gruppi nella clinica
Il sé (anche patologico) come l’effetto di una scena rappre- sentata: il contributo dell’attività teatrale al cambiamento nella clinica dei disturbi alimentari
ELENA FACCIO, MARA OLOCCO
Riassunto
L’articolo propone una rassegna teorica ed uno studio esplorativo sul rapporto tra attività teatrale e rappresentazioni di sé. 15 attori amatoriali e 15 ospiti di un centro per disturbi alimentari sono stati intervistati a conclusione di un’esperienza teatrale ispirata al metodo Stanislavskij. Mediante un’intervista semi-strutturata ed una gri- glia di repertorio modificata è stato indagato e confrontato tra i due gruppi il rap- porto tra le rappresentazioni legate al personaggio portato in scena e quelle relative al sé percepito ponendo particolare attenzione alla rilevanza della “dimensione cli- nica” nell’analisi dei resoconti.
Partendo dall’assunto (i cui riferimenti in letteratura vengono esplorati nella prima parte dell’articolo) che realtà e identità siano processi che si rinnovano costante- mente nell’interazione, si può pensare che ciascuno agisca e produca intenzional- mente sé stesso in forma situata, a seconda delle differenti interazioni e dei ruoli. La
“terapia del ruolo stabilito” di Kelly e lo “psicodramma” di Moreno sono esempi di come la persona possa modificare se stessa e generare “versioni” inedite di sé se- condo modalità orientate dal terapeuta. In tal senso anche la cosiddetta “patologia”
potrebbe essere letta come una tra le possibili rappresentazioni di sé, e in quanto tale potrebbe modificarsi attraverso la proposta e l’esercizio di ruoli differenti.
L’attività teatrale intesa come esplorazione dei sé possibili rivela dunque enormi potenzialità per i temi della clinica e del cambiamento.
Parole chiave: Ruolo; Identità; Teatro; Disturbi Alimentari.
The self ( even when pathological ) as the end product of a dramatic experi- ence: the role of dramatisation in effecting change in the treatment of eating disorders
Summary
This article proposes to illustrate some theories and to explore the relationship be- tween dramatisation and self-representation. 15 amateur actors and 15 patients in a centre for eating disorders were interviewed following dramatisations inspired by the Stanislavski method. Using semi-structured interviews and modified repertory grids, we compared and analysed the relationship between how individuals depicted themselves on the stage and self-perceptions, concentrating specifically on the im- portance of the “clinical setting” in our analysis of the outcomes.
Starting with the conjecture (the first section of this article considers where such references are to be found in existing account) that reality and identity are con- cepts that constantly change in the course of interactions, we can assume that eve- ryone functions and intentionally self-characterise in established ways, depending on the interaction and their role. Kelly’s “established role therapy” and Moreno’s
“psycho-drama” provide examples of how change can be effected, and how, prompted by the therapist, exclusive “versions” of the self can be created. Thus even so called “illnesses” could be seen as one of many self-representations, and as such could be changed by suggesting and acting out different roles. Dramatisations understood as possible self-explorations therefore represent enormous potential for clinical issues and for bringing about change.
Key words: Role; Identity; Theater; Eating Disorders.
Introduzione
Com’è noto, l’attività teatrale praticata in modo sistematico e finalizzato rappresenta una tra le forme di terapia di gruppo più utilizzate ed efficaci, ed ha trovato spazi di applicazione in svariati settori della clinica, quello dei disturbi alimentari in particola- re. La letteratura disponibile sull’argomento è piuttosto limitata, e sembra focalizzar- si quasi esclusivamente sulla necessità di trovare dati per legittimare la teatro-terapia a partire dalle evidenze empiriche di efficacia (la scomparsa dei sintomi
1) adottando criteri di “evidence” fedeli alla prospettiva del ricercatore clinico e funzionali alla sua lettura diagnostica. Questo lavoro si propone, viceversa, di inquadrare il senso dell’intervento clinico basato sull’assunzione di ruolo, rintracciandone la coerenza rispetto ad un certo filone di teorie sull’identità e sulla costruzione di realtà, e dando voce a chi ha fatto esperienza teatrale (sia in ambito clinico che amatoriale) per co- gliere, da un punto di vista interno, i criteri del cambiamento percepito.
In particolare questo articolo propone:
1) un approfondimento teorico relativamente alle ragioni che fanno del teatro una forma elettiva di intervento clinico per terapeuti operanti nell’ambito del costruzionismo e dell’interazionismo, rintracciando negli scritti di alcuni autori le premesse del modello “drammaturgico” di costruzione della realtà e dell’identità
2) alcuni esempi di intervento clinico basati sull’assunzione di ruolo proposti da Gorge Kelly (la “terapia del ruolo stabilito”) e da Jacob Moreno (lo
“psicodramma”)
3) i risultati di una ricerca finalizzata all’indagine delle potenzialità che l’esperienza teatrale può attivare nel cambiamento delle auto- rappresentazioni.
1. Come le realtà diventa reale: dal costruttivismo al modello drammaturgico di Erving Goffman L’esistenza di un nesso tra realtà ed interazione è un’idea relativamente recente. Lo è anche l’analisi dei modi in cui la comunicazione crea ciò che chiamiamo “realtà”
(Berger e Luckman, 1966, Watzlawick, 1976, 1981, et al.). L’assunto che la realtà sia oggettiva e che la comunicazione sia semplicemente un modo di rappresentarla ha sollevato non poche controversie, molti degli autori che citeremo hanno dedicato la loro intera produzione a smentire quest’idea. L’abbandono del concetto di conosci- bilità e quindi di assolutezza del reale è denso di implicazioni per tutti i campi del sapere. Se “l’oggettività” del mondo è solo apparente, è sbagliato supporre che l’antropologo, il biologo, lo psicologo o il fisico scoprano la realtà o la riproducano
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