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PRIME OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA E LA PRODUZIONE DI SEME DEI BOSCHI CACUMINALI DI FAGGIO NEI MONTI DELLA LAGA (PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E DEI MONTI DELLA LAGA)

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(1)

L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments         71 (1): 31‐47, 2016 

© 2016 Accademia Italiana di Scienze Forestali             doi: 10.4129/ifm.2016.1.02 

NICCOLÒ MARCO MANCINI(*) - GISMONDO MARIA MANCINI(**) DAVIDE TRAVAGLINI(***) - SUSANNA NOCENTINI(***)

RAFFAELLO GIANNINI(***)(°)

PRIME OSSERVAZIONI SULLA STRUTTURA

E LA PRODUZIONE DI SEME DEI BOSCHI CACUMINALI DI FAGGIO NEI MONTI DELLA LAGA (PARCO NAZIONALE

DEL GRAN SASSO E DEI MONTI DELLA LAGA)

(*) Dottore forestale.

(**) Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise G. Caporale, Teramo - Volontario.

(***) Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Università degli Studi di Firenze.

(°) Autore corrispondente; raffaello.giannini@unifi.it

L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare la struttura di soprassuoli di faggio posti al limite altitudinale della vegetazione forestale nei Monti della Laga, nel territorio del Comune di Rocca Santa Maria, e di esaminare la produzione e la germinabilità del seme di questi popolamenti. Sono stati impiegati indici strutturali utilizzando i dati dendrometrici rilevati in aree di saggio poste nella fascia cacuminale del bosco di faggio. Su un campione di piante abbattute da eventi naturali è stato rilevato l’incremento diametrale.

Durante l’autunno del 2013, annata di buona fruttificazione, è stata valutata e confrontata la produzione e la germinabilità del seme raccolto alle quote più elevate con quella di soprassuoli posti a quota più bassa.

I risultati hanno evidenziato la presenza di due tipologie strutturali prevalenti che risultano tuttora condi- zionate dal pascolo. Una prima tipologia riguarda soprassuoli tendenzialmente monoplani caratterizzati da piante di età elevata (di oltre 400 anni e con valori di diametro ed altezza rispettivamente di oltre 70 cm e di 20 m). Una seconda tipologia comprende soprassuoli con strutture complesse dove gruppi di piante adulte sono intercalati a strutture stratificate, con presenza anche di piante con dimensioni monumentali. Le osser- vazioni dendrocronologiche, anche se riferite a un campione limitato, hanno evidenziato incrementi diametrici molto contenuti. Alle quote superiori la percentuale di semi vani è risultata dell’82%, molto superiore a quella rilevata per i semi prodotti a quota inferiore (55%). Tuttavia la produzione ad ettaro di seme regi- strata sulla Laga teramana, in alcune annate, può considerarsi soddisfacente se confrontata con quella di altri boschi di faggio italiani.

Questa indagine può rappresentare l’inizio di studi sulla dinamica di soprassuoli forestali in un’area, quella della treeline, particolarmente delicata perché suscettibile sia ai cambiamenti ambientali sia a modifiche nelle modalità d’uso delle risorse del territorio.

Parole chiave:limite altitudinale del bosco; struttura; produzione di seme, faggio. Key words: timberline; forest structure; seed production; beech.

Citazione: Mancini N.M., Mancini G.M., Travaglini D., Nocentini S., Giannini R., 2016 - Prime osservazioni sulla struttura e la produzione di seme dei boschi cacuminali di faggio nei Monti della Laga (Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga). L’Italia Forestale e Montana, 71 (1): 31-47.

http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2016.1.02

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32 N.M. MANCINI ET AL. IFM LXXI – 1/2016

1. I

NTRODUZIONE

I profondi cambiamenti socio-economici che si sono verificati nel nostro Paese hanno determinato notevoli modifiche nell’uso del territorio come conse- guenza di un esodo diffuso dall’ambiente rurale e di una riduzione ed abbandono delle pratiche colturali.

Nell’ambiente montano la consolidata multifunzionalità dei sistemi agro- silvo-pastorali ha subito cambiamenti notevoli a favore di una riconquista da parte del bosco che comunque è avvenuta e procede anche oggi in modi e tempi assai differenziati per le diverse condizioni eco-stazionali, per la variabilità delle cenosi e per le modalità di abbandono (Giannini e Gabbrielli, 2013).

Nel passato in tali ambienti le modifiche più appariscenti al paesaggio erano state determinate dall’espansione dei pascoli avvenuta a scapito della copertura forestale che alle quote più elevate avevano causato un abbassamento di oltre 200 metri del limite superiore del bosco. La riconquista da parte del bosco delle aree di naturale destinazione è evento di grande interesse, così come di interesse è conoscerne la dinamica ovvero superare le nozioni prevalenti di natura geogra- fica con lo sviluppo di studi di processo che arrechino contributi di conoscenza da trasferire nella gestione delle risorse del territorio (Palombo et al., 2013).

Il limite superiore della foresta (timberline) rappresenta un ecotono particolare, che vede a contatto due ecosistemi molto diversificati quali il bosco e le associa- zioni erbacee a prateria, che vivono in un ambiente molto difficile che è limitante per la crescita, lo sviluppo e la disseminazione degli alberi forestali ed in cui i pro- cessi biologici si sviluppano e si susseguono spesso con grande lentezza. Gli effetti delle azioni di disturbo sulla copertura arborea risultano pertanto molto gravosi e di conseguenza la potenziale resilienza di ripristino richiede tempi molto lunghi per rendere manifesta la propria azione (Piussi e Schneider, 1985; Körner, 1997, 1998; Stevens e Fox, 1991; Dullingher et al., 2004; Holtmeier, 2003; Holtmeier e Broll, 2007; Magnani, 2007; Szerencsits, 2012; Davies e Bodart, 2015).

Sull’Appennino il limite altitudinale della vegetazione forestale è rappresen- tato dal bosco di faggio (Pedrotti, 1982; Ellemberg, 1988; Pignatti, 1998; Blasi et al., 2003; Blasi et al., 2005; Piovesan et al., 2005a; Pezzi et al., 2007; Magnani, 2007;

Nocentini, 2009; Giannini et al., 2010; Alexandrov et. al., 2011; Di Filippo et al.,

2012) dimostrando l’alta valenza ecologica di adattamento di questa specie (Ditt-

mar et al., 2003; Jarcuska, 2009; Mühlethaler et al., 2011; Tegel et al., 2013; Aertsen

et al., 2014; Augustaitis et al., 2015). Fanno eccezione alcune particolari aree mon-

tuose dove il faggio è associato e/o sostituito da relitti di abete rosso [Alpe delle

Tre Potenze in Toscana (Giannini e Screm, 1977)], di pino mugo [Massiccio della

Maiella in Abruzzo (Blasi et al., 2005; Palombo et al., 2013)], di pino loricato

[Massiccio del Pollino in Basilicata/Calabria (Guerrieri et al., 2008; Piotti et al.,

2014)]. Negli ultimi 50 anni la timberline è rimasta relativamente stabile (Piovesan

et al., 2005a) nonostante la diminuita pressione dell’attività pastorale. Lungo que-

sto limite non è rara la presenza di piante singole e/o gruppi di piante vetuste

caratterizzate da anelli annuali di crescita tendenzialmente stretti quale risultato

(3)

di periodi vegetativi brevi congiunti spesso a siccità estiva (Piovesan et al., 2005b;

Piovesan et al., 2008).

Da un recente studio sulle variazioni temporali del limite superiore del bosco sui Monti della Laga (TE) per il periodo 1954-2010, che ha preso in esame un perimetro della timberline di 130 km, è emerso che il processo di riconquista da parte del faggio, specie edificatrice quasi esclusiva dei popolamenti posti alle quote più elevate (1750-1860 m s.l.m.), è risultato molto lento (in media, il limite altitudinale del bosco si è innalzato di circa 20 m nel periodo esaminato) e con- dizionato fortemente dalle modalità di riduzione o abbandono del disturbo do- vuto all’attività pastorale (Mancini, 2013; Mancini et al., 2015). Il periodo di tempo considerato, circa 60 anni, non è stato sufficiente ad apportare modifiche evidenti al limite superiore della vegetazione. Tuttavia, tale periodo ha consentito la riconquista da parte della vegetazione forestale, nelle sue fasi pioniere, di molte delle aree pascolive ubicate alle quote inferiori, dove la pratica della monticazione è stata abbandonata e sostituita con il trasporto diretto degli armenti ai pascoli alti (Mancini, 2013). Del resto tutto il comprensorio costituisce da sempre un’im- portante regione pascoliva che raccoglie animali ovini, bovini ed equini prove- nienti dall’area litoranea della Provincia di Teramo, ma anche dal Tavoliere pu- gliese e dall’Agro romano. Nel corso del tempo l’attività pastorale ha segnato profondamente il territorio, condizionando usi e costumi delle popolazioni locali ed incidendo sull’ecosistema dei boschi di altitudine.

Il presente lavoro, che assume carattere di continuità rispetto allo studio di Mancini (2013) e di Mancini et al. (2015), è stato condotto con lo scopo di fornire informazioni sulle tipologie delle strutture dei soprassuoli di faggio posti al limite superiore dei Monti della Laga, con particolare riferimento a quelli ricadenti nel territorio del Comune di Rocca Santa Maria e di proprietà dell’Antica Università Agraria locale (Ammazzalorso, 1989; Mancini, 2014). Inoltre è stata esaminata la produzione e la germinabilità del seme di faggio raccolto alle quote più elevate ed è stata confrontata con quella di soprassuoli posti a quota più bassa.

Si tratta di una indagine finalizzata ad approfondire le conoscenze di un deli- cato ecosistema diffuso sull’Appennino, la cui funzionalità è stata poco esplorata (Scarascia-Mugnozza, 1999; Pezzi et al., 2007). La conoscenza della dinamica dei sistemi forestali è indispensabile per una corretta programmazione delle opera- zioni necessarie per garantire la continuità intrinseca di offerta di beni e servizi (Marchetti, 2011). Più in generale il monitoraggio della struttura del popola- mento forestale, ovvero il rimescolamento e la differenzazione degli alberi all’in- terno dell’ecosistema (Von Gadow e Hui, 1999) rappresenta metodo di indagine ad alta valenza per una corretta pianificazione delle risorse forestali anche nell’ambito della multifunzionalità di questi beni (Portoghesi et al., 2014).

2. A

REA DI STUDIO

La catena dei Monti della Laga ricade all’interno del Parco Nazionale del Gran

Sasso e Monti della Laga, che ha come vetta più alta Monte Gorzano (2458 m

(4)

34 N.M. MANCINI ET AL. IFM LXXI – 1/2016

s.l.m.), seguita da Cima Lepri (2455 m s.l.m.) e da Pizzo di Sevo (2422 m s.l.m.).

Occupa una superficie di circa 1500 km

2

ed è compresa tra il fiume Tronto a Nord, la strada statale 81 Piceno-Aprutina a Est, il fiume Vomano a Sud e l’alto corso del Vomano con il Lago di Campotosto ad Ovest. Dal punto di vista am- ministrativo ricade giurisdizionalmente all’interno di tre Regioni: Abruzzo, Mar- che e Lazio (AA.VV., 1991; AA.VV., 1992).

Le caratteristiche geologiche dei Monti della Laga sono molto particolari, in- fatti, danno origine al Flysch della Laga, classificato da Gisotti (1988) come unità geomorfologica del tipo “Flysch arenaceo-marnoso”, caratterizzato dall’alternanza regolare di arenarie silicee a marne o argille.

I suoli variano da bruni acidi, con profilo A (B) C, a bruni lisciviati a profilo ABC, dove nell’orizzonte B si ha accumulo di argilla illuviale.

I valori delle precipitazioni e le condizioni termiche registrati dalle stazioni di Pa- gliaroli (1000 m s.l.m.), Rocca Santa Maria (1077 m s.l.m.) e Campotosto (1420 m s.l.m.), forniscono, rispettivamente, valori di 871, 909 e 1052 mm di pioggia/anno e valori di temperatura media annua pari a 12,9°C, 11,2°C e 8,8°C. Tali valori indicano la presenza di un clima temperato con regime termico di tipo continentale ad im- pronta mediterranea con un periodo caldo e siccitoso durante l’estate.

La vegetazione sui Monti della Laga è ascrivibile ai seguenti piani vegetazio- nali (Pirone et al., 2010):

 Piano bioclimatico mesotemperato (collinare: 300-900(1000) m s.l.m.): caratteriz- zato dai boschi misti di latifoglie (roverella, cerro, carpino nero);

 Piano bioclimatico supratemperato (montano: 1000-1850 m s.l.m.): caratterizzato dal bosco di faggio in cui sono presenti nuclei relitti di abete bianco e tasso;

 Piano bioclimatico orotemperato (subalpino: 1850-2200 m s.l.m.): caratterizzato dalle brughiere e dagli arbusteti prostrati a mirtillo;

 Piano bioclimatico criorotemperato (alpino: >2200 m s.l.m.): dominato dalla vege- tazione erbacea.

Le faggete, il cui limite altitudinale naturale viene proposto da Pedrotti (1982) a 1850 m di quota, sono state ascritte al Veronico Urticifoliae-Fagetum (Montacchini, 1972; Longhitano e Ronsisvalle, 1974; Pedrotti, 1982; Feoli e Lagonegro, 1982).

Successivamente, Ubaldi et al. (1987) hanno indicato una nuova associazione (ba- sata sugli stessi rilievi) denominata Solidagini-Fagetum (Ubaldi, 1995). Per i nuclei di abete che si sviluppano sui substrati fliscioidi della Laga è stata recentemente de- scritta l’associazione Cirsio erisithalis - Abietetum albae (Biondi et al., 2008), che iden- tifica le abetine microterme presenti su suoli acidi e che trovano condizioni am- bientali favorevoli sui versanti acclivi e rocciosi dell’orizzonte montano inferiore.

3. M

ATERIALI E METODI

La struttura dei soprassuoli è stata analizzata attraverso i dati rilevati in 4

aree di saggio ubicate nell’ambito delle tipologie fisionomiche prevalenti presenti

nella fascia cacuminale del bosco di faggio e riferibili a strutture mono e

(5)

pluristratificate variamente diffuse, ovvero pienamente compenetrate. Le caratteristiche delle aree investigate in termini di superficie, quota, esposizione, pendenza e struttura sono riportate in Tabella 1.

Tabella 1 - Caratteristiche delle aree di saggio.

Ads Località Superficie (m2) Quota

(m) Esposizione Pendenza

(%) Struttura 1 Rocca Santa Maria:

Jacci Verri 9000,0 1795 E 20 - 40 Monoplana

per grandi gruppi 2 Rocca S. Maria 1256,6 1858 NE 20 - 60 Pluristratificata 3 Rocca S. Maria 7853,9 1737 O-NO 45 Pluristratificata 4 Rocca S. Maria:

Lago dell’Orso 1250,0 1785 N 75 Monoplana

In ciascuna area di saggio sono stati effettuati i seguenti rilievi:

 Posizionamento dell’area con ricevitore GNSS;

 Cavallettamento totale delle piante con diametro a petto d’uomo superiore a 2,5 cm;

 Rilievo con ipsometro vertex dell’altezza totale e dell’altezza di inserzione della chioma verde delle piante cavallettate.

Solo nelle aree 1 e 3, che avevano una superficie superiore a 5.000 m

2

(rispet- tivamente di 9.000 e 7.834 m

2

), è stata rilevata la posizione degli alberi di diame- tro superiore a 17 cm con l’obiettivo di esaminare la struttura dei soprassuoli con indici spaziali. Il posizionamento di ogni albero è stato effettuato misurando l’azimut con bussola e la distanza topografica con ipsometro vertex tra la posi- zione GNSS di riferimento e l’albero.

Per caratterizzare il soprassuolo sono stati calcolati i seguenti parametri: nu- mero di piante (N), area basimetrica (G), volume [V in m

3

/ha, utilizzando tavole di cubatura a doppia entrata (Tabacchi et al., 2011)], diametro medio (Dm, dia- metro della pianta di area basimetrica media), altezza media (Hm, altezza della pianta di area basimetrica media), altezza media di inserzione (Hc) della chioma.

L’analisi della struttura orizzontale e verticale del soprassuolo è stata effet-

tuata con l’impiego di indici strutturali. In particolare, il software NBSI (Neighbou-

rhood Based Structural Index) è stato impiegato per determinare l’indice UAI (Uni-

form Angle Index) (Von Gadow e Hui, 1999) per caratterizzare la distribuzione sul

piano orizzontale dei fusti arborei. Tale indice è stato applicato in modalità tree-

based (Corona et al., 2005) al fine di derivare per ciascuna pianta cavallettata la

distribuzione delle k piante ad esse più vicine adottando un k = 4. L’indice as-

sume valori compresi tra 0 e 1, indicando, rispettivamente, una distribuzione dei

k fusti più vicini alla pianta di riferimento di tipo regolare e a gruppi; valori

dell’indice UAI vicini a 0,5 indicano una distribuzione dei fusti di tipo casuale. Il

(6)

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software TSTRAT (Latham et al., 1998) è stato utilizzato per caratterizzare la distribuzione sul piano verticale delle chiome degli alberi. Tale indice è stato ap- plicato assegnando allo strato inferiore le piante di altezza <5 m. Inoltre, gli strati caratterizzati da una densità molto bassa (area basimetrica dello strato <10%

dell’area basimetrica totale) sono stati accorpati allo strato immediatamente su- periore. Per maggiori approfondimenti sull’impiego di tali software si rimanda ai lavori di Latham et al. (1998), Corona et al. (2005), Travaglini et al. (2007), Trava- glini et al. (2012).

Al fine di acquisire informazioni sugli incrementi diametrali dei popolamenti, lungo un transect immaginario di lunghezza pari a circa un chilometro ed esteso dall’area 4 (località “Lago dell’Orso”) all’area 1, sono state prelevate le sezioni dalla base di 7 fusti abbattuti naturalmente (vento, neve) durante l’inverno 2013 (precedente la stagione dei rilievi), ed in laboratorio sono state analizzate con dendrocronografo Aniol.

Durante l’autunno del 2013, annata di buona fruttificazione, è stata valutata e confrontata la produzione e la germinabilità del seme raccolto alle quote più elevate con quella di soprassuoli posti a quota più bassa. Tali parametri hanno rilevanza per la rinnovazione del bosco e per la sua espansione. Nel periodo di deiscenza del seme, lungo un ideale transect localizzato a quota 1750 m s.l.m., all’interno dei primi 10-15 metri dal limite superiore della treeline, sono state indi- viduate casualmente 9 aree campione poste ad una distanza di almeno 80/100 m l’una dall’altra. La raccolta è stata operata in plot quadrati di 1 metro di lato pre- levando, di volta in volta, tutti i semi di faggio presenti. Il campionamento è stato ripetuto, seguendo gli stessi criteri, in 9 plot ubicati in una faggeta a quota infe- riore (1300 m s.l.m.).

Successivamente i semi, dopo un periodo di pretrattamento al freddo umido, sono stati posti a germinare seguendo le norme stabilite dall’International Seed Te- sting Association (ISTA, 2005). La qualità del seme è stata valutata attraverso i) la percentuale di germinazione riferita ai semi pieni (semi germinati, semi duri, semi anormali, semi guasti), ii) il tempo medio di germinazione (TMG) calcolato con la formula ∑ , dove n

i

indica il numero dei semi germinati al d

1

giorno e N il numero totale dei semi germinati alla fine della prova (Giannini e Bellari, 1995).

4. R

ISULTATI

I dati della Tabella 2 evidenziano la presenza di variabilità marcata tra le aree

nella densità dei soprassuoli e nelle dimensioni dei fusti. I valori maggiori di area

basimetrica (63,0 m

2

ha

-1

), volume (576,4 m

3

ha

-1

) e altezza media (17,5 m) si

registrano nell’area di saggio 4, mentre i valori minimi, rispettivamente di 39,2

m

2

ha

-1

, 247,6 m

3

ha

-1

e 11,0 m si registrano nell’area di saggio 3. Il numero di fusti

ad ettaro varia da un minimo di 712 (area di saggio 4) ad un masimo di 2386

(area di saggio 1). Il diametro medio oscilla tra 17,1 cm (area di saggio 1) e 33,6

cm (area di saggio 4).

(7)

Tabella 2 - Parametri dendro-auxometrici delle aree di saggio (N = numero di piante, G = area basimetrica, V = volume, Dm = diametro della pianta di area basimetrica media, Hm = altezza della pianta di area basimetrica media, Hc = altezza media di inserzione della chioma).

Ads N

(n/ha) G

(m2/ha) V

(m3/ha) Dm

(cm) Hm

(m) Hc

(m)

1 2386 55,1 428,1 17,1 11,4 5,7 2 2308 57,8 358,9 17,8 11,0 4,0 3 1165 39,2 247,6 20,7 11,0 5

4 712 63,0 576,4 33,6 17,5 7,7

Le curve di distribuzione dei diametri in funzione dell’area basimetrica (Figura 1) e della densità espressa attraverso l’equazione polinomiale (Figura 2) descritta da Goff e West (1975) indicano coperture ad ampi gruppi contigui coetanei (area di saggio 1), irregolari (aree di saggio 2 e 3), ma anche tipicamente monoplane (area di saggio 4). È di interesse la presenza diffusa di piante con grandi diametri (>70 cm). In Figura 3 sono riportate le curve ipsometriche relative ai soprassouli delle aree di saggio.

Figura 1 - Relazione tra diametro ed area basimetrica nelle aree di saggio.

Figura 2 - Distribuzione dei diametri in funzione della densità espressa attraverso l’equazione polinomiale d Goff e West (1975).

(A.d.S. 1) y = 2E‐07x4‐ 7E‐05x3+ 0.0063x2‐ 0.2471x + 4.5312 R² = 0.9052

(A.d.S. 2) y = 5E‐06x4‐ 0.0007x3+ 0.0278x2‐ 0.4487x + 4.7389 R² = 0.9134

(A.d.S.3) y = 2E‐07x4‐ 3E‐05x3+ 0.0013x2‐ 0.056x + 2.8245 R² = 0.9859

(A.d.S. 4) y = 1E‐07x4‐ 2E‐06x3‐ 0.0015x2+ 0.0678x + 1.1798 R² = 0.7462

‐0,50 0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00

0 20 40 60 80 100 120

Log10(N/ha)

Classe diametrica (cm)

Poli. (AdS 1) Poli. (AdS 2) Poli. (AdS 3) Poli. (AdS 4 )

0,00 5,00 10,00 15,00

5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100105 G/ha (m2)

Classe diametrica (cm)

AdS 1 AdS 2 AdS 3 AdS 4

(8)

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Figura 3 - Relazione diametro/altezza degli alberi nelle aree di saggio.

Più in dettaglio, per le aree 1 e 3 la struttura orizzontale dei popolamenti è descritta dall’indice UAI (Figure 4 e 5), mentre la struttura verticale è sintetiz- zata nelle Tabelle 3 e 4.

Figura 4 - Valori dell’indice UAI nell’area di saggio 1.

Figura 5 - Valori dell’indice UAI nell’area di saggio 3.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

0 0,25 0,5 0,75 1

UAI 0%

20%

40%

60%

0 0,25 0,5 0,75 1

UAI

(9)

Tabella 3 - Numero di piante (N), altezza di cut-off point, area basimetrica, media aritmetica (D) e deviazione standard (DS) dei diametri degli strati verticali nell’area di saggio 1.

Strato N

(n/ha) Cut-off

(m) G

(m2/ha) G

(%) D

(cm)

1 86 17,2 27,0 49,1 61,4 (DS = 16,1)

2 159 11,9 11,9 21,6 26,0 (DS = 16,7)

3 644 8,4 10,6 19,2 13,5 (DS = 5,3)

4 1497 5,0 5,6 10,1 6,0 (DS = 3,4)

Tabella 4 - Numero di piante (N), altezza di cut-off point, area basimetrica, media aritmetica (D) e deviazione standard (DS) dei diametri degli strati verticali nell’area di saggio 3.

Strato N

(n/ha) Cut-off

(m) G

(m2/ha) G

(%) D

(cm)

1 129 13,7 20,3 51,7 43,1 (DS = 12,4)

2 1036 5,0 18,9 48,3 12,7 (DS = 8,5)

Nelle aree 1 e 3, la distribuzione sul piano orizzontale degli alberi è di tipo casuale, come si osserva dai valori dell’indice UAI (Figure 4 e 5) che risulta pari a 0,5 per oltre il 50% delle piante presenti.

L’analisi della distribuzione verticale delle chiome, per l’area di saggio 1 (Tabella 3), indica la presenza di 4 strati nel piano arboreo. Lo strato superiore (1) ha un’altezza di cut-off point, ovvero l’altezza alla quale vengono separate le piante appartenenti a strati diversi in competizione per il fattore luce, pari a 17,2 m; lo strato intermedio (2) ha un valore di cut-off point di 11,9 m, mentre gli strati inferiori (3 e 4) sono rispettivamente di 8,4 e 5,0 m. Questa area di saggio, di forma rettangolare lunga 180 m e larga 50 m, include una fascia di ampiezza variabile che si estende lungo il limite superiore del bosco, caratterizzata dalla presenza di piante grandi con chiome disposte sullo stesso piano. Lungo il lato inferiore, l’area di saggio include anche faggi di minori dimensioni, caratteristici del bosco che si trova al di sotto della fascia ora descritta. Nel complesso si conferma che la struttura del bosco è formata da gruppi contigui coetanei di diversa forma e ampiezza.

Per l’area di saggio 3 (Tabella 4) è stata identificata la presenza di soli 2 strati a cui corrisponde un’altezza di cut-off point di 13,7 m per lo strato superiore (1) e 5,0 m per quello inferiore (2). Si deve ricordare che in entrambe le aree di saggio le piante di altezza <5 m sono state incluse nello strato inferiore.

Da osservazioni specifiche effettuate nelle aree di saggio e nei tratti di foresta tra le aree di saggio, la rinnovazione naturale di faggio è risultata asente.

Nella Tabella 5 si riportano i valori dell’età e degli incrementi diametrali

rilevati nelle sezioni prelevate dalle 7 piante. L’età delle piante varia da 46 ad oltre

400 anni mentre il valore dell’incremento medio varia da 1,4 a 7 mm.

(10)

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Raggruppando queste piante in tre classi diametriche, piccole (da 8 a 20 cm di diametro), medie (da 21 a 28 cm di diametro) e grandi (con diametro superiore a 28 cm), è stato elaborato il grafico dei valori medi degli incrementi di area basimetrica (Figura 6).

I risultati delle osservazioni sulla produzione e germinazione del seme sono sintetizzati nella Tabella 6 e nella Figura 7.

Tabella 5 - Diametro, età e incremento medio di diametro (Idm) rilevato nei campioni raccolti.

D1,3m

(cm) Età

(anni) Idm

(mm) Deviazione standard

8 46 3,0 ± 1,2

22 65 7,0 ± 4,0

17 141 2,4 ± 1,8

11 65 4,6 ± 2,2

25 179 1,4 ± 1,0

28 115 2,8 ± 1,8

76 414 2,2 ± 0,8

Figura 6 - Andamento dell’incremento corrente medio annuo di area basimetrica in relazione all’età.

R² = 0,3934 R² = 0,3135 R² = 0,6447

‐15

‐10

‐5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75

1 16 31 46 61 76 91 106 121 136 151 166 181 196 211 226 241 256 271 286 301 316 331 346 361 376 391 406

Ic G (cm2)

Età

Piccole Medie Grandi

Log. (Piccole) Log. (Medie) Poli. (Grandi)

(11)

Tabella 6 - Produzione e caratteristiche del seme raccolto a 1750 m e 1350 m s.l.m.

Semi Alta quota Bassa quota

1750 m s.l.m. 1300 m s.l.m.

N/m2 % semi pieni N/m2 % semi pieni

Germinati (A) 4,3 15,2 58,0 42,5

Guasti (B) 23,9 84,8 78,5 57,5

Pieni (A+B) 28,2 136,5

Vani (C) 128,0 168,0

Totale

(A+B+C) 156,2 304,5

La produzione del seme è risultata statisticamente molto diversa (chi-quadro

>95%) tra le quote di raccolta: alla quota inferiore la produzione ad ettaro è risultata di oltre 3 milioni di semi ad ettaro contro circa 1,5 milioni di semi pro- dotti alla quota più alta. Del seme raccolto a 1300 m, quasi la metà (44,8%) è risultato pieno (semi germinati + semi pieni non germinati + semi anormali e guasti) mentre questo è stato appena del 18,1% nel lotto proveniente dalla quota più alta (timberline). La facoltà germinativa del seme raccolto alla quota superiore è risultata pari al 15%, significativamente inferiore rispetto a quella del seme campionato più in basso (42,5%). La percentuale dei semi guasti è risultata stati- sticamente più elevata nei lotti di seme di alta quota. La germinazione più veloce è stata registrata nel caso del seme raccolto alla quota più alta (TMG = 22,26), ma non staticamente differente da quella del seme alla quota più bassa (TMG = 24,00) (Figura 7).

Figura 7 - Germinazione del seme (% sui semi pieni).

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

0 3 9 17 23 27 31 34 38 44

% germinati

n° giorni TMG alta quota: 22,26 TMG bassa quota: 24,00

Alta quota

(12)

42 N.M. MANCINI ET AL. IFM LXXI – 1/2016

5. D

ISCUSSIONE

Nei boschi cacuminali di faggio esaminati in questa indagine sono state indi- viduate due tipologie strutturali di riferimento che risultano tutt’ora condizionate dal pascolo.

Una prima tipologia riguarda soprassuoli tendenzialmente monoplani carat- terizzati da piante di età avanzata, oltre 400 anni e con valori di diametro ed altezza rispettivamente di oltre 70 cm e di 20 m. Queste presentano chioma di- stribuita su di un unico piano e formano una “quinta” relativamente uniforme, larga 30-100 m, che si estende per diversi chilometri (oltre cinque per il territorio di Rocca Santa Maria (Mancini et al., 2015) parallela alle curve di livello (1730- 1750 m s.l.m.) con una treeline netta a confine con il sovrastante pascolo.

Una seconda tipologia comprende soprassuoli con strutture complesse dove il bosco si arricchisce di gruppi di piante adulte intercalati a strutture stratificate a causa della diversità stazionale (pendenza accentuata, affioramenti di roccia, suoli superficiali) e delle differenti modalità di utilizzazione effettuate nel pas- sato (ceduazione e tagli a scelta di singoli alberi anche su piccole superficie in relazione alle esigenze dei partecipanti all’Antica Università Agraria). I popola- menti presentano anche piante di grandi dimensioni, singole o a gruppi (tal- volta monumentali). La copertura forestale degrada in forme cespugliose verso l’alto.

L’impiego degli indici strutturali ha evidenziato casi in cui la struttura oriz- zontale presenta gruppi omogenei ben differenziati e casi caratterizzati da una dispersione casuale delle piante. La struttura verticale di conseguenza separa i gruppi attribuendo a strati distinti le piante di età elevata e quelle di diametro inferiore, ovvero indicando posizioni spaziali (strati) delle chiome differenziati.

I soprassuoli di maggiore età potrebbero essere considerati come “boschi di di- fesa” (Bortolotti, 1983).

Le osservazioni dendrocronologiche, anche se riferite ad un campione limi- tato, evidenziano la presenza di piante con età elevata ed incrementi molto con- tenuti negli individui costituenti la timberline.

Relativamente ai dati riguardanti la produzione di seme emerge chiaramente come la qualità di questo sia correlata con la quota in cui sono ubicate le piante.

Alle quote superiori la percentuale di semi vani prodotti è risultata dell’82% men-

tre è molto inferiore (55%) per i semi prodotti a quota inferiore. Tuttavia si può

affermare che la produzione ad ettaro di seme registrata sulla Laga teramana, in

alcune annate, può considerarsi soddisfacente se confrontata con quella di altri

boschi di faggio italiani. Ad esempio, Giaimi (1970) indica per Vallombrosa (FI)

una produzione ad ettaro di seme di 1,3 e 2,2 milioni, rispettivamente a 1250 m

e 950 m s.l.m. e per Abetone (PT) di 1,2 e 1,0 milioni per le quote di 1450 m e

1600 m s.l.m. Ascoli et al. (2015) riportano per le Alpi occidentali, produzioni ad

ettaro di seme di 5,1 milioni. I semi germinati diminuiscono con l’aumentare

della quota di raccolta e ciò è in accordo con quanto indicato in letteratura (Hei-

decker, 1973; Borghetti et al., 1989).

(13)

Più in generale la presenza di seme vitale è garanzia essenziale per i processi di ricolonizzazione. In effetti questi, nel caso specifico, non dipendono solo dalla disseminazione delle piante della timberline in quanto non può essere sottovalu- tato l’arrivo di disseminuli dalle porzioni del bosco ubicato a quote più basse anche se la bassa mobilità del seme di faggio non consente di utilizzare a pieno il dinamismo strategico descritto per specie a più alta capacità di disseminazione (es. abete rosso) (Austerliz el al., 2000; Piotti et al., 2014).

Questi dati indicano anche che l’assenza di rinnovazione naturale nei sopras- suoli presi in esame e nelle porzioni di continuità dell’ecosistema a prateria, non può essere imputata alla mancanza di seme vitale quanto ai disturbi del pascolo e, molto probabilmente, alla bassa intensità luminosa presente all’interno del bosco.

6. C

ONCLUSIONI

Il presente lavoro fornisce nuovi risultati che pur avendo carattere prelimi- nare, possono rappresentare il punto di partenza per indagini di lungo periodo.

Difatti è ormai riconosciuto a livello mondiale come le analisi ripetute della struttura spaziale della foresta siano importanti per poter conoscere sia gli habitat e le diverse specie che edificano il bosco (Humphrey et al., 2000; Larsson, 2001;

Corona e Marchetti, 2007), sia soprattutto, come questi si modifichino nel corso del tempo recependo e reagendo a fattori di cambiamento e di disturbo. In par- ticolare il monitoraggio della struttura, sia da solo che associato a fattori di natura ecologico-ambientale a livello di ecosistema o a livello di singola pianta per pa- rametri eco-fisiologici, può contribuire a comprendere la capacità di resistenza e resilienza della foresta soprattutto se soggetta a stress.

Maggiore è l’eterogeneità della distribuzione spaziale e maggiore è la stabilità ecologica in quanto ad un aumento di eterogeneità corrisponde un aumento di complessità. Difatti, se il dinamismo è valutato nell’insieme del ciclo vitale e quindi delle fasi successionali proprie delle dinamiche intrinseche dell’ecosistema foresta, ad un incremento della complessità corrisponde un aumento del numero delle specie vegetali ed animali e delle loro interazioni inter- ed intra-specifiche.

Questi parametri sono di interesse perché possono essere utilizzati anche per la valutazione degli effetti del prelievo selvicolturale che, se valutato nei confronti della potenzialità funzionale del soprassuolo e della fertilità della stazione, indica quanto corretta sia stata l’utilizzazione stessa.

I risultati di questo lavoro indicano che le strutture odierne dei boschi cacumi- nali di faggio sui Monti della Laga fanno riferimento a due tipologie dominanti: la prima comprende soprassuoli monoplani non utilizzati da tempo (in alcune aree il taglio non è stato praticato da 400-500 anni) in quanto il bosco, al limite dell’eco- tono, è stato conservato e gestito con lo scopo principale di “difesa” dei greggi al pascolo. La seconda è caratterizzata da più o meno marcata complessità.

Nell’area è attiva ancora una intensa attività pastorale che condiziona forte-

mente la riconquista da parte del bosco della timberline naturale agendo in modo

determinante sulla rinnovazione naturale incipiente del faggio.

(14)

44 N.M. MANCINI ET AL. IFM LXXI – 1/2016

SUMMARY

First results on the structure and seed production of beech stands at the timberline in the Monti della Laga (Gran Sasso and Monti della Laga National Park)

The aim of this work is to characterize the structure of beech stands at the timberline in the central Apennines (Gran Sasso and Monti della Laga National Park), and to analyze seed production and germination. Stand structure was analyzed using structural indexes with data collected in plots drawn out in beech stands along the timberline. Diameter growth was measured on a sample of trees felled by natural disturbances. During 2013, a good mast year, we analyzed seed production of these stands and germination rate in comparison to seed collected from stands growing at lower altitudes.

Results showed that there are two main structural types which are still strongly impacted by grazing: single storied stands with big and very old trees (over 400 years, DBH>70 cm); and stands with complex structures where groups of old trees are mingled with multistoried patches formed by trees of different size and age. In all cases, dendrochronological analyses showed very slow diameter growth. Void seed percentage at the timberline was 82%, much higher than the one for seeds produced at lower altitudes (55%). Nevertheless, seed production in good years can be considered sufficient if compared to other Italian beech stands.

We believe our study can be a useful starting point for a deeper and coordinated study on forest stand dynamics at the timberline, an area which is particularly delicate because very sus- ceptible both to environmental and land use changes.

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