Il percorso della luce
I. Dagli specchi ustori alla fibra ottica
Primo Brandi - Anna Salvadori Dipartimento di Matematica e Informatica
Università degli Studi di Perugia
Introduzione. Il 2015 è stato dichiarato dall'UNESCO Anno internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla Luce. Luce e la Cultura è uno dei quattro temi ufficiali, a cui vorremmo apportare un nostro modesto contributo con l'ottica della matematica.
Immagine UNESCO
La propagazione della luce ha incuriosito ed appassionato gli uomini fin dagli albori della civiltà. La questione, strettamente collegata alla visione, interagisce con l’anatomia e la fisiologia umana e la sua interpretazione in termini “scientifici” ha coinvolto nei secoli illustri filosofi e scienziati.
La modellizzazione matematica, nota come ottica geometrica, gioca un ruolo fondamentale per l’interpretazione di alcuni fenomeni quali la riflessione, la rifrazione e la riflessione totale. Permette inoltre di comprendere come si forma l'arcobaleno, di spiegare il miraggio di terra o di mare e avere un'idea del principio su cui si basa la fibra ottica o una lente gravitazionale. Infine si presta ad inaspettate applicazioni quali la progettazione degli scivoli per lo skateboarding o dei tiranti di un ponte sospeso, lo studio della forma ottimale di un proiettile o della tessitura radiale presente nel
"cerchio limite" di Escher.
In questa nota affrontiamo lo studio della propagazione di una radiazione in mezzi omogenei, ovvero in mezzi ad indice di rifrazione costante. Esso prende l'avvio dal Principio di Erone (I secolo a.C.) secondo cui la luce si muove lungo traiettorie di minima lunghezza (geodetiche spaziali).
Da questo postulato discende facilmente la legge della riflessione su una qualunque superficie "liscia".
Il postulato di Erone entra presto in crisi in quanto "non coerente" con il fenomeno della rifrazione (propagazione in due mezzi omogenei come aria-acqua).
Dopo il caparbio tentativo di Cartesio (1637) di trovare "una nuova via", l'intervento risolutivo si deve a Férmat (1662) che, ispirandosi al principio di economia della natura, propone un rivoluzionario cambiamento del punto di vista: la luce si muove lungo traiettorie ove breviori tempore percurri possint.
Ovviamente in un unico mezzo omogeneo le due traiettorie di minimo spazio e di minimo tempo coincidono.
Il principio di Férmat e la conseguente evoluzione dalle geodetiche spaziali a quelle temporali, opera una svolta significativa per gli studi futuri, anche con implicazioni filosofiche rilevanti.
Nella seconda parte introdurremo un modello di ottimizzazione generale ed astratto che inquadra in unico assetto sia le geodetiche spaziali che quelle temporali. Basato sul Calcolo di Newton, consente di trattare una varietà di fenomeni che vanno ben oltre l'ottica geometrica.
1. Il fenomeno della
Principio di Férmat. Pierre de Férmat (1608-1665) entra nella questione nel 1637, sollecitato da un allievo di Cartesio, criticando il procedimento cartesiano per aver arbitrariamente esteso alla propagazione della luce il moto dei proiettili e respingendo il principio di decomposizione dei moti.
Scriverà in seguito: bisogna andare cauti nell’uso dei moti composti, che sono come farmaci che diventano veleni se non sono debitamente usati.
Convinto della falsità della legge cartesiana o almeno dell’inconsistenza della dimostrazione, Férmat riflette a lungo sulla questione. Nel 1657, la lettura di un libro di ottica di De La Chambre nel quale la legge della riflessione viene dedotta alla maniera di Erone, gli fornisce la giusta chiave di lettura della questione.
Férmat pensa di studiare la rifrazione adattando il principio di Erone, secondo cui la luce agisce per le vie più corte. Inizia osservando che, per il principio di economia della natura, bisogna interpretare le vie più corte come le vie più facili, o più semplici, le vie di minor resistenza. Il concetto di resistenza gli impone di abbandonare l'idea di una propagazione istantanea della luce (fino al allora sostenuta) per sostituirla con una propagazione a velocità finita.
In una lettera a De La Chambre formula il problema della rifrazione in termini matematici affermando di essere in grado di dare anche la soluzione. Soluzione che invece impiegherà quattro anni a venire alla luce
1, quando con un colpo di genio Férmat enuncia un nuovo adattamento del principio di economia della natura: per le vie più corte bisogna intendere le vie che breviori tempore percurri possint.
Questo principio, aggiunto all’ipotesi che la velocità della luce è costante in un determinato mezzo e diminuisce con l’aumentare della densità, consente a Férmat di trovare la legge della rifrazione e di constatare, con sua grande meraviglia, che essa è proprio la legge di Cartesio!
In un primo tempo il principio di Férmat viene aspramente attaccato, in particolare da Huygens, il quale in seguito rivede la sua posizione al punto di dare un suo contributo al phaenomenon Fermatij congetturando che l’indice di rifrazione
2(relativo) sia uguale al rapporto tra la velocità della luce nei due mezzi.
Principio (o postulato) di Férmat. La luce percorre traiettorie di minimo3 tempo, ovvero si propaga lungo geodetiche temporali.
Immagine Férmat Immagine Snell A partire da questo postulato si prova la legge della rifrazione, cercata per secoli.
1Analysis ad refractiones, lettera dal 1 gennaio 1662 a De La Chambre.
2L'indice di rifrazione (assoluto) di un mezzo isotropo e omogeneo è il rapporto tra la velocità di propagazione del raggio luminoso nel vuoto (c = 3*10 8 m/s) e la velocità di propagazione nel mezzo. Quest’ultima dipende, naturalmente, dalle caratteristiche e dalle proprietà fisiche del mezzo stesso.
3In realtà i percorsi sono traiettorie localmente estremali o stazionarie rispetto al tempo, ovvero il tempo impiegato è minimo o massimo rispetto a quello impiegato per percorrere le traiettorie “vicine”.
Teorema della rifrazione (o legge di Snell). La traiettoria dalla sorgente
S
all’obiettivoB
ècomposta da due segmenti adiacenti che giacciono su un piano ortogonale al piano di separazione dei due mezzi e soddisfano la condizione
(Rf)
1 2
ˆ ˆ
sin i sin r
v v
(legge della rifrazione) oveˆi
è l’angolo di incidenza edˆr
è l’angolo di rifrazione.Fig.15
Dimostrazione. Consideriamo due mezzi omogenei, che modellizziamo come due semispazi contigui
1e
2(separati dal piano ) ove la luce si propaga con velocità costante, rispettivamente con velocità v
1in
1e con velocità v
2in
2. Fissiamo quindi due punti distinti: un punto sorgente
S
1e un punto obiettivo B
2.
Fissiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale sul piano contenente il triangolo SXB (cfr.
Fig.15). Posto S x y
S,
S , B x
B, y
B , X x , 0 , il tempo impiegato dal raggio uscente da S per raggiungere B è dato da
2
22 2
1 1 1 2
( ) SX XB y
Sx x
Sy
Bx
Bx
t x v v v v
.Con semplici considerazioni si prova che la ricerca può essere limitata ai punti X sul segmento OB ' ; inoltre non è restrittivo normalizzare il dominio ponendo x
S 0, x
B 1 .
La questione si traduce quindi nel problema di ottimizzazione
0,1
min
x
t x
.
Esistenza. La funzione t : 0,1 R ammette minimo per il teorema di Weierstrass in quanto continua in un compatto.
Unicità della soluzione. Iniziamo con lo studio della t ' t x '( ) per la ricerca dei punti stazionari.
Risulta
2 2 2 2
1 2
'( ) 1
1
S B
x x t x
v x y v x y
Essendo
(2)
2 2
'(0) 1 0
1
Bt
v y
2 1
'(1) 1 0
1
St
v y
per il teorema degli zeri esiste almeno una soluzione dell’equazione t x '( ) 0 in 0,1 .
D'altra parte, essendo
2 2
3 2 3 2
2 2 2 2
1 2
"( ) 0 0,1
1
S B
S B
y y
t x x
v x y v x y
si deduce che la funzione t x è convessa, il punto stazionario è unico ed è un punto di minimo.
In conclusione il problema ammette un unico punto di minimo
4x
0 0, 1 ove t x ' si annulla.
Di conseguenza sussiste l'uguaglianza
(3)
0 0
2 2
2 2
0 0
1 2
1
1
BS
x x
x y
x y
v v
.Per note proprietà trigonometriche dei triangoli rettangoli, i numeratori della (3) coincidono rispettivamente con il seno dell'angolo d'incidenza e quello dell'angolo di rifrazione; pertanto risulta
1 2
ˆ ˆ
sin i sin r
v v
(legge di Snell)Calcolo del punto di Férmat. Elaborando con un CAS la (3) si perviene all'equazione polinomiale di IV grado
(4) v
22 v
12 x
4 2 v
22 v
12 x
3 y v
2B 22 v
22 y v
2S 12 v
12 x
2 2 y v
S2 12 y v
2S 12 0 x 0, 1
La normalizzazione
1
21 y
B v consente di ridurre i parametri a due; l'equazione (4) diventa
(4') 1 v
12 x
4 2 1 v
12 x
3 2 y v
S2 12 v
12 x
2 2 y v x
2S 12 y v
2S 12 0 0 x 1 .
con 0 v
11 , y
S 0 .
Proviamo che l'equazione (4') ammette un'unica soluzione per ogni valore ammissibile dei parametri.
Posto
12
4
12
3
2 12 12
2 2 12 2 12( ) 1 2 1 2
S2
S Sh x v x v x y v v x y v x y v essendo
0
S2 120 1 1 0 h y v h l'equazione ammette almeno una soluzione nell'intervallo 0,1 .
Tenuto conto che
12
3
12
2
2 12 12
2 12'( ) 4 1 6 1 2 2
S2
Sh x v x v x y v v x y v avvalendoci di un CAS, si ottiene il seguente risultato per il minimo della derivata
0,1
min '( )
m
xh x
: (5) m 2
se
1 1 1
1
1 1 1
1, 1 , 1,
2 2 2 2
1, 1
S S S
S
y v y v v y v v
y w v
4Il punto X0
x0, 0
è detto punto di Férmatove
27 8
S1 v y
,
22
S
1 w y
(6) m y v
S2 12se
1 1
1 1 1
1 1 1
0 , 1 , 1
2 2 2 2 2
1 1, 1 1, 0 0 1, 0 1
2
S S
S S S
y v w y v w
y v w y v v y v
(7)
2 2 2 3
2 2 1 1
1 2
1
1 2 1
1 1 3
S S
y v v
m y v
v
se
1 1
1 1
1 1 1
0 , ,
2 2 2 2 2
1 1, 1,
2
S S
S S
y v w y w v v
y w v v y v v w
Dalle (5-7) si deduce che
' 0
h x per ogni valore ammissibile dei parametri
Questo prova che la funzione h è crescente in 0,1 , per cui l'equazione (4') ammette una sola soluzione.
Calcolo delle coordinate dei punti. Come abbiamo già ricordato, un'equazione polinomiale di IV grado ammette (nel campo complesso) una formula risolutiva per radicali.
Di conseguenza, assegnate le coordinate della sorgente e dell'obiettivo e le velocità di propagazione nei due mezzi, scritte le soluzioni formali della (4) nel campo complesso (che non riportiamo per brevità), è immediato calcolare una loro approssimazione. La soluzione reale compresa nell'intervallo
0, 1 costituisce il punto di Férmat.
Osservazione. Ovviamente il principio di Férmat estende quello di Erone.
Infatti nel caso la propagazione avvenga in un unico mezzo con densità omogenea ( v
1 v
2), le geodetiche temporali coincidono con le geodetiche spaziali.
3. Il fenomeno della riflessione totale e le fibre ottiche Analizziamo la legge della rifrazione un po' più da vicino.
Iniziamo considerando il caso in cui la sorgente S si trovi in un mezzo (omogeneo) con densità inferiore a quello ove è immerso l'obiettivo ovvero
12
1
. Ad esempio sorgente in aria ed obiettivo in acqua,
12
4 3
.
Immagine bicchiere Dalla legge della rifrazione
(Rf)si deduce
2 1
sin r sin i sin i r i
ovvero l'angolo di rifrazione è inferiore all'angolo di incidenza.
In particolare se il raggio incidente sfiora il pelo libero fra i due mezzi ( i / 2 ), l'angolo r di rifrazione assume il valore
2 1
arcsin
r
.
Nel caso aria-acqua 3
or arcsin 48, 6
4 (cifr. Fig. 16).
Fig. 16
Consideriamo ora la situazione opposta
12
1
(ad esempio sorgente in acqua ed obiettivo in aria,
1 2
3 4
). Dalla
(Rf)discende
(8)
21
sin r sin i sin i r i
ovvero l'angolo di rifrazione è maggiore dell'angolo di incidenza (cifr. Fig. 17).
Fig. 17
Ricordando che la funzione seno assume valori tra 0 ed 1 per archi compresi fra 0 e / 2 , dalla (8) si deduce
2 1
0 sin i 1
da cui
(9)
12
0 sin i 1
.
La (9) fornisce una limitazione superiore per l'angolo d'incidenza; vediamo le sue conseguenze.
Quando l'angolo d'incidenza assume il valore limite
12
arcsin
i
, il raggio rifratto sfiora il pelo libero fra i due mezzi ( sin r 1, r / 2 ), come mostra la Fig. 18
Fig. 18
Per angoli d'incidenza i superiori ad i si avrebbe
1 2
sin i sin i
da cui
2 2 1
1 1 2
sin r sin i 1
ovvero
(10) sin r 1 .
La (10) è una relazione impossibile nel campo reale.
In conclusione se l'angolo d'incidenza supera l'angolo limite, la legge della rifrazione (
Rf) non sussiste nel campo reale; il raggio incidente non viene rifratto, ma subisce riflessione ( i r ): in questo caso il piano di separazione fra i due mezzi si comporta da superficie riflettente (vedi Fig. 19).
Il fenomeno è noto come riflessione totale.
Fig.19
Il fenomeno della riflessione totale trova oggi la sua principale applicazione nelle fibre ottiche.
Fibre ottiche. L'invenzione delle fibre ottiche risale agli anni '70 ed è il frutto di una intensa ricerca scientifica svolta principalmente negli USA e nell'URSS contemporaneamente, anche se separatamente, e spesso in concorrenza per motivi politici e militari.
Le fibre ottiche sono dei sottilissimi fili di materiale vetroso (silice) o polimerico (plastica), a sezione cilindrica. Ogni singola fibra è costituita da tre strati coassiali: la parte centrale (core), il mantello (cladding) e il rivestimento (jacket). Il core, del diametro di 10 60 m ( 1 m 10
6m ) , è circondato dal mantello (spessore 125 m ), entrambi trasparenti e a loro volta inclusi nel rivestimento (spessore 400 m ).
Il loro funzionamento è basato sul fenomeno della riflessione totale fra il core e il mantello. Esso si verifica in quanto il rapporto fra le velocità di propagazione della radiazione nel core e nel mantello è inferiore a uno.
Immettendo una radiazione luminosa in una estremità della fibra avente direzione prossima a quella assiale, essa incide il mantello con un angolo superiore all'angolo limite e subisce riflessione totale;
attraverso successive riflessioni totali arriva all’altra estremità della fibra.
Fig.20
Fra le principali applicazioni delle fibre ottiche, citiamo la medicina, l’astronomia, le telecomunicazioni ed anche l’arredamento.
In medicina segnaliamo le tecniche endoscopiche, che consentono di vedere su monitor organi e apparati (cuore, bronchi, intestino, articolazioni ossee, etc), in modo poco invasivo, mediante la introduzione di sonde alla cui estremità è fissata una videocamera miniuterizzata.
Le immagini raggiungono il monitor dell’operatore attraverso la fibra ottica inserita nella sonda stessa.
Nel campo delle telecomunicazioni, le fibre ottiche sono usate come canali di comunicazione privilegiati ad alta velocità, con impulsi luminosi nel campo dell’infrarosso (quindi invisibili all’occhio umano). La velocità di trasmissione consentita è dell'ordine del Gigabit/sec, con un fattore 10
2rispetto alla velocità ammessa nei cavi coassiali loro corrispondenti predecessori.
Presentano inoltre innumerevoli ed indiscutibili vantaggi quali la insensibilità alle interferenze, il basso costo, il volume ridottissimo e la bassissima attenuazione (con la possibilità di tratte di oltre 100 km senza necessità di amplificatori).
Nel campo della telefonia, una sola fibra è in grado di trasferire oltre 10.000 telefonate
contemporaneamente.
4. I fenomeni della rifrazione, riflessione totale e l'arcobaleno
L'arcobaleno è una spettacolare applicazione della combinazione dei fenomeni rifrazione e riflessione totale, che a volte si verifica al termine di un temporale.
La luce bianca, emessa dal sole (e da alcune sorgenti artificiali) è sostanzialmente una miscela di radiazioni di diversa lunghezza d'onda (da 400 nm per la violetta a 700 nm per la rossa).
Quando un raggio di luce solare colpisce una goccia d'acqua (di forma sferica) subisce rifrazione attraverso la superficie convessa della goccia. Poiché la velocità di propagazione della radiazione dipende dalla sua lunghezza d'onda, le sette radiazioni principali (rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco, violetto) componenti la luce bianca, subiscono (a causa della rifrazione aria-acqua) una diversa deflessione all'interno della goccia (cfr. Fig.21).
Fig.21
Ciascun raggio rifratto subisce a sua volta una riflessione totale sulla parete concava della goccia, uscendo infine all'aria dopo una ulteriore rifrazione acqua-aria.
In sintesi i raggi solari incidenti, dopo una rifrazione aria-acqua, una riflessione totale e una rifrazione acqua-aria, dà origine ad un ventaglio di radiazioni colorate, ove i raggi di luce violetta risultano i più deviati, quelli rossi i meno deviati. I raggi rifratti di ciascun colore sono fra loro paralleli, in quanto la loro direzione dipende da quella dei raggi solari incidenti (paralleli fra loro) e dalla composizione chimica delle gocce, ma è indipendente dal loro diametro.
Immagine arcobaleno
A causa di questa scomposizione, un osservatore posto ad una certa distanza dall'arcobaleno, vede una arco costituito da sette colori con in alto il rosso e in basso il violetto.
Come mai l'ordine dei colori dell'arcobaleno è inverso rispetto a quello del fascio rifratto in ciascuna goccia? La spiegazione è semplice.
L'arcobaleno è l'effetto globale che si ottiene dalle radiazioni multicolori uscenti da ciascuna gocciolina.
Per semplificare immaginiamo le goccioline disposte su una superficie piana verticale di fronte
all'osservatore, con il sole alle spalle di quest'ultimo.
Fig.22