1. INTRODUZIONE
Il termine glaucoma origina dal greco glaukos che significa grigio azzurro, che è il colore dell’occhio allo stadio terminale della malattia.
Con il termine glaucoma si intende un gruppo di neuropatie ottiche croniche progressive che hanno in comune alcune alterazioni morfologiche tipiche della testa del nervo ottico e dello strato delle fibre nervose retiniche, in assenza di altre malattie oculari o anomalie congenite. Associata a queste alterazioni vi è la morte delle cellule ganglionari retiniche e una perdita progressiva del campo visivo. La definizione classica di tale affezione fa riferimento alla concomitante presenza della cosiddetta “triade di von
Graefe”, costituita da ipertono oculare (> 21mmHg), otticopatia e alterazioni del campo visivo1.
Tuttavia poiché la fisiopatologia, la presentazione clinica e il trattamento dei diversi tipi di glaucoma sono vari, non esiste un'unica definizione che descriva in maniera corretta tutte le forme con cui la patologia si presenta2. Il glaucoma è una malattia multifattoriale che colpisce circa il 2% degli individui al di sopra dei 40 anni; è caratterizzato dall'aumento della pressione intraoculare (ipertono) e dalla progressiva alterazione del campo visivo che tende progressivamente a restringersi fino determinare cecità nei casi più gravi3.
L'ipertono può costituire l'unico sintomo iniziale (glaucoma primitivo), o essere conseguenza di un'altra affezione oculare (glaucoma secondario). In alcuni casi è ad insorgenza improvvisa con valori molto elevati (glaucoma acuto), ma nella maggior parte dei casi è caratterizzato da un quadro clinico subdolo ed insidioso per la povertà di sintomi evidenti (glaucoma cronico)4. In ogni caso l'ipertono può determinare una compressione sulla testa del nervo ottico e sui vasi deputati alla sua irrorazione, causando escavazione ed atrofia della papilla ottica (Fig.1).
Fig.1: effetti dell’aumento del tono oculare sulla papilla ottica
Questo è il danno anatomico responsabile del restringimento del campo visivo. L'entità del danno dipende non solo dal valore assoluto della pressione oculare, ma anche dalle condizioni di irrorazione della testa del nervo ottico5. Infatti una papilla ottica con circolazione arteriosa compromessa per malattie di ordine generale (ipertensione, diabete, aterosclerosi, ecc.) è più sensibile ad un aumento del tono oculare, anche modesto, e può subire danni importanti anche con valori tonometrici normali (glaucoma a tensione normale). Esistono dunque varie forme di glaucoma, diverse sia nella patogenesi che nel quadro clinico; esse presentano, accanto ad aspetti comuni, manifestazioni peculiari3.
1.1 CLASSIFICAZIONE
Il glaucoma può essere congenito o acquisito. L'ulteriore sottoclassificazione in glaucoma ad angolo chiuso e ad angolo aperto si basa sul meccanismo secondo il quale il deflusso di umore acqueo è ostacolato. Il glaucoma può essere anche primario o secondario, a seconda della presenza o dell'assenza di fattori associati che hanno contribuito al rialzo pressorio. Nei glaucomi primari, l'aumento della pressione intraoculare non è associato ad altri disturbi oculari, mentre nel glaucoma secondario un fattore riconoscibile, oculare o non oculare, altera il deflusso di umore acqueo che, a sua volta, determina un
innalzamento della pressione intraoculare. I glaucomi secondari possono essere acquisiti o dello sviluppo e ad angolo chiuso o aperto2.
La classificazione più comunemente accettata prevede la distinzione tra glaucomi primari e secondari.2. Con il progredire delle conoscenze riguardo agenti eziologici e meccanismi patogenetici dei glaucomi, tale distinzione appare sempre meno definita e piuttosto artificiosa, mentre si va verso un inquadramento unitario con classificazione su base eziopatogenetica.
Tuttavia per chiarezza didattica e per non generare confusioni terminologiche manterremo la distinzione tra glaucomi primari e secondari6.
GLAUCOMA PRIMARIO
I glaucomi primari sono quelli che non riconoscono evidenti contributi causali da parte di altre affezioni a sede sia oculare che sistemica ed in cui i meccanismi eziologici dell'ipertono (quando presente) risiedono esclusivamente a livello della camera anteriore e della via di deflusso trabecolare (Fig.2).
Fig.2: deflusso dell’umor acqueo dalla via trabecolare
Queste forme sono clinicamente ben identificabili, generalmente bilaterali anche se spesso asimmetriche, e con decisa impronta genetica e familiare. In questo gruppo è possibile identificare una quota, valutabile secondo i più recenti studi epidemiologici tra il 20 ed il 40%, di casi in cui l'otticopatia progredisce pur in assenza di un franco ipertono (c.d. glaucoma a pressione normale).
Si riconoscono pertanto:
glaucoma primario ad angolo aperto glaucoma primario ad angolo chiuso glaucoma congenito primario
GLAUCOMA SECONDARIO
I glaucomi secondari invece presentano una o più entità causali oculari o sistemiche identificabili, che provocano la comparsa dell'ipertono e dell'otticopatia. Possono essere sia mono che bilaterali; in alcuni casi possiedono caratteri di trasmissione genetica, in altri hanno carattere acquisito sporadico. Si tratta di forme a più spiccato carattere meccanico e nella cui genesi l'ipertono ha un ruolo assolutamente preminente se non addirittura esclusivo. Nella gran maggioranza dei casi l'aumento della pressione intraoculare è dovuto ad una ostruzione delle vie di deflusso trabecolare; si
può quindi tentare una classificazione meccanicistica che individui sede e meccanismi patogenetici di questa ostruzione.
Si riconoscono pertanto:
glaucoma secondario ad angolo aperto glaucoma secondario ad angolo chiuso
1.2 FATTORI DI RISCHIO
Nella patogenesi della malattia glaucomatosa alcuni fattori di rischio giocano un ruolo più o meno importante. Questi fattori di rischio possono essere classificati in demografici, sistemici e oculari3.
Fattori demografici
Età. L'età è stata identificata come il maggior fattore predittivo di glaucoma. Nei soggetti di età superiore ai 60 anni l'incidenza di glaucoma è sette volte superiore a quella degli individui al di sotto dei 40 anni7.
La maggiore incidenza del glaucoma con l'età dipende da un aumento dei danni vascolari, quindi dalla maggior sensibilità del nervo ottico all'ipertensione oculare, e da un deterioramento delle strutture dell'angolo. Sesso. I dati rilevati negli studi di popolazione sono contraddittori. Mentre alcuni Autori hanno sottolineato che i casi di ipovisione e cecità da glaucoma si presentano con una frequenza maggiore negli uomini, altri hanno rilevato che l'ipertensione oculare è più frequente nel sesso femminile.
Razza. Il glaucoma è più frequente nella razza nera. L'età media di comparsa e quindi di segnalazione dell'ipovisione o della cecità è per i neri intorno ai 62 anni contro i 70 dei bianchi, ad indicare un'insorgenza più precoce e un decorso più maligno della malattia.
Il glaucoma colpirebbe maggiormente la popolazione nera per una particolare vulnerabilità della papilla ottica; anche il colore scuro dell'iride, la presenza di pigmento nel trabecolato e l'ipertensione arteriosa potrebbero svolgere un ruolo determinante3.
Fattori genetici. La familiarità positiva per glaucoma costituisce un fattore di rischio importante, tuttavia non sono ancora ben chiare le modalità di trasmissione genetica della malattia; è stata ipotizzata una trasmissione autosomica sia dominante che recessiva, ma è probabile una genesi multifattoriale. Circa il 25% dei pazienti con glaucoma primario ad angolo aperto ha una familiarità positiva3.
Fattori sistemici
Diabete. È dubbio se esiste una correlazione fra diabete e glaucoma. Accurate indagini hanno rilevato che:
- i pazienti affetti da glaucoma presentano una più elevata frequenza di diabete o una tolleranza anomala al test da carico di glucosio;
- con il passare degli anni nei diabetici aumenta il rischio di sviluppare il glaucoma;
- rispetto ai soggetti sani i diabetici presentano una pressione intraoculare più elevata e un maggior rapporto escavazione/diametro papillare;
- la frequenza dei soggetti diabetici con pressione intraoculare superiore a 21 mmHg è 2-3 volte superiore a quella della popolazione normale.
È quindi forse possibile supporre che il diabete rappresenti un fattore di rischio poiché l'iperglicemia abbassa la soglia di resistenza del nervo ottico all'ipertensione sia per fattori genetici sia per i danni vascolari causati a livello della rete capillare della papilla ottica.
Fattori vascolari. Le condizioni dell'apparato cardiocircolatorio assumono un ruolo primario nella patogenesi del glaucoma. La sclerosi vascolare localizzata a livello della papilla ottica e le patologie cardiovascolari in genere possono essere considerate fattori aggravanti e/o facilitanti l'evoluzione del glaucoma. Come già detto, infatti, in presenza di un aumento del tono oculare, l'ischemia del nervo ottico assume un aspetto ed un'evoluzione più gravi se coesiste una diminuzione della pressione di perfusione a livello dei piccoli vasi8.
Fattori oculari
Miopia. Nell'occhio miope sono presenti fenomeni distrofico-degenerativi che interessano particolarmente l'area peripapilläre e papillare, che diventano per questo maggiormente vulnerabili all'insulto pressorio.
Una miopia, specie se elevata, è in grado di per sé di determinare un danno nel campo visivo a volte molto grave. Perciò se in un occhio miope si
sovrappone un danno glaucomatoso, i deficit campimetrici appaiono ancora più gravi. Per questa ragione nell'occhio molto miope bisogna guardare con attenzione anche valori pressori che in soggetti non miopi sono considerati ai limiti alti della norma.
Ipermetropia. Nell'occhio con ipermetropia assiale, per la minore lunghezza dell'asse antero-posteriore del bulbo, l'angolo irido-corneale è stretto e vi è un maggiore contatto fra orletto pupillare e superficie anteriore del cristallino. Questa situazione anatomica favorisce l'insorgenza del glaucoma soprattutto nella forma acuta o subacuta, in quanto può favorire il blocco pupillare o la chiusura dell'angolo durante la midriasi.
Pressione intraoculare. Il maggiore fattore di rischio del glaucoma rimane comunque l'ipertensione endobulbare. L'aumento del tono oculare, esercitando una compressione sui vasi della testa del nervo ottico, ne determina l'ischemia, anche se la vascolarizzazione della papilla può, per la presenza di vasculopatie di varia origine, essere essa stessa la causa dell'atrofia o, all'opposto, sopportare entro certi limiti un aumento del tono oculare e garantire così ugualmente un sufficiente apporto ematico.
Per la presenza di questi diversi fattori patogenetici esiste quindi un'ampia variabilità individuale di valori di pressione che possono essere considerati dannosi per il nervo ottico; per ogni paziente esiste un valore pressorio critico che è impossibile determinare a priori.
Studi statistici evidenziano che la popolazione con un tono oculare compreso fra 15 e 20 mmHg ha una bassa incidenza di danno del nervo ottico, incidenza che aumenta col progressivo incremento dei valori pressori3.
1.3 DIAGNOSI DI GLAUCOMA
In attesa di disporre di un test che ci permetta di individuare i soggetti glaucomatosi in base ad anomalie genetiche, prima che la malattia si sia manifestata, la diagnosi di glaucoma oggi si basa sulla constatazione degli elementi clinici caratteristici ed in particolare dell'ipertono e del danno (sia in senso anatomico/morfologico che in senso funzionale) a carico delle fibre ganglionari che costituiscono il nervo ottico. Bisogna premettere che mentre la diagnosi degli stadi avanzati della malattia non pone problemi rilevanti, nelle fasi iniziali non esiste ancora un singolo test che riesca con un unico rilievo a differenziare con sufficiente sensibilità e specificità i pazienti affetti da glaucoma. La diagnosi dipenderà pertanto dalla sintesi ed interpretazione eseguite dall'oftalmologo dei risultati di differenti valutazioni strumentali eventualmente ripetute più volte nel tempo.
Tonometria
Il rilievo della pressione intraoculare resta uno dei momenti fondamentali nell'approccio diagnostico e nel follow-up del paziente glaucomatoso, pur
essendo di per sé un elemento di sicura diagnosi solo per valori estremi (pressione intraoculare >30-35mmHg) (Fig.3).
Fig.3: tonometria oculare
La tonometria e’la misurazione obbiettiva della pressione intraoculare,basata piu’ frequentemente sulla forza ncessaria per appiattire la cornea,o sul grado di compressione corneale prodotto da una forza fissa. La tonometria ad aplanazione di Goldmann si basa sulla legge di Imbert-Fick che stabilisce che in una sfera ideale con pareti sottili, la pressione al suo interno (P) e’ uguale alla forza necessaria per appiattire la superficie (F) diviso l’area di applanamento (A).
Oftalmoscopia
Le alterazioni dello strato delle fibre ganglionari retiniche e soprattutto della testa del nervo ottico in corso di glaucoma sono assai caratteristiche e rendono agevole la diagnosi nei casi avanzati, mentre sono assai più difficilmente individuabili nelle fasi iniziali della malattia. L’osservazione della papilla ottica con l’oftalmoscopia preferibilmente binoculare e stereoscopica (oftalmoscopio indiretto, esame biomicroscopico del fondo oculare) mostra
ingrandimento dell’escavazione con nasalizzazione del peduncolo vascolare (Fig.4). Tali alterazioni sono dovute alla progressiva atrofia delle fibre ganglionari retiniche per azione compressiva meccanica diretta e/o ischemica.
Fig.4: aspetto del disco ottico all'esame del fondo oculare
Esame dello strato delle fibre nervose retiniche
L’esame dello strato delle fibre nervose retiniche consiste nell’osservazione biomicroscopica con luce rosso-priva, eventualmente corredata di fotografie con filtro blu o con oftalmoscopia scanning laser ad argon blu-verde. L’esame con luce rosso-priva, è assai sensibile nell’individuare le più precoci alterazioni dovute al glaucoma in uno stadio precedente la comparsa di altre anomalie morfologiche o funzionali. Tuttavia occorre tenere presente che alterazioni delle fibre ganglionari non sono un’esclusiva del glaucoma bensì possono comparire in diverse affezioni neurologiche e possono essere presenti anche in occhi normali.
Gonioscopia
L’approccio diagnostico al glaucoma non può prescindere dalla gonioscopia e cioè dallo studio dell’angolo irido-corneale. Tale studio si pratica a mezzo di
particolari lenti definite gonioscopi che permettono di osservare il recesso angolare: si differenziano gonioscopi diretti, che sfruttano le capacità refrattive per permettere l’osservazione dell’angolo, e gonioscopi indiretti speculari (lente a tre specchi di Goldmann; lente speculare tipo Zeiss) (Fig.5).
Fig.5: gonioscopia: dall'esterno verso l'interno si identificano la linea di Schwalbe (SL), il trabecolato (TM), lo sperone sclerale (SS) e il corpo ciliare (CBB).
Ultrabiomicroscopia
Un’altra tecnica di imaging disponibile è l’ultrabiomicroscopia, che fornisce immagini bidimensionali ad alta risoluzione del segmento anteriore dell’occhio sfruttando la riflessione degli ultrasuoni come l’ecografia. Risulta particolarmente utile nel delucidare situazioni cliniche quali il glaucoma da chiusura d’angolo, il glaucoma maligno, il blocco pupillare, la sindrome da dispersione pigmentaria, così come per la valutazione postoperatoria dopo interventi fistolizzanti o impianti drenanti.
Perimetria
Nonostante i progressi tecnologici dell’imaging, ancora oggi la perimetria rappresenta la procedura fondamentale per la diagnosi ed il follow-up del glaucoma cronico. Il campo visivo può essere definito come la porzione di
punti che simultaneamente proiettano sulla retina visiva stimoli sovra-liminari. Esso è funzione del senso luminoso e cioè della soglia minima di percezione dello stimolo nelle varie porzioni della retina, ed è influenzato dalle condizioni di adattamento, cioè dal grado di luminosità dell’ambiente, e del forame pupillare che costituisce il diaframma d’ingresso dei raggi luminosi nell’occhio. Il limite tra lo spazio in cui uno stimolo risulta visibile e l’intera area in cui esso non è percepito si definisce isoptera. Un’isoptera è quindi la linea di soglia che unisce punti dello spazio che proiettano su punti retinici ad eguale sensibilità. L’esame del campo visivo è stato tentato fin dall’antichità (già Ippocrate descriveva l’emianopsia), ma ha trovato sistematizzazione a partire dal 19° secolo e definitivamente negli anni ’50 con il lavoro di Goldmann. Quando nell’esame del campo visivo si usano stimoli di intensità costante che si muovono tra aree dove lo stimolo viene percepito e dove non lo è, la tecnica si definisce cinetica, se si utilizzano stimoli fissi ad intensità variabile la tecnica è detta statica. Con la perimetria cinetica si cerca di localizzare i punti sensibili ad un determinato stimolo, con la perimetria statica si cerca di individuare lo stimolo minimo percepito in un determinato punto. La tecnica più utilizzata oggi è la perimetria statica automatica computerizzata.
Le alterazioni del campo visivo in corso di glaucoma possono essere inizialmente transitorie, ma diventano irreversibili mano a mano che la sofferenza del nervo ottico si aggrava. Tali alterazioni riguardano inizialmente
soprattutto la metà nasale del campo visivo, dal momento che la sofferenza ischemica della testa del nervo ottico inizia di solito dal lato temporale e che le fibre nervose che corrono ad arco fra la papilla ottica ed il meridiano orizzontale (nella cosiddetta area di Bjerrum) sono molto sensibili agli incrementi della pressione intraoculare. Segni precoci del danno glaucomatoso sono il cosiddetto “salto nasale”, per cui in corrispondenza del meridiano orizzontale nasale si ha un restringimento dell’isoptera limitato all’emicampo inferiore. Si associano allargamento ed esclusione della macchia cieca di Mariotte, restringimento delle isoptere pericentrali, difetti fascicolari dell’area di Bjerrum, scotoma di Seidel che si manifesta come un allungamento verticale della macchia cieca e lo scotoma arciforme di Bjerrum che occupa l’intera area omonima.
Nelle fasi più tardive si osserva un restringimento concentrico del campo visivo fino allo stadio tubulare con residui temporali, e infine alla perdita della visione centrale con residui isolotti temporali, che precede la completa cecità(Fig.6).
Fig.6: grafico in scala di grigio che mostra la progressione della perdita di campo visivo nel glaucoma
Allo scopo di aumentare la standardizzazione e la riproducibilità dell’esame perimetrico è stata messa a punto la perimetria automatica computerizzata, che costituisce oggi lo standard diagnostico di riferimento. Si tratta di una perimetria statica di soglia, viene cioè determinata per una serie di punti dello spazio (e quindi retinici) la soglia luminosa minima; questa informazione viene poi elaborata, confrontata con campioni normali per fascia di età e presentata sotto forma di mappe numeriche, mappe in scala dei grigi, grafici cumulativi e corredata di alcuni indici di affidabilità e di indici perimetrici. Parametri importanti sono la strategia di presentazione degli stimoli e la disposizione nello spazio dei punti testati. Gli indici principali sono il difetto medio (mean deviation – MD) che rappresenta di quanto si discosta dal normale la sensibilità media dei punti testati espressa in decibel di attenuazione dello stimolo luminoso massimo; la fluttuazione a breve termine (short-term fluctuation – SF) che indica la variabilità media della sensibilità nei singoli punti durante il singolo esame e che normalmente è inferiore a 2dB; la varianza del danno (o il suo reciproco “pattern standard deviation”) che ci indica se la riduzione di sensibilità è diffusa a tutto il campo visivo o se è localizzata ad un gruppo di punti. Questi indici numerici consentono confronti ed elaborazioni statistiche e vengono sintetizzate in grafici (Curva di Bebié per i perimetri Octopus, “Box plot” per i perimetri Humphrey) che consentono una rapida e sintetica valutazione.
L’apparecchio fornisce poi gli indici di affidabilità: perdite di fissazione durante l’esame, risposte false positive e false negative, che ci informano riguardo la corretta esecuzione e quindi l’attendibilità dei risultati ottenuti (Fig.7).Il ruolo della perimetria è nelle fasi precoci soprattutto diagnostico, deve dirci cioè se esiste o meno un difetto del campo visivo e se è attribuibile al glaucoma; dopo che la diagnosi sia stata posta l’esame del campo visivo assolve invece il compito di valutare l’estensione del danno e soprattutto la sua stabilità o progressione9. Oltre all’analisi del singolo campo visivo sarà quindi necessaria la valutazione comparativa di più esami ripetuti nel tempo: tale valutazione può essere eseguita direttamente dal medico10. L’interpretazione è tuttavia resa difficoltosa dall’esistenza della fluttuazione sia a breve termine (durante il singolo esame) che a lungo termine (fra un esame ed il successivo), dall’esistenza di un certo effetto di “apprendimento”, dall’eventuale concomitanza di altre patologie (ad es. cataratta), dalla maggiore o minore affidabilità del paziente durante i diversi esami. Per ovviare a tali difficoltà ed individuare correttamente e tempestivamente la reale tendenza al peggioramento, si utilizza un’analisi statistica computerizzata mediante appositi programmi.
1.4 GLAUCOMA PRIMARIO AD ANGOLO APERTO
Analizziamo in dettaglio il glaucoma primario ad angolo aperto che è la forma più diffusa1.
II glaucoma primario ad angolo aperto è la forma più frequente di glaucoma in quanto rappresenta dal 60 al 70% circa di tutti i glaucomi11.Entrambi gli occhi sono generalmente colpiti, ma non necessariamente in forma uguale. La prevalenza è influenzata da fattori genetici, geografici e razziali oltre che da fattori di rischio individuali. Da numerose prove certe e sempre in aumento emerge che la suscettibilità a sviluppare il glaucoma primario ad angolo aperto sia ereditaria. L'incidenza del glaucoma nei discendenti di primo grado di pazienti affetti è 7-10 volte maggiore rispetto alla popolazione generale12.
Eziopatogenesi
L'aumento della pressione intraoculare è dovuto a un insufficiente drenaggio dell'umore acqueo dalla camera anteriore dell'occhio. La maggior parte dell'umore acqueo lascia 1'occhio attraverso il trabecolato sclerale, raggiunge il canale di Schlemm e infine entra nella circolazione generale. Quando l'angolo camerulare è normalmente sviluppato e non vi sono altre cause apparenti di elevazione della pressione, allora si parla di glaucoma primario ad angolo aperto. Si parla di "angolo aperto" perchè l'angolo camerulare è aperto all'esame gonioscopico e "primario" perchè non è la conseguenza di nessuna malattia oculare.
Il glaucoma primario ad angolo aperto ha una patogenesi sempre più evidentemente multifattoriale, rappresenta la forma clinica più comune nell'ambito della patologia glaucomatosa ed è a tutt'oggi considerato come una malattia idiopatica. Il dato fondamentale è che l'ipertono oculare ne rappresenta il fattore di rischio di gran lunga più importante. La causa determinante l'ipertono va ricercata in un'alterazione a livello del trabecolato, laddove l'umore acqueo viene eliminato con difficoltà per presenza di una resistenza elevata.
Si assiste infatti a un ispessimento delle lamelle per deposizione di collagene e accumulo di materiale amorfo che riduce gli spazi interlamellari e il lume del trabecolato iuxtacanalicolare.
Appare molto interessante in questo senso la scoperta di mutazioni in un gene del cromosoma 1 (GLC 1 A) che codifica per una proteina trabecolare (TIGR), che diventa in questi casi anomala e più viscosa del normale. Anche il meccanismo geneticamente determinato con cui i corticosteroidi inducono l'ipertono vede in atto un alterato turn-over con accumulo di glicoproteine. La malattia evolve seguendo un percorso estremamente riproducibile, caratterizzato dal punto di vista anatomo-patologico da una progressiva perdita di assoni ganglionari, più facilmente evidenziabile a livello della papilla ottica come un progressivo aumento dell'escavazione con denudamento e visualizzazione della lamina cribrosa. Nel tentativo di chiarire
il meccanismo che porta all'atrofia ottica glaucomatosa sono state formulate due distinte ipotesi:
• secondo una teoria meccanica il danno della pressione intraoculare si eserciterebbe soprattutto a livello della lamina cribrosa con compressione delle fibre e deformazione della lamina;
• secondo una teoria vascolare avrebbero un ruolo determinante alcune modificazioni microcircolatorie di tipo ischemico, primitive e/o secondarie all'ipertono oculare. Sempre maggiore attenzione viene data in tal senso all'esistenza di fenomeni di autoregolazione della circolazione nella testa del nervo ottico e a sue eventuali anomalie.
Un punto comune alle due teorie è comunque l'esistenza di un blocco del flusso assoplasmico a cui farebbe seguito l'innesco di meccanismi degenerativi irreversibili (apoptosi), forse scatenati dal mancato arrivo al corpo cellulare di segnali (mediatori, proteine, fattori di crescita) provenienti dalle terminazioni sinaptiche. Un modello patogenetico integrato sembra poter conciliare le due visioni finora contrapposte: fattori vari, genetici o acquisiti, provocano alterazioni trabecolari e quindi un rialzo della pressione intraoculare; l'ipertono provoca un blocco del flusso assoplasmico a livello della testa del nervo ottico, sia per compressione diretta sia attraverso un'ischemia per compressione dei vasi e per riduzione della pressione di perfusione. Altri fattori vascolari locali o sistemici (vasospasmo, ipotensione, arteriosclerosi) possono concorrere all'ischemia. Il blocco del flusso
assoplasmico è accentuato da un'ischemia localizzata per riduzione dell'energia disponibile e provoca l'attivazione di una catena di reazioni con liberazione di glutammati. Inizialmente il blocco del flusso assoplasmico non inibisce la trasmissione dello stimolo visivo che procede come potenziale d'azione lungo la membrana cellulare, ma provoca un blocco dell'arrivo di neurotrofine (fattori di crescita) dal centro fino al corpo della cellula ganglionare, procedendo in senso retrogrado. La liberazione di glutammati a sua volta provoca l'attivazione di recettori NMDA (N-Metil-D-Aspartato) e un afflusso intracellulare di ioni calcio. Il meccanismo ischemico e quello meccanico convergono quindi nell'innescare una catena di eventi apoptotici. Tale processo risulta del tutto normale nelle fasi di sviluppo embriogenetico, quando una quota rilevante degli assoni delle cellule ganglionari non riescono a creare rapporti sinaptici corretti a livello genicolato, provocando l'innesco del programma di apoptosi che elimina le cellule ganglionari non correttamente collegate. Il mancato arrivo di neurotrofine in senso retrogrado e il danno da attivazione della catena dei glutammati riprodurrebbe la situazione embrionaria, con conseguente apoptosi della cellula ganglionare1.
Sintomatologia
Generalmente il glaucoma primario ad angolo aperto non dà sintomi precoci. Nel momento in cui il paziente si rende conto dei difetti del campo visivo, il grado di atrofia del nervo ottico è già avanzato. La visione centrale viene in genere colpita per ultima, mentre la visione periferica è persa per prima ed è
in genere asintomatica. Comunque, alcuni pazienti possono lamentare disturbi, per esempio non vedere i gradini, se hanno perso la porzione inferiore del campo visivo, oppure notare che mancano parti di parole durante la lettura o avere difficoltà alla guida1.
Clinica
I risultati diagnostici di un esame clinico comprendono una camera anteriore profonda, un angolo aperto alla gonioscopia, un aspetto del nervo ottico e un campo visivo compatibili con lo stadio della malattia e, in quasi tutti i casi, un aumento asimmetrico della pressione intraoculare, per cui si ha un valore più alto nell'occhio con il nervo ottico maggiormente danneggiato. L'esame fondamentale per la diagnosi e il follow-up del glaucoma resta a tutt'oggi lo studio del campo visivo, che utilizza soprattutto la perimetria statica computerizzata, recentemente corredata di programmi statistici per la valutazione della significatività del danno rilevato e soprattutto della sua evoluzione nel tempo. Dal punto di vista funzionale le alterazioni rilevabili con l'esame perimetrico coinvolgono inizialmente i settori paracentrali (scotoma arciforme dell'area di Bjerrum) e i settori periferici corrispondenti al cosiddetto salto nasale di Rönne. Tali alterazioni evolvono progressivamente coinvolgendo tutti i settori con esclusione dell'area centrale, che in genere viene persa solo negli stadi più avanzati della malattia1.
Terapia medica
La maggior parte dei farmaci anti-glaucoma prevede una somministrazione topica. Come regola generale, il trattamento è indicato in caso di probabile insorgenza di un danno glaucomatoso. La scelta della terapia dipende non soltanto dal tipo di glaucoma, ma anche dall'anamnesi del paziente (per es. presenza di asma o bradicardia). E’ necessaria dunque un'approfondita conoscenza dei potenziali effetti collaterali di ciascun farmaco. Per migliorare la compliance, il paziente deve essere informato nei dettagli sulle modalità di azione e di somministrazione del farmaco, nonché sui possibili effetti collaterali. L'efficacia della terapia andrebbe valutata con regolarità, provvedendo a modificarla in caso di necessità2. Per controllare la dinamica dell'umore acqueo e la pressione intraoculare dell'occhio glaucomatoso si può agire in vari modi:
sulla secrezione dell'acqueo (beta-bloccanti, inibitori dell'anidrasi carbonica, alfa-2-agonisti)
sul deflusso trabecolare (miotici, epinefrina)
Sul deflusso uveo-sclerale (analoghi delle prostaglandine)
sulla pressione episclerale venosa/perfusione del corpo ciliare (alfa-2
Laserterapia
Trabeculoplastica laser selettiva: La trabeculoplastica laser selettiva (Selective Laser Trabcculoplastica SLT) è una procedura relativamente nuova, che utilizza una doppia frequenza a 532 nm. Il laser Nd:YAG eroga l'energia necessaria per agire selettivamente sul pigmento delle cellule del trabecolato, preservando le cellule non pigmentate e la struttura. E’ dunque sicura perché non provoca danni termici o strutturali nei tessuti non coinvolti2.
Chirurgia
La chirurgia riduce la pressione intraoculare facilitando il deflusso dell’acqueo dall’occhio attraverso la creazione di una fìstola, in modo da permettere all'umore acqueo di defluire dalla camera anteriore allo spazio sottotenoniano. La fistola è protetta da uno sportello sclerale superficiale2.
1.5 GLAUCOMA PRIMARIO AD ANGOLO CHIUSO
Il glaucoma primario da chiusura d'angolo si verifica in occhi caratterizzati da un assetto anatomico predisponente alla chiusura dell'angolo camerulare. In particolare, i principali fattori di rischio sono rappresentati da una cornea di diametro e raggio di curvatura più piccoli, una camera anteriore bassa sia al centro sia in periferia, un cristallino più spesso e anteriorizzato e una lunghezza assiale inferiore alla norma, tutte caratteristiche che si ritrovano più comunemente nei soggetti ipermetropi di più di 3 diottrie. La gonioscopia
resta la tecnica standard per la valutazione dell'angolo camerulare anche se la disponibilità della biomicroscopia a ultrasuoni del segmento anteriore consente oggi la misurazione diretta dei parametri biometrici permettendo anche l'individuazione di indici prognostici del rischio di chiusura d'angolo13. Il glaucoma primario da chiusura d’angolo costituisce il 10-14% di tutti i glaucomi, la sua prevalenza è maggiore nel sesso femminile, cresce con l'aumentare dell'età e colpisce con maggiore incidenza i popoli di origine mongola dell'Asia orientale e gli eschimesi. Nella razza caucasica la prevalenza è dello 0,6% sopra i 40 anni, con maggiore frequenza delle forme croniche1.
Eziopatogenesi
In circa il 75-80% dei casi il glaucoma primario da chiusura d’angolo è determinato da un meccanismo di blocco pupillare, situazione puramente funzionale in cui l'instaurarsi di un contatto irido-lenticolare, soprattutto in casi di media midriasi, determina un'aumentata resistenza al passaggio di umore acqueo attraverso il forame pupillare (blocco pupillare relativo) cosicché nella camera posteriore si accumula una pressione superiore a quella presente nella camera anteriore. Ciò produce una spinta da dietro sull’iride, la quale assume un profilo a convessità anteriore (iride a "bombé") con ulteriore abbassamento della camera anteriore e avanzamento della radice iridea a occludere il trabecolato. Quando si realizza un blocco pupillare assoluto si verifica un'ostruzione trabecolare completa e in modo repentino nel giro di
poche ore, con aumenti della pressione intraoculare fino a 50-80 mmHg dando luogo all'attacco acuto di glaucoma. I principali fattori scatenanti che trasformano il blocco pupillare da relativo ad assoluto sono rappresentati dagli stimoli emotivi o neurovegetativi, dalla lettura prolungata specialmente se con scarsa illuminazione, da alcuni tipi di anestesia generale, dall’uso concomitante di miotici e fenilefrina e dall'impiego di numerosi farmaci con effetto midriatico secondario (broncodilatatori, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, antidepressivi triciclici, miorilassanti).
Un altro meccanismo in causa nella genesi del glaucoma primario da chiusura d’angolo, seppure di più raro riscontro, è l'affollamento diretto dell'angolo camerulare conseguente a midriasi in occhi caratterizzati dalla cosiddetta conformazione dell'iride "a plateau": in questo caso il profilo irideo appare pianeggiante per quasi tutta la sua estensione, piegando bruscamente indietro solo in prossimità del recesso angolare. La contrazione del muscolo dilatatore pupillare determina un aumento di volume del tessuto irideo verso la periferia con conseguente occlusione dell'angolo camerulare1(Fig.8).
Fig.8: glaucoma ad angolo chiuso
Clinica
Dal punto di vista clinico e delle manifestazioni sintomatologiche esistono diversi forme di glaucoma primario da chiusura d’angolo anche se la maggior parte delle chiusure d'angolo sono asintomatiche. Talora la comparsa di sintomi di dolenzia oculare e frontale, annebbiamento o visione di aloni colorati attorno alle luci può aiutare a individuare i soggetti con una chiusura d'angolo significativa, ma la sensibilità e la specificità di tali elementi rimangono scarse. Di seguito sono riportate le principali presentazioni cliniche del glaucoma primario da chiusura d’angolo.
• Attacco acuto di glaucoma: questo tipo di glaucoma è il più noto e il più temuto trattandosi di una vera e propria emergenza oculistica capace di insorgere improvvisamente senza dare alcun preavviso. Nelle forme più tipiche l'attacco è monolaterale (bilaterale prevalentemente nei casi iatrogeni) con fase prodromica sfumata o assente che lascia spazio a una fase di acuzie caratterizzata da sintomi algici violenti, avvertiti in sede retrobulbare e sovraorbitaria, associati a sintomi neurovegetativi, repentino calo del visus con visione offuscata e aloni colorati. Altrettanto rapidamente compaiono edema corneale con pieghe della membrana di Descemet, effetto Tyndall corpuscolato in una camera anteriore di ridotta profondità, pupilla areagente in media midriasi, iride a "bombé" che rispecchia il sottostante meccanismo di blocco pupillare assoluto. La pressione intraoculare misurata in fase acuta mostra un picco fino a 50-80 mmHg. Quando è possibile all'esplorazione del
fondo oculare si osserva una papilla normale o edematosa con congestione dei vasi venosi e non raramente alcune emorragiole. La terapia medica va instaurata con decisione e tempestività, in quanto si possono produrre rapidamente danni anatomo-funzionali irreversibili, e ha lo scopo di abbassare la pressione intraoculare e alleviare i sintomi e i segni così da consentire un'iridotomia laser da instaurarsi quanto prima.
• Glaucoma primario da chiusura d’angolo intermittente: occasionalmente negli occhi predisposti si possono verificare transitori episodi di chiusura d'angolo apposizionale, capaci comunque di risolversi spontaneamente senza dare particolari manifestazioni di sé. Gli aumenti della pressione intraoculare conseguenti al blocco pupillare relativo possono anche essere brevi e di modesta entità e solo talvolta sono accompagnati da una sintomatologia significativa, comunque ben più sfumata rispetto al vero e proprio attacco acuto. Ugualmente questi ripetuti insulti, ancorché autolimitati e temporanei, possono lasciare piccoli reliquati producendo un danno cumulativo nel tempo (glaucoma primario da chiusura d’angolo strisciante): pressione intraoculare basale oltre i 21 mmHg, sinechie angolari, segni di atrofia iridea, escavazione e pallore papillari.
• Glaucoma primario da chiusura d’angolo cronico: nel caso in cui il processo cronicizzi, l’evoluzione della patologia è lentamente e subdolamente progressiva, simulando il decorso di un glaucoma ad angolo aperto dal quale deve essere opportunamente distinto con una corretta valutazione
gonioscopica (spesso è necessaria una gonioscopia dinamica a indentazione) che dimostri la chiusura sinechiale di solito parziale/subtotale dell'angolo camerulare lungo la sua circonferenza. Si tratta del tipo di glaucoma primario da chiusura d’angolo più frequente nella popolazione mondiale e più difficilmente diagnosticabile data la scarsità di rilevanti sintomi associati: annebbiamenti transitori, aloni colorati, episodi di cefalea frontale. Il graduale aumento della pressione intraoculare basale determina un sommarsi nel tempo di danni alla papilla ottica e di deficit campimetrici avvertiti soggettivamente dal paziente solo in fase ormai avanzata. Talvolta a ciò può sovrapporsi un attacco di glaucoma acuto, in caso di rapida obliterazione totale del recesso angolare, caratterizzato dalla drammatica e improvvisa comparsa di sintomi algici in sede retrobulbare e sovraorbitaria unitamente a un importante calo del visus.
• Glaucoma primario da chiusura d’angolo cronicizzato: diverso è il quadro tipico del glaucoma primario da chiusura d’angolo cronicizzato che consegue a un episodio di attacco acuto di glaucoma non risolto, né in modo spontaneo né in seguito a trattamento medico-chirurgico, cosicché in breve tempo si instaurano anomalie morfo-funzionali irreversibili. In questo caso la chiusura d'angolo diviene stabile, configurandosi come una vera saldatura anatomica prodottasi per deposito di fibrina e sviluppo di un quadro aderenziale.
I segni tipici di questa forma sono definiti dalla triade sintomatologica composta da glaukomflecken (opacità sottocapsulari anteriori del cristallino dovute al danno ischemico dell'epitelio lenticolare), aree di atrofia iridea e dispersione di pigmento nella camera anteriore; si aggiungono una pressione intraoculare > 30 mmHg, iperemia congiuntivale persistente, cheratopatia bollosa, pupilla iporeagente in media midriasi.
La tanto temibile quanto inevitabile evoluzione della forma cronicizzata è rappresentata dal glaucoma primario da chiusura d’angolo assoluto in cui il bulbo oculare congestionato e fortemente dolente ha ormai perduto ogni possibile residuo visivo. Pertanto si deve ricorrere a interventi demolitivi a scopo antalgico.
• Angolo stretto asintomatico: in questo caso si parla anche di "occhio a rischio di chiusura d'angolo", essendo l'angolo fortemente predisposto all'occlusione (ampiezza < 20°), e senza segni di danno glaucomatoso. La valutazione dell'apertura dell'angolo camerulare deve essere effettuata alla gonioscopia1.
Terapia
Le varie forme di glaucoma primario da chiusura d’angolo sono generalmente poco responsive alla sola terapia medica e necessitano perlopiù di un trattamento chirurgico o parachirurgico associato.
Nella chiusura d'angolo acuta con meccanismo di blocco pupillare l'iridotomia con laser Nd:YAG o, in caso di insufficiente trasparenza corneale,
l'iridectomia chirurgica rappresentano l'approccio definitivo d'elezione, da effettuarsi preventivamente in entrambi gli occhi, precedute o accompagnate da una decisa e tempestiva terapia farmacologica allo scopo di alleviare i sintomi di acuzie, abbassare la PIO e consentire quindi il successivo intervento. I principali farmaci utilizzati sono:
• agenti osmotici (mannitolo 20% 2g/kg per via endovenosa a infusione rapida in l0 min) per richiamare liquidi dalla camera posteriore e dal corpo vitreo creando un' iperosmolarità plasmatica;
• miotici (pilocarpina 2% 4 volte/die) per indurre costrizione pupillare e ridurre l’affollamento periferico, efficaci negli attacchi con pressione intraoculare < 40mmHg;
• inibitori dell'anidrasi carbonica sistemici (acetazolamide 250 mg per via orale 4 volte/die), β-bloccanti topici e α2-agonisti topici (apraclonidina o brimonidina 2 volte/die) per ridurre la produzione di umore acqueo;
• corticosteroidi topici (desametasone ogni 5 min per 3 volte, poi 4-6 volte/die) per alleviare la reazione infiammatoria;
• eventuale terapia antiemetica, ansiolitico-sedativa, analgesica. In alcuni casi si può considerare anche l’estrazione del cristallino.
2. SCOPO DEL LAVORO
L’obiettivo principale dello studio in oggetto è quello di valutare in maniera retrospettiva la prevalenza e i fattori di rischio per la cecità nel glaucoma. Studi epidemiologici recenti hanno esaminato la prevalenza del glaucoma primario ad angolo aperto ma solo pochi studi hanno analizzato la questione della prevalenza della cecità nel glaucoma e le sue cause.
Lo scopo di questo studio quindi è determinare la prevalenza della cecità nel glaucoma che ad oggi detiene una forte rilevanza epidemiologica. Il glaucoma infatti rappresenta la seconda causa di cecità nel mondo.
Altro importante obiettivo è quello di indagare quali fattori di rischio siano più importanti per sviluppare la cecità; ad oggi in Letteratura è stato dato
ampio spazio solo ai fattori di progressione quali età, razza, familiarità, diabete, ipertensione oculare, miopia, danni retinici. Non è stata ancora analizzata però l’associazione di questi fattori con la cecità da glaucoma.
3. MATERIALI E METODI
Innanzi tutto, prima di affrontare i criteri di selezione per lo studio, occorre definire cosa si intende per cecità e quali sono i criteri utilizzati per la diagnosi di glaucoma primario ad angolo aperto.
La definizione di cecità fa riferimento ai criteri stabiliti dalla World Health Organization (Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale organismo differenzia i soggetti con ipovisione da quelli affetti da cecità vera e propria. Definizione di ipovisione: “Una persona ipovedente ha una compromissione grave della funzione visiva con la migliore correzione possibile sia essa medica o chirurgica, con un visus residuo compreso tra 3/10 e percezione della luce, o un campo visivo inferiore a 10 gradi dal punto di fissazione, ma
usa, o è potenzialmente in grado di utilizzare, la vista per la pianificazione e/o esecuzione di un compito”. (Tab.1)
Questa definizione non fa una distinzione tra coloro che hanno la cecità "irreversibile" (assenza di percezione della luce) e quelli che hanno la percezione della luce, ma hanno un visus inferiore a 1/20 nell'occhio migliore, che sono comunque considerati ciechi.
In Italia si considera ipovedente un soggetto che abbia un visus residuo nell’occhio migliore minore di 2/10 e non inferiore a 1/20. I soggetti con acuità visiva residua inferiore a 1/20 sono legalmente riconosciuti come
cm, a 20 cm, la percezione del movimento della mano (motu manu), la percezione della luce fino all’assenza di percezione della luce.
La definizione di glaucoma si basa sulle linee guida dell’European Glaucoma Society. “I glaucomi primari ad angolo aperto sono neuropatie ottiche progressive che hanno in comune alterazioni morfologiche caratteristiche della testa del nervo ottico e dello strato delle fibre nervose retiniche, in assenza di altre malattie oculari o anomalie congenite. Associata a queste alterazioni vi è la morte delle cellule ganglionari e una perdita progressiva del campo visivo14.” Si definisce invece ‘‘chiusura angolare primaria la presenza di contatto iridotrabecolare. Il termine glaucoma viene aggiunto quando è anche presente una neuropatia ottica glaucomatosa: glaucoma primario ad angolo chiuso15.”
I pazienti analizzati nello studio sono stati selezionati secondo i seguenti criteri.
Criteri di inclusione:
1) i pazienti con una diagnosi clinica di glaucoma primario ad angolo aperto o chiuso secondo le linee guida della European Glaucoma Society.
2) la concomitante presenza di altre cause di cecità è accettata, a condizione che il glaucoma sia presente in almeno un occhio.
Criteri di esclusione:
1. pazienti con diagnosi di ipertensione oculare. Per ipertensione oculare si intende quella condizione clinica in cui la pressione intraoculare è costantemente superiore di 2 o 3 deviazioni standard rispetto alla pressione media della popolazione normale mentre tutti gli altri reperti clinici restano nei limiti della norma16.
2. pazienti con alcune alterazioni che suggeriscano un glaucoma sospetto senza però una diagnosi di certezza.
3. pazienti incapaci di sottoporsi agli esami diagnostici necessari (campo visivo computerizzato e test morfologici).
I dati clinici sono stati estrapolati dalle cartelle cliniche dei pazienti dell’ambulatorio del glaucoma della U. O. Oculistica Universitaria di Pisa. I dati sono stati inseriti in un foglio di Excel per l’analisi statistica.
DATI CLINICI RACCOLTI
Demografici: - iniziali del paziente - sesso
- familiarità per glaucoma
- frequenti emorragie del disco ottico - classe socioeconomica
- compliance al trattamento farmacologico
Anamnesi sistemica: - ipertensione arteriosa - ipotensione arteriosa - diabete
- ictus
- malattie extraoculari con impatto su acuità visiva o campo visivo nei 2 occhi
Dati relativi alla cecità: - ciechi: valutazione di ciascun occhio in termine di acuità visiva e perimetria computerizzata
- non ciechi
Anamnesi oculare: - diagnosi di glaucoma e anno della diagnosi in uno o entrambi gli occhi
- diagnosi di concomitanti patologie oculari
Procedure concomitanti: - tipi di procedure (chirurgia, laser) specificando l’occhio e l’anno per ogni procedura
- prima diagnosi di un rilevante problema oculare (non necessariamente glaucoma):
- tipo di malattia specificando l’occhio e l’anno - perimetria
- acuità visiva
- pressione intraoculare
- terapia iniziale per glaucoma e cambiamenti della terapia
Prima e ultima visita nella clinica: - follow-up finale e iniziale - anno
- diagnosi occhio destro/occhio sinistro - perimetria
- acuità visiva
- pressione intraoculare
- terapia iniziale per il glaucoma e cambiamenti
Pazienti ciechi visita dopo la cecità: - follow up - età
- diagnosi RE/LE - perimetria - acuità visiva
- iniziale terapia per glaucoma e cambiamenti
Pazienti non ciechi: - numero di visite in clinica - numero di esami perimetrici - numero di test morfologici eseguiti
- numero di misurazioni della pressione intraoculare - numero di trattamenti cambiati
Analisi Statistica
E’ stata fatta un’analisi statistica della probabilità di sviluppare la cecità dovuta al glaucoma separatamente e in relazione ai fattori di rischio.
Sono state eseguite due analisi:
1. la prevalenza di cecità glaucoma correlata e dei fattori di rischio per la cecità stessa nei pazienti affetti da glaucoma
2. la prevalenza di cecità non correlata al glaucoma (dovuta ad altre patologie oculari) e dei fattori di rischio per la cecità stessa nei pazienti con glaucoma.
Sono state eseguite separatamente delle analisi per:
3. cecità definita solo sulla base dell’acuità visiva migliore ottenuta con correzione con lenti
4. cecità definita solo sulla base del campo visivo
5. cecità definita sulla base di entrambi i criteri (acuità visiva, campo visivo)
6. cecità unilaterale 7. cecità bilaterale
4. RISULTATI
Sono stati inclusi nello studio 696 pazienti analizzati dal 2000 in poi.
Dall’analisi dei risultati sono emersi i seguenti dati: l’età media del campione era di 63,20 anni, (range 43 - 86 anni). Alla prima visita effettuata l’acuità visiva media era di 9,6/10 per l’occhio destro con una deviazione media alla perimetria computerizzata di - 4,07 dB; mentre l’acuità visiva nell’occhio sinistro era pari a 9,5/10 con una deviazione media di - 4,17 dB.
Alla visita finale invece i valori di acuità visiva e deviazione media alla perimetria erano rispettivamente di 8/10 nell’occhio destro con una deviazione media perimetrica di-3,74 dB e di 8/10 con -3,71 dB di deviazione media nell’occhio sinistro. (Tab.2)
Tab. 2 AV prima visita AV ultima visita MD prima visita MD ultima visita OD 9,6/10 8/10 -4,07 -3,74 OS 9,5/10 8/10 -4,17 -3,71
Legenda: AV acuità visiva in decimi MD deviazione media in decibel
La cecità monolaterale è stata riscontrata in 150 casi (22%); mentre quella bilaterale in 28 casi (4%).
Per cecità si intende sia in termini di campo visivo, che in termini di acuità visiva, o entrambi ed era rispettivamente del 70%, 30%, e 45% .
Andando ad osservare le cause sono emersi i seguenti risultati nel 32% dei casi la cecità si è sviluppata per glaucoma primario ad angolo aperto (POAG), nel 20% per maculopatie, nel 12% dei casi per glaucoma primario ad angolo chiuso, sempre nel 12% per occlusioni della vena centrale della retina (CVO) o di una sua branca (BVO), nel 10% dei casi per retinopatia diabetica (RD), nel 6% dei casi miopia mentre nel 4% per endoftalmiti o ambliopia. (Fig 9)
Fig.9: Cause di cecità
Da notare che nell’85% dei casi la cecità dovuta al glaucoma sia ad angolo aperto che ad angolo chiuso era già presente alla prima vista del follow-up. In 10 casi, pari al 15% del campione, la cecità si è sviluppata nel corso del follow-up. Questi pazienti già alla presentazione avevano difetti avanzati del campo visivo con un range compreso tra -20 e -31 dB , ed erano stati sottoposti a chirurgia, a terapia medica massimale, e mostravano una perdita di 1 dB per anno.
5.DISCUSSIONE
Dall’analisi dei risultati emerge come 1 paziente su 4 tra quelli seguiti presso un ambulatorio specialistico di secondo livello sviluppi cecità nonostante adeguata terapia.
Appare altrettanto chiaro che la cecità per il glaucoma nella maggior parte dei casi sia dovuta ad un depauperamento progressivo del campo visivo. I due fattori principali associati allo sviluppo di cecità rimangono tuttavia la diagnosi tardiva e un accesso spesso ritardato anche ai controlli routinari oftalmologici.
maniera casuale durante visite di controllo effettuate per una valutazione dell’acuità visiva.
Da studi di popolazione di confronto tra trattamento della malattia verso la semplice osservazione emerge chiaramente come la terapia ipotonizzante17 rallenti l’insorgenza e la progressione18 dei danni al campo visivo, in particolare nell’Early Manifest Glaucoma Treatment Study è stato osservato come per ogni mmHg di riduzione della pressione intraoculare iniziale si riduca del 10% il rischio di peggioramento19. Emerge però nettamente una estrema variabilità nella velocità di progressione20 dove valori di pressione intraoculare21 iniziale più bassi, associati a una buona risposta alla terapia ipotonizzante, assicurino una minore velocità di progressione22. La sindrome da pseudo-esfoliazione è emersa come fattore di rischio indipendente insieme ad un ridotto spessore corneale centrale (se pressione intraoculare iniziale è >21 mmHg) e a valori bassi di pressione arteriosa sistemica.
Nell’Ocular Hypertension Treatment Study è stato studiato come nei pazienti affetti da ipertensione oculare il trattamento farmacologico23 ritardasse o prevenisse la comparsa di glaucoma. Complessivamente il 4,4% dei pazienti trattati ha sviluppato glaucoma primario ad angolo aperto in rapporto al 9% dei controlli, il che corrisponde ad una riduzione del rischio pari al 50%.24
Sono state individuate poi nell’ambito dello studio caratteristiche individuali predisponenti25 allo sviluppo di glaucoma primario ad angolo aperto in particolare età avanzata, maggior rapporto verticale escavazione/diametro26, correzione del valore tonometrico rispetto allo spessore corneale centrale27, maggiori valori di pressione intraoculare e pattern standard deviation del campo visivo all’esordio28. In accordo con i due studi precedenti è anche l’European Glaucoma Prevention Study che ha identificato gli stessi fattori di rischio per lo sviluppo di glaucoma primario ad angolo aperto in pazienti ipertesi oculari29.
Un altro aspetto di notevole importanza emerso da studi di confronto tra i vari trattamenti medici e chirurgici30è quello che riguarda la qualità di vita del paziente affetto da glaucoma e consapevole di avere una malattia con evoluzione cronica. Nell’ambito del Collaborative International Glaucoma Treatment Study ai pazienti erano stati sottoposti questionari di autovalutazione; sintomi depressivi e di alterazione dell’umore risultavano correlati alla funzione visiva31. La paura della cecità32a lungo termine era legata più all’impedimento soggettivo nello svolgere attività visive che all’acuità visiva monoculare o alla quantificazione dei difetti perimetrici. Il glaucoma, il fatto di ricevere la diagnosi, la continuità delle terapie a cui si è soggetti, i continui controlli, il timore della cecità, sono tutti fattori in grado di precipitare una reazione psicopatologica. Sarà quindi possibile assistere ad un episodio depressivo maggiore, ad un aggravamento di un
Disturbo da attacchi di panico, o di un Disturbo Ossessivo-Compulsivo dopo la diagnosi sovrapposta di una malattia organica, soprattutto con il rischio della cecità, i sintomi possono diventare più intensi, più profondi e più gravi33. I pazienti con malattia terminale si rendono conto di non avere più una funzione visiva sufficiente per compiti particolari (difficoltà a scendere le scale, nella guida notturna e in alcune posizioni di sguardo, per la visione di proiezioni cinematografiche, di schermi televisivi o monitor specie se il contrasto è scarso). Il paziente glaucomatoso potrebbe avere difficoltà in più rispetto ai soggetti normali, sia nei rapporti interpersonali affettivi, familiari sia in ambito lavorativo. Proprio in questo ambito il sommarsi di un atteggiamento negativo del paziente associato alla necessità di assentarsi più o meno frequentemente per controlli o altre necessità legate alla malattia potrebbe rappresentare un certo handicap per carriera, tenendo conto anche della competitività sempre più spinta che si riscontra in ambito lavorativo.
Concludendo quindi emerge come sia importante conoscere la progressione della malattia verso la cecità e individuare gli eventuali fattori di rischio e le eventuali patologie sistemiche associate. A tale proposito dai nostri risultati è emerso che solo nel 15 % dei casi la cecità si è sviluppata durante il follow-up, mentre nella stragrande maggioranza dei casi questa era già presente al momento della diagnosi. Inoltre erano presenti anche altre patologie in grado di influenzare negativamente sia l’acuità visiva che il
campo visivo come maculopatie, occlusioni venose retiniche e retinopatia diabetica. Emerge infine il ruolo fondamentale nella gestione del paziente glaucomatoso rappresentato in primis dalla diagnosi, poi da un corretto inquadramento classificativo. Dopo i 40 anni di età tutti i pazienti dovrebbero effettuare visite oculistiche di controllo almeno una volta l’anno. Inoltre una corretta diagnosi eziologica e una corretta classificazione consentono di evitare trattamenti superflui o comportamenti non appropriati.
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