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Cassazione: Schettino imprudente e negligente

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Academic year: 2022

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15 Maggio 2022 -

Cassazione: Schettino imprudente e negligente

ROMA – Quando la sera la 13 Gennaio 2012 la “Costa Concordia”, con 4mila persone a bordo, nell’intento di “inchinarsi” al Giglio e ad amici e parenti del comandante e dell’equipaggio, ha urtato gli scogli delle Scole, Francesco Schettino era «il capo equipe», aveva «l’obbligo e il potere di impedire l’evento». Invece, scrive la Cassazione, si comportò in maniera negligente, non osservò il «livello di diligenza, prudenza e perizia oggettivamente dovuto». Poi abbandonò la nave pur sapendo che vi erano ancora persone in pericolo, con una inescusabile «latitanza gestionale»: si allontanò dalla plancia senza neppure prendere con sé una radio con cui comunicare con l’equipaggio.

I morti, 32, e i danni all’ambiente furono tanti che il comandante,

condannato a 16 anni, non merita nessuno sconto di pena. Nelle 151 pagine della sentenza con cui ha reso definitiva la condanna, la Corte ripercorre così il film processuale del più mediatizzato disastro marittimo della storia. Senza mai indugiare negli aggettivi, che in altri casi si sono sprecati per il comandante, i giudici inchiodano Schettino alle sue colpe.

La quarta sezione penale analizza la condotta del capitano a partire dalla pianificazione della rotta, tre ore prima del naufragio. Schettino, viene sottolineato nella sentenza n. 35585, intendeva «puntare verso l’isola ed avvicinarsi per il “saluto” programmato», come da lui stesso ammesso, «era tutt’altro che ignaro della rotta tenuta dalla nave», impartiva ordini sulla manovra, ordinando di procedere «con timone alla mano», e quando assunse formalmente il comando avrebbe potuto ripristinare la rotta programmata; in ogni caso «gli errori e le omissioni attribuiti ad altri ufficiali non furono in alcun modo decisivi, né tanto meno tali da ingannare il comandante sullo stato della navigazione».

Anche «gli errori attribuiti al timoniere Rusli Bin furono in larga parte indotti dallo stesso Schettino e dalle sue concitate modalità di impartire gli ordini in rapida sequenza»: sei, dati a raffica, come scritto nella sentenza d’Appello, nell’arco di soli 32 secondi appena prima all’impatto.

Agì con «negligenza», perché pur sapendo che il timoniere parlasse poco sia l’italiano che l’inglese si era «avventurato» nella manovra, senza

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sostituirlo.

Quella sera Schettino sbagliò ancora, e molto: avrebbe dovuto dare l’allarme di emergenza generale «alle 21.50 o al più tardi alle 22», scrvino i giudici, cioè quando fu comunicato in plancia che il locale dei motori elettrici era allagato: «il ritardo nella segnalazione e nell’ordinare l’ammaino delle scialuppe ha assunto un evidente rilievo causale» nella morte delle 32 persone e nel ferimento di altre 193, «costrette a vivere esperienze assolutamente drammatiche, sconvolgenti, inenarrabili». Poi, decise di lasciare la nave, andò in cabina, prese «un giubbotto anonimo e i documenti di bordo» e a mezzanotte e 17 si imbarcò su una scialuppa, senza la radio, di fatto rinunciando a coordinare le operazioni e risoluto a non risalire a bordo. Anche dopo la telefonata con l’ufficiale della Capitaneria che, diffusa in tutto il mondo, l’ha reso colpevole agli occhi degli spettatori ben prima dei tre gradi di giudizio.

In Cassazione chiesta conferma condanna Schettino

ROMA – (M.N.)«E’ stato un naufragio di tali immani proporzioni e connotato da gravissime negligenze e macroscopiche infrazioni delle procedure” che non è possibile concedere le attenuanti all’ex comandante della “Costa Concordia”

Francesco Schettino che deliberatamente «non inviò il segnale di falla

all’equipaggio per far scattare l’ammaina scialuppa e mettere subito in salvo i passeggeri». Lo ha sottolineato il sostituto procuratore della Cassazione Francesco Salzano nella sua requisitoria nell’Aula magna della Suprema Corte nel primo giorno di udienza per il grave e tragico disastro marittimo

avvenuto la sera del 13 Gennaio 2012, poco prima delle 22, davanti all’isola del Giglio per una disgraziata e improvvisata manovra di accostamento ad alta velocità. Trentadue le persone morte, decine i feriti, enormi le operazioni di soccorso – e poi quelle di bonifica e di recupero del relitto – avvenute davanti alle telecamere di tutto il mondo per mettere in salvo centinaia e centinaia di passeggeri intrappolati a bordo mentre la nave si inclinava

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sempre di più.

Disonorevole la fuga del comandante che gettò discredito internazionale sulla marineria italiana. Il Pg, dopo un’ampia ricostruzione dell’enorme mole di errori, sottovalutazioni, violazioni delle leggi del mare commesse non solo da Schettino – che non era presente in aula – ma anche dagli altri ufficiali che hanno patteggiato la pena con giudizi separati, ha chiesto la conferma della condanna a sedici anni e un mese di reclusione inflittagli dalla Corte di Appello di Firenze il 31 Maggio del 2016, una sentenza che aveva ricalcato quella di primo grado. Salzano ha poi chiesto l’accoglimento del ricorso del Procuratore generale di Firenze che vuole una pena più severa per Schettino con l’applicazione dell’aggravante della previsione dell’evento, dunque della colpa cosciente, per i plurimi omicidi colposi. L’ex comandante quindi

rischia non solo di entrare subito in carcere se la condanna dovesse essere confermata il prossimo 12 Maggio, data prevista per il verdetto degli

“ermellini” presieduti da Vincenzo Romis, ma anche di andare incontro ad un inasprimento della pena dopo un appello bis che si svolgerebbe a detenzione in corso. La difesa di Schettino ha chiesto di poter mostrare un video da lui stesso filmato che, non si sa come, lo scagionerebbe dall’accusa di aver abbandonato la nave. La richiesta è stata avanzata fuori termine e il 12 Maggio Romis farà sapere se accoglierla o meno. Il Pg ha già detto “no”. Per primo ha parlato l’avvocato Donato Laino che ha tentato di far passare l’ex comandante come “agnello sacrificale” di colpe altrui.

«Tutta la vicenda giudiziaria si è incentrata su Schettino definito

“criminale” quando invece si è trattato di un incidente. Tutto è ruotato attorno a Schettino dipinto come uno”sborone” e sempre inseguito dalle telecamere. Il suo ruolo è stato deciso a tavolino. Lo si accusa anche di essersi messo in salvo: mentre la nave stava cadendo si pretendeva che lui facesse la cariatide e la tenesse su! Schettino è il colpevole “ideale”», ha esclamato Laino con una certa enfasi. Forse di rimando al Pg che aveva detto

“no” ad ogni concessione delle attenuanti ricordando che per due volte i vigili del fuoco intervenuti a salvare 700 passeggeri rimasti a bordo

chiesero al comandante se voleva tornare sulla nave ad aiutare nei soccorsi ricevendo, per due volte, risposta negativa. Finora il naufragio del Giglio è costato alla “Costa” circa 80 milioni in risarcimenti ha spiegato l’avvocato Marco De Luca, legale dell’armatore, e quasi tutte le transazioni sono state concluse. Accordi sarebbero in vista anche con le pubbliche amministrazioni che si sono costituite in giudizio: Palazzo Chigi, Difesa, Interni, Ambiente, Infrastrutture e trasporti.

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Schettino: confermata condanna a 16 anni

FIRENZE – Tutto confermato, niente da fare per l’imputato: anche per la Corte di appello di Firenze il comandante della “Costa Concordia”, Francesco

Schettino, merita 16 anni di reclusione e un mese di arresto per il naufragio del 13 Gennaio 2012 all’isola del Giglio e per le conseguenze drammatiche della tragica accostata all’isola che costò la vita di 32 persone tra

passeggeri e membri dell’equipaggio, tanti feriti, la distruzione della nave, danni che finirono sotto la lente della comunicazione globale.

Martedì sera, dopo oltre otto ore di camera di consiglio, il presidente del collegio della prima sezione penale, giudice Grazia D’Onofrio, ha letto il dispositivo che ribadisce, salvo variazioni marginali, il lavoro dei giudici del tribunale di Grosseto. E stronca l’aspettativa di Schettino di una

sentenza più mite, benché, in fondo, i giudici di appello lo abbiano messo al riparo dalla richiesta della procura generale distrettuale di 27 anni di carcere, più vicina ai massimi edittali delle singole imputazioni.

Unica tegola sostanziale in più per l’ex comandante, i cinque anni di una pena accessoria – ossia il totale divieto di praticare qualsivoglia

professione marittima, chiesto in appello dai pm di Grosseto – che supera le interdizioni del primo grado, cioè quella di fare il comandante di nave (erano 5 anni di divieto) e quella di usare il titolo di comandante (quattro mesi).

Le accuse principali rimangono tutte ovviamente: omicidio colposo plurimo, lesioni plurime colpose, naufragio colposo, abbandono, mancate comunicazioni alle autorità marittime.

Lasciando l’aula non hanno fatto dichiarazioni, ma fatto notare le loro facce sorridenti i pm di Grosseto, Alessandro Leopizzi e Maria Navarro, dopo

essersi complimentati col sostituto procuratore generale Giancarlo Ferrucci:

sì, l’accusa è soddisfatta della sentenza. Il loro ex procuratore capo a Grosseto, ora in pensione, Francesco Verusio, però avrebbe voluto una condanna maggiore: «Sono contento perchè è stato confermato l’impianto accusatorio ma si tratta comunque di una sentenza mite, meritava di più per

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quello che ha fatto».

Francesco Schettino è stato informato per telefono mentre si trova a Meta di Sorrento e si riferisce che c’è delusione. Con lui la figlia, la sorella e il fratello. A Firenze c’era uno dei suoi avvocati, Donato Laino. L’altro,

Saverio Senese, è rimasto a Napoli in attesa di conoscere la sentenza.

«Dobbiamo capire perché i giudici di appello hanno fatto questo

ragionamento», ha detto Laino riferendosi alla conferma sostanziale della sentenza di primo grado. Il legale ha fatto capire che la difesa si prepara a un ricorso in Cassazione. Schettino rimane anche condannato “in solido” con Costa Crociere alla riparazione dei danni, ai risarcimenti.

Tra i naufraghi parti civili alcuni hanno visto rideterminare, in aumento in loro favore, le provvisionali per i risarcimenti, con un rialzo medio di 15.000 euro rispetto al primo grado. Alcune parti civili si sono dette solo in parte soddisfatte e annunciano ricorsi ulteriori. Invece il legale del responsabile civile, l’avvocato Marco De Luca, per la compagnia Costa

Crociere ha parlato di «sentenza equilibrata», «come lo fu quella del primo grado» di cui, ha aggiunto, «è la copia conforme». Sulle critiche di alcune difese di parte civile che avrebbero aspirato a ottenere di più e che hanno annunciato di ricorrere in Cassazione De Luca ha detto: «Continueranno a perdere».

Nulla da fare, infine, per l’isola del Giglio che chiedeva 20 milioni di euro a titolo di danno non patrimoniale: la corte ha confermato la provvisionale da 300.000 euro.

Concordia: Schettino e Costa paghino danni

FIRENZE – Il ministero dell’Ambiente, parte civile nel processo di appello sul naufragio della Costa Concordia, ha chiesto che Francesco Schettino e Costa Crociere spa riparino interamente o paghino i costi necessari per rimediare ai danni ambientali all’isola del Giglio.

«Nella sentenza di primo grado il tribunale di Grosseto riconosce che c’è

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stato danno ambientale ma su questo non stabilisce alcuna condanna

all’imputato Schettino e al responsabile civile Costa spa», ha detto in aula l’avvocato dello Stato, Patrizia Pinna. L’avvocatura dello Stato di Firenze ha chiesto il rigetto degli appelli di Schettino e della Costa, e la conferma della sentenza di primo grado: ma chiede l’aggiunta di una chiara condanna e del risarcimento per i danni ambientali all’isola del Giglio.

Il tribunale, ha argomentato l’avvocato Pinna, sanziona le perdite di vite umane, i feriti e i danni ingentissimi, «riconosce il danno ambientale, ma non emette una condanna, non c’è una sentenza pacifica» in tutti i suoi aspetti. «Sono rimasti in secondo piano i gravissimi pregiudizi causati all’ambiente, valore protetto dalla Costituzione e da garantire con un alto livello di tutela».

«Credo – ha proseguito l’avvocato Pinna – che la sentenza di appello dovrà tenere di conto anche di questo, dovrà dare attenzione alla tematica

ambientale che il tribunale non ha approfondito a sufficienza». Nella valutazione del danno e dei relativi costi da risarcire, ha ancora detto l’avvocato dello Stato, «il ministero dell’Ambiente non è in grado ora di effettuare una valutazione definitiva del danno ambientale», «tenuto conto che il relitto è stato rimosso non molto tempo fa» e che «lo smantellamento del cantiere sui fondali, nonché l’eliminazione delle strutture, pur prossima a terminare, non è ancora stata completata».

Le parti civili hanno chiesto ai giudici della corte d’appello di Firenze di stabilire risarcimenti secondo l’istituto del danno punitivo basato sul modello statunitense, in particolare a carico della compagnia Costa Crociere spa, responsabile civile.

Nel suo intervento l’avvocato Massimiliano Gabrielli del pool “Giustizia per la Concordia”, difensore di molti naufraghi, ha illustrato ai giudici di appello di Firenze «la fondatezza della richiesta» da parte degli stessi naufraghi, che hanno fatto appello contro la sentenza di primo grado, «di un maxi-risarcimento, in un meccanismo ad effetto deterrente per imporre alle compagnie di navigazione come Costa Crociere di investire sulla sicurezza, sulla preparazione degli equipaggi e sulla salvaguardia dei passeggeri prima che sulle logiche di risparmio e del guadagno».

Rispetto alla richiesta di assoluzione in appello proposta dai difensori di Schettino e alla richiesta – opposta – della procura generale di Firenze di una condanna a 27 anni di carcere per l’ex comandante, l’avvocato Gabrielli ha detto invece di avere «aspettative molto fiduciose per la conferma della condanna a 16 anni, già affermata in primo grado a carico dell’imputato, con

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la possibile novità», però, nel processo di appello «solo in merito a risarcimenti molto più alti in favore dei passeggeri» e quindi «con la

possibile apertura dei giudici fiorentini al danno punitivo anche nel nostro Paese».

Lo scheletro «Concordia» sta per essere smontato

GENOVA – Quattro anni dopo lo schianto sugli scogli delle Scole davanti all’isola del Giglio, due anni e quattro mesi dopo l’arrivo a Genova del relitto grazie a un capolavoro di ingegneria idraulica, l’ex nave da crociera

“Concordia” si sta lentamente consumando. Quella che è stata la più grande nave della flotta Costa Crociere è ormai a un passo dalla morte ed è

divenuta, assieme al traghetto “Moby Prince” sul quale morirono 141 persone nel 1991 appena uscita dal porto di Livorno, simbolo delle grandi tragedie della marineria mercantile italiana. Le lamiere che restano a comporre il corpo in decomposizione della “Concordia” attraccate in banchina nei bacini di carenaggio ubbidiranno, come le altre, al postulato di Lavoisier che sta alla base della legge della conservazione della massa: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Grazie al consorzio Ship Recycling, tra i cantieri navali Saipem e San Giorgio del Porto, lo scheletro della

“Concordia” sta per essere definitivamente smontato, pezzo per pezzo, e i componenti venduti e riciclati.

Numeri importanti, per un’operazione che non ha precedenti. Duecento operatori impegnati attualmente, ma dall’inizio del progetto si sono

raggiunti picchi anche di 300 persone. Oltre 15.600 tonnellate di materiali sono già stati rimossi, di cui la maggior parte, circa l’80%, è stato inviato a recupero. Delle 14.500 tonnellate di materiali, circa 9 mila tonnellate sono di acciaio e metalli. Ottanta le aziende finora coinvolte, di cui 78 italiane.

Certo, non è ancora finita: le prossime operazioni previste sono il completamento dell’alleggerimento fino al ponte “zero” il taglio delle

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strutture esterne e la resa stagna del ponte “zero” che servirà per garantire un sistema di galleggiamento alternativo una volta che gli “sponson”, i

grandi cassoni utilizzati per il galleggiamento del relitto, saranno rimossi.

A quel punto quel che resta della Concordia sarà trasferito in un altro bacino. Un altro viaggio, e questo sarà davvero l’ultimo, per cancellare dallo skyline del porto di Genova quell’immenso scheletro. “Costa Concordia”

e quello che è successo alle 21.45 del 13 Gennaio 2012 resterà però nella memoria collettiva e nella storia della marineria. La nave, in navigazione da Civitavecchia a Savona per una crociera nel Mediterraneo, urta il più piccolo degli scogli delle Scole, situato a circa 500 metri dal porto dell’Isola del Giglio e subisce uno squarcio di 70 metri nello scafo. La nave sbanda,

affonda, reclina su un fianco. 4200 persone vengono salvate, 32 perdono la vita. Da quel momento l’isola del Giglio diventa la platea per una tragedia incredibile e la Concordia sarcofago per 32 corpi nascosti tra le lamiere. Ne ritroveranno 30 nell’immediatezza, un altro durante le operazioni di

raddrizzamento del relitto, l’ultimo a Genova quando ormai il viaggio della

“Costa Concordia” era finito.

Su quella tragedia s’innestano i processi civile e penale per l’ex comandante Francesco Schettino accusato di omicidio colposo plurimo, naufragio e

abbandono della nave per quell’ “inchino” che ha fatto finire Concordia e i suoi passeggeri su uno scoglio dell’isola del Giglio ma anche le cifre da capogiro delle assicurazioni e dei risarcimenti. S’innestano le tante storie dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime e le emozioni che, nonostante siano passati quattro anni da quel disastro, non cessano di provocare dolore e rimpianto.

Concordia: 4 anni fa la tragedia

ISOLA DEL GIGLIO – A quattro anni, ormai, dal naufragio della “Costa Concordia” avvenuto il 13 Gennaio 2012, l’isola del Giglio si appresta a commemorare le 32 vittime, il primo anniversario dopo la condanna a 16 anni e un mese inflitta a Francesco Schettino, nel Febbraio 2015, al termine del processo di Grosseto.

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La commemorazione non è un’iniziativa scontata: da quest’anno il Comune del Giglio, con atto ufficiale, farà diventare la ricorrenza un evento da

celebrare per sempre. Il consiglio comunale dell’Isola del Giglio proclamerà nei prossimi giorni la data del 13 Gennaio come “Giornata delle vittime della Costa Concordia”, a memoria imperitura. «Saranno celebrazioni svolte con sobrietà», ha spiegato il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli, annunciando l’istituzionalizzazione delle iniziative sul naufragio. «Si tratterà – ha detto – per sempre di un momento di raccoglimento per tutta la nostra comunità, a ricordo di questo evento che causò tanti morti».

Il programma del prossimo 13 Gennaio ha stabilito che alle ore 12, nella chiesa parrocchiale dei Santi Lorenzo e Mamiliano, la stessa dove trovarono rifugio molti naufraghi, sarà celebrata una messa officiata dal vescovo, padre Giovanni Roncari. A seguire, alle 12.50, a Punta Gabbianara, è prevista la posa di una corona di fiori in memoria delle vittime.

La sera, alle 21.30, ci sarà una processione, con fiaccole, che partirà dalla chiesa di Giglio Porto per raggiungere il molo rosso dove alle 21h45’7”, ora esatta dell’impatto della nave sugli scogli, risuonerà il suono delle campane che, con la cosiddetta “tufata” delle sirene delle imbarcazioni, accompagnerà una silenziosa preghiera per le vittime e la benedizione della lapide in loro memoria.

Alle celebrazioni è annunciata la presenza di parenti delle vittime e del Governo, col ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Tutto questo nel porto dove per lunghi anni è rimasto il relitto impietoso della nave. E dove, sott’acqua, si smantellano le ultime strutture utilizzate per rimuoverlo.

Tuttavia, fa un appello Ortelli, «proprio dopo aver salvato l’ambiente isolano, adesso però bisogna salvare le persone del Giglio. Non ci lasciate soli. Siamo usciti dal periodo dell’emergenza della Concordia con un sacco di problemi. Il Governo ci aveva detto che ci avrebbe aiutato. Noi stiamo ancora aspettando».

Sul tavolo ci sono numerosi progetti, in vari ambiti, che il Giglio aveva trattato a suo tempo sia con lo Stato, sia con la Regione Toscana, su scuola, turismo, sanità, infrastrutture, porto. Intanto Francesco Schettino, che negli ultimi tempi è stato impegnato a realizzare e a promuovere il libro in cui ricostruisce la vicenda dal suo punto di vista, aspetta con i suoi

difensori la notifica della data della prima udienza davanti alla Corte d’appello di Firenze. Un processo che parte dalla pesante condanna in primo grado per omicidio colposo, lesioni colpose, naufragio, abbandono della nave.

E che l’ex comandante cercherà di ribaltare.

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Sentenza Schettino: procura ricorre in appello

GROSSETO – La procura di Grosseto ha presentato ricorso in appello contro la sentenza con cui, l’11 Febbraio scorso, il tribunale ha condannato Francesco Schettino a 16 anni di reclusione per il naufragio della “Costa Concordia”.

Secondo quanto emerso i pm Maria Navarro, Stefano Pizza e Alessandro Leopizzi non hanno ritenuto congrua la pena per l’ex comandante. Al processo di primo grado l’accusa aveva chiesto per Schettino una condanna a 26 anni di

reclusione. Appello è stato presentato anche da alcune delle parti civili.

Manca a questo punto soltanto il ricorso di Francesco Schettino per chiedere, al contrario, un ulteriore sconto di pena. Sono 32 le vittime del naufragio della nave di cui Schettino era comandante.

«Alla responsabilità titanica di Schettino» nel naufragio della nave “Costa Concordia”, «deve corrispondere una pena esemplare»: anche così i pm di Grosseto, secondo quanto appreso, motivano il ricorso. Pena che «non è

congrua rispetto al comportamento di Schettino». In particolare, nel ricorso i pm criticano i giudici di Grosseto sul conteggio che determina gli anni di condanna.

Mentre il Codacons, parte civile nel processo sul naufragio del Giglio, commenta il ricorso in appello contro la presunta mitezza della pena a

Francesco Schettino, affermando che la procura di Grosseto ricorre alla corte d’appello di Firenze «per aggravare la condanna del comandante Schettino» e così «insiste nella creazione del mostro» ma «ciò che della sentenza non convince è, invece, il mancato riconoscimento dei malfunzionamenti della nave e dei profili di responsabilità gravanti su Costa Crociere». Il Codacons, in una nota, aggiunge che «la procura prosegue la propria linea di condotta sempre volta a rinvenire un solo reale responsabile del naufragio, senza attribuire alcuna rilevanza alle pur decisive circostanze riguardanti il malfunzionamento degli apparati vitali della nave ed al collasso del sistema di gestione dell’emergenza».

I pm Maria Navarro, Stefano Pizza e Alessandro Leopizzi, prosegue il

Codacons, «con tale ricorso d’appello sembra confermare la volontà, più volte

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denunciata dalla nostra associazione, di voler trovare un solo ed unico

colpevole per il naufragio della “Costa Concordia”, escludendo la possibilità che errori e carenze della nave possano aver contribuito a determinare ed accrescere il numero delle vittime».

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