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Angelo Porrone

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Academic year: 2022

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TAGETE 4-2010 Year XVI

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PROTOCOLLI DI TERAPIA NEOADIUVANTE E ADIUVANTE DEI PRINCIPALI TUMORI LOCALMENTE AVANZATI E METASTATICI:

VALUTAZIONE IN AMBITO MEDICO LEGALE INPS

NEOADJUVANT (BEFORE SURGERY) AND ADJUVANT (AFTER SURGERY) THERAPY PROTOCOLS OF THE MAIN LOCALLY ADVANCED AND METASTATIC CANCERS: EVALUATION OF INPS

FORENSIC MEDICINE

Angelo Porrone, Federico Cattani

ABSTRACT

La storia naturale delle neoplasie, soprattutto quelle di tipo solido, ma anche in buona misura delle forme ematologiche oncologiche, ha subito negli ultimi dieci anni delle interessanti e positive modificazioni legate principalmente a nuovi e più mirati protocolli terapeutici e, in particolare, all’utilizzo di nuovi farmaci che in molti casi hanno permesso di ottenere degli esiti di trattamenti di gran lunga migliori rispetto al passato e per certi versi anche sorprendenti.

Come anche indicato a più riprese dagli oncologi, si è stato spesso costretti per tali motivi a riscrivere le storie naturali delle neoplasie.

L’utilizzo sistematico della chemioterapia spesso in associazione alla radioterapia nella gran parte delle forme localmente avanzate delle neoplasie solide ha consentito non solo di facilitare la radicalità degli interventi chirurgici intrapresi, ma anche una maggiore conservazione del tessuto parenchimale dell’organo colpito.

E’ stato così possibile ottenere talvolta un risparmio anche di strutture importanti e una riduzione dell’asportazione di organi linfatici coinvolti, con netto miglioramento complessivo della funzionalità e della qualità di vita dei soggetti affetti.

Inoltre le terapie neoadiuvanti hanno permesso in molti casi di incidere positivamente sulla sopravvivenza globale anche nell’ordine del 30% in più rispetto alle precedenti statistiche.

Central Medical Coordinator-Responsible C. O. U. Area Studies, Search and Forensic Procedures - General Medical Forensic Coordination - INPS – Roma.

 Central Medical Coordinator- Responsible C. O. U Area of the Social Security Performances - General Medical Forensic Coordination - INPS - Roma

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687 Ad esempio le neoplasie del colon-retto si sono particolarmente giovate di questo tipo di trattamento, con sopravvivenze complessive notevolmente migliorate rispetto a 20 anni fa.

L’utilizzo della capecitabina e di farmaci basati sulla somministrazione di anticorpi monoclonali nella chemioterapia, ha letteralmente rivoluzionato le tecniche di chemioterapia adiuvante relative ai tumori del colon retto consentendo finanche di controllare per lunghi periodi la malattia metastatica epatica.

Notevoli risultati con criteri identici sono stati anche ottenuti per le neoplasie localmente avanzate polmonari consentendo interventi radicali prima impossibili e anche remissioni complete, con lunghe fasi di intervallo libero dalla malattia.

Buoni risultati si sono verificati anche per le neoplasie genitali femminili localmente avanzate, per i tumori gastrici localmente avanzati e per la malattia avanzata della mammella.

Raramente sono stati purtroppo registrati secondi tumori insorti in organi diversi dopo chemioterapia.

In ogni caso l’ utilizzo di trattamenti con schemi di seconda e terza linea per le terapie di salvataggio ha permesso, laddove consentito in base alle condizioni generali, ancora di ottenere buoni risultati in termini di sopravvivenza.

Tutto ciò ha avuto ed ha degli indubbi riflessi sull’attività valutativa medico legale sia di tipo previdenziale INPS che sul versante delle Invalidità Civili.

Neoplasie prima etichettate a prognosi severa o sfavorevole sono talvolta transitate fra quelle a prognosi favorevole o discreta.

Il trattamento idoneo della malattia metastatica specie epatica, ha permesso di posticipare i tempi di riconoscimento dell’Assegno di Accompagnamento.

Il miglioramento complessivo delle tecniche radiodiagnostiche ha permesso di effettuare un migliore staging iniziale della malattia neoplastica, un ottimale monitoraggio, una pronta individuazione delle recidive, in definitiva trattamenti più puntuali ed efficaci.

In ultima analisi le nuove terapie e i nuovi protocolli hanno consentito di incrementare il controllo loco-regionale della malattia neoplastica e il prolungamento della sopravvivenza globale della malattia avanzata.

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The natural history of the neoplasias, above all the solid type, but largely the hematological forms too, has encountered in the last ten years interesting and positive modifications mainly connected with new and more specific therapeutic protocols and, particularly, as regards the use of new drugs that, in many cases, have allowed to get some unexpected results.

In the greatest part of the locally advanced forms of solid neoplasias, the systematic use of chemotherapy, often in association with radiotherapy, has not only allowed to facilitate a radical surgery, but also a larger maintenance of the struck organ.

This way, it has been possible to conserve important structures with a general strong improvement of the functionality and the quality of life of the patients.

Besides, the neoadjuvant therapies has improved the survival chances in the measure of 30%

more in comparison with previous statistics.

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688 Unfortunately, secondary tumors have rarely been registered in different organs after chemotherapy.

However, the use of treatments with schemes of second and bystander line for the lifesaving therapies has allowed to get good results in terms of survival.

Such a context has certainly reflexes on the medico legal activity in both Social Security and Civil Invalidities.

Neoplasias before labeled as illness with severe or unfavorable prognosis can nowadays be considered with favorable or fair prognosis.

TRATTAMENTO DEI TUMORI LOCALMENTE AVANZATI E VALUTAZIONE MEDICO LEGALE

L’interesse suscitato in ambito medico legale dalle neoplasie, specie nelle forme localmente avanzate, trova un immediato riscontro pratico nei criteri di riconoscimento, sotto il profilo medico legale, dell’ A.O.I., Assegno Ordinario di Invalidità e P.O.I., Pensione Ordinaria di Inabilità, ai sensi degli artt. 1 e 2 della Legge 222 del 1984.

Recita infatti l’art. 1 della predetta Legge:

“ART. 1. ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ

1 . Si considera invalido, …, l'assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo.

2 . Sussiste diritto ad assegno anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, oltre i limiti stabiliti dal comma precedente, preesista al rapporto assicurativo, purchè vi sia stato successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità. …”.

L’art. 2 della predetta Legge 222 del 1984 indica quanto segue:

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“ART. 2. PENSIONE ORDINARIA DI INABILITÀ

1 . Si considera inabile, …'assicurato o il titolare di assegno di invalidità … il quale, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

2 . La concessione della pensione al soggetto riconosciuto inabile è subordinata alla cancellazione dell'interessato dagli elenchi anagrafici … dagli elenchi nominativi …

3 . La pensione di inabilità, reversibile ai superstiti, …”.

Per quanto riguarda l’art. 1, il diritto alla concessione dell’Assegno Ordinario d’Invalidità (A.O.I.) sussiste, quindi, quando l’assicurato, a causa di infermità o difetto fisico o mentale abbia perso la capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle attitudini oltre i 2/3, in modo permanente.

Il concetto di permanenza soprattutto nel caso di sopraggiunta infermità, successiva all’instaurarsi del rapporto di lavoro, indica una durata lunga della stessa malattia che ha dato diritto alla concessione dell’assegno, durata pur non determinabile ma sicuramente non breve.

Il concetto di permanenza non è quindi equivalente a quello di inemendabilità della patologia in essere, al punto che il legislatore prevede nella stessa legge una revisione al triennio dalla concessione del medesimo assegno, ma con il presupposto che tre successive concessioni danno poi luogo al riconoscimento definitivo dell’Assegno Ordinario d’Invalidità.

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690 Diverso è il discorso della Pensione Ordinaria d’Inabilità che viene concessa nel caso in cui, sempre a causa di infermità o difetto fisico o mentale, l’assicurato si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

In questo caso l’erogazione della prestazione è subordinata alla cancellazione dagli elenchi anagrafici o nominativi lavorativi di appartenenza e alla rinuncia ad ulteriori prestazioni previdenziali, come l’indennità di disoccupazione e ad altri eventuali benefici correlati, spettanti solo a che è ancora in attualità di lavoro.

Peraltro la stessa Pensione di Inabilità, diversamente dall’Assegno Ordinario d’Invalidità, è reversibile ai superstiti.

In rapporto ai giudizi esprimibili nell’ambito della medicina legale pubblica uno degli ambiti di conoscenza delle patologie che si rivela più complesso, sia sotto il profilo interpretativo che sotto quello squisitamente valutativo, è sicuramente rappresentato dalle malattie oncologiche.

La formulazione del giudizio di merito da parte dei medici impegnati nell’attività valutativa medico legale, sia in campo previdenziale che assistenziale per l’Invalidità Civile, relativo alle neoplasie si presta a non poche difficoltà sia sotto il profilo dell’individuazione della fase evolutiva della patologia neoplastica considerata che della retta ponderazione degli esiti del trattamento e degli accertamenti susseguenti esibiti all’atto della visita dai pazienti, ovvero della raccolta e interpretazione degli elementi di cognizione disponibili relativi al singolo problema oncologico considerato.

Una corretta valutazione prognostica può talvolta apparire complessa in carenza di adeguate conoscenza specialistiche in campo oncologico.

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691 Soprattutto i tumori localmente avanzati o avanzati fra quelli più comuni e frequenti meritano da parte del medico legale un particolare apprezzamento e approfondimento.

I progressi della scienza medica sul versante oncologico, con la comparsa di nuovi farmaci biologici, come gli anticorpi monoclonali, ovvero anche di nuove famiglie di farmaci antiblastici e chemioterapici, tuttora in continua evoluzione e sperimentazione, hanno radicalmente mutato il panorama della prognosi relativa a molte neoplasie, per cui molti tumori prima inemendabili e a prognosi certamente infausta oggi appaiono in larga misura trattabili, in molti casi, con un netto miglioramento complessivo delle stime di sopravvivenza parziale o globale.

Anche molti tumori in fase avanzata, grazie ai progressi scientifici intervenuti nel tempo, si giovano ormai di tempi di sopravvivenza complessiva maggiori rispetto al passato, con un netto miglioramento anche della qualità di vita dei pazienti medesimi.

L’utilizzo spesso sistematico dei protocolli di terapia neoadiuvante in molti tumori localmente avanzati, poi, ha permesso di sottoporre ad intervento chirurgico numerosi pazienti prima ritenuti inoperabili, sicuramente con un migliore controllo loco – regionale della malattia neoplastica e anche con evidenti vantaggi, in molte situazioni, sotto il profilo della sopravvivenza globale, come nel caso dei tumori del colon retto e di quelli realmente avanzati localmente della mammella.

Un ulteriore contributo da parte dei trattamenti chemioterapici e radioterapici preoperatori è stato offerto anche in termini di risparmio di strutture anatomiche e anche di organi, privilegiando in tal modo una terapia chirurgica di tipo conservativo.

Questo lavoro vuole pertanto offrire un contributo di conoscenza relativamente ai nuovi protocolli e all’avvento delle nuove terapie in campo oncologico riguardanti soprattutto i tumori localmente avanzati a maggiore incidenza statistica ed

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692 epidemiologica e che offrono, oggettivamente, maggiori difficoltà sotto il profilo della valutazione medico legale.

L’impatto epidemiologico rappresentato da tali tipi di neoplasie, anche sotto l’aspetto della valutazione medico legale, è dovuto essenzialmente dall’intersecarsi di alcune essenziali variabili di tipo statistico e clinico al tempo stesso, rappresentate, dal numero considerevole delle persone annualmente affette da tali patologie oncologiche, della prognosi globale del tipo di tumore singolarmente considerato, prevalentemente severa o di medio grado, dalla fascia di età in più larga misura colpita, per lo più rappresentata da quella in attualità di lavoro, dalle modalità di esordio della patologia neoplastica che si manifesta, come nel caso dei tumori polmonari e gastrici, in circa i 2/3 dei casi, già in fase localmente avanzata quando appare in forma sintomatica e si presta ad essere finalmente diagnosticato.

Quindi i dati forniti dalle conoscenze epidemiologiche relative ai principali e più diffusi tumori e le conoscenze legate all’esperienza maturata sul campo, nello specifico settore della medicina legale pubblica, consentono di valutare appieno l’assoluta rilevanza delle suddette neoplasie sia per il riconoscimento degli Assegni Ordinari di Invalidità (A.O.I.) e delle Pensioni Ordinarie di Inabilità (P.O.I.) ai sensi della Legge 222 del 1984, vigente in ambito INPS, che per la concessione delle diverse prestazioni previste nell’ambito dell’Invalidità Civile.

Una posizione di assoluto rilievo merita in tal senso, per la sua diffusione epidemiologica il tumore della mammella, con una speciale menzione soprattutto di quello localmente avanzato, gravato da notevoli dimensioni del tumore primitivo da manifestazioni secondarie ai linfonodi ascellari, per le difficoltà terapeutiche e per i conseguenti riflessi prognostici, anche se proprio in virtù dei nuovi protocolli di terapia e dei nuovi farmaci, come soprattutto i taxani e i farmaci biologici a base di anticorpi monoclonali, si può attualmente assistere al controllo per lungo tempo anche della

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693 malattia avanzata della mammella, nonostante un netto incremento dell’incidenza di tale malattia neoplastica anche in età relativamente giovane adulta.

Non meno importante sia sotto il profilo clinico che epidemiologico appare il tumore del colon retto, che offre difficoltà terapeutiche soprattutto, ancora, nella forma localmente avanzata, la cui valutazione in senso medico legale dovrebbe considerare che neoplasie pT3-T4, N0, M0, sono classificabili in uno Stadio IIB che tutt’oggi presenta ottime stime sotto il profilo della prognosi, con probabilità anche superiori al 70 – 75 % di sopravvivenza a 5 anni e globale e con netti riflessi sul conseguente giudizio di merito della concessione delle prestazioni richieste; diverso, invece, appare il discorso delle forme localmente avanzate o avanzate che, però, nel frattempo si giovano di protocolli terapeutici del tutto nuovi e molto più efficaci rispetto a 15 – 20 anni fà, con prognosi globale attuale, in ogni caso, nettamente più favorevole rispetto al passato; le terapie neoadiuvanti preoperatorie con i rispettivi protocolli rappresentano, per questi tumori sicuramente un presidio di cura di grande incidenza ai fini del successivo trattamento chirurgico e della prognosi complessiva migliorabile fino a circa il 30 % dei casi in tal modo trattati, anche se esistono ancora numerosi casi di mancato trattamento preoperatorio, nella pratica clinica comune, laddove invece ciò sarebbe da ritenersi opportuno; tutto questo appare legato ad una carenza di adeguato staging preoperatorio di tipo radiologico o anche laparoscopico, in molti casi.

Sicuramente un posto di preminenza, sia sotto il profilo statistico – epidemiologico che della pratica quotidiana clinica e medico legale occupano, senz’altro, tuttora le malattie linfoproliferative, specie quelle in stadi localmente avanzati o avanzati, ad alto grado di malignità, ovvero ad istologia cosiddetta sfavorevole, in base alle ultime classificazioni, certamente con una netta maggiore incidenza, fra i LNH, del linfoma primitivo a grandi cellule B, che rappresenterebbe, secondo molti studi di settore, addirittura circa il 35 % delle forme di linfoma non Hodgkin e che quindi merita di

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694 essere considerato anche separatamente per le forme cliniche possibili, per le problematiche legate alla terapia e per la possibilità notevole di localizzazioni, anche singole ed iniziali, di tipo extralinfonodale, con possibile coinvolgimento primitivo o secondario di numerosi organi ed apparati; vanno annoverate, nell’ambito delle malattie linfatiche oncologiche, quindi, anche le leucemie acute mielocitiche, le più frequenti, in assoluto, fra le forme acute, o ancora le leucemie acute linfoblastiche, oltre alle leucemie mieloidi croniche che sembrano in ogni caso aver tratto notevole giovamento dall’introduzione più o meno recente del “Glivec” (Imatinib mesilato), un farmaco in grado di inibire la crescita delle cellule leucemiche e che trova anche un notevole utilizzo nelle forme cosiddette GIST, dei tumori gastrointestinali (digestivi) stromali maligni, pur trattandosi, in tal caso, di forme neoplastiche relativamente rare, essendo poi però necessario proseguire ininterrottamente la cura nel tempo, onde impedire le prevedibili ricadute tumorali; sia che si tratti dei linfomi che delle leucemie, acute e croniche, la valutazione medico legale parte dalla verifica dell’ottenimento della Remissione Clinica Completa dopo trattamento con protocolli di chemioterapia di tipo standard, laddove, in caso di necessità, e di mancata risposta completa al trattamento standard, si può comunque ipotizzare ed effettuare un trattamento di chemioterapia ad alte dosi con successivo trapianto di cellule staminali autologhe, con buoni risultati finali complessivi e con residui rari lievi screzi mielo displastici o di mieloaplasia, al punto da ottenere nel tempo spesso un eccellente recupero successivo nella vita attiva lavorativa e di relazione.

Non meno importante per i risvolti epidemiologici e terapeutici appare il tumore primitivo maligno polmonare, il più diffuso in assoluto nella popolazione maschile e gravato purtroppo ancora da un alto tasso di mortalità, specie quello di tipo NSCLC, ossia “non small cells lung cancers” degli autori anglosassoni, ovvero i carcinomi squamosi bronchiali e gli adenocarcinomi, con prognosi molto severa in ogni caso ma

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695 che si presentano per lo più in età anziana, ossia dopo i 70 anni di età, quindi prevalentemente in una fascia di età extralavorativa, e peraltro nella gran parte dei casi, circa 2/3, in forma localmente avanzata o avanzata.

Si tratta pertanto di un tipo di tumore assai spesso inoperabile, in prima battuta, per cui nel caso delle neoplasie polmonari primitive l’utilizzo di schemi di trattamento di tipo neoadiuvante chemioterapico e/o radioterapico, prevalentemente in modo, quindi, associato, può risultare decisivo rispetto al successivo necessario trattamento chirurgico, il solo in grado davvero di assicurare la radicalità della cura e garantire qualche possibilità concreta di reale guarigione.

I carcinomi a piccole cellule o microcitomi sono molto più difficili da trattare rispetto ai NSCLC, con risultati terapeutici nettamente inferiori, anche se risultano più sensibili alla chemioterapia.

Frequenti sono comunque le ricadute in tutti i casi di tumore polmonare, assai difficili da controllare, trattandosi per lo più di metastasi cerebrali o controlaterali polmonari ovvero epatiche, specie nel caso degli adenocarcinomi, o localizzazioni a distanza di altro genere; nel caso inoltre degli adenocarcinomi polmonari, la loro posizione prevalentemente periferica e laterale, ovvero lontana dagli ili, ne condiziona il trattamento sotto il profilo chirurgico, per la maggiore capacità di coinvolgimento della pleure, viscerale e parietale, visti gli stretti rapporti anatomici di sede esistenti con la stessa; si assiste in ogni caso ad un costante incremento di questi tumori nella popolazione generale, comprese le donne, visti gli stili di vita e le abitudini tabagiche.

Di discreto relativo impatto epidemiologico ma di notevole rilevanza clinica e terapeutica si dimostrano neoplasie primitive gastriche e quelle degli organi genitali femminili, specie collo e corpo dell’utero, ovvero i tumori renali e vescicali.

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696 Infatti notevoli difficoltà terapeutiche si possono riscontrare nel caso delle forme localmente avanzate del carcinoma gastrico e del collo dell’utero, ovvero anche nel trattamento delle forme aggressive vescicali.

Nel caso del tumore gastrico localmente avanzato inoperabile o trattabile chirurgicamente con estrema difficoltà, in quanto molto esteso localmente, la chemioterapia neoadiuvante parrebbe offrire qualche possibilità maggiore di trattamento radicale chirurgico e migliori possibilità di sopravvivenza, anche se non appare del tutto standardizzata sotto il profilo terapeutico e non unanimemente applicata, specie per l’attitudine, comunque in via di cambiamento, di attivare il trattamento chirurgico senza un preventivo consulto dell’oncologo medico e senza, quindi, un adeguato protocollo terapeutico e una pianificazione razionale dell’intervento chirurgico, non essendo, peraltro, sempre da ritenersi impeccabili i protocolli utilizzati per la stadiazione di tipo radiologico, ovvero radiodiagnostica necessaria.

Una maggiore e migliore applicazione attuale pare trovare la chemioterapia neoadiuvante, anche associata alla radioterapia preoperatoria, nel caso di trattamento dei tumori localmente avanzati del collo dell’utero, laddove però appare in ogni caso necessario un trattamento radicale chirurgico anche con linfoadenectomia profilattica dei linfonodi satelliti pelvici e anche lombo aortici, specie qualora preesista una loro compromissione verificata con la TC, che è peraltro discriminante ai fini della favorevolezza prognostica, proprio per scongiurare il pericolo di recidive loco regionali e successivamente anche a distanza, per via ematica e/o linfatica o anche per contiguità.

Anche le neoplasie vescicali localmente avanzate che abbiano superato la tonaca muscolare della parete vescicale possono rappresentare un problema terapeutico di non facile soluzione e si sono sviluppati diversi tipi di nuovi trattamenti utili per ottenere la radicalità limitare la progressione delle forme avanzate.

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697 Da ultimo vanno considerati gli adenocarcinomi prostatici che rappresentano i tumori più diffusi in assoluto, pur interessando la sola popolazione maschile, ma che sono anche quelli che colpiscono fasce di età avanzata, ovvero soggetti in prevalente età extralavorativa, comunque a lenta evoluzione e con una lunga sopravvivenza, in base alla conoscenza della loro storia naturale.

Sotto il profilo terapeutico i carcinomi della prostata localmente avanzati, costituiscono ugualmente un serio problema, giovandosi peraltro di trattamenti di I Linea, di tipo prevalentemente ormonale e, successivamente anche di II e III Linea, ovvero di terapie di salvataggio, come il Taxotere (Docetaxel), in grado di garantire, in ogni caso una buona risposta e una lunga sopravvivenza, perfino in fase di progressione di malattia neoplastica, spesso da valutare attentamente, quindi, anche nell’ambito dell’Invalidità Civile.

Oltre ai tumori primitivi polmonari, per la loro intrinseca severità prognostica e per le implicazioni terapeutiche e prognostiche, con netti riflessi anche sul piano valutativo medico legale, specie ai fini della concessione delle massime prestazioni prevedibili, vanno sicuramente considerati anche i tumori cerebrali, abbastanza diffusi sul piano epidemiologico, in relazione identicamente alla loro gravità e non emendabilità, specie di tipo chirurgico, nella gran parte dei casi, in quanto spesso ritenuti inoperabili a prescindere dal loro grado di malignità, variabile prevalentemente fra il grado I e il grado IV, trattandosi di astrocitomi ovvero di gliomi, in larga prevalenza.

Ovviamente anche il grading molto anaplastico dei tumori cerebrali costituisce un aspetto prognostico di notevole rilevanza pratica ai fini della sopravvivenza globale, per cui operabilità e grading di malignità costituiscono i due aspetti principali della prognosi, prevalentemente severa ovvero infausta nella gran parte dei casi accertabili.

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698 Altri tumori relativamente meno rappresentati epidemiologicamente sono quelli epatici e quelli pancreatici, che però costituiscono le forme neoplastiche più gravi in assoluto, in senso prognostico, condizionando perciò la concessione indifferibile delle maggiori prestazioni previdenziali e assistenziali considerabili.

Riguardo, poi, all’excursus storico della valutazione medico legale dei tumori maligni primitivi si è passati da una fase iniziale contrassegnata dalla concessione in prevalenza acritica delle prestazioni richieste in rapporto alla diagnosi oncologica, sic et simpliciter, ad una sempre maggiore considerazione e valorizzazione degli aspetti prognostici della malattia neoplastica, unita ad una piena valutazione degli esiti dei trattamenti, in rapporto al grado di appropriatezza e confacenza degli stessi.

PRINCIPALI NEOPLASIE SOLIDE E PROTOCOLLI DI TRATTAMENTO DELLE FORME LOCALMENTE AVANZATE O AVANZATE

Si passano quindi in rassegna le principali neoplasie solide, prevalentemente considerate nelle loro forme localmente avanzate o avanzate, e valutate sia sotto il profilo dei protocolli terapeutici più aggiornati, che della prognosi e del relativo giudizio orientativo di merito medico legale, in rapporto all’eventuale concessione di prestazioni previdenziali o assistenziali richieste.

Vengono pertanto tracciate semplici linee guida valutative che rispecchiano gli aspetti prognostici delineati in rapporto alle terapie illustrate, attuabili in campo oncologico.

CANCRO DELLA MAMMELLA

In considerazione proprio della loro altissima incidenza statistica, in età lavorativa e del loro conseguente impatto sociale, sicuramente i tumori della mammella

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699 rappresentano una delle principali neoplasie considerabili sia sotto il profilo clinico – epidemiologico che medico legale.

Le forme localmente avanzate o avanzate sono quelle che principalmente danno luogo alla concessione di prestazioni di tipo medico legale previdenziale e assistenziale.

Il cancro della mammella rappresenta sicuramente il tumore maggiormente diagnosticato oltre alla principale causa di morte per cancro nella donna.

Negli ultimi 2 decenni sono notevolmente migliorate le conoscenze sulla biologia e sul trattamento di questa neoplasia, con utilizzo anche di farmaci meno tossici e più efficaci.

Sono anche notevolmente migliorati i tassi di sopravvivenza di questo tipo di tumore.

Nel 2008 i casi stimati nel mondo di tumore della mammella sono stati pari a circa 1,4 milioni.

L’incidenza appare oltremodo variabile in rapporto alle aree geografiche considerate, con un tasso di incidenza che va da 3,9 casi / 100 mila abitanti, per il Mozambico ad oltre 101, 1 casi / 100 mila abitanti, per gli USA.

Nel corso degli ultimi 25 anni si è assistito ad un incremento dell’incidenza della malattia, con tassi nettamente più elevati nel Mondo Occidentale.

Tutto ciò viene segnalato in un articolo dal titolo “Breast Cancer”, presente sul sito Emedicine Oncology di Internet, autori R. Swart e al., aggiornato 15 gennaio 2010.

Nel citato articolo si considera che per il 2009 sono stimati orientativamente ben 192 mila nuovi casi di tumore della mammella, nelle donne e oltre 1900 casi negli uomini.

Negli ultimi anni che vanno dal 1999 al 2005 in realtà viene segnalata una diminuzione dei tassi di incidenza del carcinoma duttale invasivo pari al 2,2 % annuo.

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700 Ciò parrebbe dovuto in buona misura alla riduzione della terapia sostitutiva ormonale intervenuta da diversi anni, anche se i dati indicano un notevole incremento dei carcinomi duttali in situ, sempre stimati per il 2009, pari a ben 62.280 casi nell’anno.

Tutto ciò è anche sicuramente frutto di un adeguato utilizzo dello screening mammario.

In compenso i tassi di mortalità del cancro della mammella sono in costante diminuzione.

Per il 2009 la stima dei decessi per il tumore è pari 40.610 morti nell’anno.

La maggiore riduzione dei tassi di mortalità è stata verificata nelle donne di età <

50 anni.

Il maggiore uso dello screening mammografico ha comportato, quindi, un notevole incremento della diagnosi di carcinoma in situ, mentre fra i sottotipi istologici il carcinoma duttale infiltrante NOS (NAS per gli autori italiani), ossia non altrimenti specificato, appare quello maggiormente frequente fra le forme cliniche conclamate.

Il carcinoma lobulare, il midollare, il mucinoso e il papillare appaiono fra le forme istopatologiche più frequenti.

Le variabili prognostiche principali sono da considerarsi, nell’ordine:

 lo stato linfonodale;

 le dimensioni del tumore;

 l’invasione linfatica o vascolare;

 l’età delle pazienti;

 il grado istologico;

 i sottotipi istologici;

 la risposta alla terapia neoadiuvante;

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 la positività ai recettori degli estrogeni, ER, ovvero quella ai recettori progestinici, PgR, soprattutto la prima che rappresenta, in caso di negatività, il maggiore fattore predittivo di recidiva;

 l’amplificazione del gene Her2/neu ovvero la sua iperespressione.

Il primo fattore fra quelli elencati è sicuramente il più importante, con un tasso di recidiva a 5 anni pari al 30 – 40 % dei casi, per 1 – 3 linfonodi positivi, di 44 – 70 %, con 4 – 9 linfonodi positivi e 72 – 82 % con oltre 10 linfonodi positivi.

Tale fattore è condizionato in modo proporzionale dalle dimensioni più o meno accentuate del tumore primitivo, ossia dal T della classificazione TNM.

L’iperespressione di Her 2 è stata associata ad una maggiore aggressività del tumore e ad un maggiore tasso di recidività e mortalità prima dell’uso consolidato della terapia adiuvante con Trastuzumab (anticorpi monoclonali). Si è dimostrata una risposta terapeutica diversa alla chemioterapia in caso di positività Her 2 con un vantaggio legato all’uso delle antracicline in caso di positività, anche al test di amplificazione alla topoisomerasi II.

Lo stato di Her 2 può predire la risposta alla terapia adiuvante e la positività può beneficiare di una terapia adiuvante più mirata.

I tassi di sopravvivenza sono correlati con lo stadio del tumore, con una sopravvivenza del 99 – 100 % dei casi, per lo Stadio 0 (ca in situ), 95 – 100 % Stadio I, 86 % Stadio II, 57 % Stadio III, 20 % Stadio IV.

Il trattamento contempla la chirurgia, con la nodulectomia, la quadrantectoma ma con ampi margini di resezione negativi, la mastectomia radicale modificata, con successiva possibilità di mastoplastica ricostruttiva.

La ricerca del linfonodo sentinella è una procedura minimamente invasiva in pazienti con linfonodi ascellari clinicamente negativi.

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702 La mappatura linfatica può essere ottenuta con radioisotopi come il tecnezio 99 zolfo colloidale.

La procedura consente in casi selezionati di evitare la dissezione ascellare totale, in modo indiscriminato, con il grado di disfunzionalità derivante.

La radioterapia dopo terapia conservativa del seno, come la Quadrantectomia, consente di eradicare la malattia residua locale subclinica, con riduzione dei tassi di recidiva locale di circa il 75 %.

Criteri di selezione in tal senso sono considerati, nell’ordine:

 età 45 anni

 carcinoma duttale invasivo o in situ;

 dimensioni del tumore invasivo < cm 3,00;

 margini di resezione chirurgica negativi;

 linfonodi ascellari o linfonodo sentinella negativi.

Riguardo ai regimi di polichemioterapia adiuvante prevalentemente adottati attualmente, si annoverano:

il regime TAC, costituito da Taxotere, Adramicina e Ciclofosfamide, 6 cicli complessivi con cadenza ogni 21 giorni, il regime AC, con Adramicina e Ciclofosfamide, seguito da Paclitaxel, 4 cicli + 4 cicli, ogni 21 giorni, il Dose Dense, con gli stessi farmaci ma ogni 14 giorni, il regime Metronomo, che utilizza sempre gli stessi farmaci ma a dosi diverse e con periodicità settimanale ovvero giornaliera, per la Ciclofosfamide, fino ad arrivare al regime che contempla il Trastuzumab in aggiunta ai precedenti regimi convenzionali.

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703 Esistono vari altri tipi di trattamento convenzionali o meno, come il famoso CMF, il FEC – 100, con 5 fluoro uracile, Epirubicina e Ciclofosfamide, e da ultimo il TCH che comprende Taxotere, Carboplatino e Trastuzumab, in 6 cicli ogni 21 giorni.

I maggiori risultati sono stati ottenuti dai nuovi protocolli, in termini di miglioramento della sopravvivenza libera da malattia e di sopravvivenza globale in caso di negatività dei recettori degli estrogeni rispetto ai pazienti con recettori degli estrogeni positivi.

Sono stati anche testati i regimi a base di taxani rispetto a quelli senza taxani.

Gli studi hanno premesso di osservare che negli Stadi iniziali, I – III, i regimi a base di taxani migliorano la fase libera da malattia e la sopravvivenza globale.

Si è anche dimostrato che i pazienti Her 2 positivi e ER positivi non si giovano particolarmente dei regimi a base di taxani.

Le conclusioni sono che i regimi contenenti taxani vanno utilizzati nelle fasi iniziali del carcinoma della mammella, assai meno nelle donne Her 2 positive.

Le antracicline come l’Adriamicina, (Doxorubicina, Daunorubicina) sono sempre utilizzate nel carcinoma della mammella in fase iniziale, come ormai da qualche decennio, ma risultano sempre cardiotossiche e potenzialmente in grado di scatenare l’insorgenza di una leucemia.

Il beneficio legato all’uso delle antraci cline appare maggiore nei soggetti Her 2 positivi.

Si è potuto verificare che un’antraciclina seguita o somministrata in modo concomitante con un taxano è la terapia ottimale per i pazienti cosiddetti triplo – negativi, ossia pazienti con negatività contemporanea per i recettori ER e PgR e per l’espressione del gene Her2.

Non appare comunque del tutto chiaro quale terapia convenzionale si dimostri più efficace per pazienti ER positivi e Her 2 positivi.

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704 I regimi CMF, TC, o a base di antracicline appaiono sempre opzioni ragionevoli.

Un capitolo a parte rappresentano, in ogni caso i pazienti Her 2 positivi, ossia con iperespressione di Her 2.

Questa circostanza si verifica nel 20 % dei tumori del seno.

Con l’avvento del Trastuzumab, un anticorpo monoclonale, sono cambiati i paradigmi del trattamento del carcinoma della mammella Her 2 positivo.

Il Trastuzumab agisce in modo potente, in maniera sinergica con una grande varietà di chemioterapici, e con pochi effetti collaterali di tipo cardiotossico.

Sono stati eseguiti 5 studi che hanno dimostrato come i regimi con Trastuzumab e chemioterapia convenzionale adiuvante producano un miglioramento del 50 % della sopravvivenza libera da malattia e del 33 % della sopravvivenza globale, a prescindere dal regime convenzionale adottato, rispetto ai trattamenti senza Trastuzumab.

Il Trastuzumab è stato quindi adottato, in aggiunta ai regimi convenzionali, nella malattia neoplastica Her 2 positiva da trattare con schemi di terapia adiuvante.

Sono ancora in fase di sperimentazione prove di utilizzo per verificare se l’uso di 2 protocolli di terapia mirata per soggetti Her 2 positivi, con aggiunta di Trastuzumab o analoghi a scopo adiuvante o neoadiuvante produca migliori o più promettenti risultati.

La terapia adiuvante ormonale viene adottata nei soggetti ER positivi, da solo o in combinazione con la chemioterapia.

I trattamenti ormonali soppressivi degli estrogeni, a base ad es., di Tamoxifene, si fondano sul concetto della riduzione degli effetti degli estrogeni di stimolare le micrometastasi o le cellule tumorali dormienti.

La terapia ormonale estrogeno - soppressiva si è dimostrata in grado di ridurre il rischio relativo di recidiva a distanza o loco regionale o contro laterale di almeno il 50

%, nei tumori mammari con alta espressione ER positiva.

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705 La terapia ormonale comprende il Tamoxifene e gli inibitori dell’aromatasi come, anastrozolo, letrozolo ed Exemestane.

Per tumori localmente avanzati della mammella si intendono attualmente quelli con dimensioni del tumore primitivo > cm 5,00.

Esiste in ogni caso una marcata differenza fra le donne con tumori di dimensioni molto ampie, > cm 5,00, rispetto ai classici tumori localmente avanzati o carcinomi infiammatori della mammella, per ciò che concerne lo scopo e l’utilizzo di terapie di tipo neoadiuvante.

Nel primo caso la necessità della terapia neoadiuvante si collega all’esigenza di un trattamento di chirurgia conservativa, nel secondo caso la somministrazione di un trattamento sistemico appare essenziale per poter davvero ottenere un possibile trattamento locale con intento di cura radicale.

Rispetto agli studi effettuati, la singola prognosi dei tumori T3, N0, Stadio IIB, e T3, N1, Stadio IIIA appare nettamente migliore rispetto a quelli classicamente definiti localmente avanzati, con sigla LABC, IIIB, IIIC, o con sigla IBC, sempre IIIB ma T4d, ed è importante conoscere le relative proporzioni in queste categorie quando vengono riportati i risultati dei trial clinici.

Non solo ci si possono attendere una migliore sopravvivenza libera e una migliore sopravvivenza globale per i pazienti in stadi IIB e IIIA ma anche una migliore risposta e remissione clinica completa anatomo – patologica in caso di trattamento neoadiuvante, essendo la risposta a lungo termine del trattamento inversamente relazionata alle dimensioni della neoplasia.

In effetti questi risultati hanno comportato anche una modificazione nella stadiazione:

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706

 donne con tumori primitivi T3 sono prevalentemente considerati appartenenti allo Stadio III della malattia e sono diversamente etichettati in altra letteratura;

 donne con tumori resecabili in cui si sono trovati 4 o più linfonodi ascellari coinvolti dopo iniziale chirurgia, formalmente fanno parte dello Stadio II, ma sono stati aggiornati in un nuovo gruppo dello Stadio IIIA.

La revisione del sistema di stadiazione è necessario e rappresenta un miglioramento evidente per definire i sottogruppi prognostici, ma la pratica rilevanza dell’accorpamento di tutti i pazienti che tipicamente ricevono complessivamente la chemioterapia resta di attualità.

Nelle nuove casistiche si verifica che i risultati dei trattamenti sono usualmente riportati con una specifica funzione del particolare regime neoadiuvante utilizzato.

La diagnosi di carcinoma infiammatorio della mammella è una diagnosi clinica che utilizza la presentazione di segni cardinali dell’infiammazione, calore, rossore e tumore, che coinvolgono la mammella, al punto che il calore può essere subdolo e la massa può essere inapprezzabile come apparire discreta; invece quando una massa localizzata è apparsa in un cancro infiammatorio della mammella l’estensione della malattia neoplastica può essere valutata solo istologicamente, come riscontrato da biopsie della cute, laddove la stessa appare normale intorno alla lesione; di norma il carcinoma infiammatorio è di grado tale da apparire all’esame fisico, ossia all’ispezione.

Sono anche descritti aspetti erisipeloidi ma solo una minoranza dei casi dimostra questo aspetto.

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707 Nei paesi occidentali la presenza del carcinoma infiammatorio della mammella è bassa, fra 1 e 2 % di tutti i tumori della mammella, ma è molto più alta in altre parti del mondo come il Nord d’Africa, per ragioni sconosciute.

Istopatologicamente è associato originariamente con il classico riscontro del coinvolgimento dei linfatici sottodermici, altrimenti non è possibile diagnosticare un carcinoma infiammatorio della mammella (può capitare come un fenomeno secondario di un tumore localmente avanzato della mammella).

E’ più facile riscontrare in questi casi una negatività dei recettori ER e PgR e una positività franca ed iperespressione del Her 2/Neu, con un’angiogenesi e una linfangiogenesi che appaiono essere incrementate per la densità dei microvasi o per il riarragiamento dell’espressione del gene basato sul RNA.

Il LABC, ossia il tumore localmente avanzato della mammella negli USA è più comune che il carcinoma infiammatorio e in base alla definizione adottata e descritta in precedenza, può capitare nel 10 – 15 % dei pazienti, che si restringe al 5 % dei casi se si adotta la definizione stretta di inoperabile.

Si riscontra epidemiologicamente nelle basse classi socio – economiche, onde la diffusione etnica negli afro americani.

Può apparire relativamente indolente e rapidamente ingravescente, con celere ingrossamento, a causa della relativa biologia.

Il carcinoma invasivo della mammella, in modo eterogeneo, in generale, e in molti studi, il tumore localmente avanzato, hanno una migliore risposta e prognosi a lungo termine rispetto al carcinoma infiammatorio della mammella, specie quando si considerano i soli casi inoperabili.

Le pazienti con carcinoma localmente avanzato o infiammatorio della mammella con linfonodi positivi clinicamente dovrebbero sottoporsi ad una biopsia per iniziare la chemioterapia.

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708 Nei casi con linfonodi negativi può essere utilizzata la biopsia del linfonodo sentinella per iniziare il trattamento, ovvero la determinazione del linfonodo sentinella può anche essere effettuata dopo che il trattamento è stato completato.

Teoricamente si dovrebbe preferire la biopsia del linfonodo sentinella all’inizio, poiché la chemioterapia può eradicare la malattia preesistente nel linfonodo sentinella e risultare in un falso negativo e/o alterato drenaggio linfatico in un grosso tumore, ciò che può compromettere l’accuratezza della procedura.

Tuttavia i trial di terapia neoadiuvante suggeriscono che il tasso di falsi negativi per le biopsie del linfonodo sentinella dopo chemioterapia neoadiuvante sono nell’ordine del 11 %, comparabili con il tasso di falsi negativi dei pazienti con approccio iniziale solo chirurgico e resezione.

Il miglior test per valutare, in generale, lo stato e le dimensioni del tumore è rappresentato dall’ecografia.

La massa apparsa larga all’esame fisico viene verificata all’ecografia che è in grado di discriminare masse ipoecogene dallo stroma o da un ematoma.

Nel carcinoma infiammatorio della mammella la RMI può rappresentare un’importante aggiunta ai test di risposta.

Il ruolo della PET in tal senso deve essere ancora determinato.

La negatività riscontrata alle tecniche d’immagine dovrebbe rappresentare un esame altamente accurato comprovante l’ottenimento della Remissione Clinica Completa.

Ciò serve soprattutto ad escludere la necessità di continuazione della terapia in una paziente con un grosso tumore, ciò che accade in meno del 5 % con un trattamento iniziale, e suggerire quando la massima risposta grossolanamente evidenzia che la malattia è stata ben trattata e quale può essere il tempo ottimale per procedere alla resezione.

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709 La maggior parte dei regimi utilizzati in USA per la terapia neoadiuvante è a base di antracicline, avendo con il protocollo FAC il miglior riferimento storico.

4 cicli di FAC nel carcinoma infiammatorio, seguiti dalla chirurgia e successivamente dall’irradiazione comportano una mediana di sopravvivenza da 2 a 5 anni, intorno al 30 % dei pazienti, ciò che rappresenta un eccezionale progresso rispetto alle aspettative storiche della terapia locale dei carcinomi infiammatori, con una sopravvivenza a 5 anni < 5%.

In un trial clinico sono stati testati 4 cicli di AC da soli e associati a 4 cicli di Taxotere alla dose di 100 mg/m2, effettuati a sandwich prima e dopo la chirurgia e nel secondo caso, con l’uso aggiuntivo adiuvante del Taxotere, si è ottenuto un incremento della risposta terapeutica completa dal 14 al 26 % per il secondo tipo di trattamento.

Circa il 15 % dei pazienti con linfonodi positivi hanno una malattia residua ascellare linfonodale.

I pazienti che non manifestano una malattia residua né nella sede primaria né a livello ascellare sono quelli che hanno una migliore prognosi e un prolungamento della sopravvivenza libera da malattia.

Esistono vari studi che confrontano i risultati dei diversi regimi impiegabili a scopo neoadiuvante, non solo inerenti i principi attivi utilizzabili, tipo Paclitaxel seguito da protocollo FAC, ma anche e soprattutto le dosi e la durata dei trattamenti variamente alternati.

La terapia loco – regionale dei tumori localmente avanzati della mammella, tipo Stadi IIB o IIIA, si giova, quindi del trattamento sistemico neoadiuvante seguito da chirurgia conservativa della mammella.

Tale terapia conservativa è plausibile e consona in tali casi pretrattati con terapia neoadiuvante, ma appare inaccettabile una eventuale recidiva loco – regionale, in tali casi.

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710 Nonostante ciò esistono studi di settore che non hanno riscontrato concreti vantaggi nel gruppo che ha utilizzato la terapia neoadiuvante seguita da chirurgia rispetto a quelli che hanno eseguito subito un intervento chirurgico radicale seguito da chemioterapia adiuvante.

Invece il tasso di remissione clinica completa patologica della malattia neoplastica dopo terapia era significativamente migliorato, nell’ordine del 36 %.

La mastoplastica ricostruttiva non è raccomandata per stadi localmente avanzati, quali IIB o stadio III, meno ancora per il carcinoma infiammatorio della mammella nel qual caso la ricostruzione mammaria potrebbe compromettere l’esito delle cure.

Poi circa il 5 – 10 % delle pazienti sviluppa nel tempo una malattia metastatica.

Il trattamento della malattia avanzata della mammella continua ad essere non risolutivo, in quanto non è possibile trattare le lesioni a distanza in modo efficace e definitivo.

Occasionalmente pazienti con metastasi a distanza beneficiano della resezione chirurgica in caso di singola metastasi e possono richiedere in aggiunta radioterapia per la palliazione o a fini di radicalità locale, ad es., per il trattamento definitivo di una singola metastasi cerebrale.

L’ormonoterapia nella malattia avanzata può costituire l’iniziale trattamento di scelta in caso di scarse prospettive di vita, come per metastasi massive epatiche, ecc., e per necessità di immediata palliazione.

Nel caso di beneficio ipotizzabile per terapie di II linea intorno o inferiori al 50 %, ovvero per fallimento di tale tipo di trattamento, si può ipotizzare la terapia ormonale.

La chemioterapia si può utilizzare nella malattia avanzata ma è dipendente dal

“performance status” e si può utilizzare quando è alto il tasso di risposta terapeutica.

Nel caso di limitate possibilità di sopravvivenza si può utilizzare una combinazione di farmaci con alto tasso di risposta e con minimo impatto clinico.

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711 I due target da conseguire sono quelli di prolungare la durata e, al tempo stesso la qualità della vita.

La monochemioterapia, la terapia combinata di due o più farmaci, e la combinazione con l’ormonoterapia rappresentano le opzioni terapeutiche in tali casi.

Esistono vari protocolli a base di Capecitabina, Docetaxel, Epirubicina, Gemcitabina, Paclitaxel, Trastuzumab e Vinorelbina.

La scelta dei farmaci è influenzata e governata dalla storia clinica personale e dal preventivo uso degli stessi farmaci in terapie già effettuate.

Molti pazienti rispondono all’uso combinato di antracicline e taxani, ossia doxorubicina, paclitaxel o docetaxel.

I taxani non sono cardiotossici ma possono provocare neuropatie o edemi.

Anche la gemcitabina viene usata in combinazione con il paclitaxel.

Anche la Vinorelbina usata con taxani da una risposta del 25 %, potendo arrivare in terapie di I o II linea fino ad un tasso di risposta del 40 %.

Il Trastuzumab si dimostra più efficace nei soggetti Her 2 positivi.

Viene usato in multiple linee di trattamento con discreti tassi di risposta, allungando i tempi di progressione della malattia.

Il Bevacizumab rientra nei farmaci anti angiogenesi e può essere utilizzato nella terapia di I Linea nella progressione e metastasi della neoplasia mammaria.

Esso appare efficace nel prolungamento del tempo libero da progressione rispetto ai controlli.

Tali terapie presentano una mediana di intervallo libero da progressione dell’ordine di 8 – 10 mesi.

I Bifosfonati sono utilizzati nella terapia delle metastasi ossee ma non hanno effetti sulla sopravvivenza.

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712 Il follow up del cancro della mammella si giova della visita medica e del monitoraggio dei markers tumorali come il CEA, il CA 15.3, il CA 27.29.

Si utilizzano periodicamente, TC, RMI, PET – TC, ovvero in caso di nuovi sintomi per il controllo della ripresa di malattia, con una maggiore attenzione per le forme localmente avanzate.

Il futuro dei trattamenti appare promettente, con terapie più mirate e percorsi terapeutici meglio definiti e regolamentati.

La ricerca deve vagliare l’efficacia e l’uso ottimale dei farmaci, cercando di selezionare sottogruppi terapeutici.

E’ solo grazie ad una migliore comprensione dei meccanismi di crescita e della progressione del tumore del seno che si potranno individuare protocolli terapeutici sempre più efficaci e personalizzati.

Efficace in tutti i casi si dimostra le ricerca del linfonodo sentinella nel cancro della mammella invasivo, con una elevata accuratezza diagnostica predittiva.

Ciò ha premesso di evitare in molti casi la dissezione ascellare sistematica, con minima morbilità post – operatoria.

La capacità di individuare pazienti con linfonodi negativi senza dissezione rappresenta un valore aggiunto nel management delle donne con cancro al seno.

I veri temi, quindi, relativi al trattamento del carcinoma mammario riguardano soprattutto la cura della malattia metastatica e del tumore localmente avanzato.

In un articolo dal titolo “Phase II Clinical Trial of Ixabepilone (BMS-247550), an Epothilone B Analog, in Metastatic and Locally Advanced Breast Cancer” di Jennifer A.

Low, e al., apparso sul Journal of Clinical Oncology, Aprile 2005, Vol. 23, N. 12: 2726 – 2734, viene testato a fini di terapia l’Ixabepilone che è un analogo dell’epothilone B

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713 che come azione stabilizza i microtubuli ed ha un’attività antitumorale in casi di refrattarietà ai taxani, in studi di fase I.

Si passa, quindi ad uno studio di fase II per valutarne l’efficacia in pazienti in malattia metastatica o localmente avanzata.

E’ stata ottenuta una risposta terapeutica obiettiva nel 22 % della popolazione di pazienti che era stata già trattata preventivamente con taxani.

La neuropatia di grado 3 si è verificata in rari casi.

Sempre sul Journal of Clinical Oncology è apparso nel Febbraio 2006 un articolo dal titolo “Antiangiogenic and Antitumor Effects of Bevacizumab in Patients With Inflammatoiy and Locally Advanced Breast Cancer” di Suparna Bonthala Wedam, Jennifer A. Low, e al., in cui viene dimostrata una diminuzione della fosforilazione del VEGFR2, che è il fattore di crescita dell’endotelio vascolare, nell’ordine del 66,7 % e un incremento dell’apoptosi (morte programmata)delle cellule tumorali del 128,9 % dopo terapia con Bevacizumab.

Il Bevacizumab si dimostra, pertanto un efficace inibitore degli effetti di attivazione del recettore VEGF, da utilizzare, in speciale modo, nel caso di carcinoma infiammatorio della mammella che è un sottotipo dei tumori localmente avanzati della mammella che si verifica, come già detto, in circa il 5 % dei casi considerati.

Relativo al grosso problema della chemio resistenza si dimostra un lavoro scientifico dal titolo “Influence of TP53 Gene Alterations and c-erbB-2 Expression on thè Response to Treatment with Doxorubicin in Locally Advanced Breast Cancer” 1Stephanie Geisler, Per Eystein Lonning,2 e al., CANCER RESEARCH 61, 2505-2512, March 15, 2001, in cui partendo dall’assunto che l’iperespressione del gene erbB-2 si associ ad una risposta favorevole alla terapia a base di antracicline, problema dibattuto e controverso, si è dimostrato che su 8 pazienti ben 5 sono andati incontro ad una

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714 remissione clinica completa con minima malattia residua e 3 pazienti una risposta parziale.

In termini di risposta o maggiore risposta terapeutica non è stato possibile dimostrare questa associazione con erbB-2.

In effetti appare che i pazienti con iperespressione della topo isomerasi II alfa hanno ottenuto una risposta maggiore.

In pratica tutti i tumori testati che mostravano iperespressione per la topo isomerasi II alfa mostravano anche amplificazione erbB-2, ma non viceversa.

E’ quindi l’iperespressione per la topo isomerasi II alfa che dimostra una maggiore risposta terapeutica.

Riassumendo, quindi, sotto il profilo prognostico e medico legale è quindi possibile operare una distinzione fra:

 tumori iniziali della mammella, Tis, T1-2, N0, MX, che si giovano di una terapia conservativa e godono di una prognosi molto favorevole e stime di sopravvivenza > 90 %;

 tumori localmente avanzati ma ancora suscettibili di trattamento chirurgico radicale, Stadi IIB e IIIA, a prognosi discreta o più severa a seconda delle dimensioni del tumore primitivo, se > o < cm 5,00, del numero dei linfonodi ascellari coinvolti, se tra 1 – 3, 4 – 9, > 9 linfonodi ascellari;

 stadi realmente localmente avanzati della mammella, intendendosi per tali quelli davvero inoperabili ossia i Locally Advanced Breast Cancer (LABC) e i carcinomi infiammatori (IBC), che necessitano assolutamente di trattamenti

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715 neoadiuvanti, o a sandwich, pre – post operatori di tipo adiuvante, prevalentemente utili ai fini della completa risposta patologica terapeutica al trattamento ma non della sopravvivenza libera da malattia e globale, a prognosi severa fin dall’inizio del follow up di controllo;

 malattia avanzata metastatica del carcinoma mammario, con possibilità, con adeguate terapie e regimi di trattamento, di mediane di sopravvivenza di circa 8 – 10 mesi.

A ciò vanno aggiunti altri importanti fattori prognostici accessori in cui prevalgono, nell’ordine, l’iperespressione del gene Her 2/Neu e lo stato recettoriale ER negativo, suscettibili di trattamento polichemioterapico e non ormonale, in cui un ruolo assai importante pare legato, da alcuni anni, il trattamento con anticorpi monoclonali a base di Trastuzumab.

In buona sostanza e, in definitiva, il giudizio orientativo, in rapporto al disposta di cui agli artt. 1 e 2 Legge 222 del 1984, vigente nel lambito medico legale INPS appare i seguente:

1. tumori iniziali della mammella, Tis, T1-2, N0, MX

 NON INVALIDO - NON INABILE

2. tumori localmente avanzati ma ancora suscettibili di trattamento chirurgico radicale, Stadi IIB e IIIA

con numero dei linfonodi ascellari coinvolti, tra 1 – 3

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 SI INVALIDO (3 anni) - NON INABILE

con numero dei linfonodi ascellari coinvolti 4 – 9, > 9

 SI INVALIDO (5 anni) - NON INABILE

3. stadi localmente realmente avanzati della mammella Locally Advanced Breast Cancer (LABC) e i carcinomi infiammatori (IBC)

 SI INVALIDO (5 anni) - NON INABILE

4. malattia avanzata metastatica del carcinoma mammario ovvero ricaduta metastatica a distanza senza possibilità di radicalità chirurgica e RCC patologica, ovvero malattia persistente neoplastica da tumore loco – regionale inemendabile con terapie mediche e/o chirurgiche:

 SI INVALIDO – SI INABILE.

La valutazione nell’ambito dell’Invalidità Civile ricalca, riguardo al beneficio dell’Assegno e della Pensione di IC, grosso modo l’ambito di valutazione precedente, sotto il profilo prognostico, anche se con un connotazione medico legale alquanto diversa, e con possibilità di revisione a distanza variabile di tempo in base allo stato di estensione iniziale della malattia neoplastica.

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717 In casi di malattia avanzata il riconoscimento della Pensione di Inabilità senza revisione appare una decisione coerente sotto il profilo medico legale, mentre la concessione dell’Assegno di Accompagnamento appare legata ad una situazione di reale incapacità di svolgimento, in modo autonomo, degli atti quotidiani della vita.

CARCINOMA BRONCHIALE POLMONARE (CANCRO DEL POLMONE)

I tumori polmonari siglati NSCC si presentano, in fase prevalentemente localmente avanzata, sin dalla loro prima apparizione, nella gran parte dei casi e prevalentemente in soggetti > 70 anni di età, fumatori o ex fumatori.

In caso di buon performance status, anche nelle forme avanzate è possibile il trattamento chemioterapico di I linea a base di cisplatino, con riduzione dei sintomi e miglioramento della qualità di vita, essendo in questo caso l’obiettivo primario quello di mantenere il più a lungo possibile il periodo di intervallo libero da progressione di malattia.

Sotto questo profilo un regime di combinazione con Bevacizumab, Carboplatino e Paclitaxel di I Linea si è dimostrato in grado di produrre una percentuale di risposta al trattamento più alta e una sopravvivenza libera da progressione e globale maggiore rispetto al solo utilizzo di regimi a base di Carboplatino e Paclitaxel.

Nonostante tutte queste terapie la progressione successiva della malattia appare, comunque, inevitabile.

Esistono tre agenti chemioterapici che sono stati approvati nei protocolli per la terapia della malattia avanzata e sono:

docetaxel, pemetrexed (Alimta) ed erlotinib.

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718 Tali farmaci in varia associazione si dimostrano efficaci nell’incrementare il tasso di sopravvivenza.

La scelta dei farmaci, vista la loro tossicità, è legata alla eventuale presenza di comorbilità, visto anche il rischio di neutropenia in soggetti spesso con BPCO e fumatori o ex fumatori.

Una maggiore comprensione dei fattori prognostici in caso di necessità di trattamenti di II linea, per ricaduta della malattia o mancata risposta al trattamento, può anche permettere una migliore selezione dei pazienti candidabili allo specifico trattamento.

Pazienti con buon Performance Status in caso di trattamento di II linea manifestano una durata di sopravvivenza mediana di circa 9 mesi.

Molti agenti nuovi sono stati sperimentati e hanno mostrato di essere attivi sotto il profilo terapeutico in studi di fase II, al punto da poter essere adottati in trattamenti di II linea.

Il cancro del polmone rappresenta la prima causa relativa di morte per cancro negli USA seguito a distanza di 2 punti percentuali dal cancro della mammella e della prostata combinati.

Circa 2/3 dei tumori polmonari si presentano in fase localmente avanzata o avanzata, ossia Stadi IIIB e IV.

Inoltre una quota significativa dei pazienti con malattia locale o loco – regionale manifesta nel tempo una ricaduta con malattia metastatica.

In effetti in pazienti con buon Performance Status, la chemioterapia secondo protocolli standard ha mostrato di essere in grado di provocare un prolungamento della sopravvivenza globale e un’attenuazione dei sintomi con una migliore qualità della vita.

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719 In caso di progressione della malattia il trattamento chemioterapico va intrapreso entro 3 – 6 mesi.

Circa il 40 – 50 % dei pazienti riceve trattamenti di I linea mentre non è possibile stimare effettivamente quanti pazienti ricevono trattamenti di II linea.

La terapia di II linea sembra adatta a pazienti con carcinoma squamoso, con buon performance status e preferibilmente di sesso femminile.

Molti pazienti che mantengono un buon PS e tollerano gli effetti tossici della chemioterapia sono candidabili ai trattamenti di III linea.

In studi recenti di fase 2, circa il 40 % dei pazienti trattati con farmaci di II linea hanno poi ricevuto anche farmaci di III linea.

Non sono ancora ben note le caratteristiche di questa popolazione di pazienti che sono davvero in grado di ricevere trattamenti di III linea.

In ogni caso il Docetaxel (Taxotere) e il Pemetrexed (Alimta) sono farmaci approvati per il trattamento di II linea del tumore polmonare.

E’ da considerare che sono stati molto meglio studiati i fattori prognostici collegati al trattamento chemioterapico di I linea rispetto a quelli di II linea.

Si è visto il beneficio in precedenza derivante dal trattamento di I linea, con miglioramento, rispetto ai controlli, della sopravvivenza globale e libera da progressione, oltre che della qualità della vita.

Per i trattamenti di II linea non esistono eguali evidenze per cui per il futuro le ricerche dovranno individuare una migliore definizione dei fattori prognostici in tali casi.

Il trattamento di II linea si adotta quando il carcinoma polmonare si trova in fase avanzata.

Il trattamento di II linea con i predetti farmaci prevede una premedicazione con farmaci steroidei con tutte le controindicazioni eventuali per la terapia corticosteroidea.

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720 In alternativa si può adottare la monosomministrazione per via orale con Erlitinib.

Anche la presenza di comorbilità può avere un impatto per l’utilizzo di trattamenti di II linea.

Il Pemetrexed è controindicato in pazienti con filtrato glomerulare < 40 ml/minuto.

Molti nuovi agenti sono stati testati per trattamenti di II linea come vinflumine, cetuximab, sunitinib, sorafenib e vandetanib.

Anche il bevacizumab in combinazione con altri chemioterapici o con erlotinib si è mostrato attivo come farmaco di II linea.

In ultima analisi il Pemetrexed (Alimta) nei NSCLC comparato con i farmaci di II linea ha dimostrato dei benefici.

Modesti sono stati i risultati di trattamenti di III linea.

L’erlotinib è stato usato come farmaco di III linea, avendo già i pazienti ricevuto chemioterapia convenzionale per precedenti trattamenti.

In buona sostanza tre farmaci si sono dimostrati adatti e utili nel trattamento di III Linea del carcinoma NSCLC e sono:

 Erlotinib, un anticorpo monoclonale;

 Pemetrexed, Alimta;

 Gefitinib.

Sia Erlotinib che Gefitinib sono inibitori della tirosinochinasi che sonon dei recettori dei fattori di crescita epidermico e umano.

I regimi a base di Platino nella malattia avanzata dimostrano un modesto vantaggio della sopravvivenza, essendo neurotossici, mielotossici e nefrotossici.

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721 Anche con un uso aggressivo della chemioterapia la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma in fase avanzata è scarsa.

In effetti si è verificato che l’età media dei pazienti con carcinoma polmonare è di 68 anni.

Come trattamento di I linea si utilizza il Erlotinib che è un Lei – 1/EGFR TKIs in monochemioterapia in pazienti non fumatori.

In prove di fase III, Erlotinib e Gefitinib hanno dato scarsi risultati come trattamento di I Linea della malattia avanzata.

Si è dimostrata invece attiva una combinazione di Bevacizumab con la chemioterapia convenzionale.

Gli orientamenti attuali prevedono per i trattamenti di II linea l’uso di farmaci come erlotinib, pemetrexed e docetaxel in mono somministrazione dopo fallimento della chemioterapia.

Uno studio ha dimostrato che il Docetaxel da solo ha permesso una sopravvivenza di 1 anno nel 37 % dei pazienti rispetto al 12 % previsto con la chemioterapia e identici risultati si sono verificati con l’uso della vinorelbina o dell’ifosfamide, con una mediana di sopravvivenza di 7,5 mesi rispetto a 4,6 mesi.

In pratica, in ultima analisi il trattamento di I linea dei tumori polmonari avanzati prevede una chemioterapia di combinazione con il platino, laddove il paziente sia in grado di sopportare una terapia aggressiva.

In caso contrario si utilizzano Erlotinib, Pemetrexed, Alimta, o Gefitinib.

Nei trattamenti di II linea la risposta è bassa, < 10 %

L’Erlotinib funzionava meglio nei non fumatori e nelle donne.

Essendo dunque la maggior parte dei tumori polmonari diagnosticati in fase avanzata, si arguisce la necessità di una diagnosi precoce degli stessi.

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722 Stime sull’incidenza della malattia in USA hanno previsto 215.000 casi nel 2008.

I tumori possono avere diffusione locale, loco – regionale, metastatica e possono produrre sostanze ectopiche paraneoplastiche.

I tumori centrali o paracentrali sono carcinomi squamosi, quelli periferici sono adenocarcinomi.

Quali complicanze si possono verificare, tosse, dispnea, emoftoe, versamento pleurico e, per la diffusione loco regionale, ostruzione della vena cava superiore, paralisi del n. laringeo ricorrente, paralisi del n. frenico, con paralisi del diaframma, pressione sul plesso simpatico con S. di Horner, disfagia e versamento pericardico.

I tumori del solco superiore possono provocare compressione del plesso brachiale con dolore neuropatico irradiato all’estremità superiore.

Fra le s. paraneoplastiche si segnala l’ipercalcemia.

Il fumo di tabacco, il fumo passivo, il radon, l’amianto e l’infezione HIV sono ritenute nell’ordine le cause determinanti.

Chirurgia, chemioterapia e radioterapia sono i presidi terapeutici indicati per il tumore polmonare non a piccole cellule.

Nell’ambito della terapia chirurgica i trattamenti riguardano, nell’ordine:

 la lobectomia,

 la resezione a cuneo / segmentectomia,

 la video chirurgia assistita toracoscopia (VATS), con minima invasività, utilizzata sia a scopo diagnostico che terapeutico,

 la linfadenectomia mediastinica.

La terapia chirurgica rimane il presidio terapeutico principale in caso di tumore polmonare non a piccole cellule, soprattutto negli stadi I-II.

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723 Il ruolo nello stadio III è controverso.

I pazienti con tumori completamente resecabili, fino a T4, N0, hanno una prognosi di gran lunga migliore rispetto a quelli con diffusione ai linfonodi omolaterali mediastinici o sub – carenali.

I pazienti con tumori nello stadio IIIB e IV non sono candidabili quasi mai per la chirurgia.

La radioterapia primitiva in luogo della chirurgica radicale è utilizzata in caso di impossibilità di trattamento chirurgico per limitata riserva polmonare alle prove di funzionalità respiratoria o comorbilità per gli stadi I – II.

L’utilizzo della terapia combinata formata da chemio e radioterapia è previsto per tumori non resecabili in stadio III, con un miglioramento significativo della sopravvivenza globale e di quella libera da malattia.

Il protocollo prevede l’uso combinato di schemi di terapia a base di platino e la radioterapia associata, per i tumori non resecabili.

I regimi prevedono l’uso della chemioterapia con cisplatino – vimblastina e cisplatino – etoposide.

La terapia di consolidamento con docetaxel si era dimostrata utile in qualche studio di fase II, con una sopravvivenza mediana di 26 mesi e una globale di 29 % a 5 anni, ciò che, però non è stato ulteriormente dimostrato in studi di fase III.

L’uso della chemioterapia neoadiuvante seguita da resezione chirurgica ha suggerito un beneficio della sopravvivenza globale, ma sempre uno studio di fase III ha mostrato una tendenza non significativa sotto il profilo statistico, con un 27 % di sopravvivenza rispetto al 20 %, nonostante un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione di malattia.

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