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UNIVERSITA’ DI PISA

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Direttore Prof. Mario Petrini

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE

ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE

TESI DI LAUREA

Rieducazione e Valutazione di ginocchio operato a

legamento crociato anteriore sinistro

Candidato:

Matteo Volpi

Relatore: Correlatore:

(2)

2

Sommario

INTRODUZIONE

3

ANATOMIA DI GINOCCHIO (PIANO OSSEO)

4

ANATOMIA DI GINOCCHIO (PIANO MUSCOLARE)

8

ANATOMIA DI GINOCCHIO (APPARATO

CAPSULO-LIGAMENTOSO)

17

ANATOMIA DI GINOCCHIO (FISIOLOGIA ARTICOLARE E

BIOMECCANICA)

25

TRAUMATOLOGIA DI GINOCCHIO

34

TECNICHE DI INTERVENTO

51

IL CASO PRESO IN ESAME

60

VALUTAZIONI FINALI

89

(3)

3

INTRODUZIONE

La lesione del legamento crociato anteriore, è sempre stata argomento di interesse nel campo medico, sia dal punto di vista delle tecniche chirurgiche (in costante evoluzione) che da quello dell’approccio riabilitativo. Risulta chiaro, laddove il soggetto con lesione procurata sia uno sportivo, una persona non praticante attività fisica o addirittura un sedentario, quanto ciò condizioni di gran lunga l’approccio chirurgico e di recupero, con una conseguente ed opportuna calibrazione e differenziazione dal punto di vista riabilitativo.

L’oggetto di studio di questa tesi è il recupero della funzionalità e del tono muscolare di un ginocchio operato di l.c.a. sottoposto ad un iniziale trattamento riabilitativo (non oggetto di questa tesi); obiettivo di questa tesi sarà valutare la proposta degli esercizi del secondo trattamento riabilitativo, in quanto dopo quasi cinque mesi di riabilitazione iniziale sono state valutate le condizioni oggettive del ginocchio per stabilire qualitativamente un punto di partenza. In seguito il nostro obiettivo sarà quello di stabilire un nuovo protocollo di lavoro a medio termine che venga monitorato con l’ausilio delle solite batterie di test che ne valutino la progressione, come nel caso della prima effettuazione, correlando così i risultati ottenuti nel lasso di tempo di lavoro e per verificare la bontà del trattamento ed osservarne eventuali miglioramenti. Per facilitare la comprensione dell’argomento (capitolo 1) abbiamo illustrato l’anatomia del ginocchio, dedicando in seguito la nostra attenzione alla biomeccanica e le azioni delle forze prodotte e modulate dai muscoli per la sua statica e dinamica, analizzando inoltre la traumatologia specifica e l’individuazione della tipologia del danno causato

(capitolo 2). Abbiamo posto attenzione alle tecniche di intervento cruento e non cruento

(capitolo 3) per poi addentrarci nel nostro caso d’esame e sullo svolgimento della prima

(4)

4 riabilitativo e la proposta d’intervento (capitolo 5), valutazioni finali e conclusioni (capitolo

6).

ANATOMIA DI GINOCCHIO (

PIANO OSSEO

)

Figura 1 (Ginocchio)

Il ginocchio (figura 1) è un'articolazione dell’arto inferiore che mette in comunicazione coscia e

gamba ed è la più complessa ed ampia dello scheletro umano. Le superfici articolari1 che

presenta sembrano identificarla come un'articolazione estremamente mobile, tuttavia il particolare tipo di contributo al movimento e di sopportazione dei carichi non le consentono di mantenere tali aspettative.

La sua classificazione non risulta di primo impatto per: i rapporti articolari delle ossa che lo compongono, presenta caratteri simili alle condilartrosi ed ai ginglimi; per i rapporti articolari

(5)

5 tra femore e patella, ha caratteri simili alle artrodie, data la funzione di scorrimento. Alla formazione dell’articolazione vi partecipano il femore, con i suoi condili e con la superficie patellare, la rotula (o patella) e la tibia, con le sue superfici delle sue glene. Il perone non partecipa alla formazione dell'articolazione del ginocchio, articolandosi prossimalmente solo con la tibia.

FEMORE (SUPERFICIE CONDILOIDEA)

Figura 2 (Femore)

Il femore (Figura 2) è l’osso lungo più voluminoso del nostro corpo, si articola prossimalmente

con l’acetabolo dell’anca e distalmente con tibia e rotula. Risulta essere leggermente convesso anteriormente e non essere parallelo al piano mediano, ma obliquo in basso e medialmente; in esso possiamo apprezzare una diafisi (corpo) e due epifisi (estremità), una prossimale ed una distale. L’epifisi distale è voluminosa e termina con due grandi masse convesse rispetto al corpo diafisario, unite e convergenti anteriormente e distanziate e divergenti posteriormente, che prendono il nome di condili del femore, uno mediale ed uno laterale, parzialmente rivestiti da cartilagine ialina. Essi si articolano in avanti e in alto con la superficie della rotula,

(6)

6 formando l’articolazione femoro-rotulea, in avanti e in basso con la tibia, formando l’articolazione femoro-tibiale. Posteriormente i condili si separano, tra di essi si interpone una profonda gola, la fossa intercondiloidea. Risalendo prossimalmente è possibile osservare due grosse sporgenze, l’epicondilo mediale e l’epicondilo distale, sui quali prendono inserzione legamenti e sepimenti tendinei di muscoli. Al di sopra dell’epicondilo mediale è presente un tubercolo molto ben visibile sul quale termina l’inserzione finale del muscolo grande adduttore; tra il condilo laterale ed epicondilo omonimo vi è infine un solco, denominato solco popliteo, che accoglie il tendine del muscolo omonimo.

ROTULA

Figura 3 (Rotula)

La rotula (o patella) è un osso di forma rotondeggiante (figura 3) che si trova sul versante

anteriore del ginocchio in posizione mediana. Viene considerata come osso sesamoide poiché ampiamente formatosi nello spessore del ventre tendino del muscolo quadricipite femorale. Ha una forma che definiamo piramidale e della quale consideriamo una base, un apice, una faccia anteriore e ed una posteriore, un margine mediale ed uno laterale.

La base è posta in alto ed è terreno inserzionale del tendine del muscolo quadricipite. L’apice è posto in basso e offre inserzione d’origine al legamento rotuleo.

(7)

7 La faccia superiore è convessa, la quale presenta numerosi solchi verticali che rappresentano le fibre tendinee del muscolo quadricipite. La faccia posteriore è anch’essa convessa, rappresenta la faccia articolare ed è rivestita da uno strato di cartilagine ialina ed è divisa in due facce (una mediale ed una laterale) che si articolano con la faccia patellare del femore. I due margini, mediale e laterale, seguono l’andamento base-apice della rotula, affusolandosi prossimalmente partendo dalla base e convergendo sull’apice della rotula.

TIBIA (EPIFISI PROSSIMALE)

Figura 4 (Tibia)

E’ un osso lungo (figura 4) e robusto, occupante la superficie antero-mediale di gamba, la quale

si trova interposta superiormente con la la regione della coscia ed inferiormente con la regione di caviglia. I suoi rapporti laterali si instaurano con il perone (o fibula) con il quale è unita prossimalmente e distalmente, di essa si identificano una diafisi, con un margine affilato dividente, una faccia antero-mediale ed una antero-laterale, un margine posteriore e due

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8 epifisi, una distale ed una prossimale. L’epifisi prossimale è voluminosa e slargata (in senso trasversale) con la presenza di due assi, una laterale ed un mediale, le glene che offrono contatto ai condili femorali, tale superficie articolare - allo stesso modo dei condili - è rivestita da cartilagine ialina. Tra le due glene tibiali si interpone un’area rugosa che culmina centralmente alzandosi sopra il livello del piatto tibiale in un’eminenza, detta eminenza intercondiloidea, al cui apice termina con la formazione di due tubercoli, uno mediale ed uno laterale. In maniera speculare, davanti e dietro all’eminenza citata precedentemente, abbiamo due fossette, una intercondiloidea anteriore ed una posteriore.

Lateralmente e indietro sulla faccia della glena laterale è presente una piccola superficie articolare rivestita da cartilagine che si rapporta con l’epifisi prossimale del perone.

ANATOMIA DI GINOCCHIO (

PIANO MUSCOLARE

)

(9)

9

MUSCOLO QUADRICIPITE FEMORALE

Figura 4(Muscolo quadricipite femorale)

Il quadricipite femorale (Figura 7) è il muscolo più voluminoso della loggia anteriore della

coscia ed uno dei più potenti del nostro corpo. Esso è composto da quattro capi: - retto femorale

- vasto mediale - vasto laterale - vasto intermedio

che hanno rispettivamente origine dalla spina iliaca anteriore inferiore (capo diretto) e dal ciglio acetabolare (capo riflesso), dalla prossimità del collo anatomico del femore (più precisamente dalla parte prossimale del labbro mediale della linea aspra), dalla parte laterale del grande trocantere e tuberosità glutea, dalla parte prossimale della faccia antero-laterale del femore. Tre di questi muscoli sono monoarticolari: vasto mediale, vasto laterale, vasto intermedio e solo un sol è biarticolare, il retto femorale.

(10)

10 La funzione di questo muscolo (della quale è principale protagonista) è quella di estendere la gamba sulla coscia, anche se il suo deficit provoca una grave difficoltà in tutte le azioni della quotidianità, come camminare, sedersi, alzarsi.

MUSCOLO GRANDE ADDUTTORE

Figura 8 (Muscolo grande adduttore)

Di forma triangolare e affusolata (Figura 8), è il più profondo e potente fra i muscoli adduttori

dell'anca. Si origina dal ramo ischiopubico del pube, lateralmente all'adduttore breve e si inserisce nei due terzi inferiori della linea aspra mediale del femore e sul tubercolo adduttorio del femore stesso. Adduce l’anca e ruota la coscia (medialmente).

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11

MUSCOLO SARTORIO

Figura 9 (Muscolo Sartotio)

E’ un muscolo lungo ed appiattito (Figura 9) , che attraversa la coscia in senso latero-mediale

prossimo-distale.Si origina dalla spina iliaca anteriore superiore e si inserisce sulla superficie mediale dell'epifisi prossimale della tibia per mezzo di un tendine comune ai muscoli, gracile e semitendinoso, il quale, per la sua forma, prende il nome di "zampa d'oca" costituendone il piano più superficiale, sepimenti (?) del suo tendine vanno ad inserirsi anche sulla fascia femorale. Consente la rotazione interna della tibia e la flessione della gamba, sia a livello dell'anca, permettendo la flessione della coscia sul bacino e la rotazione esterna.

(12)

12

MUSCOLO GRACILE

Figura 10 (Muscolo gracile)

Muscolo lungo e sottile (Figura 10), appartenente alla loggia posteriore della coscia, si inserisce

sul ramo inferiore del pube e lateralmente la sinfisi pubica, va a terminare sulla faccia mediale di tibia, in prossimità della tuberosità tibiale, concorrendo a formare il piano profondo della zampa d’oca. La sua azione, sebbene il contributo in forza sia modesto è quella di flettere la gamba e di ruotarla medialmente.

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13

MUSCOLO SEMITENDINOSO

Figura 11 (Muscolo semitendinoso)

Muscolo lungo e piatto (Figura 11) la sua caratteristica è quella di essere più carnoso

prossimalmente e più tendineo distamente. Parte dalla tuberosità ischiatica arrivando sino all'epifisi prossimale della tibia. Insieme all'inserzione del muscolo gracile e del muscolo sartorio, l'inserzione tendinea del muscolo semitendinoso crea il complesso anatomico denominato zampa d'oca. La sua azione con punto fisso sull’ischio è quella di flettere la gamba sulla coscia e di ruotarla medialmente di qualche grado, concorre inoltre a estendere la coscia su bacino

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14

MUSCOLO SEMIMEMBRANOSO

Figura 12 (Muscolo semimembranoso)

l muscolo semimembranoso (figura 12) è un muscolo situato nella loggia posteriore di coscia in

posizione mediale, posto in profondità rispetto al muscolo semitendinoso. Il suo nome deriva dal fatto che è costituito, nel suo terzo superiore, da una larga lamina tendinea. Origina dalla tuberosità ischiatica, all’altezza dell'interlinea articolare del ginocchio, il suo tendine si divide in tre fasci: uno discendente che va a terminare sulla parte posteriore del condilo mediale della tibia, uno ricorrente: risale verso il condilo laterale del femore formando il legamento popliteo obliquo dell'articolazione del ginocchio,ed uno anteriore (o tendine riflesso) che termina sulla parte anteriore del condilo mediale della tibia. E’ in grado di flettere la gamba sulla coscia e ruotarla medialmente, secondariamente estende le coscia sul bacino.

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15

MUSCOLO BICIPITE FEMORALE

Figura 13 (Muscolo bicipite femorale)

Il muscolo bicipite femorale (Figura 13) è un muscolo posteriore e laterale della loggia

posteriore di coscia , Possiede (come da nome) un capo lungo e un capo breve.

Il capo lungo origina dalla tuberosità ischiatica, con un tendine comune al muscolo semitendinoso, ma che dopo pochi centimetri se ne separa. Il capo breve origina dal terzo medio del labbro laterale della linea aspra del femore. I due capi convergono in un unico tendine che si inserisce sul condilo laterale della tibia con un’espansione tendinea e direttamente alla testa della fibula. Flettere la gamba sulla coscia imprimendone un leggero movimento rotatorio laterale e secondariamente con il suo capo lungo estende la coscia sul bacino .

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16

MUSCOLO POPLITEO

Figura 14 (Muscolo popliteo)

Di forma triangolare e appiattita (Figura 14), si trova fra il muscolo plantare e il muscolo

gastrocnemio. Origina dalla faccia in alto e posteriormente al condilo laterale del femore e dalla corrispondente porzione della capsula articolare del ginocchio. S'inserisce sul labbro superiore della linea obliqua e sulla faccia posteriore della tibia, contraendo nel suo decorso rapporti con la capsula articolare del ginocchio.

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17

ANATOMIA DI GINOCCHIO (

APPARATO CAPSULO-LIGAMENTOSO

)

CAPSULA ARTICOLARE

Figura 15 (Capsula articolare)

La capsula articolare2 (figura 15) è un manicotto fibroso che avvolge l’estremità inferiore del

femore e l’estremità superiore di tibia, mantenendo le due superfici a contatto, nella sua superficie interna (che da va verso l’interno della capsula articolare) è rivestita dalla membrane sinoviale.

In generale per visualizzare tale struttura viene fatto l’accostamento ad una forma piuttosto cilindrica anteriormente e che, spostandoci medialmente e lateralmente sul versante posteriore si affossa seguendo la forma della cavità poplitea addossandosi sui condili3.

2Anatomia del corpo umano, M.Gesi, 2009. 3A.I.Kapandji, Anatomia funzionale, Feb,2011.

(18)

18 Sulla faccia anteriore di questo cilindro viene a ritagliarsi una finestra, come se fosse perfettamente ritagliata e priva di capsula, nella quale si inserisce, facendone da tappo la rotula.

L’inserzione sul tratto tibiale della capsula articolare di ginocchio è relativamente semplice:

passa in avanti e sui margini esterni e interni delle superfici articolari, l’inserzione retro-glenoidea interna ed esterna si va a confondere con l’inserzione tibiale del legamento crociato posteriore. A livello dei crociati ha un’interruzione che termina in un ispessimento che si fissa in prossimità dei crociati, avvolti a loro volta in una sinovia.

L’inserzione femorale della capsula è più complessa.

In avanti segue l’andamento e la forma dei condili, ai lati l’inserzione capsulare costeggia le facce dei medesimi, formando dei recessi, i recessi latero-rotulei, poi, allontanandosi segue il limite cartilagineo dei condili. Sul condilo esterno l’inserzione capsulare supera la fossetta del tendine del muscolo popliteo (rendendo l’inserzione di questo muscolo intra-capsulare)

Dietro e in alto, la superficie capsulare segue il bordo della superficie cartilaginea dei condili, proprio al di sotto l’inserzione dei muscoli gemelli, la faccia riveste così la faccia profonda di questi muscoli e li separa dai condili, a questo livello si ispessisce e offre due punti di rinforzo, denominati gusci cotiloidei.

Nella fossa intercondiloidea, (immaginando di osservare un femore sezionato sagittalmente proprio su quel tratto) osserviamo la capsula fissarsi sulla faccia assiale dei condili, in questo punto la capsula trova il rinforzo (confuso dalla sovrapposizione di fibre che si compenetrano e fondono) dei legamenti crociati.

PIVOT CENTRALE

Aprendo l’articolazione del ginocchio esattamente nella sua faccia anteriore è possibile osservare due robusti legamenti tesi in gran parte al centro dell’articolazione, più

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19 precisamente nella fossa intercondiloidea. Tali legamenti sono denominati legamenti crociati, nome che prendono per via del loro decorso incrociato, ve n’è uno anteriore ed uno posteriore.

LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

Figura 16 (Legamento crociato anteriore)

Il legamento crociato anteriore (figura 16), è uno dei due legamenti crociati che forma il pivot centrale di ginocchio, concorrendo e contribuendo alla sua stabilità statica. La sua inserzione distale va dalla superficie pre-spinale tibiale, lungo la glena interna, tra l’inserzione del corno anteriore del menisco mediale e di quello laterale. Il suo tragitto è obliquo e diretto in alto e in dietro verso la faccia mediale del condilo femorale laterale.

(20)

20 - Un fascio antero-interno; lungo, il primo visibile osservando la sezione frontalmente,

più esposto ai traumatismi

- Un fascio postero-esterno; coperto dal precedente e resistente alle rotture parziali - Un fascio intermedio; interposto tra i due

La forma del legamento crociato anteriore è avvolta su se stessa, spiralizzata, in quanto le fibre che originano più anteriormente sulla tibia terminano più in basso e anteriormente sul condilo femorale, mentre le fibre più posteriori sulla tibia si inseriscono più in alto a livello femorale, da questo si desume come i le varie fibre siano di diversa lunghezza, a seconda di quale fascio si esamini, passando da una lunghezza media minima che va da 1,83 cm fino ai 3,35 cm.

LEGAMENTO CROCIATO POSTERIORE

(21)

21 Sul fondo dell’incisura intercondiloidea (figura 17), dietro al legamento crociato anteriore, possiamo apprezzare il legamento crociato posteriore. La sua inserzione a livello tibiale è nella fossetta intercondiloidea posteriore, dietro l’omonima eminenza, debordando anche sul bordo del piatto posteriore.

La traiettoria di tale legamento è posterior e oblique in Avanti, terminando nella sua inserzione femorale sulla faccia assiale del condilo mediale ed allargandosi orizzontalemente in questo punto d’inserzione.

Descriviamo tra fasci del legamento:

- Un fascio postero-esterno; il più posteriore - Un fascio antero-interno; il più anteriore

- Il fascio menisco-femorale del Wrisberg: che termina inserendosi sul menisco laterale I legamenti crociati sono due strutture in contatto tra loro, pur non essendo liberi, in quanto circondati da sinovie, ma entrano in intimi rapporti, specialmente durante il movimento, scivolando l’uno contro l’altro.

LEGAMENTI COLLATERALI

(22)

22 Il legamento collaterale mediale (figura 18) (interno, o tibiale),decorre sul margine esterno di ginocchio, passando dal condilo femorale mediale all’estremità superiore di tibia.

La sua inserzione superiore è situata sulla porzione postero-superiore del condilo mediale; la sua inserzione inferiore invece si trova dietro ai tendini congiunti che vanno a formare il processo della zampa d’oca; la direzione che ha il tendine è obliqua, tesa dall’alto verso il basso, dall’indietro verso l’avanti

Il legamento collaterale laterale (figura 18) (fibulare o esterno) è teso dalla faccia laterale del condilo alla testa del perone. La sua inserzione superiore è situata a livello del condilo; la sua inserzione inferiore è situata sulla parte anteriore della testa peroneale, a livello e congiungendosi all’inserzione del bicipite femorale; la direzione che prende è obliqua, tesa verso il basso e in dietro.

MENISCHI

Figura 19 (Menischi)

La compensazione della poca congruenza tra le superfici articolari offerte da femore e tibia è, in parte, affidata a due strutture denominate menischi. Sono due elementi fibrocartilaginei la cui forma è facilmente intuibile (figura 19). Se noi volessimo geometricamente dare

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23 congruenza ad una superficie assimilabile ad una sfera ed una assimilabile ad un piano, dovremmo per forza inserire tra le due, un anello, una superficie che con la sua interposizione aumenti il contatto tra i due capi articolari.

I menischi sono due, un menisco mediale ed un menisco laterale, hanno una forma detta a semiluna, dove quella del menisco mediale ricorda la forma di una “C” aperta, mentre il laterale “non chiude un cerchio”, possiedono un corpo centrale, un corno anteriore ed uno posteriore, che sono i loro estremi e danno inserzione d’origine e di fine. I menischi non sono liberi tra le superfici articolari e contraggono una serie di rapporti molto importanti per il movimento e la stabilità del ginocchio:

- Hanno inserzione perifericamente e posteriormente alla capsula articolare;

- Trovano inserzione sul piatto tibiale ridosso dell’eminenza intercondiloidea anteriore (per i loro corni anteriori) e posteriori (per i corni posteriori)

- Il corno anteriore del menisco esterno si inserisce alla spina tibiale laterale;

- Il corno posteriore del menisco esterno si inserisce subito dietro alla spina laterale: - Il corno anteriore del menisco interno si inserisce nell’angolo posteriore della

superficie pre-spinale;

- Il corno posteriore del menisco interno si inserisce nell’angolo posteriore della superficie retro-spinale;

- Le due corna anteriori dei menischi sono unite dal legamento trasverso di ginocchio, che a sua volta da sepimenti alla rotula;

- Da ciascun bordo della rotula originano e partono dei sepimenti che si inseriscono alle superfici laterali dei menischi (retinacoli menisco-rotulei);

- Il legamento collaterale interno fissa alcune delle sue fibre più posteriori sul bordo interno del menisco interno;

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24 - Il legamento collaterale esterno invece è separato dal suo collaterale omonimo per interposizione del tendine del muscolo popliteo che con un’espansione fibrosa si collega al bordo esterno del menisco esterno (PAPE);

- Il muscolo semimembranoso trova inserzione sul bordo posteriore del menisco interno (PAPI);

- Alcune fibre del legamento crociato posteriore si vanno ad inserire sul corno posteriore del menisco esterno andando a formare il menisco femorale, più raro ma presente che tale condizione sia presente anche per legamento crociato anteriore ed il corno anteiore del menisco mediale;

FORMAZIONI LEGAMENTOSE ACCESSORIE

Figura 20 (PAPI-PAPE)

Le formazioni accessorie, il cui nome non deve far pensare che rivestano un ruolo secondario (tutt’altro) sono costituite da quattro piani fibro-tendinei:

- P.A.P.I. ; acronimo di punto d’angolo postero-interno, è un punto di rinforzo periferico dell’articolazione(Figura 20), si trova nella zona adiacente al legamento

collaterale mediale ed è costituito dal rinforzo capsulare dato dai gusci cotiloidei e dall’inserzione espansa del muscolo semimembranoso che si inserisce sulla capsula, sulla parte meniscale posteriore e sulla glena.

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25 - P.A.P.E.; acronimo di punto d’angolo postero-esterno (Figura 20), tale punto è da

identificarsi dove si va a inserire il tendine del muscolo popliteo, il menisco esterno ed il bordo esterno del guscio cotiloideo laterale in modo analogo al P.A.P.I. in questo caso.

- P.A.A.E; acronimo di piano tendineo antero-esterno, punto che confluisce nell’inserzione della benderella ileo-tibiale che va a confondersi e interdigitarsi con l’espansione quadricipitale e il legamento rotuleo.

- P.A.A.I.; acronimo di piano tendineo antero-interno, costituito anch’esso dall’espansione del tendine quadricipitale e dall’espansione del tendine del muscolo sartorio che prima di formare la zampa d’oca va a fissarsi al bordo esterno della rotula.

ANATOMIA DI GINOCCHIO (

FISIOLOGIA ARTICOLARE E BIOMECCANICA

)

IL MOVIMENTO DI FLESSO-ESTENSIONE

Figura 21 (Flex-este)

Quando parliamo di estensione (Figura 25) si intende un movimento che allontana la superficie

posteriore della gamba dalla superficie posteriore della coscia, l’estensione attiva nell’articolazione del ginocchio supera di pochi gradi la posizione di riferimento anatomica.

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26 Nel movimento di flessione (Figura 21) avviciniamo la faccia posteriore della gamba alla faccia

posteriore della coscia, l’ampiezza di tale movimento varia in funzione della posizione dell’anca tant’è che, arriva a circa 140° se questa è flessa, 120° se questa è estesa, passivamente infine è possibile raggiungere anche i 160° di flessione.

Nella realizzazione del movimento i condili femorali si muovono sul piatto tibiale. La superficie articolare dei condili femorali è molto più grande di quella dei condili tibiali. Se il femore rotolasse sulla tibia dalla flessione all’estensione, si lusserebbe posteriormente a movimento completo. Perciò, il femore deve scivolare posteriormente sulla tibia mentre rotola in estensione. Notiamo inoltre che la superficie articolare del condilo femorale mediale è molto più estesa in senso antero-posteriore di quella del condilo femorale laterale. Mentre avviene l’estensione, la superficie articolare del condilo femorale laterale è sfruttata al massimo, mentre una certa superficie articolare rimane sul condilo mediale. Perciò, il condilo mediale del femore deve scorrere ancora posteriormente per utilizzare tutta la sua superficie articolare. È questo scorrimento posteriore del condilo mediale durante gli ultimi pochi gradi di estensione sotto carico (azione a catena cinetica chiusa) che porta il femore a ruotare medialmente intorno al proprio asse (movimento di spin) sulla tibia. Considerando lo stesso spin, o movimento rotazionale durante l’estensione con l’arto in scarico (azione a catena cinetica aperta), la tibia ruota lateralmente sul femore. Questi pochi ultimi gradi di movimento bloccano il ginocchio in estensione, il che è talvolta riferito come meccanismo di avvitamento del ginocchio. Con il ginocchio completamente esteso, un individuo riesce a stare in piedi per lungo tempo senza usare i muscoli. Il ginocchio deve essere “sbloccato” dal femore che ruota lateralmente perché la flessione del ginocchio avvenga. È questa piccola quantità di rotazione del femore sulla tibia, o viceversa, che impedisce al ginocchio di essere una vera articolazione a cerniera.

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27

LA ROTAZIONE ASSIALE

Figura 22 (Rotazione assiale)

Il movimento di rotazione della gamba attorno al proprio asse (Figura 22) è un movimento che

in questa articolazione è consentito solo quando siamo in atteggiamento di flessione, infatti, quando la gamba è estesa sulla coscia, femore e tibia creano un blocco che li rende solidali impedendo quei gradi di libertà di rotazione che abbiamo invece nell’altro caso.

Per bene misurare i gradi di rotazione, come detto abbiamo bisogno che la gamba sia flessa, in questo modo è possibile apprezzare il movimento di rotazione interna ed esterna.

La rotazione interna porta il piede medialmente e lo adduce di circa 30° rispetto all’asse sagittale.

La rotazione esterna porta il piede lateralmente e lo abduce durante il suo movimento, tale estensione è dei circa 40°.

Durante la realizzazione del movimento nella rotazione esterna della tibia rispetto al femore abbiamo l’avanzamento del condilo laterale sulla glena esterna e lo scivolamento indietro del condilo mediale sul versante mediale, mentre viceversa accade per la rotazione interna, dove avverrà l’avanzamento del condilo mediale e lo scivolamento del condilo laterale, tutto ciò sfruttando il massiccio tibiale come centro di queste rotazioni, poiché sbloccato dalla posizione d’inserimento nella gola intercondiloidea assume, in questo caso un ruolo da fulcro delle rotazioni, anziché di blocco come per la posizione estesa.

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28

RUOLO DEI LEGAMENTI CROCIATI

Figura 23 (L.c.a. - l.c.p.)

Generalmente vengono definiti i legamenti crociati come dei solidi collegamenti che diano stabilità anteroposteriore ancorandosi su punti fissi, tale modo di vederli è corretto, ma forse incompleto, in quanto trascura alcuni dei loro movimenti e compiti più fini.

Considerando tre fattori come:

- Spessore del legamento

- Struttura del legamento

- L’estensione e la direzione delle inserzioni

Globalmente i legamenti crociati permettono e assicurano i movimenti e la stabilità antero-posteriore di ginocchio e tutti quei movimenti definiti a “cerniera” mantenendo sempre a contatto le superfici articolari. Essi compiono dei movimenti pendolari, l’una in rapporto all’altra attorno alle due cerniere, i due legamenti hanno pertanto una disposizione e un funzionamento simile, con la differenza che non ci sono punti fissi sulla cerniera, ma una serie di punti allineata su tutta la superficie dei condili.

Partendo dalla posizione di allineamento o flessione modesta a circa 30°, i legamenti crociati sono entrambi tesi, la flessione fa basculare la base femorale mentre il legamento crociato

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29 posteriore si verticalizza e quello anteriore diviene orizzontale. In una flessione di dai 30° ai 60°, abbiamo lo spostamento verso l’alto della zona inserzionale del legamento crociato posteriore e verso il basso quella del crociato anteriore. Vi sono molti studi, alcuni anche discordanti tra loro, in merito alla maggior o minor messa in tensione dei legamenti crociati a seconda della loro posizione e del movimento.

A partire dal momento n cui la flessione si accentua a 90° fino ai 120° il legamento crociato posteriore si verticalizza mettendosi maggiormente in tensione del crociato anteriore che resta più orizzontale. In estensione e iper-estensione al contrario tutti i fasci di fibre del legamento crociato anteriore sono in tensione mentre solo parzialmente alcune fibre del crociato posteriore sono tese.

Già in lavori dei primi del ‘900 con dei semplici modelli meccanici e con dei crociati F.Bonnel aveva dimostrato come le fibre dei due crociati raggiungessero la massima tensione in estensione e flessione forzata, mentre in tutti i gradi compresi tra questi movimenti vi era una modulazione di tensioni tra i due.

CONFORMAZIONE DI CONDILI E GLENE

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30 Visti inferiormente i Condili femorali (Figura 24) sono due identità convesse nei due sensi e

allungate dall’avanti all’indietro. I condili non sono per niente identici, tutt’altro, i loro assi maggiori non sono paralleli ma divergono, ancor di più posteriormente, in particolar modo il condilo mediale che risulta anche essere più stretto.

Per meglio osservare i condili e la loro curvatura, si ricorre spesso a sezioni frontali vertico-sagittali, visualizzando così il profilo esatto dei condili e delle glene su cui giacciono, si osserva come il raggio di curvatura delle superfici condiloidee non sia uniforme ma subisca delle variazioni come se fosse una spirale, assimilabile geometricamente alla spirale di Archimede. Tali raggi differiscono tra i condili e crescono da dietro in avanti, sono infatti da 17 a 38 mm per il condilo mediale e da 12 a 60 mm per il condilo laterale.

Esaminando la superficie dell’articolazione, la tibia, osserviamo che il profilo antero-posteriore articolare differisce notevolmente a seconda della glena.

La glena interna è concava verso l’alto, mentre la glena esterna è convessa verso l’alto. Ne deriva che il condilo interno è stabile nella sua glena, come se giacesse in una nicchia, mentre come si può ben intuire il condilo esterno è soggetto all’instabilità in quanto è poggiato su una schiena d’asino e deve la sua stabilità quasi esclusivamente al legamento crociato anteriore. Tali differenze fanno si che si traducano in altrettante differenze nella realizzazione del movimento, come per esempio i diversi gradi rotolamento dal movimento nella flesso-estensione, dove nella combinazione, rotolamento, rotolamento e scivolamento, i due condili hanno gradi diversi, che sono 15° per il condilo mediale e 20° per il condilo laterale, tale differenza macroscopica, dovuta alla conformazione descritta è la responsabile della rotazione automatica della gamba durante il movimento

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RUOLO DEI MENISCHI

Figura 25 (Menischi)

Abbiamo visto questi elementi (Figura 25) da un punto di vista anatomico e dei rapporti con le

strutture loro adiacenti, da un punto di vista meccanico il menischi seguono dei movimenti ben precisi e coordinati, in quanto in estensione e tanto in flessione questi seguono i movimenti di condili e glene, pertanto avanzeranno durante l’estensione e arretreranno nella flessione..

Vi sono essenzialmente due fattori che sono responsabili dei movimenti dei menischi: un fattore attivo e fattori attivi (che sono decisamente più numerosi).

L’unico fattore passivo del movimento di traslazione dei menischi sono i condili, infatti i condili spingono queste strutture in avanti con un meccanismo che viene assimilato alla compressione di un nocciolo di ciliegia tra due dita. Tale meccanismo può sembrare una semplificazione ma è stato dimostrato in un preparato anatomico a inserzioni meniscali rimosse, quanto i corpi del menisco vengano espulsi in avanti dalla “ruota” del condilo e “il suolo” glena.

I fattori attivi invece sono numerosi e riguardano i due principali movimenti:

- Durante l’estensione i menischi sono tirati in avanti dalle ali menisco-rotulee trazionate a loro volta dall’avanzamento della rotula, questo movimento coinvolge

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32 anche il legamento trasverso di ginocchio. Inoltre, il corno posteriore del m.esterno è richiamato in avanti dalla tensione del legamento menisco-femorale, che è contemporaneo a suo volta alla tensione del legamento crociato posteriore.

- Durante la flessione il menisco interno è tirato indietro dall’espansione del muscolo semimembranoso che si inserisce sul suo bordo posteriore, mentre il corno anteriore è richiamato dalle fibre del legamento crociato anteriore che vi si inseriscono, il menisco esterno è invece trazionato dal muscolo popliteo.

Nella realizzazione dei movimenti di rotazione assiale, i menischi seguono esattamente gli spostamenti dei condili sulle glene. A partire da una posizione di rotazione “0” i menischi sono ben centrati sulla glena corrispondente. Durante i movimenti di rotazione li vediamo compiere movimenti opposti alle glene.

Nella rotazione esterna, il menisco laterale viene trascinato in avanti mentre il menisco interno è trascinato indietro, viceversa nella rotazione interna il menisco mediale viene trascinato in avanti e il menisco laterale scorre indietro, inoltre le due strutture fibrocartilaginee compiono i loro spostamenti deformandosi attorno ai loro punti fissi (i due corni).

Tali spostamenti meniscali sono determinati prevalentemente dai condili, ma esiste anche un fattore attivo, ovvero la tensione sviluppata dal retinacolo patellare dovuta allo spostamento della rotula rispetto alla tibia; tale trazione esercita una forza che trascina uno dei due menischi in avanti

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RUOLO DEI LEGAMENTI COLLATERALI

Figura 26 (Legamenti collaterali)

I legamenti collaterali (Figura 26) sono strutture che si trovano tese durante la fase di estensione

del ginocchio e detesi durante la flessione, è possibile osservare la differenza di lunghezza che vi è tra di loro.

Il cambiamento di tensione che che c’è tra l’azione dell’uno o dell’altro è assimilabile a un meccanismo di cuneo, in quanto man mano che l’estensione si completa il condilo si interpone come un cuneo fra la glena e l’inserzione superiore del legamento collaterale laterale, giocando il suo ruolo quando il suo raggio di curvatura aumenta e quando in questo caso i legamenti collaterali si fissano nella concavità della linea dei centri di curvatura, solo la posizione in flessione a 30° del ginocchio li detende, risultando efficace nei casi post sutura dei collaterali.

Sul piano trasversale il loro contributo alla stabilità è dato dal contenimento e il mantenimento dei movimenti di rotazione interna o esterna, per capire meglio e intuitivamente il loro funzionamento è sufficiente osservarli in una sezione trasversa dall’alto, si trovano sprializzati e con verso opposto, essi si detendono e si tendono seguendo il movimento di rotazione

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34 esterna per il legamento collaterale mediale mentre per il legamento collaterale laterale c’è attivazione nella rotazione interna di ginocchio e nell’atteggiamento di varo.

TRAUMATOLOGIA DI GINOCCHIO

DISTORSIONE DI GINOCCHIO

Figura 27(Esempi di distorsioni)

Le distorsioni di ginocchio4 sono eventi traumatici (Figura 27) in cui spesso incorre dell’atleta o

un individuo sportivo, in quanto la loro incidenza è significativamente più alta in coloro che praticano sport come calcio, sci, pallacanestro o rugby piuttosto che in individui sedentari che hanno sedi distorsive generalmente differenti da quelle di chi pratica tali sport.

La distorsione è un meccanismo che può andare ad interessare strutture come la capsula e i legamenti dell’articolazione, ciò è provocato da movimenti "fuori dalla norma", ovvero propri e preternaturali all’interno dell’articolazione, ma impossibili da compiere volontariamente tanto estrema è la loro ampiezza, tali movimenti portano i capi articolari al di là dei loro limiti fisiologici. Si può verificare una perdita temporanea del contatto tra i capi articolari; quando la perdita di contatto è permanente si parla di lussazione. Il danno può essere limitato, come accade quando la capsula e i legamenti vengono stirati, o più serio, o addirittura possono

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35 verificarsi delle distorsioni benigne, dove le strutture interessate, dopo il movimento, (nonostante sia non fisiologico) rientrano senza subire danni. Solitamente non si verifica rottura, spesso possono verificarsi lesioni, solitamente infatti la rottura è da associarsi anche ad un movimento oltre che non fisiologico, molto brusco e potente (nel caso del ginocchio l'unico movimento naturalmente consentito è quello dal dietro in avanti, o una rotazione sull’asse trasverso) oppure ad uno spostamento dell'articolazione causato da una direzione innaturale imposta all'arto o un evento traumatico diretto.

La distorsione (possa essa essere senza esito o con danno macroscopico) provoca una fuoriuscita di sangue nella sede articolare (emartro), che da il via poi al classico processo infiammatorio con le quattro fasi: tumor, rubor, calor, dolor eventualmente functia lesa, ma solo in presenza di vero e proprio danno con limitazione.

Figura 28 (Ginocchio edematoso tipico post-distorsione)

Sintomatologia tipica di una distorsione:

- Dolore intenso in corrispondenza dell'articolazione colpita

- Limitazione funzionale, non immediata, ma che aumenta insieme al dolore, alla tumefazione e al versamento articolare

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36 - Gonfiore che aumenta gradualmente dopo il trauma; una tumefazione precoce, invece, di solito è dovuta ad un'emorragia da lacerazione della capsula e della sinovia (la capsula articolare e la membrana sinoviale avvolgono l'articolazione e contengono un liquido che minimizza l'attrito e l'effetto dei traumi)

Gradi di classificazione delle distorsioni:

- I grado: rientrano in questo grado le distorsioni di ginocchio in cui vi è stato danno microscopico o in cui non vi è stato danno a livello capsulo-ligamentoso, non vi è deficit di funzione dell’articolazione e può essere classificato come infortunio di lieve entità, il dolore avvertito è lieve o moderato

- II grado: in questo tipo di distorsioni si ha lesione dei legamenti interessati, questo crea instabilità e limitazione funzionale del movimento, tale tipo di distorsione può essere classificata lieve se siamo davanti ad una lesione che interessa meno del 50% delle fibre totali del legamento, grave se ne interessa più del 50%, il gonfiore e la dolorabilità aumentano a seconda della gravità, così come il dolore che può essere da moderato a intenso

- III grado: in questo caso il legamento è sempre rotto o rotto a circa il 90%, il termine che infatti si lascia preferire in questo caso è rottura più di distorsione di III grado, vi è abbondante emartro e idrato, gonfiore e impossibilità all’uso dell’articolazione, dolore al minimo tentativo di reclutarla e un dolore severo e inizialmente martellante.

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MECCANISMI DISTORSIVI

Per meccanismo distorsivo intendiamo l’atteggiamento che l’arto ha assunto nel momento in cui ha creato la situazione traumatica, vi sono due tipi di meccanismi distorsivi, le fonti di trauma dirette e le fonti indirette.

Per trauma diretto intendiamo una forza applicata sull’articolazione dall’esterno (dovuta per esempio ad uno scontro se si tratta di sport, ad un urto contro un corpo solido se si tratta di un incidente d’auto) che crea un meccanismo distorsivo di una più o meno grave entità.

Per trauma indiretto intendiamo invece una forza applicata intrinsecamente all’interno dell’articolazione, dovuta a movimenti o spesso un contro-movimento innaturale o eccessivamente ampio in termini di mobilità articolare, causando un danno.

Sia per i traumi diretti che per quelli indiretti, il tipo di movimento che induce il trauma ed anche risultato finale con interessamento delle strutture è il medesimo, ovvero sono due fonti di danno alle strutture, ma che pur avendo origine diversa ottengono lo stesso risultato.

Esaminiamo adesso i più comuni meccanismi distorsivi iniziando dalle fonti traumatiche di tipo diretto.

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38

Trauma diretto contro la superficie mediale di ginocchio

Figura 29(Impatto contro la superficie mediale di ginocchio)

In questo tipo di trauma (Figura 29), tipico per esempio in sport come calcio e rugby, sia ha una

forza che viene applicata al compartimento mediale di ginocchio, la porzione mediale è tanto più soggetta a danno quanto il piede è sotto carico ed il ginocchio in flessione, esempio di una corsa o meglio di uno scatto fatto con esplosività, il piede resta punto fisso, il ginocchio è spinto lateralmente dall’impatto e la tibia ruota internamente.

Tale meccanismo traumatico può andare a interessare con l’aumentare dalla forza traumatica: - Legamento collaterale laterale (trazionato per primo dal trauma)

- Rottura completa del legamento collaterale laterale

- Legamento crociato anteriore (interessato in grandi impatti)

- Rottura del legamento crociato anteriore ed eventuale interessamento del menisco laterale

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Trauma diretto in Iper-flessione

Figura 30 (Trauma diretto in iperflessione)

Questa casistica concerne un’estrema flessione della gamba sulla coscia (Figura 5), spesso

avviene nello sport, in situazioni di corsa nelle quali una spinta da dietro o uno sbilanciamento faccia perdere l’equilibrio e ci faccia assumere questa caratteristica posizione, il piede è fisso a terra, spesso sulla punta come a voler frenare la caduta, l’arto è iper-flesso e il corpo proteso in avanti.

Tale meccanismo va a interessare spesso :

- Lesioni isolate di Legamento crociato anteriore - Lesioni isolate di Legamento crociato posteriore - In casi molto rari, lesione di entrambi i pivot articolari

Avviene poiché c’è l’applicazione di una importante forza traslatoria che traziona in avanti la tibia, se associata ad una piccola rotazione i legamenti possono incrociarsi ed essere inghiottiti dalla gola intercondiloidea singolarmente o insieme.

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40

Trauma diretto in Iper-estensione

Figura 31 (Trauma in iper-estensione)

Questo tipo di trauma diretto (Figura 31) avviene ad arto esteso, con pochi o nulli gradi di

flessione, con il piede che prende punto fisso a terra e con una forza che viene applicata dall’esterno sulla superficie anteriore di ginocchio che si propaga in avanti verso l’indietro dell’articolazione, provocando una brusca e forte traslazione posteriore.

Tale meccanismo interessa progressivamente:

- Legamento crociato anteriore, poiché estendendo la gamba oltre il suo limite il legamento può essere ghigliottinato dalla gola intercondiloidea che con il suo margine più esterno si porterebbe troppo indietro e in basso

- Legamento crociato posteriore se la forza trauma non si esaurisce ed è significativamente forte

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41 Meccanismi traumatici di tipo indiretto:

Trauma in atteggiamento di valgo con rotazione esterna

Figura 32( Trauma valgo-rotazione esterna)

E’ un tipo di trauma che avviene quando sul piede (Figura 32), agisce una forza di torsione

esterna trasmessa tramite la gamba al ginocchio, sul quale allo stesso tempo agisce in contemporanea una forza valgizzante, dovuta alla posizione dell’atleta (poiché è comune nello sport in un cambio di direzione per esempio) o della persona in quel momento. In questo tipo di trauma si ha la rotazione interna del ginocchio ed esterna della tibia, con interessamento di tutto il comparto mediale di ginocchio, pertanto le strutture interessate gradualmente in base alla forza valgizzante saranno:

- Legamento collaterale mediale

- Rottura del legamento collaterale mediale e interessamento meniscale

- Lesione e distacco menisco e legamento collaterale mediale con interessamento del legamento crociato anteriore

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42 - Trauma complesso (strutture di rinforzo capsulare)

Trauma in atteggiamento di varo con rotazione interna

Figura 33 (Trauma in varo rotazione-interna)

E’ un tipo di trauma (Figura 33) che avviene quando sul piede agisce una forza torsionale

esterna e contemporaneamente viene applicata una forza varizzante, il piede rimane con punto fisso al suolo ed il corpo ruota esternamente. In seguito a questo tipo di trauma si avrà progressivamente e a seconda della gravità l’interessamento delle seguenti struttture:

- Legamento crociato anteriore, interessato per primo a causa della sua messa in pre-tensione nel movimento

- Rottura del legamento crociato anteriore e lesione del legamento collaterale laterale - Lesione del tratto ileo-tibiale di rinforzo al P.A.P.E.

- Lesione della capsula laterale

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43

Trauma in iper-estensione

Figura 34 ( Trauma iper-estensione)

E’ un tipo di trauma che avviene con un’estensione della gamba sulla coscia di un’ampiezza tale da superare il limite fisiologico dell’articolazione (Figura 34), così facendo i legamenti

crociati si tendono eccessivamente e spesso la gola intercondiloidea troppo in avanti rispetto alla sua posizione può andare a impattare il legamento crociato anteriore, ghigliottinandolo, se l’entità della forza trauma non si esaurisce le strutture coinvolte risultano essere:

- Legamento crociato anteriore

- Legamento crociato posteriore (nel caso la forza non si esaurisse con la rottura di quello anteriore)

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44

Trauma in iper-flessione

Figura 35 (Trauma Iper-flesione)

Nel trauma in iper-flessione si ha generalmente un caduta all’indietro (Figura 35), più o meno

accidentale, per evitare questa caduta, si ha una contrazione del quadricipite particolarmente brusca e violenta che si va a sommare alla forza della caduta nelle componente delle forze di taglio sul ginocchio, generalmente questo tipo di trauma causa lesione e rotture isolate di legamento crociato anteriore, ma può anche causare l’interessamento a strutture come:

- Legamento crociato posteriore - Legamenti collaterali

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TEST CLINICI

Al fine di valutare le condizioni di un paziente che subisce uno dei traumi sopracitati, c’è stato con lo studio della traumatologia del ginocchio, lo sviluppo progressivo di tecniche mediche volte al riconoscimento clinico del tipo di lesione o rottura5. Con i test il paziente può essere inizialmente valutato in modo tale da poter capire senza l’iniziale ausilio della parte strumentale, siamo andati ad osservare alcuni di questi semplici test.

Test del cassetto anteriore

Figura 36 (Test cassetto anteriore)

E’ un test da eseguire con il paziente supino, viene chiesto al paziente di flettere il ginocchio a circa 60° (Figura 36), o lo stesso operatore lo flette per lui se impossibilitato, le mani si trovano

con i pollici davanti e in fondo alla rotula e il resto posteriormente sotto il livello della zona polplitea. Con entrambe le mani deve essere applicata una spinta dall’indietro in avanti per evidenziare un aumento della traslazione anteriore di tibia.

Questo test evidenzia una rottura del Legamento crociato anteriore.

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Musculoskeletal Examination of the Hip and Knee: Making the Complex Simple (Musculoskeletal Examination Making the Complex Simple) 1st Editionby Anil Ranawat MD (Author), Bryan T Kelly MD (Author)

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46

Test di Lachman

Figura 37 (Lachman test)

E’ un test da eseguire con il paziente supino, una mano tiene ben salda la coscia al di sopra del ginocchio mantenendolo con un angolo di flessione di circa 15-20° o 30° (Figura 37), l’altra

invece imprime da dietro verso in avanti una forza che trasli anteriormente la tibia.

Deve essere tenuto di conto quanto è ampio il movimento (in confronto al controlaterale) e l’arresto brusco di fondo corsa (dato da un crociato sano che arresta subito la traizone).

Se presente una lesione avremo una traslazione anteriore della tibia aumentata e i caratteri dell’arresto di corsa sfumati.

Questo testo valuta l’integrità del legamento crociato anteriore a 15-20° mentre valuta il legamento crociato posteriore ai 30° di flessione

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Test del cassetto posteriore

Figura 38 ( Test cassetto posteriore)

E’ un test che si esegue con il paziente in decubito supino e con il ginocchio flesso a 90°. L’operatore imprime con entrambe le mani poste al terzo prossimale di gamba una forza traslatoria diretta posteriormente (Figura 38).

I pollici sono appoggiati sulle rime articolari e valuteranno lo slittamento posteriore della tibia rispetto al femore.

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Test di stress in valgo

Figura 39 (Test stress in valgo)

Questo test si esegue sollecitando il ginocchio (flesso a 30°) con una mano sul piede, e portando con una leggera pressione il ginocchio in valgismo, mentre l’altra mano superiormente lo mantiene in posizione flessa (Figura 39). Ciò che viene valutato è l’apertura

della rima articolare mediale.

Questo test effettuato a 30° valuta la lesione del legamento collaterale mediale.

Lo stesso test a ginocchio esteso, (0°) saggia invece il legamento crociato posteriore, successivamente anche l’integrità del legamento collaterale mediale.

Test di stress in varo

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49 Il test viene eseguito con una mano dell’operatore posta su un piede (a livello della caviglia), il ginocchio deve essere stressato in atteggiamento di varismo mentre l’altra mano come nel test precedente mantiene il ginocchio flesso a 30° (Figura 40). Deve essere valutata l’apertura

della rima articolare laterale.

Questo test va a saggiare l’integrità del legamento collaterale laterale

Test di Oudard (del grido)

Figura 41 (Test del grido)

Le mani dell’operatore (Figura 41) che esegue il test vengo poste a cingere il ginocchio

dall’avanti verso l’indietro, con i pollici poggiati sull’emirima articolare e i palmi sulla cavità poplitea, deve essere esercitata una forza a livello del punto di palpazione dei menischi nel momento in cui si chiede al paziente di flesso estendere la gamba, evocando se vi è lesione dolore.

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Test di Apley (Grinding test)

Figura 42 (Test di Apley)

In questo test il paziente è in decubito prono con la gamba flessa a 90° (Figura 42), l’operatore

applica sulla pianta del piede una rotazione in valgo e successivamente in varo contemporaneamente ad una pressione verso il basso, andando a cercare di evocare il dolore dovuto ad eventuale lesione meniscale per “pinzettamento” di quest’ultimi tra femore e tibia. Questo test saggia l’integrità di entrambi i menischi a seconda della rotazione impressa.

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TECNICHE DI INTERVENTO

TECNICHE D’INTERVENTO INCRUENTO

Spesso quando le lesioni ligamentose di ginocchio non interessano tutto lo spessore tendineo nell’estensione della lesione, lo specialista può decidere di procedere ad un trattamento di tipo conservativo6 (trattamento incruento). Tale decisione prende in esame molti aspetti della persona che si ha davanti, il sesso, l’età e le attività che normalmente svolge il paziente (lavoro, ma anche attività sportiva), talvolta si può appunto procedere in questo tipo di trattamento, quando il quadro clinico che si presenta risulta favorevole, per esempio con l’assenza di lesioni totali o del pivot articolare, o l’assenza di lesioni negli elementi di rinforzo periferico della capsula.

Il trattamento conservativo del legamento crociato anteriore

Il trattamento prevede un periodo di immobilizzazione con ginocchiera armata, lunga o corta a discrezionalità dello specialista e generalmente bloccata almeno per la prima settimana, l’ortesi viene portata per un periodo compreso tra i 20 e i 30 giorni (circa 4 settimane), periodo scandito a metà dalla cessazione dell’uso delle stampelle, indispensabili nella prima settimana, ma, da abbandonare entro la seconda, imparando a poggiare l’arto esteso a terra. Si inizia quindi a dare carico parziale, qualora vi siano problematiche legate alla deambulazione del paziente è possibile allora abbandonare una stampella alla volta per un graduale riadattamento.

Il paziente può immediatamente, dopo la fase di immobilizzazione, iniziare a eseguire delle contrazioni del quadricipite e dei sollevamenti dell'arto inferiore con la gamba estesa sulla coscia (esercizi isometrici). Si possono iniziare esercizi di mobilità, entro un arco di

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52 movimento privo di dolore. Si può lavorare al ciclo ergometro, con l'altezza della sella regolata in modo da consentire al ginocchio di effettuare la massima flessione tollerata.

Al diminuire del dolore la mobilità migliora notevolmente e si possono compiere esercizi di flessione ed estensione isotonica a catena cinetica aperta; (è consigliabile limitare l'estensione tra 0 e 45° per le prime 8-12 settimane per limitare le sollecitazioni a livello del LCA). Gli esercizi per il potenziamento muscolare devono andare a sollecitare i muscoli gastrocnemio e posteriori della coscia. Gli esercizi a catena chiusa sono validi e sicuri perché causano una minima traslazione anteriore della tibia, migliorano il controllo neuromuscolare e aumentano la stabilizzazione dinamica attraverso la contrazione simultanea dei muscoli posteriori della coscia e del quadricipite.

Obbiettivo principale del rinforzo muscolare è quello di avere almeno un rapporto di forza 1:1 tra i muscoli anteriori e quelli posteriori della coscia.

Il quadricipite può essere riabilitato, senza sovraccaricare il ginocchio, attraverso varie tecniche: precoci contrazioni isometriche multi-angolari (110°-50°); contrazioni quadricipite/flessori sia fuori che sotto carico; esercizi attivi, evitando di arrivare oltre i 45° di estensione; estensione contro resistenza, applicando il carico sulla regione prossimale della tibia.

La contrazione eccentrica è utilizzata per il potenziamento dei muscoli ischiocrurali ( bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso). Si utilizzano a tale scopo macchine per il potenziamento isotonico a carico fisso per tutto l'arco del movimento, dinamometri isocinetici, esercizi controllati funzionali di accelerazione/decelerazione.

Il metodo isocinetico (lavoro a velocità costante durante tutto l'arco del movimento) ottimizza il lavoro di rinforzo muscolare poiché consente una contrazione massimale per tutto l'arco del movimento. Inoltre fornisce una valutazione quantitativa dei deficit muscolari. Questi esercizi isocinetici vanno eseguiti evitando gli ultimi 20°-40° di estensione per passare poi

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53 gradualmente ad un'escursione articolare completa con maggior numero di ripetizioni, velocità inferiori e carichi massimali.

Alla fine della rieducazione funzionale quando il paziente ha raggiunto adeguati livelli di forza eccentrica e di controllo dinamico dell'instabilità, per completare il tutto viene inserita la pliometria.

Obiettivo della rieducazione è la riprogrammazione dell'esperienza percettiva del movimento. Si possono utilizzare a tal scopo, secondo la fase della riabilitazione, esercizi a catena cinetica aperta, come la cyclette con trascinamento passivo dell'arto infortunato; deambulazione precoce, con carico parziale; recupero degli schemi del passo (si possono fare anche in piscina) esercizi tecnici e di agilità, di corsa e di salto.

L'uso di un tutore funzionale, sia per la lesione parziale che per quella totale del LCA, fornisce vantaggi incrementando il senso della posizione dell'articolazione attraverso la stimolazione dei propriocettori. Tuttavia può provocare diminuzione della massa muscolare dell'arto ed ulteriore riduzione delle proprie prestazioni funzionali. Per questo motivo occorre alternare l'uso del tutore durante gli esercizi.

Terapie fisiche: Utilizzo del ghiaccio per 15-20 minuti al termine di ogni lavoro anche se non c'è alcun segno di tumefazione o edema.

TECNICHE D’INTERVENTO CRUE NTO

Quando l’entità del danno ai tessuti è tale da far escludere allo specialista l’approccio di tipo conservativo, la strada che viene percorsa è quella dell’intervento cruento, ricorrendo a quelle che sono le tecniche di ricostruzione e sutura dei legamenti, il tutto, al contrario dell’intervento incruento deve avvenire generalmente, in tempi lontani dal trauma, si contano di solito 3 settimane, questo per far si che il ginocchio possa perdere parzialmente le condizioni edematose i cui versa, il paziente possa percorrere un breve cammino di rinforzo muscolare e il chirurgo abbia a disposizione un’articolazione che sia meno traumatizzata

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54 possibile e libera dai versamenti sierosi ed edematosi. I tipi di danno che richiedono questo tipo d’intervento sono principalmente le lesioni dei legamenti crociati, secondariamente, ma più rare, rotture del legamento rotuleo e ancora più difficilmente lesioni totali e sub-totali dei legamenti collaterali, in tutto questo sono spesso associate lesioni meniscali secondarie all’interessamento degli elementi del pivot o collaterali. Vediamo di seguito quelle che sono le principali tecniche chirurgiche di ricostruzione, parte sulla quale ci concentreremo prima di prendere in esame il nostro specifico caso.

L’ARTORSCOPIA

L’artroscopia è un intervento chirurgico praticato (nel nostro caso) dagli ortopedici per evidenziare, diagnosticare e curare i problemi all’interno delle articolazioni. Nel corso dell’artroscopia il chirurgo ortopedico pratica una piccola incisione nel punto d’accesso della zona anatomica interessata, inserendo poi alcuni strumenti chirurgici grandi quanto una penna; questi dispositivi contengono una piccola lente ed un sistema di illuminazione che servono per ingrandire e illuminare le strutture all’interno dell’articolazione. La luce viene trasmessa dalle fibre ottiche verso la sommità dell’artroscopio, inserito poi nell’articolazione. L’artroscopio è connesso con una telecamera miniaturizzata, quindi il chirurgo può vedere l’interno dell’articolazione praticando solo una piccola incisione, anziché un taglio più grande come veniva fatto negli interventi classici. La telecamera connessa all’artroscopio visualizza l’immagine dell’articolazione su uno schermo, permettendo al chirurgo di esaminare, ad esempio, l’interno del ginocchio

Per inserire l’artroscopio viene praticata una piccola incisione, delle dimensioni di una moneta, mentre per vedere le altre zone dell’articolazione o inserire altri strumenti dovranno essere praticate diverse altre incisioni.

L’intervento chirurgico correttivo, se necessario, è eseguito con strumenti appositi, introdotti nell’articolazione tramite incisioni accessorie.

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55 All’inizio l’artroscopia non era altro che uno strumento diagnostico, usato per pianificare l’intervento chirurgico standard; con il progresso della strumentazione e delle tecniche chirurgiche, invece, l’artroscopia è attualmente usata per curare diverse patologie: ad esempio la maggior parte delle lesioni articolari può essere curata efficacemente con un intervento in artroscopia.

Nella maggior parte dei casi i pazienti ritornano alla o alle normali attività entro alcuni giorni. Gli atleti e gli altri pazienti in buone condizioni fisiche possono addirittura ritornare a praticare sport nel giro di alcune settimane. Ricordando, però, che non tutti i pazienti che si sottopongono all’artroscopia hanno la stessa diagnosi e le stesse patologie a monte, di conseguenza il tempo di guarigione, quindi, rispecchia la situazione individuale del paziente. Tuttavia questo tipo di intervento presenta vantaggi ancora irraggiungibili in termini di invasività e facilitazione del chirurgo nell’operare, che si traduce in una miglior percentuale di interventi riusciti, gli stessi pazienti con questionari ospedalieri hanno espresso gradi percentuali di gradimento e soddisfazione al tipo di trattamento.

Le complicazioni durante o dopo l’artroscopia sono molto rare, quelle più frequenti, (che si manifestano in meno dell’1 per cento degli interventi), sono spesso: infezioni, flebite (formazione di trombi nelle vene),gonfiore, emorragia, lesioni a vasi o nervi e rottura degli strumenti chirurgici.

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Ricostruzione di legamento crociato anteriore con Trapianto Biologico di tendine rotuleo

Figura 43 (Tendine rotuleo)

E’ una tecnica chirurgica che viene effettuata in artroscopia mediante la quale si opera una incisione centrale anteriore nella regione di ginocchio e si preleva una parte del tendine rotuleo con due porzioni di osso di rotula e tibia (Figura 48). Dopo viene realizzato un tunnel

all’interno dell’osso che ospiterà il tendine rotuleo prelevato, in modo che esso si posizioni con l’orientamento più simile possibile a quello del vecchio legamento sano. Si introduce il tendine prelevato all’interno dei tunnel e si fissa all’osso mediante diversi sistemi in modo che si integri perfettamente al loro interno. I vantaggi sono la massima stabilità del ginocchio ed un’integrazione ottimale tendine-osso: infatti questa tecnica è spesso scelta da calciatori professionisti ed è ancora il mezzo riferimento per la valutazione di tutte le nuove tecniche. Gli svantaggi sono una elevata aggressività nella sede di prelievo e una maggiore difficoltà riabilitativa iniziale per il paziente, che spesso per i carichi dovuti alla riabilitazione va incontro a fastidiose tendinopatie e nei casi più gravi anche a calcificazioni.

Dopo l’operazione si procede all’immobilizzazione dell’arto con ginocchiera libera armata lunga (discrezione di alcuni specialisti disporne una corta o nessuna), escludere ogni tipo di carico sull’arto per 15 o massimo 20 giorni, dove, in contemporanea, avverrà il primo

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57 approccio riabilitativo volto al recupero di una prima articolarità, successivamente come nel trattamento incruento dopo i venti giorni di scarico si potrà procedere ad un carico parziale interrompendo l’uso delle stampelle. Ai 30-40 giorni viene tolta la ginocchiera armata e può completarsi la prima fase riabilitativa.

Ricostruzione di legamento crociato anteriore con Trapianto Biologico di gracile e

semitendinoso

Figura 44 (Muscoli gracile e semitendinoso)

Si tratta di una tecnica artroscopica alternativa alla precedente in cui viene effettuata un’incisione sulla parte esterna del ginocchio e un incisione cutanea addizionale di pochi centimetri nel sito del prelievo del trapianto del tendine. Vengono prelevati nella ricostruzione i tendini dei muscoli semitendinoso e gracile (Figura 44) dall'incisione che si trova nella parte

interna della tibia, nel terzo superiore. I Vantaggi di questa tecnica sono che nei pazienti con ginocchia anatomicamente predisposte a sviluppare dolore anteriore, utilizzare questi tendini al posto del tendine rotuleo, riduce l'incidenza del dolore a distanza dall'intervento e soprattutto una minor invasività dell’operazione e una riabilitazione meno complicata in termini di recupero di articolarità e forza. I due principali svantaggi rispetto sono invece costituiti dall'assenza di bratte ossee alle due estremità dei tendini, che rende la loro fissazione meno sicura, e dalla mancanza di risultati a lungo termine che ne confermino la affidabilità a distanza. Dopo l’operazione come nel caso precedente si procede all’immobilizzazione dell’arto con ginocchiera libera armata lunga, generalmente per scopi cautelativi si utilizzano

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