• Non ci sono risultati.

Capitolo V Lo scenario internazionale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo V Lo scenario internazionale"

Copied!
24
0
0

Testo completo

(1)

66

Capitolo V

Lo scenario internazionale

5.1 Introduzione

Dalla fine della Seconda guerra mondiale i rapporti euro-americani sono stati caratterizzati dalla simultanea compresenza di cooperazione e attrito1. Nelle intenzioni statunitensi, l’Europa post seconda guerra mondiale doveva essere integrata in un sistema politico – economico aperto attraverso un equilibrio bipolare tra le due potenze regionali vincitrici: l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna. In questo modo, gli Stati Uniti avrebbero potuto delegare ai propri alleati il compito di preservare la stabilità sul continente europeo.

Indebolita dalla guerra, la Gran Bretagna non era però in grado di svolgere tale compito. Nell’Europa dell’immediato dopoguerra sembrò che l’Unione Sovietica non fosse bilanciata da nessun contrappeso. Gli Stati Uniti cominciarono a temere che si realizzasse una condizione geopolitica che avrebbe potuto minacciare la stessa sicurezza americana: il dominio da parte di una singola potenza di tutta l’Europa.

Per tale motivo, gli Usa decisero di rimanere in Europa, assumendo loro il ruolo che era stato, inizialmente, assegnato alla Gran Bretagna.

L’Europa fu divisa, quindi, in due sfere d’influenza: quella atlantica e filo-statunitense e quella orientale e filo-sovietica. L’Europa post 1945 divenne, quindi, «bipolare». Se l’Europa dell’Est, comunista, costituì a lungo un mondo separato, con il quale non era possibile alcun tipo d’interazione, l’Europa occidentale si legò agli Stati Uniti in una rete di relazioni, che per profondità ed estensione, non avevano precedenti2. Ciò non si realizzò, tuttavia, né automaticamente né senza conflitti.

1 G. Petracchi, op. cit., p. 152.

2 Per spiegare il tipo di legame venutosi a creare dopo il 1945 tra gli Usa e i loro partner europei, gli

studiosi sono soliti usare il termine «interdipendenza». Una interdipendenza, questa, sia strategica sia economica. La prima fu istituzionalizzata con la creazione dell’Alleanza Atlantica, attraverso la quale i paesi membri: Stati Uniti, Canada ei loro alleati definirono di comune accordo la sicurezza e attivarono processi di collaborazione e integrazione militare. La seconda, catalizzata dalla politica di aiuti economici statunitensi all’Europa occidentale (Piano Marshall), determinò un’intensificazione delle relazioni e degli

(2)

67 Nel campo della sicurezza, gli Stati Uniti accusarono più volte l’Europa di non impegnarsi in modo sufficiente nella difesa comune, limitando gli investimenti e sfruttando la copertura bellica statunitense. Da parte europea si denunciò, invece, la attitudine americana a esasperare le tensioni internazionali, a relazionarsi in modo rigido con l’Unione Sovietica e al comunismo internazionale, impedendo lo sviluppo di un’autonoma capacità militare.

In ambito commerciale, sia gli Stati Uniti che i loro partner europei non esitarono a promuovere iniziative di protezione e tutela delle proprie imprese, assai stridenti con la retorica liberista che rappresentava il comune denominatore dell’interdipendenza economica euro-americana.

Malgrado ciò il periodo 1945-1989 non fu caratterizzato sempre e solo dal conflitto e dall’assenza di dialogo tra le due grandi potenze. In particolare, verso la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, c.d. anni della «distensione», gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cercarono di stabilizzare la situazione internazionale e prevenire il rischio di una conflitto nucleare; ed è proprio durante questa fase, che i limiti e le contraddizioni dell’interdipendenza euroamericana si manifestarono pienamente.

5.1.1 La fine della distensione e il rilancio di una nuova partnership

Per molti aspetti, se da un lato, le frustrazioni3 degli anni Settanta piantarono il seme per una nuova leadership americana negli anni Ottanta, dall’altro, prepararono il terreno affinché l’Europa occidentale potesse rafforzare la propria posizione nei confronti degli Stati Uniti e proiettarsi verso un ruolo internazionale autonomo ed efficace.

Negli anni precedenti la guerra delle Falkland/Malvinas quindi le relazioni euro-atlantiche subirono delle modifiche sostanziali che videro l’Europa occidentale distaccarsi sempre più dalle strategie statunitensi, alla ricerca di una dimensione prettamente comunitaria delle politiche europee.

scambi, facilitò l’aumento degli investimenti statunitensi e stimolò coordinamento delle politiche commerciali.

3

Gli anni Settanta videro tutta una serie di eventi negativi per gli Stati Uniti: dimissioni del Presidente Nixon (9 agosto 1974); fine guerra del Vietnam (30 aprile 1975); crisi degli ostaggi americani in Iran (20 gennaio 1981).

(3)

68 La figura del Presidente Reagan e la sua politica di contrasto all’espansione comunista non vennero pienamente comprese dai vertici europei, ad eccezione del Primo Ministro Thatcher, che condivideva con il leader americano tanto gli orientamenti politici, quanto i valori morali.

Mentre Reagan proponeva l’«arretramento» dell’espansione sovietica; in Europa, nel

timore che gli Stati Uniti non si fossero impegnati contro eventuali attacchi al vecchio continente, si perseguiva la strada degli accordi e della distensione.

Questa diversità di vedute influì anche sull’atteggiamento da tenere rispetto ai paesi latinoamericani. Con l’arrivo di Reagan alla Casa Bianca, i rapporti tra gli Stati Uniti e i paesi sudamericani entrarono in una nuova fase. L’Americana latina rivestiva un ruolo fondamentale nel conflitto ideologico con l’Unione Sovietica. Mentre per gli europei,i movimenti di sinistra dei paesi centro e sudamericani erano visti come una presa di coscienza da parte dei governi della regione di possedere degli interessi comuni tra di loro, nell’immaginario statunitense ciò era visto come l’inizio della nascita di movimenti comunisti e rivoluzionari, che incrinavano l’egemonia americana4.

5.2 Gli Stati Uniti e la guerra delle Falkland/Malvinas

Con l’elezione di Ronald Reagan nel 1980 gli Stati Uniti mutarono radicalmente la politica interna ed estera adottata fino a poco tempo dal democratico Jimmy Carter. I problemi interni furono quelli che per primi l’amministrazione Reagan dovette affrontare, in particolare quelli connessi ai vacillanti risultati dell’economia che appariva, per la prima volta nel Novecento, non in grado di generare quell’influenza irresistibile che l’aveva sempre caratterizzata5.

A livello internazionale, la principale preoccupazione fu lo scontro e le relazioni tra i due blocchi. Reagan denunciò la distensione e accusò Mosca di aver approfittato delle buone e amichevoli relazioni con Washington, nonché dello shock subito a seguito della sconfitta patita nel Vietnam, per accrescere la sua presenza nel continente africano, asiatico e sudamericano, aumentando a proprio vantaggio il divario strategico.

4 Reagan cercò di ricreare una sorta di unità tra i paesi del subcontinente latinoamericano per lottare

contro la sovversione comunista e sovietica. In particolare, contro la «radice del male» ovvero la Cuba di Castro. E. Di Nolfo, op. cit., pp. 1274-1280.

(4)

69 La distensione nelle relazioni sovietico–americane non aveva fatto altro, che paralizzare e disorientare la politica americana di fronte all’espansionismo sovietico6. Numerosi furono i segnali che attestarono, soprattutto nella metà degli anni Settanta, l’espansionismo sovietico nel Terzo mondo. Il più importante fu, sicuramente, l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata Rossa nel dicembre del 19797. L’ambizione dell’amministrazione Reagan era quella di spazzare via questo clima di incertezza e timore, definendo con chiarezza quali fossero i limiti oltre i quali l’URSS non avrebbe potuto spingersi senza subire le conseguenze delle proprie azioni e dimostrare la risolutezza e la determinazione degli USA nel perseguire questa strategia8. Ciò non vietò che la fermezza nel non cedere terreno all’URSS si congiungesse con la riapertura del dialogo, nella ricerca di quelli che potevano essere punti di contatto fra le due superpotenze nonché i reciproci interessi che favorissero la pace e la giustizia sociale. Verso la fine degli anni Settanta un tema che occupò uno spazio considerevole nelle agende dei diplomatici e dei politici occidentali e sovietici fu la dislocazione sovietica presso i confini europei di missili di media gittata a testata nucleare SS-20, capaci di mettere a rischio il suolo europeo.

Gli Stati Uniti furono costretti, a questo punto, a rispondere alla provocazione sovietica e a focalizzare l’attenzione sullo scenario europeo. Perciò, con riserva di un loro ritiro in caso di ritiro dei missili russi, si decise di introdurre sul teatro europeo missili a medio raggio Cruise e Pershing, in numero pari agli SS-20 dislocati da Breznev.

La situazione si complicò ulteriormente nel 1983, quando il presidente Reagan, nell’intento di liberare il mondo dalla minaccia della guerra nucleare, lanciò la Strategic

Defense Initiative, nota come «Guerre Stellari».

6 R. Sala, op. cit., p. 175; J. Levesque, L’URSS et sa politique internationale de Lénine à Gorbatchev,

Paris, Colin, 1987, p. 354.

7

Altri casi, dell’avanzata del movimento comunista nel Terzo Mondo furono: l’espansione cubana in Angola e in Mozambico; l’affermazione del movimento pro-castrista New Jewel nell’isola di Grenada; l’invasione della Cambogia da parte del Vietnam pro-sovietico; l’abbandono dello Scià in Iran e la costituzione del regime teocratico di Khomeini; il proliferare della guerriglia nei paesi dell’America centrale.

8 Al fine di contrastare l’avanzata russa venne ripresa la «teoria del domino», secondo la quale alla caduta

di uno stato di fronte all’espansione comunista, ne sarebbe seguita un’altra e dopo un’altra ancora e così via. Pertanto, gli USA avrebbero dovuto bloccare questa «reazione a catena» del movimento comunista sostenendo attivamente, ad esempio, le forze controrivoluzionarie nell’America centrale.

(5)

70 Naturalmente, l’Europa non fu d’accordo, in quanto preoccupata da un’eventuale rappresaglia sovietica in caso di first strike americano9.

I vertici statunitensi focalizzarono quindi l’attenzione sullo scenario europeo, nell’intento di trovare delle soluzioni che da una parte, rassicurassero gli alleati europei e dall’altra, consentissero la ripresa del dialogo sulla non proliferazione e successiva riduzione degli armamenti nucleari con l’URSS10. Un passo importante sulla via del dialogo, che ebbe ripercussioni indirette anche sulla futura crisi delle Falkland, fu l’eliminazione dell’embargo posto sulle forniture americane di grano all’Unione Sovietica all’indomani dell’invasione dell’Afghanistan11. La diplomazia statunitense aveva ben altre priorità, prima tra tutte quella di frenare l’espansionismo sovietico nell’America centrale e nei continenti asiatico e africano12. Tuttavia, la potenza statunitense si trovò ad interpretare l’ago della bilancia nella controversia fra i suoi due alleati. Una situazione alquanto spinosa, se considerate le varie implicazioni che potevano scaturire da un eventuale appoggio troppo netto a favore dell’uno o dell’altro contendente.

L’amministrazione americana si divise in due correnti: «europeisti» e «filo-latinoamericani». Gli «europeisti», fra i quali lo stesso Haig, condividevano le ragioni dell’alleato britannico. I «filo-latinoamericani», tra i quali spiccava l’ambasciatrice

9 Il progetto scatenò feroci polemiche anche negli USA per la fattibilità e i costi elevati. AA.VV.,

Disarmo e non proliferazione nucleare tra retorica e realtà. Il ruolo dell’Europa all’VIII conferenza di Riesame del Trattato di non Proliferazione Nucleare, C. Bonaiuti (ed.), Pisa, Edizioni PLUS, 2012, p.

145.

10

Già all’inizio degli anni Settanta, il folle aumento degli arsenali nucleari condusse l’amministrazione Nixon a promuovere la stipula di trattati di limitazione delle armi nucleari (SALT I – II). Tuttavia, solamente negli anni Novanta si ebbe la firma dei trattati di riduzione delle armi strategiche (START I – II). I negoziati per la stipula dell’accordo START III, più restrittivo rispetto ai primi due, non sono mai partiti. Per un’analisi più approfondita del trattato START I si veda R. Cowen Karp, The start Treaty and

the future of strategic nuclear arms control, in “SIPRI Yearbook 1992, World Armaments and

Disarmament”, Oxford, Oxford University Press, 1992, pp. 13-64. Invece, per un approfondimento dello START II si veda D. Lockwood, Nuclear arms control, in “SIPRI Yearbook 1993, World Armaments and Disarmament”, Oxford, Oxford University Press, 1993, pp. 549-573.

11 Ciò influì sensibilmente l’importanza delle forniture di grano che l’URSS importava dall’Argentina,

riducendo di conseguenza anche l’importanza delle relazioni con il paese sudamericano, ideologicamente opposto a Mosca. A. Haig, op. cit., pp. 102-103.

12

Per ammissione dello stesso Segretario di Stato dell’epoca, Alexander Haig, gli Stati Uniti non avevano prestato una grande attenzione alla situazione che si andava sviluppando nelle Falkland/Malvinas. A. Haig, op. cit., p. 231.

(6)

71 statunitense all’ONU Jeane Kirkpatrick13, proponevano un atteggiamento più neutrale, che non sostenesse la Gran Bretagna, ma che neanche appoggiasse l’intervento armato argentino.

Il rischio che si profilava, e che gli Stati Uniti temevano, era un allargamento del conflitto ai sistemi d’alleanze di cui i protagonisti facevano parte, ovvero la NATO e l’OSA. In un periodo storico in cui le tensioni fra il blocco occidentale e quello comunista si stavano riacutizzando, una frattura fra gli alleati degli Stati Uniti avrebbe rappresentato un grave pericolo per la tenuta dell’unità del campo occidentale contro le infiltrazioni sovietiche.

I dirigenti politici statunitensi si trovarono ad affrontare un dilemma, poiché la crisi delle Falkland/Malvinas opponeva due suoi alleati. Chi sostenere? Londra o Buenos Aires? Da un lato, un netto appoggio alla Gran Bretagna avrebbe potuto consentire all’Unione Sovietica un’incursione strategica nel continente latinoamericano, storicamente, area di esclusiva influenza statunitense14; dall’altro lato, appoggiare Buenos Aires avrebbe significato infliggere un duro colpo all’Alleanza Atlantica, favorendo la nascita di ipotetici nuovi accordi tra gli stati europei e l’URSS. Dinanzi a questo dilemma, la Casa Bianca disponeva di tre alternative: 1) la defezione verso la Gran Bretagna e la cooperazione nei confronti dell’Argentina; 2) la defezione verso l’Argentina e la cooperazione nei confronti della Gran Bretagna; 3) la neutralità. L’atteggiamento che si decise di tenere, almeno durante le prime fasi della crisi, fu di neutralità, con l’aggiunta dell’offerta dei propri buoni uffici per cercare una soluzione diplomatica in modo da ritornare allo status quo ante bellum.

La soluzione elaborata dalla diplomazia americana prevedeva: l’inversione di rotta della Royal Navy; il ritiro delle forze argentine dalle isole; l’intervento di una forza di pace composta da personale degli USA, del Canada e di due paesi sudamericani.

13 L’ambasciatrice Kirkpatrick è diventata famosa per aver formulato la c.d. Dottrina Kirkpatrick. Ai fini

di una più efficace politica statunitense in Centro America, essa distingueva i regimi presenti negli stati latinoamericani in: «regimi recuperabili» e «regimi non recuperabili». I primi erano costituiti dalle dittature di destra che, a lungo termine, evolvevano verso la democrazia e il rispetto dei diritti dell’uomo. I secondi, invece, erano costituiti dalle dittature marxiste che soffocavano definitivamente e senza speranza di reversibilità, i diritti dell’uomo e la democrazia. J. Kirkpatrick, U.S. Security & Latin

America, in “Commentary”, 1981, January. L’articolo è consultabile al sito: http://www.commentarymagazine.com

14 Sull’eventuale aumento dell’influenza sovietica sulla regione latinoamericana si veda C. Zorgbibe,

(7)

72 La prima tappa del tentativo di mediazione del Segretario di Stato Haig fu Londra, dove giunse l’8 aprile, giorno in cui venne decretata l’istituzione della Maritime Exclusion

Zone (MEZ)15.

Nel corso della sua visita, Haig notò una sensibile partecipazione patriottica per le strade della capitale, senza però che si evidenziassero picchi di emozione o tensione. La popolazione si era stretta intorno al proprio Governo e M. Thatcher era fermamente intenzionata a non cedere su quella che agli occhi dell’opinione pubblica britannica appariva come una semplice questione di torto o ragione, dove l’intervento armato argentino era il torto e il ritiro incondizionato delle truppe la ragione. Il Governo britannico non si oppose alle proposte americane, ma condizionò la propria adesione al rispetto del principio di autodeterminazione per gli isolani.

Da Londra Haig partì direttamente per Buenos Aires, dove trovò ad accoglierlo il Ministro degli Esteri Costa Mendez e una mobilitazione popolare massiccia e di grande impatto visivo, che agli occhi del politico americano apparve come un tentativo di influenzare la sua opinione più che una semplice manifestazione di partecipazione16. Giunto alla Casa Rosada, il Segretario venne amichevolmente accolto dal generale Galtieri, che si disse pronto a negoziare con la Gran Bretagna a patto che la sovranità argentina non fosse messa in discussione. Una premessa del genere, viste le richieste britanniche, rompeva ogni speranza di giungere ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti; ciò nonostante i colloqui e le discussioni sui piani americani proseguirono. Quello stesso giorno, 10 aprile 1982, la Comunità Economica Europea approvò delle sanzioni economiche contro l'Argentina, per un valore di 2,3 miliardi di dollari. Tali sanzioni, pur avendo una durata limitata nel tempo, avrebbero fortemente condizionato la già disastrata economia argentina17.

15 La MEZ entrò in vigore il 12 aprile 1982. Il suo raggio d’azione era di duecento miglia nautiche, con

epicentro le isole Falkland/Malvina. In totale, vennero istituite ben sette zone di esclusione. Per una disamina più approfondita sulla natura, la loro gestione e i loro scopi si veda W. J. Fenrick, The Exclusion

Zone Device in the Law of Naval Warfare, in “Canadian Yearbook of Intenational Law”, 1986, vol. 24,

pp. 92-107; L.F.E. Goldie, Maritime War Zone & Exclusion Zones, in “The Law of Naval Operations”, 1991, vol. 64, pp. 171-174.

16 Al riguardo Haig sostenne che furono sfruttati i mass-media per indurre la popolazione a radunarsi e

che il governo avesse fatto trasportare durante la notte migliaia di dimostranti dalle province alla capitale. A. Haig, op. cit., p. 243.

17 Tali sanzioni furono approvate con l'esclusione di due paesi membri su dieci, che pur non sostenendo

(8)

73 Durante un colloquio privato, Galtieri espresse al Segretario americano le sue preoccupazioni per la propria posizione e non esitò ad affermare, che il suo governo non avrebbe retto una settimana se avesse deciso di fare marcia indietro sulla questione delle Malvine.

Venne redatta una nuova bozza d’accordo, simile alla proposta originale americana, ma prevedeva però, che al ritiro delle truppe argentine corrispondesse la sospensione delle sanzioni economiche CEE.

Haig tornò a Londra per presentare la proposta argentina, ma durante il suo soggiorno, il ministero degli esteri argentino rese nota la posizione dell’Argentina che divergeva sensibilmente da quella concordata e riaffermava l’intransigenza circa la sovranità argentina sull’arcipelago. Ci si trovò nuovamente in una situazione d’impasse, cui il Segretario di Stato americano tentò di porre rimedio, ma gli innumerevoli viaggi e le numerose bozze presentate ora all’una, ora all’altra parte, erano da queste modificate o non accettate.

Lo svolgimento degli eventi inducono a confermare quanto precedentemente detto e cioè, che la giunta militare argentina era «sottomessa» al consenso unanime di tutti i comandanti dei corpi militari, rendendo pressoché impossibile giungere aduna conclusione negoziata della controversia18. Sottoposta alle continue pressione inglesi e argentine ed estenuata dalla fermezza dei due governi, la delegazione statunitense non riuscì nel suo intento e il 28 aprile, dovette annunciare il fallimento della mediazione. Il 30 aprile 1982 gli Stati Uniti scelsero ufficialmente di appoggiare la Gran Bretagna, cercando di far cadere la responsabilità del fallimento della mediazione sulla Giunta Militare. Venne decretata la sospensione della fornitura di materiale bellico all’Argentina e furono congelati i nuovi crediti e garanzie della banca Export – Import e della Commodity Credit Corporation19. Allo stesso tempo gli USA avrebbero fornito il

legati alla massiccia presenza di cittadini italiani o discendenti di italiani tra la popolazione argentina. Per un maggiore approfondimento, vedi infra.

18 L’opinione del Segretario di Stato, condivisa poi ufficialmente dall’amministrazione americana, era che

il fallimento dei negoziati si dovesse attribuire principalmente all’Argentina, mentre la Gran Bretagna aveva dimostrato una maggiore propensione alla soluzione diplomatica e una maggiore buona fede nella conduzione delle trattative, ponendo sempre come unica condizione imprescindibile la libera autodeterminazione degli isolani. A. Haig, op. cit., p. 255.

(9)

74 loro supporto logistico – materiale alle forze armate britanniche20. Ciò nonostante, Washington, preoccupata dall’evoluzione della disputa e fermamente convinta nel voler tutelare il sistema latinoamericano, non interruppe i tentativi di mediazione con l’apertura delle ostilità, cercando di limitare al massimo gli eventuali danni derivanti dalla sua scelta21.

Quali furono i motivi che spinsero la Casa Bianca a schierarsi a favore della Gran Bretagna e quali rischi comportava tale scelta? Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna si era dimostrato il più fedele ed importante alleato della Casa Bianca in Europa. Le caratteristiche a base di questa «special relationship» sono: comunanza di interessi tra i due paesi; uguale ideologia; comunanza di contatti personali e amicizie22. L’amicizia tra i due paesi comprendeva, inoltre, una dimensione socio-culturale e storica. L’impregno profuso nella politica di sicurezza nordamericana in Europa fece della Gran Bretagna il principale alleato degli USA nella lotta all’espansionismo comunista, lo «zoccolo duro» della NATO23.

L’ascesa al potere del Primo Ministro Thatcher diede un nuovo impulso ai legami che univano Londra a Washingthon. L’«asse Reagan-Thatcher» costituì la più forte alleanza personale nel mondo occidentale degli anni Ottanta. Il Primo Ministro inglese condivideva pienamente l’ideologia di Reagan e si adoperò con zelo nel sostenerlo nella battaglia contro il comunismo.

20 L’aiuto americano alla task force britannica consistette nella concessione della base logistica di

Ascensione, nella fornitura di materiale bellico di ultima generazione nonché di informazioni a carattere meteorologico e di informazioni provenienti da satelliti e dalla decodificazione delle comunicazioni argentine.

21 R. Sala, op. cit., p. 217.

22 D. Reynolds, A «special relationship»? America, Britain and the international order since the Second

World War, in “International Affairs”, n. 62, p. 5.

23

La speciale comunanza di intenti anglo-americana riguardò anche il campo nucleare. Tra i paesi europei membri della NATO e gli Stati Uniti non c’era unanimità circa l’installazione dei missili Cruise e Pershing. Danimarca e Grecia, ad esempio, erano a favore di una politica di disarmo nucleare; mentre, Belgio e Paesi Bassi erano contrari all’installazione degli euro-missili. Più in generale, l’Europa occidentale voleva una politica di distensione e di ricongiungimento con Mosca, facendo scemare sempre più l’allineamento alla politica globale degli Stati Uniti. In questo contesto, contrariamente a questa tendenza, la Gran Bretagna intrecciò solidi legami di amicizia con la Casa Bianca. Il Primo Ministro inglese si dimostrò d’accordo con l’idea di Reagan che bisogna contrastare concretamente ed energicamente l’avanzata del comunismo verso il mondo occidentale. R. Sala, op. cit., pp. 209-210.

(10)

75 A questo punto, i dirigenti politici americani dovevano valutare chi, tra Gran Bretagna e Argentina, si fosse opposta concretamente all’espansionismo sovietico. Considerato, che all’inizio degli anni Ottanta, la Gran Bretagna rappresentava il «fondamento» della NATO, il più fedele alleato degli USA nella politica contro l’espansionismo sovietico, la scelta era pressoché scontata. Il Regno Unito, potenza nucleare, perno della NATO, alleato fedele degli USA e guidato da una personalità affine a quella del Presidente Reagan, risultava essere un elemento fondamentale, forse insostituibile, del sistema di alleanze statunitense e quindi, la scelta migliore.

Era plausibile una penetrazione sovietica in Argentina? Certamente la politica di cooperazione intrapresa dagli USA verso il Regno Unito avrebbe consumato le simpatie argentine e latinoamericane. Tuttavia, da un’analisi della situazione politica interna dell’Argentina, un allineamento di Buenos Aires verso l’Unione Sovietica sembra estremamente improbabile. La guerriglia era stata annientata dalla repressione operata dal governo militare. Il principale partito di opposizione, la Multipartidaria, non comprendeva i comunisti. La stessa Giunta militare, nonostante la scelta statunitense di appoggiare il governo di Londra, chiese il sostegno attivo dell’Unione Sovietica. Anzi, i dirigenti politici argentini tennero a precisare che i rapporti con l’URSS erano esclusivamente di natura commerciale e non condividevano nessuna alleanza politica o ideologica.

Invece, quello di cui dovevano preoccuparsi gli Stati Uniti era il processo di «scollamento» fra USA e OSA. A partire dagli anni Sessanta, i paesi membri dell’OSA si erano impegnati per uscire dalla condizione di sudditanza rispetto agli Stati Uniti con l’intento di rinegoziare le regole del gioco e ottenere una maggiore autonomia. In tale contesto, dal momento che la maggioranza dei membri dell’OSA adottò una posizione contraria a quella dettata dalla Casa Bianca, l’azione armata argentina diede modo a questi soggetti di intensificare i loro piani. Questa situazione preoccupò non poco la Casa Bianca che era cosciente del fatto, che una eventuale censura dell’iniziativa argentina avrebbe spinto gli stati latinoamericani a distanziarsi sempre più da Washington e avvicinarsi al movimento comunista, stringendo possibili accordi con l’URSS.

(11)

76 In aggiunta a quanto fin qui detto, altre cause determinarono l’appoggio degli Stati Uniti decisero alla Gran Bretagna, nella consapevolezza dei rischi che correvano rispetto ai rapporti con l’OSA. Innanzitutto, una «legittimazione» dell’impresa argentina o anche solo una mancata presa di posizione contro di essa sarebbe divenuta un pericoloso precedente. Invero, molti paesi latinoamericani, ad esempio il Venezuela o il Guatemala, erano coinvolti in situazioni paragonabili a quella argentina e, alcuni di essi, avevano ripetutamente minacciato di ricorrere alla forza per risolverle. Se gli USA non avessero condannato l’azione argentina, molti altri stati avrebbero tentato di risolvere le proprie controversie territoriali ricorrendo alle armi, ponendo il continente in una condizione di grande instabilità generale e Washington avrebbe corso il serio rischio di perdere il controllo sulla regione24. Inoltre, le relazioni economiche, politiche, culturali e militari che legavano USA e Gran Bretagna erano decisamente più profonde di quanto potessero essere diventate quelle, pur ottime, con l’Argentina. Infine, gli USA erano consapevoli di non poter porre nuovamente la Gran Bretagna in una situazione analoga a quella di Suez. Umiliati nel 1956 dal mancato appoggio statunitense, questa volta il Regno Unito non avrebbe subito senza reagire una nuova offesa e gli Stati Uniti erano consapevoli di non poter rifiutare il proprio appoggio senza conseguenze, a maggior ragione se, come era effettivamente avvenuto, Margaret Thatcher l’avesse chiesto immediatamente ed esplicitamente al Presidente Reagan, alleato e amico personale. Tuttavia, nonostante gli USA avessero ritenuto il sostegno a Londra più consono ai loro interessi, nei mesi di maggio e giugno si mostrarono notevolmente a disagio. Ciò venne dimostrato dal loro comportamento «schizofrenico», tenuto in occasione del voto della Risoluzione 505. Su iniziativa presentata da Spagna e Panama, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU fu chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di una tregua di 72 ore.

Nonostante nove voti favorevoli, la risoluzione venne bocciata a seguito del veto posto dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. A termine della votazione, però, successe qualcosa di inaspettato. Per salvare un minimo di credibilità nei confronti dei paesi latinoamericani, Washington decise di cambiare il proprio voto contrario in astensione.

24 I rischi che potevano derivare dalla disputa anglo-argentina non sfuggirono neanche ad osservatori che

non correvano un coinvolgimento diretto nella vicenda. L’ambasciatore del Belgio all’ONU, Edomond Devers dichiarò: «Se l’uso della forza fosse stato ricompensato, ciò avrebbe incoraggiato ogni stato con delle ambizioni territoriali a procedere nello stesso modo». A. Coll, A. Rend, The Falkland War: lessons

(12)

77 Benché il repentino cambio di opinione, gli americani, non solo irritarono i dirigenti britannici, ma infastidirono sensibilmente anche i membri della Giunta militare argentina25.

5.3 La neutralità sovietica

Malgrado le profonde divergenze ideologiche e la campagna di repressione operata dal regime argentino contro i movimenti di matrice comunista in tutto il Sud America, nel corso degli anni Settanta le relazioni economiche e commerciali fra Argentina e Unione Sovietica erano diventate molto intense e redditizie.

L’embargo cerealicolo decretato dal presidente Carter in danno dell’URSS, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan, intensificò ancora di più le importazioni dall’Argentina. In pochissimo tempo, il paese sudamericano, con un’esportazione pari al 75% della produzione nazionale annua di grano, divenne il primo fornitore dell’URSS. Mosca, in cambio, avrebbe fornito materiali ed equipaggiamenti per l’industria petrolifera nonché tecnologia e servizi per lo sviluppo del programma nucleare argentino26. Oltre a ciò, il conflitto fra Argentina e Gran Bretagna avrebbe consentito all’URSS di saggiare la tenuta del blocco occidentale e, in prospettiva, la possibilità di un’eventuale espansione della propria sfera d’influenza in un’area di tradizionale competenza americana. Queste premesse indussero molti, primi fra tutti i dirigenti argentini, a pensare che l’URSS avrebbe appoggiato in seno all’ONU le ragioni dell’Argentina; di fatto, la superpotenza mantenne un atteggiamento totalmente neutrale in merito alla questione delle Falkland. La spiegazione di tale atteggiamento è da ricercare in una serie di cause concomitanti che indussero Mosca a non intervenire nella vicenda. Innanzitutto, allo stesso modo degli Stati Uniti, l’URSS venne colta di sorpresa

25 A Buenos Aires la decisione americana aveva creato notevole malumore. In una lettera inviata al

segretario americano Haig, Costa Mendez mostrò profonda indignazione per il comportamento tenuto dall’amministrazione americana che, nonostante le espressioni di solidarietà provenienti da tutto il mondo, aveva decisivo di schierarsi a favore di una paese extra continentale. R. Moro, op. cit., p. 135.

26 A partire dagli anni Cinquanta, l’Argentina cominciò ad interessarsi all’energia nucleare. Invero, fu il

primo paese della regione a sperimentare un reattore nucleare per la produzione di energia. L’interesse argentino per l’energia atomica crebbe sempre di più negli anni avvenire e ciò è dimostrato dal fatto che nel 1981, le importazioni di Buenos Aires dall’Unione Sovietica ammontavano solo allo 0,3% del totale e queste erano pressoché costituite interamente di materiali e servizi necessari all’arricchimento dell’uranio e dell’acqua pesante. J. Grandi, La politique nucléaire du Brésil et de l'Argentine, in “Etudes de la documentation française”, n. 4830, 1987, pp. 107-132.

(13)

78 dal repentino precipitare degli eventi, tanto che la convocazione lampo del Consiglio di Sicurezza da parte della Gran Bretagna impedì ai dirigenti sovietici una tranquilla e completa valutazione dei vantaggi e degli svantaggi di un eventuale veto. L’astensione si proponeva, quindi, come l’alternativa più semplice e meno rischiosa di rapportarsi agli eventi27.

Al di là dell’estrema rapidità con cui venne chiesa del comportamento in ambito ONU, l’URSS doveva considerare altri fattori di non poca rilevanza.

Il 24 Aprile 1981 il presidente Reagan decretò l’abolizione dell’embargo sull’acquisto del grano all’URSS. Ne derivò una notevole riduzione dell’importanza delle importazioni dall’Argentina e, quindi, del rapporto con il paese latinoamericano. Ciò dimostrò in maniera palese, come i legami economici instauratesi tra Buenos Aires e Mosca fossero in realtà assai fragili. Per un paese che interrompeva le proprie relazioni economiche con l’Unione Sovietica, ve ne sarebbero stati altri pronti a sostituirli28. Il contrario, invece, non era possibile, poiché le esportazioni dirette verso l’Unione Sovietica erano a dir poco vitali per la già stremata economia argentina. Inoltre, la ritrovata intesa con gli USA era un elemento determinante nella politica estera sovietica, elemento dal quale non si poteva prescindere, men che meno per intervenire a favore di un paese ideologicamente distante.

La mancata presa di posizione sul conflitto non corrispose, tuttavia, ad una mancanza d’interesse dell’URSS. Inizialmente Mosca si dimostrò molto prudente nelle sue dichiarazioni, limitandosi a criticare ogni tipo di contromisura adottata dalla Gran Bretagna.

Con il passare del tempo, superata la sorpresa iniziale, il Cremlino cominciò a sostenere più apertamente la causa argentina, anche se, non ci fu mai un’esplicita accettazione dell’azione militare argentina29. Fortemente critica fu, invece, la decisione britannica di inviare una propria task force per il recupero delle isole. L’URSS disapprovò fermamente tale decisione e la definì «una vestigia dell’era del colonialismo europeo»,

27 Si consideri anche, che i cinque membri del Consiglio di Sicurezza appartenenti allo schieramento dei

Non Allineati avevano votato a favore della risoluzione 502 e che, dunque, un veto sovietico sarebbe andato contro l’interesse di Mosca, volto ad accattivarsi le simpatie di questi. R. Sala, op. cit., p. 219.

28 K. Waltz, op. cit., p. 295. 29 R. Sala, op. cit., p. 220.

(14)

79 assolutamente inaccettabile rispetto ai principi della decolonizzazione condivisi dalla comunità internazionale e tutelati dall’ONU. Per quanto riguarda, invece, i motivi posti a fondamento dell’azione militare inglese, l’Unione Sovietica sostenne che questi fossero da ricercare nella presenza di giacimenti petroliferi30 in prossimità delle isole e nel voler mantenere la propria presenza in un’area strategicamente importante31.

La solidarietà di Mosca verso Buenos Aires si limitò, tuttavia, solo ed esclusivamente all’aspetto verbale, optando per una strategia attendista e pragmatica32. Contestando le

30 Nei primi mesi di aprile e maggio del 1982, l’Unione Sovietica indicò più volte che la ragione

principale del conflitto anglo-argentino risiedeva nella presenza di giacimenti petroliferi, la cui quantità era abbondantemente superiore a quella presente nei fondali del Mare del Nord. L’esistenza di possibili giacimenti petroliferi nella regione limitrofa alle isole incominciò a farsi strada a partire dal 1969. Il 24 ottobre dello stesso anno, la possibile presenza di risorse petrolifere nei pressi delle Falkland/Malvinas fu oggetto di discussione in una riunione del Gabinetto del laburista Harold Wilson. In quell’occasione si decise di non divulgare la notizia e di tacere il tutto per non aggravare ulteriormente, i già tesi rapporti con l’Argentina. Anche gli Argentini, in varie occasioni, avevano avviato delle esplorazioni geologiche al fine di accertare la presenza attorno alle isole di riserve petrolifere importanti. Tuttavia, i vari studi effettuati conclusero che lo sfruttamento delle risorse dell’area non avrebbe, con la tecnologia del tempo, giustificato gli elevati costi che l’esplorazione e lo sfruttamento avrebbero comportato nelle difficili condizioni locali. L. Gustafson, The sovereignty dispute over the Falklands islands, New York, Oxford University Press, 1988, pp. 83-89.

31 Nel corso del XIX secolo, le isole Falkland/Malvinas rivestirono una grande importanza strategica.

Infatti, garantivano alla Gran Bretagna il controllo del traffico commerciale tra l’oceano Atlantico e l’oceano Pacifico; tuttavia, con l’apertura del canale di Panama, le navi per raggiungere l’oceano Pacifico abbandonarono la rotta attorno al Capo Horn facendo scemare, così, la loro l’importanza. Nonostante ciò, non tutte le navi potevano attraversare il canale di Panama; invero, le navi da guerra, in particolare i sottomarini nucleari americani e sovietici, erano costrette a doppiare il Capo Horn. Ciò ha spinto alcuni studiosi a sostenere che questo fosse uno dei motivi che spinsero gli USA a parteggiare per la Gran Bretagna. Le Falkland/Malvinas avrebbero potuto diventare un’eccellente base navale per il controllo dei sottomarini nucleari russi in rotta nel Sud Atlantico. Per la Gran Bretagna, invece, questa base non rivestiva nessun interesse strategico o economico. Infatti, la politica di difesa britannica era dirizzata verso il suo impegno nella NATO e, quindi, nell’Atlantico settentrionale. Per una cronistoria dettagliata della occupazione inglese dei territori nella regione dell’Atlantico del Sud si veda A. Tello, L’Argentine et

les iles Malouines, in “Politique étrangère”, vol. 47, n. 4, 1982, p. 1009 ss. Per quanto riguarda, invece, le

motivazioni strategico-militare M. Vaïsse, Les relations internationales depuis 1945, Paris, Armand Colin, 1991.

32 Alcuni autori sostengono che l’Argentina, durante il corso dello scontro bellico, ricevette sostanziali

aiuti dall’URSS. Nello specifico, l’ambasciatore sovietico a Buenos Aires Striganov offrì al generale Gualtieri la fornitura di materiale bellico e supporto logistico, a condizione che l’Argentina avesse: ritirato immediatamente tutti i suoi consiglieri militari dal Centro America; contestato tutti i voti contro all’URSS all’ONU, in questioni come l’occupazione dell’Afghanistan; facilitato la costruzione di installazioni per la pesca a Ushuaia; interrotto immediatamente il suo appoggio al governo militare del generale Torelio in Bolivia. L’offerta venne però nettamente rifiutata dalla Giunta militare in quanto troppo onerosa. P. Windsor, Dimensions diplomatiques de la crise des Falkland, in “Politique étrangère”,

(15)

80 posizioni britanniche, l’URSS sfruttava il «cavallo di Troia» dell’anticolonialismo per avvicinare a se il sottosistema latinoamericano. La prospettiva di potersi servire della circostanza per scopi propagandistici senza doversi impegnare attivamente, risultò particolarmente favorevole ai vertici sovietici impegnati su altri fronti, primo tra tutti l’Afghanistan, che con il prolungarsi dei combattimenti e con l’intensificarsi della resistenza, divenne una questione di grande importanza nella politica estera sovietica. Altro problema di rilevanza capitale era dato dalla Polonia, la cui gravità metteva in crisi la tenuta dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est e aveva scatenato forti reazioni in Occidente33. I vertici sovietici videro nel conflitto nel Sud Atlantico la possibilità di distogliere l’attenzione del mondo dall’Europa dell’Est, facendola passare in secondo piano. Non bisogna dimenticare inoltre il grande impegno politico, economico e militare che l’URSS profuse negli anni Settanta; infatti, aveva superato gli Stati Uniti sul piano degli armamenti nucleari e, sostenendo gli stati di nuova indipendenza, aveva esteso al massimo la propria sfera d’influenza. All’inizio degli anni Ottanta, però, questi sforzi cominciarono a farsi sentire sul livello di vita della popolazione.

I dirigenti sovietici si resero ben presto conto che non era possibile mantenere simultaneamente la crescita militare e il benessere dei cittadini. Inoltre, gli avvenimenti in Polonia fecero ben capire ai leader russi quale sarebbe stata la conseguenza se non si fosse prestata priorità al livello di vita della popolazione34.

Oltre a ciò si aggiunga, che, nel corso dei primi mesi del 1982, si parlò molto della possibilità di un incontro tra il Segretario Generale del PCUS, Leonid Breznev e Reagan nonché dell’apertura di nuovi negoziati sugli armamenti strategici per il mese di

vol. 47, n. 3, 1982, p. 686; A. Gavshon, D. Rice, The sinking of the Belgrano, Londo, New English Library, 1984, p. 74.

33 Nel 1980, la grave crisi economica e sociale che attanagliava la Polonia sfociò in una serie di scioperi,

guidati dal sindacato nazionale Solidarność, reclamando il pluralismo sindacale e i diritti sociali più elementari. Nel 1981, un colpo di stato militare guidato dal generale Wojciech Jaruzelski, favorito da Mosca, decretò lo stato d’assedio del paese. Solidarność venne dichiarato illegale e i sui principali leader, tra cui Lech Wałęsa. L’Occidente reagì all’instaurazione della legge marziale in Polonia applicando delle sanzioni al regime polacco stesso e all’URSS. Ingenti flussi di capitali vennero inviati in clandestinità ai membri del movimento sindacale da parte del Vaticano per il tramite dello IOR, presieduto da Paul Marcinkus, e del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. F. Viviano, Dal Vaticano a Calvi ecco chi aiutò

Solidarność, in “La Repubblica”.

34 J. Levesque, L’URSS et sa politique internationale de Lénine et Gorbatchev, Paris, Armand Colin,

(16)

81 novembre. Pertanto, in un conflitto che opponeva due alleati di Washington, Breznev si mantenne molto prudente per non provocare un indurimento della posizione americana verso il suo paese. L’esplicito sostegno sovietico all’azione militare argentina avrebbe potuto far venire meno la possibilità di una riapertura dei negoziati sul controllo degli armamenti, obiettivo prioritario della politica estera sovietica.

Infine, un'altra circostanza che può aver contribuito alla passività di Mosca sulla vicenda anglo-argentina fu lo stato di salute di Breznev che comportò un «vuoto di potere» tra le mura del Cremlino, compromettendo le capacità decisionali dei vertici sovietici.

5.4 La vittoria della diplomazia britannica all’ONU

Un evento importante, nell’andamento della crisi anglo-argentina, fu la condanna dell’utilizzo della forza che l’ONU espresse nei confronti dell’Argentina con la Risoluzione 502/1982. La tempestività nell’adozione della risoluzione de qua è da

attribuirsi all’abile ambasciatore britannico preso l’ONU, sir Anthony Parsons. In realtà, i primi a considerare un’azione presso il Consiglio di Sicurezza furono gli

Argentini, sempre più convinti che rinforzi britannici fossero sulla rotta delle Falkland/Malvinas. Tuttavia, l’ambasciatrice statunitense Kirkpatrick indusse Roca, nuovo ambasciatore argentino, a non ricorrere direttamente al Consiglio, ma ad utilizzare canali informali e trattare la cosa come una «disputa fra amici»35.

Il 1 aprile 1982 l’ambasciatore Parsons, ricevuto da Londra l’ordine di riunire il Consiglio di Sicurezza,si attivò rapidamente per sottoporgli all’attenzione l’imminente invasione da parte dell’Argentina. Inizialmente la reazione dei membri del Consiglio di Sicurezza, anche in considerazione della scarsa conoscenza della situazione, fu di incredulità e sorpresa. L’allora Presidente del Consiglio, Gérard Kamanda wa Kamanda chiese ad entrambe le parti l’astensione dall’uso della forza, ottenendo l’assenso britannico e il silenzio da parte argentina36.

L’abilità del diplomatico britannico si dimostrò il 3 aprile, giorno dell’emanazione della Risoluzione 502. Le difficoltà principali che la Gran Bretagna dovette affrontare nel

35 L. Freedman & V. Gamba-Stonehouse, op. cit., pp. 134-135. 36 Ibidem; M. Thatcher, op. cit., p. 158.

(17)

82 ricorrere al Consiglio di Sicurezza furono essenzialmente due. La prima fu dettata dalla necessità di agire il più rapidamente possibile, per evitare che sulle decisioni del Consiglio di Sicurezza influissero considerazioni non strettamente legate alle contingenze37.

La seconda fu dettata dalla bisogno di limitare il più possibile la discussione sull’illegittimità dell’azione argentina, senza far richiamare l’intero problema della sovranità sulle isole, che avrebbe visto l’Argentina in una posizione più favorevole. A tal fine, venne presentata una bozza di risoluzione definitiva che non potesse prevedere emendamenti, eludendo tutti i passaggi che caratterizzavano l’iter decisionale ordinario del Consiglio38. A questo punto bisognava garantirsi il sostegno di nove dei quindici membri del Consiglio di Sicurezza senza alcun veto da parte dei membri permanenti39. La Gran Bretagna riteneva di poter disporre del sostegno di USA, Francia, Irlanda e Giappone. Pressoché impossibile, per ovvi motivi ideologici, era il voto favorevole di URSS, Cina e Polonia. Restavano cinque paesi fra i quali era necessario raccogliere almeno quattro voti favorevoli. Un aiuto prezioso venne dalla Francia, che si impegnò per ottenere il voto favorevole del Togo, mentre la stessa Gran Bretagna poté contare sul legame di vecchia data con re Hussein di Giordania per ottenerne l’appoggio40. La Guyana appoggiò la Gran Bretagna a causa delle sue controversie territoriali con il Venezuela, rispetto alle quali un eventuale successo argentino avrebbe rappresentato un pericoloso precedente. Allo stesso modo si ottenne il voto dello Zaire, restando incerto solo il comportamento dell’Uganda.

Uno dei motivi principali che impedì all’Argentina di ottenere un maggiore appoggio fu l’esistenza di un gran numero di dispute territoriali analoghe a quella delle Falkland/Malvinas, per le quali la comunità internazionale auspicava soluzioni pacifiche che sarebbero state messe in serio pericolo da un eventuale «precedente argentino».

37 Sulla illiceità della iniziativa militare argentina lesiva dell’art. 2 dello Statuto dell’ONU e sulla

fondatezza, ex art. 51, dell’esercizio della legittima difesa da parte britannica si deva A. Migliazza, Una

precisazione in tema di obblighi dell’occupante, in L. Forlati e F. Leita (eds.), Crisi Falkland-Malvinas e organizzazione internazionale, Padova, Cedam, 1985, p. 26 ss.

38 L. Freedman & V. Gamba-Stonehouse, op. cit., p. 136. 39

In quell’occasione, membri del Consiglio di Sicurezza, oltre ai cinque membri permanenti, erano: la Polonia, l’Irlanda, il Giappone, Panama, la Spagna, l’Uganda, il Togo, lo Zaire, la Giordania e la Guyana.

(18)

83 L’abilità di Parsons fu proprio quella di mettere in evidenza questa considerazione, mentre il richiamo dei diplomatici argentini alle motivazioni anticolonialiste non sembrò da solo essere una valida motivazione per giustificare l’uso delle armi. Altro fattore rilevante, di cui si è già discusso, fu il mancato ricorso al veto da parte dell’Unione Sovietica. La rapidità nell’evolversi degli eventi diede a Parsons il vantaggio di impedire a Mosca un’attenta analisi dei pro e dei contro dell’espressione di un voto negativo.

Al momento della votazione, i voti furono: 10 favorevoli; 4 astenuti; 1 contrario (Panama). Il Consiglio di Sicurezza decretò pertanto che il ricorso all’uso della forza da parte del governo argentino era stato illegittimo ai sensi dello Statuto delle Nazioni Unite e che, pertanto, l’Argentina si era resa responsabile di un atto illecito internazionale sul piano degli obblighi convenzionalmente assunti con la firma e la ratifica dell’Accordo istitutivo dell’Organizzazione delle nazioni Unite41.

5.5 Il sostegno da parte della CEE e dell’Organizzazione degli Stati Americani

Come già detto, la maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale si schierò a favore della Gran Bretagna, condannando l’aggressione argentina e giudicando la reazione militare britannica conforme ai sensi dell’art. 51 della Carta dell’ONU.

Una soluzione della controversia a favore del paese europeo era importante per la credibilità internazionale dell’Europa nel suo insieme, provata dall’impossibilità di influire concretamente sui meccanismi della Guerra fredda.

Assecondando le richieste della Gran Bretagna, in attuazione dell’art. 224 del Trattato istitutivo della Comunità europea42 la CEE, nel tentativo di indurre lo stato

41 A. Sinagra, op. cit., p. 75. Alcuni autori hanno sollevato dei dubbi circa la legittimità del massiccio

intervento militare inglese ai sensi dell’art. 51 della Carta, nonostante il Consiglio di Sicurezza con la delibera del 3 aprile 1982, avesse già adottato tutte le misure necessarie per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Allo stesso tempo si dubita anche del motivo posto a fondamento dagli inglesi (legittima difesa) per giustificare l’intervento armato. Legittima difesa priva di presupposti sia di fatto che di diritto, stante l’ormai esaurito pericolo necessitato, fondamento della scriminante in esame. Sul punto si vedano R. Quadri, Diritto internazionale pubblico, Napoli, Liguori, 1989; P. Lamberti Zanardi, La

legittima difesa nel diritto internazionale, Milano, Giuffrè, 1972.

42 L’art. 224 recita: «Gli Stati membri si consultano al fine di prendere di comune accordo le disposizioni

necessarie ad evitare che il funzionamento del mercato comune abbia a risentire delle misure che uno Stato membro può essere indotto a prendere nell'eventualità di gravi agitazioni interne che turbino l'ordine pubblico, in caso di guerra o di grave tensione internazionale che costituisca una minaccia di guerra

(19)

84 latinoamericano a rispettare quanto previsto nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU43, decretò l’embargo di sei settimane sulle importazioni ed esportazioni da e per l’Argentina. Allo stesso modo, i paesi europei agirono in ambito NATO, decretando una sospensione della fornitura di armamenti all’Argentina44. La Francia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, si mostrò particolarmente favorevole all’iniziativa della Gran Bretagna. Il presidente francese Mitterand si impegnò personalmente nel garantire il proprio appoggio in seno all’ONU e a persuadere gli altri membri del Consiglio di Sicurezza45.

Il grande appoggio ottenuto dalla CEE è da ricondurre anche all’atteggiamento tenuto dalla Thatcher in merito alle politiche comunitarie e allo stato di tensione che da questo derivava fra i partner europei. La Thatcher, come risaputo, aveva sempre osteggiato la Comunità Europea, poiché era reputato particolarmente oneroso il contributo che il suo paese doveva versare al budget per preservare la Politica Agricola Comune, tanto voluta dalla Francia. Le relazioni tra il Regno Unito e la Comunità Europa non erano, dunque, delle migliori ed è in questo clima che si inserì il conflitto anglo–argentino46. In ambito

ovvero per far fronte agli impegni da esso assunti ai fini del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale».

43

Autorevole dottrina sostiene, che dalla interpretazione letterale dell’art. 224 del Trattato C.E. si evince chiaramente che esso non si possa porre come base giuridica delle misure adottate nell’ambito del conflitto anglo-argentino. Nella disposizione in esame, la consultazione tra gli stati membri è finalizzata all’adozione di misure interne alla Comunità finalizzate ad evitare disfunzioni del mercato comunitario. Pertanto, non si capisce come in che modo la previsione e la operatività dell’art.224 del Trattato C.E. potesse essere applicato al caso in di uno stato membro contro uno stato terzo rispetto alla Comunità. Per maggiori approfondimenti sul problema si veda A. Sinagra, op. cit., pp. 224 ss; B. Conforti, Le sanzioni

CEE contro l’argentina e la loro legittimità alla luce del diritto comunitario, in N. Ronzitti, (ed.), La questione delle Falkland-Malvinas nel diritto internazionale, Milano, Giuffrè, 1984, pp. 411 ss.

44 Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Joseph Luns dichiarò: «La reazione della Gran Bretagna è

ben comprensibile. Sarebbe un gravissimo errore se un paese membro della NATO accettasse semplicemente, senza nessun risentimento, l’invasione di una parte del proprio territorio». G. Moccé,

Haig a Londra è rimasto colpito dalla determinazione degli Inglesi in “Corriere del Ticino”.

45

La Francia appoggiò l’azione militare inglese sospendendo la fornitura di materiale bellico all’Argentina, in particole i missili Exocet, nonché fornendo informazioni utili sugli armamenti di fabbricazione francese già in possesso delle forze armate argentine. Un aiuto, non indifferente, venne anche dalle pressioni esercitate sul Senegal, ex colonia francese, nel concedere alle agli aerei britannici l’utilizzo dell’aeroporto di Dakar durante il loro viaggio verso l’isola di Ascensione.

46 Nello specifico Londra esigeva il rimborso quasi integrale dei suoi versamenti in surplus e pretendeva

equivalenza tra ciò che ognuno versava alla Comunità e quello che riceveva. Al fine di ottenere soddisfazione, Londra non esitò ad imporsi verso la Comunità Europea bloccando l’entrata dei prezzi agricoli nel 1981 fino all’inizio del 1982. Tuttavia, proprio a seguito del conflitto anglo-argentino, nei

(20)

85 NATO la crisi, che sarebbe potuta divenire molto pericolosa in caso di allargamento del conflitto, si rivelò molto utile per il consolidamento dei rapporti fra gli alleati. La rapidità con cui venne risolta la controversia permise agli stati europei ampie attestazioni di solidarietà senza la necessità di mettere in evidenza le contraddizioni latenti, le quali, tuttavia, si sarebbero manifestate quasi sicuramente nel momento in cui fosse stato necessario far seguire fatti concreti alle parole. Non tutti i paesi europei, però, appoggiarono la Gran Bretagna. Spagna, Italia e Irlanda mantennero un contegno meno favorevole al Regno Unito. La Spagna, in particolare, che non era ancora membro della NATO, sostenne l’azione di Buenos Aires, sia per ribadire i propri legami storici, politici e culturali con l’Argentina, sia per sottolineare la propria posizione in merito alla situazione di Gibilterra, che presentava alcune analogie con le Falkland/Malvinas. Il 16 maggio, allo scadere delle sei settimane previste, i paesi della CEE decisero di rinnovare le sanzioni contro Buenos Aires. Tutti furono d’accordo, ad eccezioni di Italia e Irlanda. Il nostro paese, seppur mantenendo il proprio appoggio al Regno Unito, preferì tutelare i propri interessi commerciali e culturali in Argentina. L’opposizione irlandese era motivata invece dalle controversie con la Gran Bretagna rispetto all’Ulster.

5.5.1 La controversia nell’ambito dell’OSA

Della crisi scaturita a seguito dell’iniziativa militare argentina ebbe ad occuparsi anche l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA)47, il cui Consiglio Permanente, riunitosi su richiesta dell’Argentina in sessione straordinaria il 13 aprile 1982, approvò una risoluzione con la quale auspicava che la controversia si fosse risolta nel rispetto del diritto internazionale offrendo a tal fine i suoi uffici.

Il 19 aprile 1982, sempre su richiesta argentina, si riunì nuovamente il Consiglio Permanente che, a seguito dell’aggravarsi della situazione, convocava l’Organo di

primi giorni di maggio, Londra sospese la protesta con la PAC dovendosi accontentare di un semplice «alleggerimento» del suo contributo per il 1982. P. Gerbet, La construction de l’Europe, Paris, Imprimerie Nationale, 1999, p. 421.

47 Per maggiori approfondimenti sull’OSA si veda B. Campanella, L' Organizzazione degli Stati

(21)

86 Consultazione48. Questi, dopo un lungo dibattito, il 28 aprile approvò una risoluzione con la quale si afferma la sovranità argentina sulle isole Falkland/Malvinas e si invitava il governo britannico a porre fine ad ogni operazione militare; si invitava, infine, l’Argentina a non compiere ulteriori azioni che avessero potuto aggravare la situazione49.

Con una seconda Risoluzione, adottata il 29 maggio 1982, l’Organo di Consultazione espresse un sostegno maggiore alle ragioni dell’Argentina in risposta alla crescente aggressività della reazione militare britannica. Si denunciava, in particolare, l’enorme sproporzione, per uomini, mezzi e capacità offensiva della reazione militare del Regno Unito che venne accusato, altresì, di aver fatto deliberatamente fallire, la mediazione svolta dal Segretario delle Nazioni Unite50.

Ciò detto, si valuti ora la posizione dei paesi membri dell’OSA circa l’uso della forza da parte dell’Argentina e della reazione militare britannica. Ad eccezione di alcuni stati, l’appoggio all’Argentina fu pressoché unanime51.

Durante il mese di aprile, gli interventi verbali dei sostenitori di Buenos Aires rimasero molto prudenti. Con l’inizio delle ostilità e con l’evolversi degli eventi, la posizione dei paesi sudamericani diventò sempre più ferma.

In sede OSE la reazione militare britannica venne sanzionata in quanto, una volta emanata la Risoluzione n. 502, il ricorso alla scriminante della legittima difesa ex art. 51 dello Statuto dell’ONU era totalmente privo di qualsiasi fondamento giuridico poiché la citata risoluzione avesse disposto tutte le misure necessarie al mantenimento della pace e della sicurezza.

48 Organo composto dai ministri degli affari esteri degli stati parti al Trattato Interamericano di Assistenza

Reciproca. Funzioni e competenze riguardano il mantenimento della pace e della sicurezza nel continente americano.

49 Sulle iniziative adottate dall’Organizzazione degli Stati Americani, in particolare sulla Risoluzione del

28 aprile 1982, nonché sulla successiva Risoluzione del 29 maggio 1982 si veda M. Panebianco, Nazioni

Unite ed organizzazioni europee e americane di fronte al conflitto Falkland/Malvinas, in L. Forlati - F.

Leita (eds.), Crisi Falkland-Malvinas e organizzazione internazionale, Padova, Cedam, 1985

50 I dibattiti precedenti l’approvazione della Risoluzione OSA del 29 maggio 1982 oltre ad evidenziare lo

sproporzionato ricorso all’uso della forza da parte della Gran Bretagna, condannarono anche la condotta degli Stati Uniti e della CEE. A. Accolti-Gil, Il ruolo dell’Organizzazione degli Stati Americani, in N. Ronzitti, op. cit., p. 288.

51 Messico, Colombia e Cile, pur non concordando sul ricorso alla forza armata militare, sostennero il

(22)

87 Inoltre venne rilevata anche la sproporzione della reazione militare britannica che costituiva un esercizio abusivo e illecito del diritto di legittima difesa (a maggior ragione se, come nel caso di specie, si reagiva ad un attacco ormai esaurito)52.

Nonostante le vibrate manifestazione di solidarietà in favore dell’Argentina, le offerte di supporto materiale allo sforzo bellico argentino da parte dei membri dell’OSA non trovarono seguito53. Nello specifico, in un primo momento, gli stati sudamericani si limitarono a contestare la posizione britannica, denunciandone la volontà imperialistica; successivamente, quando la CEE diede il proprio appoggio alla Gran Bretagna tramite l’imposizione di sanzioni economiche in danno all’Argentina, il sostegno a Buenos Aires si concretizzò mediante la facilitazione degli scambi commerciali interamericani cercando, in qualche modo, di vanificare l’efficacia dell’embargo.

A far le spese della c.d. «solidarietà continentale» furono più gli Stati Uniti che la Gran Bretagna, non soltanto per la loro pretesa posizione di neutralità, poi smentita nei fatti dal sostegno all’alleato d’oltreoceano54, ma anche perché vennero ritenuti colpevoli di aver violato la solidarietà sancita dal Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca nonché i principi della dottrina Monroe55.

Quali furono le ragioni che spinsero i paesi del sottosistema latinoamericano ad appoggiare, anche se solo moralmente, la causa argentina? I motivi possono essere così riassunti. In primo luogo intervennero motivi regionali e campanilistici, c.d. «solidarietà emisferica».

52

In questo senso, tra gli altri si espressero i delegati del Perù. Si veda in O.E.A. – Ser. – F – II.20, doc. 67-82, 27 maggio 1982, p. 26.

53 Ad esempio, la Bolivia appoggiò sin da subito l’Argentina definendo la reazione militare inglese un

retaggio anacronistico di colonialismo. Allo stesso modo intervenne il Venezuela che contesto energicamente le misure adottate dagli Stati Uniti contro l’Argentina. M. Vismara, op. cit., p. 469.

54 Sullo svolgimento dei negoziati durante il conflitto armato e sull’attività di mediazione si paesi terzi si

veda United States – Dept. of State, The South Atlantic Crisis: Background, Consequences,

Documentation, Washington, U.S. Department of State, Bureau of Public Affairs, 1982.

55 La Dottrina Monroe, elaborata da John Quincy Adams e pronunciata da James Monroe al messaggio

annuale al Congresso il 2 dicembre 1823, esprime l'idea della supremazia degli Stati Uniti nel continente americano. Essa sancisce la volontà degli USA di non intromettersi nelle dispute fra le potenze europee, e fra ciascuna potenza europea e le rispettive colonie d'oltremare. Sul punto, Accolti-Gin sostiene, che in realtà, l’intento di Monroe era quello di permettere agli Stati Uniti il libero commercio con gli altri stati americani che altrimenti, sarebbe stato ostacolato dallo stabilimento di nuove colonie. A. Accolti-Gin, op.

(23)

88 La Gran Bretagna era una potenza estranea al sistema latinoamericano, sistema che, seppur diviso dispute e rivalità, condivideva moltissimi aspetti socio-culturali, politici ed economici cui il Regno Unito era del tutto estraneo56.

In secondo luogo, un’eventuale vittoria dell’Argentina avrebbe significato una vittoria dell’America Latina sull’Europa. Un’occasione, quindi, non solo per l’Argentina ma anche per l’intero sistema latinoamericano di vedersi riconosciuto quel così tanto agognato prestigio cui ambiva.

Un altro motivo da valutare, già in precedenza visto, che spinse i paesi latinoamericani a sostenere l’azione argentina fu che un eventuale successo argentino avrebbe potuto costituito il «precedente» cui far riferimento per dirimere quelle dispute territoriali che esistevano fra gli stati americani fin dalla conquista della loro indipendenza. L’appoggio fornito all’Argentina era dettato, quindi, dalla possibilità di poter utilizzare un domani la vittoria argentina come «causa di giustificazione» ad altre azioni simili. Non è un caso infatti che i maggiori sostenitori dell’azione argentina (Venezuela, Perù, Bolivia, Panama e Nicaragua) fossero paesi coinvolti in controversie territoriali simili a quella delle Falkland/Malvinas57. Questa forma di «opportunismo» era stato, pertanto, il principale motivo per il quale gli Stati Uniti si erano sempre impegnati affinché ogni disputa nel continente sudamericano, si risolvesse attraverso i canali diplomatici e compromessi che rispettassero pienamente la legalità internazionale.

Esistevano poi ragioni «squisitamente economiche» che indussero Uruguay, Paraguay e Bolivia a sostenere con decisione l’azione argentina.

56

Nello specifico, alcuni autori sostengono che nel conflitto anglo-argentino gli stati del continente sudamericano hanno difeso uno stato vicino, non tanto per ragioni altruistiche, bensì per aumentare la sicurezza del sistema latinoamericano o, in linea più generale, per mantenere l’equilibrio delle forze all’interno del sistema. G. Snyder, op. cit., p. 346.

57 Il Venezuela, che appoggiò con vigore la causa argentina, aveva dispute territoriali sia con la Colombia

che con la Guyana. La Bolivia era impegnata, sin dalla fine del 1800, nel tentativo di recuperare l’accesso al mare, perduto nella guerra del Pacifico contro il Cile, di vitale importanza per la propria economia. Il Nicaragua, al pari del Venezuela, era in contrasto con la Colombia per il possesso delle isole di San Andreas e Providencia. Il Perù, che fu anche uno dei protagonisti dei tentativi di soluzione diplomatica della controversia anglo-argentina, si schierò nettamente a favore di Buenos Aires con la speranza di potersi poi rivalere su Cile e Ecuador per i territori persi durante la guerra del Pacifico. Il Guatemala rivendicava a sé l’intero stato del Belize, indipendente dal 1981 e protetto da truppe inglesi. Infine, Panama vedeva in un successo argentino la possibilità di poter agire per il recupero della sovranità sul canale a danno degli USA, e per tale motivo, essendo allora membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, fu il solo stato a votare contro la Risoluzione 502.

(24)

89 I tre paesi, considerati «satelliti» di Argentina e Brasile, dipendevano da questi per vari settori, dai trasporti all’energia, e avevano bisogno di mantenere con essi dei rapporti cordiali per garantirsi gli introiti dei loro investimenti e del commercio, nonché le necessarie garanzie per la propria integrità e sicurezza territoriale58.

Un tema molto sentito, che si legava al discorso del prestigio internazionale, era la volontà di mettere in discussione l’egemonia esercitata dagli Stati Uniti. Questo era particolarmente vero per il Brasile, che a partire dagli anni Settanta aveva iniziato a svincolarsi dal controllo esercitato da Washington e la cui ambizione era quella di divenire una «media potenza» in grado di costruire la propria rete di relazioni internazionali, senza dover sottostare alle direttrici americane. Il comportamento di Brasilia durante la crisi del Sud Pacifico rispecchia, pertanto, questa volontà. Tuttavia, nonostante l’appoggio all’azione argentina, Brasilia si pose in una posizione equidistante e favorevole ad una soluzione negoziata. Le autorità brasiliane non si offrirono i loro buoni uffici ai due belligeranti, ma parteciparono alle iniziative di OSA e ONU al fine di prevenire l’uso della forza; anche perché, le relazioni commerciali con la Gran Bretagna erano troppo importanti per metterle a rischio.

Infine, qualche problema avrebbe potuto causarlo il regime di Fidel Castro. Nonostante la sua incompatibilità ideologica con Buenos Aires, l’Avana si comportò in maniera analoga all’Unione Sovietica, limitandosi a sfruttare a livello propagandistico la crisi, attaccando le aspirazioni imperialiste della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Nel complesso, quindi, gli stati sudamericani si comportarono in maniera molto pragmatica, facendo attenzione a tutelare i propri interessi individuali, senza rischiare una vera rottura con nessuno dei due contendenti. Per tale motivo, l’apporto dell’OSA alla soluzione del conflitto fu limitata, più di quanto non si fosse dimostrato l’impegno della CEE a favore della Gran Bretagna.

58 Il Paraguay si mantenne, tuttavia, piuttosto prudente nel sostenere l’Argentina. Ciò era dovuto alla linea

generale della politica estera voluta dal generale Strössner, il cui fine principale era quello di non attirare troppo l’attenzione della comunità internazionale su di un paese che, essenzialmente, era rurale. A. Rouquié, Amérique latine: introduction à l’Extreme Occident, Paris, Seuil, 1987, p. 222.

Riferimenti

Documenti correlati

 All’inizio dell’800 negli Stati Uniti erano già state adottate le 4 politiche economiche previste dal modello standard.  In Messico le 4 politiche vennero adottate

“Mi dispiace per le persone che pensano che il detersivo per i piatti o i vetri o le bottiglie della coca cola siano brutti, perché sono circondate da cose come queste tutto il

(4) The right to marry is a fundamental right inherent in the liberty of the person, and under the Due Process and Equal Protection Clauses of the Fourteenth

le organizzazioni dei datori di lavoro identifichino e aggiornino costantemente le conoscenze, competenze e abilità che si richiedono ai lavoratori per eseguire le proprie

Le cose sembrarono cambiare a partire dalla metà degli anni cinquanta quando Nenni aprì idealmente una fase nuova, lasciando però inalterata, in un primo momento, la

il Ministero della Giustizia non potrà interferire sulle normative relative alla cannabis già approvate a livello statale e territoriale, compresa quindi la legalizzazione

Ma questo primato economico non garantisce benessere all’intera popolazione: oggi una parte cospicua degli statunitensi vive in condizioni d’indigenza e le disuguaglianze sono

Nella pronuncia, già menzionata, Mouvement contre le racisme, l' antisémitisme et la xénophobie ASBL (MRAX) contro Belgio, la Corte, riproponendo quanto sostenuto in merito