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Le chiese del Cadore sotto la diocesi di Belluno. Cenno storico ( )

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Uniti nella Libertà, Liberi nell’unità

Le chiese del Cadore sotto la diocesi di Belluno. Cenno storico (1846-1896)

I)

La Domenica 4 Gennaio 1847 si lesse in tutte le Chiese Cadorine l’annunzio che le medesime erano smembrate dalla Diocesi di Udine ed aggre- gate a quella di Belluno. Il provvedimento era opportuno, e tale fu riconosciuto dal Governo d’allora, interprete, per quanto pare, del desiderio manifestato da Autorità comunali ed ecclesiastiche; ma non sarebbe nel vero chi affermasse, che il popolo cadorino abbia accolto con gioia simile notizia. Le novità anche buone producono sempre del turbamento negli animi, specialmente quando vengono a rompere una tradizione di secoli. Il Cadore era stato ecclesiasticamente soggetto da secoli alla Chiesa Aquilejese, dalla quale avrà probabilmente avuto i suoi primi evangelizzatori; da quasi un secolo dipendeva dalla Chiesa Udinese; il Cadore aveva avuto per molto tempo a Signori non solo spirituali, ma anche temporali i Patriarchi d’Aquileja, e tra questi esso aveva accolto nel 1347, come un salvatore mandato da Dio, in suo Signore temporale e spirituale ad un tem- po, il Beato Bertrando; e dal Mauria aveva veduti discendere in Visita Pastorale col corteo ed il decoro, da tanta dignità richiesto, per citarne alcuni, il Patriarca Francesco Barbaro nel 1592, Ermolao Barbaro nel 1604, Marco Gradenigo nel 1637, Dionisio Dolfin nel 1701, Daniele Dolfin nel 1736 e nel 1745; e dopo i Pa- triarchi gli Arcivescovi e i Vescovi di Udine 1 Bartolomeo Gradenigo nel 1763, Gian Girolamo Gradenigo nel 1772, Nicolò sagredo nel 1790, e tre volte, cioè, nel 1820, 1827 e 1837 Emmanuele Lodi, che ebbe a suo Vicario Generale un cadori- no, Mariano Da Rù, il quale alla morte del Lodi stesso fu Vicario Capitolare: due nomi, di cui dura ancora cara e venerata presso i cadorini la memoria. Una via molto antica e molto storica, quella del Mauria, ha sempre tenuto in comunica- zione il Cadore col Friuli; e per quella via si recavano ad educarsi nel Seminario di Udine non solo tutti coloro, che dovevano diventare poi i preti e i parroci ca- dorini, ma anche molti di quelli, che non percorrevano la carriera ecclesiastica.

1 Nel 1751 fu soppresso il Patriarcato d’Aquileja e diviso nei due Arcivescovati di Udine e di Gorizia.

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2 Era dunque naturalissimo, e non fa meraviglia, se il Cadore ha provato di- spiacere nel distacco da una Diocesi amata, a cui si sente legato da un vincolo d’affetto anche oggi dopo che mezzo secolo e tante cose vi passarono sopra.

II)

Ecco in compendio la parte essenziale della Bolla di smembramento ema- nata da Gregorio XVI°.

« L’amministrazione della Chiesa universale alla Nostra cura affidata ri- chiede, tra le altre, che, mutate le circostanze di luogo e di tempo, si accrescano e si diminuiscano le circoscrizioni ecclesiastiche delle Diocesi. Ora l’Imperatore d’Austria e re del Lombardo-Veneto, Ferdinando I°, col mezzo del conte di Lu- tztow, messo straordinario presso questa Apostolica Sede, Ci prega vivissima- mente, a nome pure degli abitanti, di smembrare dalla Diocesi di Udine, e in- corporare in quella di Belluno, tutte le parrocchie contenute entro quella regio- ne, che un dì portava il nome complessivo di Distretto di Cadore, ed oggi Distretto di Pieve e di Auronzo.

« L’utilità, anzi la necessità, di tale provvedimento, è chiaramente dimo- strata dalla distanza del Cadore dalla Sede Vescovile di Udine e dalla vicinanza alla Sede Vescovile di Belluno.

« Per codesto smembramento, a quanto Ci fu riferito, si osserva che la Dio- cesi di Udine verrebbe a perdere soltanto 20 parrocchie, in cui vivono 32,930 abi- tanti, con 94 sacerdoti; e alla Diocesi di Udine, anche tolte le 20 parrocchie cado- rine, rimarrebbero ancora 200, in cui si numerano 297,345 abitanti, fra cui circa 1100 sacerdoti. Al contrario la Diocesi Bellunese, considerata separatamente da quella di Feltre, colle 20 cadorine aggiunte, viene ad avere 63 parrocchie, 105 mi- la abitanti e circa 225 sacerdoti.

« Si osserva poi che da un lieve danno della Diocesi di Udine deriverebbe- ro grandi vantaggi spirituali a quella di Belluno; e tra i primi quello che il Clero cadorino sarebbesi così potuto chiamare ad esercitare l’ufficio suo in tutta la Di- ocesi Bellunese; mentre nella presente condizione di cose, ciò non può agevol- mente farsi nella Diocesi Udinese, a cagione del dialetto friulano prevalente in tutta la Diocesi di Udine, dialetto poco famigliare ai cadorini, quando per lo con- trario il dialetto veneto, più o meno in uso in tutta la Diocesi Bellunese, è loro famigliarissimo.

« Per tutte queste ragioni, tutto ben ponderato, abbiamo stabilito di esau- dire i desideri dell’Imperatore, assecondando in pari tempo, fin dove si può, quelli degli interessati. Perciò nella pienezza della Nostra Autorità stacchiamo dalla Diocesi di Udine, e uniamo a quella di Belluno tutte le parrocchie contenu- te entro i Distretti di Pieve di Cadore e di Auronzo insieme colle Chiese, Oratori,

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3 Conventi, se per avventura ve ne fossero, Pii Istituti, Beneficii regolari e secolari e finalmente Chierici, Sacerdoti e Religiosi con tutti gli onori, oneri, diritti e pri- vilegi, e gli abitanti tutti di qualunque grado, ordine e condizione.

« Perché poi ad una buona amministrazione ecclesiastica molto importa che il Vescovo conosca con precisione i confini della Diocesi a lui affidata, e, nel caso nostro i limiti delle parrocchie annesse, vogliamo che tutti i documenti, le fondazioni e le scritture che si riferiscono a’ luoghi e persone del Cadore sieno tolti dalla Cancelleria Vescovile di Udine e consegnati a quella di Belluno.

All’uopo deleghiamo il Cardinale Jacopo Monico, Patriarca di Venezia, esecuto- re de’ Nostri Decreti e definitore assoluto, inappellabile di ogni questione che fosse per sorgere. »

Questa Bolla è uno degli ultimi atti di Gregorio XVI°, perché fu data da Roma il 30 Aprile 1846, vale a dire, poco più che un mese prima della sua morte.

L’atto di esecuzione fu steso a Venezia il 29, e pubblicato il 31 di quell’anno dall’esecutore designato dal Pontefice il Patriarca Jacopo Monico. 2 Era allora Arcivescovo di Udine Zaccaria Bricito e Vescovo di Belluno Antonio Gava, il nome dei quali è ancora in benedizione presso i più vecchi Cadorini.

III)

Per effetto di questa Bolla, a incominciare dall’anno 1847, il Cadore appar- tenne ecclesiasticamente alla Diocesi di Belluno, e i chierici cadorini iscritti nel Seminario di Udine furono tosto fatti passare nel Seminario Gregoriano di Bel- luno.

E quali erano le venti parrocchie accennate nella Bolla comprese nei Di- stretti di Pieve e di Auronzo, o, a dir più giusto, nell’Arcidiaconato del Cadore, al tempo dello smembramento? Erano le seguenti, che noi distingueremo in otto Pievi, due Parrocchie e dieci Curazie, ponendo accanto di ciascuna il nome del Pievano, del Parroco e del Curato corrispondente.

Le Pievi ed i Pievani erano: 1) Pieve di Cadore Pievano Anastasio Dori- guzzi Arcidiacono del Cadore. 2) Valle Pievano Valentino Da Rù. 3) S. Vito Pie- vano Francesco Da Rin. 4) Domegge Pievano Giandomenico Toffoli. 5) Vigo Pie- vano Dionisio Da Rù. 6) Auronzo Pievano Giuseppe Genova. 7) S. Stefano Pie- vano Giambattista Zannantoni. 8) Candide Pievano Gio. Antonio Zardus.

Le Parrocchie e i Parroci erano: 1) Selva Parroco Giambattista Tremonti. 2) Pescul Parroco Giovanni De Lorenzo.

2 L’Originale della Bolla, come l’Atto di esecuzione, esiste nella Cancelleria Pa- triarcale di Venezia.

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4 Le Curazie e i Curati erano: 1) Ospitale Curato Giambattista Da Rin. 2) Pe- rarolo Curato Giacomo Talamini. 3) Cibiana Curato Bartolomeo Belfì. 4) Venas Curato Giambattista Zambelli. 5) Vodo Curato Angelo Celotta. 6) Vinigo Curato Angelo Marinello. 7) Borca Curato Matteo Pampanini. 8) Lozzo Curato Matteo Martini. 9) Lorenzago Curato Olinto Da Val. 10) S. Nicolò Curato Valentino Mar- tini.

Gli abitanti erano 32,930 e i sacerdoti 94.

Nei cinquanta anni che corrono dall’anno dello smembramento in poi av- vennero nelle Chiese Cadorine delle novità, che ci piace ricordare.

Furono erette tre nuove Parrocchie, cioè, nel 1852 quella di Calalzo indi- pendente da Pieve, nel 1857 quella di S. Pietro indipendente da Santo Stefano e nel 1860 quella di Danta indipendente e da Santo Stefano e da Candide.

Delle 10 Curazie del 1846 sono scomparse 8 per diventare Parrocchie indi- pendenti, cioè, nel 1857 Perarolo, Cibiana, Venas, Vodo, Lozzo, Lorenzago, e nel 1866 Ospitale e Borca.

Così che attualmente l’Arcidiaconato di Cadore comprende 23 Parrocchie, e precisamente 8 Pievi matrici antiche, 13 Parrocchie indipendenti e 2 Curazie dipendenti, cioè, quella di Vinigo dalla Pieve di S. Vito e quella di S. Nicolò dalla Pieve di Candide.

Le Pievi ed i Pievani, le Parrocchie e i Parroci, le Curazie e i Curati attuali sono i seguenti: 1) Pieve di Cadore Pievano D.n Luigi Bernardi. 2) Valle di Cado- re Pievano D.n Pietro Comis. 3) S. Vito Pievano D.n Giambattista Genova. 4) Domegge Pievano D.n Giuseppe Gregori. 5) Vigo Pievano D.n Lucio Toffoli. 6) Auronzo Pievano D.n Antonio Da Rin. 7) S. Stefano Pievano D.n Giambattista De Martin. 8) Candide Pievano D.n Giovanni Doriguzzi. 9) Ospitale Parroco D.n Giambattista Faghera. 10) Perarolo Parroco D.n Arcangelo Del Favero. 11) Ci- biana Parroco D.n Antonio Del Favero. 12) Venas Parroco D.n Matteo Fiori Econ.

Sp. 13) Vodo Parroco D.n Bartolomeo Talamini. 14) Borca Parroco D.n Carlo Ri- va. 15) Pescul Parroco D.n Matteo Ossi Ec. Sp. 16) Selva Parroco D.n Luigi De Lorenzo. 17) Calalzo Parroco D.n Biagio Jacobi. 18) Lozzo Parroco D.n Gaetano Monti Arcid.o. 19) Lorenzago Parroco D.n Pietro Da Ronco. 20) Danta Parroco D.n Sante De Lorenzi. 21) S. Pietro Parroco D.n Giovanni Fiori. 22) Vinigo Cura- to D.n Lorenzo Comis. 23) S. Nicolò Curato D.n Pio De Martin.

A completare il numero dei Benefizii ecclesiastici esistenti in Cadore, biso- gna aggiungere due Rettorie, quella di S. Vigilio in Vallesella, vacante, e quella di Sant’Orsola di Vigo, di cui è attualmente investito Don Beniamino Berton; più trentaotto Mansionerie tra occupate e vacanti.

Gli abitanti sono 47,000, i Sacerdoti 54.

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5 IV)

In mezzo secolo la morte ha largamente mietuto nel Clero cadorino e ha rapito ai vivi non solo tutti i Pievani, Parroci e Curati del 1846, il che era, si può dire, inevitabile, ma quasi tutti anche i loro successori e non da per tutto in nu- mero di uno soltanto.

E quali pastori ressero le Chiese cadorine in tempi tanto difficili e tanto pieni di cangiamenti politici, morali, sociali! Quanto in loro non pure lo zelo del bene spirituale delle anime ma anche del bene materiale delle famiglie! quanta solennità nei loro atti! quanta prudenza nelle loro parole! quanta integrità nella loro vita! e quante opere di beneficenza verso i poveri ed i sofferenti e quale vin- colo di confidenza, di affetto e di rispetto fra il Parroco ed il popolo! Mi sia leci- to, per debito di venerazione, ricordare i più benemeriti. E come non ricordare tra i primi i tre Arcidiaconi Anastasio Doriguzzi, Giambattista Martini, ambedue pievani di Pieve e Gabriele Gregori, pievano di Auronzo? tre diverse menti, tre diversi cuori, ma tutti e tre menti e cuori eccellenti, tutti e tre vanto del Clero ca- dorino! E dove lascio un Dionisio Da Rù, pievano di Vigo, un Giambattista Zan- nantoni, pievano di S. Stefano, un Giovanni Antonio Zardùs, pievano di Candi- de, un Matteo Pampanini, un Bortolo De Luca pievani di Valle, ed un’Antonio Da Vià, pievano di Pieve? La vostra memoria, o benedetti, non perirà, finché sia sacro il culto degli uomini, che passarono beneficando.

E non solo il Clero cadorino tenne in questo tempo alto il suo nome e fu benemerito entro i confini della piccola patria cadorina, ma primeggiò nella città stessa della sede Vescovile. Il Capitolo della Cattedrale vanta ascritti fra i suoi membri un Anastasio Doriguzzi e un Giambattista Martini che furono anche Vi- cari Vescovili.

Vanto precipuo del Capitolo un Mons. Giovanni De Donà, canonico teolo- go acutissimo, della cui classica ed eloquente parola esso Capitolo si servì in tut- te le grandi occasioni sì liete che tristi.

E nel Ginnasio Liceo vescovile di Belluno insegnarono colti Sacerdoti ca- dorini più di uno, quali furono, a tacere dei viventi, Don Fortunato Zannantoni, Don Gabriele Gregori, Don Carlo Da Vià, Don Vito Talamini, Don Ambrogio Zambelli, Don Giovanni De Donà, che fu pure per parecchi anni Direttore: e il suo successore fu ancora un cadorino, il più volte ricordato Mons. Martini; e quando il Liceo vescovile diventò il R. Liceo Tiziano, dalla morte del Vescovo Renier alla propria (1871-1890) fu Rettore del Seminario ancora Mons. De Donà.

E quasi sotto tutta l’amministrazione del Vescovo Renier, e per circa 25 anni di quella del Successore Mons. Salvatore Bolognesi, fu Cancelliere Vescovile, e ul- timamente anche Canonico Teologo, Don Innocente Dott. Belfì, la cui morte, da pochi mesi avvenuta, è l’ultimo acerbo lutto del Clero cadorino.

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6 Un vanto singolare del Cadore fu il sacerdote Don Natale Talamini, che, e sulla cattedra e nelle politiche assemblee e nella prigionia, nelle prove, negli scritti, nelle fervide poesie, ebbe sempre due grandi ideali: Fede e Patria.

V)

Quando il Cadore fu unito alla Diocesi di Belluno era Vescovo di Belluno fino dal 1843, lo abbiamo già detto, Mons. Antonio Gava di Ceneda.

Di fatti notevoli che riguardino le Chiese cadorine, avvenuti sotto di lui, ricordo due soltanto: una visita pastorale nel 1847 dal 20 Agosto al 22 Settembre, l’unica che vi abbia fatta, durante la quale consacrò la Chiesa di Pozzale, di Do- soledo e di Venas e tenne Ordinazioni sacre a Pieve; e la erezione della Parroc- chia di Calalzo, che, come già abbiamo detto, avvenne il 10 Ottobre 1852.

Del resto per rispetto al Cadore, egli non fu Vescovo che per il breve spa- zio di cinque anni, poiché rinunziò nel 1852 e, lasciando nella Diocesi molta ere- dità d’affetto e di venerazione, si ritirò nel Seminario di Ceneda, dove morì nel 1865.

Del successore Vincenzo Scarpa non possiamo dir altro se non che era O- ratore di grido e Canonico Arciprete della Cattedrale di Padova; che fu preco- nizzato da Pio IX nel 1854; e che morì il Giugno dell’anno stesso a Vienna prima di essere consacrato, e finalmente che la sua salma fu trasportata a Padova e o- norata di funerali solenni.

Morto lo Scarpi, fu eletto Vescovo di Belluno e Feltre nel 1855 Giovanni Renier che, nato a Godega di Castelfranco il 29 Gennaio 1796, e fatto sacerdote era salito in fama come predicatore ed anche come cultore delle lettere e della poesia; già Arciprete di Mestre, e allora canonico della cattedrale di Treviso.

Quando il 20 Luglio 1856 fece il suo ingresso nella Cattedrale di Belluno, l’oratore che salutò il nuovo eletto fu Don Giovanni De Donà, che parlò eloquen- temente ed elegantemente della dignità e della missione dei Vescovi.

Il clero della Diocesi dedicò allora a Mons. Renier La Pratica dello zelo eccle- siastico dell’ab. Dubois, tradotto dal francese da P. [=Prè] Gabriele Gregori, parro- co di Auronzo; e il prof. Don Vito Talamini gli dedicò la versione di alcuni salmi.

Nei quindici anni del suo Episcopato la piccola patria ecclesiastica cadori- na registra più fatti: nel 1857 la costituzione canonica di sette parrocchie indi- pendenti, nel 1860 l’erezione di una parrocchia nuova, quella di Danta, e nel 1866 quella di altre due.

Nel 1861 fu tenuto il Sinodo Diocesano, e gli atti di esso su bozze prepara- torie italiane, formulate da Mons. Vescovo, furono ribatti e tradotti in elegante latino da Mons. Giovanni De Donà.

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7 Mons. Giovanni Renier fece due visite pastorali al Cadore, la prima nel 1858, la seconda nel 1864. Sotto di lui furono fabbricate parecchie nuove Chiese cadorine, come quella di Campolongo (1858), di Costalta (1862), di Padola (1862), di Caralte (1863), di Costa (1865), di Casamazzagno (1866), e le tre più sontuose Chiese moderne che il Cadore abbia veduto sorgere: la Chiesa di S. Lu- cano in Villapiccola d’Auronzo (1856), la Chiesa di S. Nicolò in Perarolo (1863), 3 ambedue consacrate da lui, e la Chiesa di San Giorgio in Domegge (1862-65).

VI)

Rimane a vedere, per quanto spetta al Cadore, l’opera del Vescovo vene- rando che da 25 anni regge la Diocesi Bellunese.

Il 22 Aprile 1871 moriva il Vescovo Giovanni Renier, e nel Concistoro del 27 Ottobre di quello stesso anno, veniva da Pio IX di s. m. [=di santa memoria]

preconizzato a suo successore Mons. Salvatore Bolognesi della Congregazione dell’Oratorio di Venezia.

Quando nella Chiesa dei Filippini di quella Città il 10 dicembre 1871, Mons. Bolognesi veniva consacrato Vescovo dalle mani del Patriarca Trevisana- to, vi assisteva fra gli altri, come rappresentante del Clero di Belluno, Mons.

Giovanni De Donà, Rettore allora, e poi fino alla morte, del Seminario Gregoria- no.

Il solenne Suo ingresso nella Cattedrale di Belluno avvenne il 6 Gennaio 1872; e ancora nel Maggio di quell’anno fece la sua prima Visita pastorale al Ca- dore. In quella occasione, il dì 25 Maggio, tenne Ordinazioni Sacre nella Chiesa Arcidiaconale.

Nel Giugno e Luglio 1877 fece la sua seconda Visita pastorale, presiedette nella Chiesa Arcidiaconale di Pieve alla prima Congregazione del Clero cadori- no per la soluzione dei casi. Consacrò in quell’anno la rifabbricata Chiesa di Pa- dola, e battezzò le Campane di Cibiana, Calalzo, Vigo, Lorenzago e Dosoledo.

Nel 1882 fece la terza Visita, e nel 1889 la quarta ed ultima, ma solo nelle pievi e parrocchie centrali, tornandogli malagevole per la inoltrata età il recarsi nelle più piccole e più lontane.

In tutte le quattro Visite, che sono già per sé stesse argomento del fervido suo zelo per il bene delle Anime, il Venerando Pastore diede prova di instanca- bile operosità sia nella dispensazione 4 della divina Parola, sia nella amministra- zione de’ Sacramenti, sia nel restauro della ecclesiastica disciplina e sia infine

3 Ahimè questo bel monumento ecclesiastico è già pur troppo destinato alla de- molizione!

4 [ Era stato scritto per errore disputazione ].

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8 nel richiamo all’osservanza esatta delle liturgiche prescrizioni. A rendere poi ordinata e precisa l’opera dei parrochi, pubblicò nel 1885 le formole per i Regi- stri Canonici e con varie opportune Circolari in epoche diverse, le norme da se- guirsi ne’ casi più difficili ed importanti della gestione Parrocchiale.

Il Cadore poi ebbe altresì più volte prova dell’animo caritatevole e benefi- co di Mons. Bolognesi. Non vi fu sventura che cadesse su questa o quella par- rocchia cadorina a cui Egli non sovvenisse con pronto e largo soccorso, solleci- tandone ajuti anche dall’altrui carità.

Il Signore lo conservi ancora lunghi anni.

PUBBLICAZIONI VERIFICATE:

«Comunicati dal Libero Maso de I Coi», n. 010, giovedì 3 marzo 2011, con questa nota iniziale di don Floriano Pellegrini:

« Questo è il titolo dell’opuscolo (24 pagine, stampato a Pieve di Cadore Tip. Tiziano) che, a nome del suo clero, l’arcidiacono del Cadore don Gaetano Monti fece pubblicare nel 1896 e dedicare (p. 3) “A / Sua Eccellenza Illustrissi- ma e Reverendissima / Monsignor / Salvatore Bolognesi / Vescovo di Belluno e Feltre / nel faustissimo giorno / del suo giubileo episcopale / 10 dicembre 1896 // Il Clero Cadorino”.

« E questa ne è la dedica (pp. 5-6): “Eccellenza Illustrissima e Reverendis- sima, / Dieci anni fa il 19 dicembre 1886 nell’occasione della Messa d’oro di V.

E. il Clero cadorino indirizzava parole di affetto, di plauso, di devozione al Pa- dre e al Pastore amatissimo. / In questo giorno, in cui si compiono i 25 anni, dacché V. E. fu consacrato Vescovo e fu provvidenzialmente destinato a reggere la nostra Diocesi, il sottoscritto interprete dello stesso Clero cadorino, di cui è capo, manifesta devoto e riconoscente al Presule venerando i medesimi senti- menti, resi ancora più intensi dalla gioja di vedere conservata a nostro spirituale vantaggio una decorosa vecchiezza, e dalla speranza e dall’augurio che tale per molt’anni possa ancora conservarsi. / E perché di questo giorno alla Chiesa Bel- lunese e Feltrese faustissimo, auspicalissimo, giunga un ricordo umile bensì, ma non inopportuno, il sottoscritto dedica alla E. V. questo breve cenno storico sulle vicende delle Chiese e del Clero del Cadore durante mezzo secolo di dipenden- za dalla Diocesi Bellunese. / Nella fiducia che V. E. lo gradisca più come saggio di riverente animo che di merito storico, il sottoscritto implora su tutto il Clero e il Popolo cadorino e sopra di sé la pastorale benedizione. / Lozzo di Cadore 10 Dicembre 1896 / Don Gaetano Monti / Arcidiacono del Cadore”.

« In relazione a un testo così succinto, ma abbastanza vasto per gli anni os- servati, sarebbe necessario soffermarsi in più considerazioni. A noi, per un co-

(9)

9 municato, sembra già d’aver compiuto opera giovevole ai nostri lettori, l’aver of- ferto loro questo testo. Permettendoci solo di aggiungere tre note:

« 1) Al di là delle espressioni di ossequio, è facilmente individuabile l’ a- marezza del clero cadorino per essere stato costretto a far parte di quello della diocesi di Belluno; quest’amarezza non è ancora cessata, e, ci sia consentito, giu- stamente: la storia non è un’opinione e le persone non sono pecore, che potreb- bero essere tranquillamente trasferite da una comunità all’altra, come fossero dei figli di nessuno.

« 2) E’ altrettanto evidente che il povero arcidiacono raccontava una men- zogna quando diceva che: “Il provvedimento era opportuno, e tale fu ricono- sciuto dal Governo d’allora, interprete, per quanto pare, del desiderio manifesta- to da Autorità comunali ed ecclesiastiche”; ah, come le bugie hanno le gambe corte! E’ lo stesso pontefice Gregorio XVI, nella Bolla di unificazione, più avanti riportata in ambio riassunto, a dire che fece tale provvedimento perché richie- stogli dall’imperatore e re del Lombardo-Veneto: “L’Imperatore d’Austria e re del Lombardo-Veneto, Ferdinando I°, col mezzo del conte di Lutztow, messo straordinario presso questa Apostolica Sede, Ci prega vivissimamente…” e più avanti: “Per tutte queste ragioni, tutto ben ponderato, abbiamo stabilito di e- saudire i desideri dell’Imperatore…”.

« 3) Interessante l’accenno che Gregorio XVI fa alle problematiche lingui- stiche, le quali, a suo dire, farebbero rientrare il Cadore nella parlata (nel dialet- to, dice) veneto, mentre a Udine riconoscere essere molto diffuso il friulano; in- teressante perché, per altri aspetti, vi era pure una indiretta legittimazione di detto friulano tra il clero udinese ».

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