Seminari di studio
Fiuggi 5-6/8-9 giugno 2009
La normativa sul
Procedimento disciplinare dei Collegi IPASVI
Dottoressa Stefania Gastaldi Dirigente FNC
Corte Cassazione 2003
Gli ordini e collegi professionali sono enti
pubblici che trovano ragion d’essere nel fatto
che determinate professioni a causa di
inderogabili esigenze di tutela della collettività
possono essere esercitate solo previo
accertamento pubblico delle capacità
professionali e richiedono la sottoposizione dei
professionisti a un regime di responsabilità
disciplinare sotto il profilo deontologico; fini
questi ultimi che si ritiene possano essere
perseguiti affidando i relativi compiti alla stessa
comunità professionale obbligatoriamente
costituita e rappresentata da appositi ordini e
collegi e sottoponendo gli ordini stessi a
vigilanza statale.
Art. 2229 codice civile
La legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi.
L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati [alle associazioni professionali] , sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente .
Contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli albi
o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che
importano la perdita o la sospensione del diritto
all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via
giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi
speciali.
Dlcps 13 settembre 1946 n. 233 articolo 3 lettera f)
Al consiglio direttivo di ciascun Ordine e Collegio spettano le seguenti attribuzioni:
omissis
f) Esercitare il potere disciplinare nei confronti
dei sanitari (liberi professionisti) iscritti
nell’albo salvo in ogni caso le altre disposizioni
di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle
legge e nei regolamenti in vigore.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
É infondato il motivo di gravame secondo il quale l’Ordine sarebbe incompetente a sanzionare un comportamento che attiene esclusivamente al rapporto di pubblico dipendente. La Commissione Centrale ha affermato costantemente il principio che l’iscrizione all’albo professionale del sanitario pubblico dipendente determina la sua soggezione sia all’ordinamento professionale che a quello dell’Amministrazione cui appartiene;
di conseguenza, l’Ordine è competente a giudicare dei comportamenti del predetto sanitario quando allo stesso vengono addebitati fatti comunque disdicevoli al decoro professionale.
Infatti, la funzione essenziale dell’Ordine, secondo l’orientamento di questa Commissione Centrale, è quella di vigilare affinché qualsiasi manifestazione nella condotta del proprio iscritto, avente rilevanza esterna, non confligga con le regole di deontologia professionale, alle quali non può sottrarsi il sanitario legato da rapporto d’impiego
(dec. n. 264 del 31 maggio 1996).
Legge 1 febbraio 2006 n. 43 articolo 2 comma 3
L’iscrizione all’albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti
…...
Legge 26 febbraio 1999 n. 42 articolo 2 comma 2
Il campo proprio di attività e di responsabilità delle
professioni sanitarie di cui all'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, e successive
modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti
dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi
corsi di diploma universitario e di formazione post-base
nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le
competenze previste per le professioni mediche e per le
altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle
quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel
rispetto reciproco delle specifiche competenze
professionali
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 38
I sanitari che si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell'esercizio della professione o, comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale, sono sottoposti a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell'Ordine o Collegio della provincia nel cui Albo sono iscritti.
Il procedimento disciplinare è promosso
d'ufficio o su richiesta del prefetto o del
procuratore della Repubblica.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 64
I componenti i Consigli degli Ordini o Collegi,
dei Comitati centrali delle Federazioni e della
Commissione centrale, possono essere ricusati
per i motivi stabiliti dal Codice di procedura
civile, in quanto applicabili, e debbono
astenersi quando vi sia un motivo di
ricusazione che essi conoscono anche se non
proposto.
Astensione
- Interesse personale nella causa o in altre vertenze simili.
- Particolari legami (propri, del coniuge o dei parenti) con una delle parti o con uno dei
difensori.
- Grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o uno dei difensori.
- Particolari legami con persone o enti che
hanno interesse nella causa o qualora si
ravvisino gravi ragioni di convenienza.
Le fasi del procedimento disciplinare
Fase pre-istruttoria
notizia della mancanza disciplinare
sommaria informazione da parte del Presidente
Fase istruttoria
convocazione del sanitario
Fase deliberativa
il Presidente riferisce in Consiglio (archiviazione o apertura del Procedimento disciplinare
Fase dibattimentale
Procedimento disciplinare e notifica della decisione
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 39 comma 1
Quando risultano fatti che possono formare
oggetto di procedimento disciplinare, il
presidente, verificatene sommariamente le
circostanze, assume le opportune informazioni
e, dopo aver inteso il sanitario, riferisce al
Consiglio per le conseguenti deliberazioni.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
E’ da considerarsi pienamente legittimo l’espletamento del procedimento disciplinare pur in presenza di un procedimento penale stante il principio di separatezza dei giudizi stabilito dal nuovo codice di procedura penale che comporta l’autonomo apprezzamento da parte del giudice disciplinare di fatti ricadenti nella sfera di sua competenza.
(dec. n. 4 del 24 febbraio 2006)
Art. 653 codice procedura penale
La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso.
1-bis. La sentenza penale irrevocabile di
condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio
per responsabilità disciplinare davanti alle
pubbliche autorità quanto all'accertamento della
sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e
all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 44
Fuori dei casi di radiazione, previsti dall'art. 42, il sanitario a carico del quale abbia avuto luogo procedimento penale è sottoposto a giudizio disciplinare per il medesimo fatto imputatogli, purché egli non sia stato prosciolto per la non sussistenza del fatto o per non averlo commesso.
È altresì sottoposto a procedimento
disciplinare, indipendentemente dalla
sospensione di cui all'articolo precedente, il
sanitario a carico del quale siano state applicate
una misura di sicurezza o il confino di polizia o
l'ammonizione.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 51
L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni .
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È infondata la doglianza secondo cui dall’epoca dei fatti
al provvedimento disciplinare siano passati 15 anni,
quindi ben superiore al termine di prescrizione. Infatti,
l’art. 51 del DPR n. 221/1950 stabilisce che l’azione
disciplinare si prescrive in cinque anni se l’organo
preposto non avvia in tale arco temporale alcun atto del
procedimento. Qualora invece abbia disposto la
sospensione del procedimento in attesa della
conclusione di quello penale, il termine si interrompe per
ricominciare a decorrere dal momento in cui viene meno
la causa interruttiva (decisioni nn. 26/1999, 11, 24 e
52/2004). Ciò in quanto è rimesso al potere discrezionale
dell’organo di disciplina disporre la sospensione dell’iter
procedimentale disciplinare in attesa dell’esito del
giudizio penale.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
Pertanto, secondo l’orientamento della Commissione Centrale, l’organo disciplinare, quando sia venuto a conoscenza di fatti di rilevanza disciplinare è tenuto, per non incorrere nella prescrizione, ad aprire comunque il procedimento ed eventualmente a sospenderlo in attesa della definizione del procedimento penale nel frattempo instaurato (dec. nn. 79/2001 e 47/2004). Quindi, il termine iniziale della prescrizione va individuato nel momento in cui l’organo di disciplina ha conoscenza dei fatti – sempre che detto termine non sia soggetto a sospensione per effetto di atto interruttivo quale la sottoposizione dell’inquisito a procedimento penale. Anzi, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il termine di cui all’art. 51 non decorre affatto nel caso in cui sia iniziato a carico dell’incolpato un procedimento penale (Cass., Sez. III civ.
n. 14811 del 15 novembre 2001) e la prescrizione sia legittimamente interrotta sia dall’atto di apertura del procedimento penale, sia da tutti gli altri atti del procedimento medesimo di natura propulsiva, probatoria e decisoria (Cass., Sez. III civ., n. 8141 del 15 giugno 2001).
(decisione n. 51 del 12 novembre 2006)
Convocazione
Raccomandata AR a firma del Presidente all’indirizzo in possesso del Collegio.
Entro un congruo termine.
Indicazione della data, ora, luogo e motivazione della convocazione (generica).
Espresso avvertimento che se non si presenta o non giustifichi l’assenza il procedimento avrà luogo comunque .
La mancata audizione è causa di nullità del
procedimento
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
La circostanza che la lettera di convocazione per l’audizione non sia stata recapitata in tempo utile non può imputarsi all’Ordine, ma esclusivamente alla negligenza del ricorrente che abbia mancato di comunicare all’Ordine medesimo il cambio di indirizzo.
(decisione n. 10 del 29 marzo 2006).
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È fondato il motivo di gravame relativo alla violazione dall’art. 39 del DPR n. 221/1950, quando risulti, anche per ammissione dello stesso Presidente dell’Ordine, che all’audizione preliminare dell’inquisito erano presenti altri componenti del Consiglio direttivo, uno dei quali con funzioni di segretario. Questa procedura non è conforme al disposto di cui all’art. 39 citato.
Infatti, l’audizione del sanitario costituisce un dovere imposto al Presidente dell’Ordine al fine di garantire, nell’osservanza del principio fondamentale del contraddittorio, l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’interessato; una volta raccolta la versione dei fatti e le ragioni del comportamento tenuto dall’incolpato, il Presidente medesimo deve riferire all’organo collegiale per le conseguenti deliberazioni, come previsto dall’art. 39, primo comma.
L’audizione del sanitario, quindi, non può costituire, sia pure in forma ridotta, un’anticipazione della discussione orale, ma deve essere limitata ad una mera, sommaria verifica, a cura del Presidente, delle circostanze che possono formare oggetto di procedimento disciplinare (dec. n. 307 del 5 luglio 1996).
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
Non si ravvisano gli estremi della violazione del diritto di difesa del ricorrente nel fatto che, a mente del primo comma dell’art. 39 del D.P.R. n.
221/1950, il Presidente dell’Ordine abbia ascoltato il sanitario, senza che lo stesso fosse assistito da un legale di fiducia.
Una volta che si sia disposto, da parte del
Collegio di disciplina, l’avvio del procedimento
disciplinare e si sia fissata la data della seduta
per il giudizio, è in questa sede che deve essere
garantita l’assistenza di uno o più legali di
fiducia, i quali possono intervenire con il
deposito di memorie o con un intervento
difensivo in forma orale avanti al plenum
dell’organo disciplinare .
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
Non può essere considerato lesivo del diritto alla difesa del sanitario la circostanza che lo stesso non sia stato assistito da un legale durante il colloquio intercorso con il Presidente dell'Ordine, ai sensi dell’art. 39, comma 1, del DPR n. 221/1950.
Il diritto alla difesa mediante l’assistenza di un legale, anche al di là della previsione negativa in proposito contenuta nell'art. 45, comma 3, del citato DPR, per costante e pacifica giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, fatta propria da questa Commissione Centrale, deve essere garantito in ogni fase del procedimento disciplinare, il quale prende inizio con l'apposita decisione di apertura del procedimento del competente organo collegiale ordinistico.
(decisione n. 197 del 18 ottobre 2001)
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È illegittimo il comportamento dell’Ordine o Collegio che rigetti l’espressa istanza dell’incolpato di farsi assistere dal proprio legale di fiducia. Infatti, anche nella fase di audizione del sanitario dinanzi al presidente dell’Ordine o Collegio, ex art. 39 DPR n.
221/1950, va assicurato senza condizioni l’esercizio del diritto di difesa, garantendo al sanitario l’assistenza del legale di fiducia, ove venga avanzata apposita istanza al riguardo, trattandosi di una fase univocamente diretta all’instaurazione del procedimento disciplinare.
(decisione n. 41 del 9 maggio 2006)
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 39
Il presidente fissa la data della seduta per il giudizio, nomina il relatore e provvede a notificare all'interessato:
a) la menzione circostanziata degli addebiti;
b) il termine non inferiore a giorni venti e prorogabile su richiesta dell'interessato, entro il quale egli può prendere visione degli atti relativi al suo deferimento a giudizio disciplinare e produrre le proprie controdeduzioni scritte;
.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 39
c) l'indicazione del luogo, giorno ed ora del giudizio disciplinare;
d) l'espresso avvertimento che, qualora non si presenti alla seduta del Consiglio, si procederà al giudizio in sua assenza.
Nel termine di cui alla lettera b) l'interessato
può chiedere di essere sentito.
Inoltre….
L’avvenuta apertura del procedimento disciplinare
La comunicazione che potrà essere assistito da un avvocato o da un consulente tecnico;
L’indicazione dell’orario di apertura degli uffici
di segreteria per la visione ed estrazione di
copia degli atti.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
É infondata la censura relativa alla pretesa violazione dell’art. 39 del DPR n. 221/1950, per mancanza della circostanziata menzione degli addebiti, quando la formulazione dell’addebito individua, senza possibilità di equivoco, i fatti da cui trae origine il procedimento disciplinare nella condotta oggetto di procedimento penale. Ciò rende la contestazione specifica e palese, tanto da consentire all’inquisito di fornire le proprie giustificazioni, non potendo essere posta in dubbio la piena conoscenza dei fatti per i quali era stata iniziata l’azione penale.
Infatti, come più volte affermato dalla Commissione Centrale, l’obbligo della menzione circostanziata degli addebiti di cui all’art. 39 del DPR n. 221/1950, essendo dettato a tutela del diritto di difesa dell’inquisito, deve ritenersi assolto allorquando il medesimo sia consapevole dell’accusa, ciò che lo pone in grado di difendersi.
(decisioni nn. 264, 267 e 296 del 31 maggio 1996; n. 305 del 5 luglio 1996; n. 333 del 25 ottobre 1996).
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
Se il procedimento disciplinare non si esaurisce in una sola seduta, alle successive sedute debbono partecipare gli stessi componenti che hanno preso parte alle precedenti.
Infatti, il principio di invariabilità della composizione dell’organo di disciplina va inteso, come costantemente affermato dalla Commissione Centrale, nel senso che la competenza ad emettere il provvedimento conclusivo di una procedura si radica nell’organo cui la emissione di quel provvedimento è riservata secondo legge, sicchè la deliberazione non può, poi, essere adottata da un organo diverso per composizione.
Pertanto, il predetto principio risulta leso solo se nella
trattazione orale, in più sedute vi sia un’alternanza di
componenti (dec. n. 12 del 4 maggio-13 dicembre 1991).
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
La commissione di disciplina non va
considerata un collegio perfetto, come
dimostrato – tra l’altro – dalla circostanza che la
stessa non deve necessariamente operare in
sede plenaria, ma a semplice maggioranza dei
suoi componenti. Va richiamata, al riguardo, la
sentenza della Corte Costituzionale n. 128/1995,
la quale statuisce che la configurazione della
commissione disciplinare come collegio
perfetto non costituisce un principio generale,
né la collegialità perfetta appare come elemento
coessenziale alla funzione di valutazione di
giudizio dell’organo di disciplina.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
Con specifico riferimento ai procedimenti disciplinari delle professioni sanitarie, l’art. 30 del DPR 5 aprile 1950, n. 221 prescrive che, per la validità delle adunanze dei collegi, sia necessaria e sufficiente la presenza della maggioranza dei suoi componenti, rimanendo la suddetta commissione
– anche in funzione disciplinare – un organo
amministrativo collegiale.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
In senso conforme sono le decisioni di questa Commissione Centrale, secondo le quali il principio di immutabilità del collegio viene violato solo se nella trattazione orale avvenuta nel corso di più sedute vi sia stata un’alternanza di componenti (dec. nn. 12/1991, 253/1996 e 16/2004). In altri termini, il provvedimento disciplinare è considerato valido solo se viene assunto dall’organo collegiale di cui facciano parte gli stessi componenti presenti nelle varie fasi del procedimento.
(dec. n. 51 del 12 novembre 2006)
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È costante orientamento di questa Commissione Centrale ritenere che, ai fini di assicurare in ogni stadio del procedimento il diritto alla difesa dell’incolpato, ogni qualvolta il giudizio disciplinare venga rinviato a seduta successiva è necessario comunicare al sanitario interessato la data nella quale la fase dibattimentale conclusiva debba avere la sua prosecuzione, soprattutto tenendo presente il fatto che nella fattispecie era stato disposto un supplemento istruttorio e che, pertanto, non si poteva considerare conclusa la fase dibattimentale stessa.
Di conseguenza, la predetta fase dibattimentale, espletata all’insaputa dell’incolpato, è affetta da nullità insanabile e travolge l'intero procedimento disciplinare.
(decisione n. 66 del 2 aprile 2001)
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È infondata l’eccezione relativa alla mancata celebrazione del giudizio disciplinare in udienza pubblica, richiesta dal sanitario ai sensi dell’art. 6, comma 1, della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, resa esecutiva in Italia con la legge n. 848/1955.
Infatti, premesso che l’art. 46 del D.P.R. n. 221/1950 dispone testualmente che “le sedute della Commissione disciplinare non sono pubbliche”, la disposizione richiamata dal ricorrente risulta inapplicabile nei giudizi di natura disciplinare, aventi natura amministrativa e non giurisdizionale, come più volte affermato dalla Commissione Centrale e confermato dalla Suprema Corte di Cassazione. (Cass. Civ., S.U. n. 5827/1988)
(decisione n. 26 dell’8 luglio 2005).
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 45
Nel giorno fissato per il giudizio, il relatore espone i fatti addebitati e le circostanze emerse dall'istruttoria; quindi viene sentito, ove sia presente, l'incolpato.
L'incolpato deve comparire personalmente.
Non è ammessa l'assistenza di avvocati o di consulenti tecnici, salvo che, per questi ultimi, il Consiglio non ritenga necessario il loro intervento. (disapplicato)
Chiusa la trattazione orale ed allontanato
l'incolpato, il Consiglio decide.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
E' infondato il motivo di gravame di violazione del diritto di difesa qualora non risulti dagli atti che sia stata preclusa al sanitario nelle diverse fasi del procedimento disciplinare l'assistenza da parte di un legale di fiducia. E' infatti pacifico e costante orientamento della Commissione Centrale, - sulla scorta peraltro della decisione n. 3195 del 4 luglio 1989 adottata dalla Cassazione Civile Sezioni unite, - dichiarare la nullità del procedimento disciplinare laddove non sia stato garantito al sanitario sottoposto a procedimento disciplinare la piena e completa assistenza di un legale di fiducia, semprechè venga avanzata istanza al riguardo.
(decisione n. 9 del 21.2.2000)
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È infondata l'eccezione relativa alla violazione del diritto di difesa, in quanto l'art. 45 del D.P.R. n. 221/1950 precluderebbe l'assistenza legale dell'incolpato.
Infatti, in conformità alla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, per cui il diritto di difesa deve essere assicurato in ogni stato e grado del procedimento, la possibilità di avvalersi dell'assistenza legale deve intendersi garantita anche nella fase che si svolge davanti agli Ordini. Peraltro, non sussiste in capo all'Ordine un obbligo di avvisare l'incolpato di tale facoltà, spettando piuttosto all'interessato l'onere di richiederne l'esercizio.
(decisione n. 16 del 12 febbraio 2001)
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 46
Le sedute del Consiglio non sono pubbliche.
Per ogni seduta è redatto apposito verbale contenente:
a) il giorno, mese ed anno;
b) i nomi dei componenti il Consiglio intervenuti;
c) i giudizi esaminati e le questioni trattate;
d) i provvedimenti presi in ordine a ciascun procedimento.
I dispositivi delle decisioni sono riportati nel
verbale
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 47
La decisione deve, a pena di nullità, contenere
l'indicazione della data in cui è stata adottata,
dei fatti addebitati e delle prove assunte,
l'esposizione dei motivi, il dispositivo. È
sottoscritta da tutti i membri del Consiglio, che
vi hanno preso parte. La decisione è pubblicata
mediante deposito dell'originale negli uffici di
segreteria che provvede a notificarne copia
all'interessato.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 47
Le disposizioni dei commi precedenti si
osservano, in quanto applicabili, per i
provvedimenti di radiazione dall'Albo o di
sospensione dall'esercizio professionale, da
adottarsi ai sensi dei precedenti artt. 42 e 43.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È fondato il ricorso con cui si deduce che l’organo di disciplina ha applicato automaticamente la norma di cui all’articolo 42 del D.P.R. n. 221/1950 come conseguenza diretta della condanna penale riportata dal sanitario, senza instaurare un procedimento disciplinare.
Si richiama in proposito la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. Un., sent. n. 9228 del 7 settembre 1990), in base alla quale la citata disposizione regolamentare va disapplicata perché in contrasto con il principio generale dell’ordinamento che vieta l’irrogazione automatica di sanzioni disciplinari senza l’apertura e lo svolgimento del relativo procedimento, il quale costituisce la sede propria per assicurare l’indispensabile valutazione dei fatti e la correlata gradualità sanzionatoria.
(decisione n. 4 dell’11 febbraio 2005).
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 49
Dell'inizio e dell'esito di ogni giudizio
disciplinare è data immediata comunicazione, a
cura del presidente, al prefetto ed al
procuratore della Repubblica territorialmente
competenti per l'Albo cui è iscritto l'incolpato,
nonché alle medesime autorità di altra
circoscrizione che abbiano promosso il
giudizio.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 49
I provvedimenti di sospensione dall'esercizio
professionale e di radiazione, quando siano
divenuti definitivi, sono comunicati a tutti gli
Ordini o Collegi della categoria a cui appartiene
il sanitario sospeso o radiato e alle autorità ed
agli enti ai quali deve essere inviato l'Albo a
norma dell'art. 2 .
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 40
Le sanzioni disciplinari sono:
1) l'avvertimento, che consiste nel diffidare il colpevole a non ricadere nella mancanza commessa;
2) la censura, che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa;
3) la sospensione dall'esercizio della professione per la durata da uno a sei mesi, salvo quanto è stabilito dal successivo art. 43;
4) la radiazione dall'Albo.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 41
La radiazione è pronunciata contro l'iscritto che
con la sua condotta abbia compromesso
gravemente la sua reputazione e la dignità della
classe sanitaria
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 50
Il sanitario radiato dall'Albo può essere reiscritto, purché siano trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione e, se questa derivò da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione.
In ogni caso deve risultare che il radiato ha tenuto, dopo la radiazione, irreprensibile condotta.
Sulla istanza di reiscrizione provvede il
Consiglio con la osservanza delle disposizioni
relative alle iscrizioni
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 42
La condanna per uno dei reati previsti dal
Codice penale negli artt. 446 (commercio
clandestino o fraudolento di sostanze
stupefacenti), (548 istigazione all'aborto), 550
(atti abortivi su donna ritenuta incinta) e per
ogni altro delitto non colposo, per il quale la
legge commina la pena della reclusione non
inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a
cinque anni, importa di diritto la radiazione
dall'Albo.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 42
Importano parimenti la radiazione di diritto dall'Albo:
a) l'interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, e la interdizione dalla professione per una uguale durata;
b) il ricovero in un manicomio giudiziario nei casi indicati nell'art. 222, secondo comma, del Codice penale;
c) l'applicazione della misura di sicurezza preventiva preveduta dall'art. 215 del Codice penale, comma secondo, n. 1 (assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro).
La radiazione nei casi preveduti dal presente
articolo, è dichiarata dal Consiglio.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È fondato il ricorso con cui si deduce che l’organo di disciplina ha applicato automaticamente la norma di cui all’articolo 42 del D.P.R. n. 221/1950 come conseguenza diretta della condanna penale riportata dal sanitario, senza instaurare un procedimento disciplinare.
Si richiama in proposito la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. Un., sent. n. 9228 del 7 settembre 1990), in base alla quale la citata disposizione regolamentare va disapplicata perché in contrasto con il principio generale dell’ordinamento che vieta l’irrogazione automatica di sanzioni disciplinari senza l’apertura e lo svolgimento del relativo procedimento, il quale costituisce la sede propria per assicurare l’indispensabile valutazione dei fatti e la correlata gradualità sanzionatoria.
(decisione n. 4 del febbraio 2005).
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 43
Oltre i casi di sospensione dall'esercizio della professione preveduti dalla legge, importano di diritto tale sospensione:
a) la emissione di un mandato o di un ordine di cattura; (oggi: emissione di un provvedimento che dispone gli arresti domiciliari o provvedimento che dispone la custodia cautelare in carcere)
b) l'applicazione provvisoria di una pena accessoria o di una misura di sicurezza ordinata dal giudice, a norma degli artt. 140 e 206 del Codice penale; (abrogato)
c) la interdizione dai pubblici uffici per una
durata non superiore a tre anni;
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 43
d) l'applicazione di una delle misure di sicurezza detentive prevedute dall'art. 215 del Codice penale, comma secondo, nn. 2 e 3 (ricovero in una casa di cura e di custodia o ricovero in manicomio giudiziario);
e) l'applicazione di una delle misure di sicurezza
non detentive prevedute nel citato art. 215 del
Codice penale, comma terzo, nn. 1, 2, 3 e 4
(libertà vigilata - divieto di soggiorno in uno o
piu comuni o in una o più province - divieto di
frequentare osterie e pubblici spacci di bevande
alcooliche - espulsione dello straniero dallo
Stato).
Cassazione Civile Sent. n. 14850 del 28-06-2006
In tema di procedimento disciplinare nei confronti
degli esercenti le professioni sanitarie, la
sospensione di diritto prevista dall'art. 43 del
d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221 costituisce un
provvedimento cautelare, avente la funzione di
adeguare lo stato di fatto a quello di diritto, che si
distingue dalla sanzione disciplinare della
sospensione, contemplata dall'art. 40, n. 3 del
medesimo D.P.R.: la sua applicazione non
richiede normalmente che l'interessato sia sentito
personalmente, giustificandosi tale sacrificio del
diritto di difesa con il carattere eccezionale del
provvedimento, salvo nel caso, previsto dal
secondo comma dell'art. 43, del sanitario che sia
stato ammonito dall'autorità di pubblica sicurezza
o contro il quale sia stato emesso mandato od
ordine di comparizione o accompagnamento
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 43
La sospensione è dichiarata dal Consiglio. Il Consiglio può pronunciare, sentito il professionista, la sospensione del sanitario ammonito dalla autorità di pubblica sicurezza o contro il quale sia stato emesso mandato od ordine di comparizione o di accompagnamento senza pregiudizio delle successive sanzioni.
Nei casi preveduti nei precedenti commi la
sospensione dura fino a quando abbia effetto la
sentenza o il provvedimento da cui essa è stata
determinata.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 6
Non possono essere iscritti nell'Albo coloro che
si trovano in una delle condizioni che, ai sensi
degli artt. 42 o 43 importino la radiazione
dall'Albo o la sospensione dall'esercizio
professionale, salvo che sussistano le
condizioni previste dall'art. 50 ai fini della
riammissione nell'Albo.
DPR 5 aprile 1950 n. 221 articolo 8
Sulla domanda d'iscrizione il Consiglio delibera nel termine di tre mesi.
Accertata la sussistenza delle condizioni richieste, il Consiglio dispone l'iscrizione nell'Albo.
La deliberazione deve essere in ogni caso motivata.
Il rigetto della domanda per motivi di condotta
non può essere pronunciato se non dopo
sentito il richiedente nelle sue giustificazioni.
Il Patteggiamento
Art. 445 c.p.p.
1. La sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'articolo 240 del codice penale.
1-bis. Salvo quanto previsto dall'articolo 653, la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna.
2. Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l'applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.
Cassazione Civile Sez. Unite - Sent. n. 9166 del 09-04-2008
A norma degli artt. 445 e 653 cod. proc. pen., come
modificati dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, le sentenze di
applicazione della pena su richiesta delle parti
(patteggiamento) hanno efficacia di giudicato - nei giudizi
disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche
autorità, e quindi anche in quelli che riguardano gli
avvocati ed i praticanti avvocati - quanto all'accertamento
del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che
l'imputato lo ha commesso. Né può valere in contrario
l'art. 5 del codice deontologico che, nel far salva
l'autonoma valutazione del fatto, si riferisce, in presenza
di un giudicato penale, alla rilevanza disciplinare degli
stessi e non al loro accertamento.
Consiglio di Stato Sez. VI sent. n. 7108 del 05-12-2006
Secondo quanto dispone l'art. 653,
comma 1-bis, c.p.p. nel testo novellato
dalla L. n. 97 del 2001, la sentenza penale
di condanna, anche se resa a seguito di
patteggiamento, ha efficacia di giudicato
nel procedimento disciplinare quanto
all'accertamento della sussistenza del
fatto, alla sua illiceità penale e alla sua
commissione da parte dell'imputato.
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È infondato il gravame con cui viene lamentato che la commissione disciplinare non ha esaminato gli elementi utili ai fini della decisione, basandosi esclusivamente sulla sentenza emessa dal giudice penale. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il giudizio dell’organo disciplina può legittimamente fondarsi sulle risultanze delle indagini preliminari compiute in sede penale, ove il relativo procedimento si sia concluso con una sentenza di patteggiamento. Non assume quindi alcun rilievo la circostanza che, nelle dichiarazioni dinnanzi al G.I.P., l’incolpato abbia sempre negato ogni responsabilità, non potendo tale elemento incidere sul valore e sulla forza attribuita dalla legge ad un provvedimento giurisdizionale
(Decisioni nn. 29 e 31 del 13 luglio 2006).
Commissione Centrale esercenti le Professioni sanitarie
È fondato il motivo di ricorso con cui si lamenta la violazione dell’art. 47 del DPR n. 221/1950, in relazione all’art. 445 c.p.p., quando risulti che non è stata autonomamente valutata, dall’Ordine o Collegio, la rilevanza disciplinare del comportamento del sanitario condannato in sede penale.
Infatti, è illegittimo il provvedimento con cui viene irrogata una sanzione disciplinare come mera conseguenza di una condanna penale, senza che l’organo di disciplina dia conto di una propria autonoma valutazione del comportamento tenuto dal ricorrente, limitandosi invece ad affermare che si riscontra, a carico dell’incolpato, un comportamento non deontologicamente corretto.
In proposito, vi è un costante orientamento giurisprudenziale in base al quale è in contrasto con i vigenti precetti costituzionali ogni automatismo nell’applicazione di sanzioni disciplinari come conseguenza di condanne penali.
(decisione n. 42 del 9 maggio 2006)