• Non ci sono risultati.

contro per la riforma ha pronunciato la presente

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "contro per la riforma ha pronunciato la presente"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

N. 03934/2013REG.PROV.COLL.

N. 01609/2002 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1609 del 2002, proposto dal Comune di Barletta, rappresentato e difeso dall'avv. Isabella Palmiotti, con domicilio eletto presso Benito Piero Panariti in Roma, via Celimontana 38;

contro

Clorochimiplast S.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Pasquale Malizia, con domicilio eletto presso Antonio Corvasce in Roma, via Casilina 561;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE II, n. 5716/2001, resa tra le parti, concernente determinazione importo oblazione e oneri concessori relativi al condono edilizio.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Clorochimiplast S.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

(2)

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Nicola Gaviano e udito per la parte appellante l’avv. Panariti, per delega dell'avv. Palmiotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. per la Puglia accoglieva il ricorso proposto dalla Clorochimiplast s.n.c. per l’annullamento del provvedimento del 27 maggio 1998 con il quale l’Ufficio Tecnico del Comune di Barletta aveva richiesto a tale società ulteriori versamenti a titolo di maggiori oneri concessori relativi al condono edilizio da questa effettuato per un capannone industriale da essa abusivamente realizzato (pratica di condono n. 477).

La ricorrente aveva riferito di avere a suo tempo versato a titolo di oblazione la somma di lire 29.160.000, e lire 6.869.610 per oneri concessori.

L’Amministrazione, con la determinazione impugnata, aveva richiesto l’ulteriore versamento di lire 87.636.211 a titolo di conguaglio per gli oneri concessori.

Il Tribunale adìto riteneva fondato il primo motivo di ricorso, con il quale la società aveva esposto che i maggiori oneri concessori pretesi dal Comune sarebbero scaturiti dalla considerazione della destinazione propria della zona in cui l’abuso era stato commesso (zona agricola), laddove in tema di condono edilizio varrebbe il diverso principio per cui ciò che rileva ai fini in esame non è la destinazione di zona, bensì la destinazione d’uso del singolo manufatto che forma oggetto di condono.

Ne seguiva il presente appello alla Sezione del Comune di Barletta avverso tale sentenza.

L’Amministrazione opponeva l’erroneità dell’interpretazione seguita dal primo Giudice, ribadendo la tesi che nella determinazione degli oneri in questione dovesse aversi riguardo, secondo le regole generali, alla destinazione di zona (nella

(3)

specie, agricola) dell’ambito urbanistico che racchiudeva l’immobile interessato dal condono, indipendentemente dalla destinazione d’uso (in concreto, industriale) propria di quest’ultimo.

Da qui l’assunta correttezza della liquidazione degli oneri ancora dovuti effettuata con il provvedimento comunale impugnato.

Resisteva all’appello l’originaria ricorrente, che ne eccepiva l’inammissibilità, per il fatto che il mandato difensivo risultava conferito dal Sindaco in luogo del dirigente competente, e ne deduceva comunque l’infondatezza nel merito.

L’Amministrazione replicava all’eccezione e alle deduzioni avversarie con successiva memoria, con la quale insisteva per l’accoglimento dell’appello.

La società con due successivi scritti ribadiva, di contro, le proprie tesi, illustrando ulteriormente le ragioni alla base della sentenza in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 25 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

1 Il Collegio deve preliminarmente disattendere l’eccezione di l’inammissibilità dell’appello, sollevata sul rilievo che il mandato difensivo risultava conferito dal Sindaco di Barletta, in luogo del dirigente competente.

Secondo una uniforme giurisprudenza della Sezione, invero, ai sensi dell'art. 50 comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, che riproduce l'art. 36 comma 1, l. 8 giugno n. 142 del 1990, il Sindaco, quale rappresentante legale dell'ente locale, è l'organo che lo rappresenta in giudizio, ed è legittimato a rilasciare e sottoscrivere la procura ai difensori dell'ente, senza che occorra alcuna deliberazione di autorizzazione alla lite da parte della Giunta (C.d.S., Sez. V, 11 novembre 2011, n. 5961; 18 ottobre 2011, n. 5584; 21 gennaio 2009, n. 280; 26 ottobre 2006, n. 6399).

2 L’appello, oltre che ammissibile, è fondato.

2a La sentenza che ne forma oggetto ha accolto, come si è anticipato, la tesi di parte ricorrente per cui, mentre i maggiori oneri concessori liquidati dal Comune erano scaturiti dalla considerazione della destinazione propria della zona in cui

(4)

l’abuso era stato commesso (zona agricola), in tema di condono edilizio varrebbe il diverso principio per cui ai fini in discussione non rileverebbe la destinazione di zona, bensì la destinazione d’uso del singolo manufatto formante oggetto di sanatoria.

L’Amministrazione appellante deduce tuttavia condivisibilmente l’erroneità dell’interpretazione seguita dal primo Giudice.

All’esito di un’approfondita ricognizione della normativa nazionale e regionale di settore il Comune osserva, infatti, che nella determinazione degli oneri in questione deve aversi riguardo, nel contesto regionale interessato, secondo le regole generali, alla destinazione di zona dell’ambito urbanistico racchiudente l’immobile interessato dal condono, indipendentemente dalla particolare destinazione d’uso propria di quest’ultimo.

2b Il punto di partenza della ricognizione normativa da compiere chiama in causa l’art. 5, comma 1, lett. c), della legge n. 10 del 1977.

Questo, nel porre le basi della disciplina generale degli oneri di urbanizzazione, stabilisce che le relative tabelle parametriche regionali devono essere commisurate

“alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti”. E siffatta indicazione legislativa statale è stata puntualmente recepita dal legislatore regionale pugliese con la L.R. n. 6/1979 (il cui art. 20, come sostituito dalla successiva L.R.

n. 66/1979, richiama appunto i Comuni a determinare “i costi di urbanizzazione per le varie zone del territorio comunale, sulla base delle tabelle B) ed H) della presente legge”).

Con specifico riguardo al condono edilizio va ricordato che l’art. 37 della legge statale n. 47 del 1985, dopo avere puntualizzato che il versamento dell’oblazione non esime dalla corresponsione del contributo previsto dall’art. 3 della legge n. 10 del 1977 per il rilascio della concessione, ammetteva già la possibilità per le Regioni di modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione della legge medesima,

(5)

commisurando il contributo di concessione, tra l’altro, alla destinazione d’uso della singola costruzione, con il limite che la nuova misura non fosse inferiore al 50 % dell’ammontare che sarebbe scaturito dalle disposizioni già vigenti.

In proposito poi è intervenuta, sempre a livello nazionale, l’analoga previsione dell’art. 39, comma 13, della legge n. 724 del 1994, come integrato dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, ossia la norma che il Giudice di prime cure ha posto sostanzialmente a base della propria decisione.

La norma, peraltro, si è limitata a stabilire, giusta quanto già previsto dall’art. 37 della legge n. 47/1985, che le Regioni possono modificare le loro norme di attuazione della legge n. 10 del 1977, e commisurare senz’altro il contributo di concessione alla destinazione d’uso delle costruzioni: ciò, però, entro il termine perentorio di 90 giorni, decorsi i quali si applicano le norme già vigenti.

Orbene, come deduce l’Amministrazione appellante, il legislatore regionale non si è avvalso della specifica previsione appena detta.

Invero la L.R. n. 14 del 1997, con il suo art. 1, si limita a stabilire –per quanto qui rileva- che “il contributo per opere di urbanizzazione primaria e secondaria per il rilascio della concessione in sanatoria è pari a quello determinato dal Comune in base alle leggi regionali 12 febbraio 1979, n. 6, e 31 ottobre 1979, n. 66”. Vale a dire che essa si richiama semplicemente alle norme regionali generali della materia (come del resto già faceva la L.R. n. 26/1985, all’art. 9, a fronte della simile facoltà accordata dall’art. 37 della legge n. 47 del 1985), regole le quali sono appunto calibrate sulla considerazione delle singole destinazioni di zona.

2c Per quanto precede, si rivela priva di fondamento di diritto positivo la tesi dell’attuale appellata per cui nella determinazione dei contributi in discorso dovrebbe reputarsi di rilevanza esclusiva la destinazione d’uso dell’immobile abusivo.

(6)

Del resto, anche nelle ipotesi di non coincidenza tra la destinazione propria del singolo intervento abusivo e quella, invece, della zona in cui lo stesso è stato realizzato, resta il fatto che il fabbricato abusivo deve pur sempre fare i conti con lo stato di urbanizzazione della zona nella quale è stato (per libera scelta) edificato:

ed è quindi pienamente ragionevole che il sacrificio richiesto all’interessato sia parametrato ai costi di urbanizzazione della zona medesima.

Correlativamente, è logico che una medesima opera, ancorché abusiva, sia chiamata a contribuire in modo diverso a seconda della zona in cui ricade, differente essendo la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle varie zone.

Questa Sezione, d’altra parte, proprio con riferimento alla specifica situazione della Regione Puglia ha recentemente già adottato l’impostazione qui patrocinata dall’appellante (Sez. V, 26 marzo 2009, n. 1804), osservando quanto segue.

“La norma sancita dall’art. 5, co.1, lett. c), l. n. 10 del 28 gennaio 1977 – applicabile ratione temporis e confluita successivamente nell’art. 16, co. 4, lett.c), t.u. edilizia (d.lgs. n. 380 del 6 giugno 2001) – nell’individuare gli elementi che l’amministrazione comunale deve prendere in considerazione per determinare gli oneri di urbanizzazione, inter alios, si riferisce <<alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti>>.

Sulla scorta del puntuale dato positivo:

a) si ritiene in linea generale che non sia consentito scorporare il criterio di quantificazione degli oneri di urbanizzazione dalla effettiva zonizzazione prevista dallo strumento urbanistico generale (cfr. Cons. giust. Amm., 2 marzo 2007, n. 64;

Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6564, che ha ritenuto illegittima una quantificazione degli oneri che applichi le tariffe relative alle zone di

(7)

completamento anche a quelle di espansione attesa la sostanziale diversità dei costi urbanistici afferenti le due distinte zone);

b) conseguentemente si ammette solo in via sussidiaria, e comunque per il perseguimento di preminenti interessi pubblici, che l’ente locale possa valorizzare ulteriori parametri per la determinazione degli oneri di urbanizzazione, fermo restando il loro aggancio con il carico urbanistico individuabile per la relativa zona (cfr. Cons. St., sez. IV, 31 dicembre 2007, n. 6834, che ha ritenuto tale l’esigenza di favorire interventi di recupero edilizio in centro storico)” (sentenza n. 1804/2009 cit.).

2d Per le ragioni esposte l’appello del Comune di Barletta si rivela meritevole di accoglimento, manifestandosi infondato il motivo di gravame accolto a suo tempo dal primo Giudice (l’immobile, inoltre, si conferma ricadente in zona agricola anche alla luce della planimetria prodotta dall’appellata).

3 Quanto al motivo del ricorso di prime cure che residuerebbe, che nella sentenza del T.A.R. è finito a suo tempo assorbito, poiché lo stesso non è stato ritualmente riproposto in questo grado non vi è luogo ad esaminarlo.

L'esame dei motivi assorbiti in primo grado è difatti consentito al giudice d’appello solo se interviene un'apposita iniziativa della parte interessata. E l’onere di riproposizione dei motivi rimasti assorbiti esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende siano devolute alla cognizione del giudice di secondo grado, all'evidente fine di consentire a quest'ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni, e alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse. Ne consegue che un indeterminato rinvio alle censure assorbite ed agli atti di primo grado che le contengono, come nella specie è avvenuto, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, si rivela inidoneo ad introdurre nel thema decidendum del giudizio d'appello i motivi

(8)

in tal modo dedotti (Sez. V, 18 settembre 2003, n. 5322; 20 ottobre 2004, n. 6876;

24 gennaio 2007, n. 250; 19 settembre 2008, n. 4533; Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4313; Sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1219; l’interpretazione è stata confermata anche sotto l’impero del vigente Codice del Processo amministrativo: cfr. ad es. Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 251; Sez. IV, 19 settembre 2012, n. 4974; 20 giugno 2012, n.

3617; Sez.III, 6 giugno 2011, n. 3371; 13 maggio 2011, n. 2908; 21 febbraio 2012, n. 918).

4 L’appello va pertanto accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, l’originario ricorso introduttivo deve essere respinto.

Le spese del doppio grado di giudizio possono tuttavia essere equitativamente compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie, e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese processuali del doppio grado di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore Carlo Schilardi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

(9)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 19/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Riferimenti

Documenti correlati

Nel richiamare le considerazioni alla base delle pronunce dell’Adunanza Plenaria (del 2017 e del 2019) e dei precedenti della Sezione intervenuti in subiecta materia, condivisi dal

L’appellante TLS Group SA critica la sentenza, in rito e nel merito, per non avere rilevato la mancata dimostrazione dello “interesse difensivo” agli atti di gara

La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che il fabbricato di cui è causa non potesse essere condonato in ragione della destinazione urbanistica

115 del 2008, commi 3 e 4, era consentita agli impianti fotovoltaici che avessero goduto di incentivi pubblici di qualunque natura e provenienza, la cumulabilità con il conto

Depositi prevalentemente pelitici (argille e limi prevalenti) di spessore elevato (20-25 m) con rade intercalazioni (da alcuni decimetri a 1-1.5 m) di ghiaie Unità 2

La sezione trasversale di una radice primaria di Ranunculus (dicotiledone) mostra: un cilindro centrale interno composto da un Periciclo parte più esterna di

Dalla piana esegesi della norma, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non si evince la sostanziale irrilevanza della disciplina contenuta nelle schede di

I dati acquisiti, al fine di essere resi confrontabili, dovranno essere collegati con i riferimenti verticali solidali con la terra, siano essi geometrici (ellissoide, e la