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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Academic year: 2022

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

Da un punto di vista empirico, il modello di Black-Scholes presenta delle deficienze nella sua capacit`a di calibrare correttamente i prezzi osservati sui mercati. Discutiamo innanzitutto il grado di realismo delle principali ipotesi sulle quali si basa il modello di Black-Scholes:

indipendenza dei logrendimenti normalit`a dei logrendimenti

σ `e nonstocastica e costante nel tempo

Questi argomenti saranno trattati in modo approfondito nei corsi di Econometria e Statistica. Procedo qui in modo colloquiale.

Un modo di valutare la dipendenza seriale di una serie temporale `e la funzione di autocorrelazione empirica. In generale, a mio parere `e possibile affermare che tipicamente le serie dei logrendimenti non mostrano una significativa autocorrelazione seriale (un esempio nella prossima slide), per i quali rimando al corso di Econometria.

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Autocorrelazione dei logrendimenti

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

Tuttavia, un analogo grafico relativo alla funzione di autocorrelazione dei quadrati o dei valori assoluti dei logrendimenti (un esempio nella slide successiva) mostra una significativa autocorrelazione su tutti i lag.

Questo mostra che la indipendenza (ma non la incorrelazione) dei logrendimenti viene tipicamente rigettata; in particolare, a variazione elevate in valore assoluto seguono tipicamente variazioni elevate in valore assoluto, un fenomeno noto come “volatility clustering” e ben catturato ad esempio dai modelli di tipo Garch.

Il fatto che σ non sia costante e debba necessariamente in certe situazioni essere considerata essa stessa una variabile casuale `e comprovato dalla esistenza di strumenti derivati aventi come sottostante la volatilit`a, i cosiddetti volatility swap e variance swap.

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Autocorrelazione dei quadrati dei logrendimenti

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Code paretiane

Il modello di Black-Scholes si basa sul moto browniano geometrico, che a sua volta prevede una distribuzione lognormale per il prezzo della azione a scadenza ST, o equivalentemente una distribuzione normale per il

logrendimento. Da un punto di vista empirico, i dati reali tendono ad avere “fat tails”, cio`e la probabilit`a di logrendimenti molto alti o molto bassi `e molto maggiore rispetto a quanto previsto dalla distribuzione normale, un fenomeno caratteristico delle serie economiche e finanziarie e noto almeno dagli studi di Pareto sulla distribuzione della ricchezza. Pi`u precisamente, `e una caratteristica tipica delle serie finanziarie quella di avere “code paretiane”, nel senso che

F (x ) ∼ c · x¯ −α, per x → +∞,

dove ¯F (x ) = 1 − F (x ) = P(X > x ) `e la funzione di sopravvivenza o “coda destra” della funzione di distribuzione F .

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Leptocurtosi

Il concetto di “coda paretiana” si contrappone al concetto di “coda esponenziale” (come sono ad esempio quelle della Normale, della

Esponenziale o della Gamma); si tratta di una differenza nell’andamento asintotico delle code.

Un altro aspetto della dipartita dalla normalit`a `e catturato dalla curtosi (il cosiddetto indice di curtosi di Pearson κ, dato dal momento quarto centrato diviso per il quadrato della varianza).

Le serie storiche finanziarie hanno tipicamente una distribuzione

“leptocurtica”, cio`e con curtosi superiore a quella della normale; questo corrisponde (vedere la slide successiva) a una distribuzione pi`u alta sia sulle code che al centro, e pi`u bassa sui fianchi, rispetto a una distribuzione normale con la stessa media e varianza, rappresentata in rosso.

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Leptocurtosi

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QQ plot

Un modo molto usato di rappresentare graficamente la dipartita di una distribuzione empirica rispetto a un modello probabilistico assegnato (nel nostro caso la distribuzione normale) `e il cosiddetto QQplot (che sta per quantile-quantile plot). Sull’asse delle y vengono riportati i quantili della distribuzione empirica in funzione dei corrispondenti quantili della distribuzione normale. Se il modello fosse corretto, a meno di una traslazione e di un fattore di scala, il QQplot sarebbe una retta.

Nella slide successiva vediamo che i quantili bassi della distribuzione empirica sono molto al di sotto dei corrispondenti quantili della normale, mentre quelli alti sono al di sopra: un’ulteriore manifestazione del fenomeno delle “fat tails”.

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QQ plot

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Volatilit` a implicita

Abbiamo discusso qualitativamente in che misura le ipotesi del modello di Black-Scholes sono soddisfatte dalle serie dei logrendimenti finanziari.

Vediamo ora in che misura la tesi del modello di Black-Scholes, cio`e la formula di Black-Scholes, corrisponde ai prezzi reali delle opzioni.

Definiamo un concetto fondamentale: data una opzione con un prezzo di mercato ˆP, la volatilit`a implicita della opzione `e quel valore della volatilit`a ˆ

σ che inserito nella formula di Black-Scholes produrrebbe il prezzo ˆP:

P = Cˆ BS(ˆσ),

dove CBS rappresenta la formula di Black-Scholes. La volatilit`a implicita `e quindi definita implicitamente da questa equazione.

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Volatilit` a implicita

Se il modello di Black-Scholes fosse corretto, la volatilit`a implicita ˆσ dovrebbe coincidere con la volatilit`a σ del moto browniano geometrico, e quindi in particolare non dovrebbe dipendere n´e dallo strike (o

equivalentemente dalla moneyness) n´e dal time to maturity.

Empiricamente, cos`ı non `e: la volatilit`a implicita presenta una marcata dipendenza dallo strike. La curva che esprime la volatilit`a implicita in funzione dello strike si chiama il volatility smile, mentre la superficie di volatilit`a implicita in funzione di strike e time to maturity prende il nome di volatility surface (vedere per un esempio la slide successiva).

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Spiegazioni qualitative dello smile

In generale, si dice che lo smile sulle currencies tende a essere pi`u simmetrico (“u-shaped”, slide 14) mentre lo smile sull’equity tende a essere decrescente nello strike (“smirk”, slide 16).

Lo smile pu`o essere spiegato da un punto di vista qualitativo come conseguenza della dipartita dalla normalit`a. Utilizzo alcuni grafici presi dallo Hull, che rappresentano lo smile e le corrispondenti distribuzioni (reale, cio`e implicita nei prezzi delle opzioni, e lognormale, cio`e data dal modello di Black-Scholes) del sottostante a scadenza. Nella slide 15, entrambe le code sono pi`u pesanti della lognormale; di conseguenza sia le deep ITM e le deep OTM sono pi`u care. Nella slide 17, la coda sinistra `e pi`u pesante e la coda destra `e pi`u leggera; questo fa s`ı che le put OTM (strike basso) costano di pi`u, mentre le call OTM (strike alto) costano di meno, da cui la slide 16.

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Verifiche empiriche del modello di Black-Scholes

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Modelli basati su ipotesi distribuzionali alternative

Come abbiamo visto, nel modello di BS la distribuzione neutrale al rischio del sottostante a scadenza `e lognormale. Questo porta a una formula chiusa per il prezzo delle call e put plain vanilla, appunto la formula di BS.

La formula di BS funziona in modo ragionevole soltanto per le opzioni ATM, come abbiamo visto osservando le superfici di volatilit`a implicita.

L’ipotesi di normalit`a dei logrendimenti sottostima la probabilit`a di forti variazioni al rialzo oppure al ribasso, e questo pu`o spiegare in parte perch´e i prezzi del modello di BS siano non del tutto in linea con i prezzi reali.

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Modelli basati su misture di lognormali

Un primo modo di rendere pi`u generale il modello di BS conservandone la trattabilit`a analitica `e ipotizzare che il sottostante a scadenza ST sia una mistura di lognormali con diverse volatilit`a. In altre parole, ipotizziamo che σ sia essa stessa una variabile casuale, con una distribuzione fissata. Da un punto di vista simulativo, una estrazione di ST si ottiene attraverso un processo in due passi: al primo passo estraiamo un valore casuale di σ, al secondo passo estraiamo una variabile casuale con una distribuzione lognormale avente come volatilit`a la σ estratta al primo passo. Da un punto di vista matematico, la funzione di distribuzione e la funzione di densit`a di una mistura sono delle somme (nel caso di misture finite) o degli integrali (nel caso di misture infinite) delle funzioni di distribuzione e delle densit`a delle singole componenti.

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Modelli basati su misture di lognormali

Come esempio di mistura finita, possiamo considerare un modello di Black-Scholes in cui la volatilit`a, invece di essere costante, pu`o assumere i valori σ1 e σ2, rispettivamente con probabilit`a p e 1 − p. Applicando il solito principio della valutazione neutrale al rischio, otteniamo

immediatamente che il prezzo della call `e dato da una media dei corrispondenti prezzi di BS:

C (σ1, σ2, p) = pCBS1) + (1 − p)CBS2),

quindi anche in questo caso abbiamo una formula chiusa, dove al posto di un unico parametro σ compaiono i tre parametri σ1, σ2, p. I modelli basati su misture finite sono molto semplici ma hanno il difetto che il numero dei parametri da calibrare cresce proporzionalmente al numero delle

componenti della mistura.

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Modello Variance-Gamma

Un modello che ha avuto un certo successo `e basato sulla distribuzione Variance Gamma, introdotta da Madan e Seneta (1990). E’ un caso particolare delle cosiddette“normal variance-mean mixture” definite da

Yt = α + βV + σ

√ V X ,

dove α, β, σ > 0, X ∼ N(0, 1), V ≥ 0 `e una variabile casuale indipendente da X . La Variance-Gamma si ottiene quando V ha una distribuzione Gamma. In questo caso, `e posibile ricavare esplicitamente la m.g.f. di Y , che `e data da

MY(t) = exp(αt)MV



βt +σ2 2 t2

 ,

dove MV `e la m.g.f. della Gamma. In generale infatti la f.g.m. di una mistura si pu`o esprimere come composizione di f.g.m., come avete visto nel corso di rischio di credito per misture poissoniane.

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I modelli a volatilit` a locale

Nel modello di Black-Scholes

dSt = rStdt + σStdBt

la volatilit`a σ `e costante. Nei modelli cosiddetti “a volatilit`a locale”, la volatilit`a σ `e una funzione deterministica del sottostante:

dSt= rStdt + σ(St)dBt.

L’idea generale `e che la volatilit`a possa dipendere dal prezzo del

sottostante, un fatto empirico noto come “leverage effect”. L’idea `e che quando il prezzo del sottostante `e basso, l’azienda potrebbe essere pi`u rischiosa di quando il prezzo del sottostante `e alto.

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Il modello CEV

L’esempio pi`u importante `e il modello CEV (che sta per “constant elasticity of volatility”) introdotto da Cox e Ross (1976):

dSt = rStdt + σStαdBt,

dove α > 0, σ > 0 sono parametri reali. In questo modello quindi σ(S ) = σSα.

Il caso α = 1 corrisponde al modello di BS. Il nome “CEV” deriva dal fatto che la elasticit`a della volatilit`a rispetto a S `e una costante:

∂σ(S) σ(S)

∂S S

= ∂σ(S )

∂S S

σ(S ) = ασSα−1 S

σ(S ) = α.

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Il modello di Bachelier

Il caso α = 0 corrisponde al cosiddetto modello “di Bachelier” in cui dSt= rStdt + σdBt,

in cui St ha una distribuzione normale invece che lognormale, come pu`o essere facilmente verificato applicando la formula di Ito con la sostituzione

Yt = e−rtSt,

da cui si ottiene (analogamente a quanto visto nel modello di Vasicek) St = S0+ σert

Z t 0

e−rsdBs.

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Modelli a volatilit` a locale

Nei casi 0 < α < 1, si pu`o dimostrare che nel modello CEV il

logrendimento del sottostante ha una distribuzione di tipo chi-quadro non centrale, ed `e possibile ricavare una formula analitica per i prezzi delle opzioni analoga a quella di BS (si veda ad esempio Hull, pag. 661).

Pi`u in generale `e possibile considerare modelli a volatilit`a locale in cui σ `e una funzione arbitraria che dipende in modo esplicito anche dal tempo:

dSt = rStdt + σ(St, t)dBt.

E’ stato dimostrato da Dupire (1994) che attraverso una opportuna scelta della funzione di volatilit`a locale σ(S , t) `e possibile calibrare perfettamente qualsiasi curva dei prezzi delle call osservati C (K , T ), ponendo

σ2(S , t) = 2rS∂C (K ,T )∂K |K =S+ 2∂C (K ,T )∂T |T =t

2C (K ,T )

∂K2 |K =S .

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Modelli a volatilit` a locale

Dal punto di vista della calibrazione ai prezzi delle call e put osservati i modelli a volatilit`a locale funzionano perfettamente, e possono essere usati per prezzare strumenti pi`u complicati con questo procedimento:

dalle opzioni call e put quotate viene estratta la volatilit`a implicita, relativa agli strikes e alle maturities quotate

le volatilit`a implicite vengono interpolate, e riconvertite in prezzi di opzioni, in modo da avere un continuum di prezzi di opzioni C (K , T ) per tutti gli strikes e per tutte le maturities

le derivate parziali ∂C /∂K e ∂2C /∂K2 vengono calcolate

numericamente e con la formula della slide precedente si determina la funzione di volatilit`a locale σ(S , t)

lo strumento pi`u complicato viene prezzato nel modello dSt = rStdt + σ(St, t)dBt,

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I modelli a volatilit` a stocastica

I modelli a volatilit`a locale sono perfetti dal punto di vista della calibrazione statica ma non descrivono bene la dinamica dello smile.

Inoltre, in essi la volatilit`a `e una funzione deterministica del sottostante e non una quantit`a essa stessa aleatoria. I modelli a volatilit`a stocasticasi basano invece sulla modellizzazione della volatilit`a o della varianza attraverso un processo stocastico e consentono appunto di cogliere la natura aleatoria di questa grandezza.

L’uso di modelli a volatilit`a stocastica diventa necessario se si deve prezzare uno strumento derivato il cui sottostante `e legato alla volatilit`a stessa, quali ad esempio i cosiddetti volatility swap o variance swap.

Nella sua forma pi`u semplice, in un volatility swap due controparti si scambiano la volatilit`a realizzata su un orizzonte temporale prefissato e una costante fissata a priori in modo che per entrambe le controparti il valore iniziale dello swap sia nullo.

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I modelli a volatilit` a stocastica

Vediamo una panoramica sui pi`u importanti modelli a volatilit`a stocastica.

Il modello di Hull and White (1987) `e descritto da dSt = rStdt +p

VtStdBt1 dVt = µVVtdt + σVdBt2,

con dBt1· dBt2 = ρdt.. La quantit`a Vt rappresenta la varianza al tempo t che segue essa stessa un moto browniano geometrico, e ha quindi una distribuzione lognormale. Il modello presenta due fonti di rischio, i moti browniani Bt1 e Bt2, che hanno correlazione ρ. Nel caso in cui siano indipendenti (ρ = 0), `e possibile mostrare che il prezzo della call `e una mistura di prezzi di BS rispetto a V , dove V ha una distribuzione lognormale.

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I modelli a volatilit` a stocastica

Altri modelli sono Stein and Stein (1991) dSt= rStdt + σtStdBt1

d σt= kVV − σt)dt + σVdBt2

in cui la volatilit`a segue un processo mean reverting, Scott (1987) dSt = rStdt + σtStdBt1

d ln σt = kVV − ln σt)dt + σVdBt2,

in cui il logaritmo della volatilit`a segue un processo mean reverting,

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I modelli a volatilit` a stocastica

Heston (1993)

dSt = rStdt +p

VtStdBt1 dVt = k(θ − Vt)dt + σV

pVtdBt2

in cui la varianza segue un processo di tipo mean reverting con un termine di volatilit`a ’square root’, che fa s`ı che non possa diventare negativa.

Il motivo della popolarit`a del modello di Heston `e che `e possibile calcolare il prezzo di una call con la formula di Black-Scholes, semplicemente sostituendo alle probabilit`a normali N(d1) e N(d2) altre due quantit`a che possono essere calcolate numericamente in modo molto preciso attraverso la cosiddetta ”Fast Fourier Transform”.

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I modelli a volatilit` a stocastica

Il modello SABR `e scritto direttamente in termini del prezzo forward Ft ed

`

e estremamente semplice

dFt = σtFtβdBt1 d σt = σVσtdBt2

Si tratta di una sorta di modello CEV a volatilit`a stocastica. Gli autori hanno derivato una formula approssimata per la curva della volatilit`a implicita che consente di calibrare i parametri rispetto allo smile osservato.

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L’indice VIX

L’indice VIX `e un indice molto popolare e molto seguito, calcolato dal CBOE. Rappresenta la volatilit`a implicita estratta dalle opzioni aventi come sottostante l’indice SP500, su un orizzonte temporale di 30 giorni.

Borsa Italia da qualche anno ha iniziato a calcolare un indice analogo. I punti di interesse sono vari:

da un punto di vista accademico, sono stati fatti moltissimi studi econometrici per verificare se il VIX abbia potere previsivo sulla volatilit`a realizzata futura, o sui rendimenti futuri

molti trader ritengono che i livelli del VIX possano fornire segnali di trading per posizioni sul sottostante

l’indice VIX stesso `e a sua volta sottostante di contratti futures e opzioni quotate al CBOE, che consentono di realizzare strategie sulla volatilit`a alternative rispetto a quelle che si ottengono con posizioni di

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L’indice VIX

Vediamo in modo dettagliato la formula di calcolo del VIX. Fino al 2004, il VIX veniva calcolato utilizzando il concetto di volatilit`a implicita nel modello di BS; era una media ponderata di volatilit`a implicite di un numero limitato di opzioni in prossimit`a della moneyness. La nuova formula invece `e preferibile in quanto prescinde dalla scelta di un modello specifico e utilizza le quotazioni di tutte le call e le put out of the money.

La nuova formula `e data da

VIX = σ × 100, dove

σ2= 2 T

n

X

i

∆Ki

Ki2 erTQ(Ki) − 1 T

 F K0 − 1

2

.

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L’indice VIX

Vediamo in dettaglio cosa rappresentano le varie grandezze.

T `e il time-to-maturity F `e il prezzo forward

K0 `e il pi`u grande strike quotato inferiore a F

Ki `e lo strike relativo alla i -esima opzione usata nel calcolo dell’indice, che `e di tipo call se Ki > K0 e di tipo put se Ki < K0

∆Ki `e la differenza tra due strike price adiacenti, che di solito `e costante

r `e il tasso privo di rischio

Q(Ki) `e il prezzo della opzione (che pu`o essere call o put) con strike Ki. Come prezzo viene utilizzata la media tra prezzo bid e prezzo ask.

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L’indice VIX

L’indice VIX fa riferimento a una situazione di mercato reale, in cui sono quotate opzioni soltanto su un numero finito di strike Ki. Per capire la motivazione della formula, facciamo riferimento a un caso idealizzato in cui siano quotate opzioni call e put per ogni strike K ∈ [0, +∞).

La formula della varianza implicita diventa in questo caso σ2 = 2erT

T

Z F 0

P(K ) K2 dK +

Z +∞

F

C (K ) K2 dK

 ,

dove P(K ) `e il prezzo della put con strike K e C (K ) `e il prezzo della call con strike K . In questo caso l’indice VIX `e il prezzo di un portafoglio di infinite opzioni call e put out of the money, ciascuna comprata in una quantit`a pari a 1/K2.

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L’indice VIX

Calcoliamo innanzitutto il payoff di questo portafoglio “1/K2”. Si tratta di una situazione del tutto analoga a quella delle strategie pi`u semplici (spread, butterfly, straddle, strangle...) con la differenza che in questo caso acquistiamo infinite opzioni; il payoff complessivo sar`a quindi dato

dall’integrale (invece che dalla somma) dei singoli payoff.

Indicando con P(K , ST) = (K − ST)+ e C (K , ST) = (ST − K )+

rispettivamente i payoff della put e della call con strike K in funzione del sottostante a scadenza ST, il payoff complessivo del portafoglio “1/K2” `e

h(ST) = Z F

0

P(K , ST) K2 dK +

Z +∞

F

C (K , ST) K2 dK .

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L’indice VIX

Distinguiamo due casi. Se ST < F , si ottiene che a scadenza pagano solo le put in the money, cio`e il cui strike `e superiore a ST. Quindi

h(ST) = Z F

ST

P(K , ST) K2 dK =

Z F ST

K − ST K2 dK =



ln K +ST K

F ST

=

= ln F ST +ST

F − 1

Se invece ST > F , pagano solo le call con strike inferiore a ST; quindi h(ST) =

Z ST

F

C (K , ST) K2 dK =

Z ST

F

ST − K K2 dK =



−ST

K − ln K

ST F

=

= ln F ST +ST

F − 1

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L’indice VIX

Riassumendo, in entrambi i casi (e quindi, per ogni valore di ST) il payoff del portafoglio “1/K2” `e

h(ST) = − lnST F + ST

F − 1.

Il prezzo Ph di questo payoff `e dato come al solito da e−rTEQ[h(ST)] = e−rTEQ



− lnST F +ST

F − 1



= e−rTEQ



− lnST F

 , in quanto come noto

EQ[ST] = F .

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L’indice VIX

Calcoliamo esplicitamente il prezzo Ph del portafoglio “1/K2” nel caso del modello di BS, in cui

ST = S0exp (r − σ2/2)T + σBT . Si ha

Ph= e−rTE



− lnST F



= e−rTE

"

− lnS0exp (r − σ2/2)T + σBT S0erT

#

=

= e−rTE σ2

2 T + σBT



= Te−rTσ2 2 da cui otteniamo infine

σ2= 2erT T Ph,

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