• Non ci sono risultati.

Sud. Vitangelo Ardito Vincenzo Bagnato Ivo Caruso. Ciranna Salvatore Damiano Valerio De. Simonetta. Caro Nicoletta Faccitondo Matteo Iannello Alberto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Sud. Vitangelo Ardito Vincenzo Bagnato Ivo Caruso. Ciranna Salvatore Damiano Valerio De. Simonetta. Caro Nicoletta Faccitondo Matteo Iannello Alberto"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

S u d 3|2020

Edizioni Quasar Vitangelo Ardito · Vincenzo Bagnato · Ivo Caruso Simonetta Ciranna · Salvatore Damiano · Valerio De Caro Nicoletta Faccitondo · Matteo Iannello · Alberto Lanotte · Stefania Liuzzi · Francesco Maggio · Giovanna Mangialardi · Francesco Martellotta · Nicola · Martinelli Carlo Martino · Vincenzo Maselli · Walter Mattana Ludovico Micara · Patrizia Montuori · Johan Nielsen · Kris Scheerlinck · Yves Schoonjans · Giulia Spadafina Pietro Stefanizzi · Leonardo Rignanese · Giuseppe Tupputi

(2)

Gli articoli pubblicati nella Rivista sono sottoposti a referee nel sistema a doppio cieco.

Quaderni di Architettura e Design

Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura – Politecnico di Bari

www.quad-ad.eu Direttore Gian Paolo Consoli

Responsabile scientifico della Sezione Design Rossana Carullo

Caporedattore Valentina Castagnolo

Comitato scientifico

Giorgio Rocco (Presidente), Antonio Armesto, Salvatore Barba, Michele Beccu, Vincenzo Cristallo, Daniela Esposito, Riccardo Florio, Angela Garcia Codoner, Maria Pilar Garcia Cuetos, Roberto Gargiani, Imma Jansana, Loredana Ficarelli, Fabio Mangone, Nicola Martinelli, Giovanna Massari, Dieter Mertens, Carlo Moccia, Elisabetta Pallottino, Mario Piccioni, Christian Rapp, Raimonda Riccini, Augusto Roca De Amicis, Michelangelo Russo, Uwe Schröder, Fani Mallochou-Tufano, Claudio Varagnoli

Comitato Editoriale

Roberta Belli Pasqua, Francesco Benelli, Guglielmo Bilancioni, Fiorella Bulegato, Luigi Maria Caliò, Rossella de Cadilhac, Fernando Errico, Federica Gotta, Francesco Guida, Gianluca Grigatti, Luciana Gunetti, Matteo Ieva, Massimo Leserri, Monica Li- vadiotti, Anna Bruna Menghini, Giulia Annalinda Neglia, Valeria Pagnini, Beniamino

Polimeni, Gabriele Rossi, Rita Sassu, Lucia Serafini Redazione

Mariella Annese, Tiziana Cesselon, Nicoletta Faccitondo, Antonello Fino, Antonio Labalestra, Domenico Pastore

Anno di fondazione 2017

Il contenuto risponde alle norme della legislazione italiana in materia di proprietà intellettuale ed è di proprietà esclusiva dell’Editore ed è soggetta a copyright. Le opere che figurano nel sito possono essere consultate e riprodotte su supporto cartaceo o elettronico con la riserva che l’uso sia strettamente per- sonale, sia scientifico che didattico, escludendo qualsiasi uso di tipo commerciale. La riproduzione e la citazione dovranno obbligatoriamente menzionare l’editore, il nome della rivista, l’autore e il riferimento al documento. Qualsiasi altro tipo di riproduzione è vietato, salvo accordi preliminari con l’Editore.

Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l., via Ajaccio 41-43, 00198 Roma (Italia) http://www.edizioniquasar.it/

ISSN 2611-4437 · eISBN (online) 978-88-5491-096-6 Tutti i diritti riservati

Come citare l’articolo:

Vitangelo Ardito

La lingua autentica e la lingua straniera Le origini dell’architettura di Aris Konstantinidis

Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera. Le origini dell’architettura di Aris Konstantinidis, QuAD, 3, 2020, pp. 125-140.

(3)

Editoriale Gian Paolo Consoli

Architettura

7

Paesaggi e città del Sud. Identità e contraddizioni Ludovico Micara

Festìna lente. Tradizione e innovazione architettonica in Terra di Bari tra xvi e xviii secolo

Alberto La Notte

Il Moderno e la Provincia. Riflessioni grafiche su uno spazio mai nato: la Casa del Balilla di Luigi Moretti a Bitonto

Salvatore Damiano

La Marsica nel Novecento. Trasformazione, marginalità e sperimentazione

Simonetta Ciranna, Patrizia Montuori 13

29

51

71

Sommario

3|2020

(4)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020

89 109

125

143

163

177 193

209

229

243

Una dama dell’architettura a Palermo Francesco Maggio

In forma di sfinge. L’ossario di Barletta e gli spomenik jugoslavi: tra identità locali e linguaggi universali Giuseppe Tupputi

La lingua autentica e la lingua straniera. Le origini dell’architettura di Aris Konstantinidis

Vitangelo Ardito

Architettura e riforma scolastica nel Cantone Ticino.

L’istituzione della scuola media unica nei progetti di Livio Vacchini, Aurelio Galfetti e Mario Botta

Matteo Iannello

Dispositivi sul margine. La soglia in alcune opere di Umberto Riva nel contesto meridionale

Nicoletta Faccitondo

La lentezza come valore della temporalità Valerio De Caro

South going North. Designing for communities, from Santiago-de-Chile to Ljubljana

Johan Nielsen, Kris Scheerlinck, Yves Schoonjans

Abitare la Puglia. Criticità e sfide per nuovi modelli abitativi nel Mezzogiorno

Giovanna Mangialardi, Nicola Martinelli, Giulia Spadafina

Terra cruda e scarti agricoli. Materiali edili efficienti made in Puglia

Stefania Liuzzi, Francesco Martellotta, Pietro Stefanizzi

Recensioni

La cultura dello spazio urbano. I saperi dell’urbanistica tra Italia e Francia

Leonardo Rignanese

(5)

Sommario 3|2020

Design

Gio Ponti e il design spagnolo. La modernità “a Sud” negli anni ’50 e ’60 tra Italia e Spagna

Vincenzo Bagnato

Sud come Nord. Il Meridione nel cinema industriale degli anni Sessanta

Walter Mattana

African Design Wave. Paradigmi estetici, materici e identità di un Sud glocale

Ivo Caruso, Carlo Martino, Vincenzo Maselli 253

273

287

(6)
(7)

La lingua autentica e la lingua straniera

Le origini dell’architettura di Aris Konstantinidis

Vitangelo Ardito

Politecnico di Bari | dICAR - [email protected]

Aris Konstantinidis profoundly belongs to the spirit of his land. He reaches this awareness by venturing, with solitary journeys, into a direct knowledge of the vernacular architecture and the Greek landscape. He learned the tools that allow him this during the years of study at the University of Munich (Konstantinidis will always be close with his teacher Adolf Abel). A topos of German architecture is the construction and the language generated from it, and this becomes the paradigm that he uses to understand the Greek architecture. In his travels he realizes a slow conquest of the elements of Greek construction as if they were words of a language, ancient that continually lives again, and that slowly reveals itself to him. In this way, the knowledge of the constructive language of German architecture allows him to grasp, through his language, the

“soul of the Greek landscape”.

Aris Konstantinidis appartiene in modo profondo allo spirito della sua terra. Egli giunge a que- sta consapevolezza avventurandosi, con viaggi solitari, in una conoscenza diretta dell’architet- tura vernacolare e del paesaggio greco. Gli strumenti che gli consentono questa conoscenza erano stati assunti negli anni di studio all’università di Monaco di Baviera (Konstantinidis resterà sempre legato al suo maestro Adolf Abel). Un topos dell’architettura tedesca è la costruzione e il linguaggio che essa genera, e questa diventa il paradigma che egli utilizza per comprendere l’architettura greca. Nei suoi viaggi realizza una lenta conquista degli elementi della costruzio- ne greca come di parole di un linguaggio, antico che continuamente rivive, e che lentamente a lui si disvela. In tal modo la conoscenza del linguaggio costruttivo dell’architettura tedesca gli permette di afferrare, attraverso la sua lingua, l’“anima del paesaggio greco”.

Keywords: construction, language, anonymous architecture, landscape Parole chiave: costruzione, linguaggio, architettura anonima, paesaggio

(8)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 126

Chi conduce una ricerca, e la prima ricerca è la vita stessa, è obbligato a viverla pienamente; spesso la ricerca segue canali inaspettati, attenzioni, osservazioni che ci portano via o che sviluppano in realtà ciò di cui avevamo bisogno e abbiamo paura di sapere1.

Nel 1981 «un editore è venuto da me e mi ha offerto di pubblicare questo libro sul mio lavoro»2. Aris Konstantinidis3, sul finire della sua esistenza, pen- sionato e «costruendo case qua e là», trova l’occasione per riflettere su di sé. In realtà è ciò che ha fatto per tutta la vita, nei modi che gli erano propri, attraverso il disegno, la fotografia, l’architettura. Ma ora può farlo in forma diretta, supe- rando ogni metafora. «Ritengo che questo libro sia un’altra opera di architettu- ra, sottoscritta con la mia firma».

Nel libro (figg. 1, 2) trovano posto due suoi scritti, “A few words”4, una lunga riflessione poetica ordinata in brevi appunti, e “Autobiographical note”5, un’autobiografia del proprio percorso formativo in forma di racconto. In realtà i piani dell’esistenza e del lavoro di architetto si fondono: «è del tutto possibile per l’architettura essere il fenomeno che mette in evidenza il mondo interiore di ogni essere umano».

Questa unità fra opposti – la dimensione personale della ricerca e il caratte- re pubblico del lavoro, il carattere locale dei riferimenti e l’esito universale delle opere, il metodo empirico e la profondità speculativa – è un aspetto del lavoro di questo architetto profondamente greco che, insieme, appartiene al mondo: una unità antica tra conoscenza ed esistenza.

Fig. 1. Aris Konstanti- nidis, copertina del libro sul suo lavoro, curato da Konstantinidis stesso (Konstantinidis 1981).

(9)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 127

▪La lingua straniera

Per Konstantinidis l’architettura raggiunge un livello oggettivo quando af- fronta il problema del linguaggio, che è inteso non solo come segno formale ma come aspetto simbolico e culturale. Il linguaggio è per lui la “chiave di volta”:

solo un approccio conoscitivo, perfino speculativo, verso la “lingua” e le singole

“parole” dell’architettura e del paesaggio greco gli permettono di stabilire un rapporto autentico con le cose reali della propria terra.

Questa conoscenza del mondo greco attraverso il linguaggio non è imme- diata. Essa avviene certo attraverso ripetuti e continui viaggi che compie al suo ritorno in patria e nel corso della vita verso luoghi ben definiti, e di questi re- stano piccoli libri autoprodotti che contengono schizzi, rilievi, fotografie e sue riflessioni; ma soprattutto su di essa aleggiano gli studi sulla lingua del poeta prediletto, il greco Dionysios Solomos6.

Per alcuni anni esule in terra straniera, Solomos cerca una lingua per essere compreso nel proprio paese, diviso tra un linguaggio parlato (il dialettale Di- motiki) e l’idioma antico. Nel “Dialogo sulla questione della lingua”, un poeta difende la lingua popolare e discute con un saccente (il Purista) che, dal canto suo, sostiene il greco colto. Adoperando questa contrapposizione, egli cerca nel linguaggio e persino nelle parole i modi per dar voce alla terra greca.

PO (Poeta) – Ma che dunque vorresti? Che ognuno scrivesse le parole fabbricando- le di sua testa? Con quale diritto? Col diritto che dà l’intelligenza e il sapere? Bene dunque: uno che ha intelligenza e sapere fabbrica la forma parole a suo piacimento,

Fig. 2. Aris Konstantini- dis, Hotel Xenia Myko- nos, impaginazione a cura di Konstantinidis stesso (Konstantini- dis 1981, p. 100).

(10)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 128

un altro fa lo stesso, un terzo fa peggio, e in poco tempo non abbiamo più che tenebre densissime. Per questo l’ordine naturale delle cose ha voluto che le parole nascessero dalla bocca non di due o tre uomini, ma dalla bocca di un popolo […]

Noi non abbiamo detto ancora come convenga scrivere la lingua. Finora ho det- to e ti ho dimostrato che la forma delle parole, quando sono comuni, non sono soggette ad essere cambiate da nessuno col pretesto della correzione […] perché ti persuadessi che il significato delle parole il popolo lo insegna allo scrittore.

PU (Purista) – Ma lo scritto sarà tutt’altra cosa dal parlar del popolo.

PO – Non tutt’altra cosa: quello che Bacone dice della natura, che cioè il filosofo, per dominarla, deve prima esserle soggetto, si può dire anche della lingua: sotto- mettiti prima alla lingua del popolo, e poi, se ne hai le forze, signoreggiala.

PU – Questo non capisco come avvenga.

PO – Ecco come avviene. […] accadrà che lo scrittore nel suo fraseggiare ora se- gue il popolo, ora no; che le forme delle parole, delle quali il popolo fa uso, non sono cambiate dallo scrittore; che ogni parola, per acquistar nobiltà, non ha biso- gno che dell’arte dello scrittore7.

Solomos non inventa un nuovo linguaggio ma si immerge nel Dimotiki e lentamente inizia a ricomprendere i significati di ogni parola “comprandole”8 dalla gente, una per una, e riscrivendole con la sua arte (fig. 3). Solomos elabora un linguaggio popolare e insieme colto, seguendo l’esempio di Dante e della lin- gua italiana a lui ben nota: sarà il suo “bilinguismo” – la conoscenza della lingua straniera e di quella autoctona – a consentirgli di far uso di una lingua “viva” e

“nuova”, una colta riscrittura del Dimotiki.

Konstantinidis, a sua volta, di ritorno dalla Germania ricorda ciò che «ha Fig. 3. Fotogramma dal

film di Theo Angelo- poulos L’eternità e un giorno.

(11)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 129

detto Goethe: “Chi ha imparato la lingua straniera ha una migliore conoscenza della propria”. Dotato di questo “linguaggio straniero, sotto il cielo luminoso della mia lingua”, nel 1936 cominciai alcuni nuovi studi».

Il bilinguismo di Solomos corrisponde perfettamente al bilinguismo di Konstantinidis, che aveva studiato alla Technische Universität di Monaco (1931-36) con Theodor Fischer, Robert Vorhölzer, soprattutto Adolf Abel9 (fig.

4), e qui aveva imparato la “lingua straniera”.

Sebbene Konstantinidis affermi che gli anni universitari siano stati «indi- menticabili […] per i viaggi intrapresi durante quel periodo […] che mi han- no insegnato molto più di quanto stavo imparando al Politecnico – anche se quest’ultimo non mi ha lasciato del tutto impreparato», tuttavia è negli anni della sua formazione a Monaco che apprende quelle categorie – sintattiche e grammaticali, per restare nella metafora linguistica – che gli saranno utili per lo studio dell’architettura greca e per la sua attività di architetto. Categorie che gli permetteranno una conoscenza “tettonica”10 degli edifici, così da comprendere che un nucleo costruttivo11 rende possibile un rapporto, reciproco e naturale, tra l’architettura anonima greca ed il paesaggio, che li fa vivere in unità «come se non fossero state create dalla mano dell’uomo […] come fossero uscite dall’offi- cina di Dio»12. Così Konstantinidis precisa che

se si è deciso di vivere e lavorare nella terra dove si è nati, si dovrebbero cercare le proprie radici originarie e la verità […]. Essendomi ripromesso di «conoscere me stesso» e di «imparare ad essere quello che sono», ho scoperto quello che era necessario per il mio lavoro. Ho scoperto – o forse mi è stato rivelato – il più

Fig. 4. Cartolina d’epoca raffigurante l’Università di Colonia di Adolf Abel.

(12)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 130

semplice, il più bello, il più spirituale paesaggio del mondo: il paesaggio greco. […]

ho anche scoperto l’architettura anonima […] l’ho sentita essere parte di me. Di conseguenza non mi accontentavo del suo fascino esteriore o della sua superficie esterna, comunque seducente; provavo invece a conquistarla a fondo e a compren- dere la sua anima, a comprendere la forza generatrice che giustifica la sua esistenza.

Ho cercato, e continuo a cercare, quello che Solomos chiama «la vera essenza»13. Il tema dell’architettura anonima era stato essenziale per molti architetti tedeschi nei primi anni del secolo perchè costituiva il punto di ancoraggio per un reale rinnovamento dell’architettura:

il fatto di rivolgere costantemente lo sguardo alle creazioni semplici e naturali del- le epoche passate, potrà non sembrare la via più giusta […] possiamo solo proce- dere per tentativi, sorretti da una grande sensibilità, senza stancarci di interrogare gli esempi del passato sull’origine della loro eccezionale efficacia […]14.

Così Konstantinidis riscrive le “parole” della sua architettura investigan- do l’architettura anonima del paesaggio greco, mentre come grammatica della

“sua lingua” utilizza le regole della tettonica, che costituiscono l’ossatura teorica dell’architettura tedesca. Questa “comunanza” sovrannazionale è riconosciuta da lui stesso:

le architetture sono veri e propri registri di determinati e fondamentali valori che spesso sono comuni a molti paesi. Pertanto più genuina è un’architettura per un paese, più vera e pertinente diventa per altri paesi. Questo gli dà una identità internazionale, una esistenza e un valore […]. Voglio sottolineare che nella ar- chitettura anonima – greca così come internazionale – [ho trovato] questo: la semplicità nell’organizzazione, l’onestà e la disciplina nella costruzione, e una qualità in grado di armonizzare un edificio con lo spirito e il carattere scultoreo del paesaggio greco e con la sua gente15.

Scoprendo l’architettura anonima e immergendosi in una conoscenza ana- litica di essa, reputando l’appartenenza di ogni opera al paesaggio e alla sua cul- tura, Konstantinidis riduce attraverso una lettura tettonica le forme a pochi ele- menti essenziali; e in questo modo alimenta questa stessa tradizione e inserisce le proprie opere in essa.

▪La tettonica e le opere

Lo stesso Konstantinidis parla di tettonica nel testo citato

facendo ricorso a ciò che Schopenhauer intende quando dice: «Il problema este- tico in architettura è un problema di gravità e di resistenza» […] Egli intende dire che “la legge fondamentale dell’architettura” consiste “nel tema del sostegno della

(13)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 131

colonna e della trave” che è espressa, da un lato, nel sostegno di muri e colonne, e dall’altro lato, nella trave che distribuisce il peso sugli elementi di sostegno e che è essa stessa sostenuta. Solo se questi elementi strutturali sono stati costruiti così distinti ed evidenti, completi e liberi da ornamento superfluo, l’essenza dell’archi- tettura sarà definita correttamente come una entità formale. Questo significa che indifferente ai materiali usati nella costruzione – pietra, legno, acciaio o cemento armato – la “regola” richiede che i muri e i pilastri di sostegno siano differenzia- ti visibilmente dalle travi, dai solai e dai tetti sostenuti. La chiara articolazione strutturale esibita in modo autentico negli alzati dell’edificio, i quali manifestano le forme stesse di esso, è indispensabile ad un progetto di architettura che vuole raggiungere forme precise16.

Konstantinidis espone così una tettonica essenziale, fatta di elementi co- struttivi semplici. Nelle sue architetture utilizzerà il sistema murario costituito da pesanti muri in pietra naturale a sacco con solai sempre orizzontali in cemen- to gettato in opera e imbiancato, con una trave perimetrale che gli attribuisce uno spessore ragguardevole; oppure utilizzerà il sistema trilitico, fatto di pilastri e travi a vista colorati di bianco o grigio, con i solai ancora di cemento a vista e trattati allo stesso modo, sempre orizzontali, rare volte inclinati (Kalambaka), disposti in una griglia geometrica estremamente razionale.

«La vera architettura […] deve nascere dalla terra come gli alberi, gli arbusti e i fiori»: così il muro in pietra si radica nel suolo mentre i pilastri vi si infilano come pali, sollevando l’edificio in modo da preservare uno sguardo sul paesaggio.

Un processo di chiarificazione che conduce a organismi essenziali costituiti da elementi semplici, forme elementari, connessioni logiche. L’estrema sempli- ficazione non è un aspetto riduttivo nelle opere di Konstantinidis: da un lato la “verità” che lui ricerca non permette soluzioni ambigue, dall’altro ciò che ha visto e studiato nei viaggi in Grecia dimostra questa essenzialità: una “tettonica naturale”, semplicemente costruttiva, che egli stesso riassume in alcuni “model- li” – le ultime pagine del libro presenta schemi comparati prodotti da lui stes- so – accomunati da “idee” essenziali e disciplinati da poche “norme”. Le “idee”

rimandano ai principi costruttivi, alle forme originarie della costruzione; le re- alizzazioni tra loro analoghe documentano i “modelli” mentre le “norme” sono desunte dalle sintassi costruttive.

Allora si tratta […] di costruire sempre nello stesso principio, con la stessa visione strutturale e formale, con la stessa convinzione e lo stesso amore. Così nel mio lavoro si mostra vero solo ciò che si può ripetere e ricreare, come se rinascesse: un progetto tipico e una costruzione tipica. […] ho scoperto che cercare la perfezione e le verità semplici conduce a un modello e ad una norma. […] conduce a costru- zioni che, avendo la stessa essenza, benché non la stessa forma, sono come unite una all’altra. Unite, ma ognuna con la propria personalità e valore e ispirazione17.

(14)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 132

Così Konstantinidis esprime in modo esistenziale questo pensiero dell’ar- chitettura: «E’ bello per un architetto avere lo stesso pensiero, lo stesso senso del bello e le stesse certezze, e poi avere incertezze ogni giorno».

Il corpus delle opere di Konstantinidis18 è costituito da non molti edifici che si configurano in pochi tipi, di carattere essenzialmente abitativo: la casa collettiva urbana, l’edificio pubblico abitativo, la casa isolata (figg. 5-7). Quar- tieri popolari, alberghi turistici, case private sono accumunati da una riflessione sull’abitare che unisce la casa al paesaggio naturale: essa sembra sorgere dalla roccia, appartenere da sempre al luogo.

Le opere sono suddivise nel tempo parallelamente ai suoi incarichi dirigen- ziali negli enti in cui ha lavorato: egli ha costruito quartieri operai durante l’im- pegno nell’OEK tra il 1955 e il 1957; poi ha realizzato padiglioni, hotel e ostelli per l’EOT tra il 1957 e il 1967; nel frattempo ha progettato pochi musei, non molte case per appartamenti e soprattutto piccole case isolate. La maggior parte dei suoi edifici sono realizzati utilizzando il sistema murario o quello trilitico con una sorprendente chiarezza formale e con una capacità di essere moderno Fig. 5. Aris Kon-

stantinidis, casa ad Anavyssos, foto di Aris Konstantinidis, 1962 (Konstantinidis 1981).

Fig. 6. Aris Konstan- tinidis, Hotel Xenia a Mykonos, foto di Aris Konstantinidis, 1961 (Konstantinidis 1981).

(15)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 133

senza abbandonare la tradizione, che per lui coincideva con l’essenza dell’abitare nell’Ellade.

I blocchi residenziali dei quartieri operai mostrano in facciata il reticolo strutturale che racconta il ritmo degli spazi interni: all’esterno la loggia, la fine- stra, il balcone obbediscono alla misura della campata strutturale. A volte la “sca- tola” abitata sfiora il suolo – i pilastri affondano nella terra lasciando emergere il

“nodo” pilastro-trave – altre volte la campata si svuota al piano terra, permetten- do piacevoli viste prospettiche, mentre il colore sull’intonaco esalta il reticolo composto dagli elementi costruttivi. La composizione seriale delle abitazioni con gli elementi ripetuti, danno alle “scatole” un carattere di mite urbanità.

Gli alberghi si aprono verso il mare e si chiudono rispetto alla terraferma.

In differenti modi Konstantinidis mette in relazione le architetture con il pae- saggio. A volte sceglie di rafforzare i caratteri del luogo: i corpi disposti lungo la costa a Mykonos accentuano il senso di margine, sottolineano la massività del bordo roccioso che diventa il basamento stesso degli edifici. In alcuni casi gli edifici scavano e si incassano nel suolo roccioso, in altri si aprono a valle o verso il

Fig. 7. Aris Konstantini- dis, casa ad Atene, foto di Aris Konstantinidis, 1961 (Konstanti- nidis 1981).

(16)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 134

mare su un podio (Andros), in altri ancora il complesso di edifici tende a fondare una piccola realtà urbana, con uno spazio pubblico centrale e un grande recinto regolare (Iraklio e Olimpia 2). Konstantinidis cerca di stabilire continuamente un rapporto con il mare ed insieme con la terra.

I padiglioni espositivi in legno e in ferro, leggeri e sollevati su podi, evitano di appoggiarsi al suolo per non intaccarne la superficie. Piccoli edifici che hanno breve vita, sono inclusivi e assoluti e riprendono, in modi sempre più astratti, le forme anonime del paesaggio. Alcuni disegni e fotografie di Konstantinidis ri- traggono le pergole leggere costruite davanti alle case, le palizzate che recingono i giardini, le palificate marine; fanno comprendere la sua capacità di “guardare”

le forme anonime e di estrarne principi costruttivi, di svelarne la tettonica natu- rale che vi risiede. È proprio in questi edifici che maggiormente si nota il riferi- mento a quell’architettura tedesca che guardava alle tecniche della tradizionale artigianale piuttosto che alla espressività della tecnica moderna19.

▪Il mégaron e le case

Il lavoro di Konstantinidis è noto in particolare per l’originalità delle picco- le case isolate nel paesaggio, costruite in muratura di pietra, coperte con pesanti solai in cemento a vista, con persiane in legno smaltate di rosso e pavimenti in lastroni di pietra grigia. L’interesse per uno spazio essenziale ed elementare, che molto bene testimonia la casa ad Anavyssos, stabilisce un efficace continuità con gli archetipi del mondo greco, la cella del tempio e la sala della casa, il mégaron20. Sebbene il suo interesse fosse rivolto agli edifici anonimi, la condizione di rudere cui oggi sono ridotte le poche testimonianze che ci restano, rendono ancora più efficace questa relazione.

Fig. 8. Vitangelo Ardito, mégaron a Tirinto e a Pilo.

(17)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 135

Fig. 9. Vitangelo Ardito, piante di alcuni edifici di Konstantinidis.

In particolare, il mégaron, archetipo dello spazio domestico, caratterizzato da una stanza con un solaio piano, aperta su un lato, con un portico, a volte anche un vestibolo antistante e un camino nel suo centro, individua un preciso modello, con gli elementi di un abitare identitario che esprime la relazione tra forma, costruzione e carattere (figg. 8, 9). L’attenzione di Konstantinidis è rivol- ta a ciò che costituisce un nucleo elementare dello spazio, una stanza centrale con un elemento di relazione con il paesaggio esterno (il portico) e un elemen- to simbolico al suo interno (il camino). Un modello che nei suoi progetti, col tempo, si trasformerà di volta in volta, assumendo la forma scatolare o la forma aperta tra due o più setti; ma che testimonia pur sempre il suo interesse per uno spazio elementare, “vero”, la cui ascendenza non può non riconoscersi nella sala dell’antica casa greca.

La casa di Eleusi, la sua prima opera, sembra pensata a partire da questo archetipo. E’ posta su un podio ed è costituita da una grande stanza su due li- velli, che in tal modo segue la forma del suolo, ed è coperta da un unico solaio orizzontale. Antistante la stanza, un portico ricorda il lato esastilo di un tempio arcaico prostilo e si dispone di fronte al paesaggio esterno diventando il cuore del progetto.

(18)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 136

L’hotel Xenia a Mykonos organizza lungo una galleria di distribuzione una serie di stanze che si alternano a spazi aperti; è il medesimo schema che Konstan- tinidis utilizza per il progetto del Museo Archeologico di Joannina, uno schema funzionale che trova un facile riferimento nel modello antico. Certamente la realizzazione in muratura di pietra ed il rapporto con il paesaggio rendono più espressivo ed efficace questo riferimento. Vent’anni dopo lo schema è riproposto nell’hotel di Delos, dove le stanze non sono disposte in serie alternate a spazi vuoti (Mikonos) ma si accostano in modo tale da tenere lo spazio aperto davanti allo spazio chiuso, con un vestibolo mediano che unisce le due parti. L’unità del complesso è ottenuta nel rapporto con il paesaggio: da un lato incassato nella montagna, dall’altro disposto su un podio e rivolto alla valle.

Le tre soluzioni per i camerini del teatro di Epidauro mostrano la trasfor- mazione da una idea semplice di scatola muraria ad un sistema a setti paralleli, cui si aggiunge un muro esterno, ancora parallelo, che isola l’edificio e insieme lo unisce alla forma naturale del sottobosco. La ricerca continua nella casa ad Anavyssos: tre muri paralleli non definiscono più una stanza, uno spazio chiuso, Fig. 10. Dimitri

Konstantinidis, foto raffigurante il padre, Aris Konstantinidis .

(19)

3|2020 Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140 137

ma uno spazio aperto, infinito. Il camino è al centro, la stanza è disposta longi- tudinalmente ed il lungo portico gli è davanti. Lo stesso modello viene ripetuto tre lustri dopo ad Egina, nella casa per la sorella Elisi; negli stessi anni il progetto della casa per sé, ancora a Egina, nonostante il controllato intreccio di spazi fun- zionali, sembra smarrire la necessaria semplicità e diventa labirintico.

Il modello del mégaron si fa chiaro e definitivo nell’ultima opera, che l’ar- chitetto greco non vedrà realizzata, la casa a Kafissi: uno scalota chiusa perfet- tamente proporzionata si raddoppia lasciando il posto, al centro, per una terza stanza aperta. Ritroviamo la stessa idea di abitare che Konstantinidis aveva già raccontato nella casa a Sykia: due piccole cellule autonome unite da uno spazio vuoto al centro, che offre la possibilità di stabilire un rapporto fisico con il mare.

Una profonda esperienza, acquisita sia nella teoria che nella pratica, produce una configurazione della struttura che può essere applicata come un canone – immu- tato e con parecchie variazioni – in ogni caso e in ogni costruzione. Con l’uso di precise soluzioni strutturali e materiali specifici, si è arrivati a creare una tipica pianta, che costituisce un risultato funzionale di architettura. Questo progetto strutturale e funzionale, questo modello, tende verso un lavoro ideale di archi- tettura […]21.

▪Architetto antico

Per Aris Konstantinidis (fig. 10) si potrebbe ripetere quanto Karl Scheffler ha scritto per Heinrich Tessenow:

[…] si comporta esattamente come si sarebbero comportati i migliori architetti dei primi anni dell’800 se fossero vissuti oggi. Egli ha la tradizione nel sangue, la porta dentro di sé, non nel cervello; in lui la tradizione è ritmo vitale, non una scelta estetizzante22.

Le sue opere più significative – le case a Sykia e ad Anavyssos, l’albergo a Mykonos, l’ostello ad Epidauro, una casa alta ad Atene, fino all’ultima opera a Kafissi – dimostrano la validità dell’affermazione di Scheffler, e confermano l’ipotesi che essa si possa riferire non ad un singolo architetto ma ad un “certo tipo” di architetto: quello che assume su di sé il compito di combatte con il tem- po. Anzitutto col suo tempo, che non rappresenta, che disprezza e che non lo comprende; in secondo luogo, con la “categoria” del tempo, aspirando ad una architettura che, cercando di trascendere il suo tempo, è sempre vera ed eterna.

Per raggiungere questo obiettivo idealizza un tipo di edificio e, ripetendo- lo nei suoi caratteri formali e costruttivi, lo fa rivivere; e nella ripetizione, che è accompagnata da piccole correzioni, lo perfeziona e così ricerca la bellezza degli dei.

(20)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 138

▪Note

1 Rossi 1999.

2 Konstantinidis 1981.

3 Aris Konstantinidis (Atene 1913-1993), archi- tetto greco, studia alla Technische Universitat di Monaco di Baviera (1931-1936). Ritorna in Grecia (1936) e inizia i suoi viaggi per la peni- sola attica, dai quali nascono i suoi studi sull’ar- chitettura anonima greca. Lavora per l’OEK-I- stituto per l’Edilizia Popolare (1955-57) alla costruzione di quartieri operai (Atene, Irakleio, Serres, Pyrgos) e per l’EOT-Organismo per il Turismo Ellenico (1957-67) di alberghi Xenia (Mikonos, Epidauro, Kalambaka, Olimpia). Re- alizza case per privati e il Museo Archeologico di Ioannina (1965). Esule negli anni della dittatu- ra, insegna all’ETHP di Zurigo (1967-70).

4 Konstantinidis 1981, pp. 258-273.

5 Ivi, pp. 274-279.

6 Dionysios Solomos (Zante, 1798 - Corfù, 1857). Il maggiore poeta in lingua greca moder- na. Vive e studia in Italia fino a 20 anni, inizian- do a scrivere in italiano, lingua che conosceva molto bene. Ritorna a Zacinto e comincia a comporre nella sua lingua materna. Sostenitore della “rivoluzione ellenica”, è autore dell’”Inno alla libertà”, attuale inno nazionale. Perfezioni- sta ed autocritico, non ha terminato e dato alle stampe gran parte delle sue opere, che l’amico Iakovos Polylas pubblica dopo la morte.

7 Solomos 1824, p. 124.

8 Alexandros, protagonista del film L’eternità e un giorno di Angelopoulos, adotta la stessa mo- dalità istituendo un parallelo tra sé e Solomos. Il film narra la cronaca di un giorno della vita di un uomo che cerca un significato alla sua esistenza terrena e si rivolge, attraverso alcune visioni, al poeta. Così Alexandros racconta che Solomos, deciso ad imparare la lingua madre «inizia a comprare parole dalla gente del posto, per ogni parola che gli viene affidata egli paga una mone- ta. […] Il gioco delle parole viene replicato nel film da Alexandros con un bambino, il quale nel corso della giornata gli porta tre parole, riceven- do in cambio una ricompensa. […] Sono parole importanti per Alexandros, che riassumono tut- to il significato della sua vita, l’affettività, lo stato dell’anima e il tempo» (Fallerini 2011).

9 Con Adolf Abel resterà in rapporto per tutta la vita, fino alla morte del professore tedesco (1968). Lo stesso Abel in una occasione incon-

trerà il suo allievo ad Atene. Adolf Abel (1882- 1968) studia a Monaco (1902-04) e Dresda (1904-05). Alla Facoltà di Stoccarda è assistente di Paul Bonatz e in seguito professore (1921- 25); quindi diventa Stadtbaudirector a Colonia (realizza gli edifici della Fiera, il ponte Mülheim, la sede delle Facoltà umanistiche, la Staatenhaus im Rehinpark). Nel 1930 succede a Th. Fischer alla cattedra di Architettura e Urbanistica al TUM. Nel dopoguerra insegna a Darmstadt (1946-55). A Stoccarda realizza (insieme a Rulf Gutbrod, 1954-56) la Liederhalle.

10 Sul rapporto tra “tettonica” e cultura germa- nica nell’architettura esiste ovviamente una let- teratura vastissima. Non si affronta qui il tema, senza con ciò sottovalutarlo, e si rimanda solo in- dicativamente a Frampton 1999, pp. 85-116.

11 Con “tettonica“ si intende la rispondenza delle forme riconosciute in un edificio agli elementi e alle leggi della costruzione; in geologia è lo stu- dio della struttura e delle deformazioni della cro- sta terrestre, mentre in istologia è l’ordinamento a strati di un tessuto. Queste ultime definizioni si prestano ad una lettura strutturale del suolo (greco), e lasciano intuire la profonda unità tra suolo ed edificio, tema caro a Konstantinidis.

12 Loos 1972, p. 241.

13 Kostantinidis 1981, p. 276.

14 Fischer 1901, pp. 318-320.

15 Kostantinidis 1981, p. 277.

16 Ivi, p. 264.

17 Ivi, p. 259.

18 Kostantinidis in Konstantinidis 1981 classifica le sue opere in senso cronologico: 1.

Quartiere o Iraklio-Creta (1955-57), a Nea Philadelphia-Atene, a Pireo, a Iraklio-Creta, a Pyrgos, per l’Istituto per l’edilizia popolare;

2. Gli alberghi per l’Organizzazione per il Tu- rismo Ellenico-EOT (1957-67): Camerini e ostelli Xenia a Epidauro (1957-58, 1959-60, 1962-63), Triton hotel a Andros (1957-58), motel Xenia a Larissa (1958-59), hotel Xenia a Mykonos (1958-60), motel Xenia a Kalambaka (1958-62), motel Xenia a Olimpia 1 (1959-62) e Olimpia 2 (1964-66) motel Xenia a Paliou- ri (1960-62), hotel Xenia a Poros (1961-64), motel Xenia a Iraklio-Creta (1962-66), ostello Xenia a Delos (1977); 3. I padiglioni: fiera del giardinaggio a Kifissia-Atene (1940), padiglione

(21)

Vitangelo Ardito, La lingua autentica e la lingua straniera, pp. 125-140

3|2020 139

fieristico a Salonicco (1952, 1954), padiglione EOT a Salonicco (1959); 4. Musei: pinacoteca nazionale a Atene (1956-57), museo Archeolo- gico a Joannina (1961-66), museo Archeologi- co a Komotini (1966-67); 5. casa urbane: casa per appartamenti ad Atene (1947), casa Megaro PIKPA ad Atene (1954), uffici ad Atene (1954), casa per appartamenti a Philothei-Atene (1971- 73), casa per appartamenti ad Atene (1972); 6.

case unifamiliari in cemento: a Vouliagmeni-A- tene (1958-62), a Pangrati-Atene (1960-61), a Philothei-Atene (1960-63), ad Atene (1962), a Ekali-Atene (1973); case unifamiliari in pietra:

ad Eleusi (1937-38), a Sykia (1951), ad Anavys- sos (1962-64), a Spetses 1 (1963-64) e 2 (1965- 67), casa con studio di artista a Egina (1972-78), a Poubakti-Penteli (1973-74), a Egina per la sorella Eleni (1975-77), a Egina per sé (1978), a Kiparissi (1991-92).

19 Per il padiglione EOT alla Fiera di Salonicco (1959) è usuale il riferimento a Mies van der Rohe; ma se si guardano i precedenti lavori con lo stesso tema – ad esempio il padiglione per la IV fiera del giardinaggio a Kifissia (1940) e il

padiglione fieristico a Salonicco (1952) – ci si accorge che la sua origine formale e costruttiva risiede nelle realizzazioni vernacolari.

20 Già Omero descrive, nell’Odissea, il megaron come la sala principale della casa-reggia: qui sono ambientate l’accoglienza di Ulisse nella reggia dei Feaci e il canto dell’aedo Demodoco (Odissea, libri VI-VIII); poi la descrizione del palazzo di Itaca, il canto dell’aedo Femio e la strage dei pretendenti (Odissea, XVII-XXII).

Si tratta di un’abitazione, presente in area egea dall’età preistorica, di forma rettangolare, con vestibolo aperto. I primi esempi sono della metà del III millennio a. C. (Larissa e Troia); esem- pi più compiuti di megaron sono nei palazzi di Micene, Tirinto e Pylos, costituito da una stanza rettangolare con focolare al centro delimitato da quattro colonne, preceduta da un vestibolo e un’antisala. Dal megaron micenico, associato al peristilio, deriva la forma della cella del tempio greco.

21 Kostantinidis 1981, p. 259.

22 Scheffler 1913, p. 16.

(22)

Quaderni di Architettura e Design 3|2020 140

▪Bibliografia

Cofano, Konstantinidis 2010

Cofano P., Konstantinidis D., Aris Konstantinidis 1913-1933, Milano 2010 Dinsmoor 1950

Dinsmoor W.B., The Architecture of Ancient Greece, Batsford 1950 Fallerini 2011

Fallerini P., Dionysios Solomós: dall’isola di Zante la formazione del linguaggio poetico neogre- co, in «Between», I, 1, 2011, <http://www.between-journal.it/> [11/1/2018]

Fischer 1901

Fischer T., Über Stadtbau, conferenza alla TH Munchen, 27-28/2/1901, trad. it. in Nerdin- ger W., Theodor Fischer. Architetto e urbanista 1862-1938, Milano 1990, pp. 318-320 Frampton 1999

Frampton K., Tettonica e architettura. Poetica della forma architettonica nel XIX e XX secolo, Milano 1999, pp. 85-116

Konstantinidis 1981

Konstantinidis A., Projects + Buildings, Athens 1981 Konstantinidis 1976

Konstantinidis A., Elements of Self-knowledge: Towards a true architecture, Athens 1976 Loos, 1972

Loos A., Parole nel vuoto, Milano 1972 Rossi 1999

Rossi A., I quaderni azzurri, vol. 22, edizione critica a cura di F. Dal Co, Milano 1999 Scheffler 1913

Scheffler K., Die Architektur der Groszstadt, Berlino, 1913, trad. it. in Tessenow H., Osserva- zioni elementari del costruire, Milano 1987

Solomos 1824

Solomos D., Dialogo sulla questione della lingua, 1824, trad. it. in Brighenti E., Manuale di conversazione italiana-neoellenica. Col dialogo di Dionisio Solomos intorno alla lingua, Mila- no 1909, pp. 121-124

Riferimenti

Documenti correlati

Anche sulle modalità costruttive e sugli esiti figurativi Giovannoni non fu meno aspro nei suoi giudizi cogliendo nella ricostruzione dei centri urbani della Marsica, e,

Questa pagina può essere fotocopiata esclusivamente per uso didattico - © Loescher Editore..

La storia si ripete, volendo citare Marx, una volta come tragedia, la seconda come farsa. Aggiornando la massima, si potrebbe aggiungere: e la terza come tormentone. Il ministro

Risks to media pluralism are examined in four main thematic areas, which are considered to capture the main areas of risk for media pluralism and media freedom: Basic Protection,

Cominciamo dal perché: per un profondo mutamento sociale e poli- tico, che ha potuto far declinare il modello sociale autoritario e dar cor- po a una società democratica; per

L’ipotesi eziologica sostenuta da Aldrovandi combina le teo- rie biologiche ed embriologiche di Aristotele alle speculazioni di Liceto dando particolare risalto all’analisi da

The features of the urban economy development in Ukraine is the low level of major repairs of hous- ing; the low level of involvement an effective owner in housing utilities

L’arte ceraiola vanta una lunga e consolidata tradizione italiana e fiorentina in particolare: indirizzata verso gli studi anatomici dall’o- pera di paolo mascagni (1755-1815),