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CAPITOLO 2 - IL RISCHIO ILLUMINOTECNICO NEI LUOGHI DI LAVORO

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CAPITOLO 2 - IL RISCHIO ILLUMINOTECNICO NEI LUOGHI DI LAVORO

La maggior parte dei documenti di valutazione dei rischi si basano sul diffuso e semplice

nell’applicazione metodo a matrice con combinazione di probabilità e gravità dell’effetto.

I metodi probabilistici offrono migliore affidabilità specie se la probabilità dell’evento, cui si associano effetti di elevata gravità, si riduce a valori molto bassi, tuttavia, gli effetti

dell’evento stesso risultano in molti casi sconosciuti e difficilmente quantificabili.

Nel caso di rischio illuminotecnico considerando come effetto principale l’affaticamento visivo, o astenopia occupazionale, la casistica clinica risulta scarsa, frammentata, talvolta contraddittoria e costituita da dati non ancora validati sotto il profilo epidemiologico e casuale.

Risulta pertanto utile riferirsi per gli aspetti di illuminazione alle Linee Guida ISPESL –

“Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro”, in particolare, alla Parte III recante “Indicazioni operative per la valutazione del rischio” nella quale sono riportate utili considerazioni per procedere alla valutazione del rischio illuminotecnico.

Nel D.Lgs 81/08 è indicato che un lavoratore nell’ambiente di lavoro può risultare esposto anche al rischio illuminotecnico ed è precisato, al comma 1.10 “Illuminazione naturale e

artificiale dei luoghi di lavoro” dell’Allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro”, che:

“A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non

si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale.

In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori”.

Al rischio illuminotecnico sono strettamente correlati: gli aspetti posturali in genere, nonché il rischio ergonomico; gli aspetti posturali e di ergonomia della visione in postazioni di lavoro dotate di attrezzature munite di videoterminali, nonché il rischio da videoterminali; le caratteristiche, le dimensioni e l’orientamento delle superfici finestrate relative all’ambiente di lavoro esaminato, nonché l’illuminazione naturale; le azioni e le attività umane, nonché il rischio antropico.

Gli aspetti principali del rischio illuminotecnico permettono di identificarlo come:

un rischio di carattere generico, riguardante quindi la totalità degli ambienti di lavoro e

presente durante l’esecuzione di qualunque mansione o attività lavorativa;

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un rischio extra-professionale, in quanto va considerato anche durante lo svolgimento di altre attività umane come guardare la televisione o utilizzare il personal computer in ambiente domestico;

un rischio continuo, in quanto riferito alla periodicità con cui si manifesta in condizioni di normale funzionamento degli apparecchi durante l’attività lavorativa;

un rischio ripetitivo o di routine, in quanto legato a una specifica attività lavorativa come l’impiego di una postazione di lavoro che presenta contrasti di luminanza inadeguati tra il compito visivo e lo sfondo;

un rischio immediato, in quanto può riguardare il manifestarsi di abbagliamento diretto se le lampade non sono schermate lungo la direzione di vista prevalente;

un rischio differito, in quanto può riguardare fenomeni di affaticamento visivo i cui effetti si possono manifestare anche a distanza di tempo dall’evento che li ha provocati;

un rischio di tipo individuale, in quanto si riferisce ai danni del singolo individuo considerandolo come lavoratore esposto al rischio nel proprio ambiente di lavoro;

un rischio di tipo collettivo, in quanto legato all’inadeguata illuminazione di uno spazio a uso collettivo o pubblico, inoltre, non associabile alla categoria dei rischi sociali comunemente intesi tra cui il rischio sismico, il rischio da inquinamento ambientale e il rischio nucleare;

un rischio eliminabile in termini della gestione della sicurezza, in quanto è sempre possibile intervenire in sede progettuale o previsionale per eliminare la fonte del rischio anche con interventi post-operam come la modifica del tipo di lampada dell’apparecchio di illuminazione installato e del numero, della disposizione degli apparecchi, dei piani di lavoro o degli elementi schermanti la luce solare diretta;

un rischio riducibile, in quanto è possibile agire sui fattori che ne generano le condizioni per ridurlo entro livelli accettabili apportando, per esempio, modifiche al numero di apparecchi installati nell’ambiente così da ottenere il livello medio di illuminamento più vicino possibile al valore di riferimento della normativa in materia.

Si osserva altresì che il rischio illuminotecnico può provocare danni fisici di carattere

reversibile, e in genere, non provoca danni gravi alla salute, danni irreversibili o letali.

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2.1 - ILLUMINAZIONE DELL’AMBIENTE DI LAVORO

La corretta illuminazione dei luoghi di lavoro è un aspetto essenziale per permettere ai lavoratori lo svolgimento efficiente, accurato e in sicurezza dei compiti visivi che devono svolgere garantendo, al contempo, livelli di visibilità e comfort adeguati.

L’illuminazione di questi ambienti pertanto non deve essere causa di affaticamenti, risultare fonte di disturbo, originare disagi o arrecare fastidi al lavoratore stesso.

L’ambiente di lavoro “Work Environment” è definito, dalla UNI EN ISO 6385, come l’insieme dei fattori fisici, chimici, biologici, organizzativi, sociali e culturali che circondano il lavoratore. All’interno di un ambiente di lavoro l’oggetto principale della visione, e quindi dell’illuminazione, è il compito visivo “Visual Task” l’insieme cioè degli elementi visivi del lavoro effettuato.

La valutazione dell’illuminazione dell’ambiente di lavoro, e della postazione in particolare, deve essere sempre accompagnata da un’analisi accurata e completa dei compiti visivi che caratterizzano l’attività lavorativa svolta. L’analisi dei compiti visivi deve:

fornire informazioni riguardanti il compito visivo svolto, o più in generale, i vari compiti visivi svolti;

indicare la modalità d’uso delle relative apparecchiature;

permettere di identificare una gerarchia di priorità tra i compitivi visivi svolti.

Per ciascun compito visivo è necessario individuare il piano di lavoro di riferimento “Task Area”, definito come la superficie sulla quale si svolge il compito visivo. Tale piano rappresenta la superficie sulla quale è necessario mantenere il livello di illuminamento medio indicato nella normativa tecnica di settore. In ogni caso l’illuminazione di un ambiente di lavoro deve garantire condizioni ottimali per lo svolgimento dell’attività lavorativa anche quando si distoglie lo sguardo dallo specifico compito visivo.

I requisiti essenziali che devono essere soddisfatti per una corretta illuminazione dell’ambiente di lavoro, o della postazione di lavoro, risultano:

la prestazione visiva “Visual Performance”, in quanto i lavoratori devono essere in grado di percepire l’oggetto della visione in maniera inequivocabile con velocità e accuratezza;

il comfort visivo “Visual comfort”, in quanto l’ambiente deve soddisfare le necessità di carattere fisiologico, psicologico e di benessere contribuendo, talvolta in modo significativo, ad aumentare la produttività;

la sicurezza “Safety”, che riguarda un pronto e sicuro discernimento dei pericoli insiti nell’ambiente di lavoro.

Riguardo prestazione visiva e comfort visivo, la disciplina scientifica che studia le interazioni

tra l'uomo, i componenti di un sistema e la funzione per cui questi vengono progettati allo

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scopo di ottimizzare il benessere dell'uomo e le sue prestazioni, è l’ergonomia.

Questa disciplina di carattere preventivo ha lo scopo di fornire al progettista e all'utilizzatore le informazioni necessarie per un ambiente di lavoro confortevole, analizzare gli elementi circostanti al fine di migliorare la sicurezza, aumentare l'efficienza nello svolgere i propri compiti riducendo stress e rischi di malattie professionali e non. I presupposti per una postazione di lavoro ergonomica sono riportati in Fig.2.1.

Fig.2.1) - Postazione di lavoro ergonomica

(Tratto da “Guida alla qualità nell’ambiente ufficio” a cura di G. Dal Fabbro, S. Serra, V.M.Brambilla, C. Dal Fabbro)

Riguardo la sicurezza degli occupanti un luogo di lavoro, destinato per esempio ad uso di ufficio, possono essere individuati:

rischi per la sicurezza, dipendenti da cause infortunistiche dovute ad arredi (che dovrebbero essere scelti sulla base delle normative UNI, EN o ISO e accompagnati da marcatura CE), attrezzature elettroniche, scale;

rischi per la salute, dipendenti da cause igienico-ambientali come agenti chimici, fisici e biologici;

rischi trasversali, dipendenti dall'organizzazione del lavoro e che comprendono fattori psichici, sociali, organizzativi, ambientali, fisici.

Il soddisfacimento dei requisiti essenziali richiede la definizione di parametri specifici di riferimento, sia di carattere quantitativo che qualitativo, che possono essere interpretati come caratteristiche prestazionali. I parametri specifici di riferimento, attraverso i quali esprimere una completa valutazione dell’illuminazione di un dato ambiente di lavoro, sono indicati come parametri illuminotecnici di riferimento.

A. altezza dell'occhio a livello del bordo superiore dello schermo B. schiena ben supportata dallo schienale della sedia

C. angolo di 90° tra schiena e coscia D. angolo di 90° tra coscia e gamba E. piede ben appoggiato a terra

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2.2 - ILLUMINAZIONE DELLA POSTAZIONE FISSA DI LAVORO CON VDT

I videoterminali (VDT) comprendono tutte le strumentazioni elettroniche dotate di schermo video e tastiera che possono essere utilizzate per l'esecuzione del proprio lavoro il cui uso comporta l'assunzione di precauzioni obbligatorie per la tutela della salute indicate nel Decreto Legislativo n. 81/2008. Nel presente Decreto viene definito videoterminalista il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di VDT, in modo sistematico o abituale, per almeno venti ore settimanali, al netto delle pause previste (Art. 173); in mancanza di specifiche disposizioni contrattuali è prescritto che il lavoratore abbia comunque diritto ad una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al VDT (Art. 175).

La postazione di lavoro dovrebbe avere le seguenti caratteristiche minime:

superficie sufficientemente ampia o comunque di dimensioni adeguate allo svolgimento della mansione, tenendo conto di tutte le attrezzature eventualmente posizionabili sul piano di lavoro;

profondità del piano di lavoro coerente con la dimensione e la tipologia dello schermo, in modo da assicurare una distanza corretta dallo schermo;

colore delle superfici chiaro e diverso dal bianco;

superficie del piano di lavoro non riflettente;

altezza della seduta e della scrivania regolabili per adattarsi alle caratteristiche antropometriche dell'utilizzatore;

spazio sotto alla scrivania che garantisca l'alloggiamento e il movimento degli arti inferiori dell'utilizzatore;

seduta di tipo girevole con design adeguato a evitare il ribaltamento;

seduta e schienale regolabili con adeguato sostegno della zona lombare.

Considerando la postura tipica del lavoro al VDT (operatore seduto alla scrivania con braccia

poggianti sul piano di lavoro) riguardo l’aspetto ergonomico si possono riscontrare diverse

categorie di patologie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1987 ha individuato

tre categorie disturbi collegate al lavoro al videoterminale: i disturbi all'apparato muscolo-

scheletrico (particolarmente concentrati su schiena, collo, braccia, polsi, mani, dita),

astenopia (o affaticamento visivo), stress e affaticamento psichico. I disturbi indicati possono

inoltre generare altre patologie secondarie come mal di testa, cefalea, nausea, insonnia, mal

di stomaco, dermatiti pruriginose. Si osserva che l’assetto normativo vigente riprende le

indicazioni dell’OMS imponendo al datore di lavoro, per i lavoratori al videoterminale, la

valutazione dei rischi a carico della vista e degli occhi, dei problemi legati alla postura, dei

problemi legati all'affaticamento fisico o mentale, delle condizioni ergonomiche e di igiene

ambientale. La corretta progettazione del posto di lavoro e la selezione dell'opportuno

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arredo permettono di ridurre in maniera sensibile l'impatto dei problemi posturali sulla salute del lavoratore. A tal fine una serie di accorgimenti riguardano:

le sedute operative (utilizzate dagli operatori al VDT), che devono essere regolabili attraverso opportuni meccanismi (per garantire all'utente le condizioni posturali ideali allo svolgimento del proprio lavoro), adattabili alle dimensioni del corpo dell'utilizzatore, consentire l'inclinazione dello schienale e favorire le condizioni ideali di supporto alla zona lombare, di appoggio degli avambracci e di altezza della seduta rispetto al piano di lavoro;

sedute direzionali (non collegate all’uso sistematico del VDT), che abbiano caratteristiche di comfort analoghe a quelle operative per non acuire gli effetti negativi creati da altre situazioni sulle quali non è possibile intervenire;

tavolo di lavoro, di altezza regolabile in modo che, unitamente alla regolazione della seduta, si possano creare le condizioni di lavoro ideali per individui dalle caratteristiche antropometriche molto differenziate;

contenitori a uso individuale (come cassettiere o mobili di servizio), di gruppo (come armadi), di uso generale (come scaffalature per archivio), facilmente accessibili;

organizzazione del lavoro, finalizzata ad alternare le attività e gli spostamenti in modo da differenziare la postura nell'arco della giornata lavorativa;

formazione adeguata degli utenti, sia in termini di conoscenza dei danni legati ai problemi posturali, che di competenza in merito alle attrezzature utilizzate.

Per il requisito di sicurezza l'individuazione dei rischi passa attraverso l'analisi delle caratteristiche del lavoro rispetto ai rischi per la vista e per gli occhi, ai problemi legati alla postura e all'affaticamento fisico o mentale e ai rischi dovuti alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. La progettazione dell’ambiente di lavoro nel quale sono presenti postazioni fisse con videoterminali richiede specifiche valutazioni sulle caratteristiche ambientali dei locali legate alle particolari esigenze di lavoro. Per l’illuminazione naturale e artificiale i compiti visivi associati al lavoro in postazioni fisse con VDT differiscono dai compiti visivi legati al lavoro di ufficio tradizionale, principalmente perchè:

l’oggetto principale della visione, vale a dire il VDT, è situato su un piano verticale;

la visione del VDT può essere influenzata significativamente dall’ambiente di lavoro per la presenza di riflessi, la carenza o l’eccesso di contrasto con lo sfondo, l’inadeguata distribuzione cromatica delle superfici circostanti e altre cause;

la direzione di mira rivolta in direzione quasi orizzontale rende maggiore l’influenza delle caratteristiche dell’ambiente sullo svolgimento del compito visivo.

L’illuminazione della maggior parte degli ambienti di lavoro con postazioni fisse VDT è ottenuta dalla combinazione di luce naturale e artificiale:

per l’illuminazione naturale, la presenza delle superfici finestrate permette sia il contatto

visivo con l’esterno che l’aumento dei livelli di luminanza delle superfici interne agli

ambienti di lavoro, pertanto, il comfort visivo potrebbe essere influenzato

negativamente dalla presenza di luce solare diretta non opportunamente schermata.

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per l’illuminazione artificiale, occorre ottimizzare la percezione delle informazioni visive necessarie per il lavoro, garantire la massima sicurezza e comfort visivo ai lavoratori, mantenere inalterate le prestazioni del sistema di illuminazione al variare della postazione di lavoro.

Tale combinazione può talvolta portare alla modifica sia degli elementi componenti la postazione, come per esempio la sostituzione del VDT, che della configurazione della postazione, come per esempio la disposizione e l’orientamento, specie per necessità

organizzative dipendenti dal tipo di lavoro svolto o per specifiche richieste del lavoratore.

Si osserva che se il sistema di illuminazione è stato ben progettati le prestazioni fornite, come i livelli di illuminamento e l’assenza di fenomeni di abbagliamento, non mutano anche in presenza delle modifiche appena descritte.

La norma di riferimento UNI EN ISO 9241-6 individua le caratteristiche ambientali, per le quali risulta necessario porre particolare attenzione in fase progettuale, e indica il frequente controllo del mantenimento delle condizioni di progetto durante lo svolgimento delle attività lavorative. Le caratteristiche ambientali indicate nella UNI EN ISO 9241-6 sono l’illuminazione naturale e artificiale, il rumore, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici e l’elettricità statica, le condizioni termo-igrometriche, l’organizzazione dello spazio e la disposizione del posto di lavoro.

Nella UNI EN ISO 9241-6, per il lavoro svolto al VDT, viene suggerita una distinzione fra due principali tipologie di compiti visivi:

quelli che prevedono la lettura di dati presenti sullo schermo, come la lettura di testi, l’analisi di grafici, l’osservazione di processi o discernimento di simboli;

quelli che prevedono lettura di dati su mezzi detti passivi, come la lettura di testi o analisi di grafici su supporti cartacei, la percezione e il discernimento di simboli sulla tastiera.

La presenza delle due diverse tipologie di compiti visivi descritte nello stesso ambiente di lavoro richiede che il sistema di illuminazione sia progettato per consentire il corretto e

confortevole svolgimento dei compiti visivi al VDT e compatibile con l’ambiente di lavoro.

A tal fine, i fattori significativi sono la distribuzione della luminanza e dei contrasti di luminanza nell’ambiente di lavoro, gli illuminamenti sui piani verticale e orizzontale e il rapporto fra gli illuminamenti sui due piani.

La UNI EN ISO 9241-6 indica come principali aspetti/parametri illuminotecnici per la valutazione dell’illuminazione dei luoghi di lavoro con postazioni fisse VDT:

a) l’illuminamento;

b) l’equilibrio delle luminanze;

c) l’abbagliamento;

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d) la resa cromatica e la temperatura di colore delle lampade.

Si approfondisce di seguito l’esposizione sugli aspetti/parametri illuminotecnici citati.

a) L’illuminamento

L’illuminamento richiesto in un ambiente di lavoro può essere ottenuto sia con il contributo della luce artificiale che naturale, oppure, come combinazione delle due (illuminazione integrata). La normativa riferisce l’illuminamento al piano di lavoro orizzontale, a meno che venga specificato un altro piano di riferimento, in cui sono situati i principali compiti visivi. Nei luoghi di lavoro con VDT, oltre all’illuminamento orizzontale, dovrebbe essere attribuita notevole rilevanza all’illuminamento verticale specie quando risulta importante la percezione della profondità. I valori medi di illuminamento da mantenere nei luoghi di lavoro, compresi quelli con postazioni fisse VDT, sono tabellati nella UNI EN 12464-1 (riportati in Tab.1.2) e si riferiscono specificatamente alla condizione di sola illuminazione artificiale.

b) L’equilibrio delle luminanze

Per equilibrio delle luminanze si intende il rapporto fra la luminanza dell’immagine visualizzata ( ) L e la luminanza delle superfici che le fanno da sfondo ( ) L

S

, ovvero quelle che la circondano più da vicino. Superfici caratterizzate da notevoli differenze di luminanza all’interno del campo visivo possono provocare effetti di affaticamento visivo e disturbo, situazioni queste, che si verificano spesso quando nel campo visivo ricadono le lampade degli apparecchi di illuminazione, le superfici finestrate non opportunamente schermate, le pareti o il soffitto riflettenti e fortemente illuminati, gli schermi VDT a elevata luminanza. Il corretto bilanciamento della luminanza nel campo visivo dovrebbe consentire benefici per la visione soprattutto in termini di facilità di percezione tridimensionale degli oggetti, riduzione dell’affaticamento visivo, riduzione dei fenomeni di abbagliamento e incremento della sicurezza del lavoratore. Nella letteratura tecnica specializzata sono suggeriti intervalli di riferimento entro cui deve ricadere il rapporto tra la luminanza del compito visivo e quella delle superfici circostanti, in particolare, deve risultare:

3 3 1

1

R

L

, con

1

1

L

R

L

= L rapporto tra la luminanza del compito visivo L e quella della

superficie immediatamente circostante il compito visivo L , in questo caso viene

1

considerato per compiti visivi di tipo statico;

10 10 1

2

R

L

, con

2

2

L

R

L

= L rapporto tra la luminanza del compito visivo L e quella della superficie di sfondo L , in questo caso viene considerato per compiti visivi di

2

tipo dinamico;

20 40

1 ≤ R

Li

≤ per tutte le altre superfici presenti nel campo visivo, con

i

Li

L

R = L

rapporto tra la luminanza del compito visivo e quella della generica superficie L .

i

c) L’abbagliamento

L’abbagliamento nei luoghi di lavoro con postazioni fisse VDT può essere causato da

abbagliamento diretto dovuto alla luce artificiale, abbagliamento da riflessi,

abbagliamento diretto dovuto alla luce naturale. L’abbagliamento diretto dovuto

all’illuminazione artificiale può essere provocato dagli apparecchi di illuminazione, e in

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tal caso valutato con il metodo dell’indice UGR , o da superfici del locale caratterizzate da elevati valori di luminanza. In presenza di compiti visivi che prevedono direzioni di sguardo orientate verso l’alto rispetto alla linea orizzontale, per gli apparecchi di illuminazione di tipo diretto ed emissione luminosa rivolta verso il basso, occorre adottare misure per limitare l’abbagliamento scegliendo apparecchi dotati di schermi opali per la sorgente luminosa o di apparecchi dotati di idonee schermature lamellari.

- L’abbagliamento da riflessi si manifesta quando la luce emessa da una sorgente luminosa incide su di una superficie presente all’interno del campo visivo e dotata di elevato coefficiente di riflessione, oppure, con finitura particolarmente lucida.

L’abbagliamento da riflessi si ha sia su piani verticali che orizzontali e può compromettere la percezione visiva e/o provocare disagio. Il Diagramma di flusso in Fig.2.2 permette di evitare il disturbo da abbagliamento provocato dai riflessi sulle superfici di lavoro con VDT e sulle apparecchiature di lavoro tra cui monitor, documenti stampati, tastiere.

Fig.2.2) - Diagramma di flusso per la valutazione dell’abbagliamento riflesso in postazioni di lavoro con VDT

- L’abbagliamento diretto dovuto alla luce naturale può generalmente essere provocato dalla visione diretta del sole o del cielo e dalla eventuale luce riflessa dagli edifici circostanti. La luce solare diretta dovrebbe poter essere opportunamente schermata con l’utilizzo di dispositivi mobili, ad azione manuale o automatica, comandati direttamente dal lavoratore come tende, persiane avvolgibili, veneziane, pannelli verticali, frangisole esterni.

In caso di esposizione diretta al sole la luminanza delle tende o di altri dispositivi

oscuranti può superare quella delle lampade utilizzate per l’illuminazione. Il

coefficiente di trasmissione luminosa ( ) t di questi dispositivi dovrebbe perciò essere

sufficientemente basso, in genere sono suggeriti valori t <0,3, affinchè non si abbiano

disturbi dovuti all’abbagliamento diretto o riflesso. Come principio generale occorre

evitare l’installazione di postazioni fisse di lavoro con VDT in modo che la direzione di

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vista sia rivolta in maniera continuativa verso superfici a elevata luminanza, come accade in corrispondenza delle superfici finestrate che inquadrano ampie porzioni di cielo libero non ostruito da edifici contrapposti alla finestra.

d) La resa cromatica e la temperatura di colore delle lampade

I valori minimi dell’indice di resa cromatica per i luoghi di lavoro sono indicati nella UNI EN 12464-1 (v. Tab.2.1), in particolare per quelli con postazioni fisse VDT, occorre

utilizzare lampade con indice di Resa Cromatica elevato comunque non inferiore a 80 ( R > 80).

a

Tab.2.1) - Classificazione delle lampade in base all’indice di resa cromatica

La temperatura di colore rappresenta un parametro importante nella progettazione dell’illuminazione artificiale degli ambienti interni di lavoro. Per la progettazione di questi ambienti è utile il Diagramma di Kruithof, riportato in Fig.2.3, che mette in relazione il valore dell’illuminamento medio E dell’ambiente con la temperatura di

m

colore delle lampade che dovrebbero essere utilizzate per illuminarlo.

Fig.2.3) - Diagramma di Kruithof

(11)

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2.3 - METODO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Per la valutazione del rischio sono stati individuati dodici fattori di rischio illuminotecnico, la cui applicazione alla più ampia casistica di ambienti di lavoro negli ospedali avviene assegnando il relativo indicatore prestazionale. Tale metodo è stato messo a punto nell’ambito del Piano Mirato Triennale per la Formazione del Personale dei SPP delle 16 Aziende Sanitarie Toscane e la Formulazione di Specifici Criteri di Valutazione del Rischio, Area Tematica 3 - Ergonomia: Illuminotecnica e Postazioni Fisse di Lavoro che si è svolto nel periodo da Ottobre 2011 a Febbraio 2012 (Autori: Francesco Leccese, Giacomo Salvadori, Matteo Casini, Marco Bertozzi).

2.3.1 - FATTORI DI RISCHIO ILLUMINOTECNICO

La caratteristica di generalità dei fattori di rischio illuminotecnico ne favorisce la pratica applicazione rendendo più semplice il compito del personale, preposto all’interpretazione dei risultati della valutazione dello specifico rischio, e suggerendo al contempo proposte di intervento tecnico-economico atte a ridurlo o a eliminarlo. Per ciascun fattore di rischio individuato può essere calcolato, attraverso le modalità di seguito descritte, l’indice di rilevanza. L’indice di rilevanza può essere utilizzato per fissare valori di soglia, al di sopra dei quali è necessario intraprendere azioni correttive per la limitazione del relativo fattore di rischio illuminotecnico, che possono:

essere fissati con un certo margine di autonomia a seconda di dove si opera;

fornire una scala di priorità, nel caso si debba intervenire con più azioni correttive inerenti differenti fattori di rischio.

Come principali fattori di rischio illuminotecnico negli ambienti di lavoro sono stati individuati i seguenti (lista ridotta):

1) illuminamento in relazione al compito visivo;

2) uniformità di illuminamento in relazione al compito visivo;

3) illuminazione dell’ambiente di lavoro;

4) rapporti di luminanza nell’ambiente di lavoro;

5) disponibilità di luce naturale nell’ambiente di lavoro;

6) abbagliamento dovuto agli apparecchi di illuminazione;

7) caratteristiche delle lampade;

8) illuminazione di emergenza.

Si osserva che nell’elenco:

i primi due fattori di rischio (1-2) sono relativi al compito visivo svolto;

(12)

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i fattori di rischio dal terzo al quinto (3-4-5) si riferiscono all’ambiente di lavoro, in particolare il fattore di rischio 5 è relativo all’illuminazione naturale dell’ambiente di lavoro in esame;

i fattori di rischio sesto e settimo (6-7) riguardano i sistemi di illuminazione, cioè le lampade e gli apparecchi utilizzati per illuminare l’ambiente di lavoro o la particolare postazione di lavoro in esame;

l’ottavo fattore di rischio (8) si riferisce all’illuminazione di emergenza.

L’elenco riportato non esaurisce la complessità del problema illuminotecnico in termini di ergonomia della visione, prestazione visiva, comfort visivo, adeguatezza dell’illuminazione del luogo di lavoro, risparmio energetico, percezione dell’ambiente luminoso e benessere degli utenti intesi come tutti coloro che utilizzano un dato ambiente.

Si possono pertanto individuare ulteriori aspetti inerenti il rischio illuminotecnico negli ambienti di lavoro, riportati nella lista seguente, sebbene alcuni di questi fattori non rappresentino propriamente dei fattori di rischio (lista estesa):

9) colorazione/finitura delle superfici che delimitano l’ambiente di lavoro;

10) manutenzione degli apparecchi di illuminazione;

11) disposizione degli apparecchi di illuminazione;

12) indice di efficienza energetica del sistema di illuminazione.

Anche per i fattori di rischio 9-12 è possibile indicare il tipo di rischio, gli indicatori prestazionali, la modalità di valutazione che può essere adottata (come misure in situ, calcolo semplificato o utilizzo di software) e la normativa tecnica di riferimento. La possibilità di compiere misure in situ con semplici strumenti portatili, come il luxmetro, consente:

una valutazione diretta del fattore del rischio mediante semplice valutazione dei risultati della misura;

di reiterare l’esperienza al variare di condizioni al contorno significative per l’ambiente di lavoro esaminato.

Ad ambienti con caratteristiche comuni, qualora si svolgano analoghi compiti visivi, possono essere condotte valutazioni di carattere tecnico-economico basate su metodi di calcolo analitici di semplice applicazione e sufficientemente affidabili. Per situazioni particolari è necessario un progetto illuminotecnico approfondito con software avanzati largamente disponibili e abitualmente utilizzati nel settore.

2.3.2 - INDICATORI PRESTAZIONALI

Nell’applicare alle strutture sanitarie ospedaliere i criteri esposti occorre considerare

l’estrema variabilità dei luoghi di lavoro negli ospedali dovuta sia all’elevata specializzazione

di ambienti, come le sale operatorie o le sale per refertazione, che alla continua innovazione

tecnologica e di processo.

(13)

53

Nella valutazione da condurre risulta perciò indispensabile talvolta considerare, come riferimenti normativi, alcuni atti di indirizzo o raccomandazioni tecniche specifiche che non influiscono sulle caratteristiche di semplicità e generalità di applicazione.

Le grandezze da considerare come indicatori prestazionali possono essere:

di tipo quantitativo, come i valori di illuminamento e di luminanza medi sul piano di lavoro, o comunque inerenti alle superfici e alle direzioni di vista nelle quali si esplica il compito visivo, grandezze queste, direttamente misurabili con semplice strumentazione portatile e che consentono di effettuare un confronto immediato con i valori limite di riferimento indicati nella normativa tecnica di settore anche a livello internazionale;

di tipo qualitativo, come le uniformità di illuminamento e i rapporti di luminanza sia sulla superficie interessata dallo svolgimento del compito visivo che nell’ambiente di lavoro nel suo complesso, l’indice di resa cromatica e la temperatura di colore, grandezze queste, per le quali occorre una post-elaborazione dei dati acquisiti con le misure o ottenuti tramite calcolo analitico.

Tra gli aspetti da considerare per l’individuazione degli indicatori prestazionali sono considerati anche quelli relativi:

al colore delle superfici che delimitano l’ambiente, attraverso i coefficienti di riflessione o la loro finitura;

all’efficienza energetica del sistema di illuminazione, attraverso l’indice di efficienza energetica, indice LENI , che considera gli ultimi sviluppi sul piano normativo internazionale e rafforzare il legame esistente tra un’adeguata illuminazione degli ambienti e la finalità di perseguire obiettivi di risparmio energetico.

Gli indicatori prestazionali sono riportati in Tab.2.2 per il relativo fattore di rischio precisando anche le unità di misura con i quali vengono espressi (grandezze adimensionali oppure esprimibili in unità di misura del Sistema Internazionale).

Tab.2.2) - Elenco dei fattori di rischio illuminotecnico e relativi indicatori prestazionali

(14)

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2.4 - CRITERI DI VALUTAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO

La valutazione del rischio illuminotecnico dovuto a ciascuno dei fattore di rischio della lista ridotta può essere condotta determinando prima i seguenti due coefficienti:

il coefficiente di scostamento;

il coefficiente di pertinenza.

Noti questi coefficienti è possibile ricavare un indice, detto indice di rilevanza, che permette di stabilire la necessità o meno di intervenire per ridurre o eliminare un certo fattore di rischio illuminotecnico, ovvero, la priorità degli interventi nel caso in cui si presentino più fattori di rischio.

2.4.1 - COEFFICIENTE DI SCOSTAMENTO

La determinazione del coefficiente di scostamento ( ) C

S

per ciascun fattore di rischio della lista ridotta viene effettuata utilizzando il relativo indicatore prestazionale, o i relativi indicatori prestazionali nel caso siano più di uno, come accade per il fattore di rischio

“illuminazione dell’ambiente di lavoro”.

Il coefficiente di scostamento è introdotto per tenere in considerazione, in maniera quantitativa, lo scostamento del valore assunto dall’indicatore prestazionale nella specifica condizione oggetto della valutazione rispetto ai valori indicati nella normativa tecnica di settore vigente o, in sua assenza, nelle raccomandazioni nazionali/internazionali pubblicate da Enti o Organismi di ricerca.

Il coefficiente C è espresso con un numero variabile da 0 ad 1, come indicato nelle tabelle

S

di seguito riportate (v. Tab.2.3÷2.10), per ciascun fattore di rischio in funzione dello scostamento tra il valore del relativo indicatore prestazionale e i valori della normativa tecnica.

Tab.2.3) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 1 (v. Tab.2.2)

(15)

55

Tab.2.4) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 2 (v. Tab.2.2)

Tab.2.5) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 3 (v. Tab.2.2)

Tab.2.6) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 4 (v. Tab.2.2)

Tab.2.7) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 5 (v. Tab.2.2)

Tab.2.8) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 6 (v. Tab.2.2)

(16)

56

Tab.2.9) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 7 (v. Tab.2.2)

Tab.2.10) - Coefficiente di scostamento CS per il fattore di rischio 8 (v. Tab.2.2)

Dalle tabelle riportate si nota che, ai fini della valutazione del rischio e dunque dell’attribuzione del valore di C , per alcuni indicatori prestazionali vengono considerati

S

significativi solo gli scostamenti in riduzione rispetto ai valori normativi (v. Tab.2.4), invece, per altri lo sono soltanto quelli in incremento (v. Tab.2.8). Nei casi in cui risulta C =1

S

corrisponde l’impossibilità di esprimere una valutazione appropriata.

2.4.2 - COEFFICIENTE DI PERTINENZA

Il coefficiente di pertinenza ( ) C

P

è introdotto per tenere in considerazione, in maniera quantitativa, la pertinenza di ciascun fattore nella valutazione del rischio illuminotecnico relativo a una specifica condizione, come per esempio, una sala operatoria nella quale l’assenza di luce naturale non può intendersi come rischio da ridurre o eliminare bensì come fattore non pertinente.

Il coefficiente C è espresso con un numero variabile da 0 ad 1, come indicato in Tab.2.11,

P

in funzione della pertinenza attribuita a ciascun fattore di rischio. La pertinenza è espressa con i termini “Molto Alta”, “Alta”, “Media”, “Scarsa”, “Nulla, essendo, la condizione “Molto Alta” corrispondente a C =1 e la condizione “Nulla” a

P

C =0.

P

Tab.2.11) - Valori del coefficiente di pertinenza (CP)

(17)

57

Si osserva che la condizione di pertinenza “Nulla” permette di escludere, cioè di non valutare, uno o più fattori di rischio riportati nella lista ridotta senza introdurre modifiche a seconda dell’ambiente di lavoro. In tal senso la lista dei fattori di rischio illuminotecnico proposta mantiene le caratteristiche di unicità e flessibilità applicativa anche per le strutture ospedaliere, caratterizzate queste, da ambienti di lavoro a forte specializzazione e continua innovazione delle apparecchiature utilizzate.

2.4.3 - INDICE DI RILEVANZA

Determinati i valori dei coefficienti C e

S

C è possibile ricavare, per ciascuno dei fattori di

P

rischio della lista ridotta, l’indice di rilevanza (I

R

) del fattore di rischio con la relazione:

P S

R

C C

I = ⋅

L’indice I assume valori compresi tra 0, cui corrisponde la situazione di fattore di rischio

R

non rilevante, e l’unità, situazione per cui il fattore di rischio risulta rilevante. Si osserva

altresì che per valori dell’indice di rilevanza maggiori o uguale a 0,5 occorrerà intervenire per

ridurre il rischio, e quindi, il disagio avvertito o segnalato dal lavoratore.

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