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6 HBIM di progetto

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Academic year: 2021

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6.1 Acquisizione dei dati

6.1.1 Ricerca documentale e strategia per il rilievo

Il processo di creazione dell’HBIM è partito con una fase conoscitiva, che ha visto la raccolta di tutte le informazioni sul manufatto, sia di tipo geometrico che di tipo documentario, per ottenere un quadro approfondito di conoscenze sull’edificio. La ricerca ha compreso sia interviste a persone che ricerche in biblioteche, archivi e catasti cittadini. La ricerca d’archivio ha permesso di comprendere tutte le fasi della storia dell’edificio ed i principali cambiamenti che hanno portato l’edificio ad assumere la configurazione attuale. E’ stata effettuata una campagna di rilievo con lo scopo di ottenere tutti i dati necessari per costruire il modello digitale. L’acquisizione dei dati necessari per lo sviluppo del modello BIM è

avvenuta integrando più tipi di rilievo: • rilievo tradizionale

• rilievo fotografico e fotomodellazione • rilievo tematico relativo alle condizioni

di degrado dei materiali e delle strutture

6.1.2 Rilievo tradizionale

Il rilievo diretto, eseguito con rotella metrica e distanziometro è stato realizzato sia all’interno che all’esterno dell’edificio. Questo rilievo ha integrato il rilievo digitale ed è stato un riferimento fondamentale per la scalatura della nuvola di punti in Agisoft Photoscan. Ha permesso di ottenere conferme dimensionali ed è stato uno degli input di informazioni sia generali che di dettaglio per la modellazione successiva.

6.1.3 Rilievo fotografico e fotomodellazione

Come già detto la tecnica della fotomodellazione consente di creare modelli tridimensionali utilizzando come dato di rilievo un set di fotografie dell’oggetto. Il software utilizzato per la ricostruzione fotogrammetrica dell’edificio di interesse è stato Photoscan Professional Edition, sviluppato dalla sociètà russa Agisoft Llc.

La scelta del structure from motion per il rilievo dell’edificio in esame è stata selezionata per la geometria e la scala dell’edificio e l’accessibilità dei dintorni. pagina a fianco

fig. 1 San Quirico all’Olivo: da sinistra: modello, nuvola di punti e fotografia

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6.1.3.1 Rilievo fotografico e correzioni

Il primo passo è stato la pianificazione del rilievo fotografico, volta a comprendere dimensioni e caratteristiche principali dell’edificio. La conoscenza della conformazione dell’oggetto è infatti necessaria per poter decidere come eseguire le foto. Sono stati eseguiti sopralluoghi in situ ed è stata decisa la sequenza delle fotografie da scattare, seguendo le indicazioni della guida di Photoscan. Inoltre si è provveduto alla disposizione dei target di riferimento posti a distanze prestabilite da utilizzare durante le prese per rendere possibile la successiva scalatura della nuvola di punti tridimensionale. (vedi foto target)

Le fotografie sono state eseguite con una fotocamera Nikon D3100 con obbiettivo 18/55 mm. Date le caratteristiche della fotocamera:

dimensione dell’immagine 4608x3072 pixel

dimensione del sensore 32,1x15,4mm e in base alla scala di rappresentazione finale del lavoro di 1:50, fissando un limite di accuratezza della rappresentazione come dimensione massima del pixel sull’oggetto di 5 mm, si è calcolata la distanza massima di presa della fotocamera dall’oggetto: H=f*dim.pixel oggetto/dim. Pixel sensore, dove H=distanza massima dall’oggetto ed f= distanza focale, H=20*5/0,005013= 19,49m

Inoltre si è stabilita la distanza B da mantenere tra una posizione di presa e quella successiva: rapporto B/H compreso tra 1/3 e ¼. Le foto sono quindi state scattate ogni 6,4-4,8m.

In questa fase è opportuno procedere con la calibrazione della camera. Esistono diversi software che rilevano i parametri di distorsione delle lenti in base alla focale usata. Questi valori possono essere poi inseriti nel software di fotomodellazione per la successiva elaborazione delle foto. Agisoft Photoscan supporta molti formati immagine (JPEG, TIFF, PNG, BMP etc.), che utilizza per generare nuvole di punti e superfici triangolate tridimensionali (mesh) con tessitura automatica della superficie (texture). Le fotografie sono state scattate con il massimo della risoluzione in formato RAW. Infatti l’utilizzo di dati RAW senza compressione con conversione in files TIFF è preferibile, poiché la compressione JPG può indurre rumore indesiderato alle immagini. I valori di ISO sono stati mantenuti al minimo valore di 100 per evitare rumore addizionale. Il valore di apertura è stato mantenuto abbastanza alto da consentire la necessaria profondità di campo. Per quanto riguarda l’interno dell’edificio, a causa delle pessime condizioni di illuminazione, è stato necessario allungare i tempi di apertura dell’otturatore, sempre con l’utilizzo di tripode. Oltre a mantenere l’esposizione della camera fissa, è importante disattivare

il bilanciamento automatico del bianco per evitare cambiamenti di temperatura (soprattutto se si scatta in JPG) ed evitare l’uso del flash.

Il formato RAW è stato scelto anche per le condizioni di illuminazione all’interno dell’edificio, in cui erano presenti zone di luce diretta e zone in ombra. Il formato

RAW rappresenta i dati “grezzi” della foto,

quelli raccolti dal sensore al momento dello scatto e solo marginalmente manipolati

all’interno della fotocamera. Esso contiene

molte più informazioni rispetto a un JPEG, in cui molte informazioni sono state già filtrate ed eliminate. Per gestire un numero elevato di fotografie in formato RAW si è optato per il software di post produzione Adobe Lightroom. Con questo programma è stato possibile importare set

di dettagli laddove le zone illuminate risultavano”bruciate” e le zone in ombra molto scure. Nel caso si fosse dimenticato di scattare le foto togliendo il bilanciamento del bianco automatico, con questo programma si può rimediare, agendo sull’apposito strumento “bilanciamento bianco”. Le foto sono state poi esportate in formato TIFF con compressione LZW. di foto e poi applicare le stesse correzioni

a più fotografie scattate con la stessa condizione di illuminazione. Lightroom permette di effettuare molteplici tipi di correzioni per la post produzione delle immagini (esposizione, temperatura, tono, riduzione del rumore..). Nel nostro lavoro si è agito principalmente sui parametri tonali, andando a diminuire le luci (scurirle) ed aumentare le ombre (schiarirle), in maniera da recuperare un elevata quantità

pagina a fianco

fig. 3 indicazioni per il rilievo fotografico, fonte: Agisoft PhotoScan User Manual

Professional Edition, Version 1.3, pp.8-9 fig. 4 correzione delle foto dell’interno con Adobe Lightroom

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6.1.3.2 Structure from motion

Dopo questo passaggio intermedio si è passati alla fase di fotomodellazione vera e propria in Agisoft Photoscan. Il workflow svolto in Photoscan può essere riassunto con le seguenti operazioni.

Le foto sono state caricate nel software all’interno un chunk di partenza, tramite gli appositi comandi Add chunk e Add Photos. Dopo di che sono state spostate in chunks separati: per l’involucro esterno dell’edificio sono stati creati 2 chunks separati, uno per le facciate est e nord e l’altro per le facciate ovest e sud; l’interno è stato elaborato in un unico chunk. Si sono predisposte foto in comune all’interno dei diversi chunk per poi unirli in base ad esse. L’operazione successiva è stata l’applicazione di maschere. Queste sono necessarie per evitare di considerare nelle elaborazioni successive tutti gli elementi irrilevanti delle foto, come lo sfondo, elementi accidentali in primo piano (macchine, passanti, animali, etc.) e elementi riflettenti o trasparenti (vetri, specchi, etc). Le maschere sono state applicate per ogni singola foto, utilizzando gli strumenti disponibili in Photoscan. Dopo aver impostato i parametri di ricostruzione, è stata avviata la procedura di allineamento delle fotocamera: i fotogrammi vengono allineati per ricostruire la geometria della scena tridimensionale e le posizioni della camera

fig. 5 Agisoft Photoscan: applicazione delle maschere

fig. 6 Agisoft Photoscan: allineamento delle foto

all’atto dell’acquisizione per ciascuna foto. Con questo allinemento iniziale viene creata una nuvola di punti rada. I valori consigliati per i parametri di allinemaneto delle foto sono mostrati in figura (finestra di dialogo allinea foto)

Si possono controllare e sistemare la posizione e l’orientamento della “bounding box”, il volume che delimita la porzione di nuvola di punti che sarà interessata dalla ricostruzione della geometria.

Successivamente sulla base delle posizioni della macchina fotografica stimata, il programma ha calcolato le informazioni per ogni camera da unire in una singola nuvola di punti densa. (vedi setting) Ad ogni punto della nuvola densa sono associati 7 valori, di cui tre per la posizione (x,y,z), tre per il colore (R,G,B) e uno per il vettore posizione, rivolto in direzione della fotocamera. A seconda del verso di questo vettore posizione i punti saranno in luce o in ombra.

Si è proceduto all’allineamento dei diversi chunks tramite le foto in comune.

Prima di unire i chunks, le diverse nuvole di punti sono state controllate e ripulite da quei punti che si sovrapponevano o non erano rilevanti per la costruzione della mesh.

Si è poi costruita la mesh (modello 3d poligonale) e infine generata la tessitura superficiale ad alta definizione dell’oggetto, che è stata poi utilizzata per

fig. 7 Agisoft Photoscan: costruzione della nuvola di punti densa

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la texturizzazione del modello BIM.

Il modello tridimensionale così ottenuto risultava essere a una scala non nota. Pertanto si è proceduto a scalare il modello generato. Il procedimento è stato quello di applicare diversi Markers “marcatori” in specifici punti la cui distanza era nota (target applicati in sito). Ogni marker è stato posizionato manualmente e la posizione è stata ricontrollata ed eventualmente corretta in tutte le foto in cui esso figurava. Successivamente le distanze tra i marker sono state specificate mediante i righelli “scale bars” del programma. Il programma restituisce l’errore, cioè la differenza tra il valore inserito (misurato in sito) e il valore della distanza tra i due punti di estremità dello scale bar. L’errore massimo che si ottenuto, di 7 mm, è stato ritenuto accettabile, essendo inferiore all’errore di graficismo di +-10 mm per la scala di rappresentazione finale di 1:50.

La nuvola di punti densa è stata esportata da photoscan in formato.las e le textures in formato tiff.

Una delle criticità riscontrate nel processo di creazione della nuvola di punti è stata la necessità di disporre di un computer con elevata capacità di calcolo. Il programma deve gestire una grande quantità di dati e in particolare le fasi di costruzione della nuvola di punti densa e della mesh richiedono un elevata prestazione in termini di RAM.

fig. 9 Agisoft Photoscan: costruzione della texture

fig. 10 Agisoft Photoscan: scalatura del modello

Comunque la realizzazione della nuvola di punti attraverso la tecnica della fotomodellazione ha permesso di ottenere una nuvola di punti con tempi di elaborazione inferiori e costi minori, rispetto a quelli che si avrebbero avuto con un rilievo laser scanner. La precisione del rilievo è inferiore, quindi è necessario valutare di volta in volta che tipo di rilievo condurre in base alla precisione richiesta.

6.1.3.3 Esportazione della nuvola di punti

Esistono diversi software di tipo BIM e per la redazione di questo progetto è stato scelto

Autodesk Revit. È stato necessario uno step intermedio con Autodesk Recap (release 4.2), che ha reso possibile esportare la nuvola di punti nel formato .rcp supportato nell’ambiente di progettazione di Autodesk Revit. Autodesk Recap permette di caricare, organizzare e preparare nuvole di punti, anche di grandi dimensioni, per l’uso con gli altri prodotti Autodesk. La nuvola di punti può essere suddivisa in regioni (scanned region) andando a separare per esempio i tipi di componente edilizio o i singoli vani per evitare di avere file troppo “pesanti” e facilitare la gestione in Autodesk Revit. Può essere inoltre ripulita escludendo le

parti non necessarie. Nel nostro caso, al momento dell’importazione si è operata in Recap una leggera decimazione della nuvola per alleggerire le dimensioni dei file da importare per ottimizzare la gestione dei punti in Revit. Con la decimazione si può controllare il numero di punti importati, specificando il minimo volume cubico che un singolo punto può occupare. Il valore da noi impostato è 2 mm3. Data la geometria dell’edificio, è stato possibile gestire agilmente la nuvola di punti nella sua interezza in Autodesk Revit e non c’è stato bisogno di una suddivisione in parti.

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6.2 Elaborazione dei dati

6.2.1 Strutturazione e predisposizione del modello

Per la creazione del modello parametrico è stato scelto come strumento Autodesk Revit, che abbiamo giudicato un buon compromesso in base alle finalità di que-sto lavoro. Il lavoro è stato affrontato con la consapevolezza che la creazione di un modello BIM comporta una necessaria ridu-zione della precisione e fedeltà alla realtà, essendo esso una idealizzazione del mon-do reale. Questo scostamento dalla realtà dipende dalla finalità del lavoro, che deter-mina la scala di rappresentazione, il LOD etc. In altre parole nel passare a un model-lo di oggetti 3D ci sarà una certa perdita di informazioni, per esempio sull’irregolarità di alcuni elementi, ma è da tener presente che la nuvola di punti può essere mantenu-ta all’interno del file stesso, per cui c’è la possibilità, di accendere nuvola di punti tri-dimensionale per visualizzarla e misurarla quando se ne ha bisogno.

Nell’approccio alla restituzione 3D storica, è stato importante, prima di partire con la modellazione, esaminare le informazioni a disposizione ed organizzare il modello in base alla finalità del progetto di restauro. In tal senso è stato possibile sfruttare lo strumento di Revit che permette di creare fasi temporali. Impostando le fasi è

possibile specificare quando un oggetto è stato creato o demolito. Nel nostro modello sono state create le seguenti fasi:

• Fase 1 - Nuvole di punti • Fase 2 – Stato di Fatto • Fase 3 – Restauro Conservativo • Fase 4 - Progetto

Per ogni oggetto si è specificata la fase di creazione e l’eventuale fase di demolizione: si è così potuto distinguere le nuvole di punti da richiamare quando necessario, dagli elementi appartenenti al fabbricato esistente che presentano tutte le informazioni relative al degrado (fase dello stato di fatto), dagli elementi esistenti restaurati in cui sono stati effettuati gli interventi di conservazione e quelli rimossi (fase del restauro), dagli elementi di nuova costruzione aggiunti nella fase di progetto. Integrare le informazioni provenienti dalla nuvola di punti nel modello permette di archiviarle e poterle utilizzare successivamente. Il controllo diretto con la nuvola di punti è molto utile in tutta la fase di modellazione. Il rilievo diventa così fonte di informazioni e parte integrante del dato. Anche il project browser, (il navigatore di progetto) è stato modificato per ottimizzare la visualizzazione dei dati.

fig. 12 Processo di elaborazione dei dati

In questa fase precedente alla modellazione, si è proceduto anche alla definizione del livello di sviluppo del modello relativo allo stato di fatto, che si è voluto fissare a un LOD 350. Si sono definite anche scelte grafiche per la presentazione finale del lavoro (si è impostata la scala, i colori, gli spessori di linea, gli elementi annotativi..). Il primo passo è stato impostare la localizzazione dell’edificio con l’orientamento geografico reale. Questo è sempre importante, ma soprattutto nei casi in cui si esegua una successiva simulazione ad esempio in ambito termico o energetico. Il corretto orientamento può essere stabilito grazie a due tipi di Nord all’interno dell’ambiente di modellazione: il “Nord Reale” consente di visualizzare la posizione reale dell’edificio nello spazio, il “Nord di Progetto” facilita l’utente nella creazione del modello poiché permette di ruotare l’orientamento del modello senza modificare la vera posizione geografica.

Per il nostro lavoro abbiamo collegato

in Revit la planimetria dell’area estratta dalla Carta Tecnica Regionale in formato .dwg, da cui si sono derivate le coordinate e l’orientamento reali. Nel nostro caso le murature del piano terra dell’edificio non erano ortogonali, quini si è deciso di impostare l’orientamento del progetto in maniera che la superficie esterna della facciata principale fosse verticale.

fig. 13-14 Strutturazione in fasi

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6.2.2 Scan to BIM

Dopo di che si è proceduto all’importazione della nuvola di punti in Revit. La nuvola di punti dell’esterno e dell’interno ha costituito la traccia per la modellazione delle murature e di tutti li altri componenti dello stato di fatto. Tramite un comando che permette di inserire la nuvola di punti è stato possibile utilizzare la traccia creata per la definizione delle geometrie andando così ad evidenziare innanzi tutto gli ingombri delle murature.

La nuvola è stata collegata al modello ed essendo già scalata ed orientata correttamente non c’è stato bisogno di fare altre modifiche. Si è proceduto definendo i livelli su cui lavorare e le viste dei prospetti. La nuvola può essere sezionata verticalmente con qualsiasi piano si desideri, in modo tale da definire viste di lavoro. Nel creare le sezioni è possibile regolare la profondità del campo visualizzato, cosa che facilita grandemente la visualizzazione e la modellazione. Tutte le viste una volta create compaiono nel project browser e possono essere richiamate quando si vuole.

Usando la nuvola di punti importata su Revit, integrata con misure dirette prese insito è stato possibile ricostruire il modello tridimensionale della chiesa. Il primo step è stato controllare la coerenza tra la nuvola di punti, le misurazioni prese con il

rilievo tradizionale, i documenti d’archivio e i disegni 2d dello stato di fatto di cui si disponeva. L’intreccio di dati di fonti diverse, è stato utile per la creazione del modello, in quanto ha offerto la possibilità di verificare la bontà di informazioni eterogenee. Fortunatamente la sovrapposizione della nuvola di punti con le misurazioni prese in sito ha dato un buon risultato, mentre sono state rilevate molte discrepanze con i disegni esistenti storici ed i files digitali più recenti. Le incoerenze si sono riscontrate soprattutto in pianta sia per quanto riguarda gli angoli tra le murature - che nella realtà non sono esattamente a 90° - sia negli angoli definiti dalle falde della copertura e nel posizionamento di varie aperture. Per sviluppare una rappresentazione BIM di questo particolare edificio storico è stato necessario individuare tutte le componenti edilizie e definirle semanticamente, dai principali elementi strutturali fino agli elementi di dettaglio. Nello specifico gli appropriati componenti BIM sono stati selezionati, configurati con le giuste dimensioni (sulla base dei dati dei rilievi) e posizionati nella corretta posizione. Per la modellazione degli oggetti architettonici storici del caso di studio sono state utilizzati i seguenti tipi di famiglie:

Famiglie di sistema, componenti dell’ambiente di Revit utilizzati per creare elementi di costruzione di base quali muri

fig. 16 Autodesk Revit: visualizzazione della nuvola di punti sezionata

fig. 17 Autodesk Revit: modellazione della geometria sulla traccia della nuvola di punti

pagina a fianco

fig. 18 Autodesk Revit: importazione della nuvola di punti

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regolari, tetti e pavimenti. La definizione delle loro proprietà è indipendente dalla forma geometrica che l’oggetto assumerà. Famiglie caricabili, che sono files in formato .rfa esterni al modello. Esse possono essere modificate separatamente e impiegate per molti progetti differenti. Questo tipo di famiglia è stato utilizzato per modellare porte, finestre, travi e pilastri.

Famiglie locali (“in-place”) che sono elementi direttamente realizzati nel modello nel formato .rvt Revit file format. Le famiglie in place devono essere viste come una peculiarità del singolo modello architettonico. Esse hanno una definizione grafica e vengono create tramite le 4 operazioni di estrusione, estrusione su percorso, rivoluzione e unione su percorso. Le famiglie in place sono state usate per la creazione di elementi murari realistici. La modellazione è stata condotta con la finalità di impostare un progetto di restauro conservativo. In questo senso lo stato di degrado del singolo oggetto e gli interventi di conservazione da effettuare su esso hanno identificato i caratteri distintivi dei singoli oggetti del modello.

Si è quindi deciso di assegnare lo stato di degrado come informazione collegata all’oggetto ed evitare di modellarlo come un oggetto a sé applicato sulla superficie (non esiste una categoria “degrado”). Il vantaggio di questo metodo è quello di

avere una connessione diretta del degrado con l’oggetto e facilitare operazioni come: • la creazione automatica di retini/

campiture nelle tavole tematiche dell’analisi del degrado

• l’inserimento di etichette (tag multicategoria) nelle tavole tematiche dell’analisi del degrado

• l’estrazione di dati sul degrado tramite gli abachi dei diversi elementi

• la visualizzazione del degrado come caratteristica (parametro) dell’oggetto anche nel formato esportato .IFC. Lo svantaggio è quello di dover creare nella fase successiva, in cui saranno stati effettuati tutti gli interventi di conservazione (puliture, rimozioni ecc), nuovi oggetti, identici a quelli della fase esistente, ma che non presentano più le caratteristiche relative ai degradi, essendo stati essi sanati. Nel nostro lavoro questo aspetto è stato ritenuto accettabile, non interferendo con la gestione dei dati e delle fasi, nell’ottica della finalità del nostro progetto ed essendo realizzabile con semplici operazioni di “copia”/”allinea nello stesso posto”.

Il primo passo è stato quello di creare gli elementi che compongono l’edificio definendone le caratteristiche geometriche, materiche, le relazioni e le gerarchie. Per

pagina a fianco

fig. 20 Autodesk Revit: muri modellati in riferimento alla nuvolad punti

fig. 21 Autodesk Revit: modellazione degli elementi parametrici e assegnazione delle informazioni

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copertura con capriate metalliche, le canale di gronda, la struttura della galleria, i portali in pietra, le porte, le finestre, le scale, la pensilina esterna, i cornicioni, gli elementi decorativi esterni delle facciate. L’edificio è stato modellato come se si andasse a ricostruire l’edificio reale, lavorando per piani dal basso verso l’alto e creando prima gli elementi principali, poi le aperture e infine gli elementi decorativi.

esempio, per le muratura con una certa stratigrafia si sono distinti i diversi strati in base al materiale costituente (pietra, laterizio, intonaco..). Solo una volta che è stato creato il muro si è potuta creare finestra, data dall’unione di una bucatura e degli elementi che compongono l’infisso. Si è proceduto a creare così tutti componenti edilizi, creando quando necessario famiglie parametriche ad hoc: le murature, i pavimenti, la copertura, la struttura della

Autodesk Revit, come gli altri software BIM, è stato concepito per creare oggetti nuovi di cui si conosce la geometria e che possono essere modellati senza particolare problemi. Durante la parametrizzazione degli elementi storici sono state riscontrate molteplici criticità dovute ai limiti di flessibilità di alcune operazioni di modellazione. Il software non permette di creare in maniera diretta murature che non fig. 22 Alcune delle categorie di oggetti parametrici creati e relativi strumenti

siano perfettamente verticali. Ogni volta che si crea un elemento non in asse (orizzontale o verticale rispetto all’orientamento del progetto) il software segnala un errore che potrebbe portare a una non accuratezza del modello. Questo porta ad esempio, nel caso di due muri non perfettamente complanari, a non avere una creazione automatica del giunto tra i muri, come invece avviene per murature complanari o ortogonali. Altra situazione è quella in cui si hanno due muri di spessore diverso che si uniscono creando un gradino. Il software automaticamente cerca di colmare la differenza allungando o spostando il muro e creando così un errore. Anche nel caso di angoli troppo acuti tra due murature il programma non riesce a creare un giunto. Altre difficoltà stanno nel creare murature con spessore variabile in pianta ed in alzato. Per i muri a spessore variabile solo in pianta è stata creata una famiglia locale modellando un’estrusione. Per muri fuori piombo si può utilizzare il comando muro da superficie: prima di crea una superficie (con le masse) e poi si crea un muro di sistema con la stratigrafia che si vuole,tale da essere complanare a tale superficie, in questo caso però il muro che si ottiene ha spessore costante. Per i muri a spessore variabile in elevato si può fare un’estrusione, ma lo spessore in pianta sarà costante. Per modellare un muro a spessore variabile in pianta ed in alzato si

è quindi ricorso a famiglie locali create con estrusione e solidi di sottrazione (estrusione del vuoto).

Per altri elementi come nicchie irregolari sia in prospetto che in pianta si è dovuta compiere una semplificazione, che comunque è stata ritenuta accettabile, considerando le finalità del progetto. Per tutte le aperture e gli infissi sono state create famiglie parametriche caricabili, comprendenti sguincio e caratteristiche di dettaglio. Una delle criticità riscontrate sta nel fatto che volendo sostituire nel progetto di conservazione alcuni degli infissi con elementi nuovi, una volta che si elimina l’oggetto finestra esistente, anche la bucatura del muro viene rimossa. Si è quindi usata per l’esistente una famiglia comprendente la bucatura parametrica con sguincio e l’infisso esistente e per la fase di progetto una famiglia comprensiva della stessa bucatura con sguincio e infisso nuovo. Però concettualmente questa operazione non risulta in linea con la realtà costruttiva.

Una grossa limitazione delle famiglie caricabili è quella di non poter importare nuvole di punti nell’editor delle famiglie. Altro aspetto è che gli elementi creati nel modello come elementi locali non possono essere poi utilizzati in altri progetti.

Per la modellazione della copertura a padiglione della chiesa non è stato possibile utilizzare la generazione

automatica di Revit delle 4 falde, poiché il risultato non era coerente con la nuvola di punti, quindi si è modellata una falda alla volta mediante il comando “roof by footprint” e poi si sono sistemate le estremità mediante delle sottrazioni/ aperture nella copertura. Per l’inclinazione si sono utilizzate le sezioni della nuvola di punti, e alzando o abbassando il punto di partenza della falda, si sono adeguate le falde alla posizione reale del tetto. Avendo seguito questa modalità, la generazione delle canale di scolo e dei cornicioni non è stata automatica e si è dovuto procedere manualmente.

In questa fase della modellazione sono state importate nel modello le texture .tiff generate in Agisoft Photoscan. Queste sono state precedentemente integrate in Adobe Photoshop laddove erano presenti delle mancanze o elementi incongrui, utilizzando le foto fatte in sito. Le texture sono state applicate in Autodesk Revit come decalcomanie. Le decalcomanie sono immagini di dimensione specificata che possono essere applicate su una superficie piana o cilindrica. Esse devono essere prima caricate nel programma e poi inserite nel modello su una specifica superficie. Si possono regolare le dimensioni e bloccarne le proporzioni.

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6.2.3 Database di progetto

La fase successiva ha visto la creazione “sulla carta” del database di progetto. A differenza dei progetti di nuova edificazione in cui solitamente i parametri necessari sono già implementati nel software BIM, per i progetti su edifici esistenti è necessario spesso aggiungere degli attributi personalizzabili, che si possano creare all’interno del modello per qualsiasi categoria di elementi presenti, per includere diversi tipi di informazione. Nel database di progetto sono state inserite le informazioni relative:

• alla datazione del singolo elemento • alla fonte di tale datazione (documenti

d’archivio, libri, etc.)

• alla localizzazione del singolo oggetto • al tipo di componente edilizio secondo

la classificazione Uniformat II

• al codice identificativo univoco dell’oggetto

• alla caratterizzazione dello stato di conservazione

• alla caratterizzazione degli interventi di conservazione

• alle voci di listino prezzi corrispondenti agli interventi di conservazione Dove ritenuto necessario si è stabilita una codifica. Seguendo la logica di un database relazionale, si sono ricapitolate tutte le informazioni da integrare nel modello, attraverso le tabelle in figura 25.

La codifica della localizzazione ha permesso di definire dove un certo degrado è presente. Per esempio per ogni parete verticale si hanno più materiali e ogni materiale può avere più tipi di degrado. Una volta individuate le diverse manifestazioni di degrado, attraverso l’analisi dello stato di conservazione dell’edificio (si veda capitolo 5), si è proceduto a un affinamento (approfondimento) degli elementi già realizzati, che contenevano già le informazioni sui materiali, per distinguere le aree che presentavano degradi di diverso tipo.

Ma come sono state inserite le informazioni del nostro database di progetto? In linea generale in Autodesk Revit ogni categoria ha una serie di parametri di default, che possono essere relativi a famiglia, tipo o istanza. Come abbiamo detto, una delle grandi potenzialità dei software BIM è quella di poter legare ai diversi componenti creati qualsiasi tipo di informazione si voglia. In particolare nel nostro lavoro si tratta dei dati relativi al progetto di restauro elencati sopra. Per la creazione di questi parametri ad hoc, Revit offre due tipi di strumenti: • Parametri di Famiglia, non posso

comparire negli abachi e nelle etichette e sono specifici degli editor delle famiglie. Si possono creare all’interno degli editor.

fig. 23 Autodesk Revit: modellazione delle falde di copertura sulla base della nuvola di punti fig. 24 Autodesk Revit: applicazione delle tessiture

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• Parametri di Progetto: possono comparire negli abachi ma non nelle etichette e sono specifici del progetto. • Parametri Condivisi sono i più flessibili

ed è da loro possibile generare dei parametri di progetto e di famiglia. Infatti possono essere condivisi tra più progetti e famiglie e possono comparire negli abachi e nelle etichette ed essere esportati tramite DBC o tramite lo strumento di Revit

DBLink.

Per questo progetto di restauro si è scelto di creare parametri condivisi e parametri di progetto.

I parametri condivisi sono stati utilizzati per tutte quelle caratteristiche che si volevano inserire in abachi ed in etichette del progetto: localizzazione, stato di conservazione e interventi di conservazione. I parametri vengono creati definendo nome e la tipologia. Essi vengono registrati in un file

di testo esterno al modello che consente di riutilizzare i parametri in più progetti. Il file di testo viene caricato nel progetto in esame, ed i parametri condivisi vengono aggiunti ai parametri del progetto, assegnandoli alle categorie di oggetti che si desidera. È importante sottolineare come il parametro debba essere creato come Istanza, infatti non tutti i muri di una specifica tipologia risultano avere lo stesso degrado. A questo punto, nel modello Revit i parametri pagina a fianco

fig. 25 Definizione delle informa-zioni relative al progetto di restau-ro da includere nel modello fig.26 Autodesk Revit: Creazione dei parametri condivisi fig. 27: File .txt dei parametri condivisi

fig. 28: Autodesk Revit: Aggiunta dei parametri condivisi ai parame-tri del progetto

fig. 29: Autodesk Revit: Assegna-zione dei parametri di progetto alle categorie

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LOCALIZZAZIONE IDENTIFICATIVO E DEGRADO INTERVENTI DI CONSERVAZIONE VOCI DI LISTINO PREZZI DATAZIONE E FONTE PROPRIETA’ DELL’ELEMENTO PARAMETRICO

fig. 30: Autodesk Revit: interfaccia delle proprietà di istanza di un elemento parame-trico porta, in cui compaiono tutti i parametri inseriti.

condivisi diventano disponibili come campi editabili all’interno dell’interfaccia delle proprietà (nel nostro caso nelle proprietà di istanza) e permettono l’arricchimento del database. La scelta di parametri condivisi è stata fatta anche per la possibilità di poter riutilizzare il file txt in altri progetti simili, che porta con se il vantaggio di velocizzare i tempi di modellazione per un futuro progetto.

I parametri di progetto invece sono stati utilizzati per quei parametri che non si aveva necessità di introdurre in etichette e laddove invece si volevano creare degli abachi chiave (schedules key) come le voci di listino dei prezzari.

Nel modello, sono state quindi assegnate tutte le voci di degrado e di intervento, andando a compilare i campi dei nuovi parametri creati, per ciascun elemento del modello. In questa fase di caratterizzazione è utile andare a creare delle tabelle, dette abachi (schedules in inglese) per le diverse categorie (muri, porte, finestre..) che facilitano il popolamento dei campi dei parametri.

L’unico inconveniente rilevato, si è avuto nella fase iniziale di creazione del database. Una volta definite le informazioni che si volevano inserire è stato ricercato un modo per creare delle tabelle normalizzate con relazioni in Autodesk Revit. Il

programma però non offre moti strumenti per fare questo. Una possibilità consiste nel creare abachi chiave (schedules key), tabelle in cui la prima colonna è una chiave. Questi abachi di Revit, però, non possono includere parametri condivisi, che sono quelli che abbiamo scelto di usare nel progetto, in quanto più versatili e flessibili. In questo senso non è stato possibile creare delle relazioni tra le tabelle normalizzate seguendo la logica di un database relazionale, cosa che sarebbe stata preferibile. In sostanza nel database di progetto si ha che ad ogni oggetto (chiave) sono assegnati dei valori per tutti i diversi campi dei parametri, i quali non hanno relazioni tra di loro.

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6.3 Fusione dei dati

6.3.1 Generazione della documentazione di progetto

A partire dal modello 3D si possono generare in automatico gli elaborati grafici necessari per la descrizione completa del progetto, viste 2D, 3D, abachi e tavole. Gli abachi sono un utile strumento dei software BIM per la produzione della documentazione progettuale. Si tratta di tabelle generate automaticamente riportanti i dati caratteristici del progetto (dati alfanumerici o operazioni algebrici semplici). L’abaco è simile a un foglio di calcolo e può contenere informazioni diverse in base all’elaborato che si vuole realizzare. Essi sono infatti utili per visualizzare le caratteristiche e le quantità degli oggetti del modello. Gli abachi possono essere costruiti in base ai campi, cioè i parametri che si vogliono visualizzare, e in base a filtri e ad ordinamenti per selezionare ed ordinare opportunamente i dati. Negli abachi si possono includere tutti i parametri condivisi (personalizzati) creati. É possibile utilizzare queste tabelle per popolare i campi delle proprietà degli oggetti del modello. Infatti, dato il collegamento diretto che si ha in Autodesk Revit, ogni modifica apportata all’abaco si ritrova nel modello. Per comprendere meglio questo aspetto possiamo dire che l’abaco altro non è che un’interrogazione

che si fa al modello, che identifica una porzione delle informazioni, selezionate e ordinate.

Come si può vedere dall’estratto dell’abaco delle murature, l’abaco è stato creato ordinando le diverse informazioni per localizzazione, poi per tipo di elemento, poi per tipo di degrado. Seguono gli interventi di conservazione, le voci di listino e le aree di ogni superficie.

Anche le viste sono interrogazioni fatte

al modello, che identificano una porzione del modello e la rappresentano secondo stili e proprietà personalizzabili della vista stessa. Si possono produrre piante a qualsiasi quota e viste dei prospetti e delle sezioni. In particolare una volta generato il modello, per ogni livello si possono produrre in automatico tutte le viste in pianta necessarie a definire le diverse quote. All’interno delle viste stesse si possono creare le sezioni, i prospetti fig. 31: Processo di fusione dei dati

fig. 32: Autodesk Revit: Creazione degli abachi (schedules) e loro proprietà.

fig. 33: Estratto dell’abaco delle murature, editato in Excel per migliorarne la visualizzazione.

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e i dettagli costruttivi, stabilendone la localizzazione.

Revit permette la creazione di filtri per la sostituzione grafica da applicare alle viste. Questo strumento è stato utilizzato per rappresentare le diverse tipologie di degrado nelle viste tramite retini/campiture. Questi filtri hanno la caratteristica di utilizzare, come criterio discriminante per la sostituzione grafica, il valore di un parametro della categoria

a cui appartiene l’elemento di cui di desidera modificare l’aspetto. Una volta creato il filtro, si crea la vista in cui inserire la sostituzione grafica e si aggiungono i filtri desiderati impostando la sostituzione grafica per la superficie dell’oggetto con un retino.

I filtri applicati ad una vista risultano essere riferiti alla vista come istanza. Volendo, Revit permette di salvare queste impostazioni in un apposito modello di

TAG MULTICATEGORIA

MODELLO DI VISTA

TAG MULTICATEGORIA: ETICHETTA CON FILTRO RELATIVO ALL’INTERVENTO DI CONSERVAZIONE

FILTRI E

SOVRASCRITTURE GRAFICHE

fig. 34: Autodesk Revit: Vista di analisi del degrado. In evidenzal’uso di filtri e sovrascritture per la crea-zione automatica delle campiture del degrado; l’uso di tag multicategoria per la creazione di etichette parametriche per gli interventi di conserva-zione; template (modello) di vista per velocizzare la creazione di tutte le altre viste simili.

fig. 35 Autodesk Revit: applicazione di filtri di visibili-tà ad una vista

fig. 36 Autodesk Revit: vista assonometrica dell’ana-lisi del degrado

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vista da richiamare secondo necessità. Per creare etichette che rappresentassero graficamente gli interventi di conservazione sono stati utilizzati etichette multicategoria. In Revit è possibile applicare un’etichetta multicategoria a qualsiasi tipo di componente, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, applicando un parametro di filtro all’etichetta. Nel nostro lavoro sono stati creati diversi tipi di etichette, ognuno per una serie di interventi (ID_intervento1, ID_intervento2, ID_intervento3) Nelle viste questi sono stati introdotti e disposti secondo l’ordine di priorità.

Le viste e gli abachi sono poi assemblabili in tavole. Le tavole sono gestibili dal browser di progetto come tutti gli altri elementi come viste, abachi, gruppi e famiglie e sono anch’esse parametriche. Questo significa che le informazioni inserite nella famiglia del cartiglio possono essere espresse come parametri per automatizzarne la compilazione ogni volta che una nuova tavola viene creata nel modello. Questo rientra nell’ottica dell’automatizzazione del processo, che mira a evitare errori ed incoerenze. Allo stesso modo, l’inserimento di sezioni e prospetti nelle tavole, determina la compilazione automatica dei riferimenti ad esse nelle viste in pianta. Anche, i titoli delle viste nelle tavole vengono popolati automaticamente dal programma con

il nome dato alla vista nel browser di progetto.

La creazione di dettagli in Revit coinvolge una combinazione di viste “dal vivo” generate dal modello ed elementi bidimensionali sovrapposti. Sostanzialmente si tratta di creare una vista (sezione, prospetto o dettaglio di riferimento) alla scala desiderata e poi aggiungere componenti disegnati, testo, quote, e sistemare graficamente il dettaglio. Questo mix di componenti 3D e 2D si ha perché raramente si modellano in 3D tutte le specifiche componenti che una vista di dettaglio richiederebbe. Infatti lo sforzo richiesto per modellare le componenti ad una scala piccola sarebbe poco pratico, non necessario, e porterebbe a file troppo pesanti e tempi più lunghi. Il software offre molti strumenti per aggiungere dettagli 2d, che possono essere sia disegnati che importati come famiglie di componenti nel modello. Nel nostro modello, sebbene il LoD sia risultato accettabile, in molti casi è stato necessario ricorrere alle correzioni 2d, andando a rielaborare manualmente la vista generata dal software. Questo si è verificato:

• In alcuni punti di intersezione tra muri o tra muri e altri tipi elementi.

• Per la restituzione realistica delle linee di dettaglio nei prospetti e nelle sezioni.

• Per la restituzione chiara di elementi

che, data l’irregolarità dell’edificio, apparivano estremamente di sbieco e creavano “sporcature” della rappresentazione. In particolare negli elementi di copertura.

Queste correzioni a posteriori potrebbero essere fatte anche esportando le viste in un altro software, come autocad o illustrator. Tuttavia si ritiene preferibile realizzarle le correzioni direttamente nel software di modellazione (nel nostro caso Autodesk Revit), in maniera da rendere gli eventuali aggiornamenti automatici. In questa fase finale è possibile apprezzare le potenzialità del processo HBIM per la gestione delle informazioni delle architetture storiche. L’uso di elementi 3D semanticamente arricchiti dà la possibilità di navigare nel modello, arricchirlo con dati come fotografie, link e descrizioni, disegni 2D ed interrogarlo a piacimento, creando un illimitato numero di viste con lo stile di visualizzazione che si preferisce, compresi CGI fotorealistici e percorsi di animazione. Questo può sicuramente costituire una delle migliori soluzioni per l’archiviazione e per le fasi decisionali nei progetti di conservazione.

fig. 38 Autodesk Revit: CGI dello stato di fatto, vista dall’ingresso principale

(16)

fig. 39 Autodesk Revit: CGI dello stato di fatto, vista al di sotto della struttura della vecchia galleria del cinema

fig. 40 Autodesk Revit: CGI dello stato di fatto, vista al piano in-terrato dell’ingresso

pagina a fianco

fig.41 Esportazione del modello e delle informazioni

6.3.2 L’esportazione

Esistono moltissimi modi di esportare le informazioni dal modello BIM. Con questo lavoro abbiamo esplorato tre modalità: • Esportazione come foglio di calcolo

su Microsoft Excel

• Esportazione come database su

Microsoft Access

• Esportazione in formato IFC

Excel

Poiché le possibilità di modificare e lavorare con formule è limitata in Revit, talvolta può essere preferibile esportare gli abachi in Excel. È possibile farlo in diversi modi.

• Il modo più facile è esportare l’abaco in formato .txt e poi importarlo in Excel. È da tenere presente che si tratta di un’esportazione a senso unico. Non

esiste alcun collegamento tra Revit ed Excel, quindi tutte le modifiche apportate in Excel dovranno essere aggiornate manualmente in Revit. • Usare un add-in apposito

• Creare una macro per l’esportazione

• Creare uno script Dynamo. Dynamo è uno strumento di visual programming per Revit. In questo modo è possibile creare un link e modificare i dati in Revit direttamente da Excel.

Access

Revit DB Link  consente di gestire una relazione tra un progetto di  Revit  e un database Microsoft Access o ODBC. È possibile utilizzare  Revit DB Link  per esportare tutti i dati del progetto di Revit in un database, modificarli e quindi reimportarli nel progetto. Il database visualizza le informazioni del progetto

di Revit in una vista di tabella, modificabile prima dell›importazione.

IFC

Come già anticipato nel capitolo 3.1 IFC è un formato di scambio che include un di sistema di classificazione. Esso definisce quindi un certo solido come muro, finestra, porta ecc. Con Autodesk Revit si ha la stessa cosa, ma utilizzando Parametri e Stili di oggetto. Entrambi IFC e Revit hanno il proprio linguaggio. Da ciò nasce la necessità di associare istanze di famiglie di Revit a categorie IFC. Per fare questo è necessario mappare le definizioni degli oggetti, tramite un file di assegnazione, che si può creare ex novo o modificando uno esistente. Questo va fatto sia per le importazioni che per le esportazioni ed avviene con un semplice file di testo txt. L’assegnazione delle categorie in Revit avviene tramite una finestra di dialogo in cui ogni riga rappresenta una categoria

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o sottocategoria di elementi. Le colonne sono:

• Revit (Sub) Category

• IFC Class Name

• Type (IFC “sub”Categories, hardcoded in the IFC scheme)

Per gli elementi di costruzione standard, un nome di classe assegnato viene visualizzato nella colonna Nome classe IFC. Per gli elementi di costruzione non associati automaticamente alle classi di esportazione IFC, il valore visualizzato nella colonna Nome classe IFC è File non esportato.   In molti casi, l’esportazione di elementi da  Revit  in un file IFC risulta alquanto semplice e le impostazioni di default si rivelano appropriate. Questo implica che durante la fase di creazione delle famiglie in Revit si definiscano correttamente tutte le sottocategorie, in maniera da poterle poi mappare nell’esportazione in IFC.

Spesso è possibile che sia necessario specificare l’entità IFC di appartenenza degli elementi di una particolare famiglia. In caso un certo oggetto debba essere mappato in una classe IFC diversa da quelle della tabella di assegnazione, è possibile usare due parametri condivisi assegnabili all’oggetto:

IfcExportAs: Sovrascrive o imposta una classe IFC specifica dell’oggetto a cui

fig. 42 Autodesk Revit: mappatura delle cate-gorie Revit con le classi IFC per l’esportazione fig. 43 Autodesk Revit: sovrascittura dell’as-segnazione della classe IFC per uno specifico oggetto

pagina a fianco

fig. 44 Solibri Model Viewer: Visualizzazione del file IFC comprensivo del modello e delle informazioni creati in Autodesk Revit.

View 2.0, andando a specificare i settaggi dell’esportazione, come la fase da esportare, i dati del progetto, se esportare tutto il modello o solo una vista, dividere muri e pilastri per piano, includere i contorni di un vano, ecc. Una delle opzioni utilizzate è stata: esporta abachi come come set di proprietà. Questa opzione consente di definire i parametri che si desidera esportare sulla base degli abachi disponibili. Attivando questa opzione vengono esportati tutti gli abachi presenti l’oggetto verrà mappato.

IfcExportType: Assegna un tipo specifico (Sottocategoria) all’interno della classe IFC specificata.

Nel nostro medello è stato necessario fare questa sovrascrittura per gli elementi “Structural Framing” e per gli oggetti creati come “Modello generico”.

Per l’esporazione in IFC è stato scaricato un Open Source IFC Exporter della Autodesk. È stata utilizzata la IFC2x3 Coordination

nel progetto. Inoltre questo funziona su tutti i parametri dell’abaco, siano essi condivisi o di progetto, e anche i valori calcolati.

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Solibri Model Viewer

Solibri Model Viewer è un software che permette di aprire e visualizzare tutti i file IFC e di modificarli con Solibri Model Checker. Esso rappresenta un primo passo verso un’ottica di revisione collaborativa e consente di aprire file provenienti da altri utenti nonché di navigare modelli in 3D e di aggiungere commenti, laddove necessari. Questo strumento, facile da usare e scaricabile gratuitamente, permette di condividere informazioni per risparmiare tempo, denaro e risorse.

Una volta esportato il file in formato IFC da Autodesk Revit, è stato possibile verificare la presenza di tutte le informazioni che si desiderava esportare, aprendo il file con Solibri Model Viewer.

6.3.3 Il template per il progetto di restauro

I template di progetto vengono usati dai professionisti come punto di partenza per creare nuovi progetti. Autodesk Revit fornisce dei template di default per diverse discipline e tipi di progetti edilizi, ma permette anche di definire template personalizzati per qualsiasi necessità progettuale.

Un template fornisce un punto di partenza per un nuovo progetto e permette di includere i modelli di vista, le famiglie caricate, le impostazioni definite (unità di misura, retini, stili di linea, spessori di linea, scale della vista e così via) e la geometria, se desiderato.

Creare un template consiste nel creare uno standard. Questo strumento è molto prezioso nell’ottica dell’automatizzazione del lavoro, per velocizzare i tempi e aumentare l’efficienza durante il processo di modellazione. Una volta settate nel template le modalità e le regole che si preferiscono, comprendenti modalità di visualizzazione e di interfaccia, ma anche famiglie di oggetti, si dovrà evitare di ripetere tali operazioni ogni volta che si lavorerà su un nuovo progetto.

Lo strumento si rivela utile per i progettisti che si trovano a sviluppare i modelli parametrici, ma anche nel campo del facility management, per chi deve gestire una serie di complessi immobiliari.

Prima di andare a creare un template personalizzato è opportuno capire quelle sono le finalità del progetto e i requisiti fissati.

A seguire un elenco degli elementi che possono utilmente essere inclusi nel template:

• Definire i punti di origine

• Caricare tutte le famiglie di annotazioni che si vorranno riutilizzare nei modelli futuri

• Creare e caricare i cartigli per tutti i formati di cui si avrà bisogno.

• Creare e caricare le famiglie di oggetti che si prevede di utilizzare nei progetti futuri: Muri, Pavimenti, Finestre, profili etc. Anche nel caso di edifici esistenti, possono essere individuati elementi ricorrenti come profili standard per definire modanature ed elementi decorativi vari, anche a seconda del tipo di stile/epoca dell’edificio. • Creare abachi delle murature, delle

porte, delle finestre e così via, inserendole già nelle tavole finali. • Creare le viste che si prevede di avere

sempre, in tutti i progetti

• Creare “Tipi di Vista” per tutti i tipi di viste che si prevede di avere. • Creare Filtri.

• Creare “Modelli di Vista” (o view template). Questo può essere molto utile se si prevede di creare viste con sovrascritture grafiche che usano filtri,

come le viste tematiche dello stato di degrado. Si possono impostare filtri e incorporare nel template la propria codifica grafica per i diversi retini da assegnare, per poter automatizzare il lavoro in progetti futuri. Nei template di Vista si può pre-impostare il livello di dettaglio, lo stile grafico, le annotazioni, attivare o disattivare i file collegati al modello e altro ancora. • Stili di Oggetto, Stili di linea e Spessori. La creazione del template è stata l’ultimo passo del nostro lavoro. Oltre agli elementi elencati sopra, sono stati compresi i parametri condivisi (file txt collegato) relativi allo stato di conservazione e agli interventi ed i parametri di progetto relativi alle voci di listino dei prezzari.

In particolare per queste ultime voci abbiamo esplorato la possibilità di pre-caricare nel template tutte le voci di un determinato prezzario. Le liste degli interventi possono essere inserite in Autodesk Revit tramite abachi chiave (schedules keys) per ogni categoria di oggetto (muri, porte, finestre ecc). Durante la fase di modellazione e l’inserimento delle voci di intervento, l’utente dispone di tutta la lista di interventi del prezzario da cui può selezionare quello che preferisce. Se da una parte questo facilita molto l’integrazione dei dati relativi ai costi nel modello, bisogna tenere in conto un problema di base, che consiste nella

presenza in Italia di innumerevoli prezzari di riferimento, per cui l’integrazione di tutte le voci sarebbe difficile o controproducente. Come visto nel progetto non sempre è possibile trovare le voci di intervento desiderate in un solo prezzario, soprattutto per l’architettura storica che non è standard e che presenta spesso elementi particolari o unici e per cui lo spettro di interventi possibili si amplia grandemente rispetto al nuovo. Dal nostro punto di vista il template può essere utilmente creato se si fa riferimento ad uno o due prezzari. Possiamo concludere che la realizzazione del template comprendente tutti i parametri per il progetto di restauro è un ulteriore elemento di supporto alla tesi che, anche per il campo della conservazione, il BIM possa essere uno strumento di aiuto per facilitare la realizzazione e la gestione del progetto.

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fig. 42 Autodesk Revit: template per il restauro, creazione di abaco chiave con voci di listino dei prezzari fig. 43 Autodesk Revit: possibilità di sezionare una delle vocidi listino preimpostate al momento dell’inseri-mento delle informazioni

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fig. 1 CGI del progetto, vista dell’interno dall’ingresso principale

Progetto di riuso

La proposta consiste nel restauro conservativo dell’edificio, per renderlo uno spazio flessibile che possa ospitare più funzioni.

Per avere una linea guida nella definizione della proposta progettuale si è immaginato quali fossero gli usi più adatti, sempre nell’ottica di rispettare l’identità del luogo e valorizzare questo edificio storico che nel corso del tempo è stato stravolto. Gli obbiettivi principali sono:

Conservare l’edificio e dargli nuova vita

Valorizzare le strutture antiche ed i ri-trovamenti archeologici

Aprire al pubblico l’edificio

La proposta prevede la creazione di una cellula di base flessibile, uno spazio aper-to a più opzioni d’uso. Le possibilità sono diverse: data la prossimità alle vie

princi-pali del traffico turistico e commerciale lucchese, Via Santa Croce e Via Fillungo, si è ipotizzato che una proposta possa es-sere l’uso come spazio commerciale, per esempio per una grande libreria, un caffè letterario, una grande boutique oppure un punto vendita di generi alimentari locali slow food con un punto ristoro. Per la sua posizione leggermente decentrata dai traf-fici principali, un’altra possibilità potrebbe essere quella di ospitare uno spazio di coworking. La città offre attualmente di-versi spazi come biblioteche, sale lettura ed aule studio, ma non esistono spazi per il lavoro condiviso né all’interno, né all’e-sterno delle mura. Il coworking mira ad andare in contro alle necessità dei giovani lavoratori e a rispondere alla mancanza di spazi di lavoro a prezzi accessibili. Si pensi per esempio a tutti quei professionisti che lavorano nell’ambito artistico-culturale e a quelli che lavorano all’intersezione tra

cultura e tecnologia, singoli o start-up, che non possono permettersi un ufficio a causa degli affitti troppo elevati e possono bene-ficiare dal lavoro in un ambiente multidisci-plinare, condividendo conoscenze e spazi come aree per riunioni, area caffè, area stampa, area laboratorio.

Al piano interrato, data la presenza di re-sti archeologici quali le murature storiche e il mosaico di epoca romana, la proposta consiste nel creare spazi espositivi. Questo potrebbe ospitare una mostra permanen-te dotata di pannellature informative sulla storia dell’edificio e degli scavi archeologi-ci, con planimetrie, ricostruzioni grafiche e immagini, affiancato da un’area utilizzabile per esposizioni temporanee e incontri. Le destinazioni d’uso suggerite, che siano commerciali o di coworking, permetteran-no l’accesso libero al pubblico ed unita alle attività culturali, andranno a creare un

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119 118 UP UP UP DN UP UP DN UP UP

Room Legend

Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2

Room Legend

Area C

Room Legend

Area D Deposito 1 : 200

Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

1 : 200

Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

1 : 200

Level 6 - Piano Interrato - LOCALI 3

Room Schedule

Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m² UP UP UP DN UP UP DN UP UP

Room Legend

Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2

Room Legend

Area C

Room Legend

Area D Deposito 1 : 200

Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

1 : 200

Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

1 : 200

Level 6 - Piano Interrato - LOCALI 3

Room Schedule

Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m² UP UP UP DN UP UP DN UP UP Room Legend Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2 Room Legend Area C Room Legend Area D Deposito 1 : 200 Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

1 : 200

Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

1 : 200

Level 6 - Piano Interrato - LOCALI 3

Room Schedule Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m² UP UP UP DN UP UP DN UP UP Room Legend Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2 Room Legend Area C Room Legend Area D Deposito 1 : 200 Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

1 : 200

Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

Room Schedule Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m² UP UP UP DN UP UP DN UP UP Room Legend Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2 Room Legend Area C Room Legend Area D Deposito 1 : 200 Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

1 : 200

Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

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Level 6 - Piano Interrato - LOCALI 3

Room Schedule Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m²

nuovo centro attivo che ridoni vitalità e at-tenzione alla Ex chiesa di San Quirico all’O-livo. Inoltre dalla riapertura dell’edificio al pubblico potrebbe giovare tutta l’area cir-costante, a partire dalla piazza di San Qui-rico, usata attualmente come parcheggio di auto dei residenti che sostano di fronte all’edificio seppur non siano presenti stalli appositi.

Per quanto riguarda la configurazione interna si è voluto lasciare gli spazi quanto più aperti possibile, evitando di frazionare il volume centrale dell’aula. In questo ci siamo voluti discostare da quelle è stata la linea dei progetti proposti in passato per l’edificio, che prevedevano la creazione di un piano primo molto frammentato a destinazione residenziale.

La collocazione dei servizi, dell’ascensore, dei locali tecnici e dei depositi all’estremo est dell’edificio permette di creare un ampio spazio libero centrale che si percepisce

subito entrando nell’edificio. I lati nord ed ovest in cui sono presenti le aperture più ampie vengono lasciati liberi. L’ascensore che collega i tre piani viene posizionato in modo da portare all’area espositiva al piano interrato, senza interferire con le murature storiche. L’ascensore culmina al piano primo con una struttura metallica con pannelli in vetro, così da non impattare troppo sull’illuminazione proveniente dalle finestre che presenta sui lati. Il locale tecnico collocato nella parte centrale lungo il lato est può sfruttare la porticina sul retro per l’aerazione.

Si prevede la messa in opera di nuovi solai, che conterranno gli impianti, con nuova pavimentazione in pietra. In prossimità dell’ingresso due porzioni di pavimentazione trasparente permetteranno di vedere dall’alto la muratura storica ed al mosaico di epoca romana del piano sottostante. Per quanto

riguarda il trattemento delle murature interne, dopo i diversi interventi di conservazione, sui muri esterni a ovest, nord ed est sarà utilizzato un sistema di controparete interna per migliorare le prestazioni termiche dei muri esterni (trasmittanza termica etc.) secondo i limiti di normativa. Le contropareti, costituite da pannelli in cartongesso, strato isolante e profili metallici meccanicamente fissati alla muratura, potranno alloggiare al loro interno il passaggio di impianti laddove necessario, evitando di toccare le murature esistenti già abbastanza danneggiate in passato. La muratura a sud, che separa l’aula da altri locali interni, una volta eseguiti i lavori di conservazione, sarà lasciata a vista. Entrando si percepirà subito questa superficie, che mostrerà con autenticità i segni delle diverse trasformazioni occorse nei secoli.

Si prevede l’apertura di un accesso ai locali

UP UP UP DN UP UP DN UP UP

Room Legend

Antibagno Area A Area B Deposito Locale Tecnico WC1 WC2

Room Legend

Area C

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Area D Deposito 1 : 200

Level 1 - Piano Terra - LOCALI 1

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Level 2 - Piano Primo - LOCALI 2

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Level 6 - Piano Interrato - LOCALI 3

Room Schedule

Level Number Name Area Level 6 11 Area D 88.40 m² Level 6 12 Area D 36.56 m² Level 6 13 Deposito 5.54 m² Level 6 14 Deposito 5.33 m² Level 6 15 Deposito 7.26 m² Level 1 1 Area A 157.17 m² Level 1 2 Deposito 5.46 m² Level 1 3 Locale Tecnico 3.81 m² Level 1 4 WC1 1.78 m² Level 1 5 Antibagno 2.86 m² Level 1 6 WC2 3.76 m² Level 1 7 Area B 10.95 m² Level 1 8 Area B 11.66 m² Level 1 9 Area B 31.41 m² Level 2 10 Area C 49.03 m² pagina a fianco

fig. 2-4 Viste prospettiche del progetto fig. 5-7 Schemi dei locali

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sul lato sud, ove una volta era presente la biglietteria del cinema, al momento inutilizzati. A questo scopo non si toccherà la muratura originale della chiesa ma si andrà a rimuovere la tamponatura da un’apertura che esisteva quando la sala era usata come cinema. Questi spazi, resi nuovamente accessibili, possono essere utilizzati come angolo caffè e zona relax aperta al pubblico.

Per la scala che collega i diversi piani si è prevista una posizione centrale, in corrispondenza della muratura antica presente al piano interrato, così da creare due rampe di scale collegate che portano nelle due aree dell’interrato separate dal muro stesso. Tutti i parapetti interni sono in vetro, per non ostacolare il passaggio della luce che filtra dal nuovo lucernario in copertura.

Le porte lignee del piano terra saranno restaurate secondo gli interventi conservazion e proposti e saranno aggiunti nuovi infissi sul lato interno, per poter mantenere apertili infissi esistenti e avere un’illuminazione naturale.

fig. 9 CGI del progetto: vista della scala al piano terra fig. 10 CGI del progetto: vista del piano interrato

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Il caso di studio di questa tesi ci ha permesso di applicare una procedura per realizzare un Building Information Model rappresentativo di un edificio storico, integrando più tecniche di rilievo, per ottenere un modello tridimensionale ed un database, che raccolgono dati di tipo eterogeneo. Sono stati rilevati vantaggi e problematiche sotto diversi aspetti. Facciamo ora una valutazione qualitativa degli strumenti utilizzati e dei tempi.

Strumenti

Per quanto riguarda l’acquisizione dei dati per il rilievo fotogrammetrico, uno dei vantaggi è certamente la possibilità di realizzare un rilievo ad alta definizione con l’ausilio della sola strumentazione fotografica, anche da soli e in tempi ridotti. La computazione della nuvola di punti densa, della mesh e delle tessiture in Agisoft Photoscan è stata RAM-intensive, mentre la computazione richiesta dalla modellazione con i programmi BIM è stata GPU-intensive. Questo va tenuto in considerazione durante la fase di pianificazione del lavoro in quanto la scelta del workflow da seguire va fatta considerando il computer che si ha a disposizione. Il computer utilizzato per questo lavoro, scelto considerando le specifiche consigliate dai produttori dei software utilizzati, ha processore i7, RAM 16 GB, scheda video con 4 GB di RAM dedicati, 500 GB di HD SSD e si è rivelato adeguato per lo svolgimento del lavoro. I software usati sono tutti compatibili col sistema operativo Windows 10 Home o Pro.

Tempi

Per dare un’idea dei tempi di realizzazione di questo lavoro possiamo fare una stima generale in percentuale:

Fase di acquisizione dei dati:

• pianificazione HBIM e ricerca documentale d’archivio: 15%

• rilievo diretto e fotografico: 4%

• fotomodellazione in Agisoft Photoscan: 12%

• preparazione e importazione della nuvola di punti: 4%

Fase di elaborazione e fusione dei dati: • importazione della nuvola, creazione

delle fasi, modellazione della geometria con le informazioni sui materiali: 19%

• database di progetto, inserimento informazioni nel modello, affinamento della geometria, creazione viste, abachi, tavole e correzioni 2D: 27% • progetto di riuso: 8%

• preparazione documentazione

(25)

Conclusioni

• Con questo lavoro abbiamo esplorato la possibilità di lavorare su un modello organizzato in fasi temporali, integrando documentazione in maniera strutturata e facilmente accessibile. È stato possibile collegare ai singoli oggetto parametrici informazioni su aspetti tangibili ed intangibili del bene storico, come stato di conservazione, interventi, datazione etc. Infatti, non trattandosi di un modello 3D puramente geometrico, ma contenente una certa quantità di informazioni semantiche correlate alla geometria, uno dei problemi affrontati è stato quello di capire come inserire, visualizzare ed interrogare tali dati.

• Con il caso di studio è stato possibile eseguire un rilievo tridimensionale del

manufatto che, una volta restituito, può essere utilizzato come punto di partenza per considerare un ampio spettro di misure conservative come: il restauro, Il riuso funzionale, analisi per upgrade strutturale, energetico, impiantistico e interventi relativi alla sicurezza. Il BIM in questo senso permette di andare in contro a problematiche come l’upgrade energetico del patrimonio esistente e l’esecuzione di manutenzioni tempestive.

• Abbracciare l’innovazione tecnologica però comporta un cambio di mentalità, oltre a spese iniziali per licenze software e formazione che, soprattutto in Italia, rappresentano una difficoltà per la piccola dimensione delle

aziende. ll passaggio per ora rimane lento e graduale, ma può essere raggiunto incrementando sempre di più la cultura sul BIM e creando degli standard e protocolli nazionali.

• Il risultato finale è stato ottenuto integrando più tecniche di rilievo. Il rilievo diretto è stato fondamentale per il controllo delle misure. Col rilievo fotogrammetrico da terra non è stato possibile raggiungere alcune parti come la copertura. Quindi, laddove sia presente un edificio più esteso, alto o articolato, si potrebbe pensare di affincare un rilievo con drone e/o integrare un rilievo con laser scanner. Questo perchè tutta la successiva modellazione dell’edificio storico dipende direttamente dalla qualità delle informazioni dei rilievi.

SETTIMANE

TEMPI %

4 pianificazione HBIM e ricerca documentale d'archivio 15 2 mesi metà aprile metà giu

1 rilievo diretto e fotografico 4 7 giorni tra maggio giugno

3 fotomodellazione 12 15-giu 5 lu 1

1 preparazione importazione della nuvola di punti 4 5-10 lu

5 importazione della nuvola, creazione delle fasi, modellazione geometria con informazioni sui materiali 19 20 lu levare una settimana

7 database di progetto, inserimento informazioni nel modello, affinamento della geometria, creazione viste, abachi, tavole e correzioni 2D 27 01-set di cui 2 sett di progetto

2 progetto di riuso 8

3 preparazione documentazione (relazione) 12

26 26 6,5 6,5 07-nov 15 4 12 4 19 27 8 12 %

pianificazione HBIM e ricerca documentale d'archivio rilievo diretto e fotografico

fotomodellazione

preparazione importazione della nuvola di punti

importazione della nuvola, creazione delle fasi, modellazione geometria con informazioni sui materiali

database di progetto, inserimento informazioni nel modello, affinamento della geometria, creazione viste, abachi, tavole e correzioni 2D

progetto di riuso

preparazione documentazione (relazione)

fig. 1 tempi di realizzazione del lavoro in %

• La 4^ dimensione del modello, cioè la gestione delle fasi temporali, come visto in questo ed altri lavori, è molto utile. Nel contesto storico, oltre a rappresentare le fasi di progetto, può essere utilizzata per rappresentare le fasi dell’evoluzione storica del sito, organizzare la manutenzione programmata e documentare interventi realizzati.

• Una delle principali problematiche riscontrate è la modellazione con software BIM nati per la modellazione di edifici di nuova costruzione, che non corrispondono esattamente alle necessità della conservazione. Parametrizzare i singoli elementi storici, caratterizzati da marcate irregolarità può non essere un’operazione diretta e veloce. L’unicità dei contesti archeologici e degli edifici storici non è di per sé in linea con i punti forti dei software nati per la serialità e la ripetizione, tipiche delle nuove costruzioni. Nel nostro caso di studio è stato necessario realizzare molti elementi ad hoc, creando famiglie locali, specifiche di questo particolare edificio storico. Come è emerso dalla ricerca iniziale, è importante che vengano studiati dei software o plugin di aiuto alla

Un aspetto vantaggioso è la possibilità di collegare al modello la nuvola di punti, che arricchisce il database di informazioni: il rilievo 3D è sia la base di partenza per la modellazione, sia un dato del modello stesso, da richiamare quando se ne ha necessità.

modellazione, per velocizzare il passaggio da una nuvola di punti non strutturata a oggetti parametrici.

• Con la creazione di un modello parametrico, abbiamo la possibilità di integrare più informazioni rispetto al sistema CAD, perché non ci limitiamo a rappresentare singole piante, sezioni e viste, ma si ha un modello a cui sono collegate delle informazioni. È necessario tenere presente che, comunque, si opera un’approssimazione della realtà e nell’andare a modellare gli oggetti 3D si avrà una certa perdita di informazioni, sia rispetto alla realtà, sia rispetto al rilievo 3D ad alta definizione (per esempio per l’irregolarità di certi elementi). In sintesi, come avviene per il CAD, il livello di dettaglio dipende dalla finalità del lavoro, che determina la scala di rappresentazione, il LOD etc. E’ compito del progettista scegliere e calibrare in partenza il livello di sviluppo (LOD) del modello in base alle finalità del lavoro, per capire l’accuratezza delle informazioni ed indirizzare la modellazione. Nel caso di studio il livello di accuratezza è stato ritenuto adeguato allo scopo del lavoro, cioè all’ottenimento di un modello per un progetto di restauro.

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