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Capitolo Primo UNIONE EUROPEA E REGNO UNITO: L’INIZIO DI UNA RELAZIONE CONTROVERSA 1.

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1 Capitolo Primo

UNIONE EUROPEA E REGNO UNITO: L’INIZIO DI UNA RELAZIONE CONTROVERSA

1. Dalla fine del secondo conflitto mondiale alle prime forme di

collaborazione

La situazione politico-economica degli Stati europei alla fine del secondo conflitto mondiale appare compromessa da due sanguinose guerre mondiali che per trent'anni avevano flagellato la popolazione europea. Ci si rende allora conto della necessità di avviare una vera e propria ricostruzione sia sotto l’aspetto territoriale ed economico, sia sotto l'aspetto politico-sociale. In questo contesto storico la necessità di intraprendere un processo di riconciliazione tra i paesi dell’Europa, si eleva di colpo ad obiettivo primario per evitare che il continente possa sopportare nuove guerre e miserie. L’unificazione europea è nata quindi, dalla convinzione che le atrocità e le sofferenze delle guerre mondiali non dovessero più ripetersi. Il principio di partenza è stato il seguente: tanto più i Paesi europei avrebbero cooperato strettamente sotto il profilo economico e politico, perseguendo obiettivi comuni, tanto meno probabile sarebbe diventato lo scoppio di conflitti armati. In questo, l'Unione europea, ha dimostrato la propria efficacia: l'Europa occidentale non ha mai vissuto un periodo di pace così lungo. Il processo di integrazione europea che ha portato alla creazione dell'Europa dei 28 così come la conosciamo noi oggi, inizia a prendere campo già prima della fine della seconda guerra mondiale. Fin dai primi anni del '900, diventa sempre più concreta la possibilità che i paesi Europei possano unirsi tra loro attraverso un’organizzazione intergovernativa per accrescere il benessere e la qualità della vita degli uomini. La Conferenza di Pace di Parigi del 1919 pone in auge la creazione di una associazione a carattere internazionale il cui principale impegno è quello di prevenire le

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2 guerre, sia attraverso la gestione diplomatica dei conflitti sia attraverso il controllo degli armamenti. L'organizzazione in questione, denominata Società

delle Nazioni1 si estinse il 19 aprile 1946 in seguito al fallimento rappresentato

dalla seconda guerra mondiale e alla nascita, nel 1945, di un'organizzazione con identico scopo, le Nazioni Unite. Tuttavia, bisogna riconoscere che le conquiste diplomatiche, raggiunte in seno alla Società delle Nazioni, costituiscono un vero passo in avanti rispetto al secolo precedente. In seno a questa organizzazione internazionale, emergono intellettuali e personaggi di spicco ispiratori di idee avveniristiche tra questi va anzitutto ricordato Jean

Monnet2, spesso annoverato tra i padri fondatori d' Europa, già nel 1919

rivestiva l'incarico di segretario generale della Società delle Nazioni. A Monnet va riconosciuto il merito di essere stato uno degli ideatori del Piano Briand del

1929, 3 così chiamato in onore del ministro degli Esteri francese.4 Si tratta del

primo progetto di integrazione istituzionale dell’Europa che abbia superato lo stadio di semplice proposta intellettuale e sia stato effettivamente vagliato dai governi degli Stati europei. In quel tempo però, gli animi sono pervasi da uno

1 La Società delle Nazioni era un’organizzazione internazionale permanente, un’istituzione

innovativa, “universalistica e democratica”, che si poneva l’obiettivo ambizioso di trasformare la meccanica del sistema internazionale, basato essenzialmente sull’equilibrio, in un sistema fondato sulla “sicurezza collettiva”, che mantenesse la pace sfruttando il potenziale dissuasivo dell’accordo preventivo tra gli Stati firmatari, che sarebbero intervenuti a difesa degli Stati aggrediti. ''Il federalista, Saggi Anno LIII, 2011, Numero 1, Pagina 31''

2 Jean Omer Marie Gabriel Monnet (Cognac, 9 novembre 1888 – Bazoches-sur-Guyonne, 16

marzo 1979) è stato un politico francese, tra i padri fondatori dell'Europa. Jean Monnet nacque da una famiglia di produttori di cognac. A sedici anni lascia la scuola per recarsi a Londra ad imparare l'inglese. Nel 1919 viene nominato segretario generale aggiunto della Società delle Nazioni. Nel 1950 prepara con alcuni collaboratori il testo della 'Dichiarazione di Schuman'. Nel 1952 diventò il primo presidente dell'Alta Autorità della Comunità europea del carbone e dell'acciaio. La sua intuizione più grande fu senz'altro l'utilizzo delle risorse carbo-siderurgiche, fino a quel momento oggetto di aspre contese tra Francia e Germania. S.WELLS BROWN. Jean Monnet: Unconventional Statesman, Lynne Rienner Publishers, 2011

3 Il Progetto di Unione federale europea fu presentato nel 1930 all’Assemblea della Società

delle Nazioni, più noto con il nome di Piano Briand.

4 Di formazione radicale e socialista, Briand è ricordato principalmente per il suo impegno a

favore della pacificazione e fu insignito nel 1926 del premio Nobel per la pace assieme al suo omologo tedesco Gustav Stresemann a seguito del Patto di Locarno.

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3 spirito di "Nazionalisimo" acceso e dilagante, tant'è che il piano è destinato a rimanere una bolla di sapone. L' idea di Monnet, anche se non ottiene il successo desiderato, innesca una scintilla nelle menti dei politici del tempo, fungendo così da ispirazione per molti altri illustri personaggi. Un altro personaggio di spicco è Winston Churchill: il primo ministro inglese afferma

in un famoso discorso 5 che l'unico modo, per sfuggire al pericolo della

minaccia di una terza guerra mondiale atomica, sarebbe la costruzione di una " European Family" e individua la chiave di quella unione nella riconciliazione tra la Francia e la Germania: "The fighting has stopped but the danger have not stopped. If we are to form the United States of Europe, or whatever name or form it may take, we must begin now". Tuttavia sebbene Churchill sia favorevole all'idea di una Europa unita, lo stesso è ben lontano dal pensare che il Regno Unito possa condurre un ruolo di leadership per quanto riguarda il processo di integrazione europea. Churchill ha una visione chiara dell'Europa futura ma quella visione non include il Regno Unito. Da una parte, il leader conservatore inneggia all'Unità d' Europa come un insieme federale di Stati, dall’altra ritiene opportuno che il Regno Unito si concentri sui propri interessi, mantenendo il ruolo chiave con gli Stati Uniti e con i paesi facenti parte del 'Commonwealth e in secondo luogo con l'Europa stessa. Così il primo ministro, ribadisce che il popolo inglese sia favorevole all'idea di una futura Comunità europea sebbene non si ritenga parte di essa.

'We see nothing but good and hope in a richer, freer, more contented European commonalty... but we have own dreams and own task. We are with Europe but not of it'. 6

La Gran Bretagna riveste ora un ruolo distinto rispetto alle altre potenze europee, essa infatti è uscita vittoriosa dalla guerra e può vantare una posizione

5 Università di Zurigo, discorso del 19 settembre 1946 6 Tratto da 'Saturday Evening Post' 10 Febbraio 1930

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di prestigio insieme agli Stati Uniti d' America e alla Russia.7 Secondo questa

prospettiva gli inglesi non hanno bisogno dell'Europa, ma anzi possono comprendere come i paesi del continente europeo, usciti devastati dalla guerra, debbano legarsi tra loro e promettersi aiuti reciproci in caso di bisogno. Il ministro degli esteri, Ernest Bevin, ben sintetizza il pensiero politico inglese del dopoguerra ritenendo che la Gran Bretagna debba agire come un alleato e un sostenitore nei confronti di ogni nuovo sviluppo dell'Europa, piuttosto che

come un partecipante.8 Da questo momento in poi nasce quel atteggiamento che

connoterà la Gran Bretagna per più di un decennio, in cui gli inglesi si dimostrano riluttanti alle proposte avanzate in seno all'Unione europea e preferiscono avanzare le loro proposte in merito. Una fase in cui la Gran Bretagna appare piuttosto risoluta ed egocentrica, causandole un isolamento politico dal resto del continente europeo che sarà superato soltanto nel 1973 con l'ammissione del Regno Unito all'Unione europea. Tuttavia in una prima fase, la Gran Bretagna mostra un approccio simile a quello degli altri Stati Europei dimostrandosi favorevole allo spirito europeista. Non soltanto le parole di Churchill all'Università di Zurigo sembrano evocare un grande sentimento di apertura alle nuove idee che si stanno diffondendo sulla scena politica europea, ma anche lo stesso ministro degli esteri Bevin nel suo storico discorso alla Camera dei Comuni nel gennaio 1948 auspica la creazione di una Unione dell'Europa occidentale quale preludio ad un patto transatlantico. Così il 17 marzo dello stesso anno, i governi di Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito firmano il Trattato di Bruxelles, che prevede una solida clausola di reciproca difesa. Questo accordo appare come una risposta concreta da opporre alla minaccia della crescente espansione sovietica, i paesi firmatari

7 Churchill parlava dell'Europa, degli Stati Uniti, dell’Unione Sovietica e della Gran Bretagna

con il suo Impero e il Commonwealth come dei «quattro principali pilastri per vivere nel Tempio della Pace», DUFF A., Britain and Europe. The different relationship, in M. WESTLAKE (a cura di), The European Union Beyond Amsterdam. New concepts of European integration, Routledge, 1998, pag.34

8 D. WATTS, C. PILKINGTON Britain in the European Union Today, Politics Today, 2005,

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5 infatti si impegnano ad offrire aiuto reciproco in caso di un qualsiasi attacco. Ma i paesi firmatari vanno oltre questo semplice accordo e iniziano a considerare non soltanto l'idea di una futura difesa politico-militare tra i paesi dell'Europa occidentale ma anche la possibilità di una cooperazione politica ed economica con una propria assemblea o 'parlamento' in grado di provvedere qualche forma di cooperazione e controllo democratico. In un primo momento la Gran Bretagna sembra favorevole all'idea di una Unione politica in Europa ma quell'Unione si ferma al canale della Manica. Se da una parte i sostenitori del movimento sono favorevoli ad una creazione di una struttura con organi federali, gli inglesi, d'altro canto appaiono più propensi alla creazione di una struttura priva di qualsiasi elemento sovranazionale, in modo che le decisioni possano essere prese indipendentemente da ciascun governo nazionale. Così nel 1954 i paesi già firmatari del Trattato di Bruxelles insieme con l'Italia e la Germania Federale danno vita all'Unione dell'Europa Occidentale (UEO). L'idea di un'istituzione parlamentare viene interrotta sul nascere e sostituita piuttosto dalla creazione di un'assemblea permanente con limitati poteri consultivi. Proprio per il deficit di autorità, tale organizzazione intergovernativa, ha un'importanza limitata fino ai tempi del Trattato di Maastricht che le riconosce un ruolo primario per quanto riguarda la elaborazione di una politica di difesa comune. Negli stessi anni in cui i politici inglesi dimostrano la loro riluttanza a concedere autonomia alla UEO, il Regno Unito colpito dalla crisi economica post bellica, all'inizio del 1947 decide di chiedere aiuto al presidente americano Truman, sottolineando la sua preoccupazione per la minaccia dell'espansione del potere comunista in Europa. A determinare tale corso, contribuisce la sempre più accentuata sensazione di una politica sovietica marcatamente espansionista che mette in pericolo la stabilità di due fondamentali pedine della politica americana nel Mediterraneo: la Grecia e la Turchia. Il Regno Unito, dal canto suo, a causa delle pessime condizioni delle sue finanze non è più in grado di controllare le sempre più forti pressioni provenienti dai due paesi mediterranei e pertanto, gli Stati Uniti prendono consapevolezza della necessità di un diretto intervento. Il 12 marzo 1947, il presidente Truman in un epocale discorso di fronte al Congresso degli

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6 Stati Uniti, definisce l'aggressivo espansionismo sovietico come una questione vitale per la sicurezza internazionale. Per fronteggiare questa minaccia, il contributo economico di Washington ai Paesi del blocco occidentale rappresenta lo strumento essenziale per la difesa della democrazia. Il governo americano appare deciso a "sostenere i popoli liberi che resistono a tentativi di

sottomissione da parte di minoranze armate o da pressioni esterne". 9 L' aiuto è

fornito principalmente attraverso l'assistenza economica e finanziaria. Da lì a pochi mesi, il segretario di Stato, George Marshall annuncia un formidabile programma di intervento in favore delle nazioni europee, denominato European Recovery Program (ERC). Aggiunge, sempre in quell'occasione che la politica statunitense non è diretta «contro alcun Paese o dottrina, ma contro la fame, la miseria, il caos», ponendosi come unico obiettivo quello di «riattivare nel mondo una economia efficiente, in modo che si producano condizioni che permettano la vita di libere istituzioni». Nel luglio 1947 i rappresentanti di 18 paesi non comunisti si incontrano a Parigi per formulare il piano degli aiuti economici all'Europa. Nell'aprile successivo inizia la messa in opera del programma con la creazione dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea (OECE) organismo di natura intergovernativa guidato da un consiglio composto da un rappresentante per ogni Stato membro. L'obiettivo primario della OECE è quello di avviare un processo di trasformazione strutturale dell'economia europea e non quello di utilizzare gli aiuti per fronteggiare le contingenze del momento come invece molti paesi europei auspicano. L'organizzazione riscuote un enorme successo, raggiungendo gli obiettivi per cui era stata formata in soli tre anni. Già infatti nella metà degli anni '50 l'economia europea appare notevolmente trasformata. Il 'modus operandi' della OECE costituisce un'ispirazione per i federalisti in Europa, mostrando che ottimi risultati sarebbero stati raggiunti soltanto attraverso la collaborazione tra i paesi membri. I francesi, incoraggiati dal governo americano vogliono dare alla OECE un proprio segretariato dotato di poteri

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7 esecutivi. In un primo momento, come potenziale candidato a capo del Consiglio viene identificato il belga Paul Henri Spaak; tuttavia gli inglesi e in particolare Bevin, trovando imbarazzante l'entusiasmo federalista, si dimostrano contrari a qualsiasi tentativo di rendere l'organizzazione sovranazionale, opponendo il veto alla nomina di Spaak in favore invece di

Oliver Franks.10 Una volta portata a termine la funzione originaria, l'OECE

avrebbe dovuto trasformarsi in una zona di libero scambio tra i paesi membri. Alcuni Stati membri, (tra cui Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) considerando positiva l'esperienza di cooperazione e visto inoltre l'elevato grado di liberalizzazione già raggiunto, optano per ulteriori forme di integrazione economica dando vita alle tre Comunità europee (vedi successivo paragrafo 2 e ss.). Altri, tra cui il Regno Unito invece restano fedeli all'idea di una semplice zona di libero scambio e istituiscono con la Convenzione di Stoccolma del 4 gennaio 1960 l'Associazione Europea di libero scambio (AELE) meglio conosciuta in inglese come European Free Trade Associacion

(EFTA).11 Il forte collegamento con gli Stati Uniti d' America fanno sì che

l'organizzazione appartenga più alla Comunità atlantica che all'Europa stessa, sebbene i quartieri generali e le zone operative siano collocate in Europa. Negli anni '60 supera il ruolo di organizzazione europea allargando la sua azione verso obiettivi di integrazione e cooperazione economica e finanziaria

mondiali.12 Il 14 dicembre 1960, a Parigi, si giunge alla firma di una nuova

10 Oliver Franks fu l'ambasciatore britannico negli Stati Uniti dal maggio 1948 fino al novembre

1952. La sua missione coincise con un periodo significativo nel mondo dopo la seconda guerra mondiale: dall'emergere della guerra fredda e lo sviluppo del piano Marshall alla creazione della NATO, e la ricostruzione dei rapporti con Germania e Giappone. M. F. HOPKINS, S. KELLY, J. YOUNG, Oliver Franks and the Truman Administration: Anglo-American Relations, 1948-1952 ,Palgrave Macmillan, 2009

11 Gli Stati Membri dell'EFTA (tranne la Svizzera) hanno dato vita insieme alla Comunità

europea allo Spazio Economico Europeo (SEE) istituito l'accordo di Oporto del 2 maggio 1992 (..) Successivamente la maggior parte di essi ha deciso di aderire alle Comunità europee D. LUIGI Diritto dell'Unione Europea, Giuffrè Editore, 2010 pag.5

12 Oltre a Canada e Stati Uniti faranno parte anche Giappone (1964), Finlandia (1969), Australia

(1971), Nuova Zelanda (1973), Messico (1994), Corea del Sud (1996), e infine, dopo la dissoluzione del blocco comunista e delle organizzazioni internazionali quali il COMECON,

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8 convenzione da cui nasce l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), entrata in funzione il 30 settembre 1961 e sostitutiva

dell'OECE. Quanto all'OECE manterrà sempre una connotazione

intergovernativa sia per la natura che per lo scopo, nonostante alcuni paesi al suo interno spingano per forme di integrazione federali più marcate. Il metodo intergovernativo sperimentato in questa prima fase è fortemente favorito dal Regno Unito che da sempre sostiene la priorità dello Stato Nazione, versus qualsiasi forma di deficit democratico imposto dalle politiche comunitarie; diversamente dai paesi continentali che si dimostrano più aperti ad un'evoluzione di tipo federale della Comunità. Mentre si è concordi su cosa fare, nessuno dei paesi sembra mettere in dubbio la necessità dell’unità d’Europa, sorgono delle divergenze sulle modalità di attuazione del processo d’unità. Da una parte, la maggioranza dei paesi europei è favorevole a organizzazioni comunitarie di tipo federale in modo da limitare la sovranità di ogni singolo Stato, dall'altra la classe politica inglese e lo stesso Churchill sono convinti che si possa giungere ad una solidarietà europea attraverso un organismo privo di qualsiasi elemento sopranazionale in modo che le decisioni possano essere adottate da ciascun governo nazionale. La natura e i poteri delle istituzioni europee costituiranno il maggiore ostacolo alla partecipazione del Regno Unito alle Comunità che negli anni successivi sorgeranno. Il compromesso tra i due schieramenti federalisti (paesi continentali) e intergovernativi (Regno Unito), viene trovato con la creazione del Consiglio d'

Europa.13 Un'organizzazione composta da due organi, il primo con funzioni

anche Repubblica Ceca (1995), Polonia e Ungheria (1996), Slovacchia (2000). Infine, nel 2010, il Cile e l'Estonia sono divenuti membri e sono stati invitati a far parte dell'Organizzazione, anche Israele e Slovenia.

13 Consiglio d' Europa il cui statuto è stato approvato a Londra il 5 maggio 1949 da 10 Stati

dell'Europa occidentale (Belgio Danimarca Francia Islanda Italia Lussemburgo Norvegia Paesi Bassi Regno Unito e Svezia. Un’organizzazione internazionale con il compito di «conseguire una più stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che costituiscono il loro comune patrimonio e di favorire il progresso economico e sociale». Statuto del Consiglio d’Europa, cap. I, art. 1, lettera a.

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9 deliberative e di rappresentanza l'Assemblea consultiva, il secondo con funzioni deliberative ed esecutive fortemente voluto dal Regno Unito, il Consiglio dei ministri. L'organizzazione mira a conseguire un’unione stretta tra i suoi membri e a facilitare il loro progresso economico e sociale salvaguardando gli ideali ed i principi alla base del patrimonio comune. I compiti ampi e i limitati poteri d’intervento perlopiù di natura consultiva fanno sì che l'organizzazione assomigli ad un semplice luogo di dibattiti. Lo strumento di azione principale è costituito dalla predisposizione e la conclusione di convenzioni internazionali tra cui senz'altro la più importante è la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre del 1950. La struttura, principalmente intergovernativa permette il pieno controllo da parte dei governi degli Stati membri. Per questo motivo, il Consiglio rappresenta un grande successo diplomatico per il Regno Unito che riesce ad imporre il suo ideale intergovernativo, più confacente alla propria identità nazionale rispetto all'originale progetto federativo. L'idea della politica estera inglese di favorire l’unione tra gli Stati d’Europa mantenendosi però al di fuori essa caratterizza i due decenni successivi in cui il Regno Unito si oppone alle proposte di integrazione europea avanzate dai paesi continentali. Si conclude con questa ultima vicenda la prima fase delle relazioni controverse tra il Regno Unito e l'Unione europea, una fase fondamentale per la ricostruzione di una proficua collaborazione tra i paesi europei fortemente desiderata all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. Una fase in cui il Regno Unito si mostra risoluto e deciso a difendere le proprie idee, la propria identità nazionale e la supremazia dello Stato-nazione diversamente dagli altri paesi continentali, determinando una fase controversa delle relazioni tra Regno Unito e Unione europea che sarà, superata soltanto in parte, nel momento in cui la Gran Bretagna diventerà uno Stato comunitario a pieno titolo nel 1973.

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2. L’approccio del Regno Unito alla CECA e della CED.

Prendendo atto del successo delle neo nate organizzazioni internazionali post belliche, i paesi sostenitori dell'Unità d' Europa elaborano un piano successivo. Per poter stabilire vincoli sempre più stretti tra di loro comprendono la necessità di dover mirare a interessi economici comuni. Come prima tappa di questo percorso graduale, il governo francese propone di mettere insieme la produzione franco-tedesca del carbone e dell'acciaio sotto una comune organizzazione alla quale possano aderire anche gli altri paese europei. Mettere in comune tali produzioni significa non solo rimuovere la causa di sanguinosi conflitti del passato ma anche impedire che la Francia e la Germania possano effettuare segretamente il riarmo. Il Ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, ispirandosi alle idee di Jean Monnet, presenta nel maggio 1950, un progetto che propone di istituire un organismo federale in grado di garantire gli interessi comuni in settori limitati attraverso la rinuncia della propria sovranità da parte degli stati interessati.

'Non è più il momento di parole vane, ma per un atto ardito, un atto costruttivo'.

Con queste parole pronunciate da Schuman, in un pomeriggio del 9 maggio del 1950 inizia la storia della Comunità europea. Tuttavia la rinuncia della sovranità da parte degli Stati interessati appare limitata a settori specifici in modo da non vanificare l'iniziativa stessa laddove una notevole rinuncia

potrebbe provocare forti resistenze e opposizioni al progetto.14 Il programma

mira a favorire gli investimenti per la creazione di un mercato più libero attraverso l'eliminazione dei dazi doganali fra i paesi dell'Europa occidentale e una maggiore cooperazione tra i paesi europei. La proposta nasce quindi

14 Così successivamente, Jean Monnet nelle sue '' Memoirs'' scrisse:

"Le proposte Schuman, o sono rivoluzionarie, o non sono nulla. Il principio fondamentale è quello di delegare la sovranità in un ambito ristretto ma decisivo. Infatti, un piano che non si fondasse su tale principio non potrebbe contribuire utilmente alla soluzione dei grandi problemi sociali, poiché́ la cooperazione tra le nazioni, per quanto importante possa essere, non risolve nulla. Bisogna tendere alla fusione degli interessi dei popoli europei e non soltanto al loro equilibrio".

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11 essenzialmente come un progetto franco-tedesco aperto però ad altri Stati, in primis Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, i cosiddetti Stati del Benelux anch'essi produttori del carbone e dell'acciaio e particolarmente interessati alla risoluzione dei conflitti fra i due Stati, quali paesi confinanti. L' interesse dell'Italia a un tale progetto appare meno scontato. Ciononostante, i politici del tempo, consapevoli dell'arretratezza in cui vessava l’Italia, vedono il progetto franco- tedesco come l'occasione per favorire l'economia disastrosa e reinserire il nostro paese nel gioco degli affari europei e internazionali. Il progetto viene accolto con grande entusiasmo dai paesi del Benelux, la Germania, l'Italia e ovviamente la Francia. Tuttavia un progetto di tale dimensione non può che suscitare divergenze nell'ambito dei paesi che sono chiamati a farne parte. Quando infatti il governo francese invita i Passi del Benelux, la Germania, l'Italia ed il Regno Unito a discutere, il governo britannico risponde negativamente. Le perplessità riguardano sia la natura sovranazionale del progetto, gli inglesi sono infatti restii a concedere poteri ad organismi internazionali, sia la scarsa efficienza del programma. Se da un lato i sudditi di sua Maestà sono favorevoli alla eliminazione delle barriere doganali dall'altro le industrie siderurgiche non ne beneficerebbero abbastanza. Le maggiori risorse carbosiderurgiche europee infatti erano principalmente localizzate al confine fra la Francia e la Germania, il ferro nella Lorena, il carbone nei bacini della Ruhr e della Saar, e da sempre erano state uno dei pomi della discordia franco-tedesca ed una delle concause dei due conflitti mondiali. Inoltre nel 1950 la lunga e attesa nazionalizzazione delle industrie inglesi del carbone e dell'acciaio era appena stata completata dal governo laburista. I ministri, avendo appena portato a termine uno dei loro obiettivi primari fin dal momento della loro creazione non sono disposti a concedere la regolamentazione delle

due industrie chiave ad un organismo, per di più sovranazionale.15 Accanto al

15 Lo stesso primo ministro inglese, Attlee, affermò 'The Labour Party is a characteristically

British production, differing widely from continental socialist parties. It is a product of its environment and of the national habits of mind'

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reale scetticismo degli inglesi di fronte al riavvicinamento franco-tedesco,16 un

ulteriore deterrente alla partecipazione britannica alla futura Comunità riguarda la relazione speciale che da sempre lega la Gran Bretagna agli Stati Uniti. Churchill stesso, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale aveva illustrato la sua teoria sui tre cerchi, costituiti dagli Stati Uniti, dall'Impero Inglese e dall'Europa, il punto di incontro di questi tre cerchi sarebbe stato appunto la Gran Bretagna, quest'ultima, oltre a vantare un impero coloniale che copriva un terzo del globo, era la più forte potenza europea essendo uscita vittoriosa dalla guerra. Per gli inglesi la relazione con gli Stati Uniti viene ritenuta più importante della relazione con l'Europa. Tuttavia i motivi alla base dell'opposizione inglese alla realizzazione della Comunità riguardano anche l'assetto organizzativo. I tratti della neo-nata Comunità sembrano infatti evocare una struttura di tipo federale. L' autonomia nell'assumere decisioni e l'efficacia immediata delle stesse all'interno dei singoli paesi membri sono considerate dal governo inglese estremamente pericolose. Il fatto che gli organi comunitari possano godere di un'ampia indipendenza nell'adottare le decisioni appare come una violazione dei principi democratici creando le premesse per una oligarchia economico-politica svincolata da qualsiasi controllo popolare. Diversamente, un'organizzazione intergovernativa i cui obiettivi siano coordinati con i programmi propri di ciascun Stato membro garantirebbe un maggior rispetto della democrazia. Nella neo nata organizzazione, un ruolo centrale è costituito dall'Alta Autorità. Si tratta di un organo composto da un numero di persone pari a quello degli Stati membri e nominati dagli stessi di comune accordo. I poteri dell'Alta Autorità sono assai penetranti, può infatti emettere oltre che pareri anche decisioni e raccomandazioni con effetti vincolanti nei confronti dei destinatari siano essi gli Stati Membri o le imprese del settore carbo-siderurgico. Per questo si spiega l'uso del termine ente sovranazionale forgiato proprio per definire la CECA: questa infatti detiene di poteri di governo non riconducibili agli Stati nazionali. La facilità con cui la

16 L' ambasciata britannica a Parigi commentò il discorso di Schuman del 9 maggio 1950 con

un telegramma che recitava «la Francia propone alla Germania di mettere in comune il carbone e l’acciaio. Ovviamente non se ne farà nulla».

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13 CECA entra in funzione e l'importante contributo da essa dato all'organizzazione dell'industria carbosiderurgica, spingono i sei paesi fondatori a pensare nuove soluzioni per il raggiungimento di una piena e completa integrazione. Si pensa di poter replicare il metodo già sperimentato in precedenza, questa volta in un settore molto più importante: la difesa. L' iniziale entusiasmo degli uomini politici del tempo, in particolare il francese Jean Monnet e l'italiano Altiero Spinelli permettono la creazione di un progetto sulla difesa comune. Anche il primo ministro inglese, Winston Churchill si dimostra favorevole in un primo momento alla creazione di un esercito europeo unificato

operante in piena collaborazione con gli Stati Uniti. 17 L’11 Agosto 1950, il

leader conservatore britannico, parlando all’Assemblea Consultiva del Consiglio d’Europa, propone la creazione di un esercito europeo di cui facciano

parte sia la Francia e la Germania18. L’Assemblea approva il progetto

suggerendo la creazione di un esercito comune soggetto a un appropriato controllo democratico. La proposta piace sia al cancelliere Adenauer, sia ai francesi, questi ultimi si rendono infatti conto che il riarmo tedesco si sarebbe realizzato con o senza il loro consenso inoltre una posizione di totale intransigenza danneggerebbe i rapporti con gli Stati Uniti. Il progetto venne presentato all’Assemblea Nazionale francese il 24 ottobre 1950 dal presidente del Consiglio francese, René Pleven, da cui il piano prese il nome. Nel suo discorso Pleven precisa che il progetto prevede la creazione un vero e proprio esercito europeo, composto da soldati di varie nazioni europee riuniti sotto un'unica autorità militare europea. Dopo lunghi mesi di discussioni, il Trattato istitutivo della CED viene firmato a Parigi il 27 maggio 1952. La grande novità apportata dal Trattato è l'istituzione del Commissariato, un organo indipendente a cui spetta il comando unificato delle forze armate di tutti gli Stati membri. A partire dalla primavera del 1953, il Trattato viene presentato ai parlamenti

17 ''The next project — to create a European Defense Community — failed in 1954 despite, or

perhaps because of, ardent American blessing''

D. P. CALLEO, Rethinking Europe's future, Century foundation book, 2003 pag.91

18 Churchill riteneva che la piena riabilitazione della Germania e la sua riconciliazione con la

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14 nazionali per la procedura di ratifica. Il primo paese a ratificare il Trattato è la Germania il 15 maggio 1953, seguita dai Paesi Bassi, il Belgio ed il Lussemburgo tra il luglio 1953 e l’aprile 1954. In Italia, a causa della forte opposizione comunista, rimanda la presentazione al parlamento fino a quando diventerà esplicita la decisione francese. Ancora una volta il Regno Unito, si rifiuta di derogare la sovranità di un settore fondamentale a favore di organismi federali non rappresentativi. I conservatori nuovamente al comando, nell'autunno 1951 cambiano idea sul dibattito sull'esercito comune. Diversamente dall'iniziale entusiasmo, Churchill appare ora dubbioso. Come era già avvenuto in precedenza con la CECA, il governo inglese si dimostra restio a cedere la propria sovranità ad organi di natura comunitaria. Ma diversamente dalla CECA non si tratta di mettere in comune la gestione di risorse economiche quali il carbone e l'acciaio bensì di una prerogativa fondamentale della sovranità dello Stato stesso, ovvero l'esercito. Inoltre per poter svolgere appieno i propri compiti la CED necessiterebbe anche di una coordinazione di tipo politico. L’opposizione inglese a tale progetto, si fonda sugli stessi presupposti per i quali il governo laburista aveva esitato riguardo la CECA, cioè il «modo» con cui cooperare. Il dibattito sulla necessità di conservare la sovranità in un settore così delicato si fa sentire anche in Francia. Le forze politiche francesi non appaiono più disponibili a cedere la sovranità sulle proprie forze armate. Tale ideologia viene rafforzata anche dalla posizione che Francia e Gran Bretagna assumono nel sedare la cosiddetta 'Crisi di Suez'. I tentativi di nazionalizzazione del canale di Suez da parte del governo egiziano suscitano la reazione dei due paesi che intendono mantenere inalterate le proprie ambizioni militari, diversamente da quanto stava accadendo nel resto d' Europa. Il peso dell'opinione pubblica francese si fa sentire rallentando il processo di unificazione federale a livello europeo fino a quando il governo si oppone alla ratifica del Trattato CED. Il rifiuto francese fa sì che il Trattato non entri mai in vigore evidenziando così il vizio intrinseco della nuova Comunità. Il trasferimento di uno degli attributi essenziali della sovranità nazionale comporterebbe a carico degli Stati membri la perdita radicale e immediata della sovranità contravvenendo alla filosofia stessa dell'Europa dei piccoli passi,

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15 consacrata dalla Dichiarazione di Schuman. Anche dal punto di vista strutturale la gestione della sovranità appare carente: l'esercito comune non sarebbe stato dotato, per lo meno in un primo momento, di un'autorità politica unificata. In alternativa alla CED, il ministro degli esteri Anthony Eden propone di trovare una soluzione diversa riguardo al problema del riarmo tedesco, decide di invitare l’Italia e la Germania a prendere parte alla Unione Europea Occidentale denominata UEO, un'organizzazione priva del carattere sovranazionale e pertanto ritenuta più consona alle esigenze di autonomia nazionale. Nonostante il progetto dell'esercito comune colpisca per la sua modernità e il livello d’integrazione comunitaria, il passaggio dalla CED alla UEO rappresenta il fallimento dei progetti federalisti, da questo momento in poi l'aspetto economico prende definitivamente il sopravvento. Ancora adesso la politica estera comune è ad uno stato molto embrionale e non sembra che ci sia una reale volontà di progredire ulteriormente, visto che manca una visione univoca del mondo e un progetto politico condiviso.

3. Il rifiuto della CECA per timore di una limitazione della sovranità parlamentare

Dopo il fallimento della CED, seguono alcuni anni di stasi. L'iniziativa riprende in occasione della Conferenza di Messina. In conformità con la politica di integrazione graduale suggerita sia da Monnet che da Schuman, un lungo procedimento passo dopo passo sarebbe stato l'unico modo per arrivare ad una unione politica. Nel 1955, come parte di quel procedimento, i sei rappresentanti dei paesi firmatari della CECA fissano la data per una nuova conferenza con

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l'obiettivo di rilanciare il processo di integrazione europea.19 Il comitato,

presieduto dal ministro degli esteri belga Henri Spaak si riunisce a Messina con l'incarico di formulare proposte per allargare ad altri settori l'esperienza della CECA. All'ordine del giorno vi è l'idea di un mercato comune generale e la necessità di prevedere un regime speciale in alcuni settori: in particolare quello relativo all'uso pacifico dell'energia atomica. Il programma mira all'abolizione delle tariffe doganali negli scambi tra i paesi all’interno dell’area, alla creazione di una unione doganale con la relativa adozione di politiche comunitarie

comuni.20 In un primo momento la Gran Bretagna decide di non partecipare

alla Conferenza di Messina dal momento che si tratta di un incontro tra i paesi firmatari della CECA a cui la Gran Bretagna non apparteneva. Solo successivamente decide di inviare un rappresentante del governo inglese a Bruxelles per prendere parte ai lavori del Comitato presieduto da Spaak, grazie anche all'entusiasmo del ministro degli esteri Harold Macmillan che auspica che la Gran Bretagna svolga un ruolo da partecipante e non da semplice

osservatore.21 Tuttavia, Eden e Butler in qualità di Primo Ministro e

Cancelliere decidono di inviare a Bruxelles come proprio rappresentante non un esponente del Foreign Office, che già di per sé dimostrava lo scarso interessamento inglese al progetto, bensì uno sconosciuto seppur importante funzionario del Ministero del Commercio, peraltro nella semplice veste di osservatore, completamente privo quindi di potere di iniziativa, avendo

19 Svoltasi, su iniziativa del ministro degli Esteri italiano G. Martino tra l'1 e il 2 giugno 1955,

la conferenza di Messina avviò i negoziati che portarono ai Trattati di Roma del 25 marzo 1957 per la creazione della Comunità Economica Europea e della Comunità europea per l’Energia Atomica (trattati CEE e EURATOM). A. RIZZUTO, L'Europa monetaria: dall'età dell'oro all'età dell'euro, 2003 pag.69

20 Il progetto porta alla nascita di due distinte istituzioni: la Comunità Economica Europea e la

Comunità Europea dell'Energia Atomica, detta anche Euratom. La struttura istituzionale delle due nuove Comunità rispecchia quella della CECA, tuttavia gli ambiti di operazione sono molto distinti. A differenza della CECA, l'integrazione comunitaria non riguarda più un solo settore bensì abbraccia tutti i settori dell'economia con la proposta di un’integrazione economica orizzontale attraverso la creazione di un mercato comune.

21 D. WATTS, C. PILKINGTON Britain in European Union Today Manchester University

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17 ricevuto precise istruzioni di non coinvolgere il governo inglese in nessun tipo di integrazione europea. Il sotto ufficiale del ministero del commercio Russell Bretheron, viene inviato a Bruxelles con la ferma credenza che di lì a poco il Comitato Spaak sarebbe crollato senza aver raggiunto nessun obiettivo. La Gran Bretagna, assume una posizione attendista, dal momento che ritiene il progetto non sia destinato a raggiungere il successo auspicato. Riservandosi la possibilità di decidere se aderire o meno ai negoziati, non esclude in questa prima fase la possibilità di un successivo impegno a far parte della Comunità. Il governo inglese è scisso fra due alternative: da una parte aderire all'Unione europea implica un serio coinvolgimento nel processo d’integrazione dal quale la Gran Bretagna aveva sempre cercato di restare fuori, dall'altra non aderire ai negoziati potrebbe causarle non solo un isolamento economico e politico ma opponendosi al progetto comunitario avrebbe potuto compromettere anche la relazione speciale con gli Stati Uniti. All'interno della classe politica le posizioni si fanno contrastanti, per alcuni tra cui Thorneycroft a causa delle tariffe discriminatorie previste dal Trattato, non solo le esportazioni britanniche sarebbero state seriamente pregiudicate, ma si prevede inoltre che la Comunità dando vita ad una terza forza europea con un rilevante peso politico, avrebbe potuto convincere gli Stati Uniti che l’influenza della Gran Bretagna potesse essere inferiore a quella dei Sei. Tuttavia la posizione di Thorneycroft appare minoritaria: infatti l’iniziativa comunitaria mal si concilia con la tradizionale politica liberista della Gran Bretagna che tende a salvaguardare gli interessi commerciali all’interno del Commonwealth e a conservare la propria sovranità sulle decisioni di carattere economico-politico. Le ragioni che inducono la Gran Bretagna ad assumere un comportamento ostile riguardo all'integrazione europea non sono prettamente di natura economica ma riguardano soprattutto l'assetto istituzionale degli organismi preposti. Come era già avvenuto, il governo inglese si è sempre mostrato alquanto dubbioso riguardo alla natura e i poteri delle istituzioni europee proposte precedentemente. Sia per il Consiglio d' Europa, ritenuto un progetto troppo ambizioso, sia per la CECA la cui ampia indipendenza concessa agli organi istituzionali dai governi dei paesi membri, costituirebbe per gli inglesi una violazione dei principi democratici. Tuttavia,

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18 soprattutto nel caso della CECA tali preoccupazioni appaiono come un modo per mascherare i timori del governo inglese riguardo alle implicazioni economiche del progetto comunitario sulle industrie siderurgiche. Infatti la Comunità non si esponeva ai pericoli evidenziati dal governo inglese in modo così decisivo dal momento che l'Alta Autorità era affiancata della Corte di Giustizia, l’organo giurisdizionale con compiti di rettifica degli atti adottati qualora la prima avesse ecceduto le proprie competenze. Adesso invece con il nuovo progetto in questione, i timori della Gran Bretagna riguardo la violazione dei principi democratici sembrano essere più comprensibili. La neonata Comunità europea oltre a modificare la struttura delle organizzazioni europee alterando e svuotando di significato la divisone dei poteri prevista per gli organi della CECA, cambia completamente il modo di operare degli organi stessi. Infatti mentre prima l'Alta Autorità nella CECA esercitava un potere sostanzialmente amministrativo dal momento che applica strumenti e regole già definiti dal Trattato (trattato legge), ora il Trattato TCE si limita all'enunciazione di obiettivi e principi che devono essere attuati attraverso l'emanazione di atti normativi (trattato quadro). Considerata l'ampiezza di quest'ultimo trattato, la disciplina in esso contenuta è molto meno definita pertanto adesso le istituzioni della CE sono chiamate ad esercitare un vero e proprio potere legislativo. E' facile intuire come gli Stati non siano disposti a privarsi di un potere del genere delegandolo ad un'autorità comune e indipendente ma abbiano invece voluto riservarlo al Consiglio, unico organo nel quale sono direttamente rappresentati. Questa riorganizzazione appare più efficace per una visione maggiormente unitaria del processo d’integrazione ma rappresenta anche un pericolo per l’osservanza dei principi democratici. Per questo motivo il governo inglese comincia a discostarsi dai progetti che stanno assumendo forma nell'ambito della Conferenza ed elabora una propria controproposta. Nel 1956 il ministro degli esteri Selwyn Lloyd presenta quello che è conosciuto come il "Grand Design" un progetto che avrebbe creato una zona europea di libero scambio senza nessun tipo di integrazione politica. Appare evidente che il progetto risponde maggiormente alle idee liberiste inglesi, prevedendo il libero commercio tra i paesi all'interno dell'area

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19 attraverso l'eliminazione di tutte le restrizioni e di tutti i diritti doganali, sia con i paesi esterni all'area nei confronti dei quali i paesi sono liberi di imporre la

propria tariffa doganale.22 Il progetto non viene accolto con altrettanto successo

dai paesi continentali che invece lo considerano come una manovra da parte del governo inglese per indebolire il legame che da poco meno di un decennio li aveva accomunati. Fin dall'inizio il "Gran Design" incontra delle difficoltà, ma sarà l'ascesa al potere del generale De Gaulle a mettere un punto finale all'iniziativa avanzata dal governo inglese. I francesi nel novembre 1958, annunciano alla stampa che nessun accordo sarebbe stato possibile e una dietro l'altra anche le rimanenti cinque nazioni si schierano con le idee francesi. Il tentativo inglese di assicurarsi un ampio consenso fallisce ed appare scontato che da lì a pochi anni, i "Sei" avrebbero imposto una tariffa esterna comune ai paesi non membri. La Gran Bretagna, intuito il pericolo, avanza un'alternativa, spinta anche dalle idee dello stesso Lloyd, decide di creare un'area di libero scambio, European free trade area (EFTA) insieme a Portogallo, Norvegia, Svezia, Danimarca, Austria e Svizzera attraverso la Convenzione firmata a

Stoccolma nel 1959.23 L'EFTA prevede la graduale soppressione delle barriere

doganali tra gli Stati membri, ma a differenza della CEE non prevede significative rinunzie alla sovranità, né un'integrazione tipo politico economico. Nel complesso i sette paesi firmatari mantengono fermo il loro atteggiamento di difesa di un'ampia autonomia nei riguardi dei rapporti commerciali esterni, ogni paese resta libero di stabilire le proprie tariffe esterne con i paesi terzi. Il progetto rispecchia maggiormente gli ideali della Gran Bretagna che può

22 Il ministro degli esteri, presentò il Grand Design nel 1956, con lo scopo di facilitare

l'integrazione dei "Sei" in una struttura più ampia e meno formale. I compiti e le responsabilità dell'Assemblea e degli organisimi internazionali non erano racchiusi in un elenco formale e dettagliato “... it was also planned not to restrict by too narrow and formal a definition.." C. BRUMTER, The North Atlantic Assembly, 1986 pag.19

23 Il Trattato istitutivo dell’EFTA - European Free Trade Association, Associazione Europea di

Libero Scambio – venne sottoscritto il 4 gennaio 1960 a Stoccolma, da parte di Gran Bretagna, Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Svezia e Svizzera Oggi all’EFTA, alla quale aderì anche la Finlandia nel 1961, partecipano soltanto Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. La sua consistenza politica è stata di fatto svuotata dopo che tutti i suoi originari membri, eccezion fatta per la Svizzera e la Norvegia, hanno aderito all’Unione europea

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20 tutelare meglio i suoi interessi, sfruttando le vantaggiosissime condizioni economiche stabilite in suo favore con i paesi del Commonwealth attraverso la "Imperial Preference" che le garantiva derrate alimentari a basso costo. 24 Sempre per lo stesso motivo l’accordo, interessa soltanto i prodotti industriali, mentre sono esclusi quelli agricoli. L’esclusione dei prodotti agricoli tutela i rapporti con i paesi del Commonwealth e i produttori agricoli inglesi, evitando così un notevole aumento dei prezzi per i consumatori. In Inghilterra, infatti, nel 1951 era stato reintrodotto il sistema del "deficiency payment" attraverso il quale gli agricoltori venivano compensati direttamente della differenza tra i

ricavi percepiti sul mercato e quelli fissati dalle autorità 25 Infine, l’area di libero

scambio avviene nel quadro dell’OECE con l’istituzione di strutture soltanto di tipo intergovernativo sotto il controllo dei singoli Stati. Il progetto viene accolto con meno entusiasmo da parte dei continentali consapevoli della necessità di poter raggiungere un’efficace integrazione soltanto attraverso ampie concessioni delle prerogative nazionali alle istituzioni comunitarie. Ad ogni modo tra i due modelli di integrazione, il primo riguardante il mercato unico e il secondo basato sul libero scambio, permangono differenze inconciliabili. Da una parte la Gran Bretagna resta ferma sulle proprie convinzioni con la propria peculiare politica agricola e i rapporti preferenziali con paesi del Commonwealth, dall'altra i paesi continentali proseguono irremovibili sulla strada già intrapresa con la CECA. Ad ogni modo, il cammino verso l’unità europea prende due direzioni completamente opposte. I Sei proseguono nei

24 Si tratta di una politica doganale preferenziale per le merci dei paesi del Commonwealth

britannico concessa dalla Gran Bretagna su base di reciprocità. Affermatasi alla Conferenza di Ottawa del 1932, la "Imperial Preference" consentì fin da subito l’incremento del volume degli scambi tra la Gran Bretagna e le sue ex colonie. Cadde progressivamente in disuso dopo l’ingresso della Gran Bretagna nella CEE (1973).

25 Prevede infatti la copertura a carico dello Stato e quindi attraverso il sistema fiscale

dell'eventuale disavanzo delle aziende agricole. Ciò avviene in sostanza con l'accertamento delle quantità prodotte nelle singole aziende e con la corresponsione di sussidi per ogni unità di prodotto ottenuto, tale da coprire la differenza tra il costo e i prezzi di mercato, che in mancanza di barriere doganali sono quelli mondiali. CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO, Relazione su alcune conseguenze derivanti dall'adesione alla CEE del Regno Unito, Danimarca e Irlanda. ROMA 1973

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21 lavori della conferenza fino all’istituzione della CEE che verrà sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957 mentre il governo Eden, confidando sulla fase di forte espansione che sta interessando l’economia britannica decide di tenere la Gran Bretagna fuori del progetto comunitario e concentrare la politica estera sulla

realizzazione dell’area di libero scambio.26 Si chiude così la seconda fase del

lungo rapporto tra Regno Unito ed Europa. La Gran Bretagna si autoesclude dal processo d’integrazione intrapreso dai Sei, una decisione che di fatto si rivelerà una scelta sbagliata e che la confinerà ai margini dell’Europa per tutto il decennio successivo. Soltanto in un momento successivo caratterizzato da un atteggiamento di maggiore favore nei confronti delle istituzioni comunitarie, frutto sia del cambiamento delle esigenze inglesi in ambito di politica estera ma anche della constatazione che la Comunità europea si sta rilevando vincente, il Regno Unito metterà da parte ogni diffidenza nei confronti dell'apparato comunitario per poi chiedere per ben tre volte di entrare a far parte della

Comunità europea. 27

26 C'è pero da notare che concepita da una parte per essere la rivale della CEE e dall'altra per

servire da merce di scambio in un'eventuale ripresa di negoziati con questa, l'EFTA risulterà fallimentare a causa dell'eccessiva limitatezza della sua forza economica in confronto a quella esercitata dai "Sei" nonché delle difficoltà che la zona di libero scambio,così geograficamente disomogenea presenta dal punto di vista amministrativo e gestionale, circostanze che impediscono all'EFTA di diventare una forza politica ed economica degna di considerazione. A. CONVERTI, Istituzioni di diritto dell'Unione Europea Halley Ed.2005 pag.58

27 Nel 1961 il primo ministro Harrold Macmillian decise di presentare la richiesta di

ammissione alla CEE (prima applicazione) da lui stesso definita una "scelta sgradevole". La decisione si basava sull'evidente palpabile declino dell'influenza britannica dopo il 1960, e sul desiderio degli americani che la Gran Bretagna facesse parte della Comunità. Da quel momento in poi le riserve sulla integrazione europea dominarono il dibattito politico in tema di politica estera. Nessuno dei partiti era stato favorevole all'ingresso della CEE negli anni '50 ma si trovavano spinti da fattori esterni ed economici. P. CRAVERI e G. QUAGLIARIELLO, Atlantismo ed Europeismo Ed. Rubbettino 2003, pag 257,258.

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22 4. Il graduale cambiamento dell’opinione pubblica verso l’integrazione comunitaria

All'inizio degli anni Sessanta nel Regno Unito si assiste ad una vera e propria svolta. Si inizia a cambiare opinione riguardo al processo di integrazione europea e diventa palpabile l'idea di un eventuale riavvicinamento con le istituzioni comunitarie. Molti fattori avevano gradualmente portato ad un cambiamento di rotta all'interno della classe politica tra questi, la Crisi del

canale di Suez.28 L’episodio, oltre che a dimostrare tutto lo stato cronico della

politica imperiale, rappresenta un vero e proprio spartiacque per la politica estera e di difesa inglese. L’immagine internazionale del Regno Unito appare profondamente compromessa anche nei confronti degli stessi Stati Uniti che lasciano il loro principale alleato isolato come mai non lo era stato prima. La stampa inizia a scrivere che la Gran Bretagna sta soffrendo una crisi di identità e per molti il nuovo ruolo sembra essere all'interno dell'Europa. Se dalla fine della prima guerra mondiale fino alla fine degli anni '50 la politica estera inglese si concentra soprattutto sul Commonwealth e sulla relazione con gli Stati Uniti, dagli anni '60 in poi l'Europa occidentale diviene il punto focale. Singolari e piuttosto comprensibili appaiono le ragioni alla base del radicale cambio di atteggiamento all'interno della classe politica. Gli stessi ideali politici, culturali economici tanto decantati nei dibattiti di Eden ora lasciano il posto ad un atteggiamento più costruttivo e benevolo dal quale scaturirà, da parte del governo Macmillian la formale richiesta di adesione del Regno Unito all'Unione europea. L’Inghilterra prende ora coscienza di dover impostare una

28 La nazionalizzazione del canale di Suez nel luglio del 1956 e la successiva operazione

militare anglo-francese contro l'Egitto sottolineavano sia le perduranti aspirazioni di Londra e di Parigi ad non essere attori minori sullo scenario internazionale, sia le crescenti divergenze con Washington. Posti di fronte alla netta presa di posizione dell'amministrazione Eisenhower, ostile all'intervento contro Nasser, i leader inglesi e francesi assumevano posizioni differenti. Londra convinta della necessità di mantenere in vita la special relationship con gli Stati Uniti finì con il piegarsi rapidamente alla volontà americana, mentre Parigi ritenne che l'episodio di Suez dimostrasse come non fosse possibile affidarsi degli alleati anglosassoni. F. ROMERO M. DEL PERO, Le crisi transatlantiche. Continuità e trasformazioni, Ed. di storia e di letteratura, 2007 pag 26

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23 nuova politica che tenga conto della sua perdita di peso internazionale e che possa garantirle in futuro una posizione di prestigio. Il governo londinese inoltre inizia a mettere in discussione il proprio ruolo di mediatore politico tra il continente europeo e l’America; tra i politici inizia a diffondersi l'idea che la situazione di declino generale in cui vessa la Gran Bretagna, debba essere affrontata di petto. Tuttavia la scarsa linearità della politica interna rende i vari obiettivi governativi difficilmente conciliabili tra di loro e fa diventare

macchinoso ogni tentativo di movimento. 29 Dapprima con i laburisti di Attlee,

prevale uno scetticismo di fondo: volevano prima di tutto mantenere il buon rapporto con gli USA e le relazioni vantaggiose con il Commonwealth, poi con i conservatori di Churchill che insistono sulla necessità di prendere in mano le briglie del movimento europeista, non certo per dargli nuovo impulso ma per

poterlo meglio controllare e quindi contenere.30 Da un punto di vista storico, il

Regno Unito appare molto diverso dai paesi del continente. La formazione di una identità nazionale precoce rispetto agli altri paesi continentali, determina anche una diversità di interessi economici e politici rispetto agli altri stati europei. In un primo momento gli inglesi avevano concentrato le loro energie sulla costruzione di un impero di vaste dimensioni in grado di apportare importanti benefici oltre che al conseguimento di una posizione di "leadership mondiale". Successivamente la politica estera viene incentrata sul mantenimento dei rapporti con i "dominios" (India, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Sud Africa) e parallelamente sulla "speciale relazione" che da sempre

29 S. GEORGE, An Awkward Partner, Oxford University Press, 1994, pp. 9 ss. e C.

BARNETT, The Lost Victory. British Dreams, British Realities 1945-1950, Macmillan, 1995, pp. 46ss

30 Churchill auspica fin dalla fine degli anni '30 la realizzazione di una federazione di Stati Uniti

d'Europa quale baluardo anticomunista ma la Gran Bretagna avrebbe dovuto restarne fuori per garantire la sua funzione imperiale. La posizione di Churchill appare più volte ambivalente, dapprima con il discorso di Zurigo del 1946 ritiene che la Gran Bretagna si una parte integrale dell'Europa, gettando le basi per la ricostruzione della «famiglia europea» una sorta di Stati Uniti d’Europa. Nel 1950 lo stesso leader conservatore, nell'ambito dell'Assemblea è favorevole alla creazione di un esercito comune europeo, di nuovo al potere nel 1951 Churchill cambia idea sulla creazione dell'esercito comune rifiutando di delegare qualsiasi potere ad una organizzazione internazionale priva del controllo democratico.

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24 accomuna Stati Uniti e Regno Unito. Inoltre vi era anche una componente di orgoglio nazionale in grado di diversificare maggiormente la Gran Bretagna dal resto del continente, una presunta superiorità ostentata da tempo e intensificata dal fatto che né Napoleone, né Hitler erano riusciti ad invadere la perfida Albione. Fino ad adesso l'Europa non costituiva una pedina fondamentale nel gioco della politica estera. Il principio guida era stato il mantenimento dei poteri sul continente onde evitare che un singolo paese europeo potesse da solo dominare la scena europea, la Gran Bretagna per molto tempo si era schierata prima con l'uno e poi con l'altro paese europeo per conservare quel "balance of power" necessario per una serena convivenza, senza un serio coinvolgimento politico ed economico. Ciò aveva spinto la Gran Bretagna a impegnarsi nelle

guerre napoleoniche e favorire uno stabile equilibrio europeo.31Di norma però,

qualsiasi rapporto con i paesi del continente non è mai stato vincolante. L'Europa viene considerata con una certa indifferenza, soprattutto per l'avversione che da sempre dimostrano gli inglesi nei confronti di una politica estera che possa interferire con i loro interessi. Questo atteggiamento prevale nei rapporti della politica inglese del dopoguerra periodo in cui la Gran Bretagna si trova a dominare indiscussa sulla scena politica ed economica. Tuttavia gli eventi bellici avevano contribuito ad accrescere la necessità di una stretta collaborazione in modo da evitare il ripetersi di nuovi conflitti. Inoltre i politici inglesi prendono coscienza che la Comunità Europa stava creando,

31 Gli interessi di Londra e la fonte della sua potenza si situavano in prevalenza al di fuori del

continente pertanto i politici inglesi avevano rifiutato di coinvolgere Londra in qualsiasi "continental commitment" fino ai primi del '900. Sebbene gli inglesi fossero coinvolti fin dalle prime battute nelle due guerre mondiali, l'impegno inglese nacque quasi per caso, di controvoglia basti pensare agli indugi protratti da Londra sino al luglio 1914 di fronte allo scatenarsi del conflitto o alla preferenza di Churchill per una strategia periferica, rispetto alla volontà di Roosevelt di portare rapidamente il conflitto contro la Germania nel cuore dell'Europa. Ma nell'immediato dopoguerra l'Europa appariva come un grande spazio caratterizzato da un vuoto di potere, mentre la Gran Bretagna era stata indebolita dal lungo conflitto e l'impero andava riformato affinché potesse costituire il simbolo della potenza inglese. D'altro canto appariva sempre più evidente che in Europa i sarebbe giocato l'equilibrio tra le potenze vincitrici la possibilità di stabilire un duraturo ordine mondiale. P. CRAVERI e G. QUAGLIARELLO. Atlantismo ed Europeismo Rubettino Ed. 2003 pag.521,522,523

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25 attraverso una serie di istituzioni politiche ed economiche, una barriera circolare contro chi invece era situato al di fuori. Inoltre se il Regno Unito un giorno fosse chiamato a farne parte avrebbe dovuto affrontare un Europa formata senza nessun impulso inglese. Macmillan osserva che per la prima volta dai tempi di Napoleone le potenze continentali erano unite in un gruppo economico che avrebbe escluso gli inglesi dai mercati europei e dalle

consultazioni riguardo alla politica europea.32 Tuttavia, in più occasioni la Gran

Bretagna aveva orientato la propria politica estera anche verso l’Europa, tenendo un occhio di riguardo però verso le altre relazioni internazionali primo fra tutti il Commonwealth e secondariamente con gli Stati Uniti. Tale immagine, nota anche come teoria dei tre cerchi parte dal presupposto che il primo obiettivo della politica estera inglese fosse il mantenimento del ruolo di grande potenza di carattere globale. Pertanto Londra avrebbe assunto la funzione di elemento centrale di raccordo tra i tre ambiti vitali, appunto i tre cerchi: l'Impero, gli Stati Uniti e l'Europa. Il continente europeo rappresentava un contesto tradizionale della politica estera inglese ma soprattutto nel corso dell'ottocento l'Europa aveva finito per essere subordinata all'Impero per consentire al Regno Unito di gestire il più grande sistema imperiale esistente. All'inizio degli anni Sessanta però la politica estera subisce un cambiamento piuttosto radicale; il disfacimento dell'impero con la conseguente trasformazione organica del Commonwealth, il deterioramento dei rapporti con gli Stati Uniti e la crescita esponenziale dell'economia europea determinano un riavvicinamento della Gran Bretagna verso il progetto d’integrazione comunitario. Il decennio tra il 1950 e il 1960 é conosciuto come un periodo di crescita economica per i britannici, ma l'economia appariva più florida e prospera nei paesi dell'Europa continentale che avevano nel frattempo duplicato il livello della qualità della vita. Gli stessi paesi continentali, dopo aver fatto

32"For the first time since the Napoleonic era the major continental powers are united in a

positive economic grouping...which though not directed against the United Kingdom, may have the effect of excluding us both from European markets and from consultation on European policy". A letter from Harold Macmillan to Selwyn LLoyd. December 1959 cit. H.YOUNG, This blessed plot, Macmillian 1998

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26 tesoro dell’esperienza aberrante della guerra sembrano aver imboccato la strada migliore per il raggiungimento della crescita economica e per il conseguimento della pace. Infatti già dalla metà degli anni Cinquanta, la crescente apertura economica dell'Europa e il rapido sviluppo del Pil pro capite, in un contesto caratterizzato dalle maggiori dimensioni del mercato avevano consentito alle economie europee di avvantaggiarsi delle economie di larga scala e delle produzioni di massa. Tutto questo aveva permesso un'accelerazione della dinamicità dei mercati europei oltre a stimolare sia la concorrenza che la produzione di massa. La crescita delle dimensioni del mercato aveva contribuito a determinare un circolo vizioso in base al quale l'intensificazione della produttività e quindi della competitività, inducevano in un'ulteriore crescita della domanda aggregata attraverso la riduzione dei costi di produzione e il relativo aumento dei salari. Estranea a tale crescita era però la Gran

Bretagna33. Preso atto che l'intero scenario internazionale è in trasformazione,

indirizza la propria politica alla realizzazione di provvedimenti volti alla riqualificazione dei rapporti privilegiati con i paesi del Commonwealth. Ben presto però un numero crescente di intellettuali ravvisa i pericoli collegati al cosiddetto «mito del Commonwealth» e l’illusione di grandezza si traduce in un vero e proprio autoinganno ed autolesionismo. L'impero britannico sta dissolvendosi e così anche uno dei «tre cerchi» alla base della politica estera britannica, inevitabilmente gli altri due stanno per acquisire maggiore importanza rispetto al passato. Per quanto riguarda i rapporti con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna ha sempre anteposto all'Europa la relazione speciale con il governo di Washington per una duplice serie di motivi; da un lato l'economia americana è considerata più stabile di quella europea e quindi come un sostegno strategico e finanziario più affidabile, dall'altro l'atteggiamento preferenziale verso gli Stati Uniti dipende anche dalla mancanza di fiducia nei confronti degli altri paesi per la ripresa economica e politica dell’Europa. I rapporti tra le due potenze vengono ridimensionati nel giro di poco tempo. Quando l'EFTA inizia

33 F. RUBINO, Per la critica del modello europeo. Le quattro dimensioni della crisi economica,

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27 a prendere forza dal 1960 l'Europa appariva divisa in due blocchi: da una parte c'erano "i Sei" e dall'altra "i Sette" tra cui il Regno Unito.34 L'amministrazione americana guarda con particolare scetticismo la struttura dell'EFTA; i vantaggi apportati dall'organizzazione sono soltanto di natura economica grazie alla sua natura liberista, mentre sotto l’aspetto politico si dimostra poco efficiente per fronteggiare il problema prioritario degli Stati Uniti ovvero l’espansione dell’Unione Sovietica. Diversamente, la CEE costituisce un proficuo baluardo al comunismo, sebbene la sua natura protezionistica rappresenti per gli Stati

Uniti una riduzione delle prospettive di scambi commerciali.35 Così anche il

secondo dei «tre cerchi» su cui si fonda la politica estera inglese, sta perdendo via via importanza e l'Europa sembra rappresentare l'unico baluardo di speranza per recuperare il ruolo di grande potenza. L'economia britannica, inizia ad indebolirsi verso la metà degli anni Cinquanta, l'inflazione aumenta, cresce il deficit della bilancia dei pagamenti, si incrementano le tensioni tra governo e sindacati. Mentre in Europa la ricostruzione post bellica comincia a dare i propri frutti, e più paesi registrano eccellenti tassi di crescita, tra questi l'Italia, la Francia e la Germania. Basti pensare che l'incremento percentuale medio del

34 All'epoca la Gran Bretagna disse di preferire il libero commercio all'interno dell'EFTA

contrariamente all'ambiente troppo ristretto imposto dalla Comunità europea definita dagli inglesi come una camicia di forza. D. WATTS, C. PILKINGTON ,Britain in European Union Today, Manchester University Press 2005 pag.23

35 La Gran Bretagna assunse inoltre che in virtù della speciale relazione con gli Stati Uniti, gli

americani avrebbero preferito l'EFTA alla Comunità europea, invece il presidente Kennedy aveva privatamente informato Macmillian di essere irritato riguardo alla divisione in Europa e se gli Stati Uniti avessero dovuto scegliere tra i due schieramenti, avrebbero senza dubbio preferito la più importante CEE. La preferenza degli Stati Uniti per la CEE è dimostrata anche dalla variazione del volume degli investimenti da loro effettuati in Europa. Se prima della costituzione della Comunità i capitali americani si dirigevano per più̀ del 50% verso la Gran Bretagna, nel 1960 vi affluiva solo il 41% di essi mentre i Sei ne beneficiavano per oltre la metà del totale. In realtà però, gli Stati Uniti premevano per la partecipazione inglese alla CEE sperando di trarne anche dei vantaggi economici utilizzando proprio la Gran Bretagna come un «un cavallo di Troia» per abbattere le tariffe esterne adottate dalla Comunità e mirare così ad una zona di libero scambio di dimensioni atlantiche. Inoltre, l’adesione della Gran Bretagna avrebbe significato anche la partecipazione alla CEE dei paesi neutrali, fuori dalla NATO ma membri dell’EFTA – Svizzera, Svezia, Finlandia e Austria – il cui isolamento economico avrebbe potuto spingerli verso l’Unione Sovietica

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28 PIL tra gli anni 1940-50 e gli anni 1951-1960 passò in Italia dall’1,6% al 6,1%, in Francia dal 2,5% al 4,6%, in Germania dallo 0,9% all’8,2%, mentre in

Inghilterra passò dall’1,8% all' 2,7%.36 A questo punto la rete commerciale

britannica inizia a modificarsi: gli scambi con la Comunità europea si intensificano mentre il dissolvimento dell'impero comporta anche una trasformazione dei rapporti commerciali con esso

Esportazioni britanniche in %37 1950 1955 1960 1966 Europa Occidentale 26 28 32 37 Area della sterlina 46 47 40 32

Mentre gli scambi commerciali tra i Paesi membri della CEE aumentano a ritmo sostenuto, il volume dei traffici all’interno dell’EFTA resta inconsistente. L'organizzazione oltre a evidenziare un’enorme difficoltà nella gestione di zone così geograficamente disomogenee, dimostra anche la mancanza di una autorità politica in grado di affermarsi in campo internazionale. L’EFTA era stata concepita, per essere rivale della CEE e per servire da merce di scambio in un eventuale ripresa dei negoziati, così dopo un breve iniziale successo dovuto alla liberalizzazione del commercio tra gli Stati membri, l'Organizzazione resta relegata in una posizione di secondo ordine rispetto alla CE. È quindi palese

36 Ponendo come indice della produzione industriale 100 nel 1953, la Germania nel 1960 era

passata a 189, la Francia a 175, l’Olanda a 160, il Lussemburgo a 142, il Belgio a 135 e l’Italia addirittura a 200, la Gran Bretagna solo a 130.

37 Tabella da DONALD MCLEAN, British foreign policy since Suez 1956-1968, London,

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