascorsi tredici anni tra la pubblicazione di MP e quella del secondo

romanzo, Hunter’s Horn11. Nel 1939, come abbiamo visto, Harriette Simpson aveva

sposato Harold Arnow, un giornalista, e con lui era tornata a vivere nel Kentucky. In cerca di una vita semplice, per cinque anni la coppia aveva provato a vivere solo dei frutti della terra e del bestiame. Nel frattempo, nel 1941, era nata la figlia Marcella. Malgrado avessero lasciato la città per poter lavorare in tranquillità, scrivere fu loro impossibile. Al contrario del suo personaggio, Gertie Nevels, Arnow preferiva la città:

There just wasn’t time for it [writing]. It was my husband who dreamt of that simple life, […] I’d never wanted to leave the city. Simply cooking off a coal stove and cleaning up after it took half of my time. We never mastered the skills necessary for subsistence farming. After the baby was born, and we became afraid of being too far from a doctor, we moved back to Detroit. I started writing Hunter’s Horn.12

Nel 1946 nacque un altro figlio. Il romanzo uscì tre anni dopo. Da allora Arnow era tornata in Kentucky solo in visita. Il processo di desolazione iniziato durante la guerra continuava ad accelerare. In un’intervista Arnow racconta:

Where twenty-two families used to live scattered near us over the hills, not a single homestead remains. Only tumbledown houses stand where there once was a community. The wild Cumberland has been flooded and turned into Lake Cumberland. The big companies killed all the wild rivers to serve tourists and provide electric power. They made a dam and then they tore up the hills with strip and auger mining. Flooding and erosion are everywhere and now the dam is leaking. Strip mining is still allowed under the broad-form deeds that date from the Civil War. For a small sum local people leased their mineral and timber rights to the big companies in perpetuity. After that, they had nothing to say about the use of their land or rivers. Little people are never consulted when it’s a question of big companies and big profits.13

11

Arnow, Harriette, Hunter’s Horn, Michigan, Michigan State University Press, 1997. Nel corso di questo lavoro, la suddetta opera verrà indicata con l’abbreviazione: HH.

12

Cfr. Baer, Barbara L., op. cit., 1995, p. 56.

13

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35 Pertanto, il punto di vista naturalistico è molto presente nella narrativa dell’autrice. L’uomo è sempre sul punto di violare la Natura e, proprio per questo, verrà da essa ripagato con la sfortuna.

HH, scritto dopo che l’autrice era tornata a Detroit, ne è un esempio. Nunn e Milly

Ballew, ultimi discendenti di un’antica famiglia, tornano alla fattoria dei loro nonni, ormai fatiscente, dove si stabiliscono per coltivarne il terreno, bistrattato da anni di incurie.

Anche per questo romanzo Arnow si serve delle colline del Kentucky per l’ambientazione. In HH trama, ambientazione e caratterizzazione sono intrecciate in modo tale da rafforzarsi l’un l’altra. Il risultato è una storia ben strutturata e unitaria che, grazie alla semplicità artistica con la quale è presentata, fa del romanzo un capolavoro.

La narrazione si svolge nell’arco di due anni e mezzo circa, ed è una sorta di resoconto giornaliero della vita della famiglia Ballew. Nunn Ballew – marito, padre e cacciatore di volpi – è ossessionato da King Devil, un’enorme volpe rossa che, a quanto si dice, possiede attributi sovrannaturali. Ormai da anni essa infesta la campagna, uccidendo pecore e galline, e sarà la causa della morte prematura di diversi cani da caccia che resteranno uccisi durante i vari inseguimenti su terreni insidiosi.

Nella spasmodica ricerca del nascondiglio di King Devil, Nunn trascura famiglia e fattoria tanto che, a un certo punto del libro, si vedrà costretto a ricorrere al contrabbando per guadagnare il denaro di cui ha un disperato bisogno. All’inizio della storia, il suo vecchio cane da caccia, Zing, muore per colpa di King Devil e Nunn giura solennemente che, costi quel che costi, ucciderà la volpe. La sua ossessione è talmente forte che lo spinge a vendere quasi tutto il raccolto e il bestiame per potersi comprare due cuccioli di segugio di razza, Sam e Vinnie. Li alleva e li addestra alla caccia alla volpe finché, dopo un lungo inseguimento, alla fine riescono a uccidere King Devil. Ironicamente, tuttavia, King Devil

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36 non è la volpe enorme che si pensava, ma semplicemente una femmina incinta di una cucciolata.

Con la morte di King Devil, Nunn abbandona la caccia alla volpe e vende Sam e Vinnie per 150 dollari in contanti. Ma quell’esultanza che pensava avrebbe provato una volta uccisa la volpe, non arriverà mai. Quello che all’apparenza è un lieto fine, in realtà non lo è affatto. Nunn scopre infatti che sua figlia Suse, che non ha potuto andare al liceo per via dell’ossessione paterna per la caccia, è rimasta incinta di Mark Cramer, un ragazzo che per lavoro è andato a vivere a Detroit. Nunn, scioccato, non mostra la minima compassione e la spedisce a vivere con la famiglia del suo seduttore poiché, come sottolinea in una battuta del romanzo, il suo focolare non riscalderà mai un bastardo! Nel frattempo perde pure la stima della moglie Milly, infuriata con lui dopo aver appreso della vendita dei cani divenuti, ormai, membri della famiglia a tutti gli effetti. Nunn può solo consolarsi con la pelliccia rossa di King Devil appesa alla parete, il trofeo di una vittoria che alla fine si è rivelata vana, chiusa ironica di HH.

Un semplice riassunto della trama può dar l’idea che Horn sia soltanto una storia di caccia e, già come tale, si prefigura interessante. In realtà quella è soltanto la facciata di una storia più profonda che deriva non solo dagli effetti che l’ossessione di Nunn avrà sugli altri personaggi e su se stesso, ma anche dalle forze che influiscono sulle vite degli abitanti del paesino di Little Smokey Creek.

Anche per HH, come per MP, l’ambientazione gioca un ruolo fondamentale grazie alla precisione con cui Arnow la presenta. Secondo Wilton Eckley, infatti, se lo si analizza come una serie di fatti che accadono nel paesino di Little Smokey Creek, il romanzo mostra molte caratteristiche tipiche del colore locale, tuttavia “Horn goes far beyond local color, for Mrs. Arnow is not the kind of Realist who produces merely a photographic and

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37 phonographic copy of real life. On the contrary, her Realism exposes the minds of the

characters – their fears, their desires, their hates, and their loves.14”

E in tutto questo processo, Arnow fa emergere una compassione per gli abitanti delle colline che non è frutto di un punto di vista sentimentale, ma piuttosto di un onesto distacco emotivo e di un’intransigente integrità artistica.

Little Smokey Creek è, secondo Eckley “an isolated world that to many of its inhabitants is the only one they know. […] people are born, live their lives, and die within the sounds of the hunting horns that echo from the hillsides […] when a fox may be

running.”15

A un primo sguardo, il quadro che ci viene presentato vede l’uomo e la Natura che si fondono in una calma semplicità pastorale. Ma è una visione ingannevole poiché, se si guarda oltre le apparenze, l’uomo e la Natura sono impegnati in una lotta senza fine per la sopravvivenza.

Il mondo di Little Smokey Creek è condizionato non solo dalla Natura implacabile, ma anche da ingenue superstizioni che vanno dalla credenza nella stregoneria a un fondamentalismo religioso che razionalizza ogni sofferenza umana come prerequisito per una vita migliore nell’aldilà. Tale fondamentalismo religioso è incarnato dalla figura di un predicatore, Battle John, che ricomparirà qualche anno più tardi nel terzo romanzo della trilogia, The Dollmaker. Battle John dipinge il paradiso come una Terra Promessa, e descrive l’inferno come un luogo violento popolato da mostri terrificanti simili a serpenti che si avvolgono attorno ai corpi dei peccatori. Così dicendo, getta terrore nel cuore della sua congregazione di fedeli. Basato sulla tensione continua tra speranza di salvezza e paura della dannazione, questo fondamentalismo genera “a pattern of self-righteousness,

14

Cfr. Eckley, Wilton, op. cit., 1974, p. 64.

15

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38 hypocrisy, and restriction that exerts a strong influence on the daily life in Little Smokey

Creek,”16 un’influenza che, se sovrapposta a un ambiente già di per sé limitante, si oppone

contro ogni tentativo di rottura con gli usi e i costumi del luogo.

Pertanto, l’ambiente insidioso, le superstizioni e il fondamentalismo religioso influenzano la vita dei singoli personaggi del romanzo. Questo dà al libro il suo significato più profondo.

Su questo livello, la storia è vista attraverso i quattro personaggi principali, ognuno dei quali mostra un diverso punto di vista: Nunn Ballew, Milly Ballew, Suse Ballew e Sue Annie Tiller.

Nel suo saggio su Arnow, Wilton Eckley sostiene che vari studiosi hanno definito Nunn come una specie di Natty Bumppo del Ventesimo secolo, ossia il personaggio principale de I racconti di Calza di Cuoio di James Fenimore Cooper che, figlio di genitori bianchi, cresce con i nativi americani, diventando un guerriero coraggioso e abile con molte armi, soprattutto il fucile. Occhio di Falco (uno dei tanti soprannomi con cui Bumppo è conosciuto) rispetta la foresta e tutti i suoi abitanti, e caccia solo ciò che gli

serve per sopravvivere17. In un altro senso, tuttavia, è descritto come discendente

dell’uomo di frontiera tratteggiato da Hector St. John de Crevecoeur, scrittore franco-americano vissuto tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo: il coltivatore diventato cacciatore, che ripone fiducia nella fecondità naturale della terra e, nel processo, trascura i

suoi campi18. Ma secondo Eckley nessuna di queste descrizioni si addice completamente a

Nunn, né lui è una sintesi delle due. Egli è fondamentalmente un brav’uomo che ama i suoi famigliari e desidera solo il meglio per loro, solo che a un certo punto si fa ossessionare dal rituale della caccia. Ma il desiderio di uccidere King Devil è riconducibile alla 16 Ivi. 17 Cfr. Ibidem, p. 69. 18 Cfr. Ibidem, p. 70.

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39 manifestazione esteriore di qualcosa che divora la sua anima, qualcosa che nemmeno la morte della volpe riuscirà a cancellare. Diversamente dagli altri cacciatori, che attribuiscono a King Devil poteri sovrannaturali, Nunn considera la volpe nient’altro che un ammasso di carne e sangue. Ciononostante la rispetta: sente un legame mistico con l’animale, come se entrambi vivessero in un mondo a parte, un mondo sconosciuto al resto di Little Smokey Creek. Questo sentimento di unione che Nunn sente per King Devil non è strano, poiché lui è un uomo che si sente a proprio agio col mondo naturale. Anche se in molte occasioni trascura la coltivazione in favore della caccia alla volpe, nondimeno lui ama la sua terra e il suo bestiame. Quando lavora la terra si sente contento, orgoglioso. Tuttavia, la sua connessione con King Devil può configurarsi in maniera molto diversa, poiché mentre cerca di sconfiggere la volpe, cerca altresì di vincere un profondo conflitto interiore. Per gli altri uomini di Little Smokey Creek la caccia rappresenta una via di fuga dalla monotona esistenza quotidiana, e quindi non è altro che un divertimento. Nunn non caccia perché si diverte a farlo, ma perché deve dimostrare qualcosa a se stesso e a chi lo circonda: sta cercando di battersi in favore dell’umanità. A questo proposito Eckley lo paragona al capitano Achab di Moby Dick:

Just as Ahab cannot accept Father Mapple’s life view, neither can Nunn accept Preacher Samuel’s or Battle John’s. If Moby Dick tasked Ahab, King Devil tasks Nunn – and the eternal struggle between man and nature is joined once more. Ahab was not satisfied with just acquiring whale oil on his voyage, and Nunn is not satisfied with just making the earth yield crops. His quest must be more dramatic, more definitive.19

In questo caso, King Devil simboleggia tutti gli aspetti più distruttivi di una Natura che mette alla prova l’uomo. Ecco perché per Nunn era così importante appendere alla parete la pelliccia rossa della volpe: essa avrebbe rappresentato infatti l’emblema di una vittoria duratura, o almeno questo è ciò che lui aveva pensato in un primo momento, ma ben presto i fatti dimostreranno la futilità di quell’atto. È cacciando King Devil che Nunn si sente più vivo. Ma a differenza di Achab, man mano che la caccia si protrae, egli non

19

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40 acquisisce un’aura di nobiltà agli occhi del lettore, piuttosto ne perde la stima: con la sua ossessione, infatti, distrugge gradualmente coloro che ama.

Nunn rappresenta certamente un punto di vista significativo nel romanzo, è un personaggio ben definito, tuttavia i personaggi femminili della storia sono altrettanto importanti.

Milly Ballew, la moglie di Nunn, è la tipica donna di montagna, perennemente sofferente, ma che non si lamenta mai e accetta con filosofia qualunque cosa la vita porti. Il mondo di Milly è rappresentato dai figli, dal marito – il cui giudizio metterà in dubbio solo alla fine, quando scoprirà che ha venduto i cani – dalla casa e dal paesaggio naturale che la circonda, dalla religione nella quale cerca rifugio da una vita piena di asperità, e dai cani. È consapevole del posto di una donna a Little Smokey Creek, in cui Milly si trova a proprio agio, ne conosce i luoghi, i suoni, i profumi, e anche le minacce. La sua più grande gioia è quando in casa ogni scaffale è colmo di provviste per l’inverno imminente, la sua paura, invece, è quella di non aver abbastanza cibo per superare l’inverno.

All’inizio del romanzo, Milly si trova faccia a faccia con King Devil in un confronto simbolico tra due figli della Natura. Nessuno ha mai visto la volpe così da vicino. A questo punto Milly non sa ancora che King Devil è in realtà una femmina, ma più tardi sarà proprio lei ad accorgersene passando una mano sul ventre gonfio della volpe. Da quel primo incontro, Milly e King Devil sembrano destinate a giocare ruoli strettamente connessi. Saranno infatti Nunn e i cani, parte della famiglia di Milly, che alla fine distruggeranno King Devil, ma solo dopo che Milly l’avrà inavvertitamente spaventata, facendola deviare dalla sua normale via di fuga, per aver acceso una lanterna in una fenditura. E sarà King Devil che indirettamente porterà la distruzione nella famiglia di Milly.

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41 Suse Ballew, figlia di Nunn e Milly, è un personaggio che, anche se nato e cresciuto a Little Smokey Creek, non vi appartiene del tutto. Più simile al padre che alla madre, Suse vorrebbe fuggire dall’ambiente duro e monotono in cui vive. E invidia King Devil e la sua libertà. Appena dodicenne all’inizio della storia, Suse, costretta a fare i conti con un mondo di adulti, cresce in fretta senza mai aver realmente sperimentato l’infanzia. E man mano che il tempo passa, aumenta il suo desiderio di liberarsi da quell’ambiente, che è il solo che conosce. Malgrado ciò, riesce comunque a gioire di quel poco che il mondo in cui è costretta a vivere ha da offrirle, anche se riconosce i limiti che impone ai singoli individui. Questa sua consapevolezza ci garantisce un ulteriore punto di vista sul romanzo: Suse è una ragazza intelligente, sveglia, con una fervida immaginazione, che s’impegna tantissimo nello studio perché spera che, una volta al college, potrà finalmente lasciarsi tutto alle spalle.

Suse invidia Lureenie Cramer, personaggio secondario, il cui marito, Rans, è andato a lavorare a Cincinnati e le manda regolarmente del denaro. Insieme a Lureenie, Suse sogna una vita nella grande città. Per Lureenie il sogno sembra realizzarsi quando Rans va a prendere lei e i bambini, ma presto si trasforma in un incubo dopo che, rimasta di nuovo incinta, è costretta a tornare a Little Smokey Creek perché il marito non può più mantenerli a Cincinnati. Una volta tornata a casa, la giovane vive di espedienti e mantiene la famiglia con bacche e ghiande. Quando la comunità si rende conto della sua situazione, ormai è troppo tardi e lei morirà durante il parto a causa del deperimento fisico.

È in occasione del suo funerale che tutte le ipocrisie generate dal fondamentalismo di Battle John vengono a galla: dato che durante il travaglio la donna ha invocato la morte, secondo la mentalità gretta degli abitanti di Little Smokey Creek è dannata alla perdizione. Si preoccupano per la sua anima che, molto probabilmente, brucerà all’inferno. E questo comportamento, questo modo di pensare, Suse non riesce a tollerarlo: ha letto la Bibbia e

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42 le è stata di conforto, pertanto rigetta l’interpretazione che ne fanno i fondamentalisti come Battle John o sua madre. È sua ferma convinzione che invece di preoccuparsi tanto dell’anima di Lureenie ora che è morta, i suoi concittadini avrebbero dovuto preoccuparsi di lei fintanto che era ancora viva, evitando che morisse di stenti.

Mentre Suse canta nel coro, durante un incontro della congrega, vede Mark Cramer, il fratello del marito di Lureenie, al quale aveva scritto in segreto mentre lui si trovava a Detroit. Il ragazzo riesce a sedurla e lei resta incinta. Le propone il matrimonio ma Suse, ancora ignara di aspettare un bambino, rifiuta perché non vuole restare a casa ad aspettare un marito che lavora in un’altra città o che è andato in guerra. A quel punto, prima di partire, lui le dà quaranta dollari che lei provvede a nascondere sotto un sasso in un boschetto vicino casa sua. Quel denaro le servirà per lasciare una volta per tutte Little Smokey Creek. Ma un fuoco acceso da Nunn per bruciare alcune sterpaglie divamperà nei boschi, distruggendo tutto ciò che incontra, compreso il denaro nascosto. In tal modo vanno letteralmente in fumo tutte le speranze di fuga della ragazza.

Per una ragazza di montagna restare incinta prima del matrimonio non era una novità e la soluzione, di solito, era un matrimonio forzato. Così, Nunn si trova a dover decidere il destino della figlia davanti alla congregazione riunita. Sicura che suo padre non si inchinerà ai voleri dei suoi concittadini con cui si è sempre scontrato, Suse, piena di vergogna, resta sbalordita quando lui proclama di fronte a tutti che casa sua non ospiterà nessun bastardo e lei dovrà sposare il padre del bambino. Per ottenere l’approvazione dei compaesani egli, dunque, tradisce la figlia e, così facendo, anche il lettore. Eckley sottolinea come, ironicamente, la vittoria di Nunn sulla volpe abbia generato la sconfitta di

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43 Suse e “symbolically and tragically she is nailed to the wall in the same way that King

Devil’s hide is.”20

Sue Annie Tiller, uno dei personaggi più pittoreschi di HH, è una persona pragmatica, che dice sempre quello che pensa e che ha le proprie opinioni sulle usanze di Little Smokey Creek. Lavora come levatrice ma, molto spesso, veste anche i panni del medico del luogo. Ma soprattutto è una sorta di coscienza vivente per i suoi vicini. Sue Annie non si fa impressionare dalle superstizioni, né dal fondamentalismo religioso; è la legge di se stessa e ha un proprio codice e un proprio sistema di valori. È fonte di forza per tutti i cittadini di Little Smokey Creek, in particolare per donne e bambini. Anche questo personaggio, come il predicatore fondamentalista Battle John, ricomparirà in The Dollmaker.

Ciò che rende HH uniforme non è la volpe, bensì la fusione armoniosa di trama, ambientazione e personaggi che, insieme, forniscono un ritratto veritiero della vita sulle colline del Kentucky e della vita in generale.

3.3 The Dollmaker

Come si è visto, Harriette Arnow non ha scritto un solo libro, tuttavia, l’unico suo romanzo che viene ricordato e che continua ad essere stampato è The Dollmaker, considerato la sua opera migliore e di cui ho tradotto alcuni capitoli.

Si tratta del ritratto di una famiglia appalachiana che, a un certo punto della storia, si unisce alle migliaia di persone che hanno preso parte alla seconda fase della Grande Migrazione verso le città industrializzate del Nord. A tal proposito Kathleen R. Parker sostiene che “Harriette Arnow’s account of a Kentucky hill family’s World War II

20

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44 migration to Detroit provides rich insight into how individual human realities were

painfully recast in that transforming collective event.”21

The Dollmaker, che si apre sulle colline del Kentucky e si chiude in un viale

ingombro di case popolari a Detroit, è dall’inizio alla fine la storia di Gertie Nevels, personaggio che s’impone su tutti gli altri. Attraverso i suoi occhi il lettore vede il contrasto tra la vita sugli Appalachi e la vita in una città industrializzata, nonché la distruzione di una famiglia mano a mano che i membri cercano di adattarsi alla transizione, dal modo di vivere rurale a quello urbano. E nel corso della storia è Gertie che, più o meno come Louisa di MP, arriva gradualmente alla piena comprensione della vita in generale e della sua in particolare.

La famiglia di Gertie è composta da suo marito Clovis e cinque figli – Clytie, quattordici anni; Reuben, dodici; Enoch, nove; Cassie, cinque; e Amos, tre. Vivono in un misero appezzamento di terra in affitto e, come molti altri intorno a loro, devono costantemente lottare per esistere. Siamo negli anni Quaranta e la Seconda Guerra Mondiale è in corso. Quasi tutti gli uomini giovani sono stati chiamati alle armi oppure sono stati attirati nelle città del Nord da lavori ben retribuiti. Clovis si autodefinisce meccanico e trasportatore di carbone part-time, vorrebbe andare a cercare lavoro a Detroit, ma Gertie si oppone a questo suo desiderio.

L’obiettivo di Gertie per la famiglia è quello di avere un giorno un pezzo di terra tutto loro. All’insaputa di Clovis, per anni ha risparmiato su ogni centesimo per poter realizzare il suo sogno: comprare la fattoria dei Tipton, una tenuta abbandonata di proprietà dello zio John. Gertie riceve un lascito di trecento dollari dal fratello Henley, rimasto ucciso in guerra. Tale somma è sufficiente ad acquistare la tanto agognata fattoria. Clovis,

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Cfr. Parker, Kathleen R., “American Migration Tableau in Exaggerated Relief: The Dollmaker” in Chung, Haeja K. (ed.), Harriette Simpson Arnow - Critical Essays on Her Work, Michigan State University Press, 1995, p. 203.

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45 nel frattempo, è stato convocato a Cincinnati per la visita medica obbligatoria delle forze armate. Lì scopre che non verrà arruolato immediatamente, e così, invece di tornare a casa, va a Detroit e trova lavoro in fabbrica. Gertie, nel frattempo, dà allo zio il denaro per la fattoria dei Tipton e si accinge a rimetterla in sesto con l’aiuto dei figli. Clovis, tuttavia, pretende che lei lo raggiunga a Detroit. A causa delle pressioni che le fanno sia la madre che lo zio, Gertie riprende il denaro e lo usa per trasferirsi a Detroit con i figli, dove l’aspetta una nuova vita.

Una volta in città la famiglia si stabilisce in un minuscolo appartamento di tre stanze nel complesso di case popolari che ironicamente si chiama Merry Hill. File e file di appartamenti claustrofobici dalle pareti sottili, Merry Hill non è solo un conglomerato di varie nazionalità, religioni, e ambienti sociali, ma è anche uno strano miscuglio di pregiudizio e carità, un luogo dove le persone litigano per un nonnulla, e tuttavia anche un luogo dove molti di loro andranno in aiuto del loro prossimo in tempi di crisi. Per la prima volta, la famiglia entra in contatto con concetti come acquisti a credito, sindacato dei lavoratori, istruzione di massa, radio, cinema, fumetti, e molti altri aspetti di una complessa ambientazione urbana.

Clovis è piuttosto soddisfatto della loro condizione, e tra i bambini, Clytie ed Enoch imparano in fretta i modi di città. Per Gertie, tuttavia, come anche per Cassie e Reuben del resto, l’adattamento non sarà altrettanto facile. Reuben alla fine scappa di casa e torna in Kentucky a casa dei nonni, mentre Cassie, in una delle scene più drammatiche del romanzo, muore investita da un treno. Gertie vuole disperatamente tornare a casa, ma Clovis, che forse per la prima volta si sente importante grazie all’indipendenza finanziaria recentemente acquisita, rifiuta categoricamente di tornare in Kentucky.

Per un po’ Gertie sembra aver perso le speranze, ma alla fine capisce che non ha alternativa se non adattarsi alla nuova vita a Detroit, per il bene suo e della famiglia. La

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46 realtà nuda e cruda è che il debito contratto da Clovis a forza di acquistare a credito e la tomba di Cassie li tratterranno lì per sempre. Gertie capisce anche che tutti gli abitanti di Merry Hill hanno i propri sogni – le loro fattorie Tipton – e che sotto il loro aspetto duro si cela un potenziale di gentilezza umana.

Intrecciato alla trama c’è il motivo dell’arte dell’intaglio, strettamente legato alla tematica del romanzo. Gertie, come suo padre, è un’abilissima scultrice del legno ed è estremamente abile nell’intagliare qualsiasi cosa, che siano manici d’accetta o bamboline. Il suo progetto più ambizioso, tuttavia, è ricavare da un enorme ceppo di ciliegio una statua di Cristo ridente con una tuta da lavoro come quelle indossate dai contadini del Kentucky. Malgrado ciò non sarà mai in grado di trovargli un volto adatto poiché, nel corso del romanzo, nella sua mente il volto di Cristo sarà sostituito da quello di un Giuda pentito nell’atto di restituire i quaranta denari. Come Giuda anche lei si sente colpevole per tutto ciò che è capitato alla sua famiglia: dalla fuga di Reuben, che avrebbe potuto scongiurare evitando di incoraggiarlo ad adattarsi alla nuova realtà urbana, alla morte di Cassie, avvenuta poco dopo averle impedito di parlare con l’amichetta immaginaria.

Così, quando riceve l’ordinazione di diverse statuine di legno, non avendo denaro da sprecare per comprare il materiale necessario, decide di portare il ceppo dal taglialegna. Nell’ultimo dialogo, mentre il taglialegna dà a Gertie la sua accetta per poterlo fare a pezzi, il lettore apprende ciò che la stessa Gertie ha appreso: un unico volto non può racchiudere in sé la complessità delle sofferenze umane:

He touched the wood where the face would have been, and nodded, “Christ yu meant it to be – butcha couldn’t find no face fu him.” She shook her head below the lifted axe. “No, they was so many would ha done; they’s millions and millions a faces plenty fine enough – fer him. ” She pondered, then slowing lifted her glance from the block of wood and wonder mixed in the pain. “Why, some a my neighbors down there in the alley – they would ha done.”22

Su questa nota, The Dollmaker si conclude.

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47 A proposito della Kentucky Trilogy Barbara L. Baer scrive:

In the Kentucky novels, Mrs. Arnow succeeds so well in placing her characters in their setting, and giving them individuality, that one forgot one was reading about strange and unfamiliar people. The realism of the Kentucky trilogy resides not only in its exceptionally well done details of speech and daily life but in the central truths about the characters’ souls23.

Dopo la trilogia sul Kentucky Arnow scrisse altri romanzi, nessuno dei quali, tuttavia, può essere considerato all’altezza dei primi tre. Nei romanzi più recenti manca, infatti, quel senso di intimità tra lettore e personaggi che aveva caratterizzato i lavori precedenti dell’autrice.

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