• Non ci sono risultati.

Apologo del nosocomio. Celeritas e Iustitia al vaglio dell’Adunanza Generale della S.C. - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Apologo del nosocomio. Celeritas e Iustitia al vaglio dell’Adunanza Generale della S.C. - Judicium"

Copied!
4
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

ROSARIO RUSSO

Apologo del nosocomio. Celeritas e Iustitia al vaglio dell’Adunanza Generale della S.C.

A Roma, nei pressi di Piazza Cavour, operava da decenni un prestigiosissimo Noso- comio1: medici, infermieri e consulenti erano da tutti apprezzati e mai nessuno si era lamentato della qualità delle loro prestazioni. Nessuno aveva mai messo in dubbio la loro diligenza; anzi nelle celebrazioni annuali2 dell’Ospedale venivano documentati dati statistici che fedelmente ne testimoniavano la grande produttività, per altro da nessuno (in Italia ed all’estero) contestata.

Inoltre, la qualità del servizio reso era stata da sempre eccellente: i pazienti aspettano alquanto, ma ciononostante venivano curati adeguatamente. Ben vero la ragione dell’affollamento dell’ospedale e della lunga degenza dei pazienti era da tutti agevolmente individuata nella man- canza di adeguata prevenzione e nelle ricorrenti epidemie, per non parlare della strutturale en- demia e pandemia3, che altri Organi (gli unici competenti) non riuscivano ad arginare. Era in- fatti evidente che, per fare fronte alla enorme domanda di cure e di interventi4, sarebbero stati necessari, non solo (ed innanzi tutto) nuove visioni culturali e politiche5, ma anche importanti e

1 La forza simbolica e rappresentativa dell’apologo si basa sull’evidente analogia del servizio sanitario con quello della Giustizia, ma è a tutti chiaro che soltanto il secondo è veramente coessenziale alla struttura dello Stato. Il maggior punto di convergenza è rinvenibile nel fatto che in entrambi i casi è dirimente soltanto l’interesse ed il punto di vista dell’Utente.

2 Da sempre negli annuali discorsi d’inaugurazione viene fedelmente documentata l’immane produttività della Suprema Corte, celebrata anche nel rapporti internazionali, nel cui contesto rappresen- tava - e rappresenta - un unicum di eccellenza.

3 La metafora aiuta la comprensione: il colera si debella soltanto se si interviene prima che diventi endemico; altrimenti può risultare inarrestabile e può contagiare perfino infermieri e medici.

Registra forse un “contagio” l’autorevole testimonianza del Presidente Gianfranco Ciano, all’epoca Pro- curatore Generale presso la S.C., come tale membro di diritto del C.S.M.: <<Condivido anche i suoi rilie- vi sul funzionamento talvolta insoddisfacente del Consiglio superiore della magistratura; la mia esperien- za di componente di diritto del Consiglio mi ha insegnato che non sempre le decisioni dell’organo sono scevre, soprattutto nella scelta dei dirigenti degli uffici, da logiche di appartenenza (con singolare contra- sto rispetto alle prove di alto significato offerte dallo stesso organo a presidio di principi fondamentali dell’ordinamento). Ciò, oltre a provocare ritardi nelle nomine (taluni uffici restano privi dei dirigenti an- che per un anno), nuoce agli stessi prescelti che non riescono a togliersi questo marchio di «origine», pur essendo nella quasi totalità dei casi i migliori aspiranti al posto>> (Lettera al Corriere della Sera pubblica- ta il 24 aprile 2014). Sul punto v. A. NAPPI, Quattro anni a Palazzo dei Marescialli. Idee eretiche sul Consiglio Superiore della Magistratura. Roma 2014, pag. 106.

4 Come ci si può attendere un efficace e celere funzionamento dell’amministrazione della Giustizia, se legalità e giustizia non sono avvertiti da tanti cives come valori fondanti del nostro ordina- mento? Sarà il caso di rammentare che la tenuta di qualunque ordinamento giuridico si fonda innanzi tutto sul principio di effettività, che presuppone innanzi tutto la spontanea adesione (della maggior parte) dei cittadini alle regulae iuris. D’altra parte non meraviglia che un sistema di diffusa illegalità – qual è quello che caratterizza il nostro ordinamento - generi un ponderoso contenzioso; che testimonia per altro la per- sistente (si direbbe, ostinata e disperata) fiducia nell’ideale civile della Giustizia (che perciò a maggior ragione non dovrebbe restare frustata).

5 Sorprende rilevare che la selezione della classe dirigente sembra fare capo più al difetto di requisiti negativi (soprattutto condanne o iscrizioni penali) che al possesso di meriti positivi; come chi (per restare nella metafora), dovendo farsi curare, scegliesse di affidarsi ad un primario sol perché abbia subito un minor numero di condanne per malasanità, anziché per il maggior numero di guarigioni.

Recenti avvenimenti hanno poi evidenziato la gravità dell’attuale crisi di rappresentanza e di de- mocraticità. A furor di popolo, e all’evidente scopo d’intercettare (quella che sembrava) la volontà popo- lare, il Parlamento approvava una norma (art. 8 della L. n. 235 del 2012) alla cui stregua, eletto a pubbli-

(2)

Par. (1 – 3) - Pagina 2 [di 4]

costosi investimenti6, che i predetti Organi si rifiutavano di apprestare; ancorché fossero poi costretti a corrispondere ingenti risarcimenti ai Pazienti risultati vittoriosi nelle cause civili in- tentate contro di essi in ragione soltanto dei predetti ritardi7.

Data questa singolare situazione, gli storici delle organizzazioni sanitarie si chiedono ancora come sia potuto avvenire che i Dirigenti del Nosocomio da un decennio a questa parte abbiano potuto adottare una strategia volta a puntare sulla resa prevalentemente quantitativa, con una serie di strategie operative che si possono così riassumere:

1. in primo luogo, si stabilì che la domanda di accesso alle cure del nosocomio doveva essere stilata, a pena di inammissibilità, con alcune pressanti formalità di incerta interpretazione ed applicazione, ancorché risultasse ben chiara la ragione della domanda stessa, e cioè l’infermità o il sintomo che la muoveva; sebbene abolita, per essere stata interpretata in modo troppo formalistico, tale riforma è rimasta in vigore per alcune istanze di ricovero8;

2. poi, fatti salvi meritoriamente alcuni casi, il Nosocomio decise di dare fondamentalmente priorità alle patologie di pronta soluzione (carie, influenze stagionali, appendiciti, etc.) ri- spetto alle più gravi patologie che avrebbero richiesto più duraturo e gravoso impegno dia- gnostico (ancorché la struttura vantasse straordinarie eccellenze professionali), sì da potere alla fine di ogni anno vantare una maggiore resa quantitativa9;

3. inoltre, mentre dianzi le strutture destinate alla diagnosi ed alla terapia lavoravano in équipe e si avvalevano di consulenti (quasi come fanno i tribunali quando decidono collegialmen- te, talvolta dopo avere sentito il parere del Pubblico Ministero), i Dirigenti del Nosocomio decisero che ogni anno avrebbero potuto vantare un maggiore numero di referti diagnostici,

che funzioni siccome inizialmente dignus il pubblico funzionario diventa temporaneamente indignus (e resta perciò sospeso di diritto dalla carica a seguito di provvedimento di mero accertamento, vincolato nell’an e nell’effetto retroattivo: Cass., Sezioni Unite Civili, sent. n. 11131 del 2015), se sopravvenga condanna, ancorché con sentenza non passata in giudicato, per taluni reati; e ciò in ragione dei requisiti (<<disciplina ed onore>>) più selettivi richiesti (art. 54 Cost.) ai pubblici funzionari, rispetto agli altri cittadini (per i quali vale l’art. 27, 2° Cost.). La disposizione non regola espressamente il caso in cui sia candidato chi già sia stato condannato in prime cure per uno dei predetti reati ostativi, e dunque risulti ab initio provvisoriamente indignus; ma, in forza di una minimale interpretazione sistematica, nessuno avrebbe dovuto ritenere che tale situazione fosse più meritevole di quella dell’originario dignus, divenuto provvisoriamente indignus per sopravvenute condanne. Invece non solo è quel che è avvenuto, perché è stata candidata una persona condannata in prime cure per uno dei reati che comportano la sospensione dell’originario dignus, ma soprattutto il corpo elettorale ne ha decretato il successo. Come dire che, pen- sando di interpretare la volontà generale, il Parlamento impose una regula iuris (ai partiti e) ai cives; i quali invece hanno frontalmente e “democraticamente” smentito i propri rappresentanti addirittura in sede di voto: un vero e proprio <<corto circuito>> tra rappresentanza diretta e rappresentanza indiretta.

6 È sufficiente considerare che, a tacer d’altro, ancora l’organizzazione giudiziaria non è sta- ta completamente informatizzata dal Ministro della Giustizia, che ne ha l’onere (art. 110 Cost.).

7 Contro ogni regola di buona amministrazione (e contro le attese delle Corti sovranazionali), per effetto della c.d. Legge Pinto che sanziona la lentezza della risposta giudiziaria, lo Stato preferisce (ovvero si rassegna a) pagare (se pure con grave ritardo) ingenti somme che dovrebbero invece essere destinate ad incrementare le scarne risorse reali e personali assegnate all’amministrazione della giusti- zia. È poi absurdissimum che perfino nell’applicazione della c.d. legge Pinto lo stato italiano incorra in ulteriore responsabilità da ritardo.

8 Ci si riferisce (ovviamente) all’obbligo del quesito del diritto (art. 366 bis c.p.c.), previsto a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione e rimasto in vita a certe condizioni anche dopo la sua abrogazione, disposta dal legislatore a fronte dell’interpretazione eccessivamente formalistica datane dalla Suprema Corte. Sul punto sia consentito rinviare a R. RUSSO, Quid iuris del quid iuris?, pubblicato nel 2011 sul sito http://www.judicium.it, diretto dal prof. Bruno Sassani.

9 Dovendo dare corso a qualunque domanda, tutti i servizi pubblici dovrebbero dotarsi di procedure preliminari di screening, al fine di selezionare le priorità di intervento. Ovviamente le strutture sanitarie, soprattutto quelle di pronto soccorso, individuano le priorità in base all’urgenza dell’intervento (codice rosso) ed alla gravità della patologia. La Suprema Corte non ha un vero e proprio sistema struttu- rato di analisi preventiva dei ricorsi; ma apposite Sezioni (la Sesta Civile e la Settima Penale) hanno il compito di intercettare i ricorsi inammissibili e quelli per i quali si riscontra una manifesta evidenza deci- soria (positiva o negativa), cioè in ultima analisi i ricorsi di più agevole definizione. Ne consegue che soltanto in alcuni casi viene assegnata priorità decisionale ai ricorsi dotati di rilevanza nomofilattica, co- me tali idonei a proiettarsi sull’intero universo giuridico ed a prevenire le controversie di merito. Amplius R. RUSSO, Cassazione con filtro e senza filtro, priorità decisionale e maxiudienza pubbliche civili, in Giust. Civile, 2013, fasc. 11-12, pag. 733.

(3)

Par. (3 – 5) - Pagina 3 [di 4]

di prescrizioni terapeutiche e d’interventi chirurgici, se ciascuno dei valenti clinici del No- socomio avesse potuto decidere autonomamente (o monocraticamente), escludendo anche l’intervento dei consulenti10;

4. furono altresì rigorosamente contingentati i tempi destinati al colloquio anamnestico: il pa- ziente veniva così invitato da subito ad essere conciso e a non ripetere quanto già aveva esposto nella domanda di accesso al Nosocomio, adducendo espressamente la giustificazio- ne che i medici erano troppo oberati da visite specialistiche11;

5. da ultimo si è affermato per la prima volta il principio per cui il medico del prestigioso No- socomio che avesse violato qualche protocollo obbligatorio sarebbe rimasto immune da sanzione disciplinare, qualora avesse dato prova di grande produttività quantitativa12.

Dopo qualche anno il Tribunale per i diritti del malato (TDM) - nato nel 1980 per tutelare e promuovere i diritti dei cittadini nell'ambito dei servizi sanitari e assistenziali e per contribuire ad una più umana, efficace e razionale organizzazione del servizio sanitario nazionale - rilevò

10 Nel disegno e nel vissuto originario la decisione (anche) civile della Suprema Corte era conformata come il risultato dell’impegno collegiale dei cinque membri della Sezione, in cui ovviamente un ruolo preponderante acquisivano i decisivi apporti del Presidente e del Consigliere relatore. Secondo l’insegnamento chiovendiano, il clou del procedimento era costituito dall’udienza pubblica, in cui inter- venivano oralmente le Parti ed il Pubblico Ministero. L’impianto originario collegiale si è andato modi- ficando a misura che la Suprema Corte ha ritenuto di optare per una maggiore resa quantitativa: per un verso, il notevole numero di ricorsi assegnati in ogni udienza ad ogni consigliere relatore fa sì che cia- scuno di essi non abbia il tempo di studiare anche i ricorsi assegnati agli altri, rendendo per tal via assai ridotto il suo contributo in camera di consiglio; per altro verso, sempre più la Sesta Sezione avvia i ricor- si (a volte anche oltre cento per udienza) alla trattazione in camera di consiglio. E non solo in tale rito camerale è stato escluso l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero (Amplius R. RUSSO, Il P.M.

presso la S.C. civile! Chi era costui?, pubblicato nel 2013 sul sito www.judicium.it), ma addirittura la Se- sta Sezione ha ritenuto che tale regola sia operativa anche quando essa decida con il rito pubblico (in sen- so contrario, v. R. RUSSO, Nel 'pronome' della legge! ancora sull’intervento del P.M. presso la S.C. civi- le, pubblicato nel 2014 sul sito sopra indicato).

11 In altri ordinamenti (come quello tedesco) l’udienza pubblica della Suprema Corte rappre- senta il momento culminante dell’attività decisoria, sicché è del tutto normale che senza infingimenti il Presidente del Collegio chieda alle parti chiarimenti od approfondimenti sui temi in discussione; ed a nessuno viene in mente di ipotizzare anticipazioni decisorie o pregiudiziali decisioni. Nel nostro sistema, in apertura dell’udienza quasi tutti i Presidenti della Suprema Corte invitano i Difensori a limitare la du- rata dei loro interventi, adducendo che in quell’udienza devono essere decisivi tanti ricorsi. In qualche caso si è dovuta registrare la reazione dei Difensori, i quali hanno rimarcato che a ciascuno di essi (sic- come chiamato a lumeggiare le ragioni della parte che rappresenta) di certo non può essere opposta l’opzione prevalentemente quantitativa della Suprema Corte. Nel che si evidenzia plasticamente la diver- sità tra l’approccio adottato dalla Suprema Corte e il punto di vista dell’Utente della Giustizia; al quale interessa (non che la Suprema Corte definisca più ricorsi, ma) che il suo ricorso sia deciso nella pienezza del contraddittorio (che può essere sì contenuto secondo le linee direttive del Presidente, ma non per esi- genze esterne al singolo procedimento).

12 Annullando una decisione del Consiglio Superiore della Magistratura, che aveva inflitto ad una magistrato una sanzione disciplinare per ritardato deposito di provvedimenti, la sentenza n. 7071 del 9.4.2015 delle Sezioni Unite sembra avere somministrato una regola di condotta professionale del se- guente tenore: «qualora, in poco meno di sette anni, depositi 240 sentenze all’anno, il magistrato pena- le resta disciplinarmente impunito ancorché, per raggiungere tale obbiettivo meramente quantitativo, ven- titre parti (imputati, condannati o assolti, ovvero parti civili) abbiano dovuto attendere la motivazione oltre un anno, e precisamente 17 parti soltanto oltre un anno, 5 oltre due anni e 1 addirittura oltre tre an- ni». Sennonché tale decisione non si preoccupa di enunciare per così dire il rapporto di “cambio” tra pro- duttività (cioè resa quantitativa) e diligenza (cioè impegno richiesto per assicurare non solo una decisione giusta nel merito, ma anche legittima in rito, nel che resta compresa anche l’esatta osservanza dei termi- ni di deposito): sono sufficienti 240 sentenze annue per “compensare” tre anni di attesa “inflitti” ad una parte (forse quella che aveva segnalato il gravissimo ritardo)? Ma soprattutto a tutta evidenza il magistra- to deve sì tentare di eliminare l’arretrato, ma deve farlo rispettando le norme sostanziali e processuali che disciplinano la sua attività decisoria. Del che ci rendiamo immediatamente conto a volere considera- re ancora una volta, come sembra imprescindibile, la situazione dell’Utente finale del servizio giustizia: a fronte della predetta sentenza, quella parte (imputato, assolto o condannato, ovvero parte civile), che ha dovuto aspettare oltre tre anni per potere leggere (utilizzare in via esecutiva ovvero impugnare) la sen- tenza che lo riguardava, legittimamente si chiederà: «bravo questo giudice a fare tante sentenza, ma la sua bravura perché la devo “pagare” io? E perché egli ha scelto di farla “pagare” a me, anziché ad altri?

L’ordinamento gli riconosce anche questo potere?».

(4)

Par. (5 – 5) - Pagina 4 [di 4]

che i pazienti avevano sì invocato una maggiore celerità dell’intervento del celebre Nosocomio, ma senza rinunciare (ovviamente) alla qualità del servizio, sicché le ricordate misure organizza- tive adottate dai dirigenti del Nosocomio avevano finito per ostacolare la corretta individuazio- ne e soluzione del problema della lentezza della risposta sanitaria. Inoltre – segnalò ancora quell’improprio Tribunale – l’imposizione a clinici e chirurghi di accelerare e moltiplicare pre- scrizioni ed interventi aveva a tal punto mortificato la loro professionalità da indurli alle dimis- sioni, anche perché essi non si potevano rassegnare all’idea che prevalente ragione di merito fosse divenuta quella della produttività quantitativa. Infine il TDM non mancò di rilevare che, poiché oggettivamente celeritas e qualità sono grandezze inversamente proporzionali, l’opzione per una maggiore celeritas (da parte di chi aveva già espresso il massimo sforzo di diligenza e laboriosità) aveva inevitabilmente determinato un maggior numero di errori diagnostici13.

Allo stato non è dato conoscere quale sia stata la reazione dei Dirigenti del Nosocomio, ma fa ben sperare che essi abbiano deciso di riunirsi per decidere su così importanti questioni14.

13 In guisa non diversa negli ultimi anni la curva delle percentuali di revocazioni civili (art.

395 c.p.c.) ha subito un’impennata pressoché costante.

14 Per il 25 giugno è indetta l’Assemblea Generale della Suprema Corte.

Riferimenti

Documenti correlati

Ma, in generale, si versa qui nella parte più delicata del contrasto al terrorismo di matrice islamista: essa, infatti, anticipa la soglia della repressione, penale

«Appare e scompare. È accaduto quan- do curavo il volume sulla storia di Catania, quello in cui lavoravo, insieme con altri colle- ghi, a cogliere il senso storico della città

La Licenza Permanente della linea di prodotti Cinema 4D, Red Giant e Redshift del rispettivo Licenziante concede all‘Utente un diritto permanente, a titolo oneroso, non esclusivo,

11.30 Saluto delle autorità Direzione Sanitaria ASL CN 1 Sindaco di Mondovì e Vicoforte Assessore alla Cultura di Mondovì.. Introduzione Progetto INFINITUM Mondovì II SESSIONE •

69/2009, che prevedeva la possibilità di compensare le spese tutte le volte nelle quali si fosse in presenza di gravi ed eccezionali ragioni, il legislatore del 2014, allo scopo

(….) È uno scopo di carattere costi- tuzionale di coordinazione tra funzione legislativa e funzione giudiziaria che attiene più che alla fase di applicazione del di- ritto

In conclusione: attraverso la giurisdizione si arriva alla formazione di un atto vincolante (perché espressione del potere autoritativo dello Stato), la cui validità

BILANCIO PREVENTIVO 2018.. ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DI FIRENZE VIA G.C.. ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DI FIRENZE