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Oncologia. Cittadinanzattiva-Tdm: “Attese fino a 60 giorni per la prima visita”. Il Rapporto - Quotidiano Sanità

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ONCOLOGIA:

PERSONALIZZAZIONE DELLE CURE, RISPETTO DEL TEMPO,

CONSENSO INFORMATO

Focus sul cancro del colon retto

(2)

Con il supporto non condizionato di In collaborazione con

(3)

INDICE

PREMESSA 3

CAPITOLO 1 – La rilevazione civica 4

1.1 Il tavolo di lavoro 4

1.2 Gli strumenti di rilevazione 5

1.3 Oggetto della rilevazione 6

1.4 Valori e limiti 8

CAPITOLO 2 – IL CANCRO IN ITALIA 9

CAPITOLO 3 – LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO: QUALI DIRITTI PER I CITTADINI 11

CAPITOLO 4 – LE PRINCIPALI VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEL MALATO ONCOLOGICO 15

4.1 Sospetto errore diagnostico-terapeutico e sicurezza 15

4.2 Liste d’attesa 18

4.3 Accesso alle informazioni per accedere a servizi e benefici socio-economici 20

4.4 Accesso a ricoveri, “dimissioni forzate” 22

4.5 Accesso ai farmaci 23

CAPITOLO 5 – LE CONSEGUENZE DEL CANCRO SULLA VITA DEI PAZIENTI E DI CHI SI OCCUPA DI LORO 25

CAPITOLO 6 – IL DOCUMENTO PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO NAZIONALE 29

CAPITOLO 7 – LA RETE ONCOLOGICA 30

CAPITOLO 8 – I PERCORSI DIAGNOSTICO TERAPEUTICI ASSISTENZIALI 33

CAPITOLO 9 – I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE CIVICA 36

9.1 La voce dei pazienti 36

9.2 La risposta delle Aziende e l’organizzazione dei servizi 77

CAPITOLO 10 – BUONE PRATICHE 125

RIFLESSIONI CONCLUSIVE E PROPOSTE 130

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL DIRITTO A MISURE PREVENTIVE 142

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO: IL DIRITTO AD EVITARE SOFFERENZE INUTILI 144

LA FEDERAZIONE ASSOCIAZIONI INCONTINENTI E STOMIZZATI (FAIS) 149

APPENDICE: LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO 152

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PREMESSA

Il presente documento è il risultato dell’attività condotta da Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato nel corso del 2011-2012 sul tema della personalizzazione delle cure in ambito oncologico, con focus sul cancro del colon retto. La scelta di occuparsi di patologie oncologiche nasce dalla constatazione che siamo di fronte a “Disparità dell’offerta delle cure oncologiche nelle diverse regioni del Paese 1, differenze peraltro riconosciute dallo stesso Ministero della Salute. Proprio per questo i cittadini ci sollecitano quotidianamente per la tutela dei propri diritti, per segnalare disservizi, disagi, problemi e ostacoli che incontrano nella vita quotidiana quando si trovano alle prese con una patologia oncologica. L’impegno di Cittadinanzattiva sul tema dell’assistenza per le persone affette da cancro si è tradotto, in oltre trent’anni di attività, nella tutela diretta delle persone, attraverso le circa 300 realtà del Tribunale per i diritti del malato, i servizi PiT, presenti sul territorio nazionale; nella raccolta e diffusione di buone pratiche; nella valutazione dei servizi e produzione di informazione civica; nella promozione di politiche ad hoc su alcuni aspetti dell’assistenza (dal trattamento del dolore, alla prevenzione).

A titolo esemplificativo si citano solo alcune iniziative realizzate negli anni: dall’indagine sull’assistenza domiciliare oncologica2, al rapporto sulle unità di radioterapia; dalla lotta al dolore inutile, alla promozione di campagne di empowerment; dalla tutela dei diritti dei cittadini, alla promozione di buone pratiche attraverso il premio Andrea Alesini; dall’audit civico all’Osservatorio civico sul federalismo in sanità.

Cittadinanzattiva inoltre aderisce alla Global Lung Cancer Coalition3, un’ alleanza trasversale di 28 organizzazioni civiche di pazienti e di professionisti sanitari estesa a tutti i continenti (eccetto l’Africa), impegnate nella tutela dei diritti per cittadini affetti da cancro al polmone.

Questo lavoro è stato possibile grazie alla fattiva collaborazione di FAIS, Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati, che da diversi anni aderisce al CnAMC, Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici 4 di Cittadinanzattiva. FAIS ha messo a disposizione esperienze, informazioni e conoscenze sul tema, oltre a curare la raccolta di dati dai pazienti.

Questo rapporto è diviso concettualmente in quattro parti:

1. elementi di contesto;

 

1 Documento tecnico di indirizzo per la riduzione del carico di malattia da cancro. 

2 Primo e secondo Rapporto sull’assistenza domiciliare oncologica, anni 2004 e 2005 Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva. 

3 www.lungcancercoalition.org 

4 Per informazioni sul CnAMC www.cittadinanzattiva.it 

(7)

       

2. la voce dei cittadini che descrivono la capacità di risposta ai propri bisogni, anche per poter avere un ruolo attivo nel proprio percorso di cura (self management);

3. elementi di organizzazione aziendale vista con gli occhi dei cittadini nel rispetto di alcuni diritti;

4. riflessioni conclusive e proposte.

CAPITOLO 1- LA RILEVAZIONE CIVICA

La rilevazione civica è stata avviata a novembre 2011, per concludersi a luglio 2012.

In questi 8 mesi, le attività sono state finalizzate a:

‐ costituire un tavolo di lavoro, che ha fornito il supporto tecnico-scientifico all’iniziativa, per favorire una conoscenza che tenesse conto dei diversi punti di vista

‐ mettere a punto gli strumenti di rilevazione

‐ raccogliere i dati sul territorio

‐ inserire ed elaborare i dati

‐ analizzare i risultati e redigere il documento di sintesi (Rapporto).

L’attività, realizzata con il supporto non condizionato di Merck Serono, ha come obiettivo la produzione di informazione civica per rilevare le modalità di presa in carico del paziente nelle aziende sanitarie o ospedaliere, conoscere meglio i bisogni dei pazienti, mettere meglio a fuoco alcuni diritti della Carta Europea dei diritti del malato.

1.1 Il Tavolo di lavoro

Nella promozione di attività e politiche Cittadinanzattiva opera in collaborazione dei principali stake-holder, nella convinzione che il confronto, la messa in comune delle conoscenze -in termini di bisogni, buone pratiche e risorse- e il lavoro condiviso con chi opera sul campo porti un valore aggiunto non solo al lavoro in sé, ma contribuisce anche a creare il cosiddetto “ambiente civico5.

Fanno parte del tavolo di lavoro

 

5 Si tratta della creazione e il consolidamento di un ambiente in cui contino i temi civici. Ciò significa, in primo luogo, fare una politica culturale rivolta ai target più diversi; 

creare alleanze tra soggetti diversi della cittadinanza attiva; dialogare con altri soggetti della società civile: imprese, università, fondazioni. 

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A.I.I.A.O.- Associazione Italiana Infermieri di Area Oncologica6

• AIOSS - Associazione Operatori Sanitari Stomaterapia

• FAIS - Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati

• FIASO – Federazione Italiana Aziende Sanitarie e ospedaliere

• SIAPEC - Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia diagnostica

• SIMeP - Società Italiana di Medicina Personalizzata.

In particolare FAIS ha avuto un ruolo centrale non solo per la definizione delle priorità delle aree da monitorare e l’elaborazione degli strumenti, ma ha collaborato fattivamente nella raccolta dei dati dai pazienti, mettendo a disposizione il proprio network di associazioni.

1.2 Gli strumenti di rilevazione

Ai fini della rilevazione si è ritenuto, dopo un confronto con il tavolo di lavoro, di mettere a punto due strumenti diversi:

1. Questionario per i pazienti.

Il questionario per i pazienti è rivolto a quelle persone che hanno una stomia come conseguenza di interventi per cancro del colon retto.

É stato compilato dagli stessi pazienti (o da una persona da lui incaricata), su richiesta di FAIS che ne ha curato la diffusione e successiva raccolta.

2. Griglia di rilevazione e intervista agli stakeholder delle aziende ospedaliere o presidi ospedalieri.

 

6 All’avvio del progetto AIIO – Associazione Infermieri Italiani di Oncologia.

 

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La griglia di rilevazione e intervista destinata alle Aziende, invece, è stata diffusa attraverso i referenti locali di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato, che hanno raccolto le disponibilità delle direzioni aziendali e curato, insieme ai referenti aziendali, la compilazione.

Nella compilazione della griglia sono stati coinvolti:

‐ Direzione generale (o di presidio ospedaliero)

‐ Responsabile di dipartimento (in sua assenza di UO)

‐ Responsabile servizio anatomopatologia

‐ Coordinatore infermieristico.

A completamento vi è stata la rilevazione diretta da parte degli attivisti del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, in collaborazione con i referenti aziendali.

Hanno partecipato alla rilevazione:

‐ 104 pazienti

‐ 33 realtà ospedaliere. Con la definizione di realtà ospedaliere intendiamo Aziende Ospedaliere, Presidi ospedalieri, IRCCS, etc., rispettando la definizione di ospedale data dal “cittadino comune”.

1.3 Oggetto della rilevazione

L’ oggetto della rilevazione può essere sintetizzato in:

‐ Empowerment e ruolo attivo del paziente

‐ Diritti del paziente

‐ Elementi di organizzazione aziendale.

Rispetto ai diritti, il documento di riferimento è rappresentato dalla Carta Europea dei diritti del malato7, che sin dal momento della sua redazione e proclamazione, mira a garantire un “alto livello di protezione della salute umana”, identificando quei diritti inalienabili del paziente che ogni paese dell'Unione Europea dovrebbe tutelare e garantire.

 

7 Il dettaglio dei 14 diritti della Carta Europea dei diritti del malato è disponibile in appendice del presente rapporto. 

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É stata operata una selezione e si è deciso di porre l’accento e attenzione su 3 di essi, vale a dire:

‐ Diritto ad un trattamento personalizzato

‐ Diritto al consenso

‐ Diritto al tempo.

L’organizzazione delle strutture sanitarie è uno dei requisiti fondamentali nella capacità di offrire risposte alle persone che vi si rivolgono:

tempi, burocrazia, coordinamento dipendono molto da questo. Per tali motivi si è deciso di rilevare ad esempio alcuni indicatori che potessero mostrare se i percorsi del paziente fossero definiti e codificati; l’esistenza di strumenti utilizzati per garantire alcuni diritti (informazione e tempo solo per fare due esempi).

Il punto di vista delle persone che si confrontano con i professionisti sanitari, le modalità di erogazione dei servizi, le difficoltà incontrate, l’attenzione ricevuta, sono il punto di partenza e di arrivo della nostra rilevazione: rappresentano infatti il motivo per cui abbiamo realizzato questa attività e, al tempo stesso l’obiettivo finale che Cittadinanzattiva si propone di raggiungere attraverso l’uso “politico dei dati”:

analizzare le criticità per proporre soluzioni.

La selezione degli indicatori è avvenuta inoltre a partire dalle priorità individuate nel Piano oncologico 2011-2013, ritenendo che una fotografia dell’esistente possa essere di aiuto e di stimolo alle realtà regionali e aziendali per raggiungere alcuni degli obiettivi fissati e in particolare quelle azioni che lo stesso Ministero della salute, nella relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-2010 ritiene indispensabili per migliorare la presa in carico del paziente:

‐ la diffusione di percorsi diagnostico-terapeutici di gestione integrata, con il coinvolgimento attivo del paziente;

‐ la fruibilità di supporto psico-oncologico;

‐ il rispetto dei tempi di attesa per visite, prestazioni diagnostiche, analisi cito-patologica.

Occupandosi di PDTA, è inevitabile parlare di multidisciplinarietà; il coinvolgimento attivo del paziente è direttamente collegato con il consenso informato; i tempi di attesa sono strettamente correlati con il rispetto del piano nazionale di governo delle liste d’attesa (PNGLA) per il Triennio 2010-20128, che prevede PDT, “pacchetti di prestazioni” proprio nell’ambito oncologico.

 

8 Accordo Stato – Regioni 28 ottobre 2010, G.U. n. 274 del 23/11/10. 

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La scelta di dedicare, all’interno della rilevazione, un focus al cancro del colon retto risiede nella numerosità delle persone che ne sono colpite, ma anche per gli importanti risultati conseguiti dai progressi della scienza e della medicina che hanno consentito non solo di migliorare la sopravvivenza, ma anche la personalizzazione delle cure.

1.4 Valori e limiti

É necessario sottolineare che il numero di questionari raccolti non consente di disporre di un campione statistico sufficientemente rappresentativo; tuttavia ciò non diminuisce il valore della rilevazione e del presente Rapporto.

Il documento è un esempio di informazione civica. “Essa può essere definita come la produzione, da parte dei cittadini e sulla base del loro punto di vista, di informazioni a partire da dati raccolti direttamente o indirettamente e orientata alla trasformazione della realtà nella direzione di un aumento della effettiva tutela dei diritti dei cittadini e di una realizzazione delle condizioni a ciò connesse”.

I dati e le informazioni contenute in questo rapporto, pertanto, non devono essere considerati tanto come rappresentativi del complesso mondo del sistema delle cure in ambito oncologico e del contesto nazionale/regionale, quanto piuttosto come indicatori degli eventi sentinella, vale a dire questioni e situazioni di maggior rilievo tra quelle oggetto di approfondimento e volte a migliorare i servizi socio- assistenziali.

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CAPITOLO 2 - IL CANCRO IN ITALIA

Il cancro è una patologia che in passato è stata definita come “quel male”, associato all’incurabilità e alla compassione; la sola parola cancro sembrava innominabile e generava non solo paure, ma l’accettazione e la convinzione che la persona “non ce l’avrebbe fatta”.

Grazie all’affinamento delle tecniche diagnostiche e delle opportunità terapeutiche, la malattia non è più legata inesorabilmente al decesso:

il cancro (o tumore) si può curare e si può (e deve) prevenire. La medicina e la ricerca, infatti, nel tempo hanno individuato armi e percorsi sempre più efficaci e mirati alla specificità dei diversi casi, dalla prevenzione, alla diagnosi precoce, alla terapia, al fine di migliorare la prognosi per ogni persona in termini di durata e qualità della vita.

Le cause che determinano il cancro sono la combinazione di diversi fattori, classificabili essenzialmente in:

• fattori interni, quali ad esempio mutazioni genetiche, ormoni, funzionalità dell’apparato immunitario

fattori esterni, legati sia all’ambiente (agenti infettivi, prodotti chimici, radiazioni, etc.) sia allo stile di vita (dieta, attività fisica, fumo, etc.)9.

Nonostante le più approfondite conoscenze, le migliori opportunità diagnostiche e terapeutiche e l’investimento in termini di prevenzione (dalle iniziative per promuovere corretti stili di vita, allo screening), l’incidenza dei tumori nella popolazione italiana è in aumento soprattutto, ma non esclusivamente, per la proporzione crescente di anziani, i quali presentano un maggior rischio di sviluppare patologie tumorali.

Il rischio complessivo di avere una diagnosi di tumore riguarda un uomo ogni due e una donna ogni tre nel corso della loro vita;

teoricamente una donna ogni 8 potrà sviluppare un tumore alla mammella, così come un uomo ogni 9 e una donna ogni 35 potrebbe avere un tumore al polmone, 1 uomo ogni 7 un tumore della prostata, un uomo ogni 10 e una donna ogni 17 un tumore del colon retto 10.

In Italia circa il 28% dei decessi è dovuto a patologie oncologiche11; si tratta in generale della seconda causa di morte (la prima fra gli adulti e la seconda tra gli anziani)12.

 

9 I numeri del Cancro in Italia 2011 – AIOM, AIRTUM 

10 I numeri del Cancro in Italia 2011 – AIOM, AIRTUM 

11 Rapporto Osservasalute 2011. 

12 Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2009‐2010, Ministero della Salute – Direzione Generale del sistema informativo e Statistico Sanitario. 

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10  É vero anche che per la maggior parte delle neoplasie c’è un aumento della sopravvivenza maggiore rispetto al resto d’Europa: a 5 anni è vivo l’83% di chi è colpito da neoplasia al seno (contro l’80%), il 58% di chi è colpito da tumore del colon-retto (rispetto al 54%), il 79% di chi è colpito da neoplasia alla prostata (contro il 74%) e il 13% di chi è colpito da tumore al polmone (contro il 10%)13.

Escludendo i tumori epiteliali della cute, il tumore più frequente è quello del colon-retto, con quasi 50.000 nuove diagnosi stimate per il 2011, seguito dal tumore della mammella con 45.000 nuovi casi di cui il 99% nel sesso femminile; seguono il tumore della prostata con 42.000 casi e il tumore del polmone con 38.000 casi dei quali un quarto nel sesso femminile.

Tra gli uomini prevale il tumore della prostata (20% di tutti i tumori diagnosticati); seguono il tumore del polmone (15%, con tendenza alla riduzione), il tumore del colon-retto (14%), il tumore della vescica (10%) e il tumore dello stomaco (5%).

Stando alla pubblicazione “I numeri del cancro in Italia 2011” Aiom, Airtum, in Italia nel 2011 le diagnosi stimate sono 360.000 nuovi casi di tumore maligno (esclusi i tumori epiteliali della cute).

Ogni giorno in Italia si diagnosticano 1000 nuovi casi di tumore; i tumori più frequenti sono:

Tab. 1 – nuove diagnosi cancro 2011

Tipologia tumore Numero di nuove diagnosi 2011

Colon retto 50.000

Mammella 45.000

Prostata 42.000

Polmone 38.000

Fonte:I numeri del Cancro in Italia 2011 – AIOM, AIRTUM

Tra le donne il tumore della mammella è il più frequente (29% di tutti i tumori diagnosticati), seguono i tumori del colon-retto (13%), del polmone (6%), del corpo dell’utero (5%) e dello stomaco (4%).

Sul sito del Ministero della Salute si legge che nel “2010 si attendono circa 300.000 pazienti con pregressa diagnosi di tumore al colon- retto. Una maggiore tempestività nella diagnosi e i miglioramenti terapeutici hanno determinato un aumento della sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che è passata dal 42% dei primi anni ’80 al 58% della fine degli anni ’90”.

L’analisi territoriale presentata nel documento tecnico per la riduzione del carico di malattia da cancro, mostra che un tasso d’incidenza del cancro del colon retto superiore alla media si verifica in regioni settentrionali come Trentino Alto Adige, Lombardia,Veneto e Emilia Romagna mentre elevati tassi di mortalità si registrano in Regioni meridionali come Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna.

      

13 Dati disponibili sul sito del Ministero della Salute – www.salute.gov.it 

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11  La scelta di dedicare un focus al cancro del colon retto risiede proprio in questo: nel numero di persone interessate, negli enormi passi in avanti fatti nel tempo rispetto alle cure, nella possibilità di personalizzare i trattamenti, coniugando innovazione e sostenibilità, anche attraverso l’uso di test predittivi e genetici come il test K-RAS.

Il test K-RAS

L'esame del KRAS è un'analisi di tipo genetico che viene eseguito su una piccola quantità di materiale bioptico prelevato dal tumore primario o dalle metastasi.

Il risultato dell'esame del KRAS, valuta eventuali mutazioni del gene detto appunto KRAS, indicando se è presente allo stato normale (wild-type: tipo "selvaggio") o alterato (mutato). Lo stato normale del gene KRAS indica che la persona ha maggiori probabilità di rispondere ad una terapia a base di anticorpi monoclonali anti-EGFR mentre, viceversa, lo stato mutato del gene KRAS impone di non somministrare tale terapia poiché quasi sicuramente non efficace.

CAPITOLO 3 - LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO: QUALI DIRITTI PER I CITTADINI

La Carta Europea dei Diritti del Malato, con i suoi 14 diritti, esplicita le garanzie che ogni persona dovrebbe ricevere in ogni Paese dell’Unione, a partire dai principi contenuti nella Carta Europea dei diritti fondamentali14.

Stando alla nostra esperienza, per un malato oncologico e per la sua famiglia, la violazione di alcuni diritti, più di altri, diventa sintomo di un’assistenza a metà. Può negare al malato e alla sua famiglia il mantenimento del governo della propria vita e creare vere e proprie discriminazioni (da residenza, reddito e cultura) nell’accesso alle cure più appropriate. In particolare:

• Il diritto a misure preventive, ovvero l’impegno del Sistema a favorire non solo la diagnosi tempestiva (pensiamo agli screening), ma anche a prevenire l’insorgenza della patologia ad esempio attraverso iniziative di promozione di corretti stili di vita, l’istituzione di centri Antifumo, la copertura vaccinale anti HPV.

      

14 La Carta Europea per i diritti del malato è stata realizzata nel 2002 da Active Citizenship Network; è il frutto del lavoro congiunto del Tribunale per i diritti del malato e 15  organizzazioni civiche europee. www.cittadinanzattiva.it; www.activecitizenshipnetwork.net 

 

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12 

• Il diritto all’accesso, vale a dire la possibilità di usufruire di servizi appropriati a prescindere dalle risorse finanziarie di cui personalmente si dispone (ad esempio il ricorso obbligato a prestazioni diagnostiche private o in intramoenia; etc.), e dal territorio in cui si è residente (nord, centro, sud, isole). La mobilità è legittima se si tratta di una libera scelta del cittadino, ma non può derivare da una necessità dettata dall’insufficienza o inadeguatezza dei servizi.

• Il diritto all’informazione, per accedere o attivare alcuni servizi o prestazioni senza scontrarsi con la farraginosità non solo delle

“procedure burocratiche”, ma anche disponendo in via preventiva delle informazioni necessarie a percorrerle adeguatamente (per l’accesso alle cure, a protesi e ausili, a benefici socio-economici, per l’attivazione dell’assistenza domiciliare, etc.). O anche per avere conoscenza di quanto la ricerca e l’innovazione mettono a disposizione per contrastare e curare la malattia e per favorire una migliore qualità di vita.

• Il diritto a un trattamento personalizzato, per costruire programmi diagnostici o terapeutici quanto più possibile adatti alle personali esigenze del paziente, che ponga attenzione agli effetti collaterali delle terapie prescritte e praticate. É indispensabile avere riguardo al contesto socio-familiare, determinante per definire le modalità di erogazione delle cure (domiciliare, in regime di degenza, etc.), la protezione socio-sanitaria da garantire, etc.

• Il diritto alla libera scelta, ovvero la facoltà di decidere tra le differenti procedure disponibili per trattare la patologia (alternative terapeutiche) e tra i differenti erogatori di trattamenti sanitari presenti. Il presupposto è la disponibilità e la fruibilità per il cittadino di adeguate informazioni sui diversi centri e professionisti in grado di garantire i trattamenti scelti; sull’impiego di un approccio multidisciplinare, oltre che sui risultati raggiunti attraverso l’ attività di cura.

• Il diritto al rispetto dei tempi dei pazienti nell’offerta di risposte ai bisogni dei pazienti e dei loro familiari, non solo nell’erogazione di prestazioni sanitarie (dalle prestazioni diagnostiche, alla radioterapia; dai trattamenti chemio-terapici alle cure farmacologiche, dall’intervento all’assistenza domiciliare oncologica), ma anche di quelle a carattere sociale (riconoscimento dell’invalidità civile, accesso a benefici economici e servizi socio-sanitari). Il rispetto del tempo, in questo contesto è da intendersi anche come quello dedicato all’ascolto del paziente e del familiare per favorire la comprensione delle condizioni di salute, del percorso terapeutico, delle aspettative; in senso più ampio potremmo ricomprendere il counselling e la cura dell’aspetto psicologico.

• Il diritto all’innovazione, non solo nell’utilizzo delle procedure diagnostiche più avanzate e appropriate, ma anche nelle terapie farmacologiche, chirurgiche, radioterapiche, in linea con gli standard internazionali.

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13 

• Il diritto a evitare le sofferenze e il dolore non necessari, rivolgendo la giusta attenzione alla dignità e alla sofferenza della persona in tutte le fasi della malattia: dall’esecuzione di esami invasivi, fino all’accompagnamento al fine vita, attraverso le cure palliative in regime di degenza e domiciliare.

Box 1 - La medicina personalizzata La medicina personalizzata15

Come anticipato, uno dei diritti fondamentali sancito nella Carta europea dei diritti del malato è il Diritto a un trattamento personalizzato, per mettere la persona al centro in ogni atto diagnostico o terapeutico.

Guardando agli orizzonti della scienza e della medicina, non è possibile ignorare il movimento che promuove la cosiddetta Medicina Personalizzata. Il punto di partenza in questa “disciplina” è che esiste una grandissima variabilità inter-individuale nella propensione a sviluppare particolari malattie, nell’efficacia delle terapie farmacologiche e nei conseguenti effetti collaterali e che attraverso la caratterizzazione del genoma c’è la possibilità di predire con buona affidabilità la risposta clinica e i rischi specifici per il singolo individuo. Grazie allo sviluppo di tecniche analitiche mirate, è oggi possibile attuare un percorso di diagnosi e cura specifico per il singolo paziente.

Si tratta di un approccio nuovo, che offre al medico nuovi strumenti e linee-guida per effettuare scelte terapeutiche appropriate e per ridurre al minimo la tossicità della terapia, senza dover rinunciare all’efficacia. Potrebbe avere inoltre una notevole valenza anche al livello sociale pubblico e delle risorse economiche delle famiglie per gli impatti positivi sulla qualità di vita del paziente e per l’ottimizzazione delle risorse del sistema sanitario.

Chi promuove e crede nella Medicina personalizzata16 ritiene che i benefici che si potrebbero avere sono:

1. prevenzione: identificazione e monitoraggio dei rischi da terapia farmacologica;

2. scelta ottimale della terapia: incremento dell’efficacia;

3. contrasto delle scelte basate sul modello prescrittivo trial-and-error (“proviamo e vediamo come va”);

4. contrasto della “prescrizione inutile”;

      

15 Le notizie riportate nel box sono state estrapolate dal sito della Società italiana di Medicina Personalizzata – SIMeP; www.simep.org 

16 Un’esperienza di applicazione della medicina personalizzata è in atto presso l’Azienda Ospedaliera S. Andrea, La Sapienza Università di Roma. 

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5. riduzione delle reazioni avverse;

6. aumento significativo dell’aderenza alla terapia da parte dei pazienti;

7. riduzione del costo per “spesa superflua” nel sistema sanitario pubblico.

Questi orizzonti potrebbero coniugare il diritto all’innovazione con la sostenibilità del Servizio Sanitario, ma ci sono ovviamente diversi pesi sul piatto della bilancia, che possono essere così sintetizzati:

14 

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15         

CAPITOLO 4 - LE PRINCIPALI VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEL MALATO ONCOLOGICO

Cittadinanzattiva rileva e gestisce le segnalazioni spontanee delle persone che hanno avuto difficoltà nell’ accesso alle cure o sperimentato violazioni di diritti, attraverso la tutela gratuita offerta dal PiT17, dai centri di tutela e dalle oltre 300 realtà locali del Tribunale per i diritti del malato.

Le segnalazioni ricevute ogni anno vengono sistematizzate in un rapporto nazionale che fotografa il servizio sanitario con gli occhi di chi usufruisce dei servizi e definisce l’agenda civica delle priorità da affrontare. Il rapporto 2011 ne analizza oltre 23’000; nell’area oncologica le questioni più “sensibili” per i cittadini sono relative a:

• sospetto errore diagnostico-terapeutico/sicurezza;

• tempi di attesa per prestazioni diagnostiche e terapeutiche;

• difficoltà di accesso a ricoveri, servizi, prestazioni, farmaci;

• carenza di umanizzazione e trattamento del dolore;

• ostacoli nell’accesso a benefici socio-economici.

4.1 Sospetto errore diagnostico-terapeutico e sicurezza

Il tema della cosiddetta malpractice e della sicurezza delle strutture sanitarie continua ad essere il problema più rilevante per i cittadini che ci contattano; il trend è in lieve crescita: dal 18% del 2009 è passato al 18,5% nel 2010.

I cittadini segnalano meno i presunti errori diagnostici e terapeutici, che dal 63% del 2009, sono scesi al 58,9% nel 2010, tuttavia, le segnalazioni sulle disattenzioni del personale sanitario, ovvero tutti quei comportamenti che pur non avendo causato un danno rappresentano procedure incongrue potenzialmente rischiose, sono più che raddoppiate, passando dal 5,8% del 2009, al 12,9% del 2010.

 

17 Progetto integrato di Tutela, è un servizio di informazione, consulenza e assistenza, inaugurato nel 1996 per supportare i cittadini nel loro rapporto con i servizi socio‐sanitari. 

www.cittadinanzattiva.it. 

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Tab. 2 – Presunti errori diagnostici per area specialistica segnalata

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Il maggior numero di segnalazioni su presunti errori diagnostici si riscontra nell’area oncologica, con un 29,3%.

Queste segnalazioni sono le più sentite in quanto un errore in questo campo, più che in altri, può avere un esito fatale. Come mostrato nel box 2, il presunto errore spesso si verifica per sottovalutazione dei sintomi riferiti dal paziente, ma anche, a causa di accertamenti effettuati con poca cura, con macchinari obsoleti, per errate prescrizioni diagnostiche o per errata lettura delle immagini.

Nei presunti errori, tralasciando il profilo di eventuali responsabilità e/o riconoscimento del danno, è interessante notare che dall’analisi della documentazione e delle segnalazioni, entrano in gioco fattori come la comunicazione e la credibilità data alla persona e ai sintomi riferiti; ad un sistema che può nascondere insidie nella filiera delle informazioni e comunicazioni al diretto interessato (o persona da lui delegato), vetustà o inadeguatezza dei servizi e delle apparecchiature utilizzate. Ecco qualche esempio:

16 

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17  Box 2– Esempi di sospetti errori diagnostici in oncologia

ESEMPI DI PRESUNTI ERRORI DIAGNOSTICI IN ONCOLOGIA

• Mancata prescrizione di accertamenti utili alla rilevazione della patologia (es. TAC ; RMN; Total Body; ecografie; ecc.).

• Ritardo di diagnosi tumorale, per sottovalutazione dei sintomi riferiti.

• Mancata prescrizione di esami per la verifica della presenza di markers tumorali.

• Mancata comunicazione all’interessato di risultati positivi di patologia oncologica (es. risposta pap test; accertamenti casuali fatti in occasione di altri interventi; ecc.).

• Errata lettura di esami istologici estemporanei e definitivi.

• Errata valutazione della stadiazione del tumore.

• Errata valutazione di fattori di rischio concomitanti (es. collocazione della neoplasia aderente a vasi, nervi o ad altri organi).

• Mancata prescrizione di accertamenti di controllo, nel post intervento.

• Errata diagnosi radio e chemioterapica.

• Mancata rivalutazione diagnostica post radio e chemioterapia.

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Per quanto riguarda gli errori terapeutici, l’oncologia è la terza area specialistica in cui si concentrano le segnalazioni (10,7%), con un forte trend in crescita rispetto al 2009 (6,7%).

Leggendo attentamente le segnalazioni emerge che le persone sono più informate sui propri diritti, si aspettano non solo cura, ma care , cioè una presa in carico, che deve essere globale, anche nella fase terminale, pena il sospetto che si sarebbe potuto fare meglio e di più, che la persona sia stata considerata un numero. Inoltre il sospetto errore nasce da “lacune” riscontrate nella fase di follow up, nella corretta preparazione della terapia chemioterapica, oggetto tra l’altro anche di raccomandazioni ministeriali.

Per favorire una migliore comprensione dei motivi che inducono le persone a sospettare un errore terapeutico, si riportano alcuni esempi (box 3).

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18  Box 3– Esempi di sospetti errori terapeutici in oncologia

ESEMPI DI PRESUNTI ERRORI TERAPEUTICI IN ONCOLOGIA

• Intervento chirurgico con asportazione incompleta della massa oncologica (rischio disseminazione).

• Interventi troppo demolitivi rispetto alla neoplasia diagnosticata.

• Ritardo nella prescrizione e somministrazione di adeguata terapia oncologica.

• Ritardo o mancata effettuazione di Radio e/o chemioterapia quando era necessaria.

• Errori terapeutici inerenti alla terapia chemioterapica (es. dosi e vie di somministrazione non corrette).

• Mancanza di opportuni controlli di screening per il monitoraggio della patologia e per la prevenzione della sua ripresa .

• Mancanza di adeguata assistenza e nei tempi congrui per i malati terminali.

• Mancanza per malato e familiari di adeguata assistenza e sostegno psicologico.

• Difficoltà di accesso nei centri di terapia oncologica.

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

4.2 Liste d’attesa

L’oncologia è l’area che risente maggiormente delle attese per ottenere un esame diagnostico, e viene segnalata dal 18,2% dei cittadini. In particolare l’ecografia, la risonanza magnetica e la mammografia sono gli esami che si fanno attendere di più. I cittadini hanno segnalato 12 mesi per accedere a una mammografia, 10 mesi per una TAC o risonanza magnetica, più di 8 mesi per una ecografia.

Rispetto alle visite specialistiche, la tabella che segue, mostra che in ambito oncologico c’è un trend di segnalazioni in discesa, di circa 3 punti percentuali dal 2009 al 2010.

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Tab. 3 – Segnalazioni liste d’attesa per area specialistica (anni 2009-2010)

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Questo segnale incoraggiante deve essere letto anche considerando i tempi medi segnalati per accedere ad un visita specialistica oncologica che sono passati da nove mesi del 2009 a cinque mesi nel 2010. Sebbene si siano quasi dimezzati, le persone non trovano accettabile dover attendere così tanto.

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Tab. 4 – Tempi di attesa medi per visita specialistica (anni 2009-2010)

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

I tempi di attesa tuttavia non riguardano solo visite o esami, ma anche l’esecuzione di interventi; in quest’area la situazione è sicuramente fonte di preoccupazioni anche per la mancanza di trasparenza e possibilità di verificare direttamente i tempi. La percentuale di segnalazioni che disagi di attesa nell’area oncologica sono intorno al 13%.

La viva voce dei cittadini…

In data 3/05/2010 mi è stato diagnosticato un adenocarcinoma all´utero e dovrei fare urgentemente una risonanza magnetica. Con il C.U.P. mi avrebbero prenotato per il 22/11/2010. Ho provato in una Casa di cura convenzionata, fuori dalla mia regione, dove pareva che i tempi di attesa fossero inferiori e mi hanno proposto settembre. Allora ho provato a pagamento ( 500,00 euro) e la prenotazione è per il 06/06/2010.

Visto che sulle richieste che ho c´è scritto urgente, questa procedura è regolare??

4.3 Accesso alle informazioni per accedere a servizi, benefici socio-economici correlati alla patologia

L’accesso alle informazioni inerenti le prestazioni per patologie oncologiche passano dal 7,6% del 2009 al 6,5% del 2010, con una flessione in negativo dell’1% circa. Le difficoltà a trovare informazioni attengono: centri specializzati o terapie specifiche, percorsi assistenziali protetti, diritti e agevolazioni spettanti in ambito sociale e sanitario (invalidità civile, handicap, lavoro, scuola, ausili etc).

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In particolare le persone affette da patologia oncologica sono la prima “tipologia” di pazienti che si è rivolta a Cittadinanzattiva per avere tutela rispetto ai benefici legati a invalidità civile e handicap; questo trend è in linea con le segnalazioni ricevute nel 2009, anche se si rileva una riduzione di 3 punti percentuali.

Tab. 5 – Difficoltà accesso benefici socio-economici per patologia

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Sorprende questo dato perché nonostante il legislatore sia venuto incontro a questi pazienti, disegnando un percorso semplificato e di maggiori garanzie (soprattutto con la legge 80/06), sono ancora molte le difficoltà che sono costretti ad affrontare. Tra di esse: tempi massimi per la convocazione a prima visita non rispettati, verbali provvisori (utili al godimento immediato dei benefici) non previsti dalle ASL o non accettati dalle amministrazioni (dal datore di lavoro per permessi Legge 104/92, dalle stesse ASL per erogazioni protesi e ausili ecc.).

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4.4 Accesso a ricoveri, “dimissioni forzate”

Nel 2010 abbiamo rilevato un aumento di segnalazioni per dimissioni “forzate” in ambito oncologico, che sono quasi raddoppiate: si è passati dal 11,6% del 2009 al 19,7% nel 2010. Per dimissioni forzate o improprie, intendiamo le dimissioni premature e/o senza la garanzia di adeguata assistenza al momento del ritorno al proprio domicilio.

Tab. 6 – Dimissioni per area specialistica (anni 2009-2010)

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Nel 2010 il 6,5% delle segnalazioni relative a dimissioni “forzate” ha riguardato anche persone in fase avanzata di malattia. Si tratta di persone (e relative famiglie) che pagano il prezzo più alto rispetto agli altri; l’impossibilità di gestire una persona in queste condizioni in ospedale è assolutamente condivisibile dato che non è l’ospedale il luogo più idoneo per questi pazienti, lo riconoscono le stesse persone che ci hanno contattato; il motivo della segnalazione infatti è quello di denunciare l’abbandono vissuto, l’impossibilità ed il dramma di accudire un paziente in quelle condizioni, l’assoluta carenza di strutture specializzate sul territorio (Hospice).

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4.5 Accesso ai farmaci

Infine, crescono le richieste di informazione sull’assistenza farmaceutica. I cittadini hanno sempre più spesso difficoltà ad ottenere informazioni sulle modalità di accesso a determinati farmaci, su chi e come deve prescriverli. Ancora, hanno difficoltà ad ottenere informazioni su aspetti specifici come i piani terapeutici, le modalità di distribuzione e di accesso ai farmaci, spesso diversi da una Regione all’altra, le note AIFA e le sperimentazioni farmaceutiche.

Le segnalazioni relative ai farmaci sono complessivamente il 3,1%. Ad essere maggiormente sofferenti dei disagi legati all’accesso ai farmaci sono le aree della neurologia e dell’oncologia, che si attestano entrambe intorno al 18% delle segnalazioni.

Fig. 1 – Segnalazioni su assistenza farmaceutica (anni 2009-2010)

Fonte: Rapporto PiT salute 2011 - Cittadinanzattiva, “Diritti al Taglio”

Andando ad analizzare le singole voci che compongono il grafico, notiamo al primo posto le segnalazioni inerenti i farmaci irreperibili (13,5% nel 2010 contro il 14,5% nel 2009). Rientrano in questa voce farmaci che risentono da una parte, di problemi di produzione (ad

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24  esempio nel caso in cui la casa farmaceutica abbia deciso di non produrre più un farmaco o non sia stata rinnovata l’AIC da parte dell’AIFA), dall’altra parte, problemi inerenti la distribuzione del farmaco.

Seguono poi le difficoltà incontrate con i farmaci in fascia A che dal 12,3% del 2009 passano al 12,7% nel 2010. Il trend in crescita è determinato dall’aumento delle spese determinato dall’introduzione di nuovi ticket regionali sulla farmaceutica e dalla corresponsione della differenza di prezzo tra la quota rimborsata dal SSR e il costo del farmaco che abitualmente si utilizza.

A seguire troviamo le segnalazioni per i farmaci in fascia C che dal 13,4% del 2009 passano ad un 12,3% nel 2010. A lamentarsi sono soprattutto i cittadini che non riescono più a sostenere i costi dei farmaci in fascia C, che ricordiamo essere completamente a carico dei pazienti. I costi si fanno rilevanti specie per quelle persone per le quali il farmaco in questione risulta indispensabile ed insostituibile alla stessa stregua dei farmaci in fascia A.

Problemi con farmaci in fascia H continuano ad essere pesantemente avvertiti dai cittadini sebbene il dato mostri una lieve flessione rispetto al 2009. (12,2% nel 2009 11,6% nel 2010). In questo particolare ambito troviamo le segnalazioni di pazienti che hanno difficoltà ad accedere a terapie con farmaci ospedalieri.

In particolare abbiamo ascoltato decine di persone lamentarsi dell’interruzione della terapia in concomitanza con la fine dell’anno, quando le aziende sanitarie hanno ormai esaurito il proprio budget. Tra gli stessi pazienti circola la massima: “se ti devi ammalare, ti auguro di ammalarti all’inizio dell’anno”.

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CAPITOLO 5 - LE CONSEGUENZE DEL CANCRO SULLA VITA DEI PAZIENTI E DI CHI SI OCCUPA DI LORO

Il Quarto Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici18 contiene indicazioni interessanti sui costi sociali correlati alla malattia da cancro e delle principali ripercussioni sulla vita delle persone. Emerge con chiarezza che chi è alle prese con un tumore, siano essi pazienti o familiari/amici che si occupano dell’assistenza (care giver), sostengono un notevole peso economico per esborsi di denaro, oppure per mancato guadagno (effetti sulla produttività).

I costi “occulti” che restano a carico delle 960’000 persone che hanno avuto una diagnosi di cancro negli ultimi 5 anni sono stati calcolati:

36, 4 miliardi di euro annui sostenuti dalle famiglie.

Il costo sociale si compone di:

• costi diretti, vale a dire quelli sostenuti ad esempio per ticket, visite specialistiche, farmaci, trasporti, assistenti alla persona/sanitari;

• costi indiretti, ovvero quelli correlati alle ore di lavoro perse nel corso dell’anno, oppure ai mancati redditi per ritiro dal lavoro.

Dall’indagine emerge che i costi indiretti sono la componente più rilevante (84%) del costo sociale sostenuto. Quando il caregiver convive con la persona che ha un tumore diventa un punto di riferimento costante per l’esecuzione di alcune attività sanitarie (dalla somministrazione di farmaci, alle medicazioni), per le attività di sorveglianza o di supporto in attività ordinarie di vita (spesa, cucina, trasporto per raggiungere il luogo di cura, etc.).

Le reti informali, quelle familiari, amicali o di volontariato sono la “risorsa nascosta”: si fanno carico della necessaria integrazione di risposte ai bisogni socio-assistenziali, visto che difficilmente trovano risposte integrate nel nostro attuale servizio socio-sanitario.

Complessivamente in 5 anni di assistenza prestata dal care-giver, questo offre un servizio calcolabile in 12.000 euro; a questo valore, vanno ad aggiungersi i “costi” per mancato reddito da lavoro (6450 euro in 5 anni), per un cifra che si aggira a poco meno di 20000 euro.

Nel dettaglio ecco le “voci di spesa” e l’importo suddiviso nell’impatto nei primi due anni dal momento della diagnosi e successivamente nei 2-5 anni dalla diagnosi.

 

18 Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, FAVO 

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Tab. 7 – costi sociali sostenuti dai pazienti

Fonte: Quarto Rapporto sula condizione assistenziale dei malati oncologici; Favo - Censis   

Il rapporto con il lavoro è una delle dimensioni della vita quotidiana che vengono sottoposte a notevoli stress e cambiamenti sia per i pazienti che per i caregiver: entrambi devono ri-organizzarsi per adattarsi ai nuovi tempi e ritmi di vita, oltre che alle esigenze sanitarie più complesse.

Al momento della diagnosi di tumore quasi il 41% delle persone aveva un lavoro (a tempo indeterminato/determinato, autonomo, con forme flessibili); di questi il 78% ha avuto impatti sulla vita lavorativa oppure sul rapporto di lavoro a seguito della diagnosi (ad esempio:

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licenziamento, interruzione dell’attività, assenze, riduzione del rendimento, rinuncia a propositi di carriera); solo il 21,8% non ha subito cambiamenti nel lavoro.

Nella tabella 8 il dettaglio delle ripercussioni principali nella vita lavorativa:

Tab. 8 – cambiamenti sul lavoro per i pazienti legati all’insorgenza della patologia

Fonte: Quarto Rapporto sula condizione assistenziale dei malati oncologici; Favo - Censis

Anche i caregiver subiscono cambiamenti nella propria vita lavorativa: fanno assenze, vedono una riduzione del rendimento e, talvolta, devono rinunciare al lavoro svolto fino a quel momento.

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Tab. 9 – cambiamenti sul lavoro per i caregiver legati all’insorgenza malattia del paziente

Fonte: Quarto Rapporto sula condizione assistenziale dei malati oncologici; Favo - Censis

Ma nel momento in cui si scopre di “avere un tumore” le ripercussioni riguardano tutta la propria vita, con effetti sull’equilibrio psico-fisico.

Le persone coinvolte nell’indagine hanno dichiarato di avere sensazione di fragilità, tendenza alla facile commozione (57,9%), apatia, debolezza, perdita di forze (54,7%), dolori, disturbi fisici (52,9%), perdita del desiderio sessuale (47,6%), ansia (46,7%), problemi relativi all’aspetto fisico (42,2%); un elenco molto lungo e di problemi fisici e psicologici, che inevitabilmente condiziona la vita quotidiana.

L’aspetto psicologico è quello in cui si evidenzia una maggiore “fragilità”: per il 35,3% degli intervistati si è manifestata l’insorgenza di sfiducia, la perdita di interesse, la difficoltà ad accettare gli effetti collaterali delle cure; il 35,2% ha avuto problemi legati al disbrigo di pratiche della vita quotidiana come fare la spesa, lavori domestici, ecc.; per il 25,1% anche in famiglia sono insorti problemi e circa il 22%

ha avuto difficoltà nel lavoro. La sensazione di fragilità, l’ansia e una certa tendenza alla depressione, rimangono nel tempo, tanto che si registrano percentuali significative anche tra chi ha avuto una diagnosi di tumore da oltre cinque anni.

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CAPITOLO 6 - IL DOCUMENTO PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO NAZIONALE

Il 22 gennaio 2010 il Ministero della Salute, in occasione di una conferenza stampa, ha presentato il Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia da cancro 2011-2013, detto anche Piano triennale oncologico, definendo il quadro della situazione, le priorità e gli obiettivi per ridurre le “disparità dell’offerta nelle cure oncologiche nelle diverse Regioni del Paese”.

Il documento è stato oggetto di una apposita INTESA tra il Governo il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano a febbraio 201119, attraverso la quale il Piano oncologico è divenuto “parte integrante del Piano sanitario nazionale”.

Attraverso l’Intesa il Ministero e le Regioni si sono impegnate a definire insieme due documenti nel corso del 2011:

- linee-guida per l'implementazione delle reti oncologiche (con contenuti sia tecnico-scientifici sia organizzativi basati su analisi delle evidenze e delle buone pratiche);

- di indirizzo nell'uso delle risorse di sistema identificando ambiti di «recupero», attraverso la reingegnerizzazione delle pratiche «obsolete» o poco efficaci e dei modelli organizzativi meno efficienti.

La stessa Intesa definisce inoltre che entro il 31 dicembre 2012 sia prodotto un documento di HTA, basato sulla sintesi delle evidenze disponibili sulla costo-efficacia delle principali tecnologie.

Nel Documento emerge con evidenza che le questioni legate alla riduzione del divario di offerta e capacità di risposta delle Regioni sono riconducibili in sintesi a: appropriatezza e riduzione degli sprechi; organizzazione vincente, cioè quella della rete (dentro e fuori dall’ospedale), che comprende anche prevenzione primaria, secondaria e terziaria, oltre che le cure palliative (al domicilio, come in ospedale).

Le parole d’ordine sono multidisciplinarietà, presa in carico, integrazione, innovazione, ricerca.

Esso affronta analiticamente 7 grandi questioni:

 

19 Intesa, ai sensi dell'articolo 8 comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente il «Documento  tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro ‐ Anni 2011‐2013».  G.U. Serie Generale n. 50 del 2 marzo 2011 

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30  - il cancro in Italia, in merito a epidemiologia e registri tumori;

- prevenzione;

- percorso del malato oncologico, dall’ospedale al territorio nell’ottica della continuità assistenziale, con attenzione particolare anche a tumori rari, nell’anziano, nei bambini, patologie oncoematologiche;

- rinnovo tecnologico delle attrezzature, dall’anatomo-patologia, alla diagnostica per immagini; dalla chirurgia, all’endoscopia e radioterapia;

- innovazione, come ad esempio bio-banche, medicina molecolare, ricerca clinica e nuovi farmaci;

- formazione, come gli ECM e i LEFO (livelli essenziali di formazione in oncologia);

- comunicazione, intesa come strumento di sanità pubblica, nella relazione medico-paziente, nel rapporto con i media.

Per ognuna delle 7 questioni sono individuati obiettivi, definiti dal Documento come linee programmatiche; tra di esse troviamo:

• maggiore conoscenza dell’epidemiologia, con incremento di copertura da parte dei Registri Tumori del territorio nazionale dal 32%

attuale al ≥ 50%;

• riduzione della la migrazione sanitaria fra le varie Regioni, favorendo una riduzione del divario tecnologico, organizzativo ed assistenziale;

• sviluppare reti oncologiche con modelli tipo Hub & Spoke, dedicate in particolare allo sviluppo ed applicazione di nuove metodologie diagnostiche e terapeutiche ad alto contenuto tecnologico.

CAPITOLO 7 - LA RETE ONCOLOGICA

La rete oncologica è centrale nel Piano; essa è riconosciuta come elemento imprescindibile di un’organizzazione matura e in grado di prendere in carico e dare risposte ai bisogni delle persone. Viene infatti definita come il “coordinamento di tutte le azioni che riguardano l’assistenza al paziente neoplastico, dentro e fuori dall’ospedale” e lo considera “un punto irrinunciabile se si vogliono raggiungere standard di qualità elevati dell’assistenza oncologica e un requisito fondamentale per consentire un uguale accesso alle cure in tutto il territorio nazionale”.

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Gli standard di qualità per i cittadini consistono nella presa in carico globale del malato; in un approccio multidisciplinare e multidimensionale; nel riconoscimento precoce dei bisogni fisici, funzionali, sociali e riabilitativi; nella garanzia del miglior trattamento antitumorale, nella prevenzione nel controllo dei sintomi legati alla malattia o alle terapie; nell’umanizzazione delle cure.

L’osservatorio civico sul federalismo in sanità20 di Cittadinanzattiva, in merito alla rete oncologica, ha rilevato gli obiettivi delle reti oncologiche regionali, oltre che lo stato di attuazione.

Tra le Regioni coinvolte nell’attività di rilevazione sistematica dell’Osservatorio, quelle che prevedono nell’ultimo piano sanitario regionale il riferimento alla rete oncologica, troviamo Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle D’Aosta. Più in dettaglio:

• Abruzzo: presenta il riferimento alla rete oncologica nel programma operativo 2010, approvato con deliberazione commissariale n.

44/2010.

• Basilicata: prevede uno spazio per la realizzazione della rete oncologica nella proposta di piano socio-sanitario 2011-2014.

• Calabria: il piano sanitario è fermo per far posto al piano di riordino della sanità calabrese.

• Emilia Romagna: nel Piano Sociale e Sanitario Regionale vigente sono confermate le indicazioni del precedente Piano; prevede il consolidamento dell’assistenza oncologica regionale secondo il modello Hub e Spoke.

• Liguria: già nella L.R. 41/2006 aveva istituito le aree ottimali con lo scopo di realizzare una organizzazione a rete (e che trova la sua attuazione nel PSR 2009-2011) con un sistema di reti verticali, orizzontali e di sistema. Con la DGR 1281/2005 c’era stata la progettazione di un’ offerta assistenziale oncologica in rete.

• Marche: il piano sanitario regionale vigente (2007-2009) e la proposta di piano sanitario regionale 2011 – 2013 (in corso l’iter amministrativo) hanno previsto il primo la costituzione della rete oncologica della regione marche il secondo la sua implementazione.

La DGR 294/2010 – rete oncologica regionale marchigiana (r.o.re.m.): obiettivi e linee di indirizzo per la realizzazione della rete oncologica”. ha delineato una serie di azioni finalizzate a garantire nel tempo la piena realizzazione della rete e saranno garanzia della manutenzione della stessa.

• Toscana: dedica alla rete il vasto capitolo 5.6.1.1. del Piano sanitario regionale 2008-2010, intitolato LA RETE ONCOLOGICA. Il Piano conferma l'Istituto Toscano Tumori come strumento di governo della rete oncologica regionale, già prevista nell'azione programmata approvata con DGR n. 18 del 1998.

 

20 Osservatorio civico sul federalismo in sanità . Rapporto 2011, a cura di Angelo Tanese, Sabrina Nardi 

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• Valle d’Aosta: contiene riferimenti nel Piano regionale per la salute e il benessere 2011-2013 (L.R. 34/2010); ma riferimenti erano presenti anche nel piano precedente.

• Sicilia: il Piano Sanitario Regionale 2011-2013 dedica due capitoli al programma della rete oncologica.

É interessante la tabella che riportiamo di seguito, tratta dal Rapporto OASI 2009, Cergas Bocconi, che descrive in maniera sintetica lo stato dell’arte delle reti oncologiche e di cure palliative al 2009, secondo la classificazione:

a. reti sostanziali, nel caso di concreta attuazione, anche se non omogenea sul territorio regionale;

b. reti formali, qualora esistano documenti specifici a testimonianza della costituzione della rete;

c. reti annunciate, nel caso in cui siano state citate in documenti di programmazione regionale, o in progetti di carattere regionale, ma non abbiano avuto formalizzazione ad hoc o attuazione.

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Piemonte21, Lombardia e Toscana hanno le reti oncologiche regionali istituite da più tempo in Italia; queste stesse Regioni, insieme a Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche hanno formulato obiettivi per i direttori generali delle aziende rispetto all’implementazione della rete oncologica.

CAPITOLO 8 - I PERCORSI DIAGNOSTICO TERAPEUTICI ASSISTENZIALI

I percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali22 (PDTA) sono modelli locali che, sulla base delle linee guida e in relazione alle risorse disponibili, permettono all'azienda sanitaria di delineare, rispetto ad una patologia o un problema clinico, il miglior percorso praticabile all'interno della propria organizzazione. Rappresenta la sequenza spaziale e temporale delle attività che devono essere svolte dai diversi professionisti per offrire la migliore risposta assistenziale al paziente.

Attraverso i PDTA si passa da un modello di risposta sanitaria che distingue le prestazioni per natura/regime (evento acuto, intervento, terapia, controlli, etc) a un modello integrato di presa in carico del paziente.

I PDTA sono utili inoltre per analizzare gli scostamenti tra la situazione attesa e quella osservata in funzione del miglioramento.

l termine "percorso” intende rappresentare concettualmente:

1. l’iter del paziente dal primo contatto con il mondo sanitario alla diagnosi e terapia,

2. l’iter organizzativo che si realizza nella realtà aziendale dal momento della presa in carico del paziente.

I termini "diagnostico", "terapeutico" e "assistenziale" definiscono:

1. la presa in carico totale: dalla prevenzione alla riabilitazione e follow up della persona che ha un problema di salute23;

2. gli interventi multi professionali e multidisciplinari rivolti in diversi ambiti come quello psico-fisico, sociale e delle eventuali disabilità.

 

21 Dal 2003 è attiva la rete oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. 

22 Testo di riferimento: “Raccomandazioni per la costruzione di PDTA e PIC nelle Aziende sanitarie della Regione Piemonte”, ARESS 

23 Nel PDTA oncologico possiamo distinguere le seguenti fasi: prevenzione, valutazione, identificazione (diagnosi); trattamento medico, chirurgico o integrato; 

follow up, assistenza alla persona. Fonte: “L’ospedale. Trimestrale di igiene, tecnologia, management degli ospedali e dei servizi sanitari territoriali”  Periodico  ANMDO speciale n. 4/08. 

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Il concetto di PDTA viene introdotto, al livello normativo, nel 1996 con la legge finanziaria art.1 comma 28 in merito ai tetti di spesa: “i medici..conformano le proprie autonome decisioni tecniche a PDTA cooperando in tal modo al rispetto degli obiettivi di spesa”. Viene poi ribadito nel DL 229/99 “. Il PSN 1998-2000 indica le linee guida e i relativi Percorsi diagnostico terapeutici allo scopo di favorire..lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale e assicurare i LEA”.

Il Piano Sanitario nazionale 2006 – 2008, inoltre, afferma che “assumono particolare rilevanza le Linee Guida, i Protocolli Diagnostico Terapeutici e i Percorsi di Cura, strumenti che, nel loro insieme, rappresentano l’elaborazione sistematica di indicazioni basate sulle evidenze disponibili, secondo standard raccomandati, nel rispetto del principio di appropriatezza, con l’obiettivo di assistere i clinici e i pazienti nel prendere decisioni, migliorare la qualità delle cure sanitarie e ridurre la variabilità nella pratica clinica e negli outcomes”.

L’idea di percorsi diagnostico terapeutici (PDT) viene introdotta anche come misura per consentire l’accesso in tempi appropriati alle prestazioni sanitarie: lo dimostrano il Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006-200824 e il più recente Piano Nazionale di Governo sulle Liste d’Attesa 2010-2012. I PDT dovrebbero garantire un’offerta più adeguata, una presa in carico più consona, una gestione più efficace dei diversi accessi per persone con patologie croniche e in fase acuta25.

I PDTA quindi vengono descritti come una modalità per coniugare sostenibilità e LEA, con vantaggi tanto per i professionisti, quanto per i cittadini.

In ambito oncologico risulta particolarmente interessante la ricerca esplorativa “I PDTA ospedalieri per il carcinoma del colon retto” del Cergas, Università Bocconi, che ha analizzato in 7 contesti ospedalieri i modelli organizzativi e assistenziali di offerta per la cura (diagnosi e trattamento) del cancro del colon retto.

L’analisi, tra le altre cose, ha permesso calcolare la media del valore di costo del PDTA: per il carcinoma del colon è di 22154 euro, mentre per quello del carcinoma del retto è di 21078 euro. Nella figura che segue si possono facilmente rilevare le differenze di costo in ogni azienda del PDTA e del farmaco.

 

24 Provvedimento 28 marzo 2006, GU n. 92 del 20/04/06. 

25 Osservatorio civico sul federalismo in sanità, Rapporto 2011, a cura di Angelo Tanese, Sabrina Nardi. 

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Fig. 2 – Costo PDTA carcinoma del colon e costo del farmaco

Fonte: “I PDTA ospedalieri per il carcinoma del colon retto”, Cergas – Bocconi.

L’analisi condotta mostra che i costi dei PDTA “non sono condizionati” dalla tipologia istituzionale delle aziende; la spiegazione piuttosto sembra rintracciabile nel modello organizzativo (ad es. numero medio di accessi day hospital, ricoveri ordinari per paziente). Si è infatti rilevato che, a fronte di una tendenza generale a prediligere il day hospital al ricovero, ci sono realtà in cui ciò non avviene. Le scelte potrebbero essere legate alle politiche tariffarie regionali, alla convinzione dei medici, oppure a un’attenzione verso pazienti che provengono da realtà territoriali diverse (ad esempio casi di mobilità sanitaria).

Un’altra considerazione interessante è relativa al “posizionamento” delle aziende rispetto all’iter di diagnosi e cura del tumore: alcune

“intermediano” tutto il percorso, altre, pur avendo strutture idonee per la cura, si concentrano sulla diagnosi piuttosto che sul follow up.

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CAPITOLO 9 - I RISULTATI DELLA RILEVAZIONE CIVICA 9.1 LA VOCE DEI PAZIENTI

Non c’è modo migliore per dar voce ai pazienti, che cominciare da una storia che permetta di far comprendere, non solo tramite anonimi dati, il peso della patologia, l’impatto sulla vita quotidiana e la significatività di averli coinvolti per capire dove si annidano le criticità e i punti forza per migliorare l’assistenza.

Nei documenti analizzati in questo periodo, emerge che “essere stomizzato significa essere diverso, avere paura, vergogna, perdita di autostima, sovvertimento del proprio schema corporeo, tali situazioni possono durare per un periodo più o meno lungo o per tutta la vita e l’esito di tutto ciò porta ad uno smarrimento del ruolo sociale.”

“I problemi della persona stomizzata, o con incontinenza fecale e/o urinaria, non sono circoscritti al solo aspetto funzionale, ma creano condizioni di turbamento psicologico che influenza i valori e le convinzioni intrinseche al concetto di sé, incidendo in tal modo sulle risposte, sulle prestazioni e sui processi cognitivi”26.

La storia di Stefano rappresenta un’esperienza positiva:

Questa è la mia storia clinica: nell’agosto 2003 sono stato sottoposto ad intervento chirurgico di colectomia sub‐totale ed ileo sigma anastomosi per neoplasia  extra  sierosa  sub‐stenosante  scarsamente  differenziata  del  ceco  e  poliposi  multipla  del  colon.  Nell’ottobre  2003  a  trattamento  radio  e  chemioterapia  neoaudiante  per  estesa  neoplasia  del  retto.  Nel  febbraio  2006  ad  intervento  di    amputazione  del  retto  per  via  addomino‐perineale  sec.  Miles  con  ileostomia  terminale.  All’istologia  si  è  visto  trattarsi  di  adenocarcinoma  scarsamente  differenziato  del  retto  con  invasione  del  tessuto  adiposo  per  il  prostatico  e  paravescicolare. L’estensione della neoplasia ha determinato la compromissione funzionale dei fasci pascolo nervosi pelvici per cui si è instaurato un quadro di  atonia  vescicale  e  di  deficit  erettile.  Dopo  aver  portato  per  diversi  mesi  il  catetere  vescicale,  ho  imparato,  ed  ora  eseguo  con  regolarità,  autocateterismo  evacuativo intermittente. Nel novembre 2007 così ho potuto sottopormi ad impianto di protesi peniena che mi consente di avere regolari rapporti sessuali.  

Il motivo per cui racconto la mia storia è quello di mettere in risalto quelle che sono le conseguenti patologie subdole ed inevitabili per una profonda invasività  chirurgica che possono trovare risposte in una buona sanità pubblica dove validi professionisti come chirurghi, oncologi, urologi e psicologi tutti insieme aiutano  il paziente a informarlo pre e post intervento delle problematiche che si incontrano ed informarlo sulle tecniche e dei centri specializzati ove rivolgersi. Questo è        

26 Tratto dal contributo AIOSS. 

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