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ENRICO TOZZI EDIZIONI GIANNINI

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Academic year: 2022

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Nato a Rieti, classe 1964, laureato in Economia presso l’Università La Sapienza di Roma, Enrico Tozzi vive da diversi anni a Pistoia, dove lavora presso un istituto di credito. Appassionato di informatica, lettera- tura e cinema, fin da adolescente ha collaborato a vari giornali e riviste con articoli e novelle. Nel 2003 ha pubblicato, con Guida Editore,

“Apparenza, antologia di brevi racconti”, aventi come sfondo un mondo dominato dalle sopraffazioni e dal malaffare, ma nel quale è sempre possibile far trionfare i veri valori umani. Con “Tra noi” è alla sua prima opera come romanziere.

9 788874 313396 >

ISBN 88-7431-339-X

E 12,00

Giannini Editore Enrico T ozzi TRA NOI

Cosa spinge un giovane uomo di piacevole aspetto e buona educazione, colto e di famiglia benestante, a vivere come un lupo ferito, lontano da tutto e da tutti, sepol- to tra suoi ricordi?

Giorgio, l’insofferente e cinico protagonista, ancora adolescente ha visto svanire la possibilità di avere un’esistenza normale in una grigia mattinata di pioggia; il tra- gico episodio in cui suo malgrado è stato coinvolto ha cambiato per sempre la sua vita ed ha fatto emergere tutto il male sepolto nel suo animo.

Da quel giorno nulla sarà uguale a prima; sarà travolto da un vortice di sottile e crudele violenza che lo inghiottirà annullando tutto il resto. Gli omicidi che segui- ranno saranno l’insana conseguenza di quel primo evitabile fatto, susseguendosi in una specie di mostruoso domino che abbatterà inesorabilmente i personaggi che lo circondano.

Il suo imperativo diverrà mantenere un basso profilo, restare nell’ombra e conti- nuare a trascinarsi in quella stramba esistenza fatta di sporadici amori e tanta soli- tudine, con un lavoro che lo disgusta, vivendo in una casa invasa da strani strumenti elettronici e lattine di birra semivuote, sommerso da vecchi giornali e decine di film gialli. Nel vuoto che lo circonda, l’unica inesorabile compagnia sarà la coscienza;

ed i fantasmi riemergeranno continuamente a ricordargli quegli inconfessabili segreti. Una sottilissima linea lo separerà continuamente dall’essere scoperto e camminerà per sempre a braccetto con l’angoscia della punizione, punizione che tuttavia presume di non meritare. La sconcertante fine sarà forse l’unico giusto com- pimento per ciò che era cominciato tanti anni prima.

E DIZIONI G IANNINI

ENRICO TOZZI

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E

NRICO

T

O ZZI

t r a n o i t r a n o i

Giannini Editore Napoli

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ISBN: 88-7431-339-6

© 2006 by Giannini Editore - Napoli

Finito di stampare in Napoli nel mese di dicembre 2006 presso le Officine grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a.

per conto della Giannini Editore

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CAPITOLOI

Il forte odore di disinfettante saturava l’ambiente e s’insinuava con prepoten- za nelle narici dell’unica persona presente nel lungo corridoio livido: un giovane sulla trentina evidentemente infastidito, adagiato come un sacco vuoto su una panca lucida d’acciaio; non smetteva un attimo di muovere le gambe e di tirarsi i capelli sul collo con un dito e si passava di tanto in tanto la mano sulla fronte, come per scacciare cattivi pensieri.

Il corpo asciutto, ben vestito, occhi neri come il carbone, pelle dolcemente dorata e un’espressione dolente che disegnava una specie di ferita sulle guance scavate; sembrava molto stanco o molto provato, o forse entrambe le cose, proba- bilmente non doveva riposare bene da alcuni giorni, a giudicare dalle occhiaie peste e dalla barba trasandata, ma poco folta.

– Potrei anche ripercorrere mille e mille volte il cammino inverso della mia vita e rendermi conto degli errori che ho commesso, delle occasioni perdute, dei bivi sbagliati che ho imboccato, di quello che sarebbe potuto essere e che non sarà mai, di ciò che non ho avuto e di ciò che mi è stato concesso. Ma questo non servirebbe certo a farmi sentire meglio e soprattutto non cambierebbe nulla.

Ormai è troppo tardi per modificare anche la minima cosa. Troppo tardi.

Le onde disconnesse di quei pensieri si annidavano in maniera convulsa nella sua mente; la testa china sul tronco e lo sguardo a fissare il pavimento di linoleum sbiadito del corridoio, aspettava ormai da troppo tempo l’infermiera che, tra un mezzo sorriso di cortesia e una parola di incoraggiamento, era sparita dietro la porta traslucida dell’area riservata al personale.

Quel dannatissimo male allo stomaco lo aveva colpito solo due settimane prima, o poco meno, e già rischiava di cambiare per sempre la sua vita o quello che ne era rimasto; lo uccideva l’attesa, non sapere subito quale sarebbe stato il suo destino, se avrebbe potuto continuare la solita esistenza oppure no, ma in fondo, pensava seguendo la fuga nera tra i pannelli dell’impiantito, forse era meglio non sapere.

Sapere poteva significare chiudere per sempre ogni porta e crollare in un abis- so senza fondo; non sapere, certo questa era l’ipotesi migliore, lasciare viva una possibilità positiva, una speranza.

E perché poi prenderla in quella maniera funerea, perché mai credere che la situazione si sarebbe per forza di cose rivelata drammatica?

“Volere è potere” si ripeteva con ossessione, sempre gli occhi a disegnare trame improbabili con le righe del pavimento.

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– Non ho nulla di grave, soltanto una forte infiammazione provocata dal mio disastroso regime alimentare, troppe cene fredde, troppi pasti frettolosi, mettia- moci anche parecchie sigarette e qualche bicchiere più del dovuto ed ecco che il mio stomaco si è trasformato in una massa invocante aiuto e io, bastardo, non sono stato ad ascoltarlo e ho continuato imperterrito a fargli del male.

Mettere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi, nell’illusione di sfuggi- re alle insidie, era forse questa la migliore delle strategie?

No, non avrebbe modificato la realtà delle cose scappare da quel tetro posto, perché la verità lo avrebbe raggiunto ovunque si fosse rifugiato.

Erano passati pochi giorni, quel sedici marzo era un sabato come tanti altri, da dedicare alla oziosa ricerca di qualcosa di inutile da acquistare e Giorgio aveva aperto gli occhi al solito il più tardi possibile; il vizio di fare le ore piccole e quell’assoluta avversione per il fresco dorato del mattino erano retaggio degli anni passati all’università, i bei tempi in cui tutto era permesso e si poteva otte- nere molto con poco sforzo.

Non avrebbe mai voluto smettere di studiare, era l’unica cosa che da sempre gli era riuscita nella maniera migliore; i suoi genitori non avevano potuto imma- ginare nemmeno lontanamente che tipo di vita avesse condotto, erano soddisfatti dai risultati ottenuti, da quella teoria di ottimi voti che non mancava mai di mostrare con orgoglio esibendo il libretto universitario.

Si era creato tra loro un accordo tacito: lui avrebbe continuato a vivere man- tenuto con decoro e in cambio sarebbe stato sempre in linea con gli esami pro- grammati; il prezzo da pagare era la totale non ingerenza nella sua vita, nelle sue abitudini, nei suoi orari, per cui niente visite improvvise o telefonate di control- lo, a casa al massimo un fine settimana al mese e i soldi sul tavolo al momento di uscire, così per quattro anni, fino il giorno nefasto della laurea. Se avesse potuto, avrebbe incendiato l’aula pur di non smettere gli studi.

A dire il vero era stato suo costume frequentare assai di rado le lezioni e mai prima del tardo pomeriggio, preferibilmente trasferendosi in quei disgraziati corsi che si tenevano nelle ore prossime alla cena; e a volte si ritrovava solo o quasi con il malcapitato docente e, in una sorta di sfida, finiva ben presto per incrociare veri duelli a colpi di obiezioni, critiche e precisazioni.

Visto che tale atteggiamento non era molto ben accetto, capì in fretta che sarebbe stato più proficuo dedicarsi alla formazione in totale autonomia; in fondo bastava una visita in segreteria di tanto in tanto per procurarsi la lista dei testi e poi impegnarsi nello studio senza bisogno di quelle noiose lezioni impartite da vecchie cariatidi permalose.

Non si ricordava nemmeno di preciso perché avesse scelto la facoltà di Economia, probabilmente avevano avuto influsso sulla sua decisione lo spirito di

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emulazione e soprattutto quella sottile indolenza che lo aveva allontanato da altre strade più difficili e fatto cadere la preferenza su ciò che avrebbe potuto raggiun- gere seguendo uno dei suoi motti preferiti: ottenere il massimo dei risultati con il minimo sforzo.

La maggior parte dei suoi compagni di liceo aveva imboccato gli studi di giu- risprudenza, l’altra metà si era equamente divisa tra il ramo economico-finanzia- rio e quello umanistico e, nonostante ne avesse tutte le opportunità, non aveva avuto il coraggio e la forza di seguire quei pochissimi ardimentosi che si erano azzardati nelle facoltà di Ingegneria o di Fisica.

Aprire un libro e scorrere lo sguardo ghiotto tra le righe impresse dal piombo per carpirne i segreti, memorizzare intere pagine di formule, ricordare i più ardui pas- saggi, le teorie più astruse e complesse, saper andare al cuore delle questioni indi- viduandone subito la sostanza: erano queste le armi che la provvidenza gli aveva ampiamente fornito e di cui si giovava a piene mani sin dai primi anni di scuola.

Aveva una memoria eccezionale e, non essendo l’umiltà la sua dote maggiore, si divertiva a sbalordire i compagni con dei giochetti invero sorprendenti: duran- te i lavori di gruppo era infatti uso fissare solo per pochi secondi una pagina di testo, per poi immediatamente ripeterla sintetizzandone in maniera eccelsa il con- tenuto, tra lo stupore e l’invidia generale.

E non si fermava qui: poteva memorizzare una fotografia ricordandone i parti- colari anche a distanza di un’ora, oppure fare dei calcoli complessi addirittura con decimali o algoritmi ostici come le estrazioni di radici senza nessun aiuto, servendosi di quella magica lavagna che era la sua mente.

I processi si disegnavano con rapidità nei meandri del suo cervello e faceva- no apparire ben presto delle chiare e semplici immagini a rappresentare il pro- blema da affrontare; capacità di astrazione eccellente e memoria visiva assai svi- luppata accanto a un’ottima facoltà di sintesi, così era scritto già nel giudizio fina- le di terza media.

Tutto questo gli permetteva di avere brillanti risultati senza ammazzarsi per lo studio, gli bastava rimanere concentrato in aula e dedicarsi solo una o al massi- mo due ore al ripasso pomeridiano; certo non era mai stato citato come esempio dai docenti, che conoscendone le doti naturali, erano portati maggiormente a con- dannarne lo scarso impegno che a lodarne i risultati.

Un tipo solitario, quasi schivo, ma che appena veniva forzato a stare in grup- po, riusciva subito ad emergere nel bene e nel male: primeggiava per intelligen- za, cultura e capacità ma era spesso insolente, antipatico e a volte offensivo, tanto che era periodicamente richiamato all’ordine dagli insegnanti per qualche com- mento pepato o per delle affermazioni troppo pesanti.

E tutto ciò aveva attirato su di lui l’invidia di quei compagni più sfortunati e 7

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stacanovisti, che invece dovevano sudare, e come, per riportare dei risultati nem- meno lontanamente paragonabili ai suoi.

Un giorno, poteva avere quattordici anni, era stato il primo in una gara a tempo di nozioni di storia, un espediente che alcuni docenti avevano adottato per ren- dere più piacevole e attraente lo studio delle conoscenze di base; se ne stava seduto al terzo banco, con quel sorriso ebete sulle labbra, un dito che arrotolava placidamente un ciocca di capelli sulla nuca e quel perenne tremolio delle gambe, una specie di danza muta che interrompeva solo se richiamato.

Piero lo fissava ormai da diversi minuti, con uno sguardo carico di pioggia che non prometteva nulla di buono; non aveva per nulla gradito aver passato due lun- ghissimi giorni a ingollare date, aneddoti e tabelle per essere umiliato così dal- l’altro, che lo aveva bruciato in dieci domande su dieci, il tutto accompagnando- si con una serie di battute e amenità.

– Non mi sei mai andato a genio, appena usciamo ti spacco la faccia– sem- brava dirgli con quelle sopracciglia aggrottate e quei grossi pugni serrati sulla for- mica verde del banco.

Giorgio cominciò a preoccuparsi sempre più man mano che le lancette com- pivano il loro solito mestiere, completando i giri del quadrante con implacabile regolarità.

– È strano come il tempo sia un concetto assolutamente relativo, – rifletteva distrattamente inseguendo il ricordo di una frase letta da qualche parte – come un minuto possa sembrare un’ora se hai il sedere appoggiato a una stufa bollente e un’ora un minuto se stai facendo l’amore con una bella ragazza.

E il momento di uscire arrivò ben presto e non aveva trovato nemmeno una scappatoia per poter evitare quel confronto che si preannunciava aspro e dall’e- sito scontato; Piero aveva grandi mani squadrate piene di callosità dovute al lavo- ro nel vivaio del padre, due mani da contadino che gli avrebbero potuto fare tanto male con poco sforzo, un collo tozzo su un torace ampio e forte, montato su gambe grosse come colonne. Giorgio viceversa era non molto robusto, altezza media, muscolatura poco sviluppata, poiché non era avvezzo all’attività fisica per dei dis- turbi che da piccolo lo avevano costretto a esentarsi dalle discipline ginniche e che nel prosieguo avevano rappresentato una scusa per non cimentarsi in attività in cui non avrebbe certo primeggiato se non con eccessivo impegno.

– Sei il solito buffone, non perdi mai occasione per farci fare delle brutte figu- re, – lo apostrofò il ragazzo non appena furono nel piazzale antistante l’Istituto – non ti basta vincere, vuoi anche umiliare gli altri; se dovessi come me badare al lavoro nel podere, non potresti certo passare tutto quel tempo sui libri e saresti solo uno come tanti altri.

Giorgio si era preparato una serie confusa di cose da enunciare, delle scuse 8

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raffazzonate per il suo comportamento davvero poco sportivo e sconveniente, ma sul momento prevalse la paura e rimase fermo a fissare l’altro con uno sguardo interrogativo.

L’interpretazione fu purtroppo quella di un gesto di sfida, e tanto bastò a sca- tenare una serie improvvisa di colpi, calci, spinte e scossoni da lasciarlo dolo- rante a terra con alcuni strappi nei vestiti e il naso pesto e sanguinante.

Da quel giorno perse un po’ della sua aria di sufficienza; la lezione subita aveva ben presto fatto il giro delle sue conoscenze e per qualche tempo gli sem- brò che dei bisbigli di scherno lo seguissero a ogni incontro.

Si sentiva umiliato, lo avevano facilmente sopraffatto senza che potesse oppor- re la minima resistenza e quello era stato il suo primo appuntamento tangibile con il contrasto tra la teoria e la realtà, in cui non sempre chi ha la lingua più veloce e il cervello più pronto può avere la meglio.

Se nel passato aveva vissuto prevalentemente in solitudine, trascorrendo la maggior parte delle giornate in compagnia dei suoi pensieri, da allora il disagio con il prossimo assunse un aspetto quasi patologico.

Iniziò a troncare i rapporti con la maggioranza dei vecchi compagni di scuola, mentre tralasciò di approfondire le relazioni con quelli del Liceo Scientifico, rifiutando con cortese risolutezza qualsiasi invito a vedersi fuori dell’orario di lezione, tanto che dopo un po’ nessuno si sognava nemmeno di proporgli alcun- ché; preferiva trascorrere il suo tempo libero leggendo libri di storia o d’avventu- ra, guardando cassette di vecchi film gialli o di guerra oppure davanti al monitor del computer, tanto che i genitori furono a lungo preoccupati dalle sue abitudini e per qualche tempo lo fecero addirittura seguire da uno psicologo, arrivando ben presto alla conclusione che era solo un periodo particolare della vita e che in seguito tutto si sarebbe normalizzato.

E dopo il brillante conseguimento del diploma, pensarono che fargli cambia- re aria avrebbe contribuito a renderlo più socievole e ben disposto con i coetanei;

lo incoraggiarono a iscriversi all’Università e a scegliere un ateneo in un’altra città distante da Prato, e la scelta cadde su Roma.

In mezzo a tanta gente e tanti compagni di studio si sarebbe senza dubbio aperto e avrebbe ritrovato il gusto della vita sociale e, con qualche patema d’ani- mo, lo accompagnarono alla ricerca di un alloggio confortevole, che fosse non distante dalla sede universitaria.

Per alcuni giorni il padre, un uomo taciturno apparentemente privo di emo- zioni, che aveva trascorso la vita girando le sedi di un grande Istituto di credito senza far carriera, aveva consultato diversi giornali specializzati in inserzioni sulle locazioni riservate a studenti universitari; evidenziate con un pennarello rosso quelle che rappresentavano le più appetibili sia per il prezzo sia per la col-

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locazione, il campo di scelta si era ristretto a non più di cinque o sei alternative.

E quando furono sul posto, una volta visionati dall’esterno tutti gli stabili, a parte qualche piccolo contrasto per le particolari preferenze del ragazzo, i genito- ri convennero che un alloggio diviso con altri studenti avrebbe rappresentato la scelta migliore dal punto di vista economico.

In verità, il non troppo recondito scopo era costringerlo a fare vita comune e la cosa certo non era molto gradita a Giorgio, che in quegli anni di dorato isola- mento aveva ormai imparato a vivere riducendo a pochi ed essenziali i contatti con il prossimo.

– Sono molto interessato all’appartamento di Piazza Istria – annunciò il padre all’uomo seduto dietro la scrivania colma all’inverosimile.

Tra mille scartoffie, l’indolente agente immobiliare trovò con difficoltà la docu- mentazione che serviva; il prezzo era discreto, la casa era in condizioni buone, era già abitata da quattro studenti, due ragazzi e due ragazze, ma l’appartamento era molto grande e c’era una camera con un posto libero, l’Università era raggiungi- bile con i mezzi pubblici in meno di dieci minuti, c’era il telefono, il riscalda- mento autonomo, un caminetto e la portineria.

Giorgio sentì un tuffo al cuore: non solo avrebbe dovuto dividere l’apparta- mento con altre persone, ma addirittura c’erano due abitanti del sesso opposto!

Le relazioni sentimentali erano un capitolo quasi del tutto inesplorato della sua vita presente e passata; non che non provasse attrazione per l’altro sesso, tut- t’altro. Era smodatamente sedotto dal corpo femminile, ma, non avendo contatti diretti con le proprie coetanee, si era costruito una sessualità fatta di fervida immaginazione.

A dire il vero, si era a volte aiutato nelle sue fantasie con giornali pornografi- ci acquistati con una tremenda vergogna in qualche edicola periferica, dove nes- suno lo avrebbe mai potuto riconoscere e che conservava gelosamente e pruden- temente in nascondigli inaccessibili a sua madre; se lo avesse scoperto si sareb- be ucciso dall’imbarazzo.

Solo una volta, ed erano passati diversi anni, aveva avuto rapporti con una ragazza: frequentava il secondo anno di Liceo in una classe che era stata il ricet- tacolo dei ripetenti dell’intero Istituto.

Era nell’età in cui i turbamenti ormonali iniziano a esplodere prepotentemente e il tutto era stupendamente favorito dalla presenza di studentesse anche di due anni più grandi, che mostravano spavalde i segni della loro nascente femminilità. Sonia era la più formosa e provocante e non poche volte si era ritrovato a desiderare inten- samente di poterle toccare quello splendido seno, che si impennava svettando sul busto; ma gli approcci con il prossimo non erano certo il suo forte, e si era sempre limitato a masturbarsi nel bagno dopo una frettolosa uscita dall’aula.

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Poi un giorno accadde qualcosa di assolutamente inaspettato: la ragazza, lasciandosi scappare dei sorrisini disarmanti, aveva chiesto e ottenuto di fare a cambio di posto con un altro studente e ora era vicinissima, a non più di novanta centimetri dal suo banco.

Giorgio non aveva subito afferrato lo scopo della manovra, ma in ogni caso, pur restandone all’oscuro, ne era rimasto favorevolmente colpito; si sorprendeva spes- so a ruotare la testa nella sua direzione, per seguire quel profilo mozzafiato e fan- tasticare tra quelle pieghe inesplorate.

Più volte il suo sguardo imbarazzato si era incrociato con quello di Sonia, che stranamente, invece di fulminarlo come si sarebbe aspettato, aveva abbozzato un sorriso di compiacimento; tutto questo dette al ragazzo un briciolo di coraggio e, in un attimo d’incoscienza, durante l’intervallo l’avvicinò con una scusa, chie- dendole se all’uscita avrebbe avuto piacere di fare insieme il cammino verso casa.

– Certo Giorgio, del resto sono di strada, e poi mi potresti aiutare a portare i libri, sono molto pesanti – acconsentì la ragazza inarcando la schiena all’indietro come sua abitudine, evidenziando ancora maggiormente le curve sinuose.

– Sono già diversi giorni che speravo che me lo chiedessi, stavo per cambiare di nuovo banco… – continuò lei, allungando la sinistra e carezzandogli insisten- temente la gota, mentre con l’altra mano gli stringeva la sua.

Un’ondata di rosso fuoco accese il volto del giovane; sentì un fremito al basso ventre e il membro che iniziava a sussultare provocandogli un dolore acuto, che quasi lo fece gridare, perciò si morse le labbra e subito dopo accennò una specie di sorriso mal riuscito, suggellando l’accordo.

Corse in bagno, si masturbò con violenza e rapidamente arrivò all’apice; poi tornò in aula bianco come un cadavere, con la fronte imperlata di sudore, e prese il suo posto senza mai girare la testa per la vergogna.

All’uscita Sonia era ferma al centro del portone e lui si avvicinò con timore;

poi le prese una parte dei libri, i più voluminosi e pesanti, e si incamminarono lungo il viale alberato senza parlare.

La storia si replicò per alcune giornate; arrivati al bivio si salutavano e si dava- no appuntamento il giorno dopo.

Alla fine fu Sonia a prendere l’iniziativa e non sarebbe mai potuto essere diversamente: al momento di accomiatarsi, si accostò alla guancia del giovane e schioccò un sonoro bacio sussurrandogli nell’orecchio:

– Perché non vieni a casa mia? Sono sola, i miei genitori fanno orario conti- nuato ogni giovedì e rientrano solo dopo le quattro del pomeriggio; potresti spie- garmi quel teorema di geometria che oggi non voleva proprio entrarmi in testa. Fu capace di dire solo poche smozzicate parole di assenso; divorarono la strada che li separava dalla casa della ragazza, una villetta a schiera color pesca con delle

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civettuole finiture in violetto, e in qualche minuto si ritrovarono sul divano del soggiorno.

– Sei imbarazzato? Non avere paura, non lo dico a nessuno e non ti faccio nulla se non vuoi; ma mi sembra di aver capito che ti piaccio molto da come mi guardi durante le lezioni e spesso ho notato che corri in bagno e rientri a volte molto pal- lido, come se avessi fatto cose strane. Sai, noi ragazze parliamo frequentemente di questo e non sono la sola a dirlo.

Giorgio rimase in silenzio con un’aria tremendamente colpevole, la bocca completamente asciutta; la ragazza gli prese una mano e, sbottonandosi la cami- cetta, la guidò sul seno.

Bello, turgido, meraviglioso, al solo contatto ebbe un’erezione prepotente; il suo pene appena sviluppato, ancora glabro o quasi, creava un imbarazzante rigon- fiamento nei jeans e la ragazza, con una mossa sinuosa, introdusse due dita tra i bottoni e lo strinse con forza.

E da quel giorno, tutti i giovedì fino alla fine dell’anno scolastico e durante le vacanze estive, Giorgio percorse quella strada e si sedette su quel divano per cogliere la sua parte di amore.

Parte di amore perché, come presto scoprì, i genitori della ragazza facevano orario continuato cinque giorni la settimana e c’erano altri giovani a godere delle attenzioni di Sonia; ma in fondo gli importava poco, la cosa meravigliosa era guar- dare e toccare quel corpo incantevole e lasciarsi masturbare.

La fanciulla, che non brillava certamente negli studi, fu rimandata in ben tre materie e inoltre qualche vicino di casa si accorse delle frequenti manovre; i geni- tori per la vergogna dovettero cambiare quartiere e lei fu trasferita in un collegio di massima disciplina, con la proibizione assoluta di frequentare i suoi ex com- pagni.

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INDICE

CAPITOLOI . . . pag. 5

CAPITOLOII . . . » 13

CAPITOLOIII . . . » 19

CAPITOLOIV . . . » 27

CAPITOLOV . . . » 37

CAPITOLOVI . . . » 45

CAPITOLOVII . . . » 55

CAPITOLOVIII . . . » 75

CAPITOLOIX . . . » 93

CAPITOLOX . . . » 111

CAPITOLOXI . . . » 125

CAPITOLOXII . . . » 135

CAPITOLOXIII . . . » 145

CAPITOLOXIV . . . » 161

CAPITOLOXV . . . » 177

CAPITOLOXVI . . . » 192

CAPITOLOXVII . . . » 207

CAPITOLOXVIIII . . . » 223

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Nato a Rieti, classe 1964, laureato in Economia presso l’Università La Sapienza di Roma, Enrico Tozzi vive da diversi anni a Pistoia, dove lavora presso un istituto di credito. Appassionato di informatica, lettera- tura e cinema, fin da adolescente ha collaborato a vari giornali e riviste con articoli e novelle. Nel 2003 ha pubblicato, con Guida Editore,

“Apparenza, antologia di brevi racconti”, aventi come sfondo un mondo dominato dalle sopraffazioni e dal malaffare, ma nel quale è sempre possibile far trionfare i veri valori umani. Con “Tra noi” è alla sua prima opera come romanziere.

9 788874 313396 >

ISBN 88-7431-339-X

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Giannini Editore Enrico T ozzi TRA NOI

Cosa spinge un giovane uomo di piacevole aspetto e buona educazione, colto e di famiglia benestante, a vivere come un lupo ferito, lontano da tutto e da tutti, sepol- to tra suoi ricordi?

Giorgio, l’insofferente e cinico protagonista, ancora adolescente ha visto svanire la possibilità di avere un’esistenza normale in una grigia mattinata di pioggia; il tra- gico episodio in cui suo malgrado è stato coinvolto ha cambiato per sempre la sua vita ed ha fatto emergere tutto il male sepolto nel suo animo.

Da quel giorno nulla sarà uguale a prima; sarà travolto da un vortice di sottile e crudele violenza che lo inghiottirà annullando tutto il resto. Gli omicidi che segui- ranno saranno l’insana conseguenza di quel primo evitabile fatto, susseguendosi in una specie di mostruoso domino che abbatterà inesorabilmente i personaggi che lo circondano.

Il suo imperativo diverrà mantenere un basso profilo, restare nell’ombra e conti- nuare a trascinarsi in quella stramba esistenza fatta di sporadici amori e tanta soli- tudine, con un lavoro che lo disgusta, vivendo in una casa invasa da strani strumenti elettronici e lattine di birra semivuote, sommerso da vecchi giornali e decine di film gialli. Nel vuoto che lo circonda, l’unica inesorabile compagnia sarà la coscienza;

ed i fantasmi riemergeranno continuamente a ricordargli quegli inconfessabili segreti. Una sottilissima linea lo separerà continuamente dall’essere scoperto e camminerà per sempre a braccetto con l’angoscia della punizione, punizione che tuttavia presume di non meritare. La sconcertante fine sarà forse l’unico giusto com- pimento per ciò che era cominciato tanti anni prima.

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