MONICA MONICI
BURLE
brevi esperimenti poetici
Dedicato a tutti quelli che odiano la poesia e a Taffo, che mi ha insegnato che la vita è breve.
Scritto a Milano, estate 2020;
pubblicato dicembre 2020.
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
RINGRAZIAMENTI
Grazie a Gae e buon compleanno.
PRESENTAZIONE
Il presente testo nasce da un esperimento, da un'attività in qual‐
che modo dissacratoria, in cui il testo poetico è considerato come un insieme di vocaboli e di suoni da maneggiare come fossero ma‐
teria, ancor prima che portatori di senso. Per la necessità di capire se il percorso fosse realmente praticabile e per verificare se il pro‐
cesso di costruzione di un testo poetico potesse essere effettivamen‐
te alla portata di tutti, si è ottenuto infine questo agglomerato di componimenti, realizzati attraverso la manipolazione di testi che sono di volta in volta indicati in calce.
Il procedimento è molto semplice: basta ritagliare parole, frasi e anche interi versi da componimenti noti e poi ricomporli, riadat‐
tarli, dare loro nuovi significati. Lo scopo è il puro divertimento e il tentativo di rendere avvicinabile la poesia anche per gli studen‐
ti che proprio non la sopportano.
Ho iniziato per scherzo, poi mi sono divertita e ho scritto in tutto ventiquattro brani. Ad un lettore esperto richiameranno sicura‐
mente l'autore e l'opera, mentre ad una lettura superficiale potreb‐
bero sembrare vere poesie. L'intento non è, ovviamente, screditare l'opera di autorevoli poeti o ridicolizzarne l'espressione, bensì quel‐
la di afferrare lo spirito dello scritto poetico, apprezzarne le sfu‐
mature, le pieghe, cogliere le differenze tra gli autori, tra le epo‐
che storiche. Plasmare la materia parola, renderla duttile e con
essa creare nuove entità, nuovi pensieri.
Per i dettagli sul PROGETTO POESIA e le modalità di realizza‐
zione dell'esperimento visita il sito www.monicamonici.it.
LE GABRIELLE
omaggio a GABRIELE D'ANNUNZIO
ANSIA
Mia sete, sei più cara
che tutte le acque dei ruscelli.
L'ansia mia vana odo sol tra le pause,
mentre sempre odo le canne gemere d'ombra in ombra roche nella dolente sera.
In sue lente parole il cor si spazia tra quelle mura
ove dalla barbarie fu sepolta all'eco dell'inclite caverne.
Sopor mi colse presso la fontana e il rame s'udia come campana.
Sola una nota,
divina nudità delle cose, sotto il ponte selvaggia
contro il torrente folle di rapina.
Le nuvole soavi son come prede:
amato e amante, pavido è fatto
al rombo del suo stesso sangue.
La vita fruttuosa s’agguaglia alle sorte magnifiche dei regni:
misurar nel cuore
meditabondo la durabil forza.
Chiaro leggero è l'arbore nell'aria come la luce ovunque tocca l'ombra.
Gioventù, giustizia incorruttibile,
la nostra anima nuda come su letto d'erbe fecesi occhio che vede e che sorride.
Imiterai le foglie
e l'acque anche una volta e i silenzii del dì con le tue note.
Armonie.
D'ombra in ombra l'ansia il cor mi punge.
liberamente tratto da G. D'Annunzio - LA SERA FIESOLANA - BEATITUDINE - FURIT AESTUS - IL FANCIULLO - LA PIOGGIA NEL PINETO - L’AEDO SENZA LIRA - L'ULIVO
FIGLIO
Figlio della Cicala e dell'Olivo, tu cogliesti la canna pel tuo flauto, pel tuo sufolo doppio a sette fóri;
tu danzavi le tue melodie, nudo nel divin marmo
come nell'aria, conducendo i cori.
Tutto ignori e discerni
tutte le verità che l'ombra asconde.
O fiore innumerevole,
l'immensa plenitudine vivente trema nel lieve suono
versando
una la luce ed una l'ombra come il mare e le foci.
Chino con sopraccigli corrugati eleggere sapesti il re splendente e ridere d'un bel selvaggio riso.
Converse le canne sono in chiari vetri onde lenti i suoni stillano
come gocce da clessidre.
Taciti, senza spire,
eretti i serpi bevono l'incanto.
Par che da' piedi tuoi sia nata radice:
Natura ed Arte sono un dio bifronte
che conduce il tuo passo armonioso
per tutti i campi della Terra pura.
Tu non distingui l'un dall'altro volto ma pulsare odi il cuor che si nasconde unico nella duplice figura.
Ogni voce in tuo suono si ritrova e in ogni voce sei,
fiore della divina arte innocente, fatto di segreto e di freschezza.
Figlio della Cicala e dell'Olivo, col tuo sufoletto
incanti la lucertola verdognola che sopra la selce palpita seguendo il dolce suono che tu moduli
secondo i suoi colori.
Tu moduli secondo l'aura e l'ombra e l'acqua e il ramoscello
secondo il bianco vol della colomba, la nuvola che varca il colle
qual pensier che volto muti.
Ma nel fior della tua carne, ove la pietra è figlia della luce e sostanza dell'aere è il pensiere, e' vana la mia voce,
melodiosamente s'allontana.
liberamente tratto da G. D'Annunzio - LA SERA FIESOLANA - BEATITUDINE - FURIT AESTUS - IL FANCIULLO - LA PIOGGIA NEL PINETO - L’AEDO SENZA LIRA
PIOGGIA
Taci.
Odo gocciole lontane.
Ascolta.
Piove sui volti, piove sulle mani, sui freschi pensieri.
Odi? La pioggia cade con un crepitío che varia nell'aria.
Ascolta.
Risponde al pianto il canto . Ascolta, ascolta.
L'accordo a poco a poco più sordo sotto il pianto che cresce.
Ascolta.
La figlia dell'aria è muta;
piove su le tue ciglia sì che par tu pianga.
Color di perla
col lacrimar degli occhi
color di perla
per ovunque spazia e il ciel tanto è vicino
che la terra sciolta s'è nell'infinito.
Fresche le mie parole
come il fruscìo che fan le foglie e par che innanzi a sé distenda un velo, ove il nostro sogno si giace,
la sperata pace, senza vederla.
Il tuo viso di perla i tuoi grandi umidi occhi ove si tace l’acqua del cielo!
Le mie parole come la pioggia tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso della primavera, il fiume, le cui fonti
parlano nel mistero sacro dei monti.
Un falco stride nel color di perla:
il cielo si squarcia.
La forza annoda le radici, la luce copre abissi di silenzio.
Ti vidi nel mio sogno:
l'acqua sorgiva fra i tuoi neri cigli.
La tua parola su me piove candida come il fior del melo.
Taci!
Vento spira odor di miel dall’ombra, parla di battaglia.
Tu taci e ascolti.
Abita nella mia selvaggia pace
la febbre come dentro le paludi.
E tutta la vita è in noi tra le pàlpebre e gli occhi.
liberamente tratto da G. D'Annunzio - LA SERA FIESOLANA - BEATITUDINE - FURIT AESTUS - IL FANCIULLO - LA PIOGGIA NEL PINETO - L’AEDO SENZA LIRA
VOCE DEL MARE
Conosci il sogno della silente creatura?
In lei non è paura:
se interroghi la terra, il ciel risponde.
Ogni golfo è una cetra:
l'ombra si spande, il monte violetto mormora e odora come un alveare.
Sol calando, la plaga d'occidente s'infiamma e d'improvviso tutta la selva è fatta un vasto rogo.
Le nuvole di foco scindon le radici errabonde.
Schietta pietra, pendente nell'azzurro, di color d'acqua piovana
che riga la pallida contrada
ove i campi il cipresso han per confine, or tuttavia nella sua forma sente la vita delle belle acque ondeggiare.
Sediamo in su le prode.
Nel gran fuoco del vespro ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s’incùrvino come labbra che un divieto
chiuda, sì che ogni sera
l’anima le possa amare d’amor più forte.
Si dilegua ne' fiammei orizzonti, forse è fratel degli astri,
il flutto degli odori.
L'aura move la tunica fluente come schiume su la marina cui l'ulivo arride
senza vederla.
Navigando nell'alta notte illune, noi vedremo rilucere la riva del diurno fulgor ch'ella ritiene, spoglia d'avorio e d'oro.
O sposo della Terra venerando, par quasi che tu sol le cose muova, nel tuo sonno hai valicato l'acque e un nume ineffabile risplende nel suo pallore.
liberamente tratto da G. D'Annunzio - LA SERA FIESOLANA - BEATITUDINE - FURIT AESTUS - IL FANCIULLO - LA PIOGGIA NEL PINETO - L’AEDO SENZA LIRA - L'ULIVO
LE BARBARE
omaggio a GIOSUE' ALESSANDRO GIUSEPPE
CARDUCCI
TRAMONTO
Corrono le nubi.
Il vento dal pian tristo move umido
queste minacce di mura al cielo e al tempo.
Vapor d’ambrosia
giunge come il bacio d’un dio:
bacio di luce che inonda la terra,
mentre grigio urla il gabbiano sul violaceo mare.
Tra candide e nere cuspidi rapide salienti, baci col roseo fiato le nubi, tutta avvolta di faville d’oro
baci dei marmorei templi le fósche cime.
Il piano somiglia al mare superbo di fremiti e d’onde:
le strade lunghe tra il verde polveroso e i pioppi, varcano i ponti snelli con fughe d’archi il fiume.
Inchinaronsi i cieli, un dolce chiarore vermiglio adombra la selva e il colle,
le ville e il verde piano d’argentei fiumi rigato, la terra
tutta risorridente nel roseo lume.
E tutto è fiamma e azzurro.
Di te si rallegrano i fiumi
tremuli luccicando tra il mormorar dei pioppi:
ridono le stelle, fiori eterni del cielo nei misteri della sera.
Liberamente tratto da CARDUCCI - ODI BARBARE : IDEALE – ALL’AURORA - DINANZI ALLE TERME DI CARA‐
CALLA - FUORI ALLA CERTOSA DI BOLOGNA
SERA
Un esercito di giganti
che guerra mediti con l’invisibile:
Continui, densi, neri, come fluttuando levansi enormi sospiri e strepiti.
Davanti, larga, nitida, candida splende la luna: del suo palpito lucido tinge il cielo inclita vedova dolorosa superba di lumi e cantici nel mar morenti.
Passa e non guarda.
Nella discordia degli uomini fra i barbarici tumulti salgono gli aneliti di solinghe anime.
Salgono con mormorii molli, fremiti lieti salgono in un volo di tortore, con l’ululo di turbe misere che al cielo le braccia tendono.
Drappelli oscuri, nell’ombra, i mille vindici del destino, come pirati.
Boschi di lauro
frondeggiano dietro spirando
effluvi e murmuri ne la sera.
Liberamente tratto da CARDUCCI - ODI BARBARE: IN UNA CHIESA GOTICA - SCOGLIO DI QUARTO - DINANZI ALLE TERME DI CARACALLA - SCOGLIO DI QUARTO
LE GIOVANNE
omaggio a GIOVANNI PASCOLI
NOTTE
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
E cielo e terra si mostrò qual era:
come un occhio, che, largo, esterrefatto, s’aprì si chiuse, nella notte nera.
Nella notte nera come il nulla, il tuono rimbombò di schianto:
rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, rimareggiò rinfranto.
La terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto.
Stanco tornavo, come da un viaggio;
da un ermo santuario che sa di morto incenso.
Notte nera, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri urli portava dai deserti il vento tra un silenzio immenso.
liberamente tratto da: PASCOLI - IL LAMPO - IL TUONO - LA GATTA – SOGNO - IL PASSERO SOLITARIO
VENTO
E s’aprono i fiori notturni, le farfalle crepuscolari.
Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse.
Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento come ombra di mosca, ma ombra infinita, di nuvola fosca che tutto fa sera.
Sentivo una gran gioia, una gran pena;
una dolcezza ed un’angoscia muta.
Nero di pece,
stracci di nubi chiare, tra il nero
un’ala di gabbiano.
Tremendo e veloce come un uragano che senza una voce dilegua via vano:
nere trame e vuoto il cielo.
Silenzio, intorno:
solo, alle ventate,
di foglie un cader fragile.
liberamente tratto da: PASCOLI - IL GELSOMINO NOTTURNO - IL BRIVIDO – TEMPORALE - NOVEMBRE– SO‐
GNO
LE CARLINE
omaggio a CHARLES PIERRE BOUDELAIRE
RICORDO
La mia anima è una tomba.
Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
al di là dei confini delle sfere stellate.
Alle spalle le noie e i molti dispiaceri che gravano sulla grigia esistenza, via da questi miasmi putridi, questo campo di baracche vedo,
questo cumulo di capitelli e colonne smozzicati, le erbe, i grandi blocchi inverditi dall'acqua delle pozze, che riflettono il brillio delle cianfrusaglie.
Verso il cielo ironico e crudelmente blu, nella mia malinconia,
i rimpianti sono più pesanti delle rocce.
Come gli esiliati, ridicolo e sublime, corroso da un desiderio senza tregua, nella foresta dove il mio spirto s’esilia un vecchio ricordo suona a perdifiato .
liberamente tratto da BOUDELAIRE - IL CATTIVO MONACO- ELEVAZIONE -IL CIGNO
VITA
E' la giovinezza una cupa tormenta percorsa da squarci e brillii di luce;
i colori del tramonto riflessi negli occhi.
È là che ho vissuto,
tra azzurro, onde, splendori il tempo mangia la vita:
come un’ ironia, una tristezza strana,
il mare che s’infrange sulla nera roccia nuda.
Son giunto all’autunno delle idee, ove l’acqua scava buche come tombe.
Un semplice dolore senza mistero, dolce come un segreto
nelle profonde solitudini.
È un segreto a tutti noto:
più ancora della vita,
sovente la morte ci lega con legami sottili.
liberamente tratto da BOUDELAIRE - IL NEMICO - SEMPER EADEM - A COLEI CHE È TROPPO GAIA - LA VITA ANTERIORE - LA SCALOGNA
OCCHI
Vieni dal ciel profondo o l’abisso t’esprime.
Dal tuo sguardo infernale e divino
piovono senza scelta il beneficio e il crimine.
Hai dentro gli occhi l’alba e il tramonto, esali profumi come un nembo repentino.
Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri.
Al pari della volta notturna, cammini sui morti che deridi.
Vieni dall’inferno o dal cielo, mostro candido e fosco, fata dagli occhi di velluto, luce, profumo, musica, ornamento delle mie notti, fiera implacabile e cruda dalle azzurrità infinite.
Lasciami
affondare nei tuoi occhi come un sogno
e sonnecchiare a lungo all’ombra delle tue ciglia.
liberamente tratto da BOUDELAIRE - INNO ALLA BELLEZZA - TI ADORO - SEMPER EADEM
IL POETA
Assomiglia al principe delle nuvole il poeta, ma le sue ali di gigante
gli impediscono di camminare.
Immerge nervoso l’ali nella polvere, il cielo pesa greve
sull’anima gemente, stringendo l’orizzonte.
Quando la pioggia stende le sue immense strisce discreto e tenebroso
nel sudario delle nuvole
lascia il suo cuore inebriarsi per una menzogna e il sole lacerargli il petto.
Il mare è il suo specchio;
nell’infinito svolgersi dell’onda un abisso è il suo spirito.
Gode nel tuffarsi
in seno alla sua immagine:
il cuore
si distrae dal suo suono al suon di questo selvaggio ed indomabile lamento.
liberamente tratto da BOUDELAIRE – L'ALBATRO - IL CIGNO- ALCHIMIA DEL DOLORE – SPLEEN - L’UOMO E IL MARE - SEMPER EADEM - A COLEI CHE È TROPPO GAIA
VELENO
Ti colpirò, senza odio e senza collera.
Perché possa al fine dissetare il mio deserto, le acque del dolore farò zampillare dalla tua palpebra.
Rigonfio di speranza il desiderio andrà sulle tue lacrime salate
nel cuore inebriato dei tuoi singhiozzi, un tamburo che batte la sua carica.
Tutto il mio sangue è questo nero veleno; ed io non sono che lo specchio in cui si guarda la strega.
Coltello e piaga, schiaffo e guancia, sono il vampiro del mio cuore, un grande infelice, di quelli che non possono più sorridere.
liberamente tratto da BOUDELAIRE – L’Heautontimorumenos
LE ARCIMBOLDE
omaggio a GIUSEPPE PARINI
SUICIDIO
E folle rito al nudo il taglio atroce e crudo.
Nella femminea gola l’aere se ne vola or acuto ora grave;
già nel polmon capace urta se stesso e scende che gli egri spirti accende.
Me non nato a percotere le dure illustri porte nudo accorrà, ma libero il regno della morte.
liberamente tratto da PARINI – ODI - LA MUSICA- LA SALUBRITA' DELL'ARIA- LA VITA RUSTICA
AMORE
Sol fra noi regni il contento vada in bando ogni tormento coroniamo il crin di rose:
oggi del suo desio
Amore infiamma il mondo.
E la splendida turba e il vano fasto lieto deride.
Amore l'occupa rapito, amante amato, e cede ogni già caro studio all’oblìo.
Coroniamo il crin di rose:
vada in bando ogni tormento sol fra noi regni il contento.
liberamente tratto da PARINI – ODI – IL PIACERE E LA VIRTU'- LA PRIMAVERA- ALLA MUSA
TEMPESTA
Odi il muggito della crudel tempesta.
Miseri legni,
che cupidigia e ambizïon sospinse, il tuono e il vento e l’onda
terribilmente agita e batte.
Serpendo incendïoso il fulmin fischia:
altro feroce assalto di purpurei lucenti segni ingombrando l’onde allettatrici.
La sdrucita barchetta nel furor de la tempesta,
fra il danno strascinando e la paura:
e per novo periglio di tempeste, all’arbitrio perfido del suo poter.
Ogni giorno ulular de’ pianti tuoi non ti rammenti
mente lampi scoppiano.
liberamente tratto da PARINI – ODI – LA TEMPESTA – LA CADUTA – IL PERICOLO
L'ERRANTE VIOLENTO
Orribile di mali spettacolo deforme il pudore insulti de la nuda umanitate.
Per negletta via i duri mortali voltano il tergo contro ai mali.
Nè ti abbassi per duolo, nè t’alzi per orgoglio, ognor l’util cercando umano sei, non giusto.
Tra il fango
sol felice sei quando l’utile unir puoi al vanto di lusinghevol canto.
Privo di rimorsi, col dubitante piè, con sanguinose mani e stridor di catene, seco un bicchiere ancora bevere e poi morir.
liberamente tratto da PARINI – ODI – LA SALUBRITA' DELL'ARIA - IL BISOGNO - IL BRINDISI - LA IMPOSTURA – LA CADUTA
AMANTE
In vano in van la chioma a mobil seno a nudo tu come il sole giri e scaldi l’universo.
Novello eccitar caldo insidioso nel turbato stagno.
E pioggia e nevi e gelo
sopra la terra ottenebrata versa, chi sola de gli amanti
potea tornarmi ai gemiti e al duro sospirar.
Gode assalir nel porto e me nudo nuda accoglie.
liberamente tratto da PARINI – ODI – IL PERICOLO- LA IMPOSTURA – LA CADUTA
INGRATA VERITA'
Volano i giorni rapidi del caro viver mio:
e giunta in sul pendìo precipita l’età.
Amor con l’età fervida convien che si dilegue;
ma l’amistà ne segue fino a l’estremo dì.
Ecco di neve insolita bianco l’ispido verno par che, sebben decrepito, voglia serbarsi eterno.
Queste che ancor ne avanzano ore fugaci e meste,
belle ci renda e amabili la libertade agreste.
Inni dal petto supplice alzerò spesso ai cieli, sì che lontan si volgano i turbini crudeli;
tale a me pur concedasi chiuder campi beati nel vostro almo ricovero i giorni fortunati.
Ah quella è vera fama
d’uom che lasciar può quì lunga ancor di sè brama dopo l’ultimo dì!
liberamente tratto da PARINI – ODI – IL BRINDISI- A SILVIA- LA VITA RUSTICA
DEL FOLLE MORTAL TALE E' LA SORTE
Tu il vulgo dispregia. Erra chi dice che natura ponesse all’uom confine.
Tutti la furia indomita vorace tutti una volta assale ai più verd’anni:
e lo astrigne ad usar ne la tenzone l’armi, che ottuse tra le man gli pone.
De’ lacerati troni gli avanzi sanguinosi, e i frutti velenosi
strinser gioiendo; e da lo stesso fonte de la vita succhiar spasimi ed onte.
Tal del folle mortal tale è la sorte:
contra ragione or di natura abusa;
or di ragion mal usa
contra natura che i suoi don gli porge.
liberamente tratto da PARINI – ODI – L'INNESTO DEL VAIUOLO
DELLE DONNE DA EVITARE
Lascia, mia dolce ingenua, lascia cotanto orrore all’altre belle, stupide e di mente e di core.
Ambìto poi spettacolo ai loro immoti cigli fur nelle orrende favole i trucidati figli,
creando a sè delizia e de le membra sparte, e degli estremi aneliti, e del morir con arte.
Il gladiator, terribile nel guardo e nel sembiante, spesso fra i chiusi talami fu ricercato amante.
Così, poi che dagli animi ogni pudor disciolse, vigor dalla libidine la crudeltà raccolse.
Indi ai veleni taciti si preparò la mano:
indi le madri ardirono di concepire invano.
Mira dipinti in viso
di mortali pallori entro al mal nato riso i languenti cultori;
volgan le spalle candide volgano a me le belle:
ogni piacer con elle non se ne parte alfin.
liberamente tratto da PARINI – ODI – A SILVIA - LA SALUBRITA' DELL'ARIA – IL BRINDISI
MUSA NON AMA
Dura avarizia, nel remoto flutto, nè quei, cui l’alma ambizïosa rode e la molto temuta frode
torbido sogna.
Nè giovane, che pari a tauro irrompa nè donna, che d’amanti osi gran pompa spiegar procace.
liberamente tratto da PARINI – ODI –ALLA MUSA
VECCHIAIA
Amoroso velen, tal che in tristi catene di giovanili pene io canuto spettacolo mostrato non sarò.
Bensì, nudrendo il mio pensier di care immagini, con soave desìo
frequente volerò.
liberamente tratto da PARINI – ODI – IL PERICOLO
METASTASIO MIX
omaggio a PIETRO ANTONIO DOMENICO
BONAVENTURA TRAPASSI
DIALOGO TRA DUE AMANTI
LUI -Sdegno non è, non è timor che move e mi trasporta altrove.
So che m'ama; pur troppo il so.
E son sì sventurato,
che sembra colpa mia quella del fato.
LEI -Soave cura vedi come de' sudori miei
l'ornamento più grande sei.
LUI - Se brami il tuo riposo, a me più non pensar .
LEI - Che a te non pensi Io, che per te sol vivo.
LUI - Dolce memoria al mio pensier sarai.
Né partirei giammai,
se per voler de' numi io non dovessi.
LEI - Veramente non hanno altra cura gli dèi che il tuo destino.
LUI - L'ombra del genitor,
la patria, il cielo,
la promessa, il dover, l'onor, la fama oggi mi chiama.
LEI - E così fin ad ora,
perfido mi celasti il tuo disegno Mendace il labbro fedeltà mi giurava e intanto il cor pensava
come lunge da me volgere il piede.
A chi misera me darò più fede?
LUI - Fu pietà. Il dirlo è crudeltà ma sarebbe il tacerlo un tradimento.
Io resterò, se vuoi
che si renda spergiuro un infelice.
LEI - No, sarei debitrice Va', segui il tuo fato, ma senti:
farà quell'onde istesse
delle vendette mie ministre il cielo.
LUI - Quest'amara favella mal conviene al tuo cor . Spenta è la face,
è sciolta la catena
e del tuo nome or mi rammento appena.
LEI - T'avessi pur veduto
d'una lagrima sola umido il ciglio.
Uno sguardo, un sospiro,
un segno di pietade in te non trovo.
Per tanti oltraggi ho da premiarti ancora?
LUI - Se mi vedessi il core...
Se resto sul lido, se sciolgo le vele infido, crudele mi sento chiamar.
E intanto, confuso nel dubbio funesto, non parto e non resto.
Se t'accende il mio volto,
narri almen le tue pene ed io le ascolto.
L'incendio nascoso
tacer non posso e palesar non oso.
LEI - Mi volesti infelice, eccomi sola, alfin discesa alla viltà del pianto.
Vuoi di più? Via crudel passami il core, è rimedio la morte al mio dolore.
LUI - Idol mio, che pur sei, che giova rinnovar co' sospiri il tuo dolore?
Se per me nel core qualche tenero affetto avesti mai placa il tuo sdegno e rasserena i rai.
LEI - Vedi nel mio perdono perfido traditor quel generoso cor che tu non hai.
LUI - Fra il dovere e l'affetto
ancor dubbioso in seno ondeggia il core.
LEI - Già che vuoi, te 'l dirò. Non t'amo, mai non piacesti agli occhi miei, odioso mi sei.
LUI - Stolta! Per chi sospiro? La scelta nostro arbitrio non è. Non è bellezza,
non è senno o valore, che in noi risvegli amore.
LEI - Ogni amator suppone che della sua ferita
sia la beltà cagione, ma la beltà non è.
È un bel desio, che nasce allor che men s'aspetta;
si sente che diletta, ma non si sa perché .
LUI - Non più amante qual fui, guerriero io sono.
A trionfar mi chiama un bel desio d'onore e già sopra il mio core
comincio a trionfar.
Con generosa brama, fra i rischi e le ruine di nuovi allori il crine io volo a circondar.
LEI - Ho persa ogni speranza, non conosco timor. Ne' petti umani il timore e la speme
nascono in compagnia, muoiono insieme.
LUI - E dell'ibere stelle al fausto balenar tutti i regni del mar tornino in calma.
liberamente tratto da METASTASIO - DIDONE ABBANDONATA