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TESI DI DOTTORATO IN FILOSOFIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA – XXXI CICLO –

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(1)

TESI DI DOTTORATO IN FILOSOFIA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

– XXXI CICLO –

IL NULLA IN DIO.

LA QUESTIONE DEL NULLA E DELLA

CONTRADDIZIONE IN DIO NELL’ONTOLOGIA DELLA

LIBERTÀ DI LUIGI PAREYSON

Dottorando: Tutor:

(2)

INDICE

SIGLE – p. 9

RINGRAZIAMENTI – p. 10 PREMESSA – p. 12

1. Nota sul progetto in generale e sulla metodologia di ricerca – p. 12 2. Introduzione all’argomento specifico – p. 13

3. Breve descrizione degli inediti di Pareyson – p. 18

CAPITOLO I

IL PERSONALISMO ONTOLOGICO GIOVANILE DI PAREYSON

COME GENESI DELL’ONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ – p. 21

1. L’adesione ad un esistenzialismo in chiave personalistica – p. 22 1.1. La “metafisica della tautologia” e l’“implicanza di positivo e negativo” in Jaspers – p. 24.

1.1.1. Inquadramento nel complessivo itinerario filosofico di Pareyson. – 1.1.2. Le tre correnti dell'esistenzialismo e la teoria kierkegaardiana dell’esistenza come paradosso. – 1.1.3. L’implicanza come “identità delle identità”. – 1.1.4. Distanziamento da sé e intimità con sé dell'esistenza. – 1.1.5. Primo rilievo critico a Jaspers: l’assunzione della situazione come identità con la situazione. – 1.1.6. Secondo rilievo critico a Jaspers: la riduzione della possibilità, del dovere e della libertà alla necessità.

1.2. La teoria della “irrelatività nella relatività” p – p. 42 1.3. La persona umana, la Persona divina e la libertà – p. 48

2. Le critiche del Pareyson maturo ad alcune idee del suo pensiero giovanile – p. 57

3. Il bilancio positivo del giovanile personalismo ontologico – p. 63

CAPITOLO II

L’ESSERE È LA LIBERTÀ – p. 71

1. Finità dell’esistenza e “coessenzialità” di autorelazione ed eterorelazione – p. 72

2. Dialettica di passività e attività, e dialettica di libertà e situazione – p. 77

(3)

3. La situazione come eterorelazione, ossia come originario rapporto all’essere – p. 80

4. La dialettica di dono e consenso – p. 85

5. La libertà come “iniziativa” e come “scelta”, e l’essere come “presenza senza figura” – p. 96

5.1. La realtà appesa al nulla: il “carattere speciale” della contingenza – p. 99

5.2. Il “positivo atto di negazione” – p. 106

6. Passaggio all’ontologia della libertà: l’ambiguità della realtà – p. 112

6.1. L’ambiguità nella libertà e in Dio stesso – p. 115

CAPITOLO III

L’ASSUNZIONE DELLA “CONTRADDIZIONE” COME CATEGORIA FONDAMENTALE DELL’ONTOLOGIA DELLA

LIBERTÀ (ESAME DEGLI INEDITI RELATIVI AL CORSO

UNIVERSITARIO DI PAREYSON SU: “AMBIGUITA' E CONTRADDIZIONE”, DELL’A.A. 1976/1977) – p. 118

1. L’“ambiguità” e la “contraddizione” in Dio – p. 118

2. Pareyson e le relazioni di opposizione della logica classica – p. 122 3. La nuova dialettica come “compresenza non mediata et-et” degli opposti – p. 126

CAPITOLO IV

DALLA LIBERTÀ AL NULLA: ALLE ORIGINI DELLA MEONTOLOGIA DI PAREYSON – p. 139

1. La libertà “radicata nel non essere” – p. 142 2. Il nesso fra la trascendenza e il nulla – p. 147

3. Il nulla come come “rottura della relazione Creatore-creatura” – p. 153

4. L’inconsistente “realtà” del niente: la fonte barthiana – p. 158 5. La distinzione pareysoniana fra “nulla” e “non essere” – p. 161

CAPITOLO V

IL “NULLA” COME “MALE” – p. 163

1. Il male non è solo questione di etica: “ontologicità” e “incomprensibilità” del male – p. 163

(4)

3. La natura “parodistica” e “parassitaria” del male – p. 173 4. La “spiritualità del male” – p. 176

5. Il nichilismo: il male come distruzione – p. 184 6. Il male come sofferenza e dolore – p. 186

6.1. Dio è “costretto” al dolore? – p. 204

7. L’origine (divina) del male e il suo autore (umano) – p. 205 8. Il “male in Dio”: solo una possibilità? – p. 214

8.1. Il male definitivamente “inattuale” in Dio – p. 215 8.2. Il male non definitivamente “inattuale” in Dio – p. 218 8.3. Il male come “malheur de l’existence” – p. 224

9. La “presenza” del male in Dio: una realtà? – p. 235

CAPITOLO VI

IL “NULLA” COME “ORIGINE” O “INIZIO” – p. 252 1. Dall’ontologia della libertà alla meontologia – p. 252

1.1. Affidamento alla libertà o violenza della libertà? – p. 253 1.2. “Pensiero tragico” e contraddizione – p. 255

1.3. L’identità-non identità di essere e libertà – p. 256

1.4. Oltre la “convertibilità” essere-libertà: la “risoluzione” dell’essere nella libertà – p. 260

1.5. Il nesso nulla-libertà al posto del nesso essere-libertà – p. 264 1.6. La libertà è Dio – p. 265

2. Il “non essere” prima (della libertà) e il “nulla” dopo (la libertà) – p. 268

3. La dissoluzione del fondamento e dell’essere necessario – p. 270

3.1. “Sfondamento” e “autoritirarsi” della libertà – p. 270

3.2. Non-fondamento e indeterminazione – p. 273 3.3. L’abolizione dell’essere necessario – p. 274

3.4. Il superamento della contrapposizione presenza-assenza – p. 278 4. Neanche Dio è (e ha) fondamento – p. 281

4.1. L’assenza di fondamento in Dio – p. 281

4.2. L’abolizione dell’essere necessario in Dio – p. 285 5. Dio non è neppure bene – p. 287

6. Dio è il nulla – p. 290

6.1 La “negazione del qualcosa” e l’“oltre-nulla” – p. 290 6.2. L’indicibilità di Dio – p. 296

7. “Irrevocabilità” dell’essere? – p. 299

7.1. “Indistruttibilità” dell’essere e “incancellabilità” dell’evento – p. 299

7.2. Il “non-poter-non” e il “non-poter-non-più”: necessità “assoluta” e necessità “ipotetica” – p. 304

7.3. Il “primato” della realtà e il suo rapporto con la possibilità e la necessità – p. 308

(5)

8.1. L’ipotesi del nulla assoluto – p. 319 9. Dio non è neppure nulla – p. 321 10. Dio è “abisso” – p. 333

10.1. “Inesauribilità” e autoritrarsi di Dio – p. 333 10.2. L’autoeclissarsi-donantesi di Dio – p. 338 10.3 L’abisso come “tutto” e come “nulla” – p. 340 10.4. Il “non-nulla uscito dalla non-causa” – p. 342 10.5. L’abisso “incontra” l’abisso – p. 343

CAPITOLO VII

LA CONTRADDIZIONE IN DIO – p. 350

1. Il linguaggio della contraddizione: mito, simbolo e ossimoro – p. 350

1.1. Il “simbolo” come “rivelatività” paradossale di Dio – p. 350 1.2. Il “pensiero degno del nome” è la “contraddizione” – p. 355

1.3. Dio è “misericordioso” in sé e “collerico” solo per noi, oppure è entrambe le cose in se stesso? – p. 358

1.4. L’elemento costitutivo del discorso su Dio: l’“ossimoro” – p. 364 2. La libertà è posizione e negazione di sé – p. 372

2.1. La libertà mentre si annulla si pone, e mentre si pone si annulla – p. 372

2.2. La libertà è identica a sé e differente da sé – p. 379 3. Il Dio antinomico – p. 384

3.1. “Nemo contra Deum nisi Deus ipse”: Dio contrappone sé a sé stesso – p. 384

3.2. L’indistinzione dei riguardi e la simultaneità nella “compresenza dei contrari” pareysoniana – p. 391

3.3. Il significato concettuale dell’ossimoro del “sole nero”: Dio è l’essere che contiene in sé il nulla – p. 398

3.4. Dio muta e non muta – p. 404

4. La questione “logica” della compresenza del positivo e del negativo in Dio – p. 410

4.1. L’“abissalità” del positivo – p. 411

4.2. La posizione “mediana” del positivo – p. 417 4.3. Opposizione reale o contraddizione? – p. 420

4.4. Il significato della negatività “possibile” in Dio – p. 428 4.5. Il “problema Jung” – p. 433

5. La contraddizione “non si risolve” – p. 440

5.1. L’insuperabilità della contraddizione nella meontologia di Pareyson – p. 440

5.2. La “massima” contraddizione: l’apocatastasi – p. 444 5.3. Dio è “prima” e “dopo” di sé – p. 457

(6)

CAPITOLO VIII

L’“INIZIO”, OVVERO L’AUTO-ORIGINARSI DI DIO – p. 460 1. “Ego sum qui sum”: il significato meontologico di Esodo 3, 14

– p. 460

2. Che cos’è l’“inizio”? – p. 468

2.1. L’“imprevedibilità” e “indeducibilità” dell’inizio – p. 470

2.2. L’autocrearsi di Dio come “sincope” o “singulto” dell’abisso – p. 473 2.3. L’origine è “origine di sé” – p. 477

2.4. “Autocreazione” (plotiniana) dell’Uno e “autooriginazione” (pareysoniana) di Dio. Un confronto – p. 481

3. La “scelta” come contraddizione – p. 484

4. La volontà di Dio è prima del suo essere – p. 492 5. L’auto-concepirsi nel nulla – p. 501

CAPITOLO IX

IL “META-INIZIO”, OSSIA IL “PRIMA” DI DIO – p. 511 1. Il “prima dell’inizio eterno” – p. 514

2. Il “se” e il “quando” Dio si decide ad iniziarsi – p. 529 3. Il meta-inizio: indifferenza del volere? – p. 545

3.1. Né vuole né non-vuole – p. 545

3.2. L’onnicompossibilità del meta-inizio – p. 552 3.3. Non è nemmeno “principio” – p. 554

3.4. Al di là di ogni opposizione – p. 556

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE – p. 561

APPENDICI APPENDICE I

LA “RADICALITÀ” DEL MALE: LA FONTE KANTIANA – p. 565 1. L’imputabilità del “male radicale” – p. 565

2. La non-diabolicità del “male radicale” – p. 571 3. Il “modello logico” del “male radicale” – p. 572

(7)

APPENDICE II

UN’ALTRA FONTE DELLA MEONTOLOGIA PAREYSONIANA: PLOTINO – p. 581

1. Il principio come “nulla” – p. 581

2. L’“Uno” non è essere: alcuni passi del VI Libro delle Enneadi – p. 584

2.1. L’Uno non è il “bene” – p. 587

2.2. L’Uno non è nemmeno se stesso – p. 588 2.3. L’Uno è la libertà – p. 591

3. La “fusione” di Repubblica (508 e – 509 b) e di Parmenide (142 a) in Plotino, secondo Pareyson – p. 591

APPENDICE III

L’APORIA DELL’“UNO CHE NON È NEPPURE UNO”, NEL

PARMENIDE PLATONICO, E IL SUO NESSO CON IL CONCETTO

DI “ABISSO” IN PAREYSON – p. 597 1. L’“Uno” non è, e nemmeno è Uno – p. 598

2. Il paradosso dell’autoriferimento come assenza di autoriferimento dell’Uno – p. 599

3. L’Uno è “tutto” e “neppure Uno” – p. 602

4. L’ “Uno” del Parmenide e l’assioma di non-contraddizione – p. 605

APPENDICE IV

CORRISPONDENZE TRA L’APORETICA DEL META-PRINCIPIO IN DAMASCIO E QUELLA DEL META-INIZIO NELLA MEONTOLOGIA DI PAREYSON – p. 610

1. Il meta-principio ineffabile e il “duplice nulla” in Damascio – p. 610

2. La periropé e il paradosso auoreferenziale – p. 624

APPENDICE V

LA FONTE PRINCIPALE DELLA MEONTOLOGIA PAREYSONIANA: IL TARDO SCHELLING – p. 631

1. Dio come “eine lautre Freiheit zu sein oder nicht zu sein” – p. 632 2. La vita divina come “nothwendig Widerspruch” – p. 635

(8)

2.1. La “prima natura” (necessaria) di Dio – p. 635 2.2. La volontà-che-non-vuole – p. 642

2.3. La Vergangenheit di Dio – p. 648

2.4. Lo sciogliersi e il riproporsi (eterni) della contraddizione nella vita divina – p. 652

3. Il “rinchiudersi” e il “non rinchiudersi” in una forma – p. 658 4. Lo stupore della ragione di fronte all’“immemorabile” – p. 663 5. “A°”: l’implodersi di Dio nell’Uno (neppure-Uno) – p. 670 APPENDICE VI

IL “RADICALISMO BLOCCATO” NELLA FILOSOFIA DI HEIDEGGER, SECONDO L’INTERPRETAZIONE DI PAREYSON – p. 679

1. L’“anticristianesimo” di Heidegger – p. 680

2. L’incontro Schelling-Heidegger: il nesso fra il “programma di una filosofia della libertà” e la “questione del nulla” – p. 681

3. La Grundfrage in Heidegger, secondo Pareyson – p. 688 BIBLIOGRAFIA – p. 692

– OPERE DI LUIGI PAREYSON – p. 692 – LETTERATURA SU PAREYSON – p. 694 – FONTI E OPERE CLASSICHE – p. 698 – LETTERATURA SULLE FONTI – p. 704 – ALTRE OPERE CONSULTATE – p. 708

(9)

SIGLE

PNC = principio di non-contraddizione. PTE = principio del terzo escluso. c.m. = corsivo mio.

n.m. = nota mia.

OL = L. Pareyson, Ontologia della libertà, Einaudi, Torino 1995. EP = L. Pareyson, Esistenza e persona, il melangolo, Torino 1985.

KJ = L. Pareyson, Karl Jaspers, Marietti, Casale Monferrato 1983 (titolo

originale: La filosofia dell'esistenza e Carlo Jaspers, Loffredo, Napoli 1940).

Phil. = K. Jaspers, Philosophie I-III, Springer, Berlin 1932, trad.it. a cura di U. Galimberti, Filosofia, UTET, Torino 1978.

SL = Situazione e libertà, in EP (pp. 227-243).

EL = L. Pareyson, Essere e libertà, Giappichelli, Torino 1970, ora in Id., Interpretazione e storia, vol. 14 delle Opere complete, a cura di Amalia De Maria, Mursia, Milano 2007, pp. 197-213.

ELA = L. Pareyson, Essere libertà ambiguità, a cura di F. Tomatis, Mursia, Milano 1998.

(10)

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare, innanzitutto, il Professor Adriano Fabris: la sua guida dialogante, garbata e al contempo meticolosa, mi ha consentito di compiere una ricerca, da un lato, con ampi margini di libertà teorica e, dall’altro, con obiettivi ben precisi e una rigorosa metodologia di lavoro e di analisi dei testi. Soprattutto, senza il suo prezioso consiglio di indirizzare (e approfondire) la ricerca anche sulla fase giovanile di formazione della filosofia di Pareyson, nonché sul tema del “nulla” come “male”, questa Tesi sarebbe rimasta incompleta (due capitoli aggiuntivi dedicati a questi aspetti, infatti, hanno integrato il primitivo progetto, proprio grazie al suo intervento). Ma – cosa ancor più importante – il suo suggerimento di lavorare direttamente sui manoscritti inediti del filosofo cuneese, ha permesso a me di fare un’esperienza di ricerca nuova e, per certi versi, emozionante; e, insieme, di rendere più interessante e puntuale il lavoro svolto. Durante i due anni accademici in cui ho compiuto la ricerca sotto la sua guida, ho potuto apprezzare, inoltre, le sue doti umane – oltreché di filosofo –, beneficiando di una continua disponibilità e di sollecitazioni stimolanti e incoraggianti. A lui non può che andare la mia più sincera riconoscenza.

Ringrazio tutti i Docenti del Collegio di Dottorato di Pisa-Firenze, per le loro Lezioni e i Seminari che hanno arricchito la mia formazione di dottorando. Un grazie speciale al Professor Ezio Gamba, Segretario del Centro Studi Filosofico-religiosi “Luigi Pareyson” di Torino, che mi ha concesso, spesso anche fuori dagli orari “ufficiali”, di poter effettuare le lunghe consultazioni degli inediti pareysoniani, dandomi chiarimenti sul materiale preso in esame. Sono grato anche al Professor Francesco Tomatis, che si è reso disponibile per un incontro nel corso del terzo anno accademico, durante il quale abbiamo discusso diversi nodi tematici di rilievo della meontologia di Pareyson, in rapporto soprattutto con la filosofia dell’ultimo Schelling. Conservo un debito di riconoscenza e gratitudine profonde anche per il Professor Giuseppe Varnier, che, sia pure come Docente esterno al Dottorato di Pisa-Firenze, mi incoraggia da anni nei miei studi, omaggiandomi di una sincera amicizia intellettuale.

Desidero dedicare questa Tesi di Dottorato a mia moglie Silvia: la sua pazienza senza limiti è ciò che mi ha permesso di lavorare ininterrottamente e faticosamente in questi tre anni, sgravandomi da ogni impegno familiare.

(11)

ESERGO

«Non si tratta di aver ragione, non si tratta di arrivare a una trovata, si tratta invece di cercare la verità – questo è il punto – di fronte alla quale siamo tutti nella stessa situazione, siamo tutti nella situazione itinerante, cercante. Siamo tutti dei cercatori d’oro, qui, in filosofia, rispetto alla verità».

(12)

PREMESSA

1. Nota sul progetto in generale e sulla metodologia di ricerca.

Il progetto di ricerca qui proposto – condotto sotto la guida del Professor Adriano Fabris in qualità di Tutor, all’interno del XXXI Ciclo (2015/2018) del Dottorato di Ricerca in Filosofia dell’Università di Pisa-Firenze – ha avuto come oggetto di studio il tema del “nulla” in Dio nel pensiero dell’ultimo Pareyson; tema strettamente legato, da un lato, alla questione del “male” (presente anch’esso, sia pure solo come “possibilità”, in Dio) e, dall’altro, al tema della libertà (intesa non semplicemente da una prospettiva etica, bensì, più profondamente, ontologica). A partire da un nodo problematico a nostro giudizio di notevole interesse, ma non sempre indagato dagli studiosi, qual è quello più prettamente teoretico1 della “meontologia” pareysoniana, abbiamo tentato di mettere alla prova un’ipotesi di lettura di alcune tesi estremamente radicali del filosofo cuneese, come quella, appunto, relativa alla presenza del nulla nella stessa essenza divina.

La ricerca, quindi, si è basata sull’esame storico-critico dei testi di Pareyson (soprattutto inediti, raccolti e conservati nell’Archivio del “Centro Studi Filosofico-Religiosi Luigi Pareyson” di Torino, presso cui sono stato indirizzato dal mio Tutor, durante il secondo e il terzo a.a. del Dottorato), ma ha rivolto particolare attenzione soprattutto agli aspetti concettuali e

argomentativi della sua ultima riflessione. L’approfondimento di questa

linea di ricerca – che ha allargato l’orizzonte ermeneutico di indagine fino a tentare un’analisi di tipo teoretico-logico (pur senza entrare, com’era ovvio, nel campo specifico della logica formale) – ha permesso di comprendere alcuni dei nuclei concettuali essenzialmente aporetici dell’“ontologia della libertà” di Pareyson. Vi è – a nostro giudizio – un carattere “aporetico” della meontologia pareysoniana che riteniamo vada inteso proprio nel senso di un costitutivo tratto trasgressivo dei “principi” fondamentali sia dell’ontologia che della logica classiche.

Una simile impostazione della ricerca ha consentito, così, di verificare la nostra ipotesi interpretativa anche dal punto di vista più strettamente logico-filosofico, oltre che da quello puramente ermeneutico. L’esito a cui siamo giunti è che l’ontologia della libertà non è stata soltanto una prospettiva filosofica nuova, all’interno del panorama novecentesco che si è richiamato, in un modo o nell’altro, ad Heidegger. Essa è stata anche un modo radicalmente differente, altro, di pensare il “divino”: un modo audacemente paradossale. E per “paradossale” intendiamo esattamente un pensiero in grado di concepire il “nulla”, e quindi la “contraddizione”, in Dio stesso.

1 Aspetto che chiama in gioco anche la questione del suo rapporto con almeno alcuni principi fondamentali della logica classica, primo fra tutti il “principio aristotelico di non-contraddizione” (d’ora in poi: PNC).

(13)

La nostra indagine è stata compiuta attraverso lo studio delle opere pareysoniane (edite e inedite) relative ai temi del progetto – oltre che delle opere della letteratura secondaria –, alcune delle quali (soprattutto quelle inerenti alla semantica del “nulla”, e, fra le fonti classiche, le opere dell’ultimo Schelling) affrontate grazie ai preziosi e istruttivi suggerimenti del professor Fabris. Tuttavia abbiamo compiuto, sempre su consiglio del Tutor, diverse consultazioni direttamente presso l’Archivio del Centro Pareyson di Torino, reperendo, fotografando ed esaminando una cospicua mole di materiale inedito. Abbiamo utilizzato copiosamente queste fonti inedite e, tra l’altro, le abbiamo ampiamente citate nel corso della Tesi, seguendo un criterio che, per quanto ne sappiamo, non è stato utilizzato, se non sporadicamente, in altre ricerche – e cioè quello di non lasciare le citazioni degli scritti inediti in nota2, bensì di collocarle direttamente nel corpo della Tesi. Il motivo di questa scelta è duplice: innanzitutto, dare un meritato risalto a fonti che hanno un sicuro valore documentario e filologico, anche come testimonianza viva del “farsi” in atto del pensiero del filosofo; e, inoltre, permettere che la loro lettura diretta, entro il corso delle argomentazioni della Tesi, potesse offrire un’ulteriore possibilità di conferma (o, in caso contrario, di smentita) dell’ipotesi di lettura da noi assunta.

2. Introduzione all’argomento specifico.

Luigi Pareyson è stato, almeno nell’ultima fase del suo pensiero3, quella da lui stesso denominata “ontologia della libertà”, il filosofo italiano che più ha messo al centro della sua meditazione il problema del “male in Dio”. In questa espressione “temeraria”, il filosofo cuneese faceva rientrare – come vedremo – un complesso nucleo di concetti, fra i quali ha però una sua significativa preponderanza quello del “nulla”. Nelle opere dell’ultimo periodo, Pareyson affermava che il male, soprattutto il male in Dio, non si riducesse in fondo ad altro che alla «possibilità di preferire il nulla»4. 2 È questo il criterio seguito, ad esempio, da Luca Ghisleri nel suo saggio Inizio e scelta. Il problema della libertà nel pensiero di Luigi Pareyson, Trauben, Torino 2003.

Francesco Tomatis, al contrario, nelle sue molteplici monografie su Pareyson (che citeremo nel corso della nostra Tesi e per le quali, al momento, rinviamo alla Bibliografia), fa ampio uso degli inediti. A lui (e ad Aldo Magris) si deve, anzi, la prima sistemazione ed elencazione ordinata, secondo aggiornati criteri archivistici, dei manoscritti pareysoniani.

3 Sebbene la nostra ricerca si concentrerà sul pensiero dell’ultimo Pareyson, nel Cap. I e, in parte, nel Cap. II, prenderemo in considerazione la fase giovanile della sua filosofia, cosiddetta del “personalismo ontologico”, e anche la fase del passaggio alla più tarda “ontologia della libertà”. Per un inquadramento complessivo della filosofia di Pareyson, cfr. F. Tomatis, Pareyson. Vita, filosofia, bibliografia, Morcelliana, Brescia 2003; e cfr., pure, F.P. Ciglia, Ermeneutica e libertà. L’itinerario filosofico di Luigi

Pareyson, Bulzoni, Roma 1995. Per le interpretazioni del pensiero di Pareyson, cfr. C. Ciancio-G. Riconda (a cura di), Il pensiero di Luigi Pareyson nella filosofia

contemporanea. Recenti interpretazioni, Trauben, Torino 2000 (contributi di: G.

Modica, A. Di Chiara, F.P. Ciglia, R. Sega, M. Weiss, F. Russo, F. Tomatis, M Gensabella Furnari, L. Bagetto, R. Longo, S. Giametta).

4 Cfr. L. Pareyson, Ontologia della libertà (d’ora in poi: OL), Einaudi, Torino 1995, p. 268.

(14)

Spesso, anzi, egli identificava il “male” e il “nulla”, sebbene il primo avesse in più la prerogativa di essere un nulla “scelto”5, ossia un nulla frutto della

libertà. In ogni caso, Pareyson ha sostenuto con forza che in Dio stesso dovesse essere ricercato non solo il “negativo”, ma persino l’origine stessa di quest’ultimo (è la nota tesi che Dio sia l’“origine del male”, benché non ne sia l’“autore”, che è invece l’uomo6).

È chiaro che proporre una tesi come quella che il nulla e il negativo siano in Dio, oltre a tutte le conseguenze problematiche – di carattere ermeneutico, ontologico, etico-religioso – che ne derivano, comporta necessariamente dover fare i conti anche con una questione (logico-teoretica) tanto fondamentale quanto inaggirabile: la questione della

contraddizione. Pareyson stesso ne era consapevole, al punto che in più

occasioni, negli scritti più tardi, dichiarava esplicitamente che «portare la negazione in Dio significa introdurre in Dio la contraddizione»7. Il suo

invito più pressante dell’ultima fase del suo pensiero è quello di non stupirsi del fatto che «per parlare di Dio sia necessario ricorrere a ossimori, contraddizioni, paradossi»8. Nell’ontologia della libertà, egli ha

insistentemente proposto «il concetto d’un Dio dialettico, che ha in se stesso l’antinomia e la contraddizione»9.

Di fronte ad asserzioni come queste, è necessario prendere atto che la posizione dell’ultimo Pareyson appare essere quella di un filosofo che assuma consapevolmente e intenzionalmente la contraddizione come cifra essenziale dell’autentico pensare Dio. E quest’atteggiamento non può che implicare una sua consequenziale presa di posizione critica nei confronti del “principio di non-contraddizione” aristotelico (come già anticipato in nota, d’ora in poi: PNC). In effetti, Pareyson ha articolato le riflessioni principali della sua “ontologia della libertà” – prime fra tutte quella sul male-nulla in Dio, quella sulla libertà come “abisso”, nonché quella sul problema protologico dell’“inizio” e dell’“auto-originazione divina” (o “Dio-prima-di-Dio”) – come fondate tutte sulla contraddizione e sul paradosso.

Si potrebbero – certamente – considerare tali espressioni, pur così crude e sconcertanti, come delle “metafore”, ossia come concetti strutturalmente non-contraddittori, espressi però mediante soltanto una forma lessicale contraddittoria e paradossale. In rarissime occasioni (non più di un paio, a dire il vero), va riconosciuto che Pareyson stesso (ovviamente ci riferiamo solo all’ultima sua filosofia) sembrerebbe dare alla contraddizione un senso, se non proprio figurato, meno categorico di quello assegnatole in tutti gli altri documenti da noi esaminati. Uno studioso serio ha il dovere di prendere in considerazione e mettere nella giusta luce anche ciò che disconferma la propria ipotesi di lettura, e, in quel caso, dichiarare apertamente che essa non è valida.

E, a questo proposito, non si può sottacere che, ancora nel 1988, in occasione delle sue ultime Lezioni di Napoli sulla “Filosofia della libertà”, Pareyson descriveva come “apparente paradosso” e come “apparente contraddizione” l’atto della libertà umana che, pur cominciando da sé, al

5 Cfr. ivi, p. 47. 6 Cfr. ivi, pp. 183-185. 7 Ivi, p. 200.

8 Ivi, p. 274. 9 Ivi, p. 201.

(15)

tempo stesso inizia solo in quanto è ricevuta (da-altro, cioè da Dio)10. Qui,

tuttavia, va anche sottolineato che Pareyson parla della libertà “umana”, la quale, in quanto essenzialmente “situata”, può anche implicare la possibilità di esser considerata secondo riguardi diversi, e dunque senza implicare una vera e propria contraddizione. Di conseguenza, ci si dovrebbe chiedere: è pure questo il caso della libertà “originaria”, cioè della libertà di Dio, della libertà che è Dio? È questo uno dei problemi a cui tenteremo di dare una risposta nella nostra ricerca.

D’altra parte, ci sono buoni motivi per ritenere espressioni come queste ultime di Pareyson (“apparente paradosso” e “apparente contraddizione”) niente più che un modo più morbido, meno sconcertante, per dire l’“indicibile” – come per condurre con gradualità il lettore nelle questioni abissali e inconcepibili che egli sta trattando. Modalità puramente espressiva, la cui sostanza si rivelerà essere, invece, proprio la trasgressione in pieno (e pienamente intenzionale) del PNC, se è vero che poi ci troviamo davanti ad affermazioni pareysoniane inequivocabili come questa: «che ne è del principio di [non-]contraddizione? Al centro della realtà non c’è il principio di [non-]contraddizione, ma la contraddizione»11. Oppure come

questa: «se il cuore della realtà è la libertà, esso è essenzialmente dialettico: al centro del reale c’è il contrasto, il conflitto, la contraddizione»12.

Lasciando da parte, per il momento, il punto problematico di accostare la “contraddizione” al “conflitto” e al “contrasto” (che potrebbe far ritenere erroneamente che la struttura logica di base sia la kantiana “opposizione reale”, sine contradictione – punto che affronteremo in seguito13), anche qui

non si può fare a meno di prendere atto che tali dichiarazioni di Pareyson costituiscono una netta smentita di una sua possibile considerazione metaforica del senso della contraddizione e del paradosso, interni alla natura stessa di Dio.

Se le cose stanno così, allora, riguardo a questo nodo problematico della “contraddizione” come cifra espressiva adeguata del male-nulla in Dio, crediamo che non sia troppo ardito parlare di una vera e propria “svolta”, nel pensiero di Pareyson, a partire all’incirca dall’indomani della pubblicazione di Verità e interpretazione, ossia dalla metà degli anni ’70 fino alla sua morte. Prima di quella data, il filosofo cuneese non pare aver avuto particolare predilezione per la nozione di “contraddizione” né per quella di “paradosso”; e, anzi, di fronte al presentarsi di evidenti aporie nella sua “ermeneutica dell’inesauribile” (per esempio quella relativa al concetto di verità “una”, ma al contempo offrentesi nell’infinita molteplicità delle sue interpretazioni), egli ricorre esplicitamente ad argomenti che hanno nel rispetto del PNC il loro punto di forza14.

10 Ivi, p. 16. 11 Ivi, p. 296. 12 Ivi, p. 175 (c.m.). 13 Cfr. qui, il Cap. VII.

14 Cfr. L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 1972. In un passo relativo al problema che stiamo affrontando, Pareyson scrive: «la verità è unica, ma la sua formulazione è sempre molteplice, e fra l’unicità della verità e la molteplicità delle sue formulazioni non c’è contraddizione» (ivi, p. 61; c.m.). Come altrettanto non-contraddittorio è ancora pensato il rapporto fra essere e libertà, nello scritto di Pareyson

Essere e libertà, che è del 1970 (cfr. Id., Essere e libertà, ora in Interpretazione e storia, a cura di Amalia De Maria, pp. 197-213 del volume 14 delle Opere complete,

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Successivamente, in un periodo che pare avere il suo punto di snodo intorno al 1975 – in cui egli lavorava alla preparazione del Corso universitario di Filosofia Teoretica che avrà come titolo significativo proprio “Ambiguità e contraddizione” –, Pareyson inizia non solo ad interessarsi della nozione di “contraddizione” e a concentrarsi anche sulle relative trattazioni della tradizione logico-classica, ma elabora autonomamente un proprio concetto – chiaramente aporetico – che possa adeguatamente esprimere la natura della libertà originaria, cioè di Dio. È un concetto che – come appureremo – ha la struttura propria della contraddizione e che, inoltre, risulta “immune” dall’attacco elenctico del PNC, in quanto si presenta come un autentico paradosso (assolutamente insolubile, come lo sono i paradossi semantici e insiemistici15). In altre parole, dalla metà degli

anni ’70 inizia una nuova fase della riflessione di Pareyson che fa da sfondo “logico”-filosofico (non logico-formale, ripetiamo) all’elaborazione della sua “ontologia della libertà” – che si stava inaugurando proprio in quegli anni –, e che ha nell’assunzione della nozione di contraddizione come verità del divino, l’elemento di novità, a nostro giudizio, più rilevante del suo ultimo pensiero.

L’ontologia della libertà, dunque, in special modo nel suo cosiddetto versante “meontologico”, non può essere considerata una dottrina per così dire “neutra” nei confronti della questione cruciale del paradosso e della contraddizione nel loro senso proprio, non metaforico. Occuparci dei temi già sconcertanti del male-nulla in Dio, del nesso (poi ripensato in chiave

contraddittoria da Pareyson) essere-libertà, della nozione paradossale di

libertà come “fondamento-che-non-è-fondamento”, del concetto palesemente autocontraddittorio del “Dio-prima-di-Dio” o di “autooriginazione divina”, ci costringerà ad affrontare parallelamente, durante il corso della ricerca, il problema coessenziale del rapporto di Pareyson con il PNC e con il paradosso. Quest’ultimo soprattutto, come dinamica (me-onto-logica) irrimediabilmente votata alla insolubilità della

contraddizione.

Nonostante la Tesi sia stata focalizzata sulle questioni appena esposte, riguardanti la meontologia dell’ultimo Pareyson, per i motivi legati al profilarsi di quella “svolta” durante le fasi di sviluppo del suo pensiero, essa è stata articolata nel modo seguente. Per inquadrare meglio nella complessiva filosofia della libertà dell’ultimo Pareyson i nodi problematici oggetto della nostra indagine, abbiamo ritenuto indispensabile occuparci, nella prima parte della Tesi, della ricostruzione genetica almeno di alcuni aspetti fondamentali del suo giovanile “personalismo ontologico”, interpretato dallo stesso filosofo – in età matura – come intrinsecamente (sia pure, all’epoca, inconsapevolmente) indirizzato verso la successiva “ontologia della libertà”. Sono stati oggetto del nostro studio anche i successivi passaggi (tra gli anni ’50 e gli anni ’60) in direzione di una sempre più marcata declinazione ontologica del problema della “libertà” – nonostante, proprio negli anni sessanta, Pareyson nutrisse anche un notevole interesse per la “fenomenologia dell’esperienza morale” (come dimostrano interpretare. Itinerari speculativi di Luigi Pareyson, CUEM, Catania, 1993; e cfr., pure,

A. Rosso, Ermeneutica della libertà. Studio sulla teoria dell’interpretazione di Luigi

Pareyson, Vita e Pensiero, Milano 1980.

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anche alcuni suoi Corsi universitari), poi decisamente abbandonata a favore della questione ontologica16.

Dopo il passaggio, ormai ben delineato, ad una concezione che identifica l’“essere” e la “libertà” (all’inizio degli anni ’70), e di poco successivamente all’elaborazione di una propria teoria ermeneutica – che, per ovvi motivi, non poteva costituire oggetto della nostra ricerca –, Pareyson inizia a meditare sulla problematica della “contraddizione” come elemento costitutivo della propria nascente “ontologia della libertà”. La nostra Tesi, dunque, si concentra in uno dei capitoli centrali, proprio sul Corso universitario (a.a. 1976/77) di Pareyson che documenta l’assunzione del concetto di “contraddizione” all’interno della sua ultima fase di pensiero. L’indagine è proseguita, pertanto, cercando di mettere a nudo – secondo la nostra ipotesi di lettura – gli intrecci tra quell’assunzione e l’elaborazione matura dell’ontologia della libertà, primo fra tutti quello relativo alla tesi dell’introduzione del “negativo” in Dio, inteso sia come “male” che come “nulla” (o “non essere”) originario, o “iniziale”. L’ultima parte del nostro lavoro, infine, ha affrontato proprio la questione cardine suscitata da quella introduzione del negativo nella divinità; vale a dire, non soltanto l’aspetto più squisitamente teoretico-logico dell’ammissione della “contraddizione” e del “paradosso” in Dio medesimo, bensì anche quello (me-ontologico) che attiene ad un darsi “inizio” da parte di Dio, considerato che Egli si dà anche nel e come quello stesso nulla da cui, nell’autooriginarsi, si autoestrae. La parte finale della ricerca ha voluto anche provare ad indagare la più abissale delle dimensioni teorizzate dalla meontologia pareysoniana: il “prima-di-Dio” del “Dio prima di Dio”, proponendone un’interpretazione alla luce sia dell’ammissione del paradosso interno a Dio, sia della descrizione di Dio medesimo come, appunto, “abisso” – che è una delle idee peculiari dell’ultimo Pareyson. All’interno di questa articolazione, abbiamo dovuto fare più volte riferimento alle fonti filosofiche classiche di Pareyson, durante lo svolgimento espositivo della sua dottrina. Un approfondimento delle relazioni concettuali con i filosofi principali che hanno influito sulla formazione della sua ontologia della libertà – compiuto entro il corpo della Tesi – avrebbe esteso ulteriormente e complicato pesantemente il già complesso e arduo filo del discorso, rischiando di farne smarrire, con lunghi

excursus, la linearità e chiarezza espositiva. Queste fonti sono, infatti:

Plotino, Kant, Schelling e Heidegger, in modo esplicito e diretto17; probabilmente in modo implicito e indiretto, secondo la nostra ipotesi interpretativa, anche Damascio18. Per questo motivo, abbiamo ritenuto più

16 È evidente che, nel nostro progetto di ricerca, non poteva costituire oggetto di indagine adeguato alle questioni da noi poste, tutta la fase del pensiero di Pareyson dedicata all’elaborazione della sua “teoria estetica”.

17 A questo elenco vanno aggiunti, com’è noto, anche Jaspers e Barth, che non abbiamo trattato in Appendici a parte, in quanto il confronto con il primo occupa buona parte del nostro Cap. I, dedicato all’originario “esistenzialismo personalistico” di Pareyson; mentre quello con il secondo è affrontato nel Cap. IV, all’interno del discorso di passaggio alla primigenia elaborazione di Pareyson della propria concezione del “nulla” come “male”.

18 A questo proposito, sarà bene avvertire che non abbiamo compiuto nessun tipo di ricerca di stampo filologico che potesse attestare un, più o meno indiretto, rapporto con la fonte damasciana, per esempio attraverso la mediazione di altri autori studiati da

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opportuno trattare il confronto con quei filosofi a parte, in alcune Appendici poste alla fine della Tesi. Tali Appendici si susseguono secondo un ordine che non ha alcun riferimento cronologico relativamente agli autori, bensì un ordine esclusivamente tematico.

Di conseguenza, secondo quest’ordine tematico di esposizione, l’Appendice I riguarda Kant, considerato che la parte centrale della Tesi discute il concetto di “nulla” come “male” (Cap. V); l’Appendice II si occupa di Plotino, in relazione all’accezione del “nulla” come “origine” o “inizio”, argomento trattato immediatamente di seguito nella Tesi (Cap. VI); l’Appendice III tenta un esame (non esaustivo, ovviamente) di quella che Pareyson stesso riconosce essere, a sua volta, una delle fonti fondamentali della protologia henologica plotiniana, e cioè la “prima ipotesi” del

Parmenide di Platone, cercando di individuarne alcuni nodi paradossali

collegabili all’aporetica pareysoniana stessa (ancora Cap. VI); la IV Appendice prova a saggiare un’ipotesi interpretativa che riguarda la dimensione abissale del “prima-di-Dio” (Cap. IX), ancor prima e al di là dell’“inizio” medesimo di Dio, rinvenendo delle possibili corrispondenze concettuali con la dottrina del “meta-principio” del neoplatonico Damascio (così che quel “prima di Dio” potrebbe esser concepito come un “meta-inizio”); la V Appendice, con i suoi temi inerenti la questione dell’“inizio” e dell’“autooriginazione divina” (Cap. VIII), affronta forse il più arduo dei confronti, quello con il tardo Schelling, sicuramente la fonte principale dell’ontologia della libertà di Pareyson; infine, la VI Appendice è dedicata a quello che può esser giudicato il “convitato di pietra” – per dir così – della filosofia di Pareyson, e cioè Heidegger, la cui influenza non può esser ascritta ad un solo periodo o ad un’unica fase di sviluppo del pensiero pareysoniano, giacché si estende di certo all’intera sua filosofia (forse, con la sola esclusione della fase “estetica” di Pareyson).

Queste Appendici, proprio perché tali, possono esser lette a parte o alla fine della Tesi; tuttavia, esse conservano un legame forte con i capitoli appena citati – entro cui trovano i riferimenti tematicamente più frequenti –, e, per questo, potrebbero anche esser lette di seguito a ciascuno di essi (con l’eccezione dell’Appendice relativa ad Heidegger, che riguarda l’intero lavoro).

3. Breve descrizione degli inediti di Pareyson.

Come già detto, per la nostra ricerca non ci siamo avvalsi soltanto delle opere edite di Pareyson e della letteratura critica secondaria, ma altresì di una notevole mole di materiale ancora inedito, conservato presso l’Archivio del Centro Studi Filosofico-religiosi “Luigi Pareyson” di Torino. Nell’Archivio sono presenti tutti i documenti che si riferiscono all’attività professionale di Luigi Pareyson, ossia le carte che riguardano l’attività didattico-accademica e di ricerca, dal 1933 al 1991, anno della sua

Pareyson (tipologia di ricerca che esulava dall’impostazione prevalentemente teoretica del nostro progetto). Abbiamo, invece, concentrato la nostra attenzione – come già detto – sugli aspetti più prettamente concettuali di un possibile confronto.

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scomparsa19. Questo materiale (in buona parte datato direttamente da Pareyson) era precedentemente ospitato presso la vecchia sede torinese del Centro Pareyson, in uno stato di buona conservazione, ma tuttavia privo di una vera e propria sistemazione secondo criteri archivistici moderni. In esso, nondimeno, erano già distinguibili alcune tipologie di documenti (manoscritti su taccuini e quaderni, dispense universitarie, bozze per la stampa, materiali preparatori per Convegni o per le lezioni). A questo materiale fu aggiunto, nel 1992 (dopo la morte del filosofo), anche un insieme di carte provenienti dall’abitazione di Rapallo, nonché da quella di Milano. Ulteriori carte vennero ritrovate nel 2003. Infine, nel 2013, durante un trasloco dei locali del Centro, furono rinvenuti altri documenti inediti. Dopo precedenti tentativi di riordino20, tutto il materiale è stato fatto oggetto di nuovo di schedatura secondo ulteriori criteri archivistici – in cui predomina, per esigenze di omogeneità, la numerazione in successione continua delle unità di raccolta in fascicolo –, a partire dal 201121.

Il risultato di questo intervento è la costituzione, a opera di Roberta Bussa e di Corinna Desole, di un vero e proprio Archivio contenente 967 unità, composte da fascicoli raccolti all’interno di carpettoni, datati sulla base dell’autografia del filosofo (laddove esistente). I fascicoli, a loro volta, contengono delle sotto-unità, titolate o direttamente da Pareyson, oppure dai curatori sulla base degli argomenti e dei temi trattati nelle carte al loro interno. Ovviamente, l’Archivio conserva anche tutte le opere edite (sono in corso di pubblicazione, tra l’altro, le Opere complete). La struttura dell’Archivio è, così, articolata in XIII Serie che raccolgono i documenti, distinguendoli a seconda che appartengano a materiale biografico, ad attività didattica, a convegni e conferenze, alla corrispondenza, ad appunti e spunti di riflessione, a materiali di preparazione, ad interviste o alle opere pubblicate. Tale sistemazione ha consentito, e consente tuttora, a tutti gli studiosi e ricercatori di poter consultare de visu gli scritti inediti del filosofo cuneese.

Per gli scopi della nostra ricerca, presso l’Archivio abbiamo consultato, fotografato ed esaminato una cospicua mole di materiale inedito, prevalentemente costituito da manoscritti su taccuini, quaderni e persino bigliettini singoli sparsi e raccolti dentro buste o nei fascicoli di appartenenza. Si tratta, talvolta, di appunti frutto di riflessioni ed elaborazioni private del filosofo, e altre volte di materiale preparatorio per i Corsi universitari, o per Convegni e Conferenze. Tutti i testi inediti da noi studiati o consultati sono elencati – con il relativo criterio archivistico adottato dall’Archivio del Centro Pareyson – in Bibliografia, alla quale rinviamo. In quella sede, si potrà notare che abbiamo selezionato volutamente il materiale preso in visione, per esigenze di ricerca,

19 Per la descrizione sommaria del materiale inedito di cui ci siamo occupati, facciamo riferimento alle informazioni contenute nell’Inventario dell’Archivio Pareyson, pubblicato sul sito internet del Centro Studi Filosofico-Religiosi “Luigi Pareyson”, di Torino.

20 Cfr. Bibliografia pareysoniana, a cura di Francesco Tomatis, ora in: Id., Pareyson. Vita, filosofia, bibliografia, Morcelliana, Brescia 2005.

21 Criterio che, tuttavia, continua a rispettare una suddivisione anche secondo la tipologia

qualitativa del materiale raccolto (vale a dire, per es.: quaderni, taccuini, foglietti

sparsi; oppure, riflessioni personali, appunti per pubblicazioni o conferenze, scritti per l’attività accademica, e così via); sebbene quest’ultima venga posta in sequenze ordinate che seguono sempre la tipologia di numerazione continua.

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indirizzando la nostra attenzione sui documenti riconducibili ai nuclei concettuali fondanti dell’“ontologia della libertà”, come quelli relativi alla nozione di “inizio” e di “scelta”, del “nulla” in Dio e della libertà come “fondamento infondato” dell’essere, della “contraddizione”, dei “paradossi” veri e propri che costituiscono quella dinamica abissale che Pareyson ha teorizzato nel concetto di “autooriginazione divina”.

Oltre al materiale inedito di Pareyson contenuto nei fascicoli appena elencati, abbiamo anche consultato e acquisito in fotografia diversi articoli di giornali e riviste di studi filosofici, con scritti rari e significativi di alcuni interpreti del filosofo cuneese, in occasione della commemorazione della sua morte (per es. articoli di Severino, Vitiello, Cacciari, Givone), conservati nell’Archivio.

Avvertiamo che, non di rado, Pareyson utilizzava questo materiale manoscritto – parzialmente, il più delle volte, e quasi sempre rielaborandolo – per le sue pubblicazioni. In rare occasioni, invece, l’appunto manoscritto viene riportato, grosso modo, così com’è in qualche scritto edito. Questo ci ha indotti a dover rivedere con attenzione se qualche testo della notevole quantità di materiale inedito da noi citato, non fosse già stato reso noto, per l’appunto in una pubblicazione del filosofo, così da farlo presente. Abbiamo, pertanto, cercato di evitare di presentare inavvertitamente i testi riportati come se fossero inediti, laddove essi erano, invece, già stati utilizzati – magari con qualche variazione nei termini o nella disposizione del discorso. Ma, in qualche caso, la nostra comunque scrupolosa cernita di quella che è risultata una mole enorme di manoscritti studiati e consultati, potrebbe non essere riuscita nell’intento; e, in tal caso, ce ne scusiamo.

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CAPITOLO I

IL PERSONALISMO ONTOLOGICO GIOVANILE DI

PAREYSON COME GENESI DELL’ONTOLOGIA DELLA

LIBERTÀ

La nostra ricerca ha un taglio prevalentemente teoretico. Ciò implica che la ricostruzione genetica del pensiero di Pareyson, pur conservando una notevole rilevanza storico-critica, assuma nel nostro discorso un ruolo non primario. Tuttavia, è opportuno non tralasciare di considerare il suo percorso filosofico giovanile, innanzitutto, per inquadrare in modo più completo la sua fase ultima, quella dell’ontologia della libertà; e, in secondo luogo, per affrontare anche il suo originario atteggiamento nei confronti del “paradosso” e della “contraddizione”, strutture categoriali che costituiscono uno degli oggetti specifici della nostra ricerca. Per tale motivo, nell’esporre una sinossi (comunque selettiva) del pensiero giovanile di Pareyson – limitatamente alla fase del cosiddetto “personalismo ontologico” –, concentreremo l’attenzione solo su alcuni dei suoi nuclei concettuali fondamentali che hanno avuto rilievo per l’elaborazione della sua ultima filosofia. In particolare, ci soffermeremo sulla questione specifica della nozione di “implicanza del positivo e del negativo”, elaborata da Karl Jaspers e fatta oggetto di critica da Pareyson fin dal suo primo lavoro sul filoso tedesco, del 1940.

Premettiamo che, nell’esporre i capisaldi della giovanile dottrina pareysoniana, seguiremo il criterio messo a punto dallo stesso filosofo cuneese nel delineare il proprio itinerario filosofico. Nell’Introduzione a

Esistenza e persona (edizione del 1985), Pareyson afferma che tutti i

concetti fondamentali della sua matura ontologia della libertà sono stati sostanzialmente prefigurati dalle nozioni elaborate nel periodo giovanile del personalismo ontologico, seppure in quel precedente periodo non potesse essere ancora ben chiara la direzione teoretica che tali nozioni avrebbero poi preso. Per Pareyson, il senso della direzione presa da una dottrina filosofica non può esser interpretato se non dalla posteriore sua elaborazione. È, cioè, lo sviluppo e la maturazione completa del concetto che spiega il significato di ciò che è solo abbozzato nello stadio primitivo del concetto stesso. Ecco le sue parole in proposito:

«in uno sviluppo vivente di pensiero non è lo stadio iniziale che contiene il significato degli stadi successivi, ma si verifica piuttosto l’inverso: spiegare il dopo con il prima è troppo riduttivo, mentre assai più illuminante e rivelativo è considerare il prima alla luce del dopo»22. Questo vuol dire che anche quei concetti che, più o meno palesemente, discordano rispetto alle nozioni della successiva dottrina, non possono che

22 Cfr. L. Pareyson, Esistenza e persona (d’ora in poi: EP), il melangolo, Torino 1985, pp. 25-26.

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essere interpretati secondo il senso di quest’ultima. È, pertanto, il nocciolo filosofico fondamentale della matura “ontologia della libertà” che dà senso alla concezione del giovanile “personalismo ontologico”. Solo per fare un esempio – relativo alla nozione di “inesauribilità” che sta alla base della dottrina, dell’ultimo Pareyson, della libertà come “abisso” –, occorre dire che questa nozione spiega quella precedente, relativa alla teoria dell’interpretazione della verità come processo infinito. Teoria che, a sua volta, dà il senso della primigenia concezione dell’“irrelatività nella relatività”, di cui parleremo più avanti. Così che «è appunto il posteriore concetto di inesauribilità che contiene il significato di quella teoria precedente, e non viceversa»23.

Ai fini del nostro discorso, tutto ciò ha una rilevanza enorme, poiché ci consente di interpretare la successiva “svolta” pareysoniana della metà degli anni ’70 (in cui egli apertamente accoglierà la contraddizione e il paradosso come costitutivi dell’essenza divina), come esplicativa del senso delle stesse nozioni giovanili. Intendiamo dire che quelle nozioni erano, “in nuce”, interpretabili come intrinsecamente predisposte ad accogliere la “contraddizione” e il “paradosso”, sebbene a quell’epoca Pareyson non avesse ancora tematizzato la questione della loro contraddittorietà e paradossalità (e, a dire il vero, nemmeno mostrasse alcuna inclinazione ad accogliere tali categorie nella propria filosofia). Essendo questa, in fondo, una delle ipotesi interpretative cruciali della ricerca, non vi indugiamo e ne rinviamo la discussione alla parte centrale e finale del lavoro. Ciò che, però, ci premeva era, appunto, avvertire preliminarmente di voler seguire il criterio ermeneutico che lo stesso Pareyson ha rivendicato per il proprio pensiero.

1. L’adesione ad un esistenzialismo in chiave personalistica.

In linea con tale criterio interpretativo, Pareyson non solo sostiene che la sua ultima ontologia della libertà vada prefigurata nel suo giovanile “esistenzialismo personalistico”, ma che essa sia in fondo una delle eredità teoriche più importanti (sia pure in abbozzo) dell’esistenzialismo in quanto

tale. Va puntualizzato che – come ora vedremo – per “esistenzialismo”

Pareyson intende soltanto le filosofie dell’esistenza di Jaspers, Heidegger, Marcel e Berdjaev (sono esclusi, quindi, tutti gli altri filosofi francesi denominatisi esistenzialisti, come per esempio Sartre). Questa convinzione ha fatto sì che, ancora nella metà degli anni ’70, Pareyson sentisse il desiderio di dichiararsi “esistenzialista”, com’è scritto nelle Rettifiche

sull’esistenzialismo (1975), poscritto a Esistenza e persona:

«queste le linee della problematica d’una “ontologia della libertà” che l’esistenzialismo ha affidato alla meditazione attuale, e in nome della quale io desidero proclamarmi esistenzialista»24.

23 Ivi, p. 26.

24 Ivi, p. 268. Sull’esistenzialismo di Pareyson vi è una cospicua letteratura. Segnalo, qui: C. Ciancio, Pareyson e l’esistenzialismo, in “Annuario Filosofico”, 14, 1998, pp. 449-462; F.P. Ciglia, A confronto con la filosofia dell’esistenza. Gli esordi filosofici di Luigi

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La tematica specifica dell’esistenza, e quella connessa dell’essere, non solo non impediscono al giovane Pareyson di dedicarsi anche alla problematica “personalistica”, ma a suo avviso costituiscono anzi il corretto presupposto da cui partire per elaborare una originale teoria della “persona”. Nel saggio Filosofia della persona, del 1958 (inserito anch’esso in EP), Pareyson sottolinea quanta importanza avesse per lui, in quello stesso periodo, la questione della “persona”, la quale non era affatto sconnessa, a suo giudizio, dalla problematica esistenzialistica propriamente detta. Infatti, egli, dopo aver ricordato ancora una volta che i suoi primi studi furono dedicati alla filosofia dell’esistenza (in particolare a Jaspers e a Marcel prima, e ad Heidegger poi), continua sostenendo che furono proprio questi autori della sua giovanile formazione a indurlo «a mettere al centro d’ogni [… sua] preoccupazione speculativa il problema e il concetto di “persona”»25.

E i temi della persona e dell’esistenza non riguardano una riflessione che investa soltanto il periodo giovanile, perché ad avviso di Pareyson, questi due temi dominano ancora “la situazione filosofica odierna”, come egli scrive, nella metà degli anni ’80, nell’Introduzione a EP. In questa

Introduzione, Pareyson traccia il suo percorso di formazione che, dal

personalismo ontologico, lo porterà all’ontologia della libertà, leggendo – come già anticipato – quello in funzione di questa, e non viceversa. Inoltre, enuclea e mette in evidenza quelli che secondo lui erano le nozioni fondamentali della sua giovanile concezione, distinguendo la propria posizione personalistica rispetto a tutte le altre filosofie personalistiche di matrice spiritualistica e idealistica, collegandola strettamente con le tesi fondamentali esistenzialistiche, e insistendo sulla necessità di interpretare quelle nozioni alla luce di quella che, in uno dei conclusivi paragrafi della suddetta Introduzione, egli denomina teoria dell’“abisso della libertà” o dell’“ambiguità originaria”.

Infine, in questa sua ricostruzione del proprio pensiero, non trascura di individuare quelle che secondo lui furono le distorsioni di una corretta teoria della persona (quale, ad esempio, la declinazione di questa teoria in chiave “esigenzialistica” e “assiologica”26, su cui torneremo più avanti). E

denuncia anche alcuni (propri) fraintendimenti interpretativi riguardo allo stesso esistenzialismo, per i quali egli rinvia al poscritto intitolato Rettifiche

sull’esistenzialismo27. Di tutto ciò ci occuperemo nel corso di questa prima

parte della Tesi, dedicata al pensiero del giovane Pareyson, e quindi non ci soffermiamo oltre, qui. Faremo, infatti, continuo riferimento a questa

Introduzione e alle Rettifiche – scritti così illuminanti e chiarificatori del

pensiero pareysoniano –, durante la discussione delle giovanili nozioni

Pareyson (1938-1946), in “Archivio di Filosofia”, 59, 1991, 1-3, pp. 339-405; A. Di

Natale, L. Pareyson e l’alternativa dell’esistenzialismo, Superstampa, Montesilvano 1981; M. Gensabella Furnari, Il nuovo esistenzialismo di Luigi Pareyson, in “Segni e comprensione”, 5, 1988, pp. 56-68; V. Verra, Luigi Pareyson, maestro

dell’esistenzialismo, in “Bollettino della Società Filosofica Italiana”, 144, 1991, pp.

11-13. 25 EP, p. 213. 26 Cfr. ivi, pp. 21-23. 27 Cfr. ivi, p. 16.

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fondamentali, contenute nei saggi inclusi in EP e in un lavoro molto interessante del 1970, Essere e libertà; il quale è, in parte, una rielaborazione di un Corso universitario dello stesso anno e, in parte, una integrazione del saggio Situazione e libertà, presente in una delle riedizioni (quella del 1966) di EP.

Per il momento, ci preme affrontare il più antico volume di Pareyson, dedicato all’esistenzialismo di Jaspers, uscito nel 1940 e rielaborazione della sua Tesi di laurea del 1939. Si tratta di un documento estremamente interessante perché ci permette di analizzare i nuclei fondanti della adesione pareysoniana all’esistenzialismo, e, inoltre, il concetto jaspersiano di “implicanza di positivo e negativo” – essenziale per il nostro discorso sul problema della contraddizione e del paradosso. Cercheremo, pertanto, di individuare alcuni snodi fondamentali dell’articolazione teoretica di Pareyson, che dal personalismo ontologico arriva fino all’ontologia della libertà; e che, pur non considerati originariamente da lui come strutturati in senso contraddittorio-paradossale, siamo convinti possano essere ripensati proprio in questo senso. Tali nuclei ruotano attorno ai concetti di 1) “persona” come “coincidenza di autorelazione ed eterorelazione”, 2) “irrelatività nella relatività”, 3) “iniziativa iniziata”, 4) nesso inscindibile di essere e libertà. Essi nascono all’interno del fecondo rapporto che Pareyson intrattenne con l’esistenzialismo e con il personalismo. Per tale motivo, è opportuno soffermarsi anzitutto sull’interpretazione critica che il filosofo cuneese diede dell’esistenzialismo e, soprattutto, della concezione di Jaspers, entro la quale gioca un ruolo fondamentale il concetto di “implicanza di positivo e negativo”.

1.1. La “metafisica della tautologia” e l’“implicanza di positivo e

negativo” in Jaspers.

1.1.1. Inquadramento nel complessivo itinerario filosofico di

Pareyson. Prima di iniziare con l’esame di alcune tesi di questo scritto, è opportuno considerare ciò che Pareyson scrive nella Premessa al libro nell’edizione del 1983, sempre in adesione a quel criterio di cui abbiamo già detto. Egli afferma che nella sua giovanile opera mosse una critica alla filosofia di Jaspers, responsabile di non aver coerentemente portato a termine una autentica teoria della “libertà” e della “persona”, pur partendo dall’esigenza di fondare una concezione dell’“esistenza” come “libertà”. E, proprio in riferimento alla nozione (barthiana e jaspersiana, ma di origine kierkegaardiana) di “implicanza di positivo e negativo”, egli chiarisce che la sua critica giovanile non fu tanto rivolta a questa nozione, quanto appunto alla impostazione jaspersiana della teoria della libertà, che comportava l’impossibilità di formulare un’adeguata idea della persona. Pareyson riferisce, infatti, della

«critica piuttosto serrata e insistente che mossi al pensiero jaspersiano, non tanto riguardo a quella che chiamavo l’“implicanza di positivo e negativo” – punto che ancor oggi mi sembra felice sia perché svela un

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residuo cripto-hegeliano nel pensiero esistenzialistico, sia perché reclama una “possibilizzazione” (non trascendentalistica!) e una “dialettica dell’incommemsurabilità” – quanto riguardo ai concetti di persona e libertà»28.

Questa precisazione è, a nostro avviso, della massima importanza giacché permette di comprendere che il concetto di implicazione dei due opposti contraddittori (il positivo e il negativo) non sarebbe, di per sé, da rigettare – se non fosse che, inserito all’interno della filosofia dell’esistenza jaspersiana, esso assume connotazioni che conducono ad una prospettiva teoretica “necessitaristica” e addirittura “tautologica”, finendo sostanzialmente per risultare un concetto dai tratti non riconducibili né alla contraddizione né al paradosso, propriamente intesi (e accettati da Pareyson nella fase ultima del suo pensiero). È quello che proveremo a mostrare nelle prossime pagine.

Innanzitutto, è da osservare attentamente qui che Pareyson giudica il ricorso a tale concetto come un “residuo cripto-hegeliano”. Vedremo, più avanti, che Pareyson considerava la dialettica hegeliana come una dialettica che, pur fondando il percorso dell’“idea” sulla contraddizione, alla fine “supera” la contraddizione stessa, nel senso (almeno nell’interpretazione di Pareyson) che la elimina29. Di contro, egli sosterrà una “nuova dialettica” che non ricorre affatto al superamento o all’eliminazione della contraddizione. Alla luce di ciò, la sottolineatura del carattere “cripto-hegeliano” del concetto di implicanza fa ben capire che, a giudizio di Pareyson, esso, così come avverrebbe nella dialettica di Hegel, non conserva al suo interno alcuna contraddizione. Anzi – come appureremo –, si svela come necessaria “identità” o “tautologia”, vale a dire come un concetto che esclude di per sé la congiunzione (logica) della propria affermazione e della propria negazione, qual è per l’appunto la contraddizione.

Inoltre, in questo luogo Pareyson sostiene che quel concetto di “implicanza” precisamente “reclama” una “dialettica dell’incommensurabilità”30, che – vedremo anche questo – è un tipo di dialettica esattamente opposta alla dialettica di tipo hegeliano, nel senso che, contrariamente a quest’ultima che ha la pretesa di voler eliminare la contraddizione, quella dell’incommensurabilità mantiene insoluti la

28 L. Pareyson, Karl Jaspers, Marietti, Casale Monferrato 1983 (titolo originale: La

filosofia dell'esistenza e Carlo Jaspers, Loffredo, Napoli 1940) (d’ora in poi: KJ), p.

XX. Pareyson cita dalla versione originale dell’opera di Jaspers, e cioè da: K. Jaspers,

Philosophie I-III, Springer, Berlin 1932, trad.it. a cura di U. Galimberti, Filosofia,

UTET, Torino 1978 (d’ora in poi: Phil., seguito dal numero del volume e dal numero di pagina, così come riportati da Pareyson).

29 Avremo modo, nel nostro Cap. VII, di tornare su questo punto, mostrando che l’interpretazione pareysoniana dellAufhebung come “risoluzione-eliminazione” della contraddizione è, a nostro giudizio, insostenibile. Ma ciò che conta, qui, è per l’appunto sottolineare che Pareyson, contrariamente a quanto credeva avvenisse nella dialettica di Hegel (e cioè: il superamento della contraddizione nella sintesi), sosteneva invece il

mantenimento della contraddizione insolubile come verità in Dio stesso.

30 Già nella Premessa alla 1^ edizione del 1940, Pareyson propone questa nuova prospettiva dialettica: «la ricerca che segue (…) di contro alla dialettica dell’implicanza, propone la dialettica dell’incommensurabilità» (ivi, p. XXXIII).

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contraddizione e il paradosso, nella forma di una “compresenza non mediata” di opposti.

Questa dialettica, del resto, si ricollega essenzialmente con la tematica del “negativo”, ininterrottamente presente nella meditazione pareysoniana. Sempre nella medesima Premessa del 1983 al libro su Jaspers, il filosofo cuneese ricorda: «tutto il mio itinerario intellettuale è caratterizzato da una sempre maggiore attenzione al problema del negativo, sia esso il male o l’errore o la sofferenza»31. L’interesse per la questione del negativo che,

stando alle stesse parole di Pareyson, è stato sempre presente nella sua riflessione, e quindi anche nel suo periodo giovanile, non consente di lasciare spazio ad ipotesi interpretative che leggano la sua originaria filosofia come pacificante conciliazione del dissidio radicale che vede fronteggiarsi gli opposti nell’esistenza. Già quest’aspetto potrebbe bastare per ritenere la critica pareysoniana all’“implicanza di positivo e negativo” non tanto come rigetto del loro contrapporsi contraddittorio e inconciliabile, quanto piuttosto come rifiuto della loro riduzione ad un’identità necessaria, che risolva il loro conflitto con l’accettazione dell'amor fati, da parte del singolo.

D’altra parte, seguendo il criterio dell’interpretare il prima alla luce del dopo, Pareyson spiega che quell’itinerario costantemente rivolto al problema del negativo, lo condusse «in una duplice direzione: verso una concezione della libertà non positiva di per sé, ma illimitata, e quindi libera anche di negarsi (…) e verso il riconoscimento d’impulsi profondi di autodistruzione, che possono essere più potenti della stessa prepotente volontà di affermazione»32. Lo condusse, cioè, là dove il filosofo cuneese

coglie il nucleo profondo più importante della sua ultima riflessione, e cioè al tema della libertà originaria e originariamente “ambigua”, nella quale il negativo ha una funzione assolutamente ineliminabile. Non a caso, nello stesso luogo, Pareyson precisa che il negativo presente nella libertà ha una funzione così radicale da giungere persino al vero e proprio “tradimento dell’essere”. Gli opposti, ossia il “negativo” e il “positivo”, sono così costitutivi della libertà originaria che essi sono «inseparabili dalla realtà di per sé stessa, percorsa non più da un’ansia di vita che da un istinto di morte»33. Pareyson giunge qui ad una formulazione che ha un’aria, per così

dire, freudiana, nel senso che gli opposti costitutivi dell’esistenza stessa sono proprio ciò che, filosoficamente, corrisponde alla “volontà di essere” e alla “volontà di non essere”. Il ricorso alla locuzione correlativa “non più da … che da”, usata da Pareyson, a noi pare suggerire che la relazione di unità-conflitto fra quei due opposti possa andar pensata come una sorta di “indifferenza” (e, insieme, di non-indifferenza – per via della reciproca inconciliabilità) fra essi, anche nella stessa esistenza e nell’essere in quanto tale.

Dobbiamo convenire sul fatto che una lettura simile rimane, tuttavia, controversa, per il motivo che il Pareyson maturo non predilesse mai (per quanto ne sappiamo – seppure vi sia qualche eccezione, che documenteremo nei Cap. VII e IX) il termine “indifferenza” per indicare la libertà originaria

31 Ivi, p. XIX. 32 Ibid.. 33 Ibid. (c. m.).

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