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La protezione del consumatore tra diritto alla tutela giurisidizionale effettiva e tentativo obbligatorio di conciliazione - Judicium

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Maria Cecilia Paglietti

L

A PROTEZIONE DEL CONSUMATORE TRA DIRITTO ALLA TUTELA GIURISIDIZONALE EFFETTIVA

E TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE

C

OMMENTO CGUE

,

CAUSE RIUNITE C

-317, 318, 319, 320/08

1

SOMMARIO

: 1. La tensione tra diritto alla tutela giurisdizionale, promozione delle ADR e tentativo obbligatorio di conciliazione in àmbito europeo ed interno; 2. Il duplice angolo prospettico della sentenza: indicazione dei criteri di legittimità dell’imposizione del tentativo di composizione stragiudiziale e rispetto dei diritti fondamentali ; 3. l’utilizzo del princîpio d’effettività e i riflessi della sentenza sulla normativa interna; 4. l’inquadramento nell’ottica dei diritti fondamentali.

I

L FATTO

Il quesito pregiudiziale promosso dal Giudice di pace di Ischia ex art. 276 TFUE chiede alla Corte di pronunciarsi in merito alla conformità al diritto comunitario della trasposizione della Dir.

2002/22 (c.d. Direttiva «servizio universale») avvenuta tramite il d.lgs. 259/2003 (c.d. Codice delle comunicazioni elettroniche).

Le ricorrenti delle cause riunite 317, 318, 319 e 320 del 2008 sono utenti di servizi di telecomunicazione, che avevano convenuto in giudizio le società Telecom e Wind chiedendo il risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale. A fronte di tale richiesta le due società convenute avevano resistito chiedendo che venisse dichiarata l’improcedibilità dei ricorsi per il mancato esperimento dell’obbligatorio tentativo di conciliazione ex artt. 3 e 13 della Delibera 173/07/CONS.

1

«L’art. 34 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale le controversie in materia di servizi di comunicazioni elettroniche tra utenti finali e fornitori di tali servizi, che riguardano diritti conferiti da tale direttiva, devono formare oggetto di un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale come condizione per la ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali». «Neanche i principi di equivalenza e di effettività, nonché il principio della tutela giurisdizionale effettiva, ostano ad una normativa nazionale che impone per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone». Disponibile all’indirizzo:

http://eurex.europa.eu/Notice.do?val=509683:cs&lang=it&list=578582:cs,575052:cs,515893:cs,5 09683:cs,508576:cs,503972:cs,496234:cs,494118:cs,494163:cs,600339:cs,&pos=4&page=1&nbl

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Il giudice del rinvio, appurato che nessun tentativo di comporre amichevolmente la lite era stato esperito, domandava dunque alla Corte di pronunciarsi in merito alla legittimità della disposizione ricordata, ed in particolare sulla conformità della condizione di procedibilità alla Direttiva e al diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo. L’interpretazione del giudice di Bruxelles se per un verso ha riconosciuto la legittimità dell’imposizione di un tentativo obbligatorio di conciliazione ante causam, compatibile tanto del principio di equivalenza quanto di quello d’effettività, per altro verso ha indicato anche i limiti che la procedura extragiudiziaria deve rispettare ed in particolare che non ritardi in modo significativo la proposizione della domanda giudiziale, sia poco costosa, che i termini di prescrizione siano sospesi, che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso e che sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.

L

E QUESTIONI

: 1. L

A TENSIONE TRA DIRITTO ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE

,

PROMOZIONE DELLE

ADR

E TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE IN ÀMBITO EUROPEO ED INTERNO

.

L’incoraggiamento verso le forme di giustizia alternativa, le cosiddette ADR (Alternative Disputes Resolutions), rappresenta una linea di policy ormai acquisita in seno all’Unione europea e accolta dalla maggior parte degli ordinamenti, anche se per lungo tempo essa ha presentato dei contorni sfumati, soprattutto quando dal piano delle mere proclamazioni si doveva passare a quello, più pratico, della sua attuazione. Le ragioni sottese alla promozione delle ADR

2

sono note tanto quanto quelle che ne ostacolano il completo accoglimento

3

.

2 Le ADR vengono viste come un’opportunità di deflazione del sistema giudiziario (in questa direzione già Denti, I procedimenti non giudiziali di conciliazione come istituzioni alternative, in Riv. dir. proc., 1980, 410) e, parallelamente all’aggravio del carico dei tribunali, l’illusione che esse possano costituire la panacea di tutti i mali (Silvestri, Osservazioni in tema di strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1999, 336) si traduce in una vera e propria ossessione legislativa (Chiarloni, Stato attuale e prospettive della conciliazione stragiudiziale, ivi, 2000, 452). Il favor riguarda non solo la celerità con cui la controversia giunge ad una risoluzione (Caponi, La conciliazione stragiudiziale come metodo di ADR («Alternative Dispute Resolution»), in Foro it., 2003, V, 172), ma anche gli aspetti relazionali [mentre la via giudiziaria contrappone le parti e logora i rapporti, quella stragiudiziale permette d’instaurare un dialogo: par. 9 del Libro Verde del 19 aprile 2002, COM(2002)196 relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale; nella letteratura v. i classici saggi di Cooter e Rubinfeld, Economic Analysis of Legal Disputes and Their Resolution, 27 Journ. Ec. Liter, 1067 (1989); e Shavell, Alternative Disputes Resolution: an Economic Analysis, 24 J. Legal Stud., 1 (1995)] nell’ottica della giustizia

«coesistenziale» (cara a Cappelletti, Access to justice and the welfare state: an introduction, in Cappelletti e Garth, Access to Justice, Vol I: A World Survey, Alphen and Rijn: Sijthoff and Noordhoff, 1978; Cappelletti, Social and Political Aspects of Civil Procedure-Reforms and Trends in Western and Eastern Europe, 69 Mich. L. Rev., 847 (1971);

e soprattutto dello stesso Autore v. Alternative Disputes Resolution Processes within the Framework of the World-Wide Access-to-Justice Movement, 56 Mod. L. Rev., 283 (1993) o di «convenienza» (così Lancellotti, Vicende e natura della conciliazione giudiziaria, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1981, 844). Sarebbe dunque riduttivo considerare le ADR solo come uno strumento deflattivo: esse, che assolvono ad una funzione di diversificazione (rispetto al processo, al ruolo dei legali e alle regole procedimentali: Cuomo Ulloa, La conciliazione. Modelli di composizione dei conflitti, Cedam, 2008, 184 e ss.) dovrebbero costituire alternative alla giurisdizione statale (alla quale si affiancano, senza sostituirla:

Costantino, ADR e tutela collettiva, in Studi in onore di Nicolò Lipari, I, cit., 589) anche se questa funzionasse nel migliore dei modi (Luiso, La conciliazione, cit., 1201 e ss.; per ulteriori notazioni v. Costantino, Il processo civile tra riferimenti ordinamentali, organizzazione e prassi degli uffici (una questione di metodo), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, 86). Questa «sbandata privatistica» (così Buongiorno, Problemi attuali e urgenti della giustizia civile, in www.judicium.it, 11.10.2003, § 5) nella gestione giustizia, che favorisce il ricorso a strumenti agiurisdizionali sottratti a qualsiasi controllo pubblico e configura una Justice without Law (dal titolo del famoso libro di Auerbach, edito nel 1983 dalla Oxford University Press, anche se «une justice informelle ne signifie pas justice sans droit»: Ruellan, Les modes alternatifs de résolution des conflits: pour une justice plurielle dans le respect du droit, in JCP Ed. Gén., 1999, I, 135) rischia di perpetuare le diseguaglianze tra parti forti e deboli, andando in senso opposto al fine che esse intenderebbero conseguire ADR v. Cappelletti, Alternative Disputes …, cit., 283; Galanter, La justice ne se trouve pas seulement dans les décisions des tribunaux, in Cappelletti (dir.), Accès à la justice et État-providence, Paris, 1984, 151, e spec. 166-167;

Alexander, Global Trends in Mediation: Riding the Third Wave, in Global Trends in Mediation, a cura di Alexander,

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La promozione di una cultura favorevole ai modelli di justice plurielle

4

ha necessitato dunque non solo di pressioni culturali e dottrinali ma anche legislative il cui l’ultimo atto è costituito dalla Direttiva 2008/52 del 21 maggio 2008. La Direttiva, circoscritta ai litigi transfontalieri civili e commerciali (artt. 1 e 2)

5

, aspira a porre le premesse per l’edificazione di un diritto uniforme della mediazione e segue in ordine cronologico il Libro verde sui modi alternativi di risoluzione dei conflitti presentato dalla commissione nel 2002

6

e il Codice di condotta europeo per i mediatori, lanciato nel luglio 2004. La Direttiva, che tenta anche una chiarificazione terminologica

7

e suggerisce una classificazione tripartita delle forme di mediazione (convenzionale, giudiziaria

8

e legale: art. 3) obbliga gli Stati membri a promuovere la conciliazione (incoraggiando la formazione dei mediatori, l’elaborazione dei codici di condotta e il loro rispetto

9

) ma non obbliga a porla come una necessaria tappa ante causam (imposizione invece prevista in casi specifici)

10

.

Westberg, 2005, 349; Camous, Règlements non-juridictionnels des litiges de la consommation, Paris, Librairie générale, 2002; Clay, Arbitrage et modes alternatifs de règlement des litiges, in Dalloz 2009, 2959; Vigoriti, Il rifiuto del processo civile, in NGCC, 1999, 237; Jeuland, Résolution des litiges, in Faut-il recodifier le droit de la consommation ?, a cura di Fenouillet e Labarth, Parigi, 2002, 14; Biavati, Conciliazione strutturata e politiche della giustizia, in Riv.

trim. dir. proc. civ., 2005, 785; Le droit des consommateurs et les procédures spécifiques en Europe, a cura di Rochfeld e Jeuland, Paris, 2005; Chiarloni, Nuovi modelli processuali, ne Il diritto dei nuovi mondi, a cura di Visintini, Milano, 1996; Bok, A Flawed System, in Harv. Mag., 1983, 38; per un’analisi economica v. il classico saggio di Shavell, Alternative Disputes Resolution..., cit., 1 e più recentemente i riferimenti dottrinali in Vialfont, Analyse économique des procédures négociées en droit de la concurrence, Paris, 2009, ; per un punto di vista scettico rispetto nei confronti delle ADR v. Lindblom, The Privatization of Justice: Some Aspects of Recent Developments in American and Swedish Procedural Law, in Law and Reality. Essays on National and International Procedural Law in Honour of Cornelis Carel Albert Voskuil, 1992, 199; Id., ADR – the Opiate of the Legal System?, in European Review of Private Law, 63 (2008) e anche in Varano (a cura di), L’altra giustizia, Giuffrè, 2007; Fiss, Against Settlement, in 93 Yale L.J. 1073 (1983-1984); Resnik, For Owen M. Fiss: Some Reflections on the Triumph and the Death of Adjudication, in 58 U.

Miami L. Rev. 174 (2003-2004); per la considerazione che le ADR nel campo dei consumatori sono antidemocratiche:

Mattei e Nader, Plunder: When the Rule of Law is Illegal, Blackwell, London-New Cork, 2008; Grande e Mattei, Giustizia allo specchio, in Annuario di Antropologia. Giustizia, 2008, 25-39.

3 V. per tutti Taruffo, Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 63; Coulson, Will the Growth of Alternative Dispute Resolution (Adr) in America Be Replicated in Europe?, in Journal of International Arbitration, 1992 9), 211 e segg.

4 Cadiet, Les conventions relatives au procès en droit francais. Sur la contractualisation du règlement des litiges, in Accordi di parte e processo. Quaderni della Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, Milano, 2008, 7 e ss.;

Paisant, Libres propos sur les modes alternatifs de règlement des litiges de la consommation, in Liber amicorum J.

Calais-Auloy, Dalloz 2004, 767.

5 Si precisa, tuttavia, che gli Stati membri, obbligati a promuovere la diffusione delle informazioni relative alle procedure di mediazione soprattutto su internet, ai fini della formazione di una cultura generale delle ADR (art. 9), sono liberi di prevedere il procedimento di mediazione anche nelle procedure interne (8° considerando).

6 Il quadro normativo europeo è piuttosto composito: v. il già citato Libro verde COM(2002)196 relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, preceduto dal Libro verde COM(93)576 sull’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato unico; cfr. anche la Comunicazione della Commissione COM(96)13 relativa ad un piano d’azione sull’accesso dei consumatori alla giustizia e sulla risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato interno; la comunicazione della Commissione COM(1998)198 sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e la Comunicazione della Commissione COM(2001)161 sull’ampliamento dell’accesso dei consumatori alla risoluzione alternativa delle controversie.

7 L’art. 3 fornisce la definizione di mediazione, tuttavia criticata per il suo carattere più descrittivo che definitorio.

8 Su cui v. estesamente Schonberg, Coping with Judicial Ovel-load: the Role of Mediation and Settlement in Community Court Litigation, in 38 CMLR, 2001, 333; Roberts, Settlement as Civil Justice, in MLR, 200, 737.

9 Essa conferisce a tutti i giudici, in ogni stato del procedimento, la possibilità di proporre alle parti di farsi assistere da un soggetto terzo e di rendere esecutivo l’accordo di mediazione (art. 6). La direttiva garantisce la confidenzialità e la non riutilizzazione delle informazioni raccolte durante il procedimento di mediazione (art. 7 e art. 4 del Codice di condotta europeo dei mediatori), nonché la sospensione del termine di prescrizione pendente la mediazione.

10 Il riferimento al’istituzione obbligatoria di un sistema di reclami è contenuto nella serie di direttive relative ai diritti dei passeggeri nel trasporto: con autobus (artt. 26 e 27, Reg. 181/2011), via mare e vie navigabili (art. 24, Reg.

1177/2010), ferroviario (art. 27, Reg. 1371/2007). Si tratta di discipline destinate ai passeggeri, non ai consumatori; si

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Viene dunque lasciata insoluta la questione cruciale della natura del ricorso alla ADR che rappresenta uno dei gangli cruciali della relativa disciplina, considerato che laddove venga previsto come obbligatorio (legalmente o convenzionalmente) potrebbe costituire un ostacolo all’accesso alla giustizia e porre problemi di compatibilità col principio di tutela giurisdizionale effettiva.

Il rapporto tra conciliazione e contenzioso, infatti, si muove sul terreno compreso tra i concetti di droit au tribunal e giurisdizione condizionata, intendendo con quest’ultima espressione la circostanza che il ricorso giurisdizionale sia subordinato all’esperimento di un preventivo filtro preprocessuale.

Se da una parte sono note le riserve di chi guarda con una certa riluttanza alla giurisdizione condizionata, che si giustificano attualmente non tanto e non più con il rispetto del diritto di difesa

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, quanto con l’incompatibilità tra la natura intimamente volontaristica della conciliazione e l’obbligatorietà del tentativo

12

, dall’altra va dato atto di un opposto trend legislativo favorevole all’imposizione.

In àmbito interno, infatti, la preferenza per la composizione amichevole (con l’enfatizzazione di una fase che precede il processo -nel duplice senso che tende ad evitarlo e lo condiziona), concretizzatasi in un primo tempo nell’adozione di norme che, variamente dislocate, ponevano condizioni di proponibilità

13

e procedibilità

14

della domanda giudiziale

15

, è stata di recente oggetto

può tuttavia ragionevolmente sostenere che, nel caso il contratto di trasporto venga destinato ad uno scopo privato, il passeggero assommerà in sé anche la figura di consumatore, con le relative conseguenze in punto di disciplina. Dal punto di vista sistematico, la circostanza che l’Unione lavori sulla figura di una persona fisica (passeggero) cui riconosce una tutela rafforzata ma tace sulla destinazione impresso al contratto, potrebbe costituire un argomento a favore di quell’orientamento dottrinale che va sostenendo l’emersione della figura di “contraente debole” tout court, come nel caso del cliente della banca: Roppo, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente?, in Riv. dir. priv., 2010, 19.

V. anche l’art. 11, comma 6, lett. b), della Dir. 2009/12 sui diritti aeroportuali.

11 L’imposizione di un passaggio obbligatorio che si frappone al normale accesso alla giustizia, introdotta in materia di diritto del lavoro (v. ora gli artt. 410-412-bis c.p.c.) era stata dapprima tacciata di incostituzionalità per violazione dell’art. 24 Cost. (poiché le previsioni di fatto vietavano alle parti di rivolgersi all’autorità giudiziaria: Corte cost., 14 luglio 1977, n. 127, in Giur. it., 1978, I, 1, 1809) per poi inquadrare il fenomeno con sfumature meno severe, considerato che l’art. 24 non prescrive di adire la giustizia sempre nello stesso modo (Corte cost., 21 gennaio 1988, n.

73, in Giust. civ., 1988, I, 201) e che, d’altra parte, la conciliazione costituisce un «modo di soddisfazione della posizione sostanziale più pronto e meno dispendioso» (Corte cost., 4 marzo 1992, n. 82, in Foro it., 1992, I, 1023): è dunque principalmente per esigenze di economia processuale (non meno importanti del diritto di difesa) che la Consulta ha finito col ritenere legittima la c.d. giurisdizione condizionata (v. spec. Corte cost., 23 luglio 2000, n. 276, in Giur. it., 2001, 1; e in Giur. cost., 2000, 2148), in dottrina per tutti v. Luiso, La conciliazione giudiziale. La conciliazione stragiudiziale delle controversie agrarie e di lavoro, in I contratti di composizione delle liti, I, cit., 329; Comoglio, Mezzi alternativi di tutela e garanzie costituzionali, in Riv. dir. proc., 2000, spec. 322; Carrato, Le attività conciliative nel contenzioso civile, Giuffrè, 1993, 28.

12 Sui risultati «disastrosi» dell’obbligatorietà del tentativo Chiarloni, Per la chiarezza di idee in tema di tutele collettive dei consumatori, in Riv. dir. proc., 2007, 567.

13 Il tentativo di negoziare una soluzione amichevole tra le parti costituisce condizione di proponibilità della domanda giudiziale di tutte le azioni collettive (140, comma 5, c.d.c.): l’associazione che intenda esperire un’azione giudiziaria deve prima intimare al professionista di cessare il comportamento vessatorio. L’enunciazione sancisce il passaggio da un generico favor ad una promozione accompagnata da svantaggi nel caso non si promuovano le ADR (si ribadisce, comunque, solo per le cause delle associazioni). In caso di inosservanza dell’art. 140, comma 5, c.d.c. il giudice dovrebbe pronunciare, d’ufficio e in ogni stato e grado del processo, l’improponibilità della domanda – per interpretazione quasi unanime: per tutti v. Pagni, Tutela individuale e tutela collettiva nella nuova disciplina dei diritti dei consumatori degli utenti (prime riflessioni sull’art. 3, legge 30 luglio 1998, n. 281), in Barba (a cura di), La disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti (l. 30 luglio 1998 n. 281), Jovene, 2000, 162

14 Va segnalata la sentenza del Trib. Busto Arsizio, 27 ottobre 2003, in Riv. arb., 2003, con nota di

Bernardini, Accertamento giudiziale della validità e portata della clausola compromissoria, la quale, contrariamente all’indirizzo assolutamente dominante che nega qualsiasi efficacia alla clausola conciliativa sul processo (poiché l’autonomia privata delle parti non può spingersi fino a condizionare l’accesso alla giustizia), ne riconosce invece valore pieno, qualificandola come condizione di procedibilità; cfr. in argomento Cuomo Ulloa, op. cit., 237.

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di una radicale scelta del nostro legislatore che con l’art. 5 del D.lgs. 28/2010 del 20 marzo 2010 ha reso obbligatorio il procedimento di mediazione, il cui esperimento è divenuto requisito di procedibilità della domanda in una serie (benché tipica) molto estesa di controversie civili

16

.

Già da queste rapide battute ed in linea generalissima, dunque, emergono con chiarezza gli antagonismi tipici sottesi all’edificazione di un diritto generale delle ADR in àmbito europeo, sintetizzabili nella necessità di comporre le diverse istanze del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva, del principio di autonomia procedurale e della effettiva promozione dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie.

2. I

L DUPLICE ANGOLO PROSPETTICO DELLA SENTENZA

:

INDICAZIONE DEI CRITERI DI LEGITTIMITÀ DELL

IMPOSIZIONE DEL TENTATIVO DI COMPOSIZIONE STRAGIUDIZIALE E RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI

La sentenza si segnala di particolare interesse per il duplice aspetto dell’angolo di visuale adottato, che analizza l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione nell’ottica del rispetto dei diritti fondamentali, e dei parametri forniti, utili sia per valutare la compatibilità della disciplina italiana dell’obbligo di conciliazione col diritto comunitario

17

sia, pro futuro, per fornire le linee guida agli Stati membri che intendano seguire la via dell’imposizione della procedura di mediazione

18

.

Vengono anche previste condizioni di ammissibilità – non tanto dell’azione giudiziale quanto – della procedura conciliativa: v. art. 7 delibera n. 1673 del 29 dicembre 2008 della Consob che adotta il Regolamento di attuazione del D.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179, concernente la Camera di conciliazione e di arbitrato presso la Consob per il quale il preventivo reclamo costituisce una condizione di ammissibilità.

15 Filtri pre-processuali sono anche le carte dei diritti.

16 «Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad sperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale».

17 Per i primi commenti alla sentenza v. Nourissat, Conciliation extrajudiciaire obligatoire et protection juridictionnelle effective, in Procedure, 2010, comm. 179; Michel, Modes alternatifs de règlement des différends, droit au juge er autonomie institutionelle et procédurale, in Europe, 2010, comm. 179; Rizzo, L’obbligatorietà del tentativo di conciliazione extragiudiziale in ambito di servizi di comunicazioni tra operatori di telecomunicazione e utenti finali, in Corr. giur., 2010, 1292; Armone e Porreca, in Foro it., 2010, IV, 361; Besso, Obbligatorietà del tentativo di conciliazione e diritto all’effettività della tutela giurisdizionale, in Giur. it., 2010, 2585; Fiengo, in Dir. pubbl.

comparato ed europeo, 2010, 1238; Dundas, Court-compelled mediation and the European Convention on Human Rights article 6, Arbitration, 2010; Davies e Szyszczak, ADR: Effective Protection of Consumer Rights?, 35 E.L.Review, 695 (2010).

18 Il tema dell’opportunità o meno dell’imposizione di un tentativo di conciliazione è di grande attualità in tutti i Paesi dell’Unione. In Gran Bretagna, in particolare, il dibattito agita la dottrina soprattutto a sèguito della sentenza Halsey v.

Milton Keynes [2004] 1 WLR 3002 la quale enuncia il principio per cui l’obbligo di ricorre alle ADR costituirebbe una violazione del diritto di accesso alla giustizia (e segnatamente dell’art. 6 CEDU). Per temperare la portata restrittiva dell’enunciazione e incoraggiare il ricorso alle soluzioni negoziate, tuttavia, la stessa Corte prevede che se una parte rifiuta ingiustificatamente di accordarsi, può essere condannata, quand’anche vittoriosa, al pagamento delle spese processuali (anche se l’onere di dimostrare l’irragionevolezza del rifiuto spetta alla parte soccombente). La sentenza, si diceva, ha scatenato un dibattito fortemente critico, soprattutto perché essa, a supporto del proprio ragionamento, ha richiamato una pronuncia della Corte dei diritti dell’Uomo (Deweer v Belguim (1980) 2 EHRR 439) la quale, ad un’attenta lettura, risulta invece molto lontana dal dichiarare la mediazione obbligatoria contraria all’art 6, occupandosi in realtà di arbitrato (Sir Clarke, The Future of Civil Mediation, The Second Mediation Council Conference,

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Sul piano del diritto positivo, la sentenza richiama l’art. 34 della Dir. 2002/22 il quale raccomanda l’instaurazione delle procedure extragiudiziarie descrivendole nelle linee generali: esse devono essere trasparenti, semplici, dai costi contenuti e assicurare una procedura equa e rapida. Altre indicazioni sono contenute nella Raccomandazione n. 98/257

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alla quale la Direttiva rinvia, e riguardano il principio d’indipendenza, di trasparenza, del contraddittorio, dell’efficacia, di legalità, di libertà e di rappresentanza (punto 41 sentenza).

Sul versante interno, l’art. 1 comma 11 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (istitutiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) integrato dagli artt. 3 e 13 della delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 173/07/CONS

20

(confermato dall’art. 84 del D.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 Codice delle comunicazioni elettroniche che recepisce la Dir. 2002/22) prevede

Birmingham, 28 May 2008). La Corte, dunque, avrebbe confuso tra arbitrato e mediazione, laddove quest’ultima non implica alcuna rinuncia al diritto al fair trial ma semplicemente pone un termine per consentire alle parti di accordarsi e, in caso negativo, di procedere al processo (Lightman J, Mediation: Approximation to Justice, (28 June 2007) at [8]). La Corte, inoltre, avrebbe anche trascurato di valutare gli estesi àmbiti in cui la mediazione è prescritta come obbligatoria in tutto il mondo (Wood, Mediation: The Next Ten Years, 73 Arb.: J. of the Inst. of Arb. 312, 313 (2007), in modo che la sua statuizione finisce col venire tacciata di illogicità (Dundas, op. cit., ).

La conclusione della maggior parte della dottrina è favorevole all’imposizione della conciliazione, richiamandosi in proposito le suggestive parole di Sir Clarke, per il quale «It is of course a cliché that you can take a horse to water but whether it drinks is another thing entirely. That it is a cliché does not render it the less true. But what can perhaps be said is that a horse (even a very obstinate horse) is more likely to drink if taken to water. We should be doing more to encourage (and perhaps direct) the horse to go to the trough. The more horses approach the trough the more will drink from it». In argomento v. anche, relativamente alla mediazione online Rabinovich-Einy, Technology's Impact: The Quest for a New Paradigm for Accountability in Mediation, 11 Harv. Negot. L. Rev. 253, 257-58 (2006); Cortes, Can I Afford not to Mediate? Mandatory Online Mediation for European Consumers: Legal Constraints And Policy Issues, 35 Rutgers Computer & Tech. L.J., 1, (2008).

In Francia, ferma restando la non obbligatorietà del tentativo per legge, nel 2003 la Chambre mixte della Cour de Cassation ha riconosciuto la legittimità di un tentativo obbligatorio imposto in via convenzionale (in particolare stabilendo che il mancato rispetto di una clausola valida di conciliazione costituisce causa di irrecivibilità del ricorso:

Cass. Ch. Mixte, 14 febbraio 2003, in Dalloz, 2003, 1386, con di note Ancel e Cottin; in RTD civ., 2003, 294 con osservazioni di Mestre e Fages; e ivi, 349 con osservazioni di Perrot; in RDC, 2003, 182, con osservazioni di Cadiet e Lagarde; in JCP È 2005, 1178, 1333, con note N. Sauphanor-Brouillaud ; D. Fenouillet) e nel 2005, confermando -a contrario- questo indirizzo giurisprudenziale il legislatore ha introdotto la nullità delle clausole che sottomettano il litigio esclusivamente ad una ADR, con una rinuncia definitiva al processo (v. art. 6 legge 2005-67 del 28 gennaio 2005, che aggiunge alla lista indicativa dell’art. 132-1 c. consomm. una lett «q»). La costruzione giurisprudenziale si è inoltre arricchita recentemente di un nuovo tassello, stabilendo la legittimità del tentativo extragiudiziale di conciliazione avvenuto successivamente all'inizio del procedimento. La Corte Suprema (Cass., 16 dicembre 2010, n.

09-71575), distaccandosi dalla logica del giudice d’appello, ha ritenuto che non essendo decorso alcun termine di prescrizione, la violazione una clausola di conciliazione può essere regolarizzata. Nonostante il marcato favor verso la conciliazione, fin’ora i pareri della dottrina francese sembrano orientati prevalentemente verso l’adozione di modelli di conciliazione facoltativa.

Sul piano positivo i testi generali applicabili alla mediazione in Francia sono la legge n° 95-125 dell’8 febbraio 1995, il titolo VI, bis, del I libro del Code de procédure civile; nonché l’art. 2238 c.p.c. (riformato dalla legge del 17 giugno 2008) che sospende la prescrizione dal giorno di esperimento della mediazione. L’introduzione di questo articolo ha anticipato la trasposizione della Dir. 2008/52 (in particolare riguardo all’art. 8) e si è resa necessaria rischiando altrimenti il sistema francese di trovarsi in contrasto con la Direttiva sul punto (Ancel, La loi n° 2008-561 du 17 juin 2008 portant réforme de la prescription en matière civile, in Gaz. Pal. 2008, doctr. 2118)

Il recepimento completo della Dir. 2008/52, benchè previsto per il 21 maggio 2011 non è ancòra avvenuto; anche se il 17 maggio, l’art 198 della legge n° 2011-525 de simplification et d'amélioration de la qualité du droit ha autorizzato il Governo a trasporre entro 6 mesi la Dir. 2008/52. Allo stato attuale sono allo studio due avant-project, uno d’ordonnance, uno di décret. Da ricordare in argomento anche lo studio del Consiglio di Stato su come Développer la médiation dans le cadre de l'Union européenne (Doc. fr., 2010).

19 Raccomandazione della Commissione 30 marzo 1998, 98/257/CE, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.

20 Che ha approvato il regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione e utenti.

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l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione

21

che dunque costituisce una condizione di procedibilità delle azioni degli utenti

22

(le quali non possono essere instaurate prima che siano decorsi 30 giorni dall’avvio della fase conciliativa)

23

.

Risolta in senso positivo la questione della ricevibilità della questione pregiudiziale (sulla quale persisteva qualche dubbio sollevato dallo stesso governo italiano, non avendo il giudice del rinvio precisato i diritti riconosciuti dal diritto dell’Unione europea che costituirebbero oggetto della controversia principale)

24

la Corte, nell’illustrare i riferimenti positivi rilevanti ai fini della causa, specifica che la sua soluzione sarà formulata avendo riguardo alle disposizioni della Dir. 2002/22 interpretate alla luce di quelle della Raccomandazione

25

. Queste tuttavia, limitandosi a descrivere i requisiti di qualità delle soluzioni extragiudiziali, non forniscono indicazioni sull’inammissibilità del carattere obbligatorio della procedura negoziata e dunque, in assenza di indicazioni contrarie, dovrebbero essere interpretate nel senso che se una procedura di conciliazione presenta i caratteri della trasparenza, semplicità ed economicità nulla vieta che possa essere obbligatoria.

Attualmente va dato anche conto della previsione dell’art. 5 comma 2 della Dir. 2008/52 (che sembra alludere all’ipotesi in esame, menzionando la possibilità che una legislazione nazionale possa prevedere il ricorso come obbligatorio o subordinarlo a incentivi o sanzioni, che se sono precedenti all’instaurarsi della causa non devono impedire alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario) la quale tuttavia non era applicabile, in quanto successiva, ai fatti in causa, benché venga comunque richiamata dalla Avv. Gen. Kokott (punto 55).

Secondo la Corte, dunque, esse, considerate unitariamente, sembrerebbero lasciare un certo margine

21 Il tentativo può svolgersi dinanzi ai Co.Re.Com. (Comitati regionali delle comunicazioni), se costituiti, o in ogni caso dinanzi alle Camere di Commercio.

Le Authorities si accreditano dunque nel ruolo di «negoziatore che tenta di promuovere un accordo» (Clarich, L’attività delle autorità indipendenti in forme semicontenziose, in Cassese e Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Il Mulino, 1995, 162), ossia quale sede privilegiata presso cui esperire il tentativo di conciliazione; il favor verso siffatto ruolo, espresso sul piano comunitario dalla Direttiva 44/92 (art. 12) e successivamente dalla Direttiva 22/02 (art. 34) in materia di telecomunicazioni contava già un precedente nel nostro ordinamento: art. 13, comma 1, lett. a), legge 12 giugno 1990, n. 146, sull’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali: v. Clarich, op. cit., 161. Sul punto, già Roppo, Sulla posizione e sul ruolo istituzionali delle nuove Autorità indipendenti, in Pol. dir., 2000, 162.

22 Anteriormente all’adozione della delibera 173/07/CONS era controverso se il previo esperimento del tentativo di conciliazione configurasse una condizione di proponibilità della domanda (Trib. Napoli, sez. distaccata di Pozzuoli, 6 giugno 2007, in Dir. int., 2008, 217, con nota adesiva di D’Ulisse) ovvero di procedibilità (Trib. Torino, 2 dicembre 2005, in Giur. merito, 2006, 1669, con nota critica di Vaccari): v. Libertini e Scognamiglio, Il tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie fra «organismi di telecomunicazioni», in Dir. inf., 2002, 699.

Attualmente, è pacifico che si tratti di condizione di procedibilità, da rispettare a prescindere dall'esistenza o meno di un contratto con il gestore (nel caso deciso dalla Cass. 8 aprile 2010, n. 8362, in Dir. e giust., 2010, 218 un utente, lamentando la illegittima attivazione - da parte della Telecom - di un servizio non richiesto, si rivolge al Giudice di Pace per far valere le proprie ragioni e, precisando di non intrattenere alcun rapporto contrattuale con Telecom in quanto si avvale di un altro gestore di telefonia, omette di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione. La Cassazione, invece, ha confermato la sentenza d’appello che aveva dichiarato improcedibile il ricorso sul presupposto che limitando la conciliazione alle controversie in materia contrattuale, si arriverebbe ad un paradosso. L'utente, prima di poter far valere le proprie ragioni, avrebbe l'obbligo (e l'onere) di adire il giudice ordinario per far dichiarare l'inesistenza del rapporto contrattuale. Solo in seguito a tale pronuncia di accertamento (negativo), potrebbe intraprendere l'azione diretta a far valere le proprie ragioni.

23 La legge 14 novembre 1995, n. 481, in materia di concorrenza e regolazione dei servizi di pubblica utilità all’art. 24, lett. b), avrebbe altrettanto previsto l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, ma la norma, in mancanza del necessario regolamento per definire la procedura, è rimasta inattuata.

24 Il giudice comunitario ha infatti osservato che l’ordinanza di rinvio aveva, da un lato, ad oggetto una questione non di tipo ipotetico ma al contrario in rapporto diretto con l’oggetto della causa principale (servizi di comunicazione elettronica tra utenti finali e fornitori) e, dall’altro, conteneva una descrizione particolarmente particolareggiata del contesto normativo e dei motivi per cui si rendeva necessario l’intervento della Corte (punti 27 e 28 della sentenza).

25 Nel punto 40 la sentenza chiarisce che le raccomandazioni, benché non abbiano effetti vincolanti e non siano idonee a far sorgere diritti azionabili dinanzi ai giudici comunitari, obbligano tuttavia i giudici a risolvere le controversie tenendo conto del loro contenuto, soprattutto quando si tratta dell’indicazione dei criteri interpretativi.

(8)

di manovra agli Stati membri autorizzandoli ad imporre la conciliazione anteriormente al ricorso agli organi giurisdizionali. In effetti, l’oggetto dell’art. 34 della Dir 2002/22 è l’instaurazione di procedure extragiudiziarie le quali devono essere concepite secondo le caratteristiche generali evocate poco sopra e nel rispetto del ricorso giurisdizionale. In questo quadro, anche tenuto conto che la disciplina delle Direttive presenta, notoriamente, un carattere de minimis, viene lasciata agli Stati membri la possibilità di prevedere dei meccanismi più gravosi. Nel caso in esame la Corte giudica che l’obbligatorietà del tentativo non è tale da pregiudicare l’obiettivo di tutela della Direttiva ed, al contrario, nota come essa, garantendo il «carattere sistematico» del ricorso ad una procedura extragiudiziale tende a rafforzare l’effetto utile della disciplina del servizio universale (punto 45 sentenza).

Questo passaggio consente dunque alla Corte di riconoscere che non esistono limitazioni agli Stati membri di imporre un tentativo di conciliazione, ma non spiega come l’imposizione di una fase obbligatoria frapposta al normale accesso alla giustizia si concili col principio di una tutela giurisdizionale effettiva.

Va inoltre ricordato che le cause di cui si discute sono di natura bagatellare (come si deduce dalla competenza del giudice di pace). Il carattere de minimis della tutela dovrebbe tenere conto anche di questo elemento e cioè che, avendo ad oggetto controversie di modesto contenuto economico, si può ulteriormente giustificare un ritardo nell’accesso alla giustizia, il quale, de facto, probabilmente non avverrebbe in quanto implicherebbe un sacrificio di tempo e costi sproporzionato rispetto al valore della causa.

Se è vero, infatti, che l’accesso alla tutela giurisdizionale effettiva è garantito dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, dagli artt. 6 e 13 della Carta dei diritti dell’Uomo

26

, ma anche all’art. 47 della Carta di Nizza (punto 61 sentenza: sulla valenza di questo richiamo, v. infra le conclusioni), è altrettanto vero che, per giurisprudenza costante, esso non si configura come una prerogativa assoluta

27

. Sono ammesse delle restrizioni, che sono anzi piuttosto frequenti considerato che «ogni procedimento giudiziario necessita di una assetto normativo e di una disciplina dei requisiti di procedibilità» (punto 44 delle conclusioni dell’Avv. Gen. Kokott), e che sono tollerate in quanto proporzionate allo scopo perseguito.

La prima condizione che secondo la Corte deve essere soddisfatta per garantire la legittimità delle disposizioni che rallentano l’accesso alla giustizia è dunque quella della proporzionalità tra lo scopo perseguito e il sacrificio richiesto. L’utilizzo di questo parametro non è inedito nella giurisprudenza della Corte, riecheggiando in esso la decisione della sentenza Gambazzi (richiamata anche dall’Avv.

Gen.: punto 45) nella quale le esigenze di effettività e certezza del diritto sono prevalse anche sul diritto di difesa

28

.

Nel caso di specie si osserva che il tentativo obbligatorio obbedisce ad esigenze di celerità, di alleggerimento del carico dei tribunali e contenimento dei costi; inoltre la mera facoltatività del tentativo non viene ritenuta efficace quanto una procedura obbligatoria: si sostiene che se anche una o entrambe le parti rifiutassero la procedura di conciliazione, l’esperienza dimostra che esiste ancora la possibilità che nel corso della procedura di conciliazione emergano possibilità di soluzione anche all’inizio non erano evidenti alle parti (punto 47 Conclusioni dell’Avv. Gen.).

Considerato dunque che la preliminare procedura di conciliazione non ritarda in modo significativo

26 La citazione dei due articoli è ripresa dalla sentenza 15 maggio 1986, C-222/84, Johnston, Racc., 1651, punti 18 e 19 su cui per tutti v. l’articolato commento di Dubouis, A propos de deux principes généraux du droit communautaire (droit au contrôle juridictionnel effectif et motivation des décisions des autorités nationales qui portent atteinte à un droit conféré par la règle communautaire), in Revue française de droit administratif, 1988, 691.

27 In argomento v. l’approfondita analisi di Trocker, La formazione del diritto processuale europeo, Torino, 2011, spec.

111 e ss. e 303 e ss.; e Id., La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed il processo civile, in Riv. trim. dir.

proc. civ., 2002, 1172.

28 CGCE C-394/07, in Foro it., 2009, IV, 382 con nota di D’Alessandro, Provvedimento inglese di esclusione dal processo e diniego di riconoscimento per contrarietà all’ordine pubblico processuale.

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la proposizione della domanda giudiziale, che essa è poco costosa, che i termini di prescrizione sono sospesi, l’ingerenza nel diritto ad «una tutela giurisdizionale rappresentata dall’obbligo di una composizione extragiudiziale è da ritenersi minima, sicchè i vantaggi legati alla procedura predominano ampiamente» (punto 48 delle conclusioni dell’Avv. Gen.).

Tuttavia, una volta verificata la proporzionalità tra scopo perseguito e sacrificio imposto, per inquadrare in modo soddisfacente e sistematico la questione, il giudice europeo (in linea con l’Avv.

Gen.) non si sottrae dall’estendere le proprie argomentazioni anche al problema della compatibilità tra il principio di autonomia procedurale e quello della protezione giurisdizionale effettiva.

Riprendendo un modello di ragionamento consolidato in numerose pronunce consumeristiche, la Corte esordisce con la formula di rito del riconoscimento del principio di autonomia procedurale

29

seguita dal rinvio sistematico ai suoi limiti, i princîpi di equivalenza e quello di effettività, per concludersi col richiamo all’essenzialità del princîpio alla tutela giurisdizionale effettiva.

Nel percorso argomentativo della sentenza, dunque, emerge come all’ordine tradizionale del rapporto tra diritti interni e diritto europeo sul piano processuale, notoriamente improntato al principio dell’autonomia procedurale degli Stati, si sia progressivamente sovrapposto l’intento di rafforzare le garanzie giurisdizionali, affermando che se la normativa di uno Stato membro è meno favorevole di quella che riguarda ricorsi analoghi di diritto europeo (principio di equivalenza)

30

ovvero rende praticamente impossibile

31

o eccessivamente difficile

32

l’esercizio dei diritti conferiti

29 Il principio di autonomia procedurale viene espresso per la prima volta nei casi Rewe (16 dicembre 1976, C-33/76, in Racc., 1976, 1989: «in the absence of community rules on this subject, it is for the domestic legal system of each member state to designate the courts having jurisdiction and to determine the procedural conditions governing actions at law intended to ensure the protection of the rights which citizens have from the direct effect of community law , it being understood that such conditions cannot be less favourable than those relating to similar actions of a domestic nature») e Comet (CGCE, 16 dicembre 1976, C-45/76, in Racc., 1976, 2043, p.11). Esso, applicato in vari settori del diritto e richiamato, per il profilo che qui interessa della tutela dei consumatori, nelle sentenze Mostaza Claro, 26 ottobre 2006, C-168/05 [2006] ECR I-10421, par. 24; e Asturcom, 6 ottobre 2009 C-40/08 par. 38, costituisce uno dei più discussi del diritto europeo: in argomento v. estesamente Kakouris, Do the Member States possess judicial procedural «authonomy»?, in Common Market, L.R., 1997, 1389; Lindholm, State Procedure and Union Rights. A Comparison of the European Union and the United States (Uppsala, 2007), 100 e ss.; Jacobs, Enforcing Community Rights and Obligations in National Courts: Striking the Balance, in Remedies for Beach of EC Law, a cura di Lonbay e Biondi, (Chichester) 1997, 25; Prechal, Community Law in National Courts: the Lessons from van Schijndel, in 35 CMLR, 1998, 681), non implica che i sistemi nazionali siano del tutto impermeabili al diritto europeo (Ebers, From Ocèano, cit., 825) tanto che, sin da una fase iniziale del dibattito, è stata proposta l’adozione della formula procedural competence, più pertinente rispetto a quella, eccessivamente ampia, di procedural autonomy (Van Gerven, Rights, Remedies and Procedures, in 37 CMLR, 2000, 501 a 502); in argomento v. anche Biavati, Diritto comunitario e diritto processuale civile italiano fra attrazione, autonomia e resistenze, in Dir. un. eur., 2000, 717; Id., La delocalizzazione della giurisdizione e garanzie della difesa, in Bessone, Silvestri e Taruffo (a cura di), I metodi della giustizia civile, Cedam, 2000, 32; Andenas, National paradigms of civil enforcement: Mutual recognition or harmonization in Europe?, in Andenas, Hess, e Oberhmmer, Enforcemet Agency Practice in Europe (London, 2005), 7; v. anche Storskrubb, Civil Procedure and EU Law. A Policy Area Unrecovered (Oxford, 2008); Weatherill, Why Object to the Armonization of Private Law by the EC?, in 5 Eur. Rev. Priv. Law, 633 (2004).

30 Sull’individuazione dell’organo abilitato a procedere alla comparazione v. la formula ricorrente in giurisprudenza per cui: «spetta, in linea di principio, ai giudici nazionali verificare che le modalità procedurali destinate a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti derivanti ai singoli dal diritto comunitario siano conformi al principio dell'equivalenza»: v. sentenza Palmisani, C-261/95, Racc., I-4025, punto 33; e Levez C-326/96, Racc., I-7835, punto 39.

Questa impostazione logica appare aderente alla realtà nella misura in cui è il giudice nazionale ad avere una conoscenza diretta delle modalità procedurali dei ricorsi (Palmisani, cit., punti 34-38). Nell’effettuare la propria valutazione il giudice interno deve muoversi su un duplice terreno: quello della determinazione dei criteri che permettono di qualificare due ricorsi come analoghi; e quello della necessaria verifica dei termini della procedura interna, che non siano meno favorevoli di quelli applicabili ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto comunitario:

v .per tutti Girerd, op. cit.,

31 C-33/76, cit., par. 5.

32 C-199/82, sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio, par. 14-15: l’effectivness test, limitato in un primo momento al parametro dell’impossibilità o meno della tutela, è stato arricchito col riferimento dell’eccessiva difficoltà di esercizio

(10)

dall’ordinamento giuridico comunitario

33

(principio d’effettività

34

), questa va disapplicata

35

.

Il richiamo all’effettività ha costituito l’impulso per l’adozione di una serie di norme e sentenze di ampio respiro sulla tutela giurisdizionale, che hanno contribuito all’erosione del postulato su cui si fonda il principio stesso dell’autonomia procedurale, ossia l’assenza di regole procedurali europee

36

. Nel caso in esame le regole procedurali europee che si creano per via giurisprudenziale riguardano le ADR e il particolare favor espresso verso la loro imposizione obbligatoria.

Il principio di equivalenza risulta rispettato in quanto non si ravvisa alcuna ingiustificata differenziazione di disciplina tra i ricorsi fondati tanto sul diritto europeo e quelli fondati quello interno (punto 51). Il principio d’effettività, per contro, è rispettato poiché il risultato della procedura obbligatoria non incide sui diritti dei singoli al ricorso giurisdizionale, né comporta un ritardo al riguardo; inoltre la prescrizione dei diritti è sospesa pendente il periodo della procedura di conciliazione e i costi derivanti dalla procedura sono inesistenti (punti 54-57 della sentenza).

Tuttavia, avverte la Corte, l’esercizio dei diritti derivanti dalla Direttiva “servizi universali”

potrebbe essere reso impossibile o eccessivamente difficile per taluni singoli, e segnatamente per coloro che non dispongono di un accesso a Internet, qualora il tentativo dovesse necessariamente essere effettuato per via elettronica (punto 58 della sentenza).

In questo senso, la legittimità del ricorso obbligatorio ante causam è condizionata alla circostanza che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso e che sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone (punto 60 della sentenza). Il carattere obbligatorio della conciliazione, dunque, si può legittimamente porre come condizione di procedibilità relativamente alle iniziative giudiziarie di carattere ordinario, mentre va esclusa per la materia cautelare, prevalendo il primato dell’urgenza della decisione.

L’imposizione di tentativo di conciliazione anche in sede di provvedimenti d’urgenza significherebbe posporre la tutela cautelare, per sua natura urgente ed immediata, ad un meccanismo procedurale extragiuridico

37

.

dei diritti, la cui formulazione, cristallizzata nelle sentenze successive, riduce i margini discrezionali degli Stati membri e impone un’analisi del ruolo della norma, delle sue caratteristiche e delle finalità in riferimento al sistema giudiziario in cui è collocata (orientamento ribadito in C-312/93, Peterbroek, par. 14).

33 La dottrina che studia il rapporto tra rights e remedies, in realtà, ravvisa un’operatività disgiunta dei due principi, laddove l’area dei rimedi sarebbe governata dal principio di equivalenza, mentre quella dei rights dal principio d’effettività: Van Gerven, Rights, remedies and Procedures, in CMLR, 2000, 504; Prechal, EC Requirements for an Effective Remedy,in Remedies for Breah of EC Law, a cura di Lombay e Biondi, (1997), Eds., 686. Essendo al letteratura in argomento sterminata, ci si limita a richiamare Prechal e Shelkoplyas, National Procedures, Public Policy and EC Law, in ERPL (2004), 591; Tulibacka, Europeanization of civil procedure: In search of a coherent approach, 46 Common market law review, 2009, 1536 e ss.; Girerd, Les principes d’équivalence et d’effectivité: encadrement ou déscadrement de l’autonomie procédurale des Etats membres ?, in RTD Eur., 2002, spec. 78 ; per l’ampia e ragionata illustrazione del principio di equivalenza v. Biondi, The European Court of Justice and Certain National Procedural Limitations: not such a Tough Relationship, in 36 CML Review, (1999) spec. 1274; in giurisprudenza da ultimo il principio è richiamato, sempre dall’Avv. Gen. Kokott nella causa C-168/05, Mostaza Claro (Racc.I-10421, punto 24);

nelle cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a. (Racc. I-4233, punto 28), nonché nella causa C-40/08, Asturcom, cit., punto 38).

34 V. le sentenza Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral, punto 5; Comet (CGCE, 16 dicembre 1976, C-45/76, in Racc., 1976, 2043), punti 13-16; Peterbroeck, punto 12; Unibet, punto 43, nonché la già citata van der Weerd e a., punto 28.

35 Il principio di preminenza del diritto europeo su quello interno consente alla Corte di giustizia di sottoporre le norme nazionali ad una sorta di vaglio di legittimità non dissimile da quello operato dalle Corti costituzionali degli Stati membri; in questo senso si è parlato di «uso alternativo della competenza pregiudiziale»: Tizzano, Qualche riflessione sul contributo della Corte di giustizia allo sviluppo del sistema comunitario, in Dir. un. eur., 2009, 147.

36 Marengo, op. cit., 52.

37 La soluzione è abbracciata dalla giurisprudenza assolutamente prevalente: recentemente Trib. Pozzuoli, 6 giugno 2007, in Diritto dell'Internet, 2008, 127; Trib. Napoli, 3 febbraio 2005, in Giur. merito, 2005, 2323 con nota di Nardelli;

Trib. Roma, 27 luglio 2005, in Il merito, 2006, 11, con nota di Scavonetto. Contra v. Trib. Mantova, sentenza 27 dicembre 2005; Trib. Forlì, sentenza 23 marzo 2005. In dottrina si veda Vaccari, Il tentativo obbligatorio di

(11)

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3.

L

UTILIZZO DEL PRINCÎPIO D

EFFETTIVITÀ E I RIFLESSI DELLA SENTENZA SULLA NORMATIVA INTERNA

Mentre nella maggior parte delle sentenze il richiamo all’effettività della tutela giurisdizionale è valso per negare la legittimità di determinate norme interne e disapplicarle, divenendo un viatico idoneo ad interferire sul diritto degli Stati membri nell’àmbito delle modalità procedurali

38

, in questo caso è stato utilizzato in senso opposto, per confermare la legittimità di una previsione interna.

Questa ricostruzione interpretativa, benché residuale, non è inedita, essendosi già registrati dei precedenti nei quali la Corte, nel richiamarsi ai principi d’equivalenza ed effettività, ha prediletto un’applicazione massimalista del diritto interno alla quale ha seguito come corollario un’applicazione restrittiva del diritto comunitario.

Il postulato logico di questo ragionamento risiede nella circostanza che nel caso in esame il diritto nazionale non priva ma rafforza il consumatore delle sue garanzie in materia di accesso alla giustizia.

Va tuttavia rilevato che entrambe le soluzioni (disapplicazione o conferma della norma interna) rispondono al medesimo fine di creazione di una dimensione processuale europea. La sentenza, infatti, s’inserisce in quel filone di pronunce consumeristiche che hanno come sfondo il problematico rapporto tra l’ordine giuridico comunitario e quello nazionale caratterizzato da una costante contraddizione: da una parte, la tensione del primo ad un’esigenza intrinseca di primato, dall’altro il necessario intervento strumenti giuridici dei diritti nazionali per la realizzazione delle istanze sottese proprio al diritto comunitario

39

.

Benché essa infatti riguardi un àmbito specifico (la conciliazione speciale prevista dalla normativa italiana in tema di risoluzione delle controversie nel settore delle comunicazioni elettroniche tra utenti finali e fornitori) è noto che l’edificazione del diritto europeo si avvale anche di sentenze- pilota con cui la Corte di giustizia esprime principi generali e criteri sistematici valevoli in senso ampio (v. lo stesso punto 2 della sentenza)

40

. La pronuncia, dunque, costituisce l’occasione e la giustificazione per esprimere l’apprezzamento verso alcune misure considerate idonee ad agevolare la composizione stragiudiziale delle controversie. Il dibattito, infatti, sull’opportunità di introdurre un filtro obbligatorio alla domanda giudiziale, è fervente in tutti i Paesi europei nei quali la questione si pone con una prospettiva comune: se esso costituisca un ostacolo inutile allo svolgimento della giurisdizione (ritardando il promuovimento dell’azione e facendo svolgere questioni processuali superflue) ovverosia sia funzionale ad esso, garantendo una reale spinta

conciliazione nelle controversie tra utenti e soggetti autorizzati o destinatari di licenze per l’esercizio dell’attività di telecomunicazione, in Giur. di merito, 2006, 1669 ss.

38 Le norme procedurali vengono intese in senso amplissimo, ricomprendendo oltre allo svolgimento del processo in senso stretto, anche le regole sulla competenza, considerate garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva: v. sentenza 15 aprile 2008, causa C-268/06, Impact, Racc., I-2483, punti 47 e 48 e soprattutto le relative conclusioni dell’Avv. Gen.

Kokott che svolge un’ampia disamina della compatibilità della ripartizione delle norme giurisdizionali con i principi di effettività (punti 54-66) e di equivalenza (punti 67-79); v. anche, apertis verbis, la sentenza C-63/08 del 29 ottobre 2009, Pontini, punto 44 e al punto 75 che precisa come le norme interne sulla designazione dei giudici competenti devono essere interpretate in modo da ricevere «un’applicazione che contribuisca [a] … garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti … in forza del diritto comunitario».

39 V. in questo senso Armone e Porreca, op. cit., c. 373. Sui rapporti tra diritti statali e diritto europeo in ottica

“integrazionista” (nel senso che le due esperienza giuridiche si influenzano reciprocamente fino a dare origine ad una unica): Cannizzaro, Sui rapporti fra sistemi processuali nazionali e diritto dell’Unione europea, in Dir. un. eur., 2008, 449.

40 Trocker, ult. op. cit., spec. 118.

(12)

deflattiva e contribuendo alla diffusione della cultura della soluzione alternativa delle controversie

41

. La sentenza, dunque, consente alla Corte, per un verso, di esprimere il proprio l’apprezzamento verso l’imposizione obbligatoria, e per l’altro, di elencare le condizioni cui essa deve essere sottoposta.

I suoi risultati interpretativi, peraltro, possono essere oggetto d’immediata utilizzazione da parte dell’interprete italiano, il quale può ricorrere agli strumenti da essa individuati per saggiare la validità della recente, dibattuta riforma sull’obbligatorietà del tentativo di conciliazione introdotta dal D.lgs. 28/2010 citato (benché si tratti di obbligatorietà concorrente e relativa, dal momento che la citazione in giudizio può comunque essere effettuata contestualmente all’esperimento del tentativo di conciliazione, di cui attende che decorrano i tempi).

La posizione della Corte di giustizia, richiamandosi alla necessità che l’impedimento all’accesso alla giustizia sia proporzionato, temporalmente limitato, garantisca la sospensione dei termini di prescrizione e la tutela cautelare, è sostanzialmente sovrapponibile a quella con cui la nostra Corte costituzionale ha ha finito coll’ammettere la validità della giurisdizione condizionata (sentenza 276/2000

42

). L’unico punto in cui le due pronunce si discostano è quello relativo al contenimento dei costi, di cui la sentenza italiana non fa menzione.

Se, dunque, si deve immaginare il legislatore della riforma abbia concepito la nuova disciplina alla luce dei criteri elencati dalla Corte costituzionale, rispettandoli (come per la maggior parte degli Autori è stato

43

), l’unico profilo di criticità rimarrebbe quello dei costi, i quali, benché contenuti e proporzionati al valore della causa, non sono del tutto assenti nella conciliazione obbligatoria. È vero che il D.lgs. prevede una serie di tariffe particolari per l’indennizzo del mediatore nelle ipotesi di mediazione obbligatoria (art. 16) fino a contemplare la gratuità per i non abbienti (art. 17, comma 5) a cui deve aggiungersi l’esenzione fiscale, ma non è certo che, nell’ottica del legislatore comunitario, questi costi siano considerati irrilevanti. Ciò che emerge dalle pieghe della sentenza, infatti, è che l’aspetto temporale e quello economico costituiscono i due criteri principali nella valutazione della legittimità dell’imposizione del tentativo, al quale, comunque, le istituzioni comunitarie guardano con uno spiccato favor.

4.

L

INQUADRAMENTO NELL

OTTICA DEI DIRITTI FONDAMENTALI

Con l’inquadramento della soluzione interpretativa nell’ottica dei diritti fondamentali la sentenza costituisce anche un nuovo tassello del percorso evolutivo in materia di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive.

L’opera di concretizzazione del diritto alla tutela giurisdizionale si è avviata nel momento in cui l’interesse della Corte di giustizia si è spostato dai diritti da proteggere agli strumenti per reagire al mancato rispetto delle regole poste dal sistema

44

, cioè dal piano dell’azionabilità dei diritti a quello

41 Così la Relazione illustrativa al D.lgs. 28/2010.

42 V. retro nt. 10.

43 Vanno tuttavia sottolineate alcune differenze nella disciplina del profilo temporale. La sentenza in commento si pronuncia sulla circostanza di una conciliazione obbligatoria da esperire entro 60 giorni; la disciplina del D.lgs. 28/2010 prevede un tempo raddoppiato, 4 mesi. Tale differenza non dovrebbe comunque essere sufficiente, in presenza della sospensione dei termini di prescrizione, a decretare la incompatibilità del D.lgs. rispetto alla pronuncia comunitaria:

Besso, op. cit., 2588.

Per un’analitica illustrazione dei generali dubbi di costituzionalità sollevati dall’art. 5 D.lgs. 28/2010 v. analiticamente Armone e Porreca, op. cit., c. 373-4; v. anche Besso, op. cit., spec. 2589.

44 «What [becomes] importanti s the establishment of effective remedies for the protection of Community law rights»:

Van Gerven, Bridging the Gap between Community and National Laws: Towards a Prniciple of Homogenity of Legal Remedies?, in CMLR, 1995, 679. Sul punto v. anche Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 3; Di Majo, La tutela civile dei diritti, 4° ed., Milano, 2003, 49 e ss.; Cuffaro, La tutela dei diritti, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari, 2° ed., Padova, 2003, 685; v. anche, sul versante eminentemente processuale, Pagni, Tutela specifica e tutela per equivalente, Milano, 2004, passim.

(13)

www.judicium.it

dell’adeguatezza dei rimedi (fino all’individuazione delle forme e delle tecniche di tutela) trova la sua giustificazione normativa nell’art. 6, par. 1 della Convezione europea, letto congiuntamente al

“riscoperto” art. 13

45

, a cui si aggiunge un significativo richiamo all’art. 47 par. 1 il quale sancisce la consacrazione formale del diritto all’effective remedy.

L’elaborazione di un diritto-principio generale dell’effettività

46

della tutela giurisdizionale (e la sua collocazione in una sorta di Bill of Rights gradualmente formulato dalla Corte di giustizia

47

) costituisce la chiave di volta nell’edificazione di un sistema processuale europeo, consentendo alla Corte di giustizia, da un lato, di ingerirsi nel diritto processuale degli Stati membri, e dall’altro, di munire i diritti di origine comunitaria di un adeguato apparato di rimedi

48

.

La preferenza verso l’approccio rimediale da parte della Corte si concretizza, nel caso in esame, nella tendenza alla contrattualizzazione dei litigi. Se è vero, infatti, che il diritto dei consumatori può essere considerato come un fattore d’evoluzione del diritto processuale, dall’osservazione delle tendenze più evidenti in materia si può rilevare che, mentre da una parte si assiste all’espansione dell’area dell’autonomia privata in campo processuale

49

, dall’altra e parallelamente, esigenze di policy spingono verso un modello di tutela in cui il ricorso all’organo giurisdizionale si colloca in una posizione di residualità rispetto alle ADR, configurando un trend verso l’ampliamento dell’area della giurisdizione condizionata

50

.

45 Sulla riscoperta dell’art. 13 e della sua portata precettiva, nonché sulla correlazione tra diritti e forme di tutela v.

ampiamente Trocker, La formazione…, cit., spec. 299 e ss.

46 L’effettività, termine polisenso e sfuggente per il giurista positivo, appartenente piuttosto alla sociologia del diritto e composta principalmente di elementi di fatto, costituisce invece una delle garanzie che un sistema giurisdizionale di tutela dei diritti dovrebbe assicurare e la cui introduzione nell’ordinamento europeo si deve allo spirito pragmatico del common law (Matscher, La nuova Corte europea dei diritti dell’uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, 218). Essa, viene genericamente intesa come rimozione degli ostacoli all’accesso sia alla giustizia (Cappelletti e Garth, Access to Justice: The Newest Wave in the Worldwide Movement to Make Rights Effective, in 27 Buffalo L. Rev., 181 (1978);

Cappelletti, Access to justice and the welfare state: an introduction, in Cappelletti e Garth, Access to Justice, Vol I: A World Survey, e Vol. III: Emerging Issues and Perspectives, Alphen a/d Rijn: Sijthoff and Noordhoff, 1979; Francioni, Access to justice as a Human Right, , Oxford University Press, 2007; con particolare riferimento alla protezione del consumatore v. Storskrubb, Ziller, Acces to Justice in European Comparative Law, spec. 189-191) che al diritto (Galanter, «La justice ne se trouve pas seulement dans les décisions des tribunaux », in Cappelletti (dir.), Accès à la justice et État-providence, Paris, Economica, 1984, p. 151, specialmente 152, 166-167).

47 La creazione di un ordinamento che aspira a porsi come originario necessita non solo di norme ma anche di princîpi intorno ai quali creare il consenso Trocker, op. cit., 19 e 277 e ss.

48 Aa.Vv,., Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, a cura di Mazzamuto, Torino, 2002; Mazzamuto e Plaia, I rimedi, in Manuale di diritto europeo, a cura di Castronovo e Mazzamuto, Milano, 2007, II, 739.Si individuano, infatti, non tanto nuovi diritti da proteggere quanto gli strumenti per reagire al mancato rispetto delle regole poste dal sistema: v. amplius Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 3; Di Majo, La tutela civile dei diritti, 4° ed., Milano, 2003, 49 e ss. v. anche, sul versante eminentemente processuale, Pagni, Tutela specifica e tutela per equivalente, Milano, 2004, passim; Cuffaro, La tutela dei diritti, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari, 2° ed., Padova, 2003, 685 e ss.

49 V. in argomento l’interessante numero monografico dei quaderni della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile intitolato agli Accordi di parte e processo, Milano, 2008.

50 In generale Cocchi, op. cit., 1997, 443; Longobardi, Modelli amministrativi per la risoluzione delle controversie, in Dir. proc. amm., 2005, 52.

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