PRIMO RAPPORTO
DELLE
OSSERVAZIONI PARTICOLARI
notate nella
I
DEL
y
DOTTOR GIOVANNI GORGONE
rilOFESSOIlE DI
ANATOMIA NELLA
R.UNIVERSITÀ’
DEGLI STUDI
DIPALERMO
LETTO ^ELL’ACClDEM^A DELLE SCIBMZE MEDICHE NELLA TORNATA DEL ay MARZO l83a.
PALERMO
STAMPERIA PEDONE E MURATORI
MDCCCXXXII
Ars medica Iota in observalioni bus.
IloFFM AHSVS.
Per expcricnliaiTi ars et scicntia boininil)US cflicitur,
per incxpericutiain vero fortuna.
jÌHISTOTULES.
PRIMO RAPPORTO
DELLE
OSSERVAZIONI PARTICOLARI
NOTATE nella
CLINICA CHIRURGICA
DEL DOTTOR
GIOVANNI GORGONE
Obbietto
principale della nostra società è stato e saramai,
ornatissimi colleghi, l’osservazione clinica,come quel-
la,
che
per esperienza il sapete,forma
base allamedi-
cina.
E
divero
i filiti e le osservazioni riunite,sono per
l’arte nostra
come
gli assiomiper
le scienze astratte , equando
la natura nellanatura
istessa si studia, allora spiegar si
ponno
dirittamente ifenomeni
,onde
i libri d’Ippocraleperchè
sull’esperienza fondatisono
statiper
lo addietro in
gran preggio
, e
quai
veri codici della scienzapur
sarannoeternamente
salutati e in onore.Ed
oh
!quanto
sarebbe a desiderare,
che
su queste basi lepiu
certe e sicure,l’orma
stampassero lutti i cultori dellemediche
discipline!Uno
per tutti sarebbe allora il siste-ma
, e levane
ipotesi e i deliri de’ teoretici simarche-
rebbero solocome
errori dell’arte, e forse forsenon più avrebbero
luogo.Debito intanto di ogni socio io estimo il
render conto
a questa cospicuaadunanza,
dei falli particolariaccada-
4
tineireserclzio pratico della nostra professione, e ciò
non per bramosia
di gloria, alla ([iiale difllcilinenle si ago- gna,nè
per privato interesseche
la disdecoro ed avvi- liscej
ma
all'uopo soltanto d’istruirciscambievolmente
,
e se fia possibile di sospingerci a gara e ad utile
emu-
lazione
, giacche de’
fenomeni
osservalidando
ciascunola sua spiegazione
può
allora, al dir delVacca, emer-
gere dal conflitto delle opinioni luce bastante a diluci- dare la verith.Che
se altra volta v’intertenni, pregiatissimi socii, so- pra scientillcoargomento, non mi
negherete oggi la vo- stra attenzione, nel farvi il rendiconto delle particolari os- servazioniche
dal1826 (iucominciamento
delmio
eserci- zio) a questo giorno,ho
io verificate nellamia
pratica chirurgica.E siccome
ciascungruppo
di fattiva
corre- dato di brevissime riflessioni, per ciò stessomi
avviso di palesarvicome
in tanti articoli separati le dottrineche
a preferenza di altre io abbraccio,e quali sienoi miei sfor- zionde
fra gli ostacoliche
giornalmente s’incontrano,
guidar l’arte fra noi a perfezione maggiore.
E
questo ilnobile scopo cui tender degiono gli sforzi nostri riuniti, e per cui solo
può
questo lodevolissimo Istituto venire infama
ed inrinomanza
fra le più colte nazioni diEu-
ropa.
Art. 1 Ernie.
Tra
le svariate operazioni di alta chi- rurgia, quella deU’ernia incarcerata reputo senza fallo lapiù
difficile e la più delicata.In
essa èsempre nuovo
ogni caso, e per le tante e diverse complicazioni che ac-compagnar
sogliono ilmale
, e perchè spesso è del ge- nio e dell’esperienza del chirurgo il saper sul
momento
adattare a questa i differenti metodi curativi. Io tra le
molte
cheho
fatte, credo le più singolari quelle in per- sona diGiovanni
Argento, didonna Francesca
Guaiani,5
delP. Glan-Francesco ex Provinciale
de' Teresiani tuttie tre
da Palermo,
e diCarmela Perez da Napoli.
Nell’infermo
Argento,
di anni70^
di condizione ma-*vinaio e di
temperamento sanguigno
, ì'ernia inguinale (oschio euterocele) cronica
da
quasianni
3o’,ed
incar*- ceratada
tre giorni, fuda me,
coU’assistenza del dottor Lazzaretto, operata in questoSpedale Grande
il di4
uiag-*gio
1828
alle ore i3 d’Italia, e ciò
perchè
ifenomeni
gib sviluppatifacean
sospettare dicancrena
sedìfferivasiroperazione
aldomani. Non
offrirò gl’ihvolucri dell’er- niache
quelle degenerazioni solile rinvenirsi ne’ casi di cronicismo: dal collo del sacco e dall’anello eraforma-
to lo strozzamento:
tumor duro
nerastro ecome
cartila- gineo rimarcossi nel mesenterio; e consistenteed
a pareti crassepiù
del naturalesimostrò
l’intestino tenue, inquel-
la parte ch’era vicina altumore. Tolto
lostrozzamento
col taglio del collo del sacco,vana
tornò sulleprime
lamanovra
a rientrar l’intestino, pel suo
ingrossamento
e pelvolume
istesso deltumore, ad
ontache privo
trovossi di qualsivoglia aderenza. Costretto intantoad
eseguire col bisturi erniario diAsdey Cooper,
ed in altoparalellemen-
te alla linea bianca
nuovo sbrigliamento
all'anello, ot-
tenni facile la riduzione, e l’infermo,
benché molto avan-
zato negli anni,
pure
a18
luglio1828
siaccomiatò
dal- l’ospedale perfettamente guarito.Nella
Guaiani
di anni 5o e ditemperamento
linfati- co, operata li 3 aprile1829, quanto
a dire60
oredo- po
deH’incarceramenlo, aperto il sacco dell’ernia crurale (mero-enterocele),trovainero
l’intestino tenue,non
altera- te perònè
la suaforma
cilindricanè
la sua elasticità,
laonde mi
feci a giudicarlo piuttostoechimosato che can-
grenato, ecapace
inconseguenza
di potersi rientrare nel- l’addome. (iosliluito lo strozzamento dalla base del liga-r.
mento
diGlmbernat
e dalla piega falciforme del fascia- lata,mi
fud’uopo
incidere successivamente queste parli col bisturi sopradetto, e cosi ridussicomodamente
l’anza dell’intestino. Ciò praticalo l’alvo si chiuse del tutto per ore 48, epoco
o nullamontando
l’uso interno deipur-
gativi oleosi e de’ clisteri con del solfato di magnesia, nel terzo giorno poi per virtù del mercurio sotto
forma
di argento vivo prescritto dal dottorLedonne,
si apriabon-
dante il secesso, el’ammalata
guaridopo un mese
emez-
zo di cura.L’ex
provinciale Gian-Francesco, di anni 78, ditem- peramento
sanguigno,con
afifczione cronica di petto, eda me,
in presenza di molli allievi, operalo li i3
maggio 1829, non
presentòche
un’ernia inguinale assaivolumi-
nosa.Aperto
il sacco, vidi questo in molti punti aderi- re al colon tr^asverso, ed il colon istesso alla vaginale del testicolo sarcomatoso.Essendo
formato lo strozzamentoe
dall’anello e
da una
briglia del sacco esistente alla par- te inferiore delmedesimo
, incisi paralellemeute alla li-
nea
bianca l’anello, tagliai la briglia e tolsi l’incarcera-mento
,ruppi
colle dila leaderenze
cellulose e rientrai l’intestino.Alcune
oredopo
ebberluogo
nell’ammalato
copiose evacuazioni fecali , ed al sesto giorno ,quando
tutto
prometteva
dellebuone
speranze , fattosi acuto ilcronicismo del petto ,
apparve
inaspettata la diarrea,
che
sorda ai riraediiopportunamente
adibiti dal dottorRomano
trasse in dodici giorni l'infermo
al sepolcrovDalla nuda
esposizione del fatto, voi
ben
vedete, si-
gnori,
che una
tale sciaguranon
è permica
imputabi- le all’operazioue già fatta,mentre non
si svegliòmai nè
l’enterite
nè
la peritonite, ordinariamentetristecompagne
dell’operazione islessa dell’ernia.
Niella
Perez
finalmente, di anni43
, ditemperamen-
1
to san{;uigno e di forte cosliluzione,ad
ontache
si fos- se ellaprestamente
operata in questa capitalea
feb- braioléSa, dopo
trentasei oredeH’incarceramento, pur
tuttavolta l’ansa picciolissima dell’intestino tenue
contenu-
ta nell’ernia crurale (mero-enlero-epiplocele) era annerita,
ed
era cagionato lo strozzamento dalligamento
diGimber-
nat, e dal collo del sacco,
accompagnato da
recentiade-
renze dell’intestinocon
questo collo. Assistito dal dottorMina
e sotto gli occhi di molti allievi, confessar vi deggio, collegbi,che
agrandissimo
stento,non
senzagrave
fatica econ
delicatezza, bisognai tagliare illigamento
ed il collo del sacco,romper
colle dita quelle fresche adesioni, e cos'iplacidamente
ridurre la picciolissima ansa, laquale non perchè
anneritanon serbava
perciò i caratteri luttiche ho
dinotati nellaGuaiani. L’inferma
intantone
risentiva di giorno in giorno la meglio, e svanita lasuppurazio- ne
profusache
viebbe
parte, fua
questomodo pron-
tissima la di lei guarigione.
Io
ho richiamato sempre
1’ attenzione de’ nostri chi-rurghi
, ed ora di bel
nuovo
li esortoad operar
subito e senza indugio, ne’ casi di cui si favella.Ed
a chiper
veritànon
è chiaro,che
peltroppo
differire si contaro-no
sgraziatamente fra noi esiti assai infelici, e perdite lepiù
irreparabili?Qui parmi
certo applicabile ilfamoso
cito di Celso,
non
già per eseguire sollecitamente l’ope- razionesecondo
il senso dellaparola
,
ma
pernon
dif-ferirla
davvantaggio, mentre
in quest’ultimo caso e gl’inte- stini e gli altri visceri contenuti nell’erniapotrebbero
tro- varsi colpitida
fatale cangrena*, per loche
in taliincon-
tri
mi va meglio
asangue
la taccia di voler prestoopera-
re,
anziché
protrarre di un’oi'a sola l’operazione.Nella mia
pratica infatti istituiti prev'entivamente imezzi au-
tiflogibtici generali e locali, coU’intervallo richiesto dalle
clrcoslan7.e (leirinrlividiio e dallo sialo parlicolare della ernia,
mi
accingo sollecilameiilo airoporazioiie.Scortato
da
questi sani principii, io proposi nel men-^tovato spedale di operarsi l’infermo
Argento
nell’ora di visita del mattino,ma
dall’aiutante dottorLombardo
a- micissimo della tasside, fu credulainopportuna
l’opera- zione,nè
tardò guari a manifestarsi un’adinamiaimpo-
nente, cosicché
trovandomi
incaricato di servizio fui co- stretto operarlo nella sera delmedesimo
giorno.Se piu
adilungo
portata si fosse questa operazione, e chinon vede die
ilpunto
nero del mesenteriominacciando
pros-sima
la cangrena, avrebbe fattomiseramente
perire l’in-lèrmo?
E non
sarebbeaddivenuto
l’isiesso della Perez e della Guaiani? Ciòdunque prova
meglio la necessiti diuna
celere operazione ,anche
in riguardo all’ incertezza de’ progressi dellaflemmasia
intestinale.Ma
il termine preciso di cotalimanovre non può
abbastanza fissarsi , giacche tuttodipende
e dal genio dell’operatore, e dalle circostanze degl’individui, eda
fenomeni particolariche
presentano l’ernie.Art. 2 Cateratte.
Numerose
operazioni di caterattaho
io
prosperamente
eseguite nellamia
clinica,
ma
le piùinteressanti fra tutte
, che
degne
ame
pajono della vo- stra attenzione, quelle sono, o consocii, diGaspare
Col- lurada Palermo
, di
Angelo
laPlaca da
Pelralia So-prana,
di Caterina Scozzaci e diMaria
diGiacomo da Palermo, non che
di StefanoSavona
da Sciacca.Il Collura d’anni
4
^ , ditemperamento
nervoso, di
condizione calzolajo,
con
cateratta vera di color cinereo all’occhio sinistro,ma
senza complicazione nervosa, econ
sinìzesi all’occhio destro , fu col
metodo
dell estrazione operalo nell’OspedaleGrande
a 21 aprile 1826. Spedita e lungida
qualsiasi accidentemi
riuscì lamanovra,
nel0 secondo
giornoperò venne
a molestarlouna
leggerissima irilide,
che scomparve
sotto 1’ applicazione diuna mi-
gnatta all’angolo interno sullavena
angolare.Shendalo r infermo
nel giorno decimosesto,
un punto
solo della cornea era tuttavia inaderente,ed
eglicominciando
a di- stinguerbene
gli oggetti,non
lasciava di essere estrema-mente
sensibile all’impressione della luce; ragionper
cui sottoposi lapalpebra
ed il sopracciglio alle frizionicon
della
pomata
digiusquiamo. Calmata dopo
tre giorni questa eccessiva irritabilità, causticai col lapis infernaleil
punto
surriferito, el’ammalato
sentendogradatamente
meno
l’azione della luce, ricuperò la facoltà visiva
, e
parti guarito dall’ospedale.
Duoimi
intanto lo avvisoche
ilCollura
nell’està del1827,
tragittando spesso la viada Morrcale
aPalermo, e da
questa capitale a quella città, ciò facevaesponen-
dosi senza occhiale ai cocenti raggi del sole, e
poco a
poco
iva in tal guisaperdendo
i vantaggi della suddetta operazione.Da me
osservato in, questo frattempo, vidi in realtà la pupilla ristretta,
un punto opaco
alluogo
<lcH’emisfero posteriore della capsula
, e questi disordini
sempre piu aumentandosi
finirono poi coU’assoluta di fuicecità.
La Placa
dianni
2^, ditemperamento
bilioso, di gra- cile costituzione, econ
cateratta di colorbianco-cinereo ad ambi
gli occhi, presentouna
mobilità cos'igrande
in questi organi,che
perdomarla
fu di mestieripreparar-
l lo
per
alquanti giorni coi purgativi oleosi, coll’uso dell latte, e collo
sfregamento
delle dita sulla sclerotica,
ed
a
20
aprile1828
fuper
estrazione operato nell'OspeibileGrande
di questa capitale.Domentre
iomi
affrettava acompiere
il taglio dellacornea
dell’occhio sinistro,av- venne
clic permovimento
irregolai’c dell’ammalato
, c
IO
por
«no
slclgnimonto spnsmoillco delle palpebre il dorso del clieralomo contuse l’iride, c nell’alto di estrarrecol- la pinzcMa dentataun
pezzettino di capsula pendente dal- la parte superiore della pupilla, scappò via per lamo-
bilila siinnomala
,
un
po’ diumor
vitreo, e neH’occlno destro processe il tutto regolarmente.Fu
nella cura con- secutiva tormentatoda
iritide l’occhiomanco,
e terminò la llogosi colle mignatte ripetute all’angolo interno, e
coi purgativi.
Sbendato
l’infermo al sedicesimo giorno ,una pseudo-membrana
conseguenza dell’iritide, chiudea
la pupilla di quest’occhio già atrofizzato per la sortita deli’
umor
viireo.Camminando
il destro in buonissima regola, netta si mostrò la. pupilla, e ritornò per esso la perduta visione.In Caterina Scozzavi
, di anni
Co
e ditemperamento
bilioso,
ambe
le cateratte eran cineree, e quella dell’oc- chio diritto complicatacon
sinechia posteriore. Alla pre- senza de’ miei allievi fu ella operata per estrazione ildi
3o maggio
1829.Tagliando
la cornea del sinistro re- stò l’irideappena
incisa,ma
nel destro sort'icomodo
il taglio, sebbene stentata l’uscita della lente,dappoiché
iieU’incider la capsula ,malgrado
ilmio impegno
dirompere
coll’ago lanciato 1 aderenza di essa collinde
,
cosiffatta adesione rimase fissa in
un punto
ed alla par- te inferiore, e l’iride nel cacciarsi fuori la lente si lace- rò in tale sito evenne
collada infiammazione
assai gra- ve. Trascurata questa dalla paziente, siaperchè
applicò le mignattedue
giornidopo
dellamia
indicazione,che
fu nella seramedesima
dell’operazione , sia perchènon
volle guardare il letto
, e per lult’altro errore i«i cui volle sconsigliatamente cadere, si produsse quindi lipo- pion
che menò
seco 1’ ulcerazione della cornea ed il dilei
opacamento,
racnlrc rinfernia riebbe la vista del solocchio sinistro.
In
Maria
diGiacomo,
di anni70
, diicmperamenlo
linfatico, si
osservarono
le cateratte di color giallognolo ecomplicale da semi-ambliopia amaurolica, poiché non apprezzava
i colori enemmeno
i contorni de’ corpi,ma
dilatate le pupille ed
alquanto mobile
la sinistra all’im- pressioue della luce,che
dalle tenebre distingueva.Fatto
il
prognostico
di poter rinferina riacquistareun
leggie- rogrado
di vista, attesa lacomplicazione
in discorso e la di lei età,mi
accìnsi all’operazione in questoSpeda-
le
Grande
al3
di agosto1829
, la quale furealmente
felice.
Tra
i consecutivi accidenti notai l’ernia dell’iride all’occhio destro,quale
curai col taglio, lanon
adesio-ne
dellacornea
al sinistroche con
il causticopur cu-
rai, e ricuperato
da
questoun
sulllcieulegrado
di vistapochissimo
del destro, si licenziòl’ammalata
dall’ospe- dale il d'i28
settembre1829,
contentache vedeva
lutti gli oggetti fin a distinguere la diversità dimoneta.
Regolare
eben condotta
l’operazione delSavona
, d^anni
4 ^
circa e ditemperamento sanguigno,
fatta inPa- lermo
innanzi apiù
allievi nell’aprile del i83
o,mi
toc-cò
solo nelpunto che compiva
il taglio dellacornea delFocchio
sinistroveder
l’iride sotto del cheratorao,Ta quale per
laspontanea
sua contrazionenon
fu incisa,
ma per
questosemplice
strisciamento contusa.Svilup- pata
quindi l’irilide sicombatte
colmetodo
antiflogisti- co, e l’infermo riebbe la vista.Queste
osservazioniparmi confermare viemmeglio quel che ho
scritto inun mio opuscolo
sulla cateratta,stampalo
inNapoli
al1824,
cioèche
il taglio dell’iride è inno- cente, e piuttosto la contusione e*la lacerazione dique-
sta
membrana
sensibilissimasono
seguite spessoda
in-I
fiammazioni
eda suppurazioni come
nellaScozzat
i e nel|l
Sa\ ona
5che
nel taglio dellacornea convieu
incidere17.
anzicliè cercar di evitare l’iride, se presentasi sotto al ta- gliente del coltello, perclic altrimenti si fapiccolo il ta-*
glio della conica e l’iride si
contunde
•, che l’ernia di questa si cura piìi col taglioche
con la causticazione ;che r
operatore dee conoscere 1’ intensità delle affezioni nervose,onde
rettamente pronosticare i mali degli occhi, intraprendere resaltometodo
curativo, enon
sottoporre all’operazione gl’infermiquando
la caterattava
socia di amaurosi, di amhliopia, e di tali complicazioniche
in- curahile fanno il morbo-, dee per l’opposto operarsem- pre quando
vi concorra probabilità dello acquisto diu- no benché
lievegrado
di vista,come
nella semi-amblio- pia deirinferma diGiacomo,
la quale profittò dall’ope- razione piu diquanto
ci aspettavamo :che
la mobilità dell’ occhio dee concentraresempre
la riflessione sulla scelta delmetodo
, essa di fatto nell’ infermoLa Placa parve
minorata dietro la preparazione locale, ed io
mi
determinai all’estrazione,
veramente
difficile nell’ occhio sinistro, e per cui tenne dietro l’infiammazione e l’atro- fìa;che operando ambi
gli occhi per estrazione, ancor-ché
si svilupparono degli accidenti inun
occhio , essiquasi
mai
nell’altronon
sisono
diffusi, e gliammalati sempre hanno
fatto delguadagno vedendo
poi conuno
solo;
che
infine conviendopo
l’operazioneraccomanda-
re agl’ infermiuna
gelosa custodia de’ loro occhi, pefnon
perdere il ricavato beneficio della visione,come
av-venne
al Collura, e per evitare le declamazioni popola-ri contro dell’operatore
, il quale per altro
non
agiscesempre
che anorma
dei precetti dell’arte.Art. 3 Cistotomie. Operazioni di pietra da esserea voi riferite ne conto due, fatta la
prima
colmetodo
retto-ve- scìcale nell’OspedaleGrande
aGiovanni
Parrino, diPa-
lazzo
Adriano,
d’anni 32, e nel quale la pietra era cosii3 voluminosa che riempiva
la capacita della vescica. Il di-magramento
generale e la scabie, i dolori in vescica, iltenesmo
,T
urinamarciosa
e sanguinolenta , la febbre ,eran
sintomi tulli pei quali ilchirurgo
incapo
prof.Manzella,
nelmaggio 182G non
credè regolare diope-
rarsi il Parrino.
Ritornato però
nell’ ottobre dell’anno istesso, toccò ame
in sorte il tagliarlo, ciòdie
praticai nel dì28
di detto mese, alla presenza de’ chirurghi e deimedici
dello stabilimento e dinon pochi
allievi, essendo-si
da me
accordala la preferenza almetodo
rello-vescicale, [)cr lapiù
facile estrazione diquei voluminosissimo
calco- lo.Pronta Poperazione
e senza accidente di scria, si ca-vò
fuoriuna
pietra spougiosa, del peso dimezza
libra,lunga due
pollici emezzo,
larga due, avente nel centroun grumo sanguigno
,che
servi dinucleo
alla sua for-mazione. A
tutto il sedicesimo giornodopo
dell’opera-
zione, assicurava
Pinfermo
lapiù
lusinghierasperanza
della suaprossima
guarigione,
mentre nessun fenomeno
locale o generale
avea
sino a quest’epoca
disturbata la cura.Ad un
colpo frattanto si scagliò la glossite,
che
spenta cogli antiflogistici e col salasso topico e generale,
fu ben
presto rimpiazzatada indomabile
dissenteria, li
quale
venselte giornidopo
dell’operazione recò amorte
Pinfermo.Non
oflVìi di particolare l’autopsia senon che
I tracce d’inlìammazione, ed esulcerala in diversi punti la
II
mocciosa
gastro-enterica, eper
queste malattieaociden-
ii tali, e
non
già per effetto dell’operazione,l’ammalalo
ces-i sò di vivere.
I
A
l'j settembre1829
coU’assislenza delcurante
signorMogavero
, dei dottori
Dominici
,
Brancucci
, Stroscio ,I
Mazzeo,
e diparecchi
allievi, feci l’altra operazione diI pietra in
Giuseppe
diLeo da Ribera
,pervenuto
alloraì al quadragesimoseslo delPela sua. In rjuesla
manovra fuv-
vi solamente ili
nuovo
,
die
verificato il taglio esterno s’incisepure
1’ arteria trasversale delperineo
, la quale schizzò sangue nellamia
faccia, e di zampillarnon
la- sciava ad onta che la strofinai colle dita, per cuiduran-
te l’operazione la feci
comprimere
col ditoda un
ajutan- tej poscia, tolta via felicemente
una
pietra delvolume
di
una
noce, la legaicon
pinzettada
dissezionearmata
diun
semplice filo,che
arrestò subito l’emorragia , ed al 3i ottobre l’infermo parti guarito per la sua patria.Queste
due
operazioni cidanno
certamente luogo a ri- flettere I® Che
il chirurgonon deve mai
farsi ligio d’urimetodo
solo, nèmai
esclusivamente abbracciarlo o predicarne a diritto ed a rovescio i vantaggi. Piglideve
tutti conoscere i metodi e col suo genio e coll’esperien- za sua propria al caso particolare adattarne quello fra essi ,
che
il pili confacente ed ilmeno dannoso
puolesempre
tornare.E
per veritàcome
sortire l’enorme cal-colo del
Parrino
senza ricorrere all’alto apparecchiood
al retto-vescicale ? 2
® Che
la salvezza dell’infermo è‘Fatto il taglio laterale ed incontrandola pietra alquanto vo luminosa, ciò che forse non si c potuto qualche volta conoscere col catetere , allora su di una sonda scanclata diritta può inci- dersi la parte opposta o destra del collo della vescica e della prostata, e questa modificazione annunziata dal Lcdran e dal Foyer, costituisce rauionc del taglio lajteralizzato col bilaterale.
A
questo proposito opino che iltaglio bilaterale cioè il metodo di Celso modificato, meglio si esegue alla maniera del Bcclard con una sonda diritta dopo scoverta la scauuelatura dello scirin- gone e col cistotomo, tagliando prima da un lato il collo della vescica c la prostata,introducendo poi sulla sonda il dito in ve- scica, c se il volume della pietra lo esige incidendo egualmentealla parte opposta per non limitarsi ad un lato solo 1’incisione.
Questo taglio è più vantaggioso di quello fatto col litotomo na- scosto a doppia lama, che incide d'ambi i lati
ma
c incerto nel-d’anteporsi alla riputazione dciroperatorc, il
quale non
lasccra
mai
di tagliarlo,ancorché
le circostanze fossero lepiù
difllcili epoco
probabile la di lui guarigione.Salvo
era infatti ilPan
inoper Y operazione
intrapresa inmezzo
ai disturbi generali , alle tantecomplicazioni morbose
della vescica, ed al significantevolume
del cal- colo , seper
altri accidentalimalanni non
avessemise- ramente
ceduto al fatale destino. 3® Che P emorragia
nella cistotomiadipende qualche
fiatada anomalie
oda
varicosita de’ vasi sanguigni,
come
inDi Leo
pel taglio deirarteria trasversale del perineo, laquale
s’incideanco-
ra spesso nel laterale ossiaobbliquo
senzache
siprodu-
caun
tale accidente.Vi ragguaglio pure,
meritissimi socii, diun
solo espe- i-imenlo di litontrisia, eseguito in ottobre ifiaq in (piestoSpedale Grande
col prof.Manzella
e coichirurghi
del- lo stabilimento, nell’individuo
Antonino Tarombino
di Carini,campagnuolo
, di
anni
56.La
sola apertura in vescica del litontritoreche
io possiedo, epochi
istanti di ricercaper abbrancare
la pietra ,che non
fu possibile stringere fra lebranche
dellostrumento, cagionarono
ir- ritazione, eprovocarono
l’emorragia,
che
senon
altro serv'i questoesperimento almen
di stimolo all’ammini-
stratore dell’ospedale,
onde
far venireda
Parigiun
liton-la sua m.aniiTa d’.igirc
, pari a quel di Fra-Cosimo, che Broin- fìcld stimò opportuno per coloro clic
non
sanno operare; rim- provero inapplicabile al barone Diipiiytren,uno
de’ più celebri operatori di Europa,il quale se non avesse inventalo quel lito-tomo a doppia lama ,
non
avrebbe mancalo, io suppongo, di operare giusta le vedute del Bcclard. In ogni
modo
essendo an- cora nelle mani del Dupuytrcn questo metodo, si bisogna aspet- tare che l’esperienza il confermi o nc mostri grinconvcnicufi, per potersi quindi francamento abbracciare o rimuovere.iG
trilore l)ellissImo,
con
(ulte le gradazioni e con lenuo- ve
modincuzioni, di lussoinsomma
quale a ricco sUibi- limcnto convieiisi.E
perchè ilmio
giudizio intorno a questa operazione io porli,panni
semal non mi apponga, che poche
vol- te nell’uomo sia utile, essendo per lo piu diuna
squisi- ta sensibilità gliammalati,
o cronicamente la vescica in-fiammata,
ovoluminosa
la pietra, o tenera e giovanile Tctà , circostanze tutteche
ricusano la litontrisia.Puù
nella
donna
al contrario giovare per la brevità e lar-ghezza
dell’ uretra, e per la situazione quasi retta dellastessa-,
ma
vorrei lo strumento più grosso, dimodo che
lebranche
della pinzetta fossero più robuste, lacorona
del trapano piùampia,
e cosi farsi la triturazione su diuna
più larga superlicie della pietra. Allorchémi
saia datar
occasione, farò su questi dettagli costruire a bella postaun
lilontritore per le donne.Art.
4
Fistole, i ® Risultameuti favorevoliho
ripor- talo quasisempre
delmetodo
dell’ incisione nella cura delle fìstole all’ano, delle qualiho
guarito i signoridon Antonino
edon Zenobio
laRovere, Domenico
lo Pre-sti
da Ragheria,
l’abatedon
Michelangelo Pattida Par-
tinico,
don Antonino Scherma da Palermo, Matteo
diAccaldo
di Morreale, edon
Stefano Carciola,don Giu-
seppe ludica, edon
Sebastiano Palazzo tutti e tre diPa-
lermo. Solche
per la tortuosità e recidiva della fisto- la, difficile fu la cura indon Francesco Lovico da Pa-
lermo, operato a i5 aprile1828, che
d’altronde si sa- rebbe totalmente guarito sepiù propenso
fosse stato»ad un
secondo taglio.Quella di
Palazzo
eseguita inmaggio 1829
èdegna
di rigordarsi, per ciò
che apparve
dietroun
emottisisollcrla pria daU’infermo, a
me
passala in silenzio, cche
guarita la fistola all’ano si riprodusse
nuovamente,
e fece perireFammalato ad
onta dell’apertura diun
cauterio.Su
i cadaveri e su i viventiho
trovatocostantemen-
te,
che
l’orificio interno di tali fistolenon
èmai più
didue
pollici al di Ih de’ tegumenti, eche
d’ordinariova
dieci a dodici linee al di Ih dell’orificio dell’ano.
Sono
quindi inutili gli strumenti inventati per arrivare
più
allo,
come
ilRibes
scrisse,
ed
io giusta i precetti del- lamoderna
chirurgia, dico barbari imetodi
destinatia
distruggere oad
estirpare le pretese callosith.Una sem-
plice incisione
che
divide il tragitto fistoloso, indi lapar-
ticolare attenzione di fissare il
meccio
nella fistola inci- sa ,qualche
tocco di pietra infernale equalche bagna-
tura di
acqua
alluminosa,
per impedire
le fungosith e prosciugare la piaga, ecco la terapia
che mi ha dato sempre
de’ felici successi in questopunto
speciale di1 clinica chirurgica.
2
° Son però malcontento
di ognimetodo
in quella delle fistole lagriraali,
per
essersi avverate le recidiveusando
lo spillo diScarpa,
e lacannula
delDupuylren.
Causticando
col niti'ato di argento e giusta 'gl’ insegna-menti
delVolpi,
conto radicaleuna cura
di fistola la-*griraale al terzo grado, in
donna
RosaliaMacoli da Pa-
'
lermo,
operata al lato sinistro in aprile1827.
Altra per verità singolare in
persona
della signora principessa diB.
stimo ionon indegna
della vostra co- noscenza,o
colleglli.Per
carie delle ossa nasali e delle apofisimontanti
de’ mascellari, solTri la nobileinferma
l’obbliterazione del canale nasale destro ,che
pensavasi deostruirecon
de’ specilli dipiombo
introdotti per l’aper- tura ulcerosa del sacco.Avvenne però che un
di essi1
forse per inavvertenza,
cadde
al1822
in questo sacco,nc
si potèmai
estrarreda
j)iù bravi chirurghi.La
pre-senza di
un
corpo estraneonon
facea che sostenere TiiT- cerazione locale conabbondante
scolo di marcia fetida, e spesso accagionar nell’occhio dolori ed irritazioni, che infelicerendevano
questadama.
Consultato in settembre del1827
, osservai lacannula
in situazione ^verticale,
coll’estremità superiore nel cui di sacco
,
che forma
iiialto il sacco lagrimale al di sopra del lendine dell’orbi- colare, rivolta Festreraita di sotto Verso il canale nasale cicatrizzato ed obliterato, e la parte
mezzana
corrispon- dente all’orificio della fistola,che
si toccava con lo spe- cillo. In questa posizione opinai che sendo chiuso per ci- catrice Fanzidetto canale,non
polca piu quella tasta ser- viread
incanalare le lagrime, che anzi quel corpo estra- neo irritava il sacco,manteneva vieppiù
la suppurazio- ne, eproduceva anche
in brevissimotempo
la carie istes- sa delFunguis. N’era perciò di assoluta necessita la estra- zione,ma
il taglioche
potea farsi in alto per aprire ilcui di sacco surriferito, dovea interessare il tendine del- Forbicolare, e quel ch’è piu si
temeva
e si abborriva dal- l’infermaperchè
in vicinanza del bulbo dell’occhio.Pen-
sai
non
pertantoche
interanon
potendo cavarsi fuori la tasta dipiombo
attesa la di lei situazione, conveniva ri-durla in pezzi tagliandola dentro al sacco
medesimo. A
J
tale oggetto, per piu giorni, e con corde di budello, di- ;
latai l’orificio fistoloso, indi fatti costruire a bello studio !
un
uncino,una
forbicina, e piccole pinzette curve, pur- gata dal curante dottor Salvia Finferma , perchèmole-
stala
da
passagiero gastricismo, a 27 ottobre1827
intro-ducendo
ioF
uncino pel foro fistoloso, trassi in avanti la tasta e ferma la tenui, fatta poi scorrer la forbicetta
lungo
l’uncino, la tagliai inun
sol colpo indue
pezzi,un
de’ quali si estrasse subito colla pinzetta, e l’altro co-modamente
al doinaui. Ciò praticato sparvero dell’inlut-19
to lamarcia
il dolore e le locali irritazioni, il foro si strinse
da
cuinon
caccia luttoggiche
delle semplici la- grime;ma
per l’incurabile ostruzione prodottada
cicatri- ce del canale nasale,non
è affattoda
sperarsi lacom-
pleta guarigióne di questa fistola.
3 °
Fistole al pettonon ne ho
guaritoche due; una
cioè in
don
SebastianoCannizzo da
Partinicocagionata da
feritad’arma da
fuoco, sita nello spazio intercostale tra la quarta e quinta costa vere del luto destro, sotto la corrispondente
mammella, da me
per laprima
volta osservata indicembre
del iS-zS , e dietro taglio nello spazio anzidetto,profondo
sino alla pleura elungo per
fin allo sterno,
onde
mettere anudo
lutto il tragitto fi- stoloso, fu lil)erato corapleiainente
rinfermo
nelmaggio
del
L’altra fistola operata coll’incisione assistito dal dottor Portai nel d'i
4
luglioi83i,
sullapersona
del sig.,'donCalcedonio
loBianco,
dianni
3g, ditemperamento
bi- lioso, originatada suppurazione
inseguito di contusione;non occupava
essache
lo spazio tra la sesta e settima costa del lato destro, enon
associavasiche ad
ingrossa-'mento
di questa parete del petto, a lieve curvità della spina, a febbre, a dolore intenso nel torace, e adima- gramento
sensibile deirinfermo.Questa operazione
(egli è giusto che- il dica)
non
serviche ad
apriresolamente
il tragitto esterno della fistola
, la
quale penetrava
nel (petto.Ma
diaccordo
colmenzionato
collega, io
uou
volli in questo
emergente
indicare senon
l’applicazione diuna
cannula,onde
liberamente colare lamarcia,
e la (docciaturad’acqua marina, che dopo
alquantimesi non giovarono
per niente all’infermo. Si fu allorache
per- (sislendo l’ingrossamento
della parete destra del torace,
consigliai senza indugio le frizioni topiche dell’
unguento
i
1
20
incrcflrio , sul)’idea di eccitare alla graiiula/.ione aiir.lie il tragitto fistoloso.
Questo
rimedio sviluppò così gran-de
irritamento alle parti,
che
bisognai sospenderlo per alquanti giorni ed usare ilmetodo
antiflogistico, per so- stituirvi quindi lapomata
d’ idroiodato 'di potassa, la
quale
cicatrizzòbene
la fìstola tutti allontanando i fe-nomeni
morbosi.Art. 5 Scirri e Cancri.
Le
piu notabili fra le tante operazioni di cancrida me
allemammelle
eseguite, son quelle didonna Antonia Amato
e diAngela
Sileeida
IMisilmeri, diUosa
laCamarata da
S.Catddo,
diAnna Scherma da Palermo,
didonna Eleonora Maggio
e didorma Maria
Gravantida
Sciacca. In queste ed altre in-ferme
le operazioni sono state brillanti enon accompa-
gnateda
sinistro veruno,malgrado che
in alcune di es- se,come
nella signora Gravanti e nella Sileei, abbia io inun
collemammelle
estirpato ancora le glandole'delle ascelle. Nella signoraMaggio,
di anni 6i, iltumore
car- cinomatoso delvolume
diun
picciolo arancio, situato sotto l'ascella sinistra , e riprodotto per la estirpazione
d’uno
scirro alla corrispondentemammella
verificatada
altro chirurgo, fu da
me
in giugnoi83o
tolto colla piùgrande
facilita, e senza grinconvenienti che potevano av- venire per la sua vicinanza ai grossi vasi ascellari.Però
vi manifesto ingenuamente, ornatissimi sodi, cheavendo sempre
tenuto conto di queste inferme, le guari- gioni ottenutenon
sono state pellamaggior
parte dure- voli.Imperocché avendo
io quasisempre
operato dei cancri occultiod
aperti, ed essendosi quinci avverato pria dell’operazione lo assorbimento del virus canceroso, cosìdopo uno
odue
anni sono state colpite leammalate
danuovi
mali, dallo scirro o cancro di tutt’altre glandolo, o nel silo stesso dell’operazione, dal
marasmo
, da feb-
bre elica e finalinenle poi dalla morte. Particolare di fatti è l’osservazione di
Anna Scherma,
laquale opera-
ta in
maggio 1829 da cancro
alla inainmella diritta, fudopo nn anno
e piùmesi
della riportata guarigione, col- ta nella coscia delmedesimo
latoda voluminoso
e fi-broso
tumore, che mano mano
convertendosi incancro
la privòmiseramente
di vita.La
solaCamerata
di cui l’estirpazione delcancro
allamammella
destra, fuda me
eseguita li 17
gennajo 1829
in presenza del curante dott.Vassallo,
ed
assistito dal dott.Dominici,
conta a quest’og- gi treannida che
fu operata enon
presentaancora
dei segni di rijsroduzione, e ciò forseper
l’età sua giovanile (anni 19) pel suotemperamento sanguigno
e forte costitu- zione, per essere stataregolarmente
mestruala, eperchè
all’epoca dell’operazione sudetta, era il sistema glandola- re scevro affatto d’ingorgo,perche
insomma non
esiste-va
allora quella cos'i detta discrasia cancerosa, e l’assor-bimento non avea
potutoancora aver
luogo.Quindi
collamia, quanto
vogliasibreve
pratica,con- fermo sempre
le vedute diScarpa
e delRicherand, che
i cancri cioè
sono
di difficilissimaguarigione
,
ad onta
che
si tolgali via col ferro,giacche
loassorbimento
dèi virus canceroso c lacausa immediata
della loro rigene- razione. Perciò èche
il prolcssor diPavia
consiglia to- sto l’operazione, equando
iltumore
è nelsuo vero
sta- to di scirro,poiché
alcominciar
del prurito, delle tra- fitture, e de’ lancinanti dolori, sbrigasiparimenti
all’in- terno il lavorio canceroso , facilissimo è 1’assorbimento
in discorso, e difficile si
rende
la radicale guarigione.Da
ciò nasce l’opinare del volgo, ilquale
credeche
la malattia si ripd-flt
perchè
tuttenon
si estirpano lepar-
ti
morbose. Preso
nelsuo
giusto senso questo talecon-
cetto è realmentevero
in tutta l’eslensioue, se rillcllia-
mo anche
noi,che
riassorhilo quel virus generalizza la malattia, e tulle estirparnon
siponno
le parti universal-mente morbose
, per cui dee necessariamente il cancro ripristinarsi,
come
per lunga esperienzahanno
i menzio- nati celebri professori osservato.Se
però favellar s’inten-de
della localila, in questo caso la proposizione è assai falsa,perchè
oggi la chirurgia penetra ardita nelle par-ti le più ascose per estirpare felicemente ogni cancro.
E
non
fu ilRicherand
chedopo
di aver estirpatoun
fun-go
canceroso, tagliò intrepido il gran pettorale, e con le coste la pleura?Che
sebbene tuttoprometteva
alloraun buon
fine, in breveperò
si riprodusse il cancro ed il di di luiinfermo
mori.In questi casi impertanto si confessi
una
volta il ri- stretto potere dell’arte,nè
sitema che una
tal candidez- za di sentimento il veromedico non
distingua dal ciar- latano.E comechè
forte sia la convinzione del chirurgoche
operato il cancropuò sempre mai
riprodursi, per-
ciò
dovrà
egli ristarsi dall’operare ? Cosi vogliono alcu- ni medici, i quali si lusingano di curare queste malattie co’ rimedii internamente somministrati.Ma
si persuada-no
anch’essiche
lo scirro ed ilcancro
trasformano del- rintiitto in sostanzaomogenea,
lardacea, midollare,ocan- cerosa le partiche
sono tra loro le più differenti.Va-
ni perciò i loro sforzi a riorganizzare i tessuti, diro
co-
si, disorganizzati dalla presenza del virus. Questa veril'a incontrastabile dee piuttosto farli piegare a disporre i
loro
ammalati
a farsi celeremente operare,quando
ilma-
le è nel
grado
di scirronon
convertito ancora in occul- to cancro, poiché in tale stato è più facile e radicale la cura.Che
se tuttavolta si tratti pure diun
cancro è e-gli autorizzato il chirurgo ad operare ? S’i certamente
,
purché non
vi concorrano segni manifesti di discrasiac»3
cancerosa
,purché
sia possìbileed
assolutaT
estirpazio- ne, enon
vi sieno delle palpabili contro indicazioni.Sa-
ra allora questa operazionecome
il tentativodeU’ultimo rimedio
dell’ artecapace
a sottrarre dalla disperazione gl’infermi ,non
essendo per altroVero
,
come ha
visto Riclierand,
che
questo tentativo ingigantisca lamalat-
tia.
Senza dubbio
fatta 1’ operazione saràda
temersi la recidiva^ma
se questaavrh
effettodopo un
certo spazio di anni,come
in alcune dellemie inferme, non
sara in tal casodovuta
all’arte chirurgica quellatemporanea- mente prolungata
esistenza^che morbo
cosispaventevo-
le suol di spesso infra lospasmo
e 1’ atrocità de’ dolori abbreviareed
estinguere?Art.
6 Tumori
diversi, i° Tumori
cistici , sarco- matosi, e lipomatosiho
ingran numero ben anche
estir- pati, e nellamia
clinicacome rimarchevoli
c|uegli soliho
notato del cav.don Zenobio
laRovere,
e della si-gnora donna
RosoliaPuccio monaca
inMonte
Vergini.Un tumore
situato alla parte esterna del braccio sini- stro,che
penetrava sotto l’ascella corrispondente, eche
credevasi didubbia
natura, fuda me
caratterizzatoper lipoma
nelprimo
di questi infermi, e fu coll’assistenza del dott.
Sichera
estirpatoda me
neldicembre
del1827.
; Risultò esso tre libre circa di peso,
ed
inbreve tempo
I
l’ammalato
guari.Più voluminoso
era l’altrolipoma
si-I tuato alla parte esterna del
braccio
destro, e dal terzo
i; superiore fin al cubito della signora di
Puccio
,
da me
coll’assistenza dei dott.
Reich
eFalautano
estirpato ingennaro 1828. Pesò
libre undici all’incirca e 1’inferma
j fu risanata.
2®
Molti de’ nostrichirurghi
siavvalgono
del causti-I
co
potenzialeod
attuale, nel curare l’ingrossamento delleI tonsille;
mi
servo io per l’opposto delmetodo
della re-7.4
cisionc, la ffu.'de vipriff racconiniidala da’ moderni, c
non
tornamai
pericolosaquando
si lascia della tonsillauna
piccola parte fra i pilastri, aderente allamuccosa
ed al costrittore superiore del faringe.A
questomodo
operan-do
cola è vero «jualchepoco
di sangue,ma
lungi di co- stituire l’emorragia temuta tanto fra noi,non
è percon-
trario
che una
specie di trasudamento sanguigno, prove- nienteda
vasellini della recisa tonsilla facilissimo ad ar- restarsi. DifattiNunzia
Navarra, di anni i8, di tempe-ramento
linfatico e di gracile costituzione, a 21marzo
i
83
o ed in presenza del dott.Cutrona
,
da me
operata colla recisione della tonsilla sinistra; nulla offrìdfonovo
e di particolare. Recisa però nel dì
28
dello stessome-
se l’altra tonsilla
, ne seguì il trasudamento surriferito
,
quale poscia disparve coi gargarigi di aceto.
Nella persona di
don
Francesco Corvaja, di anni 18 e ditemperamento
sanguigno, recisa nel 19marzo
i83
ied
in presenza del dott. Fisichellada
Catania la tonsil- la sinistra,non
gocciolòche
pochissimo sangue.La
not- te del quarto giornodopo
fatta 1’operazione, l’ infermovomitò
del sangue.Essendo
stato chiamato, esplorai to- sto le fauci,ma
nessungrumo
o trasudamento esiste-va
alla tonsilla recisa: feci per precauzione masticare alCorvaja
e deglutire qualche pezzetto di neve , e sospet- tando di un’ematemesi gli si prescrissero di unita ai dot- tori Fruiti, Barbacci, eMagadino
de’ rimedii mucilagi- nosi internamente amministrati.Vomitando
neldomani
altra volta sangue, si restò ancora in
dubbio
circa allavera
sede della malattia.Nel
sesto giorno peròmi
assi- curaicompiutamente che
partiva questosangue
dalla tonsilla, e coll’uso dell’alcool e dell’acqua stiitica del Bi- nelli, toccandocon
pennellino la recisa tonsilla, si arrestò il sanguigno trasudamento e l’infermo guarì.3 °
Presentòqualche
partlcolarit'auna
legatura dipo-
lipo aU’utero,da me
fatta il d'i7
dicembre 1827 sopra
Caterina Scarpelloda
Misilmeri, dianni 35
:opinarono
taluni chirurghi trattarsi diun
prolasso di questoviscereed
altri diun
cancro, solperchè
la malattia siannunziò da
tutto principiocon
dei dolori, e colavaancora per
lavagina umore
puzzolente e sieroso ,scambiando
cosiil polipo pel collo
deir
utero,che
credettero essipieno
di ragadi ingrossatoed
indurito. Ioperò
colla esplora- zione e coll’ajuto dello specolo riconobbi l’esistenza delpolipo
, e
non
tardai a manifestare in consulto lamia
opinione^ e dai dottoriPolara padre
e Scarcella, sene convenne meco
diaccordo
la legatura. Assistito di fatti•dal dottor
Polara
figlio e da’miei
allievi,
servendomi
degli stromenti delBichat
procurai di legare il polipo,ma
nell’attoche
tirava l’ansa di color diversoper
riu-[ nire i fili nel serranodo
, i fili
medesimi
s’imbaraz-
i zarono, e l’ansa
non potè più
scorrere a causa de’gru-
I
mi
e delmuco che
l’ invischiava : cavati fuori gli stro-I
menti mi
fu d’uopo
di pulirli,
ma
rientrati invagina non
fu possibileche
avessero agitocon
facilità,
cagion
per laquale
liabbandonai
interamente, penetrai inque-
st’organo coll’indice e col pollice dellamano
diritta, strin-si
con
essi il polipo in vicinanza del collo dell’ utero,
I
mi
provaicon
dolcezzaa
tirarlo direttamente in basso,
ed imitando
la pratica delDupuj^tren quando ne deve
! fare la recisione, pervenni
con
questometodo
a far di- scendere l’utero, ed a far sortire il polipo dall’ orificio della vagina.Ciò
praticatouno
degli ajutanti situò la legatura ed ilserranodo
sulpeduncolo
dello stesso, e
fattolo rientrare in