OGGETTI E SOGGETTI
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OGGETTI E SOGGETTI
L’oggetto e il soggetto sono i due poli che strutturano la rela- zione critica secondo Starobinski. Il critico individua l’oggetto da interpretare e in qualche modo lo costruisce, ma lo rispetta nella sua storicità e non può farne un pretesto per creare un altro discorso in cui la voce dell’interprete copre la voce dell’o- pera. Ma d’altro canto egli non si limita a parafrasare l’opera né ad identificarsi con essa, ma tiene l’oggetto alla distanza giusta perché la lettura critica produca una conoscenza nuova.
In questa collana si pubblicheranno contributi articolati sulla distinzione e sulla relazione tra gli « oggetti » e i « soggetti », ossia fra il testo dell’opera o delle opere e la soggettività degli studiosi.
L’indice dei nomi è a cura di Alice Pizzocaro.
Carlo Capra La felicità per tutti
Figure e temi dell’Illuminismo lombardo
Aracne editrice
www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it
Copyright © MMXVII
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
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via Vittorio Veneto,20 00020 Canterano (RM)
(06) 45551463 isbn 978-88-548-9644-4
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I edizione: aprile2017
Indice
9 Introduzione 27 Abbreviazioni e sigle
Parte I
31 Capitolo I
L’Accademia dei Pugni e la società lombarda 53 Capitolo II
Da Milano a Parigi e ritorno. I difficili rapporti tra Becca- ria e i Verri
75 Capitolo III
Cesare Beccaria e l’Europa. Spunti e motivi dal carteggio 95 Capitolo IV
Cesare Beccaria funzionario e l’evoluzione delle sue idee 115 Capitolo V
Vizi privati e pubblici vantaggi in un saggio inedito di Alfonso Longo
129 Capitolo VI
Paolo Frisi e le riforme ecclesiastiche
7
8 Indice
149 Capitolo VII
Echi di Rousseau in Lombardia (Giuseppe Cauzzi e Carlo Mozzoni)
Parte II 173 Capitolo VIII
Il carteggio tra Pietro e Alessandro Verri (1766–1797) 189 Capitolo IX
Pietro Verri e il “genio della lettura”
229 Capitolo X
«L’opinione regina del mondo». Percorsi dell’evoluzione politica e intellettuale di Pietro Verri
255 Capitolo XI
Pietro Verri storico di Milano 271 Capitolo XII
La felicità per tutti. Filangieri e l’ultimo Verri 291 Capitolo XIII
Costituzione e proprietà in Lombardia. Alle origini del moderatismo e del democratismo
309 Capitolo XIV
Pietro Verri e la Rivoluzione francese 327 Capitolo XV
Un allievo dei Lumi lombardi. Giuseppe Gorani dal “vero dispotismo” alla costituzione repubblicana
349 Bibliografia 373 Indice dei nomi
Introduzione
1. Nella mia ormai cinquantennale attività di studioso di cose settecentesche, l’interesse per la storia delle idee e per le per- sonalità dei riformatori lombardi si è sviluppato piuttosto tardi, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. In precedenza, la conoscenza degli scritti non solo di Pietro Verri e Cesare Beccaria, ma anche degli altri altri autori lombardi del secolo xviii, ascrivibili o no alla stagione dei Lumi, era stata per me funzionale allo studio delle istituzioni e delle classi dirigenti in Lombardia nell’età delle riforme e nel periodo rivoluzionario e napoleonico. Non si può dire che tali tematiche occupassero il centro della scena negli anni Sessanta del secolo scorso, quando io mi affacciai agli studi storici sotto la guida di Marino Berengo.
Come ha ricordato Mario Mirri in una ampia e densa ricogni- zione della storiografia italiana sul secoloxviii1, quest’ultima era allora egemonizzata da due grandi tendenze: la prima si era affermata «all’interno di un più vasto e ambizioso tentativo di ricostituire una tradizione di studi ispirata al “materialismo storico”» e si proponeva di indagare le strutture economiche, in particolare le condizioni dell’agricoltura, e le sue proiezioni sociali; e sarà sufficiente evocare in proposito i lavori di Alberto Caracciolo, Mario Mirri, Giorgio Giorgetti, Renato Zangheri, Bruno Caizzi, Luciano Cafagna, Corrado Vivanti, Marino Be- rengo, Rosario Villari, Pasquale Villani, ma anche di studiosi estranei a quelle coordinate ideologiche come Rosario Romeo, Mario Romani, Sergio Zaninelli. La seconda tendenza appariva
1. Mirri, Dalla storia dei “Lumi” e delle “riforme” alla storia degli antichi stati italiani, in Pompeo Neri. Atti del colloquio di studi di Castelfiorentino (6–7 maggio 1788), a cura di A. Fratoianni e M. Verga, Castelfiorentino, Società Storica della Valdelsa, 1992, pp. 401–540.
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invece «come una scelta di “storia delle idee”» e si identificava
«con una interpretazione, se si può dir così, illuministica del Settecento: nel duplice senso, tanto di una interpretazione del Settecento tutta in chiave illuministica, quanto di una conce- zione “illuministica” del ruolo degli “intellettuali” in rapporto alla politica e in rapporto allo sviluppo storico»2. Mirri cita in relazione a questa seconda corrente i nomi di Giarrizzo e di Diaz, ma mostra poi come la lenta sostituzione della sua egemonia a quella della prima, divenuta percepibile a partire dagli anni Settanta, sia stata legata soprattutto allo straordinario e instancabile lavoro di scavo compiuto nel nostro Settecen- to da Franco Venturi, a partire dalla monografia su Alberto Radicati di Passerano (e prima ancora da quella su Francesco Dalmazzo Vasco) e dalla celebre relazione programmatica te- nuta al Congresso di storia del Risorgimento del 1953: basti ricordare la serie ricciardiana degli Illuministi italiani e i volumi che compongono il grande affresco del Settecento riformatore.
A questo filone, coltivato naturalmente anche dagli allievi di Venturi (Torcellan, Ricuperati, Guerci, Tortarolo) oltreché dagli specialisti di storia del pensiero filosofico, scientifico, giuridico, economico) si collegava anche la mia giovanile monografia (1968) vertente su un giornalista fiorentino vissuto a cavallo tra Sette e Ottocento, Giovanni Ristori.
2. Intorno al 1970, tuttavia, un altro filone di studi nettamente diversificato da entrambe le tendenze finora richiamate veniva a complicare il quadro degli studi sul Settecento, anzi, per la verità, dell’intera storia dell’età moderna. Tra il1971 e il 1974 uscivano presso Il Mulino di Bologna tre volumi di saggi, tutti di autori stranieri, intitolati Lo Stato moderno, a cura di Ettore Rotelli e Pierangelo Schiera, due studiosi provenienti dalle fa- coltà giuridiche e impegnati nell’insegnamento universitario della Storia delle dottrine politiche e di quella delle istituzio-
2. Mirri, Dalla storia dei “Lumi”, p. 478.
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ni3. Fu per questa via che Maravall e Vicens Vives, Oestreich e Gerhard, Neale e Russell Major, Aylmer e Elton, Hintze e Böc- kenförde, Mousnier e Mandrou divennero nomi familiari per i modernisti della mia generazione e che la problematica dello Stato moderno, delle varie fasi del suo sviluppo, del suo rappor- to con la giustizia, la guerra e le finanze, della formazione delle burocrazie si impose alla nostra attenzione, rivalutando anche i non insignificanti contributi che la storiografia italiana aveva dato a quella problematica, da Anzilotti a Volpe, da Ercole a Cha- bod. È vero che l’antologia di Rotelli e Schiera si fermava prima del secoloxviii, ma tale soglia era varcata pochi anni dopo da un’altra raccolta di saggi introdotta e curata da Aurelio Musi4, e da allora non si contano le monografie, i saggi, le rassegne, le opere collettive vertenti sullo Stato moderno dai suoi albori tra xiii e xiv secolo alla piena maturità raggiunta nel xix5. Di questa rinnovata attenzione per la storia politico–istituzionale e speci- ficamente per i processi di statualizzazione hanno largamente beneficiato anche gli stati italiani preunitari6. Il “farsi stato” del- le diverse formazioni politiche che componevano il mosaico italiano era ormai indagato non solo in chiave costituzionale, ma sotto il profilo dell’amministrazione, cui venne dedicata una grossa raccolta di contributi nei Quaderni dell’I.S.A.P. (Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica) diretti da Ettore
3. Lo Stato moderno. i. Dal Medioevo all’età moderna, Bologna, Il Mulino, 1971; ii, Principi e ceti, ivi,1973; iii. Accentramento e rivolte, ivi, 1974, tutti e tre a cura di Ettore Rotelli e Pierangelo Schiera.
4. Stato e pubblica amministrazione nell’Ancien Régime, a cura di Aurelio Musi, Napoli, Guida,1979.
5. Solo a titolo di esempio si cita la monumentale raccolta di studi promossa dalla European Science Foundation dedicata a The Origins of the Modern State in Europe,13th to 19th century 1800 cass., 7 volumi, Oxford, Oxford University Press e pubblicata anche in francese.
6. Basti ricordare i primi quattro volumi, curati da Gabriella Rossetti, Giorgio Chittolini, Elena Fasano Guarini, Nicola Raponi, della serie di cinque edita dal Mulino tra1975 e 1981 col titolo collettivo Istituzioni e società nella storia d’Italia, e la pubblicazione degli atti di un convegno internazionale tenuto a Chicago, Origini dello Stato. Processi di formazione statale in Italia tra Medioevo ed età moderna, a cura di Giorgio Chittolini, Anthony Molho, Pierangelo Schiera, Bologna, Il Mulino,1994.
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Rotelli7. È curioso che proprio il curatore della prima parte di questa raccolta, Cesare Mozzarelli, prendesse fin dal titolo (L’Italia d’antico regime: l’amministrazione prima dello Stato) le distanze dal paradigma statalista cui restava fedele il curatore generale Rotelli e proclamasse apertis verbis «che lo stesso pro- getto di leggere la storia europea come storia dello sviluppo dello Stato moderno entra in crisi, e correlativamente, come abbiamo detto, cedono le categorie statali con le quali si era- no lette le funzioni di cosiddetta pubblica amministrazione»8, costringendo il curatore generale dell’opera, Ettore Rotelli, a entrare in polemica con lui e a dichiarare a sua volta:
Non si può descrivere la storia moderna come sviluppo progressivo, lineare e coerente delle istituzioni verso l’esito finale dello Stato moderno, ma non si può nemmeno tracciarne un encefalogramma piatto fra Cinquecento e Settecento per scoprire che nel1789 nuovi criteri di legittimazione del potere politico capovolgono all’improv- viso ogni cosa facendo diventare Stato tutto quello che fino a un momento prima era soltanto società e potere della società.9
Non è il caso di seguire qui gli sviluppi successivi di questa controversia intorno allo “Stato moderno”, che se da un lato ha visto ingrossarsi la schiera dei critici di tale concetto con l’entra- ta in lizza, tra gli altri, dei cultori della microstoria, dall’altro lato ha registrato l’intervento di storici e sociologi convinti della opportunità di bringing the State back in nella considerazione della storia politica, economica, sociale dell’Europa nella prima età moderna10. È tempo piuttosto di occuparci più da vicino
7. L’amministrazione nella storia moderna, Archivio dell’I.S.A.P., nuova serie, n. 3, Milano, Giuffrè, 1985.
8. L’amministrazione nella storia moderna, p. 12.
9. L’amministrazione nella storia moderna, p. xxiii.
10. Mi sia consentito rinviare al mio contributo, Governance, a The Oxford Hand- book of Early Modern European History,1350–1750, vol. ii, Cultures and Power, ed. by Hamish Scott, Oxford, Oxford University Press, 2015, pp. 478–511. La vitalità del con- cetto di stato moderno (o pre–moderno) si desume anche in Italia da numerosi lavori recenti, tra cui Gian Giacomo Ortu, Lo Stato moderno. Profili storici, Roma–Bari, Laterza,2001; Stato moderno in Europa. Istituzioni e diritto, a cura di Maurizio Fiora-
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del caso lombardo e di cercare di illustrare sommariamente al lettore la genesi e i caratteri dei saggi che seguono.
3. Significativamente, proprio negli anni Settanta in cui si affer- mava in Italia la nuova storia istituzionale e costituzionale, pren- deva l’avvio la grande impresa storiografica diretta da Giuseppe Galasso per la casa editrice UTET, una nuova Storia d’Italia pre- vista in23 volumi, che a partire dal Rinascimento presentava una serie di volumi dedicati ai singoli stati regionali e che a differenza della Storia d’Italia Einaudi era connotata dalla pre- valente attenzione dedicata agli sviluppi politico–istituzionali, secondo la prospettiva delineata da Galasso in una monografia del197411. Frutto di vari anni di lavoro, nel1984 usciva il volume xi, sul Ducato di Milano dal 1535 al 1796, in cui l’età spagnola era trattata da Domenico Sella mentre del Settecento austriaco ero io a dovermi occupare. Ero ben consapevole, nell’accingermi all’opera, di non muovermi su un terreno vergine, ma anzi già largamente arato dagli studi precedenti, che, a prescindere dai precedenti ottocenteschi, si potevano dividere in due fasi abbastanza nettamente distinte: nei primi decenni del secoloxx due grandi storici ascrivibili alla scuola economico–giuridica, Carlo Invernizzi e Salvatore Pugliese, avevano tracciato il primo un diagramma notevole e ben documentato (per la prima volta anche sulla base delle fonti viennesi!) del riformismo asburgico sotto Maria Teresa, il secondo un quadro assai ricco e circostan- ziato delle Condizioni economiche e finanziarie della Lombardia nella prima metà del secoloxviii, soffermantesi non solo sulla distribuzione della proprietà e della popolazione e sulle attivi- tà economiche, ma anche sulle magistrature e sugli organi di governo centrali e periferici, e poi sulle istituzioni finanziarie e sulle varie forme di imposizione, sull’andamento delle entra- te e delle spese, con scrupolosità paragonabile a quella di cui
vanti, Roma–Bari, Laterza, 2004; Luigi Blanco (a cura di), Dottrine e istituzioni in Occidente, Bologna, Il Mulino,2011.
11. Potere e istituzioni in Italia. Dalla caduta dell’Impero romano a oggi, Torino, Einaudi,1974.
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aveva dato prova Luigi Einaudi nel grande libro sulle finanze sabaude nell’età di Vittorio Amedeoii. Su questa solida base (con l’avvertenza che si sono volutamente trascurati i meno importanti apporti costituiti dalle note opere di Ettore Rota, L’Austria in Lombardia e la preparazione del movimento democratico cisalpino,1911, e di Carlo Morandi, Idee e formazioni politiche in Lombardia dal1748 al 1814, rispettivamente del 1911 e del 1927), e con un più ricco bagaglio di conoscenze della storiografia europea, nei primi anni Trenta Franco Valsecchi costruiva la sua ampia analisi in due volumi de L’assolutismo illuminato in Austria e in Lombardia, di cui non a torto Ettore Rotelli e Mario Mirri, da diversi punti di vista, hanno sottolineato la vastità di orizzonti e l’adozione di un approccio di tipo istituzionale e
“costituzionale”12.
Fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del Novecento si collocano i numerosi lavori di Carlo Antonio Vianello, che oltre a pubblicare importanti fonti inedite rivolse la sua attenzione alla vita culturale sia nei maggiori protagonisti (Parini, Beccaria, Verri, Carli) sia nelle sue forme associative (l’Accademia dei Trasformati, la Società Patriotica), indulgendo spesso all’aned- dotica ma arricchendo notevolmente la massa delle conoscen- ze. Basta tuttavia confrontare le pur meritorie pubblicazioni di Vianello con le pagine dedicate agli illuministi lombardi ne Il pensiero politico italiano dal1700 al 1870 di Luigi Salvatorelli (1935) o con la biografia di Pietro Verri pubblicata da Nino Valeri nel 1937 per verificare il salto di qualità che separa una storiografia intrisa di umori nazionalistici quando non municipalistici dallo sguardo europeo e dalla tensione democratica di queste opere, che preludevano alla feconda stagione del secondo dopoguerra.
A questi precedenti, e ancor prima alla tradizione gobettiana, si può ricollegare infatti la “rivalutazione” del Settecento riforma-
12. Ettore Rotelli, Fra Stato nazionale e Stato moderno: storia della storiografia sulle riforme lombarde del Settecento, in Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa, a cura di A. De Maddalena, E. Rotelli, G. Barbarisi, vol.iii, Istituzioni e società, Bologna, Il Mulino,1982, pp. 41–51; Mirri, Dalla storia dei “Lumi”, pp.433–443.
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tore operata dopo il1950 da Franco Venturi e da altri studiosi dell’illuminismo lombardo, tra i quali merita ricordare anche gli studiosi della letteratura, come Mario Fubini, Giuseppe Pe- tronio, Sergio Romagnoli. I tre volumi, pubblicati dal Mulino nel1982, in cui sono raccolti i testi delle relazioni presentate nei convegni promossi dalla Regione Lombardia a Mantova, a Milano e a Pavia in occasione del bicentenario dalla morte di Maria Teresa offrono un panorama quanto mai ricco e va- riegato dello stato degli studi su quel quarantennio di regno nei vari settori: il volume I, dedicato alla storia economica, fa largo spazio ai contributi dei docenti dell’Università Cattolica, cresciuti alla scuola di Mario Romani e poi di Sergio Zaninelli;
il secondo volume, sottotitolato Cultura e società, spazia dall’il- luminismo lombardo, illustrato nei suoi protagonisti maggiori e minori e nei suoi frutti principali, agli sviluppi in campo filo- sofico e scientifico, dalle arti figurative e dalla musica alla vita religiosa; il terzo, forse il più organico e il più ricco di nuovi apporti documentari e interpretativi, trattava delle istituzioni e delle riforme attuate nella direzione viennese dello stato e negli organi di governo lombardi, nella politica ecclesiastica e nel sistema giudiziario, nella pubblica istruzione e nell’assi- stenza, nelle finanze e nell’annona, nella pubblica istruzione e nell’assistenza.
4. Indebolitasi la presenza della storiografia economico–sociale di ispirazione marxista a cui sopra si è accennato, nei primi anni Ottanta si fronteggiavano ormai negli studi sul nostro Settecento la storiografia “illuministica” alla Venturi e la corrente politi- co–istituzionale rappresentata dall’antologia di Rotelli–Schiera.
Pur sensibile alle suggestioni della prima, io mi sentivo allora più vicino alla seconda, e in un ampio articolo pubblicato sulla
“Rivista storica italiana”, proprio la rivista diretta da Franco Ven- turi, non esitavo a esprimere qualche rispettosa riserva circa un approccio che sembrava sacrificare le riforme ai riformatori e porre decisamente l’accento sulla genesi e lo sviluppo delle idee piuttosto che sulle vicende della loro traduzione in atto: