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quadro della ricerca di un agente infettivo nella genesi del linfoma (Unitè INSERM Ecole Normale Superiore, diretta dal Prof. G.L.Darlix).

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PREMESSA

Questo lavoro si inserisce nella continuità dello studio della patologia linfoide nella specie canina con particolare riferimento alle emopatie maligne, condotto dall’Unità di Ricerca: “Patologia delle cellule linfoidi e presentatrici di antigene” del Laboratorio di ematologia-citologia-immunopatologia dell’Ecole Nationale Vétérinaire di Lione, Francia (ENVL), sotto la direzione della Prof.ssa Corinne Fournel-Fleury. Un medesimo interesse nelle stesse tematiche da alcuni anni è pure appannaggio delle unità di personale docente afferente al Laboratorio di Ematologia Veterinaria del Dipartimento di Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa.

L’Unità di Ricerca in Francia ha sviluppato un programma di studio sulla patologia linfoide dal 1988, in associazione ad una équipe di Medicina Umana specializzata nello studio dell’ematologia e immunologia cellulare (Etablissement Franςais de Sang Lyon Gerland, diretto dal Dr. D.Rigal) con la quale forma una équipe di ricerca sotto contratto europeo e in collaborazione stretta con:

- una équipe di Medicina Umana specializzata nella diagnosi delle emopatie maligne (Prof. P.A.Bryon, Prof. B.Coiffier, Prof. F.Berger, Dr. P.Felman) - una équipe di Medicina Umana specializzata nella Retrovirologia, nel

quadro della ricerca di un agente infettivo nella genesi del linfoma (Unitè INSERM Ecole Normale Superiore, diretta dal Prof. G.L.Darlix).

La tematica sviluppata riguarda lo studio comparato delle emopatie maligne del cane e dell’uomo in termini di:

- comparazione della classificazione umana e animale attraverso l’identificazione dei diversi sottotipi di linfomi e di leucemie nel cane, - epidemiologia e ricerca di agenti ambientali potenzialmente cancerogeni, - applicazione terapeutica.

Il lavoro effettuato in questo programma di ricerca è stato incentrato

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normali e l’epidemiologia particolare dei sottotipi poco conosciuti di linfomi maligni del cane; tali sottotipi sembrano presentare un certo parallelismo con alcuni sottotipi di linfomi umani, attualmente oggetto di intensiva ricerca.

In maniera specifica, questo lavoro comprende inizialmente una parte

compilativa in cui sono ripresi in esame gli aspetti fisiopatologici del sistema

linfoide, le conoscenze attuali e comparative dei linfomi maligni non Hodgkin

nell’uomo e nel cane. Nella seconda parte, sperimentale, sono trattati in

maniera specifica quasi tutti i tipi di linfoma riscontrati nel cane e per questi si

è cercato di fare una classificazione morfologica e immunofenotipica,

basandosi su quella umana di Kiel attualizzata e una classificazione più

completa che prende in considerazione anche i dati epidemiologici e clinici,

sulle orme delle classificazioni umane REAL e WHO. Si è valutato poi

l’interesse prognostico nel classificare i linfomi come entità distinte e si è

approfondito lo studio di un particolare tipo di linfoma presente nell’uomo ma

ancora poco conosciuto nel cane: il linfoma a linfociti ampi e granulati.

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PARTE GENERALE

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1.0 FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA LINFOIDE (1,11,29)

Le cellule linfoidi rappresentano gli elementi chiave del sistema immunitario adattativo. Attualmente sono stati identificati alcuni sottotipi di cellule linfoidi che possono regolare la produzione di anticorpi e dare luogo alla risposta immunitaria di tipo umorale o possono essere responsabili della risposta immunitaria cellulo-mediata attraverso meccanismi di citotossicità o di ipersensibilità ritardata. Si conoscono, infatti, i linfociti B, precursori delle plasmacellule, le plasmacellule, produttrici di immunoglobuline, i linfociti T αβ TCR+ CD4+ (Th1 e Th2) con funzione immunoregolatrice, i linfociti T αβ TCR+ CD8+ con funzione citotossica, i linfociti T γδ TCR+ con funzione antibatterica e le cellule Natural Killer con funzione citotossica.

I vari sottotipi linfoidi possono essere riconosciuti fenotipicamente, attraverso l’identificazione di particolari molecole di superficie, anatomicamente, seguendo il loro percorso di sviluppo e distribuzione all’interno del tessuto linfoide e funzionalmente attraverso il riconoscimento dei loro effetti terminali durante la risposta immunitaria in cui possono essere espresse particolari molecole di membrana o possono essere secreti specifici fattori solubili detti citochine.

I linfociti prendono origine nel midollo osseo. La loro differenziazione e

maturazione può avvenire o nel midollo osseo o nel timo, conosciuti, infatti,

come gli organi centrali del sistema linfoide. I linfociti che rimangono nel

midollo osseo ed effettuano qui il loro sviluppo sono detti linfociti B mentre

quelli che abbandonano il midollo per sviluppare nel timo sono detti linfociti

T. Dopo il loro sviluppo nel midollo osseo o nel timo i rispettivi linfociti B e

T sono detti nativi o non attivati, fino a quando non incontrano un antigene

specifico in uno degli organi linfoidi periferici: linfonodo, milza, tessuti

linfoidi associati alle mucose. All’interno del linfonodo i linfociti B si

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diffusa, guadagnando le aree paracorticali. La stimolazione antigenica dei linfociti B determina una intensa proliferazione delle cellule B e la formazione di un grande centro germinale all’interno del follicolo. Nella milza i linfociti T si localizzano attorno alle arteriole formando degli agglomerati linfoidi periarterioalari, mentre i linfociti B costituiscono dei follicoli primari adiacenti agli agglomerati periarteriolari. I linfociti B e T si localizzano anche nelle Placche di Peyer nell’intestino tenue, formando un centro ricco di linfociti B e una sottile zona periferica ricca di linfociti T.

Altre formazioni linfoidi simili alle placche di Peyer si possono trovare associate alla mucosa del tratto gastrointestinale o del tratto respiratorio.

I linfociti B e T possono dirsi unici in quanto manifestano dei recettori di superficie altamente specifici per il riconoscimento di particolari antigeni. I recettori di ogni singolo linfocita sono specifici per un solo antigene, per questo la popolazione linfoide è capace di riconoscere una moltitudine di antigeni diversi.

Il recettore di membrana dei linfociti B (BCR) è una immunoglobulina che ha la stessa specificità antigenica delle immunoglobuline che saranno secrete da quella cellula dopo la sua attivazione.

1.1 Linfociti T

I linfociti T riconoscono gli antigeni attraverso il loro recettore di membrana che è strutturalmente simile al frammento variabile Fab delle molecole anticorpali ed è composto di due catene polipeptidiche altamente variabili, α e β, unite da un ponte disulfidrico. Ogni catena contiene una regione costante e una variabile che rappresenta il sito di attacco per l’antigene. Solo una piccola parte della popolazione linfoide T (1-5%) contiene al posto delle catene α e β, le catene γ e δ e si pensa che sia localizzata soprattutto nei tessuti epiteliali.

Il complesso polipeptidico α e β riconosce e lega l’antigene, presentato alla

cellula tramite il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di tipo I o

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II. Associati a questo complesso polipeptidico si trovano il complesso CD3, costituito da 4 catene polipeptidiche (ε,δ,γ,ε) e un polipeptide intracitoplasmatico ξ. Tutti insieme questi 8 polipeptidi formano il recettore delle cellule T (TCR). I linfociti T esprimono inoltre un corecettore detto CD4 o CD8 importante per il riconoscimento dell’antigene. I linfociti T CD4+ si legano agli antigeni presentati dal MHC di tipo II localizzato sulla cellula presentatrice di antigene (APC), mentre i linfociti T CD8+ riconoscono gli antigeni presentati dal MHC tipo I. Per attivare i linfociti sono necessarie altre proteine quali il CD45 (antigene comune leucocitario) e solo allora il segnale di attivazione è captato dalla cellula. Le cellule presentatrici di antigene capaci di attivare i linfociti T sono le cellule dendritiche, i macrofagi e i linfociti B. Una volta che il TCR è legato all’antigene, entrano in gioco altri segnali costimolatori: la molecola B7 della cellula presentatrice di antigene si lega al CD28 del linfocita T e determina la secrezione di interleuchina 2 (IL2) che stimola la proliferazione delle cellule T attivate e induce la differenziazione della progenie T.

Gli antigeni presentati da MHC I sono in genere virus o batteri intracellulari che si moltiplicano e sono degradati nel citoplasma delle APC. I linfociti T CD8+ attivati sono detti citotossici in quanto liberano citotossine (perforina e granzima), tossiche per le cellule infette e producono citochine quali interferone γ (IFN-γ), tumor necrosis factor α e β (TNF-α, TNF-β).

I linfociti CD4+ possono differenziarsi in una ulteriore sottoclasse: Th1,

promotori dell’immunità cellulo mediata o Th2, promotori dell’immunità

umorale. Tale differenziazione è determinata dal tipo di antigene e dalle

citochine presenti nell’ambiente circostante. Patogeni quali Mycobacterium e

Leishmania, una volta fagocitati dalle APC si localizzano all’interno di

vescicole intracitoplasmatiche e sono riconosciuti dai CD4 T che si

differenziano in Th1 e danno il via all’immunità cellulo mediata attraverso

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che si localizzano e crescono nei fluidi extracellulari sono fagocitati dalle APC che li degradano e mostrano i peptidi degradati sulla loro superficie cellulare associandoli a MHC II; i CD4 T che riconoscono questi antigeni si differenziano in Th2 e promuovono l’attivazione dei linfociti B e la loro produzione anticorpale. Le più importanti citochine coinvolte nel processo di differenziazione dei linfociti T CD4+ sono l’IL-12 e IFN-γ per i Th1, IL-4 e IL-6 per i Th2.

1.2 Linfociti B

I linfociti B sono gli effettori della risposta umorale. Il recettore dei linfociti B è costituito da una immunoglobulina IgM, responsabile del riconoscimento antigenico e da due paia di proteine accessorie Igα e Igβ, necessarie per l’attivazione cellulare. Altre 3 molecole proteiche, CD19, CD21 e CD81 fungono da amplificatori della risposta cellulare allo stimolo antigenico.

I linfociti B nativi, una volta abbandonato il midollo esprimono solo la

molecola IgM, solo dopo aver subito una maturazione nel sistema linfoide

periferico possono esprimere anche la molecola IgD sulla loro superficie

cellulare. L’attivazione e la differenziazione dei linfociti B in genere richiede

l’ausilio dei linfociti T helper, ma può anche avvenire indipendentemente

attraverso l’interazione con i prodotti batterici. Se l’antigene è di origine

proteica è necessario il contributo dei linfociti T helper: questi antigeni sono

detti timo dipendenti e una volta fagocitati dai linfociti B sono degradati e

associati a MHC II che a sua volta è riconosciuto dai CD4+ che si attivano

esprimendo la molecola CD40 la quale si lega con il recettore CD40 del

linfocita B e lo attiva. Se l’antigene è invece un polisaccaride o

lipopolisaccaride di origine batterica non necessita l’intervento dei linfociti T

helper e per questo è detto antigene timo indipendente. La risposta anticorpale

prodotta da questo meccanismo è però meno specifica rispetto a quella fornita

tramite l’ausilio dei linfociti T helper perché produce un limitato isotipo

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anticorpale con minor affinità antigenica e non induce la differenziazione delle cellule B memoria.

1.3 Cellule Natural Killer (NK)

Le cellule Natural Killer sono grandi linfociti contenenti nel loro citoplasma numerosi granuli ben visibili. Queste cellule sono responsabili della risposta immune non specifica precoce o innata che avviene entro breve tempo (ore).

Queste cellule non presentano né i recettori T (CD3) né le immunoglobuline dei recettori B; presentano invece altre molecole quali il CD56 e il CD16 e sono capaci di riconoscere MHC I. Le NK distruggono le cellule bersaglio liberando il contenuto dei loro granuli citoplasmatici (perforina e granzima).

Le NK sono inoltre capaci di uccidere le cellule opsonizzate dagli anticorpi attraverso il legame del CD16 con le IgG situate sulla cellula bersaglio.

Quest’ultimo meccanismo è detto: citotossicità cellulo-mediata e anticorpo- dipendente (ADCC). Le NK secernono alcune citochine quali IFN-γ, TNF-α, fattori stimolanti la formazione delle colonie granulocitiche e macrofagiche (GM-CSF), e quindi sono capaci anche di stimolare la differenziazione dei Th1, favorendo la risposta immune specifica.

1.4 Le neoplasie linfoidi

Le neoplasie linfoidi rappresentano un gruppo estremamente eterogeneo di tumori maligni caratterizzati dalla proliferazione dei linfociti e dei loro precursori.

La maggior parte dei tumori linfoidi è associata ad anomalie cromosomiche che portano ad una attivazione di prodotti oncogeni responsabili di una incontrollabile proliferazione cellulare e a una perdita di geni soppressori tumorali.

Nell’uomo la lesione più comune, responsabile della trasformazione

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riguarda soprattutto i recettori antigenici dei linfociti B e T e risulta nell’attivazione di protoncogeni quali il c-myc. Un altro meccanismo chiamato in causa nella trasformazione neoplastica delle cellule linfoidi è la delezione cromosomiale in cui un allele viene meno mentre l’altro è inattivato: è il caso del gene soppressore tumorale p53 che talvolta può anche mutare. Nel cane le aberrazioni cromosomiche sono soprattutto numeriche e meno frequentemente strutturali. In uno studio condotto su 61 cani solo 18 mostravano una translocazione cromosomica, mentre i restanti individui erano trisomici per il cromosoma 13. Sono state inoltre descritte mutazioni del gene p53 e attivazioni del protoncogeno N-ras.

I virus oncogeni sono considerati responsabili di lesioni genetiche nelle

cellule tumorali linfoidi in quanto capaci di introdurre geni estranei nelle

cellule bersaglio. Nell’uomo si conoscono tre virus associati allo sviluppo di

specifici sottotipi di linfoma: Epstein-Barr virus (EBV), human T cell

lymphotropic virus-I (HTLV-I), human herpesvirus-8 (HHV-8). Nel cane

invece non sono stati ancora identificati virus oncogeni.

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2.0 CLASSIFICAZIONE ATTUALE DELLE LEUCEMIE E DEI LINFOMI NON HODGKIN NELL’UOMO

(1,5,6,8,12,13,17,18,19,20,21,22,31,32,33,37,39,47,48,57,58,62,63,64,65,68,69,70,71,72,81,98,99,100,111, 112,113,117,122,123,136)

Le neoplasie linfoidi sono comunemente suddivise in leucemie e linfomi. Le leucemie si presentano con un ampio coinvolgimento midollare accompagnato generalmente dalla presenza di un gran numero di cellule tumorali nel sangue periferico. I linfomi invece sono proliferazioni tumorali che prendono origine da masse discrete di tessuto linfoide. Generalmente i termini leucemia e linfoma sono usati per descrivere entità diverse; tuttavia la distinzione tra leucemia e linfoma non è sempre ben definita e spesso queste due entità sembrano sovrapporsi. Molti tipi di linfoma infatti si presentano con un’invasione midollare accompagnata dal passaggio di cellule neoplastiche nel sangue e diventano per questo vere e proprie leucemie;

questo è il caso dei linfomi più aggressivi e incurabili. Esistono poi tumori simili a leucemie che prendono origine da tessuti periferici senza interessare il midollo osseo.

Le neoplasie linfoidi possono essere sospettate da un punto di vista clinico ma la diagnosi certa si ha solo attraverso l’esame citologico o istologico dei linfonodi o di altri tessuti coinvolti.

Nella maggior parte delle neoplasie linfoidi il rimodellamento genetico del

recettore antigenico precede la trasformazione tumorale per cui la cellula

madre che deriva dal progenitore maligno mostra la stessa sequenza e

configurazione genetica per il recettore antigenico e sintetizza le stesse

proteine (immunoglobuline o TCR). La risposta immunitaria normale, invece,

è di tipo policlonale, quindi comprende una popolazione di linfociti

eterogenei che esprimono recettori antigenici diversi tra loro. Per questo

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maligna. Inoltre ogni rimodellamento genetico dei recettori antigenici produce una sequenza di DNA unica che costituisce un marker clonale altamente specifico in grado di identificare anche pochissime cellule maligne sopravvissute ad un trattamento chemioterapico.

Nell’uomo la maggior parte delle neoplasie linfoidi (80%-85%) sono di origine B, la restante parte è in maggioranza T e solo pochi tumori prendono origine dalle cellule Natural Killer. Tali neoplasie sono caratterizzate da aspetti morfologici simili ad alcuni stadi della normale differenziazione dei linfociti T o B, e questi aspetti sono utilizzati appunto per la classificazione.

Le neoplasie linfoidi sono spesso responsabili della distruzione della normale architettura e della funzione del sistema immunitario con conseguente perdita della funzione di vigilanza e aumento della suscettibilità alle infezioni, perdita della funzione di tolleranza e manifestazione di fenomeni autoimmuni. Allo stesso modo, pazienti che presentano immunodeficienze acquisite o ereditarie sono più soggetti a manifestare neoplasie linfoidi come avviene, per esempio, nei soggetti infettati da oncovirus (Epstein Barr Virus).

I linfociti B e T neoplastici tendono a comportarsi come la loro controparte normale e tendono a localizzarsi nei siti preferenziali linfoidi dando luogo a particolari quadri di coinvolgimento tissutale; il linfoma follicolare, per esempio, prolifera nelle aree B del linfonodo, generando un modello di crescita nodulare o follicolare, mentre i linfomi T si localizzano generalmente nelle zone T paracorticali. Le cellule linfoidi maligne possono inoltre ricircolare attraverso i vasi linfatici e sanguigni e localizzarsi in zone più distanti. Per questo motivo la maggior parte dei tumori linfoidi sono già ampiamente disseminati al momento della diagnosi.

Numerose classificazioni sono state proposte negli anni per distinguere e

riconoscere i vari tipi di linfoma e di leucemia nell’uomo. Nel 1994 un gruppo

di ematologi, patologi, oncologi e studiosi di biologia molecolare hanno

lavorato insieme per creare la Revised European-American Classification of

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Lymphoid Neoplasms (REAL). Questa classificazione si basa su criteri oggettivi quali l’immunofenotipo, le aberrazioni genetiche, la morfologia, la presentazione clinica e definisce entità clinico-patologiche distinte, correlate poi a una prognosi fausta o infausta. Recentemente un gruppo di ematologi, patologi e oncologi si è riunito nella World Health Organization (WHO) per rivedere e aggiornare la classificazione REAL ed includere in questa nuove e rare entità. Nella classificazione WHO le neoplasie linfoidi sono suddivise in cinque grandi categorie a seconda della loro origine cellulare:

1. Neoplasie dei precursori B (neoplasie delle cellule B immature) 2. Neoplasie dei precursori T (neoplasie delle cellule T immature)

3. Neoplasie delle cellule B periferiche (neoplasie delle cellule B mature) 4. Neoplasie delle cellule T periferiche e delle cellule Natural Killer

(neoplasie delle cellule T mature e delle cellule Natural Killer)

5. Linfomi di Hodgkin (neoplasie delle cellule Reed-Sternberg e varianti)

2.1 Neoplasie linfoidi dei precursori B

Si tratta della leucemia linfoblastica dei precursori B (B-ALL) e del linfoma linfoblastico dei precursori B (B-LBL).

Dal punto di vista epidemiologico le leucemie linfoblastiche colpiscono soprattutto i bambini e spesso (75% dei casi) di età inferiore ai 6 anni. Il linfoma linfoblastico dei precursori B è invece poco comune e colpisce soprattutto individui giovani-adulti di 20 anni in media. Esiste una predominanza del sesso maschile.

L’eziologia è sconosciuta ma si pensa che siano in causa fattori genetici.

La B-ALL coinvolge soprattutto midollo osseo e sangue periferico ma può

anche invadere altri siti quali il sistema nervoso centrale, linfonodi, milza,

fegato e gonadi. Il B-LBL invece coinvolge soprattutto i linfonodi, la pelle, le

ossa e i tessuti molli.

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Le manifestazioni cliniche della B-ALL comportano deficienze midollari con citopenie periferiche e conseguenti sanguinamenti, manifestazioni di anemia e infezioni ricorrenti. I leucociti possono risultare diminuiti, normali o aumentati. La splenomegalia e l’epatomegalia sono frequenti, così come i dolori ossei e le artralgie. Il B-LBL si manifesta principalmente attraverso lesioni cutanee nodulari e multiple e può invadere secondariamente il midollo.

I linfoblasti della B-ALL e del B-LBL sono caratterizzati da una taglia cellulare piccola, un citoplasma poco esteso, una cromatina condensata e dei nucleoli poco visibili; nelle cellule più grandi il citoplasma è un po' più abbondante e di colore grigio-blu, occasionalmente vacuolizzato, la cromatina è dispersa e i nucleoli variabilmente prominenti. Il linfoma linfoblastico generalmente presenta un quadro di coinvolgimento linfonodale o tissutale di tipo diffuso, in alcuni casi se l’infiltrazione del linfonodo è parziale, può coinvolgere solo le aree paracorticali, lasciando invariati i centri germinali.

I linfoblasti possono risultare PAS+ e reagire con l’esterasi non specifica, formando dei puntati multifocali nella zona del Golgi e variamente inibiti dal fluoruro di sodio.

L’immunofenotipo dei linfoblasti è TdT+ (terminal deoxynucleotidyl transferasi), HLA-DR+, spesso CD19+, CD79a+, CD10+/-, CD24+/-.

Le anomalie citogenetiche osservate nella leucemia/linfoma dei precursori B permettono la formazione di alcuni gruppi con prognosi e trattamento diversi a seconda che si tratti di ipodiploidia, iperdiploidia, translocazione e pseudodiploidia.

La B-ALL presenta spesso una prognosi fausta con remissione completa nel

95% dei bambini e nel 60-85% degli adulti. Il B-LBL presenta un elevata

velocità di remissione e una sopravvivenza media di circa 60 mesi.

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2.2 Neoplasie linfoidi dei precursori T

Si tratta della leucemia linfoblastica dei precursori T (T-ALL) e del linfoma linfoblastico dei precursori T (T-LBL).

Dal punto di vista epidemiologico le T-ALL rappresentano il 15% delle leucemie linfoblastiche dei bambini e il 25% di quelle degli adulti. Si manifestano soprattutto negli adolescenti e nei maschi. Il linfoma linfoblastico T, come la sua controparte leucemica, si manifesta più spesso nei giovani adolescenti maschi.

L’eziologia è sconosciuta ma anche in questo caso si pensa che siano in causa fattori genetici.

Clinicamente la T-ALL si manifesta con una leucocitosi e spesso è presente una massa mediastinica. Il linfoma T linfoblastico si presenta frequentemente con una massa mediastinale a rapida crescita e un versamento pleurico.

La T-ALL coinvolge midollo e sangue mentre il linfoma può coinvolgere oltre ai linfonodi periferici, le masse mediastiniche, la cute, il fegato, la milza, il sistema nervoso centrale e le gonadi.

I linfoblasti dei precursori T sono morfologicamente simili ai B descritti precedentemente. Istologicamente possono coinvolgere tutto il linfonodo, compresa la capsula oppure può esserci un parziale coinvolgimento delle sole aree paracorticali.

I linfoblasti T sono focalmente fosfatasi acida +. L’immunofenotipo dei linfoblasti T risulta: TdT+, CD1a+/-, CD2+/-, CD3+, CD4+/-, CD5+/-, CD7+, CD8+/-.

Un terzo delle anomalie genetiche responsabili della leucemia/linfoma dei precursori T sono traslocazioni genetiche che consistono in riarrangiamenti dei geni codificanti fattori di trascrizione quali il myc, tal1, rbtn1, ecc.

La prognosi è simile alle leucemie/linfomi dei precursori B.

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2.3 Neoplasie delle cellule B mature

2.3.1 Leucemia linfocitica cronica/Linfoma a piccoli linfociti (CLL/SLL) Le leucemie linfocitiche croniche comprendono il 90% delle leucemie croniche linfoidi e il 6,7% dei linfomi non-Hodgkin. I pazienti hanno una età media di 65 anni e sono principalmente maschi.

La CLL coinvolge principalmente il midollo e il sangue periferico con una linfocitosi > 10x10

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/l. Secondariamente sono coinvolti i linfonodi, la milza, il fegato e talvolta, la cute, i polmoni e gli annessi oculari. La diagnosi di SLL può essere fatta solo istologicamente qualora fosse assente l’infiltrazione midollare ed ematica.

Molti pazienti sono asintomatici; alcuni invece presentano astenia, anemia emolitica autoimmune, infezioni ricorrenti, epatomegalia, linfoadenopatia e infiltrati extranodali.

Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da una taglia piccola, nucleo rotondo, cromatina addensata, occasionalmente un piccolo nucleolo, citoplasma poco esteso, chiaro e ben delineato. Si osservano inoltre prolinfociti (cellule un po' più grandi con nucleolo prominente) e paraimmunoblasti (cellule medie con nucleo rotondo o ovale, cromatina dispersa, nucleolo centrale e citoplasma ridotto). Nei linfonodi coinvolti, l’architettura è completamente sovvertita e l’infiltrazione è di tipo pseudofollicolare (presenza di zone chiare, contenenti blasti), occasionalmente interfollicolare. Nella milza è coinvolta sempre la polpa bianca, talvolta quella rossa e si possono osservare anche pseudofollicoli.

L’infiltrazione midollare può essere di tipo nodulare, interstiziale, diffuso o una combinazione dei tre; la presenza di pseudofollicoli è più rara.

L’immunofenotipo è IgM+, IgD+/-, CD5+, CD19+, CD20+, CD22+, CD79a+, CD23+, CD43+, CD11c+, CD10-, cyclin D1-.

Circa l’80% dei pazienti hanno un cariotipo anormale: nel 20% dei casi si

riscontra trisomia 12, mentre nel 50% delezione in 13q14.

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L’evoluzione clinica della CLL è lenta ma questa non è considerata curabile con le attuali terapie e la durata media di sopravvivenza è di circa 7 anni mentre per il SLL è di 5 anni.

2.3.2 Leucemia prolinfocitica B

La leucemia prolinfocitica B (B-PLL) è una malattia estremamente rara che comprende l’1% delle leucemie linfocitiche. L’età media dei pazienti è di 70 anni e c’è predominanza del sesso maschile.

Gli organi coinvolti sono il midollo osseo, il sangue e la milza.

Clinicamente la maggior parte dei pazienti presenta splenomegalia, senza linfoadenomegalia periferica e una linfocitosi sanguigna, spesso > di 100x10

9

/l. Nel 50% dei pazienti si può avere anemia e trombocitopenia. In alcuni pazienti si può trovare la componente M nel siero.

La maggior parte delle cellule in circolo (>55%, spesso >90%) sono prolinfociti, caratterizzati da una taglia media, nucleo rotondo, cromatina moderatamente addensata, un nucleolo prominente e centrale e un piccolo citoplasma leggermente basofilo. Nel midollo l’infiltrazione è intertrabecolare, mentre nella milza coinvolge sia la polpa bianca che quella rossa.

L’immunofenotipo è: IgM +/-, IgD +/-, CD19+, CD20+, CD22+, CD79a+, b+, FMC7+, CD23-, CD5 +/-.

La maggior parte dei casi presenta anomalie citogenetiche di rottura a livello del 14q32. Nel 53% dei casi sono state descritte anomalie a livello del gene TP53, e in altri casi sono state descritte delezioni a livello di 11q23 e 13q14.

La B-PLL risponde poco alla chemioterapia per questo la sopravvivenza è breve; la splenectomia può alleviare le condizioni cliniche del paziente ma non ritarda la progressione della malattia.

2.3.3 Linfoma linfoplasmocitico/Malattia di Waldenström

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Il linfoma linfoplasmocitico (LPL) è una malattia rara (1,5% dei linfomi nodali). L’età media dei pazienti è di 63 anni con una piccola predominanza del sesso maschile.

Sono principalmente coinvolti il midollo, i linfonodi e la milza; cellule neoplastiche si possono ritrovare anche nel sangue e in altri organi quali polmone, cute, tratto gastroenterico.

La maggior parte dei pazienti presenta nel siero la paraproteina IgM monoclonale (>3gm/dL, macroglobulinemia di Waldenström) con conseguenti sintomi da iperviscosità. Le paraproteine possono presentare un’attività autoanticorpale o di crioglobuline con conseguenti fenomeni autoimmuni o di crioglobulinemia. L’iperviscosità si ha nel 10-30% dei pazienti e può portare a addensamento dei globuli rossi, formazione di

“rouleaux”, ridotta visione; la secrezione di paraproteine IgM può portare invece a neuropatie, diarrea e coagulopatie.

L’infiltrazione linfonodale è diffusa senza formazione di pseudofollicoli e può essere anche interfollicolare senza coinvolgimento dei seni. Le cellule neoplastiche sono piccoli linfociti, linfociti plasmocitoidi (cellule con un abbondante citoplasma basofilo ma con un nucleo simile a quello dei linfociti), plasmacellule, rari immunoblasti. A livello midollare l’infiltrazione può essere nodulare o diffusa interstiziale. Le cellule neoplastiche possono essere presenti nel sangue.

Le cellule neoplastiche hanno immunoglobuline (Ig) di superficie e talvolta citoplasmatiche, generalmente del tipo IgM, IgG, raramente IgA e sono IgD-, CD19+, CD20+, CD22+, CD79a+, CD5-, CD10-, CD23-, CD43+/-, CD38+.

Come per gli altri linfomi a differenziazione plasmocitaria, le anomalie citogenetiche sono del tipo: translocazione t(9/14) (p13/q32) e riarrangiamento del gene PAX-5.

Il decorso clinico è spesso indolente e la sopravvivenza media è di 5 anni. I

pazienti che non presentano sintomi clinici non sono trattati, per gli altri si

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imposta una terapia sintomatica perché la malattia non è curabile. Questo tipo di linfoma può evolvere in linfoma immunoblastico la cui prognosi è peggiore.

2.3.4 Linfoma della Zona Marginale, primitivo della milza

Il linfoma splenico della Zona Marginale (SMZL) è una malattia rara che comprende l’1% delle neoplasie linfoidi. La maggior parte dei pazienti ha più di 50 anni di età e non c’è predilezione di sesso.

Sono coinvolti la milza, i linfonodi splenici ilari, il midollo osseo, spesso il sangue periferico e talvolta il fegato; non sono coinvolti i linfonodi periferici.

I pazienti presentano splenomegalia, accompagnata spesso da trombocitopenia o anemia autoimmune e talvolta sono presenti nel sangue dei linfociti villosi. Un terzo dei pazienti presenta frazioni proteiche sieriche monoclonali ma l’iperviscosità e l’ipergammaglobulinemia sono rare.

Nella polpa bianca della milza si osserva una zona centrale costituita da

piccoli linfociti che circonda o invade i centri germinali reattivi con

conseguente distruzione del normale mantello follicolare. Questa zona si

fonde con una zona periferica costituita da cellule di taglia piccola-media con

cromatina dispersa e abbondante citoplasma di colore chiaro e che

assomigliano alle cellule della Zona Marginale, mescolate a piccoli blasti in

trasformazione. La polpa rossa è spesso infiltrata con piccoli noduli costituiti

da cellule più grandi o aggregati di piccoli linfociti che possono invadere

anche i seni. Ci può essere anche una differenziazione plasmocitica. Nei

linfonodi splenici ilari, si ha dilatazione dei seni e i centri germinali possono

essere soltanto circondati oppure totalmente invasi dalle cellule neoplastiche

(piccoli linfociti e cellule della Zona Marginale) che sono più intimamente

mescolate senza formazione di una distinta Zona Marginale. Nel midollo

osseo l’infiltrazione è nodulare e interstiziale. Quando le cellule linfomatose

si trovano nel sangue, possono apparire con piccoli villi membranosi

(19)

Le cellule tumorali presentano Ig di superficie IgM e IgD e sono CD20+, CD79a+, CD5-, CD10-, CD23-, CD43-, cyclin D1-.

Le anomalie citogenetiche più importanti sono una perdita allelica del cromosoma 7q21-32 (descritta nel 40% dei casi) e una disregolazione del gene CDK6 del cromosoma 7q21.

Il decorso clinico è indolente anche quando c’è coinvolgimento midollare. La risposta alla chemioterapia è scadente mentre la splenectomia aumenta la sopravvivenza. Può trasformarsi in un linfoma a grandi cellule la cui prognosi è peggiore.

2.3.5 Leucemia a tricoleucociti

La leucemia Hairy cell (HCL) è una malattia rara che comprende il 2% delle leucemie linfoidi. L’età media dei pazienti è di 55 anni con una predominanza del sesso maschile.

Sono coinvolti principalmente midollo osseo e milza, e una piccola quantità di cellule si ritrova anche in circolo. Possono essere coinvolti anche il fegato, i linfonodi e occasionalmente la pelle.

La maggior parte dei pazienti presenta splenomegalia e pancitopenia e possono presentare qualche cellula neoplastica in circolo. Possono manifestare infezioni ricorrenti da opportunisti, vascoliti e altre disfunzioni immuni.

Le cellule “hairy” sono piccolo-medie ed hanno un nucleo ovale o indentato (a fagiolo) con una cromatina omogenea, spugnosa, meno addensata di quella dei piccoli linfociti normali. I nucleoli sono generalmente assenti, il citoplasma è abbondante, chiaro con piccole proiezioni pelose (hairy appunto) e può contenere vacuoli o granulazioni bastoncellari. L’invasione midollare da parte della HCL è variabile e generalmente di tipo interstiziale o a

“chiazze” in cui si preserva il grasso e gli elementi ematopoietici. La

produzione di fibre reticolari è aumentata e spesso i prelievi midollari

risultano secchi e ipocellulari.

(20)

Le cellule neoplastiche sono sIg+, CD19+, CD20+, CD22+, CD79a+, CD79b- , CD5-, CD10-, CD23-, CD11+, CD25+, FMC7+, CD103+.

Non esistono anomalie citogenetiche specifiche.

La HCL non risponde bene alla chemioterapia convenzionale per i linfomi. La splenectomia può portare ad una prolungata remissione.

2.3.6 Neoplasie plasmacellulari (Mieloma Multiplo/Plasmocitoma)

Negli Stati Uniti il mieloma multiplo è la neoplasia linfoide più comune per la popolazione di colore e la seconda più comune per i bianchi. L’età media dei pazienti è di 68-70 anni e non c’è predilezione di sesso.

Il midollo osseo è il sito di coinvolgimento principale e le ossa con attività ematopoietica quali le vertebre, le costole, il cranio, la pelvi, il femore, la clavicola e la scapola possono essere interessate dalla massa tumorale.

Clinicamente si presenta con distruzione massiva delle ossa scheletriche, con fratture spontanee, dolori ossei, ipercalcemia e anemia. Sono comuni anche infezioni batteriche ricorrenti e insufficienza renale. Nel 99% dei pazienti si trova nel siero la componente M e spesso c’è ipogammaglobulinemia. Nel tracciato elettroforetico si ritrova spesso un picco monoclonale che nel 50%

dei pazienti è di tipo IgG e nel 20% è IgA. La proteina di Bence Jones si ritrova nelle urine del 75% dei pazienti. Esistono diverse varianti cliniche.

Macroscopicamente il midollo osseo appare gelatinoso ed emorragico.

L’infiltrazione midollare appare sotto forma di voluminosi aggregati nodulari

di plasmacellule che possono essere associate ad osteoclasti responsabili delle

lesioni litiche ossee. Le plasmacellule neoplastiche possono essere normali

plasmacellule mature o presentarsi immature, pleomorfe o anaplastiche. Le

plasmacellule mature sono ovali, con nucleo rotondo ed eccentrico, cromatina

addensata a ruota di carro, senza nucleoli e un abbondante citoplasma basofilo

con area chiara perinucleare. Le forme immature invece hanno cromatina

dispersa, un elevato rapporto nucleo/citoplasma e nucleoli prominenti (sono

(21)

possono ritrovare anche plasmacellule plurinucleate e multilobate. Le cellule neoplastiche possono passare nel sangue ed assumere morfologie variabili e difficilmente riconoscibili.

Le plasmacellule neoplastiche esprimono una immunoglobulina citoplasmatica monotipica che comunemente è la IgG, occasionalmente IgA e raramente IgM, IgE o IgD. Nell’85% dei casi sono presenti entrambe le catene (leggera e pesante). La maggior parte è CD19-, CD20-, CD38+, CD79a+, CD56/58+.

Nel 20-60% dei pazienti con mieloma multiplo sono in causa anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi.

Il mieloma multiplo non è curabile e la sopravvivenza media è di 3 anni.

Il plasmocitoma rappresenta una proliferazione clonale di plasmacellule citologicamente e immunofenotipicamente identiche a quelle del mieloma multiplo ma che manifestano un accrescimento localizzato osseo o extraosseo.

2.3.7 Linfoma della Zona Marginale, extranodale (Linfoma MALT)

Il linfoma di MALT (associato al tessuto linfoide delle mucose) comprende il 7-8% dei linfomi B. L’età media dei pazienti è di 61 anni e c’è una piccola predilezione per il sesso femminile.

Nella maggior parte dei casi di linfoma MALT c’è un passato di infiammazione cronica, spesso di tipo autoimmune con accumulo di tessuto linfoide extranodale. Un esempio importante è la gastrite associata all’Helicobacter Pilory, la Sindrome di Sjögren o la tiroidite di Hashimoto.

I siti principalmente coinvolti sono il tratto gastroenterico e lo stomaco. Altri organi coinvolti possono essere il polmone, la testa e il collo, gli annessi oculari, la cute, la tiroide e il seno.

Le cellule neoplastiche si localizzano attorno al mantello follicolare, nella

Zona Marginale espandendosi all’esterno per formare grandi aree che

eventualmente possono andare a sovrastare i follicoli attigui. Le cellule

neoplastiche della Zona Marginale sono caratterizzate da una taglia piccola-

(22)

media, nucleo leggermente irregolare, cromatina moderatamente dispersa, nucleoli non sempre evidenti e citoplasma pallido. Possono assumere anche un aspetto monocitoide o assomigliare a piccoli linfociti; la differenziazione plasmacellulare è presente in 1/3 dei linfomi gastrici e in tutti i linfomi della tiroide. Sono inoltre presenti anche cellule più grandi, tipo centroblasti e immunoblasti ma sono una minoranza. Nei tessuti ghiandolari l’epitelio è spesso invaso e distrutto da aggregati di cellule linfomatose dove formano le cosiddette lesioni linfoepiteliali.

Le cellule neoplastiche esprimono principalmente IgM e raramente IgA o IgG, sono inoltre CD20+, CD79a+, CD5-, CD23-, CD43+/-, CD11c+/-, CD10-.

Le anomalie citogenetiche sono soprattutto la trisomia 3 nel 60% dei casi e una translocazione t(11/18)(q21/q21) nel 25-50% dei casi. Questa translocazione è responsabile del riarrangiamento API-2/MLT che determina la resistenza del linfoma all’eradicazione dell’Helicobacter Pilory.

Il decorso clinico è indolente, la disseminazione è tardiva e l’infiltrazione di altri organi o del midollo non peggiorano la prognosi. Questo tipo di linfoma è sensibile alla radioterapia e al trattamento antibiotico contro H. Pilory che porta ad una remissione prolungata.

2.3.8 Linfoma della Zona Marginale, nodale

E’ una rara neoplasia linfoide (1,8%), spesso associato a linfoma extranodale.

Sono coinvolti i linfonodi periferici e occasionalmente il midollo osseo e il sangue.

La maggior parte dei pazienti presenta linfoadenopatia localizzata o generalizzata ma con buono stato fisico.

Le cellule tumorali si localizzano nella Zona Marginale e nelle aree

interfollicolari del linfonodo e possono assumere due morfologie diverse: la

prima è simile a quella delle cellule del linfoma di MALT, la seconda a quella

(23)

plasmacellulare e colonizzazione follicolare; può anche trasformarsi in linfoma a grandi blasti B.

L’immunofenotipo è simile a quello del linfoma di MALT ma alcuni possono essere IgD+ e CD43- come il tipo splenico.

Non si conoscono le anomalie citogenetiche.

L’evoluzione clinica sembra lenta e risponde alla chemioterapia con una media di sopravvivenza di 5 anni.

2.3.9 Linfoma Follicolare

Il linfoma follicolare rappresenta il 22% dei linfomi non Hodgkin dell’uomo e colpisce soprattutto gli adulti.

I linfonodi sono gli organi principalmente coinvolti, ma sono spesso infiltrati la milza, il midollo e il sangue periferico. Altri organi non ematopoietici coinvolti possono essere il tratto gastroenterico, i tessuti molli, la pelle.

Al momento della diagnosi il linfoma è quasi sempre ampiamente disseminato ma ciò nonostante i pazienti sono spesso asintomatici, fatta eccezione per la linfoadenomegalia.

L’invasione linfonodale è di tipo follicolare e i follicoli neoplastici appaiono mal definiti, con scomparsa della zona del mantello e spesso appaiono ammassati senza polarizzazione né “starry sky”. Ci possono essere anche zone diffuse, spesso accompagnate da sclerosi o infiltrazioni interfollicolari.

Le cellule neoplastiche sono di due tipi principali: un tipo di taglia piccola- media con nucleo angolare, allungato o doppio, nucleoli poco evidenti e piccolo citoplasma pallido (centrociti) e un tipo di taglia più grande con nucleo rotondo o ovale, talvolta indentato, cromatina dispersa, nucleoli multipli e periferici, citoplasma poco esteso e basofilo (centroblasti).

Generalmente predominano i centrociti. Possono essere presenti anche cellule

della Zona Marginale mentre la differenziazione plasmacellulare è rara. La

stadiazione di questo tipo di linfoma si basa sulla proporzione di centroblasti

ed è correlata con la prognosi: nel grado I si hanno 0-5 centroblasti per campo

(24)

(obiettivo 40x), grado II 6-15 centroblasti/campo, grado III >15 centroblasti/campo.

Le cellule neoplastiche possono essere IgM/IgD +/-, raramente IgA+, Bcl2+, CD10+, CD5-, CD43-, CD19+, CD20+, CD22+, CD79a+, talvolta CD43+, BCL6+.

La più importante anomalia citogenetica è la translocazione t(14/18) (q32/q21) che determina il riarrangiamento del gene BCL2.

L’evoluzione clinica è lenta tranne nel grado III che rappresenta il sottotipo più aggressivo. Quando questo tipo di linfoma si trasforma, diventa refrattario alla chemioterapia e provoca la morte.

Esiste una variante cutanea di questo tipo di linfoma che è abbastanza comune tra i linfomi cutanei e si localizza soprattutto sulla testa e tronco.

2.3.10 Linfoma mantellare

Il linfoma del Mantello (MCL) comprende il 3-10% dei linfomi non-Hodgkin dell’uomo. L’età media dei pazienti è di circa 60 anni e sembra esserci una predominanza del sesso maschile.

I linfonodi sono gli organi principalmente coinvolti, ma la milza, il midollo osseo, il sangue e il tratto gastroenterico possono essere ugualmente interessati.

La maggior parte dei pazienti presenta linfoadenomegalia, epato- splenomegalia e coinvolgimento midollare (50% dei casi), mentre il passaggio di cellule neoplastiche nel sangue si ha solo nel 25% dei casi in cui può esserci anche linfocitosi.

Questo linfoma determina distruzione dell’architettura linfonodale e

l’infiltrazione può essere di tipo diffuso, nodulare o nella Zona Marginale,

raramente follicolare. Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da una taglia

piccola-media, con nucleo leggermente o marcatamente irregolare

(somigliano a centrociti). La cromatina è moderatamente dispersa e i nucleoli

(25)

poco evidenti. Si osservano comunemente piccoli vasi ialinizzati e può essere presente lo “starry sky”.

Le cellule neoplastiche presentano immunoglobuline di superficie del tipo IgM o IgD e sono CD5+, CD10-, bcl6-, CD23-, FMC-7+, CD43+, Cyclin D1+.

L’anomalia citogenetica più importane e presente nel 70-75% dei casi è la translocazione t(11/14) (q13/q32), responsabile questa, dell’anomala espressione della cyclin D1.

Il MCL non può essere curato e la maggior parte dei pazienti presenta una durata di vita media di 3-5 anni.

2.3.11 Linfoma a grandi cellule B di tipo diffuso (DLBCL)

Il linfoma diffuso a grandi cellule B rappresenta il 30-40% dei linfomi non- Hodgkin dell’adulto. L’età media dei pazienti è di 70 anni ma possono essere colpiti anche gli adulti.

Sono primariamente coinvolti i linfonodi o altri organi quali il tratto gastro enterico, la cute, il sistema nervoso centrale, le ossa, i testicoli, i tessuti molli, il fegato, ecc.

I pazienti presentano un ingrossamento repentino e spesso sintomatico di linfonodi o masse extranodali. Spesso questo linfoma si manifesta in forma disseminata e può nascere così oppure risultare dalla trasformazione di una altro tipo di linfoma o leucemia linfoide. La presenza di una sindrome da immunodeficienza rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del linfoma (non è raro trovare pazienti positivi al virus di Epstein Barr, EBV).

Macroscopicamente i linfonodi colpiti assumono l’aspetto della carne di pesce oppure ci può essere emorragia e necrosi. I siti extranodali appaiono occupati da una massa tumorale con o senza fibrosi.

I linfonodi e gli altri tessuti extranodali mostrano una distruzione della loro

architettura e il linfoma cresce in maniera diffusa. Il coinvolgimento

linfonodale può essere completo, parziale, interfollicolare o meno

(26)

frequentemente sinusoidale. Il tessuti perilinfonodali sono spesso infiltrati con bande di sclerosi più o meno associate. Le cellule tumorali sono rappresentate da grandi blasti linfoidi che presentano però numerose varianti morfologiche:

ci sono infatti la variante centroblastica in cui le cellule sono di taglia medio- grande con nucleo rotondo o ovale, cromatina fine, 2 o 4 nucleoli, il citoplasma è poco esteso e basofilo. Le cellule possono essere anche polilobate e questa variante può avere un aspetto monomorfo o polimorfo. La variante immunoblastica è costituita da una maggioranza (>90%) di immunoblasti, caratterizzati dalla presenza di un nucleolo centrale e di un abbondante citoplasma basofilo; può esserci anche un certo grado di differenziazione plasmocitoide. La variante ricca di cellule T e istiociti è caratterizzata da una predominanza di cellule T non neoplastiche con o senza istiociti e meno del 10% di grandi blasti neoplastici. La variante anaplastica è caratterizzata dalla presenza di cellule molto grandi, rotonde, ovali o poliedriche che contengono uno strano nucleo pleomorfo e assomigliano alle cellule Reed-Sternberg. Tali cellule possono crescere in maniera coesiva, assomigliando a cellule carcinomatose o possono dare un infiltrazione sinusoidale.

Le cellule neoplastiche sono tutte positive per i markers pan B (CD19, CD20, CD22, CD79a) ma possono non esprimere uno o più di questi marker. Nel 50- 75% delle cellule sono presenti Ig di superficie (soprattutto IgM) e alcune possono presentare anche Ig citoplasmatiche (soprattutto le cellule in differenziazione plasmocitaria). La variante anaplastica mostra spesso una positività al CD30. Alcune varianti possono essere CD5+ o CD10+, altre BCL2+, BCL6+. L’indice di proliferazione Ki67 è spesso elevato (>40%).

Le anomalie citogenetiche rilevate sono nel 20-30% una translocazione

t(14/16) che implica il gene bcl-2, nel 30% dei casi un riarrangiamento del

gene bcl-6 e raramente del gene c-myc.

(27)

Il DLBCL è un linfoma aggressivo ma potenzialmente curabile. Un elevato indice di proliferazione è stato associato ad una prognosi peggiore così pure la variante immunoblastica rispetto a quella centroblastica (non confermata in tutti gli studi).

2.3.12 Linfoma a grandi cellule B primitivo del mediastino (Med-DLBCL) Rappresenta un sottotipo del DLBCL che prende origine dal timo.

L’età media dei pazienti è di 30-50 anni con una piccola predominanza del sesso femminile.

La malattia è localizzata e i pazienti presentano segni clinici legati alla presenza di masse mediastinali (sindrome della vena cava superiore per esempio). Nella forma disseminata sono coinvolti altri organi quali il rene, il surrene, il fegato, la cute e il cervello.

La proliferazione delle cellule neoplastiche appare diffusa e massiva associata spesso a fibrosi. Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da una taglia e da un contorno nucleare variabile, un citoplasma abbondante e pallido. Possono essere presenti anche piccoli linfociti normali e eosinofili.

L’immunofenotipo è CD19+, CD20+, CD10-, CD5-, CD30+, CD45+ e le Ig di superficie possono essere assenti così come HLA I/II.

Le anomalie citogenetiche riguardano un riarrangiamento del gene per le immunoglobuline. La presenza di iperploidia (riguardante il cromosoma 9p) e una amplificazione del gene REL differenziano questo linfoma dagli altri tipi a grandi cellule B diffusi.

Questo tipo di linfoma risponde bene alla chemioterapia con durata di remissione lunga tranne quando c’è un’invasione degli organi e tessuti al di fuori del diaframma.

2.3.12 Linfoma a grandi cellule B intravascolare

Si tratta di un raro sottotipo del DLBCL caratterizzato dalla presenza di cellule linfomatose soltanto nel lume di piccoli vasi.

Sono colpiti soprattutto gli adulti.

(28)

Si presenta in forma disseminata coinvolgendo vari organi quali il sistema nervoso centrale, la cute, il polmone, il rene, il surrene e il midollo.

I sintomi clinici sono molto variabili e risultano dall’occlusione di piccoli vasi da parte delle cellule tumorali e possono coinvolgere vari organi. Sono frequenti le lesioni della cute (noduli e placche), i sintomi neurologici (demenza e sintomi focali); possono presentarsi sindromi nefrotiche, piressia, ipertensione, anomalie ematologiche.

La localizzazione intravascolare si pensa sia dovuta ad un difetto nei recettori destinati al passaggio dei linfociti nei loro siti elettivi (mancanza delle molecole di adesione CD29→β1-integrina e del CD54→ICAM-1).

I tessuti appaiono emorragici, necrotici o con trombosi. Le cellule neoplastiche si ritrovano nel lume dei piccoli vasi associati o meno a trombi di fibrina. Queste presentano un nucleo vescicolare, nucleoli prominenti e sono spesso in mitosi.

L’immunofenotipo è caratterizzato dalla positività per i markers B (CD19, CD20, CD22, CD79a) e possono essere CD5+.

La maggior parte dei casi presenta un riarrangiamento del gene per l’immunoglobulina.

Si tratta di un linfoma molto aggressivo che risponde male alla chemioterapia e che porta a morte rapidamente. Se è coinvolta solo la cute, la prognosi sembra essere migliore.

2.3.13 Linfoma a grandi cellule B primitivo delle cavità sierose (PEL)

Si tratta di una neoplasia dei grandi blasti B che si presenta con un versamento nelle cavità sierose senza la presenza di alcuna massa tumorale.

La maggior parte dei pazienti sono giovani adulti omosessuali infetti dall’HIV

o uomini più vecchi infetti dall’herpes virus 8 (HHV-8)/Kaposi sarcoma

herpes virus (KSHV).

(29)

Sono comunemente coinvolte le sierose delle cavità pleuriche, pericardiche e peritoneali (raramente più di una); altri siti possono essere il tratto gastroenterico e i tessuti molli.

I pazienti manifestano tipicamente dei versamenti senza linfoadenopatia o organomegalia, alcuni possono presentare il sarcoma di Kaposi e raramente la malattia di Castleman.

Le cellule neoplastiche sono positive per il virus HHV-8/KSHV e alcune possono essere coinfette dall’EBV. Queste hanno aspetto variabile e possono assomigliare a grandi immunoblasti, a plasmablasti o possono essere più anaplastiche; il nucleo è grande e irregolare, i nucleoli sono prominenti e il citoplasma è abbondante, intensamente basofilo e può presentare dei vacuoli o una zona chiara perinucleare (differenziazione plasmocitaria). Alcune possono assomigliare alle cellule di Reed-Sternberg. Si trovano associate alla superficie pleurica spesso avvolte da fibrina e possono anche arrivare ad invadere la pleura.

L’immunofenotipo è: CD45+, CD30+, CD38+, CD138+ e pan B-. Le Ig di superficie e citoplasmatiche sono spesso assenti. Possono essere CD3+.

Le anomalie citogenetiche riguardano il riarrangiamento e la mutazione del gene dell’immunoglobulina, alcune possono avere riarrangiamento del gene per il recettore T.

Il decorso clinico è infausto con o senza terapia e la sopravvivenza è inferiore ai 6 mesi.

2.3.14 Linfoma di Burkitt (BL)

Il linfoma di Burkitt comprende tre varianti distinguibili dal punto di vista clinico, morfologico e biologico.

Variante endemica: si riscontra nell’Africa equatoriale e colpisce i bambini di

età compresa tra i 4 e 7 anni con una predominanza del sesso maschile. Sono

coinvolti soprattutto le ossa della mascella e della faccia (50% dei casi), l’ileo

distale, il cieco, l’omento, le ovaie, i reni, il seno e il sistema nervoso centrale.

(30)

Variante sporadica: diffusa in tutto il mondo, colpisce i bambini e i giovani adulti (rappresenta il 30-50% dei linfomi nei bambini) con una predominanza del sesso maschile. I soggetti ammalati sono spesso EBV+. Sono coinvolte soprattutto le regioni ileocecali, ovaie, reni, seno, linfonodi; può diventare leucemico.

Variante associata all’immunodeficienza: si riscontra in soggetti HIV+ che manifestano la sindrome da immunodeficienza acquisita. Nel 25-40% dei casi si può riscontrare anche EBV. Sono coinvolti soprattutto i linfonodi con interessamento anche del midollo osseo.

Il BL presenta manifestazioni cliniche variabili a seconda del sottotipo e degli organi o tessuti coinvolti.

L’infezione da parte dell’EBV rappresenta un fattore eziologico molto importante nel BL a variante endemica. Il linfoma, infatti, è preceduto da un lungo periodo di attivazione policlonale delle cellule B dovuto alle molteplici infezioni (batteriche, virali o fungine), conseguenza di una deficiente regolazione delle cellule T nei confronti di quelle B infettate dall’EBV.

Macroscopicamente gli organi coinvolti assumono l’aspetto della carne di pesce e possono esserci necrosi o emorragie associate. Gli organi e i tessuti adiacenti possono risultare compressi e/o infiltrati.

Classicamente le cellule manifestano una infiltrazione di tipo diffuso e

massivo. Queste sono di taglia media e presentano un nucleo rotondo, a

cromatina addensata con numerosi nucleoli centrali e basofili; il citoplasma è

intensamente basofilo e spesso contiene vacuoli lipidici. Si possono vedere

numerose mitosi ed è spesso presente lo “starry sky”. Si riscontrano anche

due varianti morfologiche: una a differenziazione plasmocitoide (frequente

nel sottotipo associato ad immunodeficienza), l’altra, detta atipica, in cui le

cellule mostrano un maggior pleomorfismo a livello della taglia e della forma

del nucleo.

(31)

Le cellule tumorali esprimono le Ig di membrana IgM e sono CD19+, CD20+, CD22+, CD10+, BCL-6+, CD5-, CD23-, TdT-, BCL-2-.

L’anomalia citogenetica riscontrata in tutti i casi è una translocazione del gene myc.

Le forme endemiche e sporadiche, anche se molto aggressive, sono potenzialmente curabili; il trattamento deve essere intrapreso il più presto possibile a causa della rapidità di crescita del tumore e occorre porre molta attenzione alla sindrome da lisi tumorale acuta che si instaura subito dopo la terapia.

2.3.15 Granulomatosi linfomatoide (LYG)

La granulomatosi linfomatoide rappresenta un disordine linfoproliferativo angiocentrico e angiodistruttivo a localizzazione extranodale.

Si tratta di una rara forma di linfoma che colpisce soprattutto gli adulti con predominanza del sesso maschile.

Nella maggior parte dei casi sono coinvolti i polmoni e secondariamente altri organi quali il cervello, il rene, il fegato e la cute.

I pazienti manifestano frequentemente sintomi respiratori, con tosse, dispnea, e dolori toracici. Altri sintomi possono essere febbre, malessere, perdita di peso, sintomi neurologici, ecc.

La LYG è spesso associata a stati di immunodeficienza e ad infezioni da parte dell’EBV.

Macroscopicamente si manifesta con la comparsa di noduli che possono presentare aree centrali di necrosi. A livello polmonare la distribuzione è spesso bilaterale.

L’infiltrazione è di tipo angiocentrico e angiodistruttivo. Le cellule tumorali

sono rappresentate da linfociti mescolati a plasmacellule, immunoblasti e

istiociti. Le cellule EBV+ generalmente mostrano atipie morfologiche e

possono assomigliare ad immunoblasti o possono essere più pleomorfe ed

(32)

assomigliare alle cellule di Hodgkin; si possono osservare anche forme plurinucleate.

Le cellule tumorali EBV+ generalmente sono CD20+, CD79a+/-, CD30+/-, CD15-, LMP-1+.

Nella maggior parte dei casi è possibile dimostrare la clonalità del gene per le immunoglobuline.

Il decorso clinico è variabile: ci possono essere remissione spontanee oppure trasformazioni in linfomi a grandi cellule B diffusi, con decorso molto più aggressivo.

2.4 Neoplasie delle cellule T mature 2.4.1 Leucemia prolinfocitica T (T-PLL)

Si tratta di una leucemia molto aggressiva e rara che rappresenta il 2% dei casi di leucemia linfocitica negli adulti sopra i 30 anni.

Sono coinvolti oltre al sangue periferico e il midollo osseo anche la milza, i linfonodi, il fegato e la cute.

La maggior parte dei pazienti presenta epatosplenomegalia e linfoadenomegalia generalizzata. L’infiltrazione della cute si ha nel 20% dei casi e può esserci anche versamento, soprattutto pleurico. Si riscontrano comunemente anemia e trombocitopenia e la linfocitosi può superare i 100x10

9

/l.

Le cellule neoplastiche nel sangue sono caratterizzate da una taglia piccolo-

media, nucleo rotondo, ovale o a contorno irregolare, nucleolo visibile e

citoplasma basofilo, formante talvolta, piccole protrusioni. Il midollo appare

diffusamente infiltrato da queste cellule. L’infiltrazione della cute avviene

soprattutto a carico del derma senza epidermotropismo. Nella milza

l’infiltrazione è a carico della polpa bianca e rossa mentre nei linfonodi è di

tipo diffuso, con predominanza nelle aree paracorticali ed esclusione dei

(33)

L’immunofenotipo è: TdT-, CD1-, CD2+, CD3+, CD7+, CD4+/CD8- (nel 60% dei casi), CD4+/CD8+ (nel 25% dei casi), CD4-/CD8+ (nel 15% dei casi).

La più frequente anomalia cromosomica (80% dei casi) è l’inversione del cromosoma 14 con rottura a livello di q11 e q32. Nel 10% dei casi è descritta una translocazione t(14/14)(q11/q32). Anomalie del cromosoma 8 e trisomia 8q sono state descritte nel 70-80% dei casi.

Si pensa che le cellule neoplastiche si trovino ad uno stadio intermedio tra i timociti e i linfociti T periferici.

Il decorso della malattia è rapido e progressivo con sopravvivenza inferiore ad un anno; esiste però anche una forma indolente.

2.4.2 Leucemia a grandi linfociti granulari (T-LGL)

Si tratta di un disordine eterogeneo caratterizzato da un aumento persistente del numero dei grandi linfociti granulari (LGL) nel sangue periferico.

Rappresenta il 2-3% delle leucemie linfocitiche.

Sono coinvolti il sangue periferico, il midollo osseo, il fegato, la milza e raramente i linfonodi.

Si manifesta con decorso clinico indolente; sono spesso presenti anemia e neutropenia accompagnati da linfocitosi 2-20x10

9

/l. Si riscontra spesso una moderata splenomegalia e un’artrite reumatoide dovuta alla presenza di autoanticorpi e immunocomplessi circolanti.

Le cellule neoplastiche nel sangue e nel midollo sono LGL caratterizzati dalla presenza di un abbondante citoplasma contenente fini o dense granulazioni azurrofile. Nel midollo osseo l’infiltrazione è spesso interstiziale e raramente nodulare; le cellule neoplastiche non superano il 50% degli elementi cellulari.

L’immunofenotipo è: CD3+, TCRαβ+, CD4-, CD8+, CD57+, TIA-1+,

raramente può essere CD4+ o TCRγδ+ (solo una piccola percentuale). Le

cellule neoplastiche sono inoltre perforina+ e granzima+.

(34)

La maggior parte dei casi di T-LGL presenta un riarrangiamento del gene della catena TCRβ e una delle anomalie genetiche riscontrate è una translocazione.

L’evoluzione clinica è generalmente lenta e accompagnata da grave neutropenia; può avere decorso più aggressivo e trasformarsi in un linfoma T periferico.

2.4.3 Leucemia aggressiva a cellule Natural Killer

Si tratta di una rara forma di leucemia/linfoma che prevale nei giovani asiatici.

Sono coinvolti il sangue periferico, il midollo osseo, il fegato, la milza e molti altri organi. I pazienti presentano spesso febbre e sintomi costituzionali legati alla leucemia. La linfocitosi può essere variabile e sono comunemente presenti anemia, trombocitopenia e neutropenia. L’epato-splenomegalia è frequente talvolta accompagnata da linfoadenopatia. La malattia può essere complicata dalla presenza di coagulopatie, sindromi emofagocitiche e insufficienze d’organo.

Questo tipo di leucemia è spesso associata all’infezione da Epstein Barr virus.

Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da una taglia più grande dei normali linfociti granulari e alcune possono presentare un nucleo irregolare ipercromatico; i nucleoli non sono sempre visibili e il citoplasma appare ampio, pallido con granulazioni azzurrofili fini o dense. Il midollo osseo può essere infiltrato in maniera massiva, focale o può risultare scarsamente infiltrato; spesso sono presenti istiociti emofagocitici. Nei tessuti l’infiltrazione appare diffusa o distruttiva, è presente spesso necrosi e può esserci angioinvasione.

L’immunofenotipo è CD2+, CD3-, CD3ε+, CD56+, CD57-, CD11b+/-, CD16+/- e c’è positività per le molecole citotossiche.

Sono state descritte numerose anomalie citogenetiche quali la delezione del

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Il decorso clinico è aggressivo e talvolta fulminante con morte in uno o due anni (anche in pochi giorni dalla diagnosi).

2.4.4 Leucemia/linfoma a cellule T dell’adulto (ATLL)

Si tratta di una neoplasia delle cellule T periferiche, endemica in alcune regioni del mondo (Giappone, Caraibi, Africa centrale) legata alla presenza del virus umano T-cell leukaemia tipo I (HTLV-1). Si presenta negli adulti con età media di 55 anni e prevalenza del sesso maschile.

Sono coinvolti i linfonodi e il sangue periferico; il midollo può essere variabilmente infiltrato mentre la cute rappresenta il sito extralinfatico più comunemente coinvolto (>50% dei casi). La malattia è generalmente sistemica per questo sono colpiti anche la milza, il polmone, il fegato, il tratto gastroenterico e il sistema nervoso centrale.

Dal punto di vista clinico sono descritte alcune varanti: esiste una forma acuta caratterizzata da una fase leucemica con marcata leucocitosi, rash cutanei, lnfoadenopatia generalizzata, epato-splenomegalia, sintomi costituzionali e talvolta ipercalcemia con o senza lesioni ossee litiche. I pazienti sono spesso immunodeficienti e presentano frequentemente infezioni opportunistiche.

Esiste una variante linfomatosa caratterizzata da linfoadenopatia senza coinvolgimento del sangue periferico. La variante cronica è associata a lesioni cutanee, comunemente esfoliative; ci può essere linfocitosi ma le cellule atipiche sono rare nel sangue. Non c’è ipercalcemia. La variante indolente si presenta con lesioni cutanee o polmonari e i leucociti nel sangue sono normali (<5% di cellule neoplastiche).

Nella variante acuta e linfomatosa, le cellule sono caratterizzate da una taglia

medio-grande, nucleo pleomorfico, cromatina addensata, nucleoli prominenti

e distinti, citoplasma intensamente basofilo. Le cellule possono essere

polilobate e assumere l’aspetto di fiori nel sangue periferico. Si possono

inoltre ritrovare cellule dall’aspetto blastico con nuclei trasformati e

cromatina dispersa. L’infiltrazione midollare è a macchia e moderata e può

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esserci intensa attività osteoclastica. Nella pelle sono frequenti i microascessi di Pautrier-like mentre nei linfonodi l’infiltrazione è di tipo leucemico.

Nella variante cronica e indolente l’infiltrazione dei linfonodi è di tipo paracorticale con infiltrazione diffusa da parte di piccoli-medi linfociti con piccole irregolarità nucleari, nucleoli poco visibili e poco citoplasma.

L’immunofenotipo è: CD2+, CD3+, CD5+, CD7-, spesso CD4+/CD8-, CD25+, CD30+ (le cellule più grandi).

L’HTLV-1 si trova integrato nel genoma di quasi tutte le cellule ed è presente un riarrangiamento clonale del recettore T.

I fattori prognostici più significativi sono la variante morfologica/clinica, i valori del calcio sierico e delle LDH. Nella variante acuta e linfomatosa la sopravvivenza varia dalle due settimane a un anno e la morte giunge per complicazioni dovute ad infezioni secondarie. Le varianti croniche e indolenti presentano un decorso più prolungato ma possono trasformarsi nella forma acuta ed avere un decorso aggressivo.

2.4.5 Linfoma a cellule T/NK, nasale e simil-nasale

Si tratta di un linfoma prevalentemente extranodale che si localizza spesso nelle cavità nasali.

Sono colpiti soprattutto gli adulti e c’è predominanza nel sesso maschile. I soggetti immunodepressi o che hanno subito trapianti sembrano essere i più colpiti.

Oltre alle cavità nasali possono essere interessati anche la faringe, il palato molle, la pelle, i tessuti molli, il tratto gastroenterico e i testicoli. Il coinvolgimento linfonodale sembra essere secondario.

I pazienti presentano sintomi clinici da ostruzione nasale o epistassi dovuti

alla presenza di una massa oppure possono presentare lesioni distruttive

emifacciali. Le lesioni della pelle sono rappresentate comunemente da noduli

che possono ulcerarsi mentre le lesioni intestinali possono portare a

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