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F O T O G R A F I A. G l i e l e m e n t i g e n e r a l i

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Academic year: 2022

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(1)

F O T O G R A F I A

G l i e l e m e n t i g e n e r a l i

(2)

O B I E T T I V O

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E’ un dispositivo ottico realizzato attraverso una lente o gruppi di lenti e/o specchi concavi ed è presente in molte apparecchiature ottiche: binocoli, telescopi, cannocchiali….

Nel caso di una fotocamera, il suo scopo è quello di mettere a fuoco un soggetto sul sensore della macchina e regolano la quantità di luce che li attraversa, utilizzando un’apertura fisica.

Essi sono dotati di Autofocus, controlli servo zoom, stabilizzatore d’immagine, aperture elettroniche e regolazioni manuali dei diaframmi.

Esistono tre tipologie pincipali di obiettivi:

1. Obiettivi zoom

Permettono di modificare la lunghezza focale e si adattano ad ogni tipo di esigenza.

Esso copre una gamma focale che va dal grandangolo al dettaglio e alcuni di essi hanno un moltiplicatore di focale 2x che permette un aumento della gamma notevolmente maggiore.

2. Obiettivi a focale fissa

Non permettono di cambiare la lunghezza focale.

Tuttavia hanno una qualità d’immagine superiore, poiché riducono la distorsione e in condizioni di scarsa luce i risultati sono migliori rispetto gli obiettivi zoom.

3. Obiettivi speciali

Permettono di effettuare riprese particolari. Fanno parte di questa famiglia le ottiche macro e gli obiettivi fisheye.

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L’angolo di campo determina la porzione di scena che possiamo riprendere ed è strettamente legato alla lunghezza focale dell’obiettivo.

Qui di seguito viene mostrato uno schema delle principali lunghezze focali con rispettivi angoli di campo.

Inoltre l’angolo di campo dipende anche dalla dimensione del sensore della macchina: più è grande il sensore, più è ampio l’angolo di campo.

Infine, secondo la lunghezza focale, gli obiettivi vengono classificati in: super teleobiettivi (oltre 300 mm), teleobiettivi (300 - 135 mm), teleobiettivi medi (135 - 85 mm), standard (50 mm), grandangolari (28 - 24 mm) e ultragrandangolari (20 - 16 mm).

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C E R C H I O D I

C O P E R T U R A

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L’immagine circolare che produce l’obiettivo non termina in maniera netta, ma sfumata verso il bordo ed è all’interno di questo cerchio che il sensore va a registrare l’immagine.

Affinché il sensore possa registrare l’immagine, essa deve essere ben definita, quindi il rettangolo del sensore deve restare all’interno di tale cerchio.

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S E N S I B I L I T A’

I S O

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Semplicemente si tratta di una scala di valori che permette d’impostare la sensibilità del sensore alla luce.

Impostando valori elevati si creano problemi di rumore di fondo.

Quindi è consigliabile utilizzare valori bassi per ogni cosa che vogliamo fotografare.

Tuttavia se ci troviamo in condizione di luce scarsa e non disponiamo di un flash, possiamo utilizzare ISO alti, cosi da evitare di utilizzare tempi di esposizione maggiori.

La scala dei valori standard ISO è la seguente:

Aumentando il rumore, diminuisce la nitidezza delle immagini.

Gli ISO procedono a “stop”.

Inoltre le macchine digitali permettono d’impostare terzi di stop.

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O T T U R A T O R E

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E’ un dispositivo che regola la quantità di luce nel tempo che va ad impressionare il sensore.

Qui di seguito è mostrata la scala dei valori principali dei tempi di scatto.

Le macchine fotografiche digitali, come gli ISO, permettono d’impostare valori intermedi e anch’essi procedono a “stop”.

Con un tempo lento si cattura il soggetto esaltandone il movimento.

Con un tempo veloce si cattura il soggetto in movimento aumentando la nitidezza.

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D I A F R A M M A

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E’ contenuto nell’obiettivo ed è il foro attraverso il quale passa la luce.

E’ formato da un numero di lamelle che delimitano un poligono di numero lati che simula un foro circolare. Maggiore è il numero di lamelle, più il poligono si avvicina al cerchio e quindi maggiore è la qualità del diaframma.

Per indicare l’apertura del diaframma viene utilizzata la seguente scala di valori:

I diaframmi larghi danno minore profondità di campo: sono a fuoco gli oggetti compresi in un intervallo di distanze piuttosto stretto.

I diaframmi stretti danno maggiore profondità di campo: sono a fuoco gli oggetti compresi in un intervallo di distanze più ampio.

Per indicare la scala diaframmatica viene utilizzato f/n e come tempi e ISO, anche i valori del diaframma procedono a “stop”.

Inoltre le macchine fotografiche digitali permettono d’impostare valori intermedi.

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P R O F O N D I T A’

D I C A M P O

(14)

E’ l’estensione della messa a fuoco alle spalle e davanti il punto in cui l’obiettivo è messo a fuoco.

Per variare la profondità di campo bissona andare ad agire sul diaframma.

Qui di seguito vengono mostrate due fotografie con una diversa profondità di campo e un diverso utilizzo del diaframma:

Diaframma chiuso (f/16)

Diaframma aperto (f/4)

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La profondità di campo varia anche a seconda dell’obiettivo che utilizziamo: un obiettivo grandangolare fornirà una profondità di campo maggiore rispetto un obiettivo a lunga focale

Paesaggio scattato con un obiettivo a corta focale (grandangolo) Abbiamo grande nitidezza dal primo piano all’infinito

Fotografia scattata con un obiettivo a lunga focale.

Ciò che viene messo a fuoco è ciò che si trova in primo piano.

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La profondità può essere ottenuta anche attraverso alcuni elementi o fattori, chiamati indici di profondità.

Essi sono:

1. Sfocatura o bokeh

2. Prospettiva

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3. Effetto mosso

4. Distanza dal bordo inferiore

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B I L A N C I A M E N T O

D E L B I A N C O

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In realtà la luce non è bianca: la luce artificiale è calda, mentre la luce del sole è più fredda.

Una temperatura bassa corrisponde ad un colore giallo - arancio.

Scendendo si passa al rosso e all’infrarosso, mentre salendo la luce prima si fa bianca, azzurra, violenta e infine ultraviolenta.

Lo scopo del bilanciamento del bianco è quello di indicare alla fotocamera come agire per rendere bianchi gli oggetti all’interno della fotografia.

Il bilanciamento del bianco può essere effettuato attraverso:

1. Automatic White Balance

Essa permette di trovare un bilanciamento molto vicino a quello corretto.

Trattandosi di una regolazione automatica effettuata da una macchine non è affidabile, poiché il risultato ottenuto può non essere corretto

2. Impostazioni predefinite

Le macchine possiedono, oltre al bilanciamento automatico, anche impostazioni predefinite a seconda della situazione.

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Se ad esempio ci troviamo all’interno di una stanza illuminata da una lampadina a incandescenza imposteremo questa modalità.

3. Impostazione manuale

E’ la modalità più efficace. Permette di misurare precisamente il colore della luce e di registrare correttamente i colori.

Ad esempio si punta la macchina su un foglio bianco per misurare correttamente il colore della luce.

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M E T O D I C O LO R E

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Esso permette di rappresentare il colore in forma numerica utilizzando tre o quattro componenti cromatiche.

Esistono due principali metodi di colore:

1. Quadricromia

CMYK sta per Cyan, Magenta, Yellow e Key black ed è un modello di colore detto anche quadricromia.

Questo modello utilizza la mescolanza sottrattiva per la composizione dei colori.

I sistemi che utilizzano questo modello usufruiscono della tecnologia “Computer to plate”, i quali mediante una lastra chiave detta key plate allineano le lastre degli altri tre colori.

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2. Tricromia

Le sue specifiche sono state descritte nel 1931 dalla CIE.

E’ un modello colore di tipo additivo ed è composto da Red (R), Green (G), Blue (B).

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P R O F I L O C O L O R E

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E’ la carta d’identità associata ad un file o a una periferica.

Se tutte le periferiche che lo gestiscono hanno lo stesso profilo, allora il file grafico si manterrà uguale per tutto il suo percorso, senza variare le sue caratteristiche cromatiche.

I profili colore più importanti sono:

1. Coated FOGRA27

E’ lo standard quando si ha a che fare con la stampa offset su carta patinata.

Inoltre la maggior parte dei lavori di grafica vengono realizzati secondo questo profilo.

2. sRGB

E’ stato introdotto da Microsoft e HP perché rappresenta i colori riproducibili con le più comuni periferiche digitali.

Lo spazio colore sRGB include il 35% dei colori visibili dall’occhio umano ed è assegnato alle immagini realizzate con macchine fotografiche consumer.

3. Adobe RGB (1998)

E’ stato progettato per la visualizzazione a schermo dei colori ottenibili con sistemi di stampa CMYK professionali. Contiene il 50 % dei colori visibili dall’occhio umano ed è assegnato alle immagini realizzate con macchine fotografiche professionali.

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