Maggio 2021 Anno XXXVIII - N. 5 € 7,00
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10005
MENSILE D’INFORMAZIONE - POSTE ITALIANE s.p.a. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Torino - ISSN 0393-3903 - Data prima uscita: 3 maggio 2021
La socievolezza è la chiave dell’evoluzione: la lezione di Pëtr Kropotkin Femminicidi a processo e le ambiguità nefaste dell’“amore malato”
LIBRO DEL MESE: lo Yoga di Emmanuel Carrère o l’autosabotaggio di uno scrittore narciso Biografia e autobiografia di Dante: la vita (nuova) di un intellettuale medievale
OLTRE IL VELO DEL REALE: speciale dedicato alla narrativa del fantastico
N. 5 2
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Redazione
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Copertina di Franco Matticchio
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Editoria
Lettera
Gentile Direttore,
in merito alla recensione di Jaco- po Pellegrini apparsa sul numero di febbraio dell’“Indice”. L’autore su cui ruota il mio libro La Quin- ta sinfonia di Beethoven recensita da E.T.A. Hoffmann (Donzelli) è dichiarato sin dal titolo. Pellegri- ni mi vorrebbe mera curatrice e ca- de in contraddizione, senza avve- dersene. Se lo scritto di Hoffmann occupa “appena” ventinove pagine del testo, come si nota, ci si chie- de chi abbia scritto le restanti ot- tantatré. Il volume rende acces- sibile al lettore italiano un testo fondamentale della critica musi- cale coeva a Beethoven senza trop-
pe acribie musicologiche che non sarebbero consone al taglio da me scelto per affrontare la materia e al- le caratteristiche della collana che lo accoglie. Poiché la musica do- vrebbe vivere non solo attraverso la ricerca e sulla pagina scritta, ma nel suo farsi viva materia sonora, la conversazione col Maestro Mu- ti è stata da me fortemente voluta per offrire la possibilità di entrare nella fucina dell’interprete, un’oc- casione quanto mai rara e preziosa.
Uno studio sulla ricezione che crea un ponte tra il passato e il presente di una partitura celeberrima.
Grazie per l’attenzione,
Benedetta Saglietti
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N. 5 3
S ommari O
Segnali
5 Il diavolo in corpo di Radiguet: i limiti della scostumatezza, di Ornella Tajani
6 Giorgio Vallortigara Pensieri della mosca con la testa storta e Intervista all’autore, di Marco Ferrari
7 L’attualità di Pëtr Kropotkin, principe russo naturalista e anarchico, di Francesco Remotti
8 Tradurre Yves Bonnefoy in poesia e in prosa, di Sara Bonanni
9 La natura eccentrica di Gerald Murnane, di Valerie Tosi
10 La musica in epoca di pandemia: le risposte e le prospettive, di Giacomo Albert e Anna Scalfaro La presenza e la distanza per gli studi musicali, di Franco Fabbri
11 Il tempo dei musei, il tempo nei musei, di Maria Beatrice Failla
12 Europa: un’unione monetaria incompiuta e “fallata”, di Annamaria Simonazzi
13 Perché è difficile parlare della Cina, di Vincenzo Comito
14 Paolo Treves e la lezione dell’esilio britannico, di Cesare Panizza
Libro del mese
15 Emmanuel Carrère Yoga, di Luca Bevilacqua e Simona Argentieri
Primo Piano: Femminicidio 16 Barbara Pezzini e Anna Lorenzetti
(a cura di) La violenza di genere dal codice Rocco al codice rosso, di Arianna Enrichens
Pina Lalli (a cura di) L’amore non uccide, di Silvia Nugara
17 Alessandra Dino (a cura di) Femminicidi a processo, di Francesco Trapella Stefania Prandi Le conseguenze, di Marta Mantione
Primo Piano: Dante
18 Elisa Brilli e Giuliano Milani Vite nuove.
Biografia e autobiografia di Dante, di Stefano Carrai e Lorenzo Tanzini
Classici
19 E.T.A. Hoffmann I fratelli di Serapione, di Elena Agazzi
Torquato Tasso Aminta, di Federico Della Corte Heinrich Heine Atta Troll, di Marco Rispoli
Pagina a cura del Premio Calvino 20 Maddalena Fingerle Lingua madre,
di Sandro Campani
Speciale Oltre il velo del reale II Meraviglioso & fantastico di Franco Pezzini
Rinascimento distopico di Peppe Fiore L’incanto fragile delle mitologie moderne di Adil Bellafqih
III Vedere per credere, di Davide Monopoli Il marketing dei nuovi talenti, di Roberto Risso
IV Beatrice Salvioni
Il volo notturno delle lingue mozzate
V Monica Acito Amaràvia
VI Aleksej Ivanov I cinocefali, di Giulia Baselica Liu Cixin Il problema dei tre corpi, di Laura Aricò
VII Ben Okri Il venditore di sogni, di Sara Amorosini Amparo Dávila L’ospite e altri racconti, di Ma- rio Marchetti
Thomas Ligotti Il mio lavoro non è ancora finito, di Andrea Pagliardi
VIII Laura Pariani Apriti, mare!, di Chiara D’Ippolito Sabina Guzzanti 2119. di Damiano Latella Calvini fantastici, di Mario Marchetti
Letterature
21 Don DeLillo Il silenzio, di Daniela Daniele
22 John Updike Armoniose bugie, di Franco Minganti Susan Choi Esercizi di fiducia, di Virginia Pignagnoli
23 William Wall Il turno di Grace, di Elisabetta D’Erme
Oto Horvato Sabo si è fermato, di Marija Bradas Lukas Barfuss Hagard, di Anna Fattori
Narratori italiani
24 Andrea Bajani Il libro delle case, di Francesco Morgando
Jacopo Masini Polpette e altre storie brevissime, di Alice Pisu
Riccardo Corsi Il mare della terra, di Matteo Moca
25 Giulio Mozzi Le ripetizioni, di Danilo Bonora MariapiaVeladiano Adesso che sei qui, di Alessandro Zaccuri
26 Nadeesha Uyangoda L’unica persona nera nella stanza, di Caterina Romeo
Alfredo Zucchi La memoria dell’uguale, di Corrado Iannelli
Massimo Roscia Il dannato caso del signor Emme, di Federico Ingemi
Fumetti
27 Peter Kuper Cuore di tenebra, di Chiara Bongiovanni
Tommaso Landolfi e Filippo Scòzzari Il mar delle blatte, di Luca Bianco
Poesia
28 Umberto Piersanti Campi d’ostinato amore, di Enzo Rega
Bernardo Pacini Fly mode, di Federico Masci Paolo Volponi Poesie giovanili, di Annalisa Giulietti
Saggistica letteraria 29 Giuseppe Guizzi Il “caso Balzac”,
di Mariolina Bertini
Iain Chambers Mediterraneo blues, di Pierpaolo Martino
Anna Folli La casa dalle finestre sempre accese, di Marzia Fontana
Storia
30 Paolo cammarosano Economia politica classica e storia economica dell’Europa medievale,
di Luciano Palermo
31 Amedeo Osti Guerrazzi Gli specialisti dell’odio , di Guido Neppi Modona
Salvatore Rigione Sulle tracce di una moto grafia italiana della razza nella rincorsa coloniale,
di Edoardo Marcello Barsotti
32 Bruno Maida I treni dell’accoglienza, di Anna Tonelli
Giuliana Adamo L’ultima voce. Vittore Bocchetta, di Francesca Medioli
Politica
33 Roberta Bracciale e Giampiero Mazzoleni La politica pop online, di Alfio Mastropaolo
Tommaso palmi (a cura di) Decolonizzare l’antirazzismo, di Giulia Molinarolo
Diritto
34 Alberto Lucarelli Populismo e rappresentanza democratica, di Giuseppe Bronzini
Filippo Spiezia Attacco all’Europa, di Alberto Perduca
Scienze
35 Joseph LeDoux Lunga storia di noi stessi, di Fiorenzo Conti
Paolo Gallina Un robot per vincere le tentazioni, di Franco Marra
Arte
36 Andrea Bacchi e Giovanna Capitelli (a cura di) Capitale e crocevia, di Anna Villari Chiara Perin Guttuso e il realismo in Italia, di Federica Rovati
Musica
37 Nicola Buso e Angelo Orcalli (a cura di) La musica nella gabbia della modernità, di Paolo Petazzi Skin con Lucy O’Brien It takes blood and guts, di Ferdinando Fasce
Teatro
38 Emma Dante Bestiario teatrale, di Federica Mazzocchi Giulia Taddeo Festivaliana, di Samantha Marenzi Milo Rau Realismo globale, di Massimo Fusillo
Fotografia
39 Letizia Battaglia e Sabrina Pisu Mi prendo il mondo ovunque sia, di Cristiana Sorrentino Giorgio Grillo Il libro fotografico italiano 1931- 1941, di Antonello Frongia
Le illustrazioni di questo numero e la copertina dello speciale Oltre il velo del reale sono di Franco Bram- billa che ringraziamo per la gentile concessione.
Appassionato di fantascienza fin da piccolo, Brambilla collabora stabilmente fin dagli anni ‘90 con le più fa- mose collane editoriali italiane del genere: “Urania” e la raccolta di classici sci-fi: “Urania Collezione”c “Mil- lemondi” edite da Mondadori realizzando dalle due alle tre copertine al mese. Come illustratore freelance collabora con diverse agenzie pubblicitarie e case editrici in Italia e all’estero
Nel 2007 lancia il progetto artistico Invading The Vintage in cui le cartoline del nonno vengono “invase”, interpretate o stravolte in chiave surreale da simpatici alieni misteriosi, ma anche da personaggi e astronavi di vecchi film e telefilm di fantascienza. Il progetto è ancora in corso ed è ospitato da decine di blog e rivi- ste internazionali di arte e scienza tra cui “Wired” (edizioni americana e italiana) e “The Sunday Telegraph”.
Invading The Vintage è l’unico progetto italiano incluso in Geek Art - Une Anthologie, (Vol. 1) curato e pub- blicato in Francia nel 2012 da Thomas Olivri e ad aver partecipato nello stesso anno alla mostra collettiva retrofuturista Futur Anterieur organizzata a Parigi.
Brambilla ha ottenuto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero, tra cui:
- Best Artist European Awards, Eurocon, Fiuggi 2009
- Premio Italia come migliore illustratore e per la migliore illustrazione (più volte tra il 2011 e il 2020) - Premio Albina per l’illustrazione, Albissola Comics, 2019
- Premio Fondazione Carlo Jacono” 2013 per le copertine di Urania
francobrambilla.com
N. 5 38
Teatro
Sguardo dritto verso di voi
di Federica Mazzocchi Emma Dante
BESTIARIO TEATRALE prefaz. di Andrea Camilleri,
postfaz. di Anna Barsotti con scritti di Giorgio Vasta
ed Elena Stancanelli, pp. 446, € 22, Rizzoli, Milano 2020
È difficile, da spettatori, dimen- ticare il teatro di Emma Dante.
Bestiario teatrale riattiva l’intensi- tà di quell’incontro, tanto vive e potenti ci raggiungono le parole delle sue creature e con esse i lo- ro corpi, che paiono balzare fuo- ri dalla pagina, su questo piccolo palcoscenico di carta rettangola- re. Non qualcosa di meno rispet- to al vero teatro, ma semplicemen- te teatro vero in forma di libro, come ci ha insegnato Ferdinando Taviani (Uomini di scena, uomini di libro, il Mulino, 1995). I tredi- ci testi non rappresentano tutto il teatro dell’autrice, attrice, regista e capocomica Emma Dante. Ne so- no la quintessenza, un’antologia eloquente, a cominciare dal primo testo mPalermu, “dentro Palermo”, folgorante scrittura d’esordio e pri- mo tassello della celebre trilogia della famiglia siciliana con Car- nezzeria e Vita mia. Poi, il libro al- linea Mishelle di Sant’Oliva, Cani di bancata, i tre monologhi scritti per la cantautrice Carmen Conso- li, e ancora Il festino, Le pulle, Ver- so Medea, Operetta burlesca, fino a Le sorelle Macaluso, quest’anno di- ventato anche un film (recensito su “L’Indice” 2020, n. 11).
Anna Barsotti, la massima stu- diosa di Emma Dante, garantisce con la sua curatela il necessario ri- gore filologico, mettendo a dispo- sizione del lettore anche due utili apparati (teatrografia e glossario delle espressioni dialettali). Nel- la sua Postfazione chiarisce in che modo questa parola fatta di carne, parola materica, estratta quasi a forza dal corpo dei personaggi/at- tori, abbia trovato un’altra vita sul- la pagina e fa emergere i macrotemi di Dante, le specificità della sua pe- dagogia per l’attore, le radici pro- fonde in Sicilia e i legami con l’Eu- ropa del teatro postdrammatico.
Palermitana di nascita, cresciuta a Catania, Dante si diploma attri- ce all’Accademia d’arte drammati- ca di Roma. Fra i suoi maestri an- che Andrea Camilleri, che nella Prefazione esplora la densità della lingua, ad anni luce di distanza dal lessico televisivo medio. La lingua si origina dal sostrato dialettale, da cui afferrare parole dotate di peso specifico, frutto della “fusione di più sottosignificati”. Parole tridi- mensionali, che sanno dire “con secchezza e immediatezza” ciò che deve essere detto e insieme rivela- re, come in un carotaggio, i livel- li di senso attraverso le immagini che racchiudono. Il popolare dun- que è il ventre, la matrice generati- va. Tuttavia, la sua lingua esce dal territorio propriamente dialetta- le per farsi “lingua ignota”, parola reinventata, polifonica, Babele lin- guistica, impasto di idiomi diversi, provenienti anche dalla storia per- sonale dei suoi attori. Una lingua
che sorgendo dal “fango” dialettale diventa voce teatrale del possibile, intrecciandosi con la danza, con la musica, con lo spazio.
Dante lascia presto il lavoro d’at- trice, la routine di un certo profes- sionismo teatrale cui non sente di appartenere. Si rifiuta forse, com’è stato per un’altra grande siciliana, Goliarda Sapienza, di diventare
“l’impiegata del proprio talento”.
Ripartirà da Palermo e dai labora- tori. Nasceranno qui i primi spet- tacoli e il primo nucleo della sua compagnia, la Sud Costa Occi- dentale (1999), mettendo a frutto l’esperienza fatta in alcuni incon- tri cruciali. Quello con Gabriele Vacis, in primo luogo, da cui ap- prende la tecnica della “schiera” e la frontalità dell’attore, prassi per gettare una sonda nel buio oltre la ribalta, verso il pubblico in una richiesta di relazione. Ripensate in chiave personale, diventano la sua cifra. “Davanti a voi. In schie- ra, tremanti, precisamente spalla contro spalla. Equidistanti, gam- be parallele. Sguardo dritto verso di voi”, scrive Dante nella nota per Bestiario teatrale.
Poi, l’incontro con i maestri ide- ali, visti da spettatrice. Tadeusz Kantor, soprattutto: teatro della morte, scene fatte di scarti. “Kan- tor, alla cui estetica Emma fa spes- so riferimento, diceva che solo gli oggetti vecchi e consunti mostra- no l’anima” ricorda Elena Stanca- nelli. Vivi e morti coabitano nel suo teatro. Come Maria Macaluso che si accorge che il funerale che è stato preparato è il suo, o il pic- colo Chicco di Vita mia. In que- sto spazio cerimoniale, tra il lutto e la festa, scrive Giorgio Vasta, sia- mo testimoni della disperata vitali- tà che precede la fine, e poi dell’es- serci della morte. A che cosa serve immaginare i morti? scrive anco- ra Vasta. “A dare forma concreta all’impensabile”.
Il teatro è lo spazio/tempo “in cui ciò che non si può pensare vie- ne convocato”, in cui fare “fisica- mente comparire la morte”. E co- sì la tensione e l’indecenza, fa eco ancora Stancanelli, sono le grandi qualità magiche del teatro di Dan- te, il rivelarsi di “tutto ciò che ec- cede e che dovremmo tenere sot- to controllo e invece esce”. I tredici testi raccontano di diversità, emar- ginazione, sesso, violenza, potere, desiderio, follia, con sempre all’o- rigine la famiglia, motore di ogni conflitto e affetto, perché, scri- ve Dante, “nella famiglia c’è l’ini- zio di tutto”. Sul bordo della ribal- ta come agli orli della vita, queste storie ci comunicano una perpetua fibrillazione, in bilico tra lo scate- namento della pirandelliana “cor- da pazza” e quello che Giovanni Testori, da milanese, chiamava il
“magone”, l’insieme di tenerezza e di strazio, “quel senso di pochezza dell’esistenza che, d’un tratto, di- venta senso dell’eterno”. Possiamo tornare a farne esperienza, sul pal- coscenico di carta della pagina.
federica.mazzocchi@unito.it F. Mazzocchi insegna discipline dello spettacolo
al Dams di Torino
Strangolare la realtà
di Massimo Fusillo Milo Rau
REALISMO GLOBALE pp. 215, € 26, Cuepress, Imola BO 2020
Da sempre attenta alla saggistica teatrale, la ca- sa editrice bolognese Cuepress pubblica la tra- duzione italiana di Global Realism, volume apparso in due versioni bilingui (tedesco e inglese, francese e fiammingo), che raccoglie una serie di interviste a Milo Rau, protagonista assoluto della scena inter- nazionale. La forma dell’intervista è molto adatta al pensiero di Rau: come scrivono Marco Martinelli ed Ermanna Montanari del Teatro delle Albe nella Prefazione, il carattere indomito dell’autore si nota nel suo ragionare per salti e interrogazioni.
Con il carattere aperto e processuale dell’inter- vista mostrava sintonia anche un altro artista con cui Rau ha molto in comune: Pier Paolo Pasolini, il cui immenso corpus di interviste è ancora in gran parte inedito. Il legame fra i due registi si concre- tizza non solo nei due adattamenti The 120 Days of Sodoma e The New Gospel, ma anche nell’utopia di inscrivere i propri progetti nei luoghi in cui più si avverte il peso della storia: basti pensare agli Ap- punti per un’Orestiade africana e a Orestes in Mosul, che ambientano lo stesso mito in contesti non oc- cidentali di conflitti attualissimi. Come Pasolini, anche Rau ha sintetizzato i suoi principi teorici in un testo programmatico, il Manifesto di Gent, un decalogo in cui si legge che bisogna mettere in sce- na non più del quaranta per cento del testo origina- le, combinare attori professionisti e non, e scegliere zone di guerra.
Per Milo Rau la nozione delicatissima di “reali- smo” non significa semplicemente dare spazio alla componente documentaristica, come viene soste- nuto dai suoi detrattori, che lo trovano didascalico.
Significa “rendere reale la modalità di rappresen- tazione”, creando situazione aperte, che portano conseguenze reali per i partecipanti: “questo inca- tenare, questo strangolare la realtà per costringerla a sputare fuori l’immaginario, l’utopico, quello che verrà: ecco l’arte realista” (Realismo globale). Secon- do Marco De Marinis (nel numero dedicato a Rau da “Stratagemmi”) in questo obiettivo risuonano le più importanti esperienze teatrali del Novecento, da Mejerchol’d a Pina Bausch.
Ne scaturisce un teatro di incontri, distanze, in- terazioni, che sul piano formale contamina video, azione in presa diretta, e re-enactment, dosando empatia e straniamento: “Senza coinvolgimen- to, non c’è smascheramento”. Il re-enactment gioca un ruolo importante oggi negli studi sull’empatia e nelle performance (Marina Abramović): Rau lo declina in sinergia con il concetto di simulacro di Barthes, un doppio artificiale che serve a farci senti- re l’eccedere del reale rispetto alla sua riproduzione.
Molti degli spettacoli di Rau sono re-enactments di eventi traumatici, come Breivik’s Statement (il di- scorso con cui il terrorista ha difeso la sua strage), The Last Hours of the Ceausescus (il processo farsa del dittatore della Romania), Five Easy Pieces (un cast di sette bambini rievoca i crimini del pedofi- lo Marc Dutroux), The Congo Tribunal (un pro- cesso che non ha mai avuto luogo, quello sui crimi- ni compiuti durante la guerra civile), Familie (una famiglia di attori impersona il suicidio di gruppo compiuto da una famiglia svizzera).
Realismo globale è un libro denso, in cui si inter- secano riflessioni filosofiche (su Benjamin, Hei- degger, Marx, Badiou), discorsi politici, confessio- ni autobiografiche (“sono ateo nella vita privata, cattolico sulla scena”), dichiarazioni di poetica.
Una miscela che non smette di spiazzare anche il lettore più smaliziato.
Uno schermo
per le tensioni ideologiche
di Samantha Marenzi Giulia Taddeo
FESTIVALIANA
Festival, culture e politiche di danza al tempo del
“miracolo italiano”
pp. 239, € 18,
I libri di Emil, Città di Castello PG 2020
1955-1963. Questo l’arco crono- logico che Giulia Taddeo proiet- ta sulla programmazione di danza di due importanti rassegne: il Festival internazionale del balletto di Nervi e il Festival dei Due Mondi di Spo- leto. È l’arco del boom economico.
La danza vi compare come schermo su cui si riflettono le tensioni ideo- logiche e le scelte propagandistiche, la ricerca di una identità culturale e di forme di espressione capaci di va- lorizzare la tradizione e rinnovare il linguaggio espressivo.
La natura dei festival presi in esa- me e la scelta cronologica permetto- no all’analisi, pur restando centrata sugli aspetti tecnico-estetici dell’arte coreutica, di far affiorare lo sfondo storico e politico. La guerra fredda.
L’Italia nell’immaginario di turisti, artisti e investitori stranieri. Lo scon- tro culturale tra Europa e America.
Il bel libro, solido e originale, usa una prospettiva inusuale e si basa su una ricca ricerca documentaria che
combina narrazione interna e per- cezione della stampa, lettura critica e politica di finanziamento. Le bio- grafie degli organizzatori vi ricopro- no la stessa importanza delle esteti- che degli spettacoli e il discorso sulla danza si fa portatore di istanze cul- turali ampie.
Nato sulla scia di una scuola che voleva trasmettere la tecnica classi- co-accademica e formare una gene- razione di ballerini italiani, il festi- val di Nervi ha visto la luce nel 1955 grazie al sodalizio tra il danzatore Mario Porcile (direttore artistico) e Ugo D’Allara (maestro, ballerino, coreografo) e sulla scia della loro col- laborazione col marchese George de Cuevas. Tra rievocazioni ottocen- tesche e grandi eventi, tra recital di note étoiles straniere e dimensione mondana delle serate, tra spettacoli delle celebri scuole europee e deri- ve folcloriche, il festival si pone co- me terreno di confronto tra realismo e modernismo come espressione dei due “blocchi” geopolitici. Anche nel passaggio dalla dimensione aristo- cratica ed esclusiva dei primi anni ai fallimenti del primo cambio di dire- zione, questo longevo evento (atti- vo fino al 2004) ha avuto un ruolo importante nella rifondazione della cultura ballettistica in Italia.
Di impianto (e finanziamento)
americano è il festival spoletino vo- luto da Gian Carlo Menotti, operi- sta che aveva contribuito all’afferma- zione della lirica americana. Avviato nel 1958 il festival che ha scelto la cittadina medievale umbra come suggestiva ambientazione, Menotti ne avrebbe fatto una vetrina dell’ar- te americana utilizzando la danza co- me espressione della cultura giovani- le e luogo di sintesi tra vari linguaggi artistici, oltre che come settore stra- tegico della propaganda statuniten- se. Attraverso coreografi come John Butler e Jerome Robbins, capaci di contaminare balletto e modern dan- ce, con l’arrivo di compagnie mul- tietniche e di artisti afroamericani, tramite il lavoro di ensembles statu- nitensi creati ad hoc e aprendo final- mente nel 1961 un confronto tra i “due mondi” grazie alla presenza di Maurice Béjart, anche il festival di Spoleto arriverà alla composizio- ne di una sua compagnia di danza, agendo sulla diffusione del ballet- to in Italia sia in termini di propo- sta culturale che di opportunità ar- tistica e professionale svincolata dai teatri lirici.
Arricchisce il volume una preziosa appendice che raccoglie articoli e re- censioni dove si vedono, nello sguar- do della critica contemporanea, i riflessi del ruolo della danza nel pro- cesso di definizione artistica, politi- ca, sociale e culturale dell’Italia negli anni del suo “miracolo”.
samantha@samanthamarenzi.it S. Marenzi insegna discipline dello spettacolo
all’Università Roma Tre