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II CAPITOLO - Tecniche per

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II CAPITOLO

- Tecniche per

la valutazione degli strumenti derivati -

L’intento di questo secondo capitolo è quello di fornire una visione completa sul modo di prezzare le opzioni, in generale verranno mostrati due differenti tipologie di approccio. L’uno farà capo ad un’indagine discreta mentre l’altro ad un’indagine di tipo continuo. Nel primo caso faremo riferimento allo strumento maggiormente utilizzato per il pricing delle opzioni vale a dire le tecniche reticolari (modelli binomiali, estensione del modello binomiale e modelli trinomiali); nel secondo caso si farà riferimento ad uno dei punti base della finanza matematica vale a dire la formula di B&S e tutte le implicazioni nonché le problematiche che tale modello comporta. Nell’ultima parte del secondo capitolo si farà riferimento ai modelli GARCH, questi saranno analizzati in quanto il modello di B&S prevede una volatilità costante, assunzione sempre violata nel caso di mercati reali. Questo capitolo sarà fondamentale per capire l’analisi del caso empirico.

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Iniziamo con l’analisi discreta, in particolare valutare gli strumenti finanziari derivati e per quello che interessa alla nostra analisi “le opzioni” richiede molto spesso l’utilizzo di modelli di approssimazione numerica, tra i diversi algoritmi quello maggiormente utilizzato risulta il modello ad albero. Questa tecnica fondamentalmente consiste nel restringere i prezzi possibili del sottostante ad un insieme di valori discreti.

2.1 Pricing opzioni europee attraverso gli alberi binomiali

(un’analisi discreta)

Una tecnica molto diffusa per valutare le opzioni è costituita dagli alberi binomiali1. Il modello binomiale per la valutazione di un‟opzione è di tipo discreto, esso adopera tecniche elementari e si basa sull‟ipotesi che alla fine del periodo di tempo prestabilito il prezzo del bene sottostante può variare solo in due modi. Vi sono due versioni del modello binomiale:

additivita moltiplicativa2

Gli alberi binomiali descrivono le opzioni incorporate in un progetto di investimento, evidenziando la sequenza delle possibili decisioni e i loro possibili risultati.

Per cominciare questa analisi introduciamo gli alberi binomiali costituiti da un unico stadio (caso teorico piuttosto che pratico).

1 Modello binomiale di Cox-Ross-Rubinstein (1979).

2 Per semplicità andremo a considerare la versione moltiplicativa del modello con esplicito riferimento ad un opzione call europea. Alla scadenza un opzione call assume due possibili valori:

(3)

40 Consideriamo la seguente rappresentazione:

So u So fu f So d fd

Supponiamo che il prezzo dell‟azione sia So e l‟opzione scritta su questo titolo sia f. Ipotizziamo che l‟opzione abbia una scadenza pari a T ed inoltre supponiamo che il prezzo dell‟azione possa oscillare tra i due valori dapprima indicati3

. Il tasso di variazione in caso di ribasso:

u – 1,

in caso di rialzo il tasso di variazione risulta esse

d – 1.

In primo luogo, ipotizziamo di costruire un portafoglio con una posizione lunga su Δ azioni ed una posizione corta su un‟opzione.

In secondo luogo, calcoliamo il valore del Δ che rende neutro il portafoglio.

In caso di rialzo, il valore del suddetto portafoglio alla fine della vita dell‟opzione sarà pari a:

So u Δ – fu .

In caso di ribasso, invece, il valore del portfoglio sarà pari a:

So d Δ – fd .

3

(4)

41 Le due espressioni saranno uguali quando:

So u Δ – fu = So d Δ – fd,

in altri termini quando il Δ è pari a :

– .

In tal caso il portafoglio in analisi è privo di rischio e lo deve essere anche il tasso di interesse. Se indichiamo con r il tasso di interesse privo di rischio sarà possibile andare a calcolare il valore attuale del portafoglio nel modo che segue:

.

Il costo iniziale del portafoglio è:

So Δ – fu.

Nell‟uguagliare le due equazioni si ottiene:

– – 4

,

sostituendo il Δ e semplificando otteniamo che f sarà pari a:

5

4

In assenza di opportunità di arbitraggio, il tasso di rendimento di un portafoglio privo di rischio deve essere uguale al tasso di interesse privo di rischio.

5

Nella formula di valutazione dell‟opzione non compaiono le probabilità di rialzo e di ribasso del prezzo dell‟azione. In altri termini, se è alta la probabilità che il prezzo dell‟azione aumenti non è detto che il valore di una call aumenti (e il valore di una put diminuisca), in quanto stiamo valutando l‟opzione in termini relativi per cui la dinamica dell‟azione è già incorporata nel prezzo dell‟opzione. Si evince l‟irrilevanza del rendimento atteso dell‟azione.

(5)

42

in questo caso la probabilità p sarà determinata dalla seguente espressione:

6

Mediante queste espressioni sarà possibile valutare il pricing di un‟opzione avvalendoci dell‟ausilio degli alberi binomiali a uno stadio anche se il caso in esame è un esempio prettamente teorico nella realtà ci avvaliamo di alberi binomiali molto più complessi di quello pocanzi presentato.

2.1.2 Un mondo neutrale verso il rischio

Abbiamo già esplicitato nel paragrafo precedente che p e 1-p rappresentano rispettivamente le probabilità di rialzo e di ribasso in un mondo neutrale verso il rischio. L‟aspettativa finale del valore del portafoglio sarà rappresentata dalla seguente espressione:

p +(1-p) .

In tal senso, l‟espressione analizzata nel paragrafo precedente vuole indicare che il valore di un opzione sarà pari all‟aspettativa del suo futuro attualizzato al tasso privo di rischio. Il valore atteso del prezzo dell‟azione al tempo T, risulterà essere pari a:

E( ) = p u +(1-p) d.

Sapendo che:

6 Gli scenari up e down sono indicati rispettivamente dalle lettere u e d. La probabilità di rialzo viene indicata con p, viceversa quella di ribasso viene indicata nel modo che segue (1-p) in un mondo neutrale al rischio.

(6)

43

andando a sostituire questa espressione nell‟equazione precedente, otteniamo:

) = .

Secondo quest‟ultima espressione il prezzo dell‟azione cresce in media al tasso di privo di rischio. Per cui se uguagliamo la probabilità di rialzo a p, allora il tasso di rendimento atteso risulterà uguale al tasso privo di rischio. Stiamo ipotizzando un mondo neutrale verso il rischio. Si giunge ad un importante risultato, secondo cui per valutare il valore di un opzione è necessario far capo ad un noto principio come “principio di valutazione neutrale verso il rischio”. Secondo questo principio, “i prezzi che otteniamo in questa

verifica sono corretti non solo in un mondo neutrale al rischio ma anche in nel mondo reale”.

2.1.3 L’estensione del metodo binomiale

Una dinamica pù realistica dei prezzi si ottiene attraverso intervalli di tempo e variazioni di prezzo via via decrescenti7. L‟estensione del modello è abbastanza semplificato dal punto di vista matematico utilizzando le equazioni dapprima esplicitate. Ora l‟intervallo di tempo non è più uguale a T bensì risulta uguale a ΔT anni; per cui le equazioni precedenti possono essere scritte nel modo che segue:

= ,

= ,

per cui, l‟equazione di valutazione di un‟opzione generalizzando sarà:

f= .

Sulla base delle espressioni precedenti otteniamo:

f =

7

(7)

44

L‟equazione ora presentata risulta coerente con il principio di valutazione neutrale verso il rischio; le variabili menzionate rappresentano le probabilità di raggiungere il nodo superiore, intermedio e inferiore. Per prezzare il pay-off in questo caso andremo ad utilizzare un procedimento conosciuto come “backward introduction”. Si basa sul fatto che l‟albero binomiale è costituito da tanti piccoli alberi uniperiodali e procedendo a ritroso si giunge all‟individuazione del valore attuale dell‟opzione che stiamo valutando.

2.2 La volatilità

I parametri u e d determinano l‟ampiezza dei movimenti del prezzo dell‟azione per cui devono essere coerenti con la volatilità dei rendimenti dell‟azione nell‟intervallo di tempo considerato. Considereremo le seguenti formule8:

Un primo vantaggio pratico consiste nel considerare ud=1, in altri termini un movimento up seguito da quello down ci riporta esattamente allo stesso livello di partenza.

8 L‟espressione che indica il valore finale di un opzione può essere generalizzata mettendo in relazione due moltiplicatori con varianza di un processo stocastico browniano, in tal modo il processo binomiale prima presentato viene considerato come un limite di un processo continuo in cui l‟evento favorevole e sfavorevole dipendono dalla varianza istantanea del processo stesso e dalla loro scadenza.

(8)

45

In linea teorica il modello binomiale limita i prezzi per il bene sottostante a un insieme discreto le cui cardinalità è legata al numero di sotto-intervalli in cui viene diviso il periodo di tempo. Sorge il problema di stabilire in quali condizioni un modello binomiale converga per n ∞ verso un modello continuo9. L‟ipotesi più accredita è quella che va ad utilizzare una distribuzione di tipo lognormale. In questo caso il prezzo del bene sottostante sarà caratterizzato da una funzione di densità :

f = exp se ≤ 0

se > 0

I parametri indicati µT e T indicano la media e la varianza della variabile aleatoria distribuita come una normale10. Esistono delle condizioni che consentono la convergenza tra il modello binomiale e il modello di B&S. Se il tasso privo di rischio è noto, allora il modello binomiale è individuato nei parametri u e d. Per spiegare in modo opportuno questa convergenza è necessario definire la successioni di variabili aleatorie che caratterizza il tasso istantaneo di rendimento in questo modo:

= K log u + (n-k) log d.

Una condizione necessaria affinché il modello binomiale converga verso il continuo è che la media e la varianza di devono convergere a µT e T. Per cui:

) =

= T.

Seguendo questo ragionamento Cox, Ross e Rubinsten (1979) giungono alla determinazione dei parametri del modello (u,d)11.

Tuttavia per rendere più precisa la nostra analisi sarà opportuno andare a verificare quando l‟approssimazione fornita da un modello binomiale raggiunge il massimo livello

9 Richard A. Brealey Stewart C. Myers – Principi di finanza aziendali- McGraw-Hill Companies, 2011. 10 Su questa ipotesi si basa il noto modello di B&S.

11

Le formule relative a questi parametri sono state riportate nel paragrafo precedente. Lo schema dapprima presentato da origine al modello noto in letteratura con l‟acronimo CRR (1979).

(9)

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di accuratezza. In altre parole, sarà necessario chiedersi quale è il numero di stadi mediante cui raggiungiamo un dato livello di precisione. Definiamo l‟accuratezza di un modello di precisione nel modo che segue. Se consideriamo una successione yn che

converge al numero positivo y*12 e stabilito un livello di precisione ε, definiamo “il

numero minimo di interazioni per avere la convergenza al livello di precisione stabilito” il numero intero:

= min .

La definizione di accuratezza mette in evidenza “il numero minimo di interazioni necessarie per assicurare che l‟errore di approssimazione relativo si mantenga minore della precisione richiesta in corrispondenza di tutte le interazioni successive ”.

Tuttavia, le diverse difficoltà che possono sorgere attraverso l‟utilizzo del modello CRR hanno spinto taluni autori a ricercare differenti scelte dei parametri del modello binomiale. Le difficoltà che si possono incontrare riguardano la possibilità di ottenere valori incompatibili con le probabilità ( sappiamo per definizione che il range di valore deve essere compreso tra 0 ed 1)13. Tuttavia se facciamo riferimento ai limiti presentati nel paragrafo precedente e imponendo le uguaglianze asintotiche, nel 1983 Jarrow e Rudd giungono alla seguente determinazione dei parametri di un modello binomiale:

.

12 y* nei modelli binomiali rappresenta il peso attribuito al valore dell‟opzione mentre y

n costituisce il prezzo utilizzato negli n stadi.

13

(10)

47

Se utilizzassimo il tereoma di De Moivre-Laplace14 andremo a dimostrare che nel modello binomiale la successione delle variabili aleatorie discrete Rn converge ad una variabile aleatoria normale, per questo motivo con i parametri u d e q (dove q altro non è che la probabilità) il prezzo finale del sottostante converge per n ∞ alla variabile log-normale. Tuttavia sono state proposte altre scelte relative ai parametri di natura euristica che hanno prodotto risultati più soddisfacenti15.

Per fornire un quadro più dettagliato è possibile citare ulteriori modelli meglio conosciuti come trinomiali.

2.3 Modelli trinomiali

Un modello adoperato per migliorare l‟accuratezza del processo prevede l‟utilizzo di serie trinomiali, in particolare per ciascun nodo dell‟albero vengono considerati tre rami different16i.

Possiamo sintetizzare mediante l‟utilizzo di una tabella i movimenti del prezzo del bene sottostante nei tre diversi stadi:

Natura del salto Probabilità Prezzo del bene

Aumento So u

Nessun aumento ne diminuzione So Diminuzione So d

14

Costituisce un importante corollario del teorema del limite centrale, in particolare se Y=Bi (n,p) è una

v.c. binomiale allora per n∞ avremo :

Y = N(np,np(1-p)),

ovvero una normale con media np e varianza np(1-p). 15

Risultati più soddisfacenti sono stati ottenuti da Leinsen e Reimer nel 1996. 16

(11)

48

Questa tabella va a rappresentare un albero trinomiale. Le procedure più note ed utilizzate sono quelle proposte nel 1988 da Boyle e nel 1991 da K&R. Rispetto ad un albero binomiale, quello trinomiale dipenderà da quattro parametri: u,d, e .

Iniziamo con l’approccio proposto da Boyle nel 1988.

La prima ipotesi è quella di neutralità verso il rischio, inoltre vengono imposte tre condizioni sui parametri del modello. La prima risulta essere che i fattori di rialzo e di ribasso siano l‟uno il reciproco dell‟altro. Per cui:

.

La seconda richiede che vi sia, dopo uno stadio, un‟uguaglianza tra le media del processo discreto e la media della distribuzione continua log-normale del prezzo del sottostante:

.

La terza ed ultima condizione richiede l‟uguaglianza tra la varianza della distribuzione discreta e la varianza della distribuzione continua log-normale:

+ + + d .

Le ultime due condizioni danno origine ad un sistema che si può risolvere in funzione del fattore crescita u.

La scelta di u è ovviamente limitata al fatto che i valori che si ottengono devono essere non negativi. Boyle evidenzia che la scelta del parametro di rialzo così come esposta dal modello di CRR conduce a valori negativi della probabilità. Per superare questo problema Boyle propone la seguente soluzione:

(12)

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“Con valori diversi di alfa si ottengono valori differenti per il fattore di rialzo nonché esiste un intervallo di valori di u in corrispondenza del quale si hanno tutte probabilità positive. Tramite un indagine computazionale Boyle alla fine riesce ad affermare che risultati migliori si hanno quando le probabilità sono quasi uguali”.

Il secondo approccio è stato suggerito alla fine degli anni 90’ da K&R.

Questo approccio richiede che le due condizioni iniziali siano uguali a quelle seguite in precedenza da Boyle. Mentre, le condizioni relative all‟uguaglianza sono poste sul logaritmo del prezzo, altri termini le condizioni precedenti vengono semplificate.

Formalmente otteniamo:

Queste condizioni danno luogo ad un sistema le cui soluzioni dipendono dal termine alfa. La probabilità non è negative solo quando ≥ 1, mentre quando = 1 la probabilità è uguale a zero. Il modello appena presentato coincide con quello di CRR.

Tutti e tre i modelli devono essere adoperati in condizioni di neutralità verso il rischio.

(13)

50

È possibile confrontare i modelli binomiali con il modello trinomiale esposto nei paragrafi precedenti avvalendoci dell’ausilio della seguente tabella17

. Consideriamo un’opzione call europea con So = 100, X = 100, = 0,07, T = 0,5.

Il valore di B&S per questa call europea è pari 10.13377. I termini riportati tra parentesi indicano l‟errore percentuale rispetto al valore di B&S.

Con quest’ultima tabella abbiamo esaurito la trattazione relativa alle tecniche reticolari per la valutazione del pricing delle opzioni.

17

(14)

51

2.4 Un’analisi continua sul pricing di opzioni europee

L‟analisi affrontata nei paragrafi precedenti mostra come sia agevole prezzare un‟opzione se accettiamo l‟ipotesi che il prezzo dell‟attività sottostante segue un processo molto semplice di tipo binomiale. Con questo procedimento si ha la possibilità di individuare intervalli temporali piccoli calibrando gli scenari di rialzo e di ribasso. È intuibile che tutto quello di cui si necessita è la possibilità di utilizzare un efficace strumento di calcolo che riesca a supportare i diversi rami che compongono l‟albero. La tecnica ad albero la si deve, come già affrontato nei paragrafi precedenti, a Cox Ross e Rubinstein18 il cui obiettivo era quello di presentare una versione semplificata del modello in tempo continuo della formula di B&S19. Tuttavia la grande semplicità che accompagna le tecniche ad albero non deve mettere in secondo piano il ruolo dei modelli continui, che costituiscono un importante apparato per la valutazione e prezzatura degli strumenti derivati. In particolare, il modello di B&S costituisce uno strumento necessario per riuscire a comprendere il tortuoso studio dei mercati finanziari. È interessante osservare che l‟apparato teorico su cui si fonda la suddetta formula è dello stesso tipo del procedimento ad albero mostrato in precedenza. Anche in questo è necessaria la costruzione di un portafoglio replicante nonché l‟utilizzo del principio di non arbitraggio.Ciò che sostanzialmente differenzia l‟approccio discreto da quello continuo non riguarda solo le difficoltà che si possono riscontrare nel modello continuo ma anche il processo necessario per l‟evoluzione del prezzo del bene sottostante. Identifichiamo questo processo con il nome di moto brawniano. In particolare, se ci muoviamo da un punto di origine si effettua uno spostamento di ampiezza molto piccola che può essere verso l‟alto oppure verso il basso. Il movimento dipende dall‟estrazione del numero casuale facente parte di un insieme distribuito in modo normale.

18 Nel loro articolo originario è stato evidenziato che riducendo sempre di più l‟ampiezza degli intervalli temporali si riusciva a giungere al modello di B&S.

19 La dimostrazione è tratta da: Richard A. Brealey Stewart C. Myers – Principi di finanza aziendali- McGraw-Hill Companies, 2011.

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52

Consideriamo il seguente grafico che mostra l‟approssimazione di un moto brawniano:

Il processo descritto gode di proprietà matematiche che rendono il moto brawniano idoneo a descrivere l‟attività del mondo reale. Per dare una giustificazione di questo andamento in primo luogo risulta molto importante il tipo di informazione assunta. In particolare, essa sottopone i prezzi ad un processo continuo di aggiustamento.

Inoltre anche la conoscenza di un indice di rendimento atteso20 connesso alle attività rischiose che si intendono modellare è alquanto importante. Affinché il modello descriva in modo esaustivo quello che accade sui mercati reali, esso deve possedere due importanti proprietà:

i prezzi generati dal modello non devono mai essere negativi;

deve incorporare le difficoltà che si incontrano nell’effettuare delle

previsioni di lungo periodo.

20

(16)

53

Sia µ il tasso di rendimento atteso e lo scarto quadratico medio. Se il prezzo del sottostante in t è St e nel periodo successivo risulta S(t+1), il tasso di rendimento atteso e la varianza risulteranno:

Se l‟incremento temporale è Δt allora le espressioni precedenti risultano essere:

Sarà necessario per risalire al modello considerare l‟effetto della perturbazione supponendo che il tasso di rendimento delle attività sia uguale alla somma del tasso atteso µΔt più un fattore stocastico v ( ) dipendente dallo scarto quadratico medio del tasso:

,

inoltre:

=

.

Considerando anche che:

(17)

54 Stessa cosa dicasi per la varianza, avvero:

=

Per la componente perturbativa devono verificarsi le seguenti condizioni:

.

Sarà necessario scrivere una forma funzionale per questa componente, in particolare:

,

per cui l‟espressione precedente diventa:

Questo modello ora presentato è di tipo discreto ma intende verificare le due condizioni in precedenza specificate. Dato che bisogna giungere a un modello continuo sarà necessario introdurre un modello stocastico w(t)21 definito dalle seguenti proprietà:

w(0) = 0;

gli incrementi del processo sono indipendenti e stazionari;

per ogni t, w(t) è una variabile aleatoria distribuita come una normale con media zero e varianza t;

le traiettorie di w(t) sono continue ma non derivabili in nessun punto.

21

Si dimostra che il processo appena descritto esiste ed esso è definito come moto browniano o processo di weiner.

(18)

55

2.5 Come derivare la formula di B&S

All‟inizio degli anni 70‟ Fischer, Black e Myron S. hanno dato vita ad un lavoro fondamentale per valutare il pricing di un‟opzione22.

Nel medesimo anno Merton pubblicò sul Bell Journal of Economy and Managment Science il lavoro “Theory of rational option pricing”.

Entrambi gli articoli proponevano tesi parzialmente in conflitto con le opinioni relative al pricing degli strumenti finanziari. Tuttavia, nel 1997 qualche anno dopo la morte di M. S. e B. questi autori ricevettero il premio Nobel per l‟economia, in quella occasione venne riconosciuto che il modello da essi proposto avrebbe rappresentato un punto focale per la finanza matematica. L‟equazione utilizzata da questi autori viene adoperata per puts e calls scritte su azioni. Il loro lavoro è ancora oggi importante e influenza il modo in cui agiscono gli operatori sui mercati finanziari. È possibile ottenere il pricing per opzioni di tipo europeo sfruttando risultati legati al calcolo stocastico. Si farà riferimento al lemma di Ito, il teorema di Cameroon, Morton e Girsanov. Si seguirà lo stesso approccio utilizzato per l‟analisi discreta.

La dinamica del prezzo delle attività sottostanti è descrivibile come segue:

.

Per gli aspetti connessi all‟informazione, l‟unico fattore di aleatorietà di cui tenere conto è rappresentato dal processo in tempo continuo w(t). Il processo del valore scontato ora sarà descritto in questo modo:

essa rappresenta l‟intensità istantanea presente sul mercato.

22

Questi autori pubblicarono sul Journal of Political Economy il famoso articolo noto “The pricingof

(19)

56

Differenziando in base al lemma di Ito ed in base al teorema di C-M-G, l‟espressione prima evidenziata ora verrà scritta nel modo che segue:

.

Il prezzo di equilibrio in questo caso altro non è che il valore atteso del suo payoff scontato. Nel caso di un opzione call europea dove il sottostante non dà luogo a pagamenti intermedi se indichiamo con S(T) il valore del sottostante a scadenza otteniamo:

.

Sappiamo che:

X = max [S(T) – K,0],

per cui considerando un processo di martingala possiamo scrivere:

In particolare, g(ST) è la densità della variabile ST questa risulta distribuita lognormalmente. Tuttavia ST risulta distribuita come una normale con parametri m ed s, per cui indicando con gm ,s (x) la densità di una variabile lognormale con parametri m

e s, l‟espressione descritta in precedenza in questo modo diventa:

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57 Effettuando diverse sostituzioni si ottiene:

z rappresenta una v. n. standardizzata con densità (0,1).

L‟integrale rappresenta l‟area sottostante la curva normale standardizzata.

Per la simmetria della curva di densità di una v.n.s. avremo:

= .

Se indichiamo con N(d1) l‟area a sinistra della curva e con N(d2) l‟area a destra della curva, giungiamo alla seguente formulazione:

23 .

2.5.1 Assunzioni sottostanti il modello di B&S

Le assunzioni fatte da B&S nel ricavare la loro formulazione possono essere in questo modo schematizzate:

il comportamento del prezzo corrisponde ad una log-normale; la volatilità risulta costante;

l‟azione non paga dividendi durante la vita dell‟opzione; non esistono opportunità di arbitraggio;

i titoli sono negoziati continuamente;

il tasso di interesse a breve è privo di rischio.

23 Dove:

(21)

58

2.5.2 Valutazione neutrale verso il rischio

L‟assunzione di neutralità verso il rischio è un punto focale per l‟analisi sui derivati. Nell‟equazione differenziale di Black and Scholes non compare la propensione al rischio degli investitori24. Le variabili che compaiono sono le seguente:

il prezzo dell‟azione; il tempo;

la volatilità dell‟azione;

il tasso di interesse privo di rischio.

È intuibile che l‟equazione del modello non sarebbe indipendente dalla propensione al rischio degli investitori se contenesse il tasso di rendimento atteso dell‟azione in quanto esso dipende dalla propensione al rischio degli investitori. Quindi dato che il modello in esame è indipendente dalla propensione al rischio potremo assumere che tutti siano neutrali nei confronti del rischio. In un mondo del genere, il tasso di rendimento atteso di tutti i titoli è uguale al tasso privo di rischio questo è vero in quanto gli investitori non richiedono alcun premio per coprirsi dai rischi. Tutto questo naturalmente semplifica la nostra indagine sui derivati. Ma l‟assunzione di neutralità rappresenta soltanto un espediente tecnico, ciò significa che le soluzioni ottenute risultano valide non solo nel caso di un mondo neutrale al rischio. È importante chiarire che fu nel 1976 grazie ai lavori di Cox, Rosse e di Merton che si introdusse il concetto di neutral risk

probability, formalizzate successivamente nel 1981 da Harrison e Kreps.

24

(22)

59

2.5.3 Proprietà relative alla formula di B&S

Quando il prezzo dell‟azione sottostante è molto elevato, l‟opzione call verrà quasi sicuramente esercitata. Si pensi ad esempio ad un contratto forward avente un prezzo di consegna X. In tal senso il prezzo dell‟opzione call dovrebbe essere:

In questo caso mentre N( ) e N( ) assumono valori prossimi ad 1.

Analizziamo che cosa accade quando la volatilità tende a zero. Dato che stiamo considerando un‟azione priva di rischio, il suo prezzo crescerà al tasso r e in tal caso il valore della call risulterà:

.

Se attualizziamo al tasso r, il valore della call:

(23)

60

2.6 Cause della volatilità

In relazione alla volatilità ci sono due filoni di pensiero, c‟è chi ritiene che la volatilità del prezzo è causata solo dall‟arrivo casuale di nuove informazioni sui tassi futuri di rendimento dell‟azione mentre c‟è chi ritiene che gran parte della volatilità sia causata dagli scambi dei titoli.

A tal proposito Fama e French hanno effettuato un‟analisi empirica. Essi hanno analizzato i prezzi di chiusura giornalieri delle azioni per un lungo periodo di tempo ed hanno calcolato:

la varianza dei tassi di rendimento delle azioni nell‟intervallo tra la chiusura di un giorno e quella del giorno successivo;

la varianza dei tassi di rendimento delle azioni tra la chiusura del venerdì e la chiusura del lunedì.

Se i giorni lavorativi equivalgono a quelli festivi la varianza descritta al punto due dovrebbe essere molto più grande di quella esaminata al punto uno. Fama trovò che essa risultava maggiore solo del 22%. I risultati di French differiscono di poco. Tuttavia, ciò suggerisce che la volatilità risulta maggiore quando le Borse sono chiuse.

Riportando questa discussione al modello di B&S potremo andare ad analizzare quali sono le implicazioni che il suddetto modello comporta.

Se si usano i dati giornalieri, si dimostra che si possono ignorare quei giorni in cui le Borse sono chiuse.

(24)

61

Sulla base di questa considerazione è possibile utilizzare due diverse misure temporali nel valutare le opzioni:

;

Ciò comporta un lieve aggiustamento nella formula di B&S, ovvero:

.

Questo aggiustamento non fa molta differenza tranne che nel caso di opzioni avente durata molto breve.

2.6.1 Volatilità implicita

L‟unico parametro che non è possibile osservare direttamente nel modello di B&S è la volatilità dei prezzi dell‟azione. Sappiamo come stimare la volatilità partendo dalla serie storica dei prezzi dell‟azione. Andiamo a considerare ora la cosiddetta volatilità implicita (implied volatility). Questa volatilità può essere utilizzata per calcolare l‟opinione del mercato per quanto riguarda la volatilità futura di un certo titolo.Spesso si ottengono differenti volatilità implicite per opzioni scritte sugli stessi titoli. Ci sono diversi metodi proposti per ricavare il valore unico della volatilità implicita.

Per il calcolo della volatilità implicita vengono considerati due diversi metodi:

1. media aritmetica; 2. media ponderata.

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62

2.6.2 Media aritmetica

Un metodo presentato da Scmalensee e Trippi consiste nell‟utilizzare la media aritmetica delle volatilità di tutte le opzioni escludendo quelle “deep in the money” e “deep out of the money” perché poco rappresentative delle aspettative circa la volatilità futura che si presenterà sul mercato. Quindi, in termini analitici, la volatilità implicita stimata con questo metodo sarà pari a:

N è il numero di opzioni considerate, il termine dopo la sommatoria rappresenta la volatilità implicita calcolata in t dall‟opzione con prezzo di esercizio X e scadenza in T.

2.6.3 Media ponderata

Altri autori, Latané e Rendleman, considerano tutte le opzioni sul sottostante, calcolano la volatilità implicita per ciascun prezzo di esercizio ed infine ne fanno una media pesata. Qui sono le opzioni con maggior numero di contrattazioni che influenzano in misura più elevata il calcolo della volatilità implicita. In particolare:

;

Altri autori tra cui Harvey & Whaley hanno proposto di usare opzioni at the money in quanto più sensibili alle variazioni della volatilità, ciò significa che esse contengono più informazioni sull’andamento futuro della volatilità.

(26)

63

2.7 Il modello di B&S è coerente con i mercati reali?

La formula di B&S parte dall‟ipotesi di equilibrio ovvero da quella condizione nota a tutti di non arbitraggio. Sappiamo che questa condizione è non solo puramente teorica ma allo stesso tempo difficile da constatare25. Per questo motivo si utilizza l‟ipotesi di mercato efficiente, dagli studi economici è noto che un mercato è detto efficiente se non è possibile realizzare tramite qualsiasi tipologia di strategia di investimento, dei guadagni maggiori rispetto a quelli attesi. L‟efficienza di mercato è un ipotesi più debole di quella di equilibrio ma è molto più semplice da verificare.

I test effettuati da B&S per verificare l‟efficienza del mercato stabiliscono che i prezzi delle opzioni non rispettano una condizione di equilibrio generale.Tuttavia essi affermano che il mercato sarà efficiente se non sono possibili abnormal returns al netto dei costi di transazione. Nel loro studio si evince che i costi di transazione sono maggiori degli abnormal returns generati prezzati le opzioni con la loro formula, da qui si evince che il mercato è efficiente. Pur tuttavia non è possibile verificare da questo semplice test effettuato da B&S che un individuo che paga il costo più basso non potrà generare ritorni maggiori di quelli del mercato. Un‟ assunzione molto forte del modello appena presentato è che i rendimenti del bene sottostante seguono una distribuzione normale con volatilità costante. Tuttavia, ricerche empiriche hanno dimostrato che questo modello non è molto coerente con la realtà a causa di quattro motivi, elenchiamoli uno ad uno:

1. I rendimenti a breve nei mercati azionari e delle materie prime non sono distribuiti normalmente, essi presentano una distribuzione leptocurtica. Tuttavia, per orizzonti temporali lunghi la distribuzione dei rendimenti converge verso un andamento normale.

2. L‟assunzione di volatilità costante è sempre violata all‟interno dei mercati finanziari reali.

3. Le variazioni dei prezzi azionari sono correlati negativamente con le variazioni della volatilità. Si parla in questo caso di effetto leva.

25

(27)

64

4. Non bisogna trascurare il famoso effetto smile ovvero si tratta di osservazioni empiriche della volatilità implicita delle opzioni con la stessa data di estinzione confrontate con prezzi differenti di esercizio. In relazione a queste osservazioni possiamo parlare di due effetti differenti:

volatility smile; volatility skeu.

(28)

65

2.8 I diversi modelli per una stima più accurata della volatilità

di un’opzione

Dall‟analisi empirica effettuata da molti autori emerge che il modello di B&S presuppone una volatilità costante ma questa ipotesi è sempre violata all‟interno dei mercati finanziari. Per questo motivo è possibile avvalersi dell‟utilizzo di modelli noti come “Generalized Autoregressive Conditional Heteriskedastucity26” al fine di mostrare i cambiamenti di volatilità (meglio conosciuti come modelli GARCH). Un limite di questi modelli (in particolare il modello GARCH) è costituito dalla positività dei parametri per il calcolo della varianza condizionata inoltre il modello in questione non tiene conto dell‟effetto leverage, tuttavia l‟intento della nostra analisi è quello di mostrare come mediante l‟utilizzo di questo modello sia possibile ovviare al problema della volatilità costante nel tempo. Ciononostante è possibile avvalersi del modello TGARCH (Threshold Autoregressive Conditional Heteriskedastucity) che considera l‟effetto leva mentre il modello EGARCH tiene conto non solo dell‟effetto leva ma non fa alcun tipo di assunzione sui parametri da utilizzare all‟interno del modello.

Prima di approfondire questi modelli sarà opportuno fare un breve accenno sulle caratteristiche della volatilità. Essa può essere interpretata come l‟attitudine di attivi finanziari di avere una variabilità non costante nel tempo. La variabilità è un aspetto non lineare dei fenomeni finanziari in quanto connessa ai quadrati di quest‟ultimi ne segue che non può essere interpretata dalle autocorrelazioni che per definizione indicano dei legami lineari nel tempo. Si ricorda che la volatilità non è osservabile in maniera diretta ma si deriva mediante l‟ausilio di qualche semplice modello dei rendimenti. In altri termini, si parte dalle quotazioni relative all‟attivo finanziario da queste si ottiene la serie dei rendimenti tramite quest‟ultima si ricava la serie relativa alla volatilità.

Molto spesso la volatilità viene espressa non come funzione dei rendimenti al quadrato bensì mediante il valore assoluto di quest‟ultimi, in tal senso c‟è un vantaggio ovvero la serie dei rendimenti espressa in questo modo è meno sensibile alla presenza di valori eccezionali nei rendimenti.

26

Gourieroux, C. and J. Jasiak (2001) Financial Econometrics. Princeton, NJ: Princeton University Press.

(29)

66

2.8.1 Regole empiriche sui rendimenti

I rendimenti di un‟attività finanziaria sono di per sé incorrelati ma certamente non sono indipendenti27. La dipendenza si manifesta soprattutto nei momenti secondi dei rendimenti che in relazione all‟informazione disponibile variano con il tempo (t).

Nell‟analisi finanziaria ciò che emerge quando studiamo un determinato titolo sono due elementi:

i prezzi, i rendimenti.

Il primo elemento è di per se poco rappresentativo se non accompagnato dalle caratteristiche del titolo stesso. Per questo motivi non ci si focalizza sulle quotazioni bensì sui rendimenti in quanto:

dal punto di vista statistico sono più semplici da trattare;

danno informazioni in merito all‟opportunità di investimento in quanto misurano la reddittività dell‟attività finanziaria.

I prezzi sono strettamente correlati ai rendimenti infatti è dai prezzi giornalieri che noi andiamo a calcolare i rendimenti. Ciò che è importante sottolineare è che i rendimenti risultano incorrelati questo comporta dal punto di vista applicativo una volatilità non costante nel tempo. Abbiamo detto che non è possibile osservare correlazione nella serie dei rendimenti, tuttavia si osserva qualche regolarità nell‟ampiezza delle fluttazioni. Si alternano regolarmente periodi a fluttazione elevate seguiti da periodi a fluttazioni basse, questo fenomeno è identificato con il nome di volatility clustering che indica la variazione di volatilità nel tempo. Siamo quindi in presenza di una varianza dei rendimenti che cambia in merito all‟informazione passata, in termini statistici si fa riferimento ad un‟ipotesi di eteroschedasticità condizionata. Inoltre, la distribuzione dei rendimenti presenta un eccesso di curtosi e una lieve asimmetria in altri termini rispetto ad una distribuzione normale le code risultano più spesse si parla a tal proposito di distribuzione leptocurtica. Si pensi alle distribuzioni T-Student che presentano code più

27

(30)

67

spesse di una normale e per questo motivo essa è in grado di analizzare fenomeni di leptocurtosi che molto spesso si verificano nella distribuzione dei rendimenti28.

Questa funzione appartiene alla famiglia delle distribuzioni polinomiali e non possiede una funzione di densità per gradi di libertà molto bassi.

Il nostro insieme informativo verrà indicato formalmente in questo modo .

È importante distinguere tra le media del rendimento, calcolata sulla base dell‟informazione disponibile nel tempo immediatamente precedente, da ciò che costituisce un‟innovazione. Nel nostro caso sia la media che l‟innovazione risultano indicizzate.Tuttavia la nostra attenzione sarà focalizzata non tanto sulla media bensì sulla varianza condizionata che può essere interpretata come una misura di rischiosità dell‟attivo finanziario. In altri termini, lo scopo è di modellare la varianza sulla base dell‟informazione disponibile nel tempo, in questo modo:

.

La formula appena utilizzata va a descrivere il fenomeno descritto in precedenza della volatilità che varia nel tempo meglio conosciuto con il nome di volatility clustering.

28

Generalmente,le distribuzioni T-Student dipendono dal parametro v che indica I gradi di libertà della funzione. Più questo parametro è vicino a v più la distribuzione ha code pesanti.

(31)

68

Dopo un breve excursus introduttivo, possiamo ora passare ad una trattazione più approfondita dei modelli ARCH.

Molto spesso accade che i modelli di riferimenti sono omoschedastici in altri termini presentano una varianza condizionata costante ma empiricamente questo non accade mai. Sarà più opportuno ipotizzare dei modelli che tengano conto dell’eteroschedasticità dei rendimenti; il primo di questi modelli dal quale sono stati derivati tutti gli altri è conosciuto con l’acronimo di modello ARCH.

2.9 Il passaggio dai modelli ARCH ai modelli GARCH

La classe dei modelli a varianza condizionale auto-regressiva risulta spesso empiricamente adatta per interpretare gli andamenti relativi la volatilità degli strumenti finanziari. L‟idea che sta alla base dello studio della volatilità è che la serie dei rendimenti sia incorrelata nel tempo ma non indipendente, si cerca quindi di modellare questa dipendenza per poter ricavare talune informazioni. Il primo passa per catturare le evidenze empiriche è il modello presentato nel 1982 da Engle. Il modello ARCH29 è un processo stocastico che nella sua versione più semplice può essere presentata nel modo che segue:

.

Siamo sotto l‟ipotesi di una distribuzione normale. Per definizione ha media pari a zero e varianza positiva che varia nel tempo. Una delle tante specificazioni della varianza condizionata potrebbe essere la seguente:

;

in altri termini si sta facendo riferimento ad una funzione lineare del valori passati del processo al quadrato dove vige la positività dei parametri. Questo modello noto come

29

Bollerslev T., Engle Robert F.,Nelason Daniel, “Arch model” Handbook of Econometrics (volu me 4), 1994.

(32)

69

modello ARCH(q) ha il pregio di analizzare la volatilità ma la stima dei parametri può risultare particolarmente complessa se si manifestano nelle serie storiche effetti autoreggressivi sui quadrati dei rendimenti per un numero elevato di ritardi. Prima di entrare più nello specifico è importante analizzare le proprietà statistiche di questo modello. In particolare:

la media dei rendimenti;

la media condizionata dei rendimenti alle informazioni disponibili; la varianza dei rendimenti;

la varianza condizionata dei rendimenti alle informazioni disponibili;

l’indice di asimmetria;

la curtosi.

Costruire un modello ARCH30 è molto semplice e possiamo suddividerlo in pochi step:

utilizzare la serie dei rendimenti e quindi successivamente dei residui per eliminare ogni dipendenza lineare dai dati;

verificare la presenza di eteroschedasticità tramite l‟ausilio della funzione di autocorrelazione;

stimare il modello ARCH; verificare la bontà del modello; stimare la previsioni.

Il difetto posseduto dal modello ARCH consiste nel dovere modellare un numero elevato di parametri per la stima della volatilità, esso è poco parsimonioso.

Un altro modello di diretta derivazione del modello ARCH è conosciuto con l‟acronimo di processo GARCH.

Il primo modello GARCH31 è stato introdotto nel 1986 da Bollerslev, l‟intento era quello di ridurre il numero dei parametri necessari per la stima della volatilità. La specificazione relativa alla varianza condizionata di cui ci si avvale è la seguente:

30 Degiannakis, S. and E. Xekalaki (2004), “Autoregressive Conditional Heteroscedasticity (ARCH) Models: A Review,” Quality Technology and Quantitative Management .

31

Bollerslev T, “Generalized Autoregressive Conditional Hetoroskedasticity ” Journal of Economtrics, (vol 31), 1986.

(33)

70 .

Al fine di garantire la positività della varianza condizionata sarà necessario imporre i seguenti vincoli:

w>0;

Per motivi di semplicità verrà utilizzato nella nostra analisi il modello GARCH(1,1). Il modello che andremo ad utilizzare sarà caratterizzato dalle seguenti caratteristiche:

1)

2) ;

3)

2.10 Modello GARCH

Abbiamo visto ed analizzato nei paragrafi precedenti come il modello ARCH richiede per la sua stima un numero molto elevato di parametri per ovviare a questo problema è stato introdotto nel 1996 un processo ARCH generalizzato meglio conosciuto come modello GARCH.

Questo rappresenta un utile strumento per analizzare la persistenza dei movimenti della volatilità. L‟equazione che descrive un modello GARCH (p,q) è di questo tipo:

.

Avvaliamoci dell‟ausilio di questo modello per la determinazione del prezzo di un‟opzione.Indichiamo sempre con St il prezzo del sottostante l‟opzione al tempo t. Il tasso di rendimento è distribuito come una log-normale con probabilità p, quindi:

(34)

71

,

ha media pari a zero e varianza condizionata costante mentre r è il tasso di rendimento costante di un titolo privo di rischio e alfa è il premio per unità di rischio Diremo quindi che segue un processo GARCH (p,q) con probabilità P

)

dove:

Per i parametri del modello deve valere la positività. rappresenta il set di informazioni disponibili al tempo t.

Affinché il modello GARCH(p,q) sia stazionario in varianza i termini in sommatoria devono risultare sempre minore di 1. Se p e q sono uguali a 0 questo processo GARCH risulta un modello log-normale omoschedastico nel modello di B&S ciò comporta che quest‟ultimo modello sia un caso particolare del processo GARCH. Siamo a conoscenza che nel modello di B&S non ha alcuna importanza la propensione al rischio degli investitori, per facilitare la nostra analisi, in questa situazione, potremo assumere che il rendimento atteso di tutti i titoli sia pari al tasso risk free, ovvero:

Proprio per la presenza di etoroschedasticità, il risultato ottenuto da B&S non risulta valido poiché è necessario tener conto che la varianza muta nel corso del tempo.

Taluni autori parlano introducono anche in questo caso il concetto di probabilità neutrale al rischio semplificando i termini dell‟analisi. Tuttavia, al fine di semplificare la nostra analisi possiamo avvalerci per la determinazione del prezzo di un opzione call del popolare modello GARCH (1,1) che considera unicamente ritardi unitari per i

(35)

72

parametri che caratterizzano la volatilità. In termini formali un processo GARCH(1,1) è rappresentato dalla seguente equazione:

.

Affinché la formula dapprima presentata abbia un senso è necessario:

w>0; 0 ≤ < 1; 0 ≤ < 1;

i termini indicati nella parentesi devono essere compresi tra 0 ed 1.

2.11 Modelli Asimmetrici

Molto spesso ci si chiede che cosa è l‟asimmetria. Nei mercati azionari molto spesso accade che movimenti a ribasso tendono ad essere seguiti da una volatilità più elevata. Quando un‟attività finanziaria ha movimenti che tendono al ribasso allora la sua volatilità è maggiore rispetto al caso in cui i movimenti tendono al rialzo. Questo perché gli investitori avversi al rischio percepiscono movimenti al ribasso come un pericolo per se stessi e cercano di aggirare questo ostacolo. Si intuisce come le cattive notizie producano una volatilità maggiore rispetto alle buone notizie. Questo fenomeno in ambito finanziario è noto con il nome di effetto leverage.Questo effetto venne teorizzato e osservato per la prima volta nei mercati finanziari nel 1973 dall‟economista F.Black, tuttavia fu nel 1993 che venne definito effetto leva da Daniel B. Nelson. In realtà il modello GARCH sottostima questo effetto asimmetrico ovvero l‟ammontare della volatilità in presenza di cattive notizie e sovrastima questo ammontare in presenza di buone notizie. Inoltre è stato osservato che il modello esaminato in precedenza sottostima il valore della volatilità dopo shock elevati e viceversa sovrastima il valore di quest‟ultima in presenza di shock al ribasso.Dal punto di vista dei modelli GARCH sarà possibile introdurre delle modificazioni all‟interno dell‟equazione della varianza

(36)

73

condizionata al fine di tener in conto di questa asimmetria. In tal senso sarà necessario andare ad esaminare in maniera più approfondita due modelli:

TGARCH MODEL, EGARCH MODEL.

(37)

74

Prima di esaminare questi due modelli da un punto di vista analitico, è necessario un piccolo accenno ai test di asimmetria proposti da Engle e da V. Ng al fine di cogliere l’effetto leverage.

2.12Test di Asimmetria

I test di asimmetria analizzano se i residui standardizzati al quadrato sono i.i.d32. Nella pratica questi test vanno ad agire sulla regressione:

,

dove rappresenta i residui standardizzati al quadrato in funzione di una costante e di un errore.

Tra i diversi test introdotti quello maggiormente utilizzato risulta il Sign Bias Test. Questo test, molto utilizzato, va ad analizzare l‟impatto della volatilità in presenza di shock positivi e negativi. Analiticamente:

,

in questo caso è stata introdotta una variabile Dummy, il cui valore è 1 se lo shock è positivo mentre risulta pari a 0 se lo shock è positivo. Di conseguenza il parametro sarà positivo se lo shock è negativo mentre se lo shock è positivo il parametro non darà alcun contributo in quanto si annulla. Dopo aver costruito l‟equazione sarà possibile eseguire il test che si basa sulla statistica

t-ratio:

/ ,

dove diventa la stima del parametro . Il sistema di ipotesi che andremo a considerare metterà a confronto:

32

Alexander, C. (2008). Market Risk Analysis, Vol.II: Practical Financial Econometrics. Chichester, UK: John Wiley and Sons, Ltd.

(38)

75 ,

.

L‟ipotesi di positività del parametro b evidenzia il caso di un‟asimmetria negativa.

Dopo aver introdotto il concetto di effetto di effetto leverage ed esaminato i test di asimmetria andiamo ad analizzare in maniera più dettagliata i modelli TGARCH e EGARCH..

2.13 Modello TARCH

Questo modello è stato proposto da Glosten e da Zokoian nel 1994. Il processo in analisi è una generalizzazione del modello GARCH permette di evidenziare l‟impatto asimmetrico che i residui hanno sulla volatilità dell‟attivo finanziario in esame. Questa asimmetria è nota come effetto leverage.

Come possiamo individuare un modello TARCH?

Le condizioni affinchè un TARCH sia accettabile sono molto più ampie rispetto ad un processo GARCH. Ciò che risulta necessario è che tutti i parametri siano positivi con la condizione che quei termini indicati nell‟espressione precedente risultino minori di 1. La varianza condizionata del modello TARCH (1,1) è così definita:

.

L‟effetto leverage è misurato da , la variabile è un dicotomica (o altrimenti detta variabile Dummy) che assume valore 1 se < 0, altrimenti è pari a 0 se gli altri parametri hanno la medesima interpretazione di un processo GARCH (1,1).Tuttavia tralasciando varie dimostrazioni le quali non sembrano opportune in questa sede, la varianza marginale dei rendimenti azionari risulta essere pari a:

(39)

76

Per le nostre analisi che saranno svolte nel capitolo successivo faremo riferimento a questa espressione della varianza marginale dei rendimenti azionari.

2.14 Modello EGARCH

Questo processo è stato introdotto da Nelson nel 1991, è uno dei più utilizzati per catturare il leverage degli attivi finanziari; esso si basa su una funzione esponenziale. Nei modelli presentati in precedenza, in particolare ARCH e GARCH, un importante limitazione riguarda la positività dei parametri del modello per determinare la varianza condizionata. Qui di seguito cercheremo di presentare una variante che generalizza il modello originario, conservandone le rispettive proprietà statistiche.

I rendimenti azionari hanno una struttura EGARCH se:

,

da cui, l‟equazione che va a rappresentare un modello EGARCH:

.

L‟effetto asimmetrico è dovuto al fatto che il ln della varianza condizionata risponde in modo diverso a secondo che la variabile relativa all‟innovazione sia positiva o negativa. Inoltre, il fatto che li modello EGARCH sia specificato in termini di log variabilità implica che la varianza sia sempre positiva per questo motivo non vi sono limiti sui segni dei parametri del modello. Tuttavia facendo riferimento ad un processo EGARCH semplificato (1,1) per la determinazione del prezzo di un‟opzione33

:

( .

33

(40)

77

Il termine ( ) è una variabile casuale con media zero nel caso in cui le distribuzioni delle innovazioni standardizzate siano distribuite normalmente. I termini

e sono in genere stimati come delle costanti del modello. Il termine

cattura la persistenza della volatilità. La variabile rappresenta il premio per il rischio mentre gli altri parametri sono indipendenti. Affinchè vi sia stazionarietà è necessario che sia minore di 1. In estrema sintesi le caratteristiche di un modello EGARCH risultano essere:

l‟impossibilità di ottenere una varianza non negativa (qualsiasi siano i valori attribuiti ai parametri);

la possibilità di misurare in maniera idonea con stime appropriate l‟effetto asimmetrico che andiamo a riscontrare nei rendimenti di attivi finanziari (il noto effetto leverage).

Il modello EGARCH risulta avere proprietà teoriche migliori rispetto agli altri modelli esaminati tuttavia richiede un maggior tempo di calcolo in quanto bisogna stimare più parametri ma possiede comunque il vantaggio di non dover imporre restrizioni di positività sui parametri.

Un altro modello che è in grado di catturare il famoso effetto effetto leva è noto con il nome di “Integreted Garch model”, cerchiamo di spiegare in cosa consiste.

2.15 Modello IGARCH

Questo modello non è stazionario in varianza per cui risulta molto utile nel caso in cui la varianza condizionata sia fortemente autocorrelata ovvero quando gli schok subiti dalla varianza in passato si ripercuotano sui valori futuri della stessa questo significa che la volatilità passata dell‟attivo ha un impatto persistente nel presente34

. Formalmente, avremo:

34

(41)

78 ,

.

Nella realtà, è ben difficile che un rendimento di un attivo finanziario si comporti come un IGARCH ma può essere osservato per brevi periodi con slittamenti occasionali della volatilità. Ad esempio, il comportamento appena descritto si può avere con quando si analizzano periodi di normale evoluzioni delle borse seguiti o preceduti da gravi crisi finanziarie ragion per cui presentano un‟accentuata volatilità.

Oltre ai modelli appena esaminati possiamo citare ed analizzare in maniera meno approfondita altre varianti introdotte dei modelli GARCH.

2.16 Modello PGARCH

Un importante modello derivato dal processo GARCH è il PGARCH35. È stato introdotto nel 1995 da Ding ed è stato ricavato da un studio eseguito sulle autocorrelazioni di pontenze in valore assoluto dei rendimenti. A livello pratico esso è poco utilizzato in quanto si riduce ad un modello GARCH (1,1). Formalmente può essere descritto in questo modo:

PGARCH(p,q;δ),

. con δ > 0.

È stato anticipato che questo modello è poco utilizzato in particolare esso viene adoperato solo nel caso in cui p=q=1. Si ha effetto asimmetrico, quindi effetto leverage nel caso in ± 0 mentre quando δ = 2 e =0 il modello PGARCH altro non è che un classico modello modello GARCH (1,1). La stima dei parametri di questo modello viene ottenuta con il metodo della massima verosimiglianza mediante una procedura iterativa.

35

Conrad, C. and M. Karanasos (2006), “The Impulse Response Function of the Long Memory GARCH Process,” Economic Letters.

(42)

79

2.17 Modello GARCH-M (1,1)

Fino ad ora abbiamo supposto che la media di attivi finanziari non vari nel tempo ma nella realtà media e varianza mutano nel tempo. A tal proposito è opportuno elaborare un modello che tenga conto di questa assunzione. In alcuni casi il livello dei rendimenti è una funzione, talvolta monotona della sua volatilità. Se si verificasse una situazione del genere significherebbe che i livelli dei rendimenti sono prevedibili ed esisterebbe una probabilità di premio al rischio. Tuttavia è bene specificare che i rendimenti di attivi finanziari solo se analizzati nel medio-lungo termine possono essere spiegati da un modello GARCH-M. Il più semplice modello utilizzato risulta un GARCH-M ovvero:

.

La funzione g è monotona, è possibile segnalare i casi più utilizzati:

1) ;

2) .

3) …..

Se la costante non è significativamente diversa da zero allora non esiste premio per il rischio.

(43)

80

2.18 Modello CGARCH

Questo modello Component Garch è poco utilizzato per le applicazioni pratiche, in sostanza descrive la volatilità mediante due tipologie di equazioni, in particolare:

; .

La prima equazione descrive l‟evoluzione della volatilità di breve periodo ed è detta componente transitoria, la seconda descrive quella di lungo periodo ed è detta componente permanente. Solitamente accade che 0,99 ≤ ≤ 1 mentre la componente w converge a ad m molto lentamente. Sostituendo la prima equazione nella seconda si avrà che il CGARCH si riduce ad un processo GARCH (2,2). È questa la motivazione che rende poco utilizzato questo modello nella pratica in quanto esso è un processo che segue le stesse proprietà di un GARCH(2,2) e in tal senso non avrebbe senso andare a stimare la volatilità di un opzione andando ad introdurre due equazione. È un modello dispendioso in termini di calcoli.

Per ogni variante dei processi è possibile analizzare se esiste un premio per il rischio in tal caso ci si avvale del processo M-GARCH combinandolo con gli altri modelli in esame. I modelli principali a cui ci riferiremo nella parte applicativa che costituisce l’ultima parte del capitolo saranno i seguenti:

Modello GARCH( 1,1); Modello TGARCH (1,1); Modello EGARCH(1,1).

(44)

81

L’ultimo modello GARCH di recente introduzione è conosciuto come “Spline-Garch model”, analizziamo gli aspetti e i tratti più salienti.

2.19 Prevedere la volatilità mediante un nuovo modello

GARCH:

“Lo Spline Garch model”

Consideriamo la seguente serie di rendimenti:

= ,

dove μ è il rendimento atteso e εt è un white noise a media nulla.

il modello Spline-GARCH36 assume una forma parametrica specifica per l‟eteroschedasticità condizionale. In particolare, potremmo dire che εt ~

Spline-GARCH se è possibile scrivere che 37, dove è una normale

standardizzata.

Si fa riferimento all‟esponenziale di una spline quadratica. L'idea di aggiungere questo ulteriore elemento è di catturare le variazioni di frequenza inferiori sulla volatilità come degli andamenti stagionali o delle tendenze.

Questo processo come il modello GARCH permette di cogliere la “volatility clustering”. In questa situazione se la volatilià è alta al tempo t allora essa doveva essere sulla base di tale allo stesso modo elevata all‟epoca precedente t-1.

Un altro modo è di verificare se gli shock che si sono verificati al tempo t-1 hanno un impatto sulla varianza nell‟epoca attuale t.

I parametri da considerare in questo modello risultano (μ, ω, α, β e φ1, ..., φk).

L'ipotesi che zt è gaussiana non implica i rendimenti si distribuiscano come una normale Affinché tale modello sia valido è necessario che ω, α, β> 0.

Non ci sono restrizioni sui parametri della spline, φ1, ..., φk. Il modello GARCH è infatti una versione ristretta della Spline-GARCH, con φ1 = ... = φk = 0.

36 Engle, R. F. and J. G. Rangel, 2008. The Spline-GARCH Model for Low-Frequency Volatility and Its Global Macroeconomic Causes. Review of Financial Studies.

37

(45)

82

Il modello Spline-Garch può essere generalizzato mediante uno Spline Garch (p,q) al fine di tener conto di più ritardi nella varianza condizionata.

Tuttavia il modello che meglio si adatta alle serie finanziarie è quello in cui p=q=0.

Una variante di questo modello è il cosiddetto “ Slope-Spline Garch modell”, esso

richiede che l‟esponenziale dello spline ovvero il termine a bassa frequenza risulti pari a zero.

(46)

83

Con lo Spline Garch model abbiamo concluso la trattazione relativa alla serie dei modelli caratterizzati da eteroschedasticità condizionata. Proseguiremo il nostro lavoro focalizzando l’attenzione sul caso empirico relativo alla volatilità dell’Indice di Borsa Italiana, FTSE MIB.

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