• Non ci sono risultati.

1. La Strategia Nazionale per le Aree Interne

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. La Strategia Nazionale per le Aree Interne"

Copied!
46
0
0

Testo completo

(1)

La Strategia Nazionale

per le Aree Interne

Iniziamo questo percorso di conoscenza dei territori interni con-siderando gli atti e i documenti di programmazione politica ed eco-nomica che allo stato attuale li hanno per oggetto. Nel seguito ci sarà molto utile approfondire con un’ ampia digressione di carat-tere multidisciplinare gli eventi, i provvedimenti e i fenomeni che nel corso degli anni sono causa dell’attuale situazione.

Il principale riferimento per chi dall’interno delle Pubbliche Amministrazioni si trova a vivere, lavorare e governare un territorio marginale, in termini di possibilità progettuali e di investimenti in grado di sostenere misure di riorganizzazione di beni e servizi di interesse comune, è attualmente senza dubbio la Strategia Nazionale per le Aree interne.

Questo nome non è soltanto l’identificativo di uno specifico atto di carattere politico-economico; è piuttosto un progetto complessivo, conoscitivo e operativo, che guarda da un lato al periodo di program-mazione dei Fondi Europei 2014-2020,1 dall’altro a una larga parte

1 I fondi europei sono organizzati in programmi tematici, dedicati a specifici obietti-vi. All’interno dei programmi sono organizzati i fondi.

Per ogni fondo vengono emanati i bandi, che delineano le caratteristiche dei pro-getti meritevoli di finanziamento e le scadenze per la presentazione delle domande. La politica dei fondi Europei si sviluppa su periodi di sette anni. Quello in

(2)

del territorio nazionale, con la volontà di elaborare un complesso di misure da mettere in campo per questa categoria territoriale. A tal proposito non è un caso come a partire dal 2011, l’allora Governo Monti, abbia riconosciuto la necessità di costituire uno specifico Mi-nistero con delega alla Coesione Territoriale, retto fino alla primave-ra del 2013 da Fabrizio Barca e nell’anno successivo duprimave-rante il Go-verno Letta da Carlo Trigilia.2 In questo periodo, durante l’attività del Ministero, nasce e si sviluppa la Strategia per le Aree Interne. Prima di descrivere e definire con precisione l’attività della Stra-tegia giova ricordare alcuni capisaldi introduttivi per poter com-prendere la centralità della questione nel panorama nazionale. Il cammino delle misure per le aree periferiche del Paese infatti non nasce certo nei primi anni del nuovo millennio; in quella fase semmai trova una formalizzazione più compiuta, come vedremo in seguito. È anzitutto interessante notare come il tema sia qualcosa di più di un combinato di leggi, disposizioni o provvedimenti economici. La coesione sociale anche in relazione ai territori, è argomento della Costituzione Repubblicana, che ne sancisce il rilievo e l’importan-za. Un rilievo tale da meritare uno spazio specifico all’interno dei principi fondamentali della carta costituzionale; all’ articolo 3 la Re-pubblica riconosce specificatamente fra i suoi compiti la rimozione di tutte quelle condizioni economiche e sociali capaci di minacciare l’uguaglianza dei cittadini.3 Rifacendosi a tale principio emergono più volte i riferimenti alle condizioni territoriali riconosciute come particolarmente fragili. È il caso dell’articolo 44, che stabilisce gli

quale vengono determinati i programmi e i bandi. Per quel che riguarda la Strate-gia Aree Interne, i finanziamenti sono della categoria fondi strutturali, ovvero eroga-ti dalla Comunità, ma geseroga-tieroga-ti dai Paesi membri attraverso i PON (Programmi Operaeroga-ti- Operati-vi Nazionali) e i POR (Piani OperatiOperati-vi Regionali). In Italia vengono gestiti dalle Regioni. 2 Con l’insediamento del Governo Renzi, il Ministero per la Coesione Territoriale ha perso la propria autonomia. Dapprima tale delega è stata assegnata al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, fino alla sua nomina a Ministro delle Infrastrutture e dei Tra-sporti il 2 aprile 2015. In seguito la delega non è più stata assegnata, essendo nata l’Agenzia per la Coesione Territoriale afferente al Ministero dell’Economia e delle finanze. L’attuale Governo Gentiloni ha inteso invece riproporre il Ministero per la Coesione Territoriale abbinato alle de-leghe del Mezzogiorno, reistituzione di un ministero che mancava dagli inizi degli anni Novanta. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza

distin-zione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e socia-le, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizza-zione politica, economica e sociale del Paese. Art.3, Costituall’organizza-zione della Repubblica Italiana.

(3)

obiettivi e definisce i principi generali dello sfruttamento e dell’in-tervento sui suoli; al secondo comma si prevede come la legge possa disporre specifici provvedimenti a sostegno delle zone montane.4 E anche l’Ordinamento dello Stato, definito nella Parte Seconda della Costituzione, tiene conto di quanto citato precedentemente, stabilendo all’articolo 119, commi 4 e 6, la creazione di un fondo perequativo in favore dei territori a minore capacità fiscale e l’indi-viduazione di risorse aggiuntive e interventi speciali in sostegno di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.5 Solide basi ancora attualissime a settant’anni di distanza, su cui si in-nesta una complessa vicenda a luci e ombre che ripercorreremo nei ca-pitoli successivi e che ci conduce fino alla Strategia per le Aree Interne. Il percorso della Strategia, per sua stessa natura complesso, multi-disciplinare e a più livelli, vede il suo inizio in seno al Ministero per la Coesione Territoriale guidato da Fabrizio Barca. Nel rapporto tra-smesso dal Ministro alla Commissione Europea il 9 dicembre 2013 sono contenuti definizioni, obiettivi, strumenti e governance. Per Aree interne si riconoscono quelle zone significativamente di-stanti dai centri di offerta di servizi essenziali (in particolare istru-zione, mobilità e salute) ricche di importanti risorse ambientali e culturali diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione. Estremamente significativa l’estensione di tali aree, nelle quali vive oltre un quarto della popolazione, distribuita in più di quattromila Comuni (più della metà del totale naziona-le), per un estensione territoriale che supera il 60% del Paese. Tali aree sono caratterizzate da procesi e dinamiche che hanno come elemento critico principale il decremento demografico, talvolta

4 Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la

legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazio-ne del latifondo e la ricostituziotrasformazio-ne delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La Legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane. Art.44, Costituzione della

Repubblica Italiana.

5 La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per

i territori con minore capacità fiscale per abitante. Art. 119, comma 4, Costituzione della

Repubblica Italiana. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà

sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di de-terminati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Art. 119, comma 6, Costituzione

(4)

sotto la soglia critica,6 e da un corollario di fenomeni come la ri-duzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, l’offerta calante di servizi pubblici e privati, il deperimento e il degrado del patrimonio paesaggistico, ambientale e culturale. In esse si ravvisano tendenze economiche e sociali ulteriormente debili-tanti, esito talvolta di uno sfruttamento eccessivo di risorse na-turali o di un utilizzo irrispettoso del territorio, o viceversa di-namiche virtuose di valorizzazione, di ringiovanimento della popolazione e di cooperazione fra i vari livelli amministrativi. Un quadro complesso in cui l’obiettivo ultimo dichiarato della Strate-gia è l’inversione del trend demografico, che si sviluppa attraverso due obiettivi intermedi tra loro interdipendenti: il mercato e il lavoro.7 L’ evoluzione delle aree, oggi considerate interne, è soltanto som-mariamente tratteggiata nel documento, che fa emergere la duali-tà attuale fra poli e zone marginali come il risultato di una crescita economica sviluppatasi secondo caratteri di diffusione e polarizza-zione. Se infatti sul piano nazionale si può parlare di un’ industria-lizzazione che raggiunge dal dopoguerra in poi gran parte delle città, anche medio piccole, dall’altra si può rilevare come tale processo abbia saputo attrarre o organizzare soltanto parti delle stesse città o dei sistemi territoriali. Tale tendenza, omogenea anche al di là del-le specificità dei contesti, ha prodotto ovunque, anche nello stesso ambito regionale o provinciale, intensi processi di polarizzazione dell’attività economica. A partire dalla fine degli anni Ottanta, que-sto risultato emerge proprio attraverso una lettura per differenza: dopo quattro decenni di rapida crescita economica l’Italia risulta ca-ratterizzata da un vasto territorio montano e alto collinare in cui si trovano esclusivamente o quasi da centri minori con alle spalle una complessa e lunga fase di impoverimento economico e demografico. È questa una chiave di lettura particolarmente significativa dello sviluppo economico del Paese: accanto alle differenze nelle traiettorie

6 Nella Strategia si fa riferimento alla soglia critica demografica come a quel livello superato il quale una comunità, in assenza di fenomeni esterni, si avvia alle condizioni di estinzione. Tale soglia si ritiene superata quando la quota degli over 65 supera il 30% del totale della popolazione.

7 Con “mercato” si intende il fatto che i sistemi locali e i loro attori economici principali si devono confrontare con la domanda e le preferenze di consumatori e investitori nello spazio nazionale, europeo e persino globale. […] Il secondo fattore dello sviluppo locale può essere riassunto con il termine “lavoro”. La traiettoria seguita dalle Aree interne negli ultimi decenni “ha svuotato” il territorio di lavoro. Da Strategia nazionale per le Aree

(5)

di sviluppo tra macro-regioni (Nord-Sud e Nord-Centro-Sud) si pos-sono individuare le differenze nelle direzioni di crescita all’interno di ciascuna regione e macro-regione. Ma mentre la prima delle due dinamiche è stata al centro del discorso pubblico nazionale, le rilevanti differenze che si stavano manifestando all’interno delle macro-regioni tra aree centrali e aree periferiche è rimasta una questione locale o regionale.

Tale modalità interpretativa lascia spazio, a poco a poco, alla visione dello sviluppo locale contrapposto a quello macro-regionale sul finire degli anni Ottanta. A quel punto ci si inizia a accorgere dell’esistenza di ampie porzioni di territorio de-antropizzato e con una parte con-sistente di capitale territoriale non utilizzato. L’ elaborazione di uno sguardo capace di riconoscere i sistemi locali ha consentito quindi di esaminare con la giusta attenzione territori, temi e problemi che era-no stati tenuti in secondo piaera-no, e si è iniziato a percepire e mostrare le specificità territoriali, nelle loro potenzialità, debolezze, bisogni. Nelle fasi preliminari della Strategia, si pone l’accento sulle condizioni iniziali per l’ operatività e l’intervento nelle aree interne.Ineludibili quattro considerazioni:

• Le aree interne dispongono di un grande patrimonio di capitale territoriale non utilizzato, che ha prodotto “paesaggi dell’abban-dono” composti da patrimonio edilizio in disuso, conoscenze tra-dizionali non più attivate e sistemi semi-naturali non utilizzati. • I territori marginali, in forme diverse, patiscono al pari

dei grandi centri urbani i costi sociali generati dai proces-si di produzione e di consumo realizzati secondo le attua-li modaattua-lità. Fra i vari e allarmanti fenomeni si inscrive il dissesto idrogeologico e la perdita di biodiversità.

• Nelle zone interne si può apprezzare un livello di diffuso disagio sociale legato alla carenza di servizi di base che identificano la cittadinanza.

A tali tre livelli di analisi se ne somma un altro:

• In assenza di interventi, molte delle aree in questione, in cui si ravvisano i tre precedenti processi, sono destinate a un aggravamento inerziale delle proprie condizioni, che potrebbe

(6)

subire accelerazioni o rallentamenti dovuti a condizioni esterne soprattutto di carattere economico.

Quest’ultimo assunto, per quanto a prima vista banale, indica al-cune caratteristiche fondamentali delle aree interne ossia la loro varietà, il loro essere un sistema in evoluzione, la loro integra-zione, se non altro fisica, con i contesti territoriali del Paese. Il carattere di varietà delle aree interne italiane qui introdotto, as-sume un significato particolare e molto opportuno se si conside-rano le profonde differenze che le caratterizzano da cui devono dunque discendere scenari evolutivi specifici. Vedremo nel segui-to dell’analisi della mesegui-todologia della Strategia come si è inteso tener conto di questo principio di pluralità delle condizioni stori-che, morfologistori-che, insediative, produttive delle aree interne.

Ci limitiamo per il momento a riportare il modello di intervento utilizzato da questo strumento: esso si basa su un duplice livello di osservazione delle aree interne. Da un lato uno sguardo nazionale, capace di descriverne la distribuzione, la varietà, le caratteristiche di confronto reciproche ma anche di rimuovere quegli ostacoli talvolta presenti nei contesti locali. Dall’altro uno sguardo locale in grado di declinare in una chiave adeguata al contesto i progetti locali idonei alla promozione dello sviluppo.8

Per concludere questa estrema sintesi degli obiettivi e della de-finizione della Strategia, il Rapporto ribadisce l’obiettivo prima-rio di intervento sulle precondizioni dello sviluppo locale, quei servizi minimi che si qualificano come diritti di cittadinanza, ir-rinunciabili per ogni traiettoria di sviluppo. Se il territorio in-fatti non offre in misura adeguata i servizi scolastici, sanitari e di trasporto, qualsiasi iniziativa non produce i risultati attesi.

1.2 Identificazione e organizzazione territoriale delle

Aree Interne

Il secondo capitolo del Rapporto si occupa di tracciare i primi passi

8 Tale approccio limita tra l’altro, l’illusione del progetto locale (ritenere che i luoghi di-spongano di tutte le risorse economiche e cognitive necessarie per realizzare efficaci stra-tegie di sviluppo) sia l’irrealtà del progetto nazionale (ritenere che una strategia nazionale possa raggiungere i suoi obiettivi senza la condivisione con la comunità locale).

(7)
(8)

per la metodologia di analisi dei territori compresi nella definizio-ne di Aree interdefinizio-ne. Una definiziodefinizio-ne complessa, che non può esau-rirsi in una rigida determinazione territoriale vincolata a indicatori di soddisfazione di standard, ma che appartiene necessariamente alla valutazione collettiva dei cittadini che vivono in tali aree.9 Tale assunto, integrato con il carattere policentrico costitutivo del territorio italiano, porta all’elaborazione di tre presupposti teorici, da cui prende le mosse l’operazione di mappatura delle aree interne. In particolare:

• L’Italia è caratterizzata da una rete di centri urbani estre-mamente fitta e differenziata; tali centri offrono una rosa estesa di servizi essenziali, capaci di generare importan-ti bacini di utenza e di fungere da attrattori anche a distanza. • Il livello di perifericità in senso spaziale dei territori rispetto

alla rete dei centri urbani influenza la qualità della vita dei cittadini e il loro livello di inclusione sociale.

• Le relazioni funzionali che si creano tra poli e territori più o meno periferici possono essere molto diverse.

Individuando come centri di offerta di servizi quei comuni o aggrega-ti di comuni in cui è presente tutta l’offerta di servizi scolasaggrega-tici di se-condo grado, una struttura sanitaria dotata delle principali funzioni di assistenza, cura, emergenza e urgenza e una stazione ferroviaria di categoria Silver, i restanti comuni vengono classificati in 4 fasce: aree di cintura, aree intermedie, aree periferiche e aree ultraperiferiche. Il criterio di classificazione scelto è stato un indicatore di accessi-bilità in termini di minuti di percorrenza dal polo più prossimo. Secondo questo primo criterio, che potremmo definire di lon-tananza rispetto alle categorie di servizi (scolastici, sanitari e di trasporto), risultano essere 4261 i comuni interni (sommando i comuni ricadenti nelle aree intermedie, periferiche e ultra-peri-feriche), oltre il 53% del totale nazionale, per una percentuale del 23% dei cittadini italiani pari a oltre 13 milioni di abitanti che risiedono in una porzione che territorio che supera il 60%. A tale

9 Se per Aree interne intendiamo, come indicato dal Rapporto, quella parte maggioritaria del territorio italiano caratterizzata dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali, emerge chiaramente la difficoltà nel definire un’unità di misura di significatività della distanza o di irrinunciabilità dei servizi cui si riferisce la definizione.

(9)

criterio di classificazione territoriale la Strategia abbina l’analisi di alcuni significativi andamenti demografici e socioeconomici. Il dato relativo alla presenza di popolazione in serie storica nei centri peri-ferici e ultraperiperi-ferici mostra chiaramente una flessione di residenti ampiamente storicizzata e divenuta fenomeno caratterizzante già a partire dagli anni Sessanta in regioni come la Liguria, il Friuli Ve-nezia Giulia, il Piemonte e il Molise. Parallelamente, e con la stessa costante mai invertita, procede l’invecchiamento della popolazione, che in alcune aree del Centro-Nord supera il 30%. Un impoverimento consistente in termini quantitativi ma anche di carattere qualitativo. Fattori dunque che hanno determinato un allentamento del presi-dio della popolazione sul territorio e un cambiamento estremamen-te significativo nell’uso del suolo e della sua destinazione.

La perdita di superficie agricola utilizzata (SAU), legata al progressi-vo e consistente abbandono di terreni agricoli, interessa tutte le aree territoriali, con interessanti e embrionali fenomeni di permanenza che quasi sempre sono riferibili a produzioni intensive altamente specializzate e spesso presenti anche nelle aree interne. A fianco alla perdita di terreni disponibili per l’agricoltura avanzano a tappe for-zate le estensioni boscate, con un raddoppio negli ultimi settant’an-ni della superficie forestale, che per oltre il 70% è localizzata nelle aree interne, in cui tra l’altro si assiste a un’alta densità di Siti di Interesse Comunitario (SIC) o Zone di Protezione Speciale (ZPS). La caratterizzazione economica e produttiva delle aree interne, parallelamente ai fenomeni di contrazione dei settori “tradizio-nali”, fa registrare una notevole specializzazione, maggiormente orientata in favore del settore primario nelle regioni del Mezzo-giorno, nel secondario in quelle del Centro-Nord, con dimensio-ni orgadimensio-nizzative delle aziende inferiori rispetto a quelle dei centri. Infine, ulteriore elemento di differenziazione delle due velo-cità dei territori, il reddito medio imponibile, che negli anni pre-crisi cresce meno nelle aree interne piuttosto che nei centri. Due criteri di mappatura del territorio dunque (i caratteri fisi-co-morfologici e il livello economico) integrati fra loro, che nel se-guito saranno oggetto centrale della riflessione metodologica.

(10)
(11)

Tabella 1: Andamenti demografici nelle Aree interne delle Regioni Variazione di popolazione - differenza percentuale 1971 - 2011

Polo IntercomunalePolo Cintura Intermedio Periferico perifericoUltra

Piemonte -18 19,3 18,5 -2.5 -27,6 -41 Valle d’ A. -7,6 - 46,3 7 18,1 -Lombardia -17,1 10,3 39,4 8,2 4,5 -1,4 Trentino A.A. 9,7 - 42,4 24,3 15,9 13,9 Veneto -7,7 31,2 38,6 15,9 11,3 -33,3 Fiuli V.G. -13,7 - 19,4 -5 -35,3 -Liguria -24,9 -5,8 4,3 -1 -41,4 -34,3 Emilia R. -0,2 24,5 35,5 14,9 -8,5 -52 Toscana -4,3 15,6 24 -1 -15,6 6,6 Umbria 13,3 9,5 32,1 7,9 5,2 -Marche 5,9 15,2 37 -2,3 -7,5 -Lazio -1 36,2 67,7 59,1 11,2 -27,4 Abruzzo 6,9 42,5 42,5 -2,5 -23,9 -42,8 Molise 44,8 - 17,1 -18,3 -34,7 -46,9 Campania -10,6 38,3 45 3,7 -16,6 10,5 Puglia 3,1 15,3 26,7 17 -1,5 -9,5 Basilicata 25,2 - 57,6 1,9 -10,1 -22,1 Calabria 2,5 8,6 17,2 -1,7 -18,2 -10,6 Sicilia -2,7 5,6 63,2 7,3 -8,1 -21,1 Sardegna -10,9 - 81,5 11,3 -4,5 13,9 Nord - Ovest -18,7 9,1 31,4 2,9 -4,6 -4,8 Nord Est -4 26,1 35,2 15 2,1 2,6 Centro -0,5 20,8 37,4 29,3 -1,8 5,1 Sud -1,6 33,2 35,9 5,1 -14,9 -10,5 Isole -4,3 5,6 67,7 8,1 -7,1 -1,7 ITALIA -6,8 22,7 35,8 11,6 -8,1 -5,3

(12)

3: Matrice per la selezione delle Aree Interne nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne

Analisi Statistica e Descrittiva

Stato e criticità dello sviluppo locale

1. Distanza dai servizi fondamentali: percentule di massima della popolazione appartenente alle “Aree Interne” così come concordemente definite.

2. Struttura e dinamica demografica - dinamica della popolazione

- numero di residenti - percentuale di anziani - popolazione per classi di età

- presenza di immigrati nelle diverse aree

3. Criticità nell’uso del suolo (elementi quantitativi e qualitativi)

- andamenti della SAU

- processi di forestazione/deforestazione - fenomeni di dissesto idro-geologico - rischio frane e rischio sismico 4. Patrimonio culturale e ambientale

- presenza di Aree Protette - presenza di zone SIC e ZPS - patrimonio culturale

- presenza di luoghi dismessi o di spazi pubblici in disuso/ inutilizzati di interesse storico-culturale

5. Struttura Produttiva

- Unità Locali e Addetti nei diversi settori

- Cultura e turismo: domanda (visitatori, arrivi e presenze) - Cultura e turismo: offerta (esercizi ricettivi, posti letto, istituti d’antichità e d’arte)

- Criticità e possibilità di effettivo rilancio di attività manifatturiere

- Dinamiche sulla natalità/mortalità delle imprese (e ciclo di vita delle imprese cessate) con particolare attenzione

(13)

per le imprese individuali e artigiane.

Stato e criticità dei servizi di base

6. Scuola

- distribuzione dei plessi scolastici

- trend delle iscrizioni degli alunni nell’arco temporale considerato

- numero di alunni stranieri - tassi di abbandono scolastico

- numero di docenti con contratti a tempo indeterminato e determinato

- età media dei docenti - mobilità dei docenti - titoli di studio

- organizzazione dei sistemi di trasporto scolastico - numero di centri per la formazione degli adulti 7. Salute

- rete assistenziale ospedaliera e punti di riferimento per l’erogazione-organizzazione della rete sanitaria territoriale, con particolare attenzione a:

- assistenza primaria e modelli di associazionismo - specialistica ambulatoriale e strutture polifunzionali - presenza di farmacie che offrono servizi opzionali - presenza di punti di primo intervento e collegamento con la rete dei servizi di emergenza/urgenza

8. Trasporto Locale

-

accessibilità alla rete ferroviaria (stazione) - accessibilità alla rete autostradale (casello) - accessibilità a un nodo aeroportuale - accessibilit a un nodo portuale

- estesa stradale (di rango provinciale) interna all’area - offerta di servizi TPL ferroviario

- offerta di servizi TPL intercomunale su gomma

- ricognizione degli strumenti di pianificazione esistenti (regionale, provinciale, intercomunale) della mobilità (su ferro e su gomma)

- esistenza di strumenti di monitoraggio dell’offerta di servizi o a supporto dell’utenza (portali informativi sui servizi, siste-mi integrati per la prenotazione e la biglietteria ecc.) - informazioni su orientamenti e eventuali criticità dei processi

(14)

per l’affidamento dei contratti di servizio per la mobilità locale

Associazionismo dei Comuni

9. Associazione di servizi o unioni di Comuni: stato dell’arte e segnali di disponibilità

- presenza di Unione di Comuni (e relative funzioni) - presenza di Convenzioni/Consorzi (e relative funzioni) - capacità dei Comuni di cooperare per l’attuazione delle politiche sociali

- presenza di un Piano di Zona

Analisi qualitativa

10. Potenzialità dei 5 ambiti di intervento

- valutazione della capacità di intervento dei 5 ambiti di intervento individuati di innescare processi di crescita sostenibili e duraturi

- presenza di risorse non pienamente utilizzate rispetto a scenari verosimili di sviluppo della domanda

- opportunità per la creazione di filiere locali

11. Sedimento di progetti validi di sviluppo locale al fine di 5 ambiti

- grado di maturazione progettuale del territorio: esistenza di esperienze virtuose, significative e sostenibili

- frammentazione progettuale versus esistenza di una strategia di sviluppo territoriale e coerente

- trasformazione delle esperienze progettuali in soluzioni sistemiche

- capacità progettuali innovative e capacità sperimentali - presenza di esperienze progettuali partecipate, rilevanti per capacità e modalità di coinvolgimento degli abitanti e nel rapporto con le istituzioni.

12. Leadership attuale o potenziale di uno dei Comuni interessati

- presenza di Sindaci attivi e intraprendenti - leadership riconosciuta dalla comunità locale 13. Capacità di gestione

(15)

- capacità di individuare delle prirità di intervento - capacità di effettuare letture innovative dei territori - dotazione e qualità di dotazioni umane a disposizione dei Comuni

- capacità di gestione comune delle funzioni e dei servizi - presenza di Comunità locali attive nella gestione di servizi, nella tutela del territorio, nella salvaguardia dei “mestieri”

Tabella 2: Principali caratteristiche dei Comuni classificati secondo la me-todologia della Strategia

Caratteristiche dei Comuni per categoria

Numero % Altitudine Popolazione % Variazione 1971 -2011

Polo 219 2,7 145 21.223.562 35,7 -6,8 Polo Intercomunale 104 1,3 166 2.466.455 4,1 22,7 Cintura 3508 43,4 215 22.203.219 37,4 35,8 Intermedio 2377 29,4 395 8.952.266 15,1 11,6 Periferico 1526 18,9 607 3.671.372 6,2 -8,1 Ultraperiferico 358 4,4 627 916.870 1,5 -5,3 TOTALE 8092 100 358 59.433.744 100 9,8

(16)

1.3 Precondizioni, Progetti di Sviluppo Locale e

Governance

Il Rapporto che stiamo esaminando come documento fonda-mentale per gli orientamenti della Strategia per le Aree Interne, ai capitoli 3, 4 e 5 considera immediatamente le misure da intra-prendere per organizzare le azioni in questi territori.

Primo punto oggetto di verifica e di intervento riguarda le già citate precondizioni, vale a dire quel livello minimo dei servizi essenziali, scuola, sanità e mobilità, che se non sufficiente fa decadere qualsiasi altra previsione. Si rileva come la mancanza o l’inadeguatezza di for-nitura e qualità di questi servizi possa essere la miccia di innesco per un circolo vizioso di difficile rimedio che all’emorragia demografica di un territorio fa seguire immediatamente la rarefazione dei servizi. In tale contesto la Strategia prevede da un lato il monitoraggio co-stante della rete dei servizi e della loro organizzazione e efficienza, dall’altro l’eventuale dispiegamento di misure e soluzioni di ribi-lanciamento dei livelli di servizio, qualora ritenuti insufficienti. Tali aspetti, sommariamente introdotti in questa sezione, vedremo in seguito che rappresentano un punto di forza delle intenzioni della Strategia, che consapevole delle difficoltà dei sistemi locali di interconnettersi in una logica di governance allargata a ambiti diversi da quelli amministrativi tradizionali, propone strumenti di significativa innovazione.

Riguardo alla sanità, presidio essenziale di cittadinanza, le attuali scelte si basano principalmente su ragioni di efficienza che assicurino la sostenibilità della spesa coniugata con migliori servizi ai cittadini. Tale processo riguarda principalmente la riorganizzazione della rete territoriale degli ospedali, che sembra imporsi per questioni cliniche (mutato quadro epidemiologico con una netta prevalen-za delle malattie croniche, che necessitano sempre più di stru-menti di cura non ospedalieri ma territoriali) ma anche economi-che (l’esistenza di economie di scala nella produzione di servizi sanitari, alle quali si accompagna l’esistenza di vantaggi clinici in termini di qualità delle cure all’aumentare dei volumi).

Diretto corollario di tali scelte è la chiusura dei piccoli ospedali, sia perché inefficienti in termini di economie di scala, sia perché inef-ficaci dal punto di vista terapeutico. In questo quadro, il riequili-brio dei servizi offerti dai presidi territoriali sostitutivi e integrativi

(17)

di quelli ospedalieri, prende forma secondo modelli “regionali” al-quanto differenti e con una scarsa attenzione per le esigenze speci-fiche delle aree interne e delle popolazioni ivi residenti. Ciò produce quel che nei fatti avviene in gran parte di questi territori ad ogni la-titudine del Paese, in cui si assiste a un allontanamento dei centri di cura che diventano meno numerosi e più grandi rispetto al passato. Per tali ragioni la proposta della Strategia mira ad alcuni obiettivi quali il monitoraggio a livello regionale e nazionale delle conseguen-ze sull’accessibilità ai servizi delle politiche di efficienza; degli effetti prodotti dall’allontanamento dei centri di servizio sanitario su strati specifici della popolazione (in particolare le fasce deboli); dell’impor-tanza di distinguere differenti tipologie di servizi in particolare fra emergenze e diagnostica; dell’individuazione di soluzioni specifiche per alcune patologie di emergenza (come quella cardiaca); dell’ela-borazione di policy innovative che tengano conto dell’importanza delle farmacie e del medico di medicina generale nei piccoli comuni. Il tutto adeguatamente rilevato dalla presa in considerazione delle esigenze specifiche di queste aree nella stesura dei piani sanitari.10 La scuola viene individuata come il principale presidio civile, sociale e culturale; secondo la Strategia, per un territorio, la perdita della pro-pria scuola di riferimento equivale quasi a decretarne naturalmente la compromissione della sua stessa capacita di sviluppo. Quali dun-que le funzioni principali della presenza scolastica? In primo luogo la funzione attrattiva nei confronti dei giovani, che riconoscono in essa una formazione adeguata;11 poi la capacità di fornire ai ragazzi gli strumenti per dare un senso, anche produttivo, alla permanenza nella propria terra; infine l’attitudine, un tempo molto più naturale di oggi, di essere un centro civico. E se nelle Aree Interne, in particolare la seconda funzione di legante fra individui e territorio è ancora più importante di quanto non lo sia in ogni altro contesto, proprio in que-sti luoghi il rapporto tra scuola e territorio si presenta più rarefatto. La smobilitazione della presenza scolastica nelle aree interne è un fat-to ormai decennale: oltre il 40% dei comuni interni non posseggono una scuola media inferiore, mentre le scuole superiori sono presenti

10 Da Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e

governan-ce.

11 Simile in questo punto, la visione della Strategia con quella del Premio Nobel per l’Economia di Amartya Sen, filosofo ed economista indiano, che assegna ai processi di formazione dell’individuo e dunque alla scuola, il compito di fornire ai più tutto ciò che

(18)

soltanto nel 20% di questi. Se a tale dato ormai storico si aggiungo-no le difficoltà organizzative del sistema scolastico, con la diffusione del precariato del corpo docente, si spiegano senz’altro in parte le notevoli fragilità della scuola proprio nelle aree interne, con profitti minori degli studenti (come dimostrato nelle prove Invalsi) rispet-to ai compagni cittadini, e con una maggior dispersione scolastica. Occorre prioritariamente agire al fine di elevare la qualità dell’inse-gnamento, delle infrastrutture e delle dotazioni nei confronti della scuola nelle aree marginali, recuperando e innovando modelli di go-vernance capaci di valorizzare la relazione scuola-territorio e territo-rio-scuola, riappropriandosi della capacità di programmare l’offerta formativa anche rispetto alle esigenze del territorio. La Strategia im-magina quindi non tanto una conservazione dell’esistente; semmai un progetto di sviluppo e valorizzazione del territorio che compensi l’importanza che la presenza della scuola ha in una comunità, con il diritto dei ragazzi ad avere istituti di qualità. Fra le priorità si impon-gono quindi misure atte a “stabilizzare” territorialmente il personale scolastico, interventi di cooperazione fra ambiti amministrativi vici-ni e contermivici-ni in grado di formulare politiche educative integrate e omogenee per garanzia di presenza e qualità del servizio, recupero di un ruolo sociale della scuola nei confronti delle esperienze terri-toriali associative, economiche e culturali, che diventa in tal modo luogo privilegiato di scambio di esperienze radicate e autentiche.12 Fin dalle precondizioni la Strategia si dimostra multidisciplinare. La mobilità rappresenta infatti un filone progettuale teso a com-pensare gli squilibri di presenza e immediata accessibilità ai servi-zi essenservi-ziali. I serviservi-zi di trasporto, rispetto alla scuola e alla sanità svolgono una funzione servente: mentre i secondi presuppongono quasi inevitabilmente la coincidenza fra luogo di fornitura e luogo di fruizione, i primi implicano una relazione spaziale definita dall’o-rigine e dalla direzione degli spostamenti. Si sommano a ciò due connotazioni specifiche degli spostamenti nelle aree interne, dove la domanda di mobilità interessa le merci oltre che le persone e dove si distinguono funzionalmente necessità di spostamento interne a ciascuna area e fra aree contigue e mobilità da e per le aree inter-ne. Si dovrà tenere conto della sostenibilità ambientale, rendendo più efficiente, sicura e rispondente alla domanda i servizi

esisten-12 Da Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e

(19)

ti, raggiungendo così quel principio di flessibilità ambientale degli interventi. Si impone poi un più stretto collegamento fra la piani-ficazione territoriale e la programmazione trasportistica, connessio-ne anche temporale fra le previsioni urbanistiche e le dotazioni di servizio, includendo in questo ragionamento un’attenta valutazio-ne dei costi sociali della mancata attivaziovalutazio-ne di meccanismi flessi-bili per la gestione del trasporto nelle aree deboli. Indispensabile anche, e a maggior ragione per le aree interne, un’attenta valuta-zione della domanda di spostamenti, in modo da poter avviare ed estendere la sperimentazione di modalità di trasporto collettivo. Da tener presente come le condizioni di mobilità e il loro potenziamento possano rappresentare una leva di impulso per la crescita locale.13

Verificate le condizioni di servizio e operatività dei prerequisiti la Strategia guarda alla possibilità di elaborazione di progetti di sviluppo locale. Ci si chiede a tal proposito, quale sia la domanda da intercet-tare in grado di generare i processi di sviluppo desiderati. L’aspetto privilegiato per tale lettura indica la specificità come elemento forte attraverso il quale leggere le direzioni percorribili per l’elaborazione di percorsi virtuosi di crescita territoriale.14 Se dunque la società si orienta verso domande di beni sempre più “particolari” e caratteriz-zati, l’occasione per le aree interne è rappresentata dalla capacità di saper riconoscere e investire in quei fattori di latente sviluppo, capaci di poter diventare catalizzatori di grande rilevanza, legati alle signi-ficative potenzialità di risorse nascoste che esistono in queste aree. Tale presa d’atto non esclude gli operatori economici e produttivi già localizzati nelle aree interne, che alla luce di questa con-sapevolezza hanno l’opportunità di integrare il loro circuito attraverso la capacità di guardare al territorio che le ospita, pren-dendosi in carico una parte delle responsabilità delle azioni necessarie per il cambiamento di quella zona.

Ecco allora che in relazione a questo quadro la Strategia individua alcuni punti focali per lo sviluppo di progetti locali. In particolare:

13 In questo contesto si allude alla proposta di soluzioni innovative sia dal punto di vista tecnologico (propulsioni e architetture di rete) sia di carattere gestionale (servizi integrati di trasporto ad offerta flessibile), che possono rappresentare una sfida significativa per le politiche di sviluppo locale.

14 In un certo senso si verifica quello che Lancaster aveva formulato nella sua teoria dei con-sumi, in cui all’aumentare della prosperità gli individui – consumatori, domandano sempre

(20)
(21)

• Tutela del territorio e comunità locali: intesa come cura delle risorse territoriali, profondamente legata alla sicurezza del ter-ritorio, a sua volta promossa o supportata dalla popolazione ivi residente. Attorno a tali concetti, che necessitano di trovare una nuova declinazione capace di creare sviluppo, si devono risco-prire funzioni di manutenzione (del capitele umano, delle risor-se prerisor-senti e dei processi che le generano), di prevenzione (sulla base dell’incidenza dei costi di non intervento), di resilienza (ca-ratteristica forte delle aree interne, di cui troppo spesso manca la consapevolezza), di adattamento (dinamiche di mutamento globale trovano nelle aree interne una notevole mitigazione e un maggior grado di convivenza integrata), di servizi (è possibile va-lutare gli investimenti di tutela in termini di servizi resi). L’inten-so legame fra tutela e sviluppo, esistente in sé ma troppo spesL’inten-so occultato, necessita di interventi e investimenti pazienti e a lun-go termine sulle comunità locali, profondi fino a una loro rico-struzione, con capacità di gestione e accesso alle risorse locali, di coproduzione di servizi innovativi e connessione con aree di tipo differente. Non di meno occorrono nuovi modelli di governance, capaci di trasformare le esternalità positive in sevizi, di ricercare nuove forme di attribuzione a attività presenti sul territorio, di organizzare nuove forme di co-governance pubblico-privata per garantire complementare produzione delle due tipologie di beni e infine affermare nuovi modelli di gestione pubblica associata .

• Valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile. Le aree interne sono le maggiori depositarie di un felice connubio fra capitale naturale su cui si innesta una sa-piente e secolare opera di trasformazione, capace nel tempo di permeare tratti paesaggistici, culturali e sociali, che creano il policentrismo proprio dell’Italia. La valorizzazione che a ciò si deve va orientata secondo criteri di sostenibilità tesi, in pri-ma battuta, alla salvaguardia del patrimonio e che di riflesso producono considerevoli benefici per l’occupazione giovani-le. Molti di tali processi sono già in atto e riguardano model-li di accogmodel-lienza e ospitamodel-lità turistica diffusa, che hanno tra gmodel-li altri il merito di includere nei percorsi di visita e soggiorno luoghi e territori altrimenti fuori da ogni tipo di itinerario. A fianco a questo obiettivo, si pone la necessità di una effica-ce valorizzazione dell’identità culturale della popolazione

(22)

del-le aree interne; una popolazione spesso vicina o oltre la soglia critica demografica, incapace, stanti le presenti condizioni, di rinnovare in maniera endogena le proprie condizioni sociali. In tali contesti si impone un intervento per il mantenimento in loco della popolazione giovane come depositaria naturale del-le eredità storico-culturadel-le del territorio; si possono valutare ipotesi di attrazione nei confronti della popolazione straniera giovane, desiderosa di affermazione sociale ed economica; si devono incoraggiare processi di costituzione di cooperative gio-vanili per la produzione, il commercio, l’assistenza e la cura. 15 • Sistemi agro-alimentari. Lo spiccato grado di biodiversità loca-le, unito alle capacità imprenditoriali e tecniche rappresenta-no le condizioni ideali per l’attivazione di progetti di sviluppo locale nell’ambito agro-alimentare. La grande diversificazione introdotta dalle tecnologie della comunicazione, consente in-fatti di far maturare un nuovo grado di consapevolezza sia nei consumatori, sia negli operatori agricoli. Il consolidamento di reti commerciali locali o extra-locali sta avendo importan-ti riflessi sulla tutela delle importan-tipicità territoriali e impone altresì forme organizzative partenariali in grado di lavorare in stretta cooperazione tra produzione primaria, trasformazione e com-mercializzazione. Un contesto che apre nuovi spazi in par-ticolare per le aree interne, anche e soprattutto nella creazio-ne di nuove opportunità di lavoro per profili ad alta scolarità. • Filiere locali di energia rinnovabile. Costituisce un indirizzo

progettuale molto promettente, ma anche estremamente con-troverso; le caratteristiche insediative, paesaggistiche e territo-riali delle aree interne, rappresentano fattori determinanti per uno sviluppo praticabile delle rinnovabili in tali zone. In par-ticolare, qui più che altrove, si capisce quanto i processi di ri-conversione energetica debbano essere per propria natura ca-ratterizzati da una visione sistemica, che interroga e interviene ad esempio sui trasporti, sulla disciplina di recupero e riqua-lificazione edilizia, sulla scala e il trattamento dei rifiuti. Un ruolo fondamentale per la nostra categoria territoriale è assun-to dalle biomasse di origine agricola e forestale, il cui utilizzo

15 Da Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e

(23)

ai fini termici è coerente con la Strategia Energetica Nazionale (SEN), e si mostra particolarmente idoneo per aree come que-ste, in cui sono da privilegiarsi impianti termici di piccola ta-glia, dove verrebbe ad annullarsi l’impatto logistico derivante dal trasferimento in loco del combustibile, e in cui un utilizzo simile del patrimonio forestale e la sua gestione attiva rappre-sentano obiettivi pertinenti al Programma Quadro nazionale per il settore forestale. A tale proposito, per quel che riguarda sia l’energia termica sia quella elettrica, sarà opportuno inter-pretare le tendenze tecnologiche di fondo dei sistemi energeti-ci soprattutto in riferimento alle tecniche di immagazzinaggio decentrato di energia elettrica, in particolare quelli di piccola dimensione e di breve periodo. Tali processi dovranno essere gestiti con meccanismi di governance inclusivi nei confronti dei portatori di interessi locali e soprattutto con il supporto degli attori responsabili delle politiche di settore a livello nazionale. • Saper fare e artigianato. Rientrano in questa categoria tutte

quelle conoscenze locali e quelle specifiche realtà produttive che concorrono, talvolta in maniera determinante, a denotare la vitalità di un’area interna. La presenza o persistenza di forme produttive e organizzative tipiche contribuiscono a definire la fortuna di un territorio, che evidentemente ha saputo mante-nere possibilità in termini di crescita economica, gestione delle risorse e buon vivere. Il tema è stato da sempre al centro delle riflessioni delle politiche di settore e delle categorie produtti-ve locali; spesso le misure che storicamente si sono assunte si sono mostrate estremamente frammentate, incapaci di sana-re squilibri nei sistemi produttivi e dipendenza strutturale nei confronti della domanda del mercato e della richiesta di acces-so al lavoro da parte di figure professionali formate non accolte nel circuito produttivo della piccola realtà artigianale. Del re-sto la fortuna di molte aree interne deriva da produzioni fon-date sulla cultura locale, capaci di misurarsi con l’evoluzione dei mercati e di generare ricchezza: innumerevoli gli esempi in tutto il Paese che testimoniano quanto la cultura materia-le o produttiva sia incorporata nei beni e radicata in un terri-torio circoscritto da cui essa trae identità, capacità creativa e ragione stessa della sua esistenza non riproducibile altrove. Per tale variegato mosaico di conoscenza e produttività la Strategia immagina interventi molteplici di integrazione,

(24)

conservazione e innovazione dei saperi locali, con partico-lare attenzione alla necessità, per chi opera in questi setto-ri, di coniugare il proprio radicamento endogeno con uno sviluppo di elementi fortemente innovativi esogeni e in grado di costruire un considerevole capitale relazionale.16 Il capitolo 5 del documento si occupa della definizione degli stru-menti di governance della Strategia, individuando i canali di finan-ziamento per le misure previste e i compiti di ogni livello istituzio-nale. L’azione pubblica, dal centro fino al locale, è il vero motore della Strategia, che inizialmente sarà rivolta a un numero limita-to di aree, una per Regione secondo i criteri generali condivisi e la mappatura risultante. Vedremo nel seguito gli sviluppi temporali dell’organizzazione della Strategia, che si sarebbe dovuta avviare agli inizi del 2014 con queste aree pilota per arrivare a una prima revisione delle pratiche in corso nell’autunno dello stesso anno. Fin da questo documento iniziale, viene definito il ruolo di ogni livel-lo istituzionale a cominciare dalle Regioni, le quali per i compiti ordi-nariamente assegnati di gestione dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), dei Programmi Operativi Regionali (POR) e di altri strumenti finanziari, devono avviare la selezione e proporre le aree progetto sulla base dei criteri condivisi, stabilendo l’ammontare delle risorse da de-stinare alla Strategia e indicando obiettivi e tempistiche. Esse inoltre realizzano interventi per i servizi essenziali della salute e della mobi-lità e partecipano con i Progetti d’Area alla Federazione di progetti. Nei comuni, nella loro capacità di sinergia, di aggregazione e associazione si costituisce lo spazio istituzionale per la pro-duzione dei servizi e la realizzazione di progetti di sviluppo. Tale ambito amministrativo, oltre a essere il minimo per la classificazione dell’area, giocherà un ruolo fondamentale nell’elaborazione progettuale, elemento forse di maggiore novità metodologica della strategia.

Il centro, con le relative strutture ministeriali coinvolte, acquisisce un ruolo di intesa con le Regioni per la definizione e la realizzazione di interventi di adeguamento sulle aree precedentemente selezionate in concerto con le autorità regionali, e mantiene una posizione di verifica sull’attuazione della strategia, promuovendo anche iniziative di confronto e

16 Da Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti

(25)

mantenendo una specifica e limitata attività proget-tuale di carattere sperimentale e metodologico.

La Strategia per le Aree Interne definisce specifici strumenti di lavoro: l’insieme degli interventi programmati per ogni area si sostanzia nei Progetti d’Area. Questi, per essere attuati e per far sì che siano assun-ti impegni più puntuali fra i soggetassun-ti in gioco, prevedono la sassun-tipula di Accordi di Programma Quadro (APQ), sottoscritti da Regioni, Enti Locali, Amministrazione Centrale e altre Amministrazioni compe-tenti per materia. Per specifiche condizioni locali sono ammessi an-che ulteriori strumenti come il CLLD o l’ITI.17 Le Aree – progetto per le quali è stato firmato uno specifico APQ diventano parte della Stra-tegia Nazionale per le Aree Interne, e si avvalgono della Federazione nazionale dei progetti. Essa è il luogo deputato alla condivisione di esperienze che facciano proprie e rendano note le istanze di metodo e di merito della Strategia; è dunque una piattaforma di conoscenze e competenze che ha lo scopo dichiarato di far progredire nel tempo le capacità auto-rigenerative degli attori coinvolti nella Strategia. Ulteriore dato significativo di governance è la percezione del doppio livello di obiettivi raggiungibili attraverso la Strategia: se da un lato risultano di primaria evidenza scopi locali (come l’incremento del benessere della popolazione residente, il con-solidamento della vitalità locale, il rafforzamento delle condi-zioni di sviluppo), nondimeno sono da considerare gli effetti di più ampia scala come l’aumento dell’occupazione, il reimpiego del capitale territoriale non utilizzato, la riduzione dei costi so-ciali. Ciò implica l’interazione tra interventi di respiro naziona-le e locanaziona-le in cui si manifesta la necessità di un partenariato atti-vo, informato e protagonista in ogni passaggio della Strategia. In ultimo si prevede di procedere con una periodica valutazione delle attività, in termini di interventi, di effetti, di mutamenti

17 Si tratta di due strumenti non esclusi dall’APQ che tuttavia, qualora presenti, devono con-fluire in esso. I CLLD (Community Lead Local Development) sono strumenti normati dai rego-lamenti comunitari per perseguire finalità di sviluppo locale integrato su scala sub-regionale con il contributo prioritario di forze locali; tale strumento è particolarmente adatto per quelle iniziative che si basano sul coinvolgimento di soggetti privati e nel caso delle Aree Interne po-trebbero essere assai efficaci per quel che riguarda l’accesso ai servizi alla persona. Gli ITI (In-vestimenti Territoriali Integrati) sono strumenti attuativi di una strategia territoriale che at-tinge fondi da almeno due assi prioritari differenti di uno o più programmi. Può essere attivato da qualsiasi livello sub nazionale e si rivela molto efficace per la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche. Non prevede nessun ruolo particolare delle comunità locali o particolari

(26)

delle condizioni operative, in un orizzonte aperto e condiviso informato da principi di trasparenza e condivisione delle acquisizioni pervenute.18

1.4 Successivi passaggi e documenti attuativi della

Strategia per le Aree Interne

La Strategia Nazionale per le Aree Interne, così definita dal docu-mento iniziale che abbiamo esaminato, muove i primi passi a partire dal 2014, secondo i tempi indicati. Le varie fasi del processo attua-tivo dell’operazione hanno trovato e stanno trovando formulazione in svariate misure di iniziativa ministeriale (attraverso le varie com-petenze) e regionali. Fin dal principio dell’attività la Strategia viene ricompresa nel Programma Nazionale di Riforma, in modo da poter annualmente tracciare un bilancio dello stato di avanzamento dei processi in corso.19 Tale fatto poi, inserisce formalmente il progetto di intervento sulle Aree Interne nel quadro della programmazione europea 2014-2020, rendendo quindi possibile l’attivazione di tutti i fondi di finanziamento di cui già in precedenza si è parlato.

Nel successivo Documento di Economia e Finanza (DEF) per l’anno 2014, approvato dal Consiglio dei Ministri l’8 aprile 2014, vengono ulteriormente precisate le procedure economiche della Strategia. Si specificava quindi che al sostegno e allo sviluppo di progetti volti a garantire le precondizioni di servizio, sarebbero stati destinati i

fi-18 Interessante a questo proposito, l’approccio progetto della Strategia, sinteticamente definito a pagina 63 del documento. Qui si presentano gli strumenti progettuali per l’ela-borazione delle idee della strategia. Accanto a Progetti Pilota veri e propri, che si tradur-ranno poi in Accordi di Programma Quadro (APQ) e che vedtradur-ranno fortemente coinvolte le Amministrazioni locali in virtù di un collegamento stretto con le politiche ordinarie ri-ferite ai servizi ordinari, si fanno strada altre forme. Si parla di Associazione a un proget-to in costruzione, come di un’iniziativa di co-progettazione con i terriproget-tori, che hanno così modo di concorrere alla definizione e alla attuazione delle iniziative progettuali. Molto interessanti anche i Progetti di Ricerca Azione, che sviluppano soluzioni operative in ma-niera attiva e a diretto contatto con gli attori reali e interessati al quesito di progetto. 19 Il Programma Nazionale di Riforma (PNR) definisce annualmente gli interven-ti da adottare per il raggiungimento degli obietinterven-tivi nazionali di crescita, produtinterven-tivi- produttivi-tà, occupazione e sostenibilità delineati dalla Strategia “Europa 2020”. In tale am-bito sono indicati: lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell’eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti; gli squilibri macro-economici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competiti-vità; le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità; i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell’economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell’occupazione.

(27)

nanziamenti nazionali previsti dalla Legge di Stabilità 2014. Per quel che concerne i progetti di sviluppo locale, le Regioni o le Province Autonome possono accedere ai fondi comunitari (FESR: Fondo Eu-ropeo di Sviluppo Regionale; FSE: Fondo Sociale EuEu-ropeo; FEASR: Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale; FEAMP: Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca). L’avvio della Strategia, nel 2014, ha avuto come primo momento la scelta, da parte delle Re-gioni, di un prototipo. Anche nel DEF si ribadiva l’iter operativo del progetto, con la sottoscrizione di un APQ fra le amministrazioni e i soggetti coinvolti e si individuavano gli obiettivi diretti dei due ca-nali di finanziamento: cittadinanza (interventi sui servizi attraverso fondi della Legge di Stabilità), mercato (sostegno a progetti di svi-luppo locale mediante fondi comunitari). Il concreto avvio dei pro-getti prototipali selezionati doveva avvenire entro il 2014, con una prima fase di rendicontazione al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) entro il 30 settembre 2014.20 Nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, del settembre di quell’anno, sono ancor meglio definite le condizioni e i principi sulla base dei quali si sono aperte per i territori le possibilità previste dalla Strategia.

In particolare si è insistito sul cambiamento di prospettiva da introdurre in favore della promozione di modalità di sviluppo estensivo e intensivo; il perseguimento congiunto di entrambe le modalità di sviluppo ha un fondamento analitico nel fatto che esse sono sinergiche e si rafforzano a vicenda.21 In questa logica la strategia ha perseguito e persegue cinque obiettivi intermedi: • Aumento della domanda locale di lavoro e dell’occupazione; • Aumento del grado di utilizzo del capitale territoriale;

• Riduzione dei costi sociali della de-antropizzazione;

20 Ministero dell’Economia e delle Finanze, Documento di Economia e Finanza 2014,

Sezione III – Programma Nazionale di Riforma, Parte I – La Strategia Nazionale e le prin-cipali iniziative, pp. 44 – 46.

21 La Strategia mira a superare il conflitto di fondo fra la prospettiva locale e quella nazionale che investe l’argomento Aree Interne: interventi di sviluppo intensivo, che mirano a incrementare il benessere pro-capite dei residenti in queste aree, consapevoli di trovarsi in una condizione di sofferenza socio – economica, sono attesi da gran parte degli abitanti; interventi di tipo estensivo, capaci di combinare i valori delle aree interne con la domanda di lavoro e occupazione su scala ben più ampia del locale, sono un valore aggiunto di prospettiva nazionale.

(28)

• Rafforzamento dei fattori di sviluppo locale; • Aumento del benessere della popolazione.

La sezione 3 dello stesso Accordo, definisce con precisione l’in-tervento pubblico nelle aree interne, attraverso tre blocchi, di cui i primi due corrispondenti alle classe di azioni finanzia-te dalla Strafinanzia-tegia (da un lato i Progetti di Sviluppo Locale fi-nanziati dai programmi regionali, che a propria volta attingo-no dai fondi comunitari; dall’altro gli interventi di politiche settoriali ordinarie per l’adeguamento dell’offerta di servizi essenzia-li, finanziati con risorse ordinarie addizionali) e il terzo concernente misure nazionali di tipo fiscale, assicurativo o di altra natura, solle-citato con fondatezza fin dal corso delle fasi iniziali della Strategia. Il documento procede poi dettagliando l’organizzazione dell’azione. Molto importante la caratterizzazione dei requisiti per la partecipazione dei soggetti proponenti alla Strategia e le modalità di analisi delle proposte.

In merito ai requisiti, al di là dei dati territoriali e fisici dell’area, si insiste in maniera determinante sulla capacità di promuovere Unioni e Associazioni di servizi effettive fra soggetti proponenti, e sull’abilità nel campo della progettazione dello sviluppo locale e della sua attuazione attraverso forme di partenariato. Condizio-ni che potremmo defiCondizio-nire orientate al principio dell’AssociazioCondizio-ni- dell’Associazioni-smo, oggetto dell’Allegato 4 all’Accordo di Partenariato. Fin dalle sue prime formulazioni dell’aprile 2014 infatti, l’Accordo prevede una vera e propria condizionalità che i soggetti proponenti devo-no soddisfare per poter partecipare alla Strategia. La gestione in forma associata di funzioni fondamentali e di servizi è assunta dunque quale pre-requisito essenziale della strategia di sviluppo e segnala l’esistenza di un assetto continuativo ed efficiente per l’erogazione delle prestazioni in tal modo organizzate. Nell’ulti-ma e definitiva formulazione dell’Accordo si afferNell’ulti-ma che i comu-ni dovranno provare di essere in grado di guardare oltre i propri confini, attraverso la gestione associata dei servizi.

La verifica in sede istruttoria di tale condizione è stata discriminan-te ai fini dell’ammissibilità dell’area progetto alla stradiscriminan-tegia e quindi alla sottoscrizione dell’APQ. A dimostrazione dell’importanza di tale fatto non sono state ritenute soddisfacenti aggregazioni temporanee costruite su e per progetti o programmi di sviluppo, pure molto dif-fusi per interventi di sviluppo locale nel nostro Paese. Si è invece ritenuto necessario realizzare aggregazioni permanenti costruite su

(29)

un disegno di gestione ordinaria di funzioni fondamentali e servizi locali.22 La legge precisa le funzioni fondamentali dei comuni,23 per le quali l’articolo 14, commi 28 e 31 – ter del DL 78/2010 con-vertito in Legge 122/2010 ne prevede l’obbligo di gestione as-sociata entro il termine del 31 dicembre 2014. Per i comuni che non rientrano nelle disposizioni di gestione associata obbliga-toria, si prevede comunque il pre-requisito di gestione associa-ta di almeno due delle funzioni fondamenassocia-tali comunali, a mezzo di Convenzione definita ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali); tali Convenzioni dovranno ri-sultare funzionanti e effettive, già stipulate al momento della sottoscrizione dell’APQ e di durata non inferiore a tre anni.

Per la Strategia affinché le Convenzioni in essere fra comuni verifichino il requisito dell’Associazionismo è necessario che tali rapporti riguar-dino il 60-70% dei comuni appartenenti all’area-progetto selezionata. Nel caso in cui al momento della sottoscrizione dell’APQ la mag-gioranza dei comuni interessati non avesse prodotto opportune Convenzioni l’intera area progetto perde l’ammissibilità per la par-tecipazione alla Strategia. Ammissibilità che in ultimo è totalmente soddisfatta se il comune è associato a un’ Unione dei Comuni o a un’ Unione dei Comuni Montani, come da disciplina regionale.24 Rispetto alle modalità di analisi delle aree progetto candidate, l’accordo di cui stiamo trattando, prevede la ricognizione di dati di base e prime informazioni disponibili a livello regionale. Parallelamente debbono essere elaborati e raccolti dati ad hoc riguardanti i servizi dell’istruzione, della sanità, della mobilità, le dotazioni agro-alimentari, turistiche, culturali e naturali.

Significativa anche la collaborazione con l’ISTAT per il monitoraggio

in itinere delle statistiche di studio delle aree -progetto; aree-progetto

che inizialmente, in via prototipale, saranno una per Regione o Provincia Autonoma.

In ultimo la sezione 3 chiarisce anche la modalità di ingresso

del-22 Molto precisi in questo senso, i riferimenti normativi. I Comuni con meno di 5000 abitanti sono obbligati a realizzare gestione associata di funzioni fondamentali da realizzarsi nelle forme della Convenzione o dell’Unione. (Legge 122/2010). Con la Legge 135/2012 per i Comuni montani o appartenenti a Ex Comunità Montane il limite demografico è ridotto a 3000 abitanti.

23 Art. 19, comma 1, DL 95/2012, convertito in Legge 135/2012.

(30)

la Strategia negli strumenti finanziari gestiti dagli enti locali e in particolare dalle regioni. Se è vero infatti che i comuni sono i par-tner privilegiati per la definizione della strategia di sviluppo d’a-rea e per la d’a-realizzazione dei progetti, talvolta e per alcune tema-tiche come la mobilità in stretta relazione con le province, sono le regioni che gestendo i Programmi Operativi Regionali (POR) e i Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) risultano i primi finanzia-tori delle iniziative della strategia condivisa. In tali due atti devo-no essere definite le risorse di settore dei rispettivi fondi (FESR, FSE e FEASR) da destinare all’attuazione della Strategia e si deve anche avere un chiaro riferimento alla tempistica. Per la natu-ra delle misure da intnatu-raprendersi nelle aree interne l’ ITI (Inter-venti Territoriali Integrati) sono certamente da considerarsi lo strumento maggiormente indicato, ma non esclusivo, che per sua natura agevola lo stanziamento proveniente da fondi diversi.

Per l’anno 2014, come riportato nell’Allegato 2 dell’Accordo di Par-tenariato, Nota informativa al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), le aree prototipali della strategia sono state finanziate con un fondo di 90 milioni di euro, con priorità agli interventi di riequilibrio dell’offerta dei servizi di base. Il CIPE è inoltre l’organo a cui annualmente devono essere presentati i risultati relativi all’avanzamento della strategia nelle aree prototipo per la va-lutazione di successivi finanziamenti. Per ognuna delle aree-progetto in partenza con questo primo finanziamento avrebbe dovuto essere sottoscritto l’Accordo di Programma Quadro entro il 30 settembre 2015 con la partecipazione degli Enti Locali coinvolti e dei Ministe-ri interessati. Il documento di relazione al CIPE specificava inoltre le modalità di trasferimento delle somme richieste.25

Infine, nell’allegato 5, l’accordo propone alcune linee guida per l’ela-borazione della Strategia d’area, che si configura come lo schema logi-co che guida la scelta delle azioni e che risponde a domande semplici e essenziali. Il processo che si delinea parte dai bisogni e dalle risor-se disponibili (non possibili) per immaginare probabili “vie di fuga” attraverso un’idea guida; vie di fuga e possibilità da realizzare attor-no alle cosiddette “filiere cognitive” del territorio, legando interventi di sviluppo e azioni permanenti sui servizi essenziali, e massimiz-zando il potenziale innovativo dell’area facendo leva su tutte le forze vive interne, istituzionali, di cittadinanza, imprenditoriali e esterne in modo da rivolgersi in maniera paritaria a tutti i soggetti rilevanti.

(31)
(32)

Il movimento progettuale va dunque dal piccolo al grande. Una vol-ta nominato fra i Sindaci dell’area candidabile un Referente d’Area, questi inaugurerà tutte le più ampie iniziative di coinvolgimento degli operatori locali, affiancato da esperti regionali e del Comitato nazionale Aree Interne. Questa prima fase si conclude con l’elabora-zione di una Bozza di idee per la discussione nella quale è contenuta un’idea guida e la definizione dell’ambito di intervento prioritario. L’invio di tale Bozza alla Regione e al Comitato per la sua discussio-ne e trasformaziodiscussio-ne in un Preliminare della strategia, costituisce la seconda fase del processo, che si completa con la traduzione delle idee-guida, in risultati attesi, azioni e tempi per il conseguimento. A questo punto si avvia la fase centrale e più impegnativa, in cui grazie all’intenso scouting previsto in ogni area con gli operatori e i soggetti locali, si armonizzano le idee, si verificano i progetti “in-gegnerizzandoli” e si definiscono criteri omogenei e condivisi per la valutazione delle misure e dei risultati attesi: si perviene dun-que alla Strategia d’Area, che con l’approvazione di Regione e Co-mitato dà luogo alla stipula dell’Accordo di Programma Quadro. Ecco dunque come si presenta una Strategia d’Area:

• Identificazione dell’area progetto e verifica del reguisito dell’Associzionismo.

1. Identificazione dell’area di progetto;

2. Descrizione delle caratteristiche strutturali e dei fattori di coesione;

3. Definizione dell’architettura istituzionale per il governo del sistema intercomunale e delle azioni.

• Condizioni iniziali e tendenze evolutive senza intervento. 1. Quadro conoscitivo dell’area di progetto sia su un livello di

macrosistema sia in termini micro - comunitari di beni, servizi e agenti, di qualità e di bisogni non soddisfatti. Mappatura degli agenti che hanno un ruolo chiave nella generazione di occupazione, reddito e servizi.

2. Previsione delle dinamiche dell’area senza intervento in un orizzonte temporale medio – lungo in un esercizio di previsione esplorativa che coinvolge direttamente e consapevolmente le comunità locali.26

26 Particolarmente innovativo questo approccio progettuale, che non ricerca la concretizzazione di irrealizzabili aspettative, ma muove da una riflessione

(33)

• Scenario desiderato, risultati attesi, indicatori e azioni. 1. Formulazione dei risultati attesi e individuazione delle azioni

per il proprio conseguimento.

2. Modalità con cui le azioni programmate e la loro attuazione possano effettivamente produrre cambiamenti nei comportamenti delle persone e dei contesti.

3. Individuazione delle interconnessioni fra le azioni interne (prodotte dagli interventi della strategia) e esterni.

1.5 Dalla nascita della Strategia a oggi

Dopo questa ampia descrizione della genesi della Strategia, a partire dal 2015 sono iniziate le fasi decisive delle prime proposte di intervento. In particolare, fin dai primi mesi dell’anno, in ottemperanza della Delibera n°9 del CIPE27 si è costituito il Comitato Tecnico Aree Interne, coordinato dal Dipartimento per le politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri con competenze sui processi di selezione delle aree, sulla definizione delle strategie d’area e sulla verifica del rispetto dei cronoprogrammi.

Il 30 marzo 2015 è scaduto il termine per la selezione delle 23 aree progetto.

Un procedimento simile a quello presentato dalla matrice iniziale per l’individuazione delle aree interne, viene sviluppato in questa fase, in cui le diverse candidature pervenute devono essere selezio-nate per l’avvio del prototipo regionale. La guida agli indicatori della “diagnosi aperta” della Strategia per le Aree Interne, reperibile on line, elenca la fonte, le modalità di calcolo, la definizione e l’inter-pretazione degli indicatori utilizzati nell’istruttoria per la selezione delle aree-progetto su cui concentrare l’intervento. Essi riguarda-no riguarda-nove macro-categorie: caratteristiche principali, demografia, agricoltura e specializzazione settoriale, digital divide, patrimonio culturale e turismo, salute, accessibilità, scuola e associazionismo tra comuni. In calce a questo paragrafo si riporta per completezza

argomentata sulla “non desiderabilità” della traiettoria evolutiva attesa, e formulerà dapprima in modo sintetico lo scenario che si vuole realizzare per poi esprimerli coerentemente coi regolamenti comunitari.

(34)

l’elenco degli indicatori presi in esame; la loro misurazione se da un lato consiste in un ingegnerizzazione della procedura, ha anche con-sentito la possibilità di far emergere una diffusa varietà di condizio-ni in particolare economiche, sociali e ammicondizio-nistrative. Particolar-mente significativi per il rilevante contributo innovativo di analisi sembrano essere criteri e indicatori come quelli relativi all’attività agricola e alla sua organizzazione, frutto di elaborazioni di diversi dati, che consentono di tratteggiare un quadro evolutivo delle di-namiche studiate (indicatori c.2, c.5, c.10, c.16, c.22 e c.23); alla sa-nità, che estendono e misurano su una scala territoriale specifica e locale tendenze generali come il tasso di ospedalizzazione evitabile (indicatori f.4, f.6, f.7); ai trasporti, misurati in termini di accessibi-lità, rafforzando quindi la funzione servente dei servizi di mobilità a ogni livello, dal locale, al regionale, fino all’internazionale; all’i-struzione, con rilevazioni ragionate in particolare sulle tendenze in atto per le scuole primarie, la loro organizzazione e il pendolarismo (indicatori h.3, h4 e h.7) e infine l’associazionismo fra comuni.28 Pervenute le domande di partecipazione, dopo le campagne di pre-sentazione in loco al Comitato Tecnico delle varie zone, sono stati dif-fusi i risultati del processo di selezione operato. Al 31 dicembre 2016 tutte le 23 aree pilota, una per regione più due speciali una in Lom-bardia l’altra in Sicilia, avevano concluso il lavoro sul Preliminare di Strategia, e per cinque di essi era già stata definita la Strategia d’a-rea, ossia il documento che individua le azioni e stabilisce i carichi di lavoro e oneri fra i soggetti coinvolti; queste cinque aree dunque si accingono a firmare l’Accordo di Programma Quadro come previsto dai regolamenti e dalle disposizioni della Strategia.29 Attualmente dunque ci troviamo nel pieno della fase di realizzazione in gran par-te delle aree-progetto pilota e nel conpar-tempo le successive aree, non individuate come prototipo di sperimentazione, sono in fase di ela-borazione o definizione della strategia d’area. Inoltre, in parallelo, prosegue l’operazione di monitoraggio da parte del Comitato Tecni-co Aree interne, che insieme agli altri soggetti istituzionali, nazionali e locali, partecipa a iniziative e incontri divulgativi sull’argomento. Ne è un esempio il seminario “Il Turismo nelle Aree Interne”, svoltosi presso il Gran Sasso Science Institute (AQ), il 31 maggio – 1 giugno 2016, i cui esiti, sintetizzati da Fabrizio Barca e Flavia Terribile,

mo-28 Da Guida agli indicatori della «diagnosi aperta» della Strategia per le Aree.

29 Da Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne, presentata al CIPE dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vincenti – Dicembre 2016.

(35)

Riferimenti

Documenti correlati

La sfida dell’attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne nell’Arco Alpino.. 29

Pur con le difficoltà ricordate, le aree interne rappresentano un caso interessante per impostare un sistema di misurazione del benessere alla scala locale, sia

A livello locale, le politiche possono invece intervenire per influenzare la distribuzione territoriale dei nuovi residenti, agendo su fattori quali accessibilità alla casa,

Mario Talarico, classe 1980, sindaco di Carlopoli e capofila dell’area Reventino-Sa- vuto, ci parla del percorso della Strategia delle aree interne nel suo territorio, con i suoi

La Strategia nazionale per le aree interne dell’Italia costituisce uno degli esempi più interessanti ad oggi, nel contesto europeo, di perseguimento dell’obiettivo della

La Strategia è coordinata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e vi partecipano i più importanti Dicasteri del Paese, le Regioni

La riflessione parte dalla constatazione della recente introduzione nell’ordinamento italiano di una serie di politiche e strumenti innovativi tra cui la SNAI, i Pagamenti per

A queste risorse vanno sommate le risorse che le Regioni hanno appostato sui programmi comunitari (PO FESR; FEASR e FS). Nel caso delle cinque aree che hanno chiuso la Strategia