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Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 9 giugno 1994, ha deliberato di rispondere nei seguenti termini: "1.- Il Ministro di G

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Parere sullo schema di decreto legislativo concernente:

“Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di tutela del lavoro minorile, delle lavoratrici madri e dei lavoratori a domicilio”.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 9 giugno 1994, ha deliberato di rispondere nei seguenti termini:

"1.- Il Ministro di G. e G. ha richiesto il parere del CSM sullo schema di decreto legislativo avente ad oggetto le "modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di tutela del lavoro minorile, delle lavoratrici madri e dei lavoratori a domicilio", in attuazione della delega concessa al Governo con la L. 6. 12. 1993 n. 499 "per la riforma dell'apparato sanzionatorio in materia di lavoro".

Come è facile evincere dall'intitolazione del provvedimento, si tratta solo di una parte, sia pure non di marginale rilevanza, ma quantitativamente limitata alla sola lettera c) dell'art. 1 della legge delega, che invero prevede anche la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di assunzione dei lavoratori (lett.a), in materia di tutela della sicurezza e dell'igiene del lavoro (lett.b), in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (lett.d). Si tratta, evidentemente, di un intervento di settore (sul diritto penale del lavoro) che per raggiungere in qualche misura i dichiarati obiettivi, di deflazione del carico penale e di razionalizzazione globale del sistema sanzionatorio anche attraverso la reintegrazione dell'effettività e della incisività della sanzione penale per le fattispecie più gravi, ha bisogno di essere rapidamente portato a compimento nella sua interezza. Purtuttavia, poichè fra l'altro è la stessa legge -delega a consentire di "adottare uno o più decreti legislativi" (art. 1 co. 1°), lo schema di D.L. proposto può essere positivamente valutato sul piano generale come avvio di una riforma che - si confida - verrà pienamente realizzata nel termine fissato dalla legge, e cioè entro il mese di dicembre del corrente anno.

2.- Il D.L. su cui si esprime il richiesto parere è composto da cinque articoli:

a) con il primo viene modificato l'art. 26 della L. 977 del 1967 sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, prevedendosi la pena dell'arresto (da due a sei mesi), o alternativamente le pena dell'arresto (da uno a quattro mesi) o dell'ammenda (da lire due milioni a lire dieci milioni), rispettivamente per le violazioni dell'art. 5 lett. a) e b)

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(divieto "assoluto" di adibire i minori di anni 16 e le donne fino agli anni 18 a lavori pericolosi faticosi e insalubri), d) ed e) (divieto, per tutti i minori di età, dei "lavori sotterranei", "estrattivi" e "sollevamento e trasporto pesi" "in condizioni di speciale disagio e di pericolo"), e per le violazioni dello stesso art. 5 lett.a) (per i lavori pericolosi consentibili dall'Ispettorato del lavoro previa valutazione delle cautele necessarie), f) (divieto di lavoro nelle sale cinematografiche e "preparazione di spettacoli di ogni genere"

senza la necessaria autorizzazione dell'Ispettorato), g) (divieto di adibire minori "alla manovra e al traino dei vagonetti"), degli artt. 3 e 4 (età minima per l'ammissione al lavoro).

Una pena alternativa più contenuta (arresto sino a tre mesi o ammenda da uno a cinque milioni) viene invece comminata per l'inosservanza delle disposizioni contenute negli artt.

8, 9, 10, 12 (tutti riguardanti i controlli sanitari preventivi e periodici ed il rispetto delle conseguenti prescrizioni), 15 (divieto di lavoro notturno) e 21 (riposi intermedi "speciali"

prescritti dall'Ispettorato per lavori pericolosi o gravosi).

L'inosservanza delle altre disposizioni viene punita con sanzioni amministrative pecuniarie (da lire un milione a lire cinque milioni o da lire cinquecentomila a lire tre milioni), e per talune di esse non è ammesso il pagamento in misura ridotta ex art.16 L.689/1981. Per tutte le sanzioni comunque - penali o amministrative - è prevista una soglia minima pari alla metà del massimo per "chi rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, ne consente l'avvio al lavoro in violazione delle disposizioni indicate".

Infine viene indicato l'Ispettorato del lavoro come autorità competente a ricevere il rapporto e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione per le violazioni amministrative.

b) con l'art.2 - premesso che, come avverte la relazione che accompagna lo schema di D.L., non si "prende in esame le violazioni previste dalla L. 9.12.1977 n. 903", le quali formeranno oggetto di altro decreto delegato - viene modificato l'art.31 della L. 1204 del 1971 sulla tutela delle lavoratrici madri prevedendosi la pena dell'arresto (da due a sei mesi) per le violazioni degli artt. 3, co.1, 2 e 3 (divieto di trasporto e sollevamento pesi e di lavori pericolosi faticosi ed insalubri o comunque pregiudizievoli alla salute della donna), 4 e 5 (astensione obbligatoria e interdizione dal lavoro), la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire cinque milioni (con esclusione del pagamento in misura ridotta) per l'inosservanza dell'art.2 (divieto di licenziamento e di sospensione dal lavoro), e da lire un milione a lire cinque milioni per le violazioni degli artt.10 (periodi di riposo) e 7 (diritto di assenza dal lavoro). Anche in questo caso è l'Ispettorato del lavoro che è chiamato a ricevere il rapporto e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione.

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c) con l'art.3, a modifica dell'art. 13 L.877 del 1973 sulla tutela del lavoro a domicilio, si prevede la pena dell'arresto (da due a sei mesi) per le violazioni dell'art.2 comma 1 (divieto di esecuzione di lavoro a domicilio con impiego di materiali nocivi o pericolosi), e sanzioni amministrative pecuniarie di varia entità per le altre violazioni, ferma restando però l'applicabilità al committente ed agli intermediari delle sanzioni "di diritto comune" previste "dalle norme vigenti in materia di collocamento, intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro".

d) con l'art. 4 si stabilisce la normativa transitoria in armonia con i principi contenuti nell'art.2 C.P., disponendosi l'applicazione della depenalizzazione anche alle violazioni antecedenti al D.L. "quando il procedimento non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili", e rinviandosi comunque per il resto alla L. 689 del 1981.

L'art.5 infine determina la data di entrata invi gore del D.L. (il giorno successivo a quello della pubblicazione).

3.1.- La sommaria esposizione dei contenuti del provvedimento consente di affermare che, in linea di massima, esso appare coerente alla legge delega e meritevole di consenso (pur con i già accennati, inevitabili limiti insiti in un'operazione ancora troppo parziale per essere complessivamente valutata). I principi e criteri direttivi sono infatti stati così fissati con l'art.1 lett.c): 1) "mantenere la sanzione penale per le norme concernenti la sicurezza del lavoro e le condizioni psicofisiche del lavoratore" con pena alternativa contenuta nel massimo a mesi sei di arresto e lire dieci milioni di ammenda, salvi i casi di "maggiore gravità con riferimento al pericolo concreto per la salute" per i quali deve essere comminata esclusivamente la pena detentiva; 2) "trasformare in illeciti amministrativi tutti gli altri reati" con sanzione pecuniaria non superiore a lire cinque milioni.

Come è facile constatare il Governo si è attenuto alle direttive della delega limitandosi alla "modifica delle sole disposizioni sanzionatorie" e, conseguentemente, astenendosi da ogni intervento semplificatorio, di aggiornamento e/o integrazione sui precetti primari e sulla strutturazione delle varie forme di illecito (che pure, in taluni casi almeno, sarebbe auspicabile se non necessario). Sempre nei limiti dei poteri delegati si è provveduto altresì a prescrivere limitazioni alla facoltà di pagamento in misura ridotta e a

"individuare l'autorità competente ad irrogare le sanzioni amministrative inerenti agli illeciti depenalizzati" (opportunamente indicandosi in questo caso l'Ispettorato del lavoro).

A conferma della necessità di interventi strutturali più ampi, è' interessante rilevare che una parte della delega non ha potuto avere esecuzione per difetto dei suoi presupposti:

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si tratta in particolare del riferimento, contenuto nel n.2) della lett. c), alla previsone di

"sanzioni amministrative accessorie corrispondenti alle pene accessorie dei reati depenalizzati". Nonostante la tipologia degli illeciti e la intuibile particolare utilità di forme sanzionatorie diverse dalle tradizionali pene detentive e/o pecuniarie, il legislatore delegato ha dovuto prendere atto che "per i reati decriminalizzati, infatti, non sono previste oggi sanzioni penali accessorie" (cfr. p.4 della relazione).

3.2.- Passando poi ad un esame più particolareggiato delle singole scelte compiute con lo schema sottoposto a parere, si possono manifestare talune perplessità in ordine alla concreta applicazione a determinate fattispecie della "linea di demarcazione tra le sfere degli illeciti", che pure la legge n.499 - a detta dello stesso Ministero - ha fissato in forma

"precisa". Infatti non sembra giustificata la decriminalizzazione delle ipotesi contravvenzionali di cui agli artt.7 e 14 della L. 977/1967, trattandosi di due diverse previsioni - una di ordine generale, l'altra di assai più specifico ambito - comunque riguardanti in modo indiscutibile la salvaguardia delle condizioni psicofisiche del lavoratore (dovendosi nell'un caso assicurare "l'osservanza di condizioni soddisfacenti di lavoro, idonee a garantire la salute, lo sviluppo fisico e la moralità", e nell'altro rispettare limiti quantitativi precisi dei pesi da trasportare e sollevare). Si dovrebbe pertanto trattare di situazioni rientranti nell'ambito del n.1) lett. c) per le quali andrebbe mantenuta la sanzione penale, come del resto si verifica nello stesso schema di D.L. all'art. 2 co.1° per l'analoga disposizione di cui all'art. 3 co. 1 della L. 1204/1971 a tutela delle lavoratrici madri (divieto di adibire al trasporto e al sollevamento di pesi).

3.3.- Su di un piano diverso sembra poi criticabile la scelta di inserire nella categoria degli illeciti penali meno gravi qualunque violazione del limite di età minima per l'ammissione al lavoro (artt. 3 e 4 L.977/1967) data l'evidente, concreta incompatibilità - almeno delle violazioni più clamorose - con le esigenze particolari di tutela della salute fisio-psichica del minore (e del suo sviluppo educativo).

3.4.- Va infine segnalato un'apparente lapsus omissivo contenuto nel decreto, laddove risulta pretermessa la previsione contenuta nell'art. 3 co. 4 della L.1204/1971 (diritto al mantenimento della retribuzione e qualifica originale in caso di passaggio transitorio a mansioni inferiori disposto a tutela della salute della lavoratrice madre): mentre infatti l'attuale art. 31 della stessa legge 1204 prevede una ammenda per l'inosservanza di tutte le

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disposizioni contenute nell'art. 3 (compreso quindi il quarto comma), il nuovo art.31 configurato nello schema di D.L.(art. 2 co.1) mantiene carattere di illecito penale soltanto all'inosservanza dei primi tre commmi dell'art.3, ma tralascia poi di determinare la nuova sanzione amministrativa per la violazione del quarto comma. Questa rischia pertanto di rimanere per così dire sospesa tra vecchia e nuova disciplina, tra l'area dell'illecito penale (dalla quale dovrebbe essere rimasta esclusa) e quella dell'illecito amministrativo (in cui non risulta però ancora entrata).

Nei termini che precedono è il parere del Consiglio".

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