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PRESENTAZIONE Rapporto di ricerca su ambiente e povertà, emergenze e conflitti dimenticati

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Academic year: 2022

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PRESENTAZIONE

Rapporto di ricerca

su ambiente e povertà, emergenze e conflitti dimenticati

NELL’OCCHIO DEL CICLONE

Roma, Caritas Italiana - via Aurelia, 796 - venerdì 16 gennaio 2009 ore 11.00-13.00

Traccia intervento conferenza stampa

Don Antonio Sciortino, direttore di “Famiglia Cristiana”

In Italia l’oblio dei conflitti che si consumano nel sud del mondo appare drammaticamente esteso.

Solo la Chiesa cattolica stimola la riflessione e quando la fa sulle grandi questioni della pace e dello sviluppo viene accusata di ingerenza e viene chiamata sempre a correo.

In Italia un dibattito vero sulla necessità dell’ “umanitario”, cioè di gruppi di persone e anche di singoli che sollecitano la politica ( e anche la politica estera) a tenere conto della complessità delle situazioni di conflitto, degli intrecci tra economia, sfruttamento delle risorse e rispetto dei diritti umani dei popoli e delle nazioni, non c’è mai stato. In Francia l’ “umanitario” è parte della identità nazionale, anzi ne è elemento costitutivo. In molte Paesi scandinavi, in Svezia, soprattutto l’attenzione su questi temi è costante, e la risposte e le analisi sulle crisi mondiali coinvolge intellettuali, società civile e politica in uno sforzo comune. In Italia ci si divide e quando parti della società civile, per esempio Caritas e Focsiv, che raccoglie le ong cattoliche, denunciano il tagli, per esempio, alla cooperazione vengono criticate: è un attacco al governo, siete cattocomunisti e via di seguito.

In Italia manca la consapevolezza che l’aiuto allo sviluppo è un sistema globale che coinvolge attori pubblici e privati, militari e civili. Una macchina interdisciplinare e complessa, molto sofisticata.

Invece l’Italia periodicamente passa dall’esaltazione della cooperazione solo militare o solo civile, solo delle Ong o solo delle istituzioni, con il risultato a somma zero: nessuno in realtà fa poi nulla.

Noi ci affidiamo alle emozione ci sembra che ciò possa essere sufficiente. E’ l’emozione che ha fatto partire dai telefonini in occasione dello tsunami milioni di sms e quindi ha permesso di raccogliere milioni di euro. Buona cosa, ma non basta la sollecitazione del cuore. Su questo argomenti occorre costruire una coscienza di progettualità stabili, che la politica non ha mai voluto impostare.

La responsabilità di proteggere non entra nella cultura politica italiana, anzi negli ultimi anni è stata espulsa totalmente.

Ci sono esempi: il recente decreto flussi sull’ingresso di immigrati assegna ai somali una quota di ingressi pari a 100 persone. Sì, 100 e non è uno scherzo. Vuol dire che noi non abbiamo alcuna intenzione di accogliere persone che fuggono dalla guerra, che attraversano il mare perché nei loro Paesi il rischio di morire è altissimo. L’Italia non ha ancora una legge sul diritto d’asilo, per noi tutti sono extracomunitari e comunque da respingere. Il principio di indesiderabilità connota le nostre leggi sull’immigrazione: da sempre, non è un problema del governo Berlusconi.

Nelle politiche di questo Paese non entra mai l’idea dell’aiuto come protezione. La protezione passa solo attraverso l’idea che occorrono i militari, i quali sono i migliori per portare gli aiuti. Non è ancora passata l’idea che sia la diplomazia dello Stato e delle Ong il migliore supporto ad aiuti

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efficaci per lo sviluppo. Ragioniamo sempre e solo in termini di emergenze. Mai che si faccia un ragionamento sulle cause, sulla povertà, sulle responsabilità.

Ma le responsabilità sono diffuse. E quelle dei media sono altissime e le ricerche (questa è la terza sui conflitti dimenticati) lo dimostrano. Se non ci fossero i media cattolici in Italia l’oblio sarebbe totale. In questi anni tuttavia ci ha sorpreso la sete di informazione sui conflitti dimenticati che c’è in Italia: Abbiamo fatto centinaia di incontri in scuole, parrocchie, circoli, associazioni per spiegare i contenuti dei Rapporti. Ci hanno inviati ovunque e noi ci siamo andati volentieri per diradare la nebbia dell’informazione e per denunciare la mancanza di cultura politica sull’aiuto allo sviluppo del Paese.

Ma non basta: bisogna che la politica, la cultura, i media di interroghino su quali sono le cause, su chi sono le vittime e chi i colpevoli. La situazione attuale (la forbice che aumenta tra ricchi e poveri) porta ragionevolmente a pensare che le sfide che ci attendono in campo umanitario diventeranno sempre più complesse. Già il numero dei rifugiati e degli sfollati è in aumento e si tratta di persone che hanno un nome un cognome una famiglia, progetti e sogni. Nessuno di noi può far finta di niente, nessuno di noi può dire non mi interessa, nessuno di noi può chiudere la porta. E non basta metter mano ogni tanto al portafoglio e dare qualcosa alla Caritas. Bisogna anche stimolare la politica ad essere più responsabile nelle azioni economiche, negli accordi internazionali sul commercio, nella considerazione dei diritti umani. Per evitare che a livello popolare si diffondano impotenza, sconforto, assuefazione. E passi l’idea che il mondo comunque debba stare fuori dalla porta della nostra casa.

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