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CAPITOLO I FRANCESCO DI MARCO DATINI, MERCANTE DI PRATO

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5 CAPITOLO I

FRANCESCO DI MARCO DATINI, MERCANTE DI PRATO

Per comprendere l’attività di Francesco Datini è necessaria una breve sintesi della vita del nostro mercante, ricostruita grazie alle informazioni forniteci dalla

documentazione mercantile stessa - ed in particolare dal carteggio familiare e privato - prodotta nel corso dell’attività commerciale1

.

Alle indicazioni di carattere strettamente economico e politico, si alternano infatti informazioni di carattere personale, vicende della vita professionale ma anche privata del mercante, che scandiscono i vari momenti della sua esistenza.

Francesco nacque a Prato, attorno al 1335, figlio di Marco di Datino di Toscanello di Accompagnato di Bonfigliolo, iscritto all’ordine dei tavernieri e oste di professione, e di monna Vermiglia. La storia della famiglia Datini fu segnata dalla peste del 1348, che portò via entrambi i genitori e due dei quattro figli: Nofri e Vanna. Rimasti orfani, Francesco e il fratello Stefano vennero affidati alle cure di Piero di Giunta del Rosso, designato dal padre - quando ancora in vita - come esecutore testamentario, e di monna Piera di Pratese Boschetti. All’interno della nuova casa il giovane Francesco fu avviato alla pratica della mercatura, dapprima con viaggi e brevi esperienze lavorative svolte nelle botteghe fiorentine, dove apprese l’arte della mercatura e del far di conto, e successivamente, sulle orme di molti mercanti avventurieri, ad Avignone, la nuova sede della corte papale da inizio Trecento. Nella fiorente città provenzale, dopo un periodo di praticantato durante il quale ricoprì i ruoli di garzone e di fattore, compare associato in diverse compagnie, seppur in posizione subalterna2.

Nel ricco e vitale centro economico, a partire dal 1350 e fino al suo rientro in Italia avvenuto nel 1383, il Datini riuscì ad accumulare ingenti capitali e, cosa più

importante, instaurare relazioni commerciali con banchieri, uomini d’affari e mercanti

1

F. Melis, Aspetti della vita economica medievale (studi nell’Archivio Datini di Prato), Siena, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1962, in particolare le pp. 45-77;

2

Nel 1363 è socio subordinato nella Compagnia di Niccolò di Bernardo, mentre pochi anni dopo compare in qualità di socio nella Compagnia di Tuccio di Lambertuccio, e successivamente in quella di Toro di Berto di Tieri.

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6 del Mediterraneo, legami che renderanno possibile, qualche anno più tardi, lo sviluppo del suo sistema aziendale sul piano internazionale. Nel frattempo Francesco mantenne ben vivi i rapporti con i suoi cari rimasti in Toscana, come dimostra la corrispondenza privata con monna Piera e Piero del Giunta, al quale commissiona, nel 1354, l’acquisto di un casolare sullo chanto dello Porcellaticho, nucleo originale del futuro Palazzo Datini.Nel 1373 fondò la prima azienda che lo vede impegnato “nel mestiere delle merci”3

e, nello stesso anno, prese in sposa la giovanissima Margherita di Domenico di Donato Bandini, d’origine fiorentina e anche lei residente ad Avignone.

Dopo più di un trentennio d’attività avignonese, in seguito allo spostamento della sede papale nella città di Roma (1378), Francesco progetta con la moglie il ritorno in Italia, senza però abbandonare l’azienda fondata nella città provenzale che, seppur perdendo di centralità, rimaneva un importante centro di riferimento nel sistema economico e commerciale europeo4. Già conosciuto in patria per la ricchezza e la buona fama, il Datini decise di fissare la sua residenza a Prato, impiegando cospicui capitali nella costruzione e nella decorazione della residenza urbana5, e di

incrementare il proprio patrimonio grazie all’acquisizioni di terreni e possessi extra-urbani6. Vista la prestigiosa posizione economica raggiunta, il Comune di Prato si prodigò ad offrire al suo autorevole cittadino, dapprima, la carica di consigliere, ed in seguito, il titolo di gonfaloniere di giustizia; titoli che, però, sembrano lasciare

indifferente Francesco, costretto a costanti spostamenti tra Prato e Firenze e troppo

3

Cecchi Aste Elena, Federigo Melis e l’Archivio Datini di Prato, in “Quaderni di Storia Postale”, n. 2, Prato, 1983, cit. p. 84;

4

L’azienda “individuale” viene quindi trasformata in Compagnia, e affidata ai fattori Boninsegna di Matteo e Tieri di Benci, entrambi elevati al rango di soci della Compagnia.

5

I lavori furono commissionati ad Agnolo di Taddeo Gaddi, Bartolomeo di Bertozzo e Niccolò di Piero Gerini, quest’ultimo autore degli affreschi che adornano le sale interne di Palazzo Datini. I disegni all’esterno della residenza sono ancora oggi visibili grazie al restauro della facciata dell’edificio, avvenuto nel corso degli anni 50 del Novecento.

6

I due investimenti più importanti rimangono la Villa fatta costruire presso la località denominata “il Palco” e l’abitazione ed i terreni acquisiti nei pressi di Filettole. Il Melis, analizzando il conto delle posisioni del Datini, riscontra ben “73 unità, delle quali 27 site in Prato e 46 nei dintorni. Esattamente, in Prato, il Datini era proprietario di 25 case […] e due fondaci; nel contado, di 35 pezzi di terra […], 7 boschi, la villa del Palco, una casa da lavoratori, una casa e una torre a Filettole”, in Melis Federigo, Aspetti della vita economica medievale…, cit. pp. 71-72;

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7 impegnato a dar vita al complesso sistema aziendale che avrebbe presto abbracciato l’intero bacino Mediterraneo.

Le aziende, infatti, furono collocate lungo le principali vie commerciali del bacino Mediterraneo, in punti strategici in grado di controllare e monitorare costantemente il traffico di merci e i movimenti economici dell’Europa bassomedievale. La fitta corrispondenza con i propri operatori economici permetteva di ricevere informazioni d’ogni tipo, e di poter quindi prevedere le strategie di mercato da adottare al fine d’ottenere un più ampio profitto. La scrittura e lettura delle missive impiegano per così tanto tempo il mercante che è lui stesso a confessare ad un fidato amico che “in vita mia non ò fatto altro che scrivere”7.

L’attività lavorativa, e quindi la corrispondenza epistolare, non venne interrotta nemmeno quando, per fuggire al morbo della peste, il Datini fu costretto a lasciare la sua residenza per trasferirsi, nel 1390, a Pistoia, e, durante l’epidemia che un decennio più tardi falcidiò la popolazione del Nord Italia, a Bologna (quando la moria era già passata). Proprio quest’ultima ondata di pestilenza inflisse un duro colpo al sistema aziendale creato dal mercante pratese che, in seguito alla perdita dei più fidati e fedeli soci dovette chiudere entrambe le compagnie industriali installate a Prato, quella bancaria di Firenze e le sedi mercantili di Pisa e Genova. Il conseguente

ridimensionamento degli affari negli ultimi anni e le condizioni di salute non ottimali del settantenne Francesco, non intaccarono la sua popolarità e il suo blasone.

Il successo e la fama del Datini sono confermati dalle relazioni amichevoli con i mercanti italiani ed europei più in vista e dalle illustri visite che il mercante riceve nella sua dimora pratese, in grado d’offrire ospitalità all’intera brighata del Signore di Mantova, Francesco Gonzaga, o al seguito che scorta fino a Siena il re francese Luigi II d’Angiò, che in tale occasione, per ringraziare il padrone di casa dell’accoglienza prestata, gli fa dono del giglio di Francia, da aggiungere al suo stemma. Pochi mesi dopo quest’ultima prestigiosa visita, il 16 agosto 1410, ormai malato, Francesco muore

7

Frangioni Luciana, Le fonti aziendali Datini per la storia (seconda metà XIV secolo - inizi XV), in Dove va la storia economica? Metodi e prospettive, secc. XIII-XVIII. Atti della “XXXXII Settimana di Studi”, 18-22 aprile 2010, a cura di Francesco Ammannati, Firenze, Firenze University Press, 2011, cit. p. 374;

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8 nella sua casa a Prato, lasciando la sua azienda priva di una guida8. In mancanza

d’eredi, il ricco mercante donò i suoi beni, valutati intorno ai 100’000 fiorini d’oro, ai poveri della città di Prato, fondando un ente di pubblica assistenza (ancora oggi esistente) , il “Ceppo dei poveri di Francesco di Marco”.

8

Le compagnie ancora in attività, seppur prive di coordinamento, rimasero in vita fino alla risoluzione dei rapporti patrimoniali.

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9

I. 1 IL SISTEMA AZIENDALE

Partito come semplice garzone e, in seguito, fattore, Francesco Datini creò nel giro di pochi decenni un sistema aziendale che si articolava, al momento della sua massima espansione, in due aziende “individuali” (la prima domestico-patrimoniale e

mercantile-bancaria a Prato, la seconda mercantile-bancaria a Firenze) e ben otto aziende “collettive”, delle quali cinque vengono classificate dal Melis come

compagnie mercantili-bancarie (presenti nelle sedi di Avignone, Pisa, Firenze, Genova e Barcellona), due come industriali, entrambe con sede a Prato, ed una come bancaria a Firenze.

Tabella redatta dal Melis, che riassume il sistema aziendale creato dal Datini tra il 1382 e il 14109

Abbiamo visto ripercorrendo la vita del nostro giovane mercante, come l’inizio della sua attività nel centro papale fu caratterizzato dalla partecipazione, nel ruolo di socio subordinato, con la compagnia di Niccolò di Bernardo e, in qualità di socio, con le aziende di Tuccio di Lambertuccio e di Toro di Berto di Tieri. Nel 1373 il Datini fondò la sua prima azienda individuale, che raggiunse un notevole successo economico grazie soprattutto all’intraprendenza del mercante, che decise d’ampliare il

campionario di merci trattate, aggiungendo alle armi e alle poche mercanzie fin lì

9

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10 commerciate dalle aziende di cui aveva fatto parte, una vasta gamma di prodotti - tessili e metallurgici per lo più - da destinare ad un più ampio mercato capace di includere i centri di Genova e Pisa, oltre all’area Lombarda e l’area del Nord Europa. All’interno della nuova azienda, vengono avviati alla mercatura alcuni dei più

importanti e fedeli collaboratori del pratese, quali Stoldo di Lorenzo, Tieri di Benci e Boninsegna di Matteo Boninsegna10. La formazione di questi giovani collaboratori risultava fondamentale ai fini della soluzione che Francesco andava adottando per la gestione del suo sistema d’aziende: una volta creata la Compagnia, questa veniva affidata in gestione ad uno stretto collaboratore o ad un fattore che aveva già operato nell’azienda in posizione subordinata. Elevare al ruolo di socio aziendale un fidato compagno dava la garanzia al Datini che il nuovo dirigente, formatosi nella stessa sede, svolgesse nel migliore dei modi la propria attività (avendone un tornaconto personale e non essendo un semplice “impiegato”) e in più permetteva a Francesco di porsi al capo della gerarchia aziendale e di coordinare tutte le attività tramite la corrispondenza epistolare e la documentazione contabile, dato che programmava di lasciare il centro provenzale per tornare in Italia.

La Compagnia d’Avignone, fondata il 1° dicembre del 1382, rimane quindi il primo nucleo aziendale creato da Francesco, alla quale si aggiunsero nel giro di pochi anni, una volta rientrato a Prato, l’azienda domestico-patrimoniale, creata al fine di gestire i numerosi affari e i propri beni fondiari, e la Compagnia dell’Arte della Lana, avviata col socio Piero di Giunta del Rosso nel 1383. Sempre nello stesso anno vennero

avviati i fondaci “individuali” di Pisa e Firenze, che solo qualche anno più tardi furono trasformati in compagnie. Anche in tal caso, a dirigere le due aziende toscane, il

pratese chiamò figure competenti e fidate: nel 1388 venne istituita la Compagnia di Firenze, che vide la partecipazione nella gestione degli affari per ben sette anni di Stoldo di Lorenzo, suo collaboratore già ad Avignone, mentre a Pisa la Compagnia fu fondata nel 1393 in collaborazione con Manno d’Albizo degli Agli, esperto operatore economico attivo già da tempo nella piazza pisana. Alle tre compagnie mercantili si affiancarono altri due importanti nuclei aziendali: nel 1392 venne installato a Genova

10

Tieri di Benci presterà servizio nelle aziende del Datini per più di quarant’anni, mentre

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11 un fondaco, diretto del fedele Luca del Sera, che un anno dopo verrà trasformato in Compagnia (la quale sarà poi affidata ad Andrea di Bonanno), al fine di acquisire un ulteriore sbocco marittimo e di avere accesso ai mercati del Nord. Sull’onda del successo nacque in Catalogna, inizialmente come estensione dell’azienda genovese e forse per questo affidata allo stesso Luca del Sera, la nuova Compagnia barcellonese, avente filiali a Valenza e Maiorca. Ancora una volta Francesco ricorre per la

conduzione delle due sedi spagnole all’esperienza di gente fidata, quale Cristofano di Bartolo e Simone Bellandi, entrambi già impiegati nelle aziende Datini italiane. Il sistema datiniano risulterà completo con la creazione di ulteriori due aziende: quella dell’Arte della Tinta, sempre in collaborazione con Niccolò di Piero, e la Compagnia del Banco in Firenze (1398), della cui gestione venne incaricato Bartolomeo

Cambioni, esperto in operazioni cambiarie e finanziarie. La perdita di collaboratori fidati quali Niccolò di Piero, Bartolomeo Cambioni, Manno d’Albizo e Andrea di Bonanno, durante la peste del 1399, portò alla chiusura delle aziende cui essi facevano capo, producendo un inevitabile contrazione negli affari internazionali.

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I. 2 L’ARCHIVIO E I SUOI DOCUMENTI

La più grande eredità lasciata dal Datini rimane senza dubbio la documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Prato, che ci offre un quadro vastissimo delle attività economiche, delle pratiche sociali, dei comportamenti e della vita a cavallo tra il XIV e il XV secolo.

Oltre 150'000 lettere, 600 registri contabili, 300 contratti di società, 400 contratti di assicurazioni e poi bilanci, lettere di cambio, estratti conto, ricevute, lettere di vettura, assegni bancari, valute di merci, carichi di navi e ordini di cassa, che arrivati nella casa del mercante venivano scrupolosamente sistemati e conservati. Una documentazione rimasta per secoli nascosta in una «scaletta cieca», giunta a noi inalterata e che, dalla fine del XIX secolo, è nuovamente ritornata in luce.

Dopo la morte del Datini, i registri contabili e il carteggio vennero acquisiti dalla Pia Casa dei Ceppi, come da testamento disposto, che ne conservava le carte e

l’ordinamento in cui queste erano state disposte dal suo proprietario. Per più di un secolo i documenti non furono oggetto d’interesse e bisogna attendere fino al 1560 per assistere al primo vero lavoro d’inventariazione dell’archivio, avvenuto ad opera del pratese Alessandro Guardini che, in un clima rinascimentale, aveva riscoperto e curato il patrimonio datiniano. In seguito ai rifacimenti strutturali che si susseguirono nel Palazzo Datini durante il corso del XVII secolo, l’archivio cadde in oblio, celato in un sottoscala dell’edificio stesso. Ancora imballata ed al riparo da ogni sorta di

manomissione, dopo trecento anni la documentazione riaffiorò nel 1870 tra le mani dell’arcidiacono Martino Benelli. Il ritrovamento spinse l’ecclesiastico ad avviare una nuova sistemazione delle carte, che verrà proseguita da don Livio Livi e poi da

Sebastiano Nicastro, per essere ultimata solo con il successivo lavoro di Giovanni Livi, allora Sovraintendente dell’Archivio di Stato di Bologna, conclusosi nel 1910.

L’inventariazione dell’archivio, l’analisi del carteggio privato e familiare, e le opere edite da importanti studiosi italiani di inizio novecento (delle quali darò conto nel successivo paragrafo riguardante la produzione letteraria in merito all’archivio) avevano messo in luce tutto il potenziale dei registri e del carteggio, che furono riordinati nel primo dopo guerra dal direttore della Biblioteca Roncioniana di Prato, il

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13 canonico Ovidio Ballerini, autore dell’inventario manoscritto ancora oggi in

consultazione. Le difficoltà nell’affrontare una documentazione tanto complessa e lo scarso interesse mostrato verso le fonti economiche lasciarono per un trentennio invariata la sistemazione dell’archivio. Bisognerà attendere gli anni Cinquanta del Novecento perché i documenti del Datini tornino all’attenzione del grande pubblico. Se ciò avvenne fu grazie all’instancabile lavoro di Federigo Melis, alla sua volontà di pubblicare e render noto il contenuto della documentazione e al suo desiderio di realizzare “un appropriato riordinamento dell’archivio che fissasse in maniera definitiva, tecnico-scientifica, le sue risorse in un inventario a stampa”11. In realtà, come sottolineato da Elena Cecchi Aste, il Melis non può essere incluso tra gli archivisti che si cimentarono nella sistemazione e nella compilazione dei mezzi di corredo per l’archivio12

. Nonostante egli abbia segnalato gli errori riscontrati, il suo lavoro non ha, infatti, apportato sostanziali modifiche all’ordine della documentazione, studiata in ogni suo aspetto, ma rimasta immutata nella collocazione13.

L’attività prettamente archivistica di riordino venne portata avanti agli inizi degli anni ’80 da un gruppo di studiosi che, sotto la guida del professor Bruno Dini, si cimentò nell’opera di riordino dell’intera documentazione conservata e nella compilazione di strumenti di corredo, quale l’inventario a stampa, e andando finalmente ad aggiornare quegli antichi strumenti di corredo che per lungo tempo hanno reso difficoltosa la fruizione del materiale da parte degli studiosi.

11 Toccafondi Diana, L’Archivio Datini: Formazione e trasmissione di un archivio mercantile, in

formato pdf su: http://datini.archiviodistato.prato.it/www/pdf/toccafondi.pdf, cit. p. 2;

12

Cecchi Aste Elena, Federigo Melis e l’Archivio Datini di Prato, in “Quaderni di Storia Postale”, n. 2, Prato, 1983, p. 77; ID., Introduzione all’inventario. La conservazione delle carte Datini: dagli antichi ordinatori a Federigo Melis, in formato pdf su:

http://datini.archiviodistato.prato.it/www/pdf/CecchiAste.pdf, p. 1;

13 Come specifica lo stesso Melis in una nota: “Non ho potuto, è ovvio, correggere immediatamente

tutte le imperfezioni lamentate qui e altrove e quelle taciute, che soltanto la lettura completa delle carte ha permesso di rilevare: ma l'ho fatto potenzialmente, fissandole su schede ed affiancandole con i provvedimenti da adottare al momento opportuno. Non ho rinunciato, invece, ad introdurre l'ordine cronologico, a riportare i frammenti ai pezzi principali […], a rettificare le false

interpretazioni dei luoghi di destinazione e provenienza di lettere, a ridare evidenza a registri fondamentali […], a riunire i testi epistolari per mittenti […], a impostare nuovi inserti di carteggio per quelle località non riconosciute o lasciate confuse con più altre”, in Aspetti della vita economica medievale (studi nell’Archivio Datini di Prato),cit. p. 10;

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14 A cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, si segnalano il lavoro svolto e le iniziative promosse dalla dottoressa Diana Toccafondi, al fine di informatizzare il contenuto dell’archivio e renderne una più ampia ed accessibile consultazione al pubblico. In tale contesto si inseriscono due progetti di fondamentale importanza, che spingono verso una sempre maggiore digitalizzazione dell’archivio: l’acquisizione delle immagini in formato digitale di tutti i documenti del fondo Datini 14

, e la creazione di un data base, il Corpus lemmatizzato del carteggio Datini, all’interno del quale vengono inserite le lettere finora trascritte ed edite, dove è possibile consultare gli indici dei nomi e delle località presenti nei quasi 3'000 testi immessi nella banca dati, o effettuare, non senza qualche difficoltà, ricerche sui vocaboli registrati per forme, lemmi ed iperlemmi, al fine d’approfondire un determinato campo d’indagine15

.

La dottoressa Toccafondi ha denunciato per l’archivio una “sindrome da disconoscimento”, sottolineando come “il rapporto tra notorietà e accessibilità, conoscenza e uso, è a tutt’oggi negativo”16

. Tale situazione può essere spiegata in parte dal tipo di fonte con la quale abbiamo a che fare. Il patrimonio di cui disponiamo non è, infatti, di semplice utilizzo, per la consistente mole documentaria a

disposizione, perché questa copre un arco cronologico abbastanza esteso (che può essere racchiuso tra il 1367 e il 1432, con un intensificarsi della produzione documentaria per gli anni tra il 1390 e il 1410), e soprattutto per due ulteriori complicazioni: la collocazione del carteggio specializzato e il difficoltoso

collegamento con quello comune, e l’interpretazione della lingua usata nelle scritture.

14 Facilmente consultabili all’indirizzo http://datini.archiviodistato.prato.it/www/archivio.html dove,

oltre alla esatta ripartizione della documentazione nei rispettivi fondi archivistici e alla divisione tra Libri contabili e Carteggio del fondaco, si danno informazioni sulla tipologia, sulle condizioni materiali, sull’autore e il destinatario, sulla data topica e cronica (con precisazione sul giorno di partenza, di chiusura e d’arrivo) del singolo documento. Il sito web dell’Archivio Datini è entrato a far parte del “Listed on UNESCO Archives Portal”;

15 Per ulteriori informazioni e dettagli tecnici sulla creazione e l’uso del Corpus si veda: Artale

Elena, Mercanti medievali in Internet: le lettere dell’archivio Datini in GattoWeb, in Prospettive nello studio del lessico italiano. Atti del IX Congresso SILFI (Firenze, 14-17 giugno 2006), Firenze, Firenze University Press, 2008, pp. 109-114;

16

Toccafondi Diana, L’Archivio Datini: Formazione e trasmissione di un archivio mercantile, in formato pdf su: http://datini.archiviodistato.prato.it/www/pdf/toccafondi.pdf;

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15 I documenti amministrativi e il carteggio sono, infatti, ordinati seguendo il criterio della formazione originaria e “involontaria” dell’Archivio, costituitasi durante il corso dell’attività commerciale. I documenti contabili redatti dalle Compagnie e il carteggio da loro prodotto, fatti pervenire una volta chiusa la “ragione dei conti” alla residenza del maggiore, ovvero il Datini, vengono quindi divisi in otto sottosezioni d’archivio, rispecchiando, anche nella loro collocazione, la struttura aziendale composta dai rispettivi fondaci d’Avignone, di Prato, di Pisa, di Firenze, di Genova, di Barcellona, di Valencia e di Maiorca17. A differenza del carteggio generale, il carteggio privato, il carteggio specializzato (comprendente le lettere di cambio, gli estratti-conto, i mandati di mercanzia, le lettere di vettura e gli ordini di cassa), i contratti d’assicurazione e le esecuzioni testamentarie creano invece separati fondi d’archivio, all’interno dei quali però determinati documenti - quali i carichi di nave o le valute di mercanzia -, che viaggiavano in allegato ai quaderni commerciali, una volta separati da questi ed in mancanza di precisi riferimenti, perdono la loro giusta collocazione e difficilmente si riesce a ricostruire a quale fondaco appartengano.

Per quanto riguarda le difficoltà legate all’interpretazione dei testi, ci troviamo davanti ad un duplice problema: quello della lingua adottata, il volgare, e quello della forma di scrittura in uso, la mercantesca. Coprendo un ambito territoriale così esteso, il

linguaggio varia dal latino, “lingua cara alle aziende piemontesi, liguri e lombarde”18 , all’italiano volgare nei suoi innumerevoli dialetti, con una ovvia predominanza del volgare toscano, seguito da quello veneziano, milanese, bolognese, genovese e siciliano, fino all’uso della lingua spagnola (catalana, maiorchino e castigliana), e

17

La documentazione contabile è suddivisa in serie tipologiche, mentre la corrispondenza epistolare è ordinata, seguendo l’ordine alfabetico, per luogo di provenienza e, al suo interno, per mittenti. Come ha sottolineato il Melis “attorno ad ogni azienda posta in essere da Francesco Datini, il suo Archivio dovrebbe raccogliere tutte le carte, che, essa vivente, vi si accumularono” e, inoltre, l’ordine della documentazione “sarebbe da spingere oltre l’unità geografica, la sede dei fondaci: per Prato e Firenze, bisognerebbe realizzarla per ciascuna delle aziende (mercantili, industriali e

bancaria) che vi prosperarono”, Melis Federigo, Aspetti della vita economica, cit. pp. 9-10;

18

Cecchi Aste Elena, Introduzione all’inventario. La conservazione delle carte Datini: dagli antichi ordinatori a Federigo Melis, in formato pdf su:

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16 francese (provenzale), per i corrispondenti operanti al di fuori della penisola19.

Frequenti, e non sempre di facile individuazione, sono poi le formule d’abbreviazione, attraverso le quali, solitamente con l’uso della sola prima lettera o di una sigla, si indicano le unità di misura, i tagli monetari e le unità di imballaggio, che variano o hanno caratteri specifici da paese in paese20.

L’uso di copiare i documenti, al fine di aumentare le possibilità d’arrivo della documentazione spedita, contribuisce inoltre a far crescere il numero di “mani” che stilano le missive. Nel carteggio analizzato in questa sede compaiono diverse tipologie di scrittura. In taluni casi la diversa penna può essere riscontrata proprio nelle “copie di lettere”, come nei documenti 37, 40, 43 e 51, dove l’intero testo viene riprodotto su un foglio cartaceo indipendente, che verrà spedito lungo un diverso itinerario rispetto quello della lettera originale, proprio per ottenere una maggior possibilità di successo della spedizione; diversamente, in talune lettere alla mano di Ambrogio Bini si

affianca o si sostituisce del tutto una diversa “penna”, probabilmente da attribuire ad un giovane garzone operante presso la sede di Palermo, al quale è affidato il compito di copiare i documenti di maggior interesse o valore. Nei documenti 8, 19, 20, 48 e 51, ad esempio, le lettere iniziano con la copia di una precedente missiva, scritta appunto dal fattore, e ultimate poi dal Bini in persona, con le ultime informazioni utili e l’indicazione della data di chiusura. Diversamente invece, i docc. 5, 12, 22, e la serie che va dalla lettera 26 alla 32, sono stilati integralmente da una mano che non

19

Se nella maggior parte dei casi è il volgare toscano ad essere reso obbligatorio per i dipendenti non toscani, non di rado troviamo alcuni vocaboli che entrano a far parte, nell’uso comune, del lessico degli stessi operatori toscani. Per più approfondite annotazioni sulla questione linguistica si veda: Curti Luca, Antichi testi siciliani in volgare, in “Studi mediolatini e volgari”, n. 20, 1972, pp. 49-83;

20

Nelle trascrizioni, le parentesi tonde sono usate per lo scioglimento delle abbreviazioni. Così la q con l’asta tagliata, indicante il dittongo qu, viene indicata con q(u), mentre la p con l’asta tagliata può esser sciolta con il significato di per o pro. La sola lettera r posta in genere nelle prime righe della missiva, viene a significare rispondere o rispondiamo, mentre quando è utilizzata nelle lettere dove si indicano le fatture dei panni è da intendere come rimessi. Per quanto riguarda le monete, le formule abbreviate vengono così sciolte: fl=fl(orini), t=t(arì), g=g(rani), s tagliata=s(oldi),

d=d(enari). Le unità di misura presenti nelle lettere analizzate, invece, vengono trascritte e sciolte in tal modo: lb=l(i)b(ra), sl= s(a)l(ma), ca=ca(ntaro), cn=c(a)n(ne), pe=pe(zza), on=on(ce);

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17 appartiene di sicuro al Bini, perché impegnato in viaggi d’affari21 o comunque non presente in sede. In tali occasioni il giovane scrittore riceve informazioni dal suo superiore, sempre tramite lettera, per far giungere poi le notizie all’azienda pisana del Datini, come ci chiarisce la lettera 27, dove scrive:

“Noi abiamo ricieuto p(er) Verto Biaio più lett(ere) e nesuna vostra [del Datini], ma p(er) lett(era)/ d’Anbruogio ci dice che de’ pani sanesi ci mandò, sono la mettà 4 pani/ vostri e chosì abiamo a choncio, atenderemo a lo spacio e subito ve ne/ aviseremo voi q(u)anto sarà di bisongnio.”22

Superati tali problemi, prendendo in mano la documentazione del Datini lo studioso si trova davanti ad una mole d’informazioni che spazia dall’ambito contabile e fiscale a quello bancario, dell’industria e del commercio, e che ci offre la possibilità di indagare sui sistemi assicurativi, sulle modalità, sui costi e i tempi di trasporto delle merci (e della stessa documentazione), sulla qualità, la quantità e i circuiti commerciali dei prodotti richiesti. Con le loro indicazioni e i loro preziosi suggerimenti, gli

operatori economici danno notizia dei sistemi di pagamento e dei cambi monetari, dei porti e dei caricatori, degli avvenimenti (politici, religiosi, sociali e sanitari) in grado di

21

DOC. 22: “P(er) Anbruogio vi scrivemo q(u)anto fane di bisongnio e da lui sarete istato/ avisato a chompimento d’ongni chosa e da poi non abiamo altro di nuovo/ da voi, siché p(er) q(u)esta ci è pocho a dire.”; DOC 23: “Vegiamo chome dite n’avete iscrito pocho p(er) l’atesa d’Anbruogio/ e chome no volete fare niente p(er) q(u)a p(er) isino a tanto che chon Anbruogio/ non arete parlato. Da poi vi fia istato e da lui sarete a pieno avisato,/ siché istarà bene.” DOC. 24: “Vegiamo chome ne dite voi n’avete iscrito pocho p(er)chè di giorno i(n)/ giorno voi aspetavate Anbruogio e chome dite no volete fare niente/ p(er) q(u)a i(n)fino a tanto chon Anbruogio non avete parlato, da poi vi sarà giu=/ nto e da lui sarete istati bene avisati de le chondzioni di q(u)a.” DOC. 29: “Vegiamo chome Anbruogio era ito a Saona che Dio l’abia…/ mandatto salvo, ora sarà chostà tornato p(er) q(u)ane venire,/ che Dio lo mandi a salvamento.” DOC. 32: “Siamo avisati chome Anbruogio nostro era ito a Prato e poi p(er)/ lo primo se ne dove(v)a venire, che Dio lo mandi salvo./”

22

DOC. 27. Il Melis sottolinea come “questo particolare è di forte significato in tema di diffusione della cultura e di miglioramento del personale dipendente: era incombenza dei più giovani

impiegati, appunto, la copiatura dei testi predisposti dal dirigente, talchè i doviziosi dati in essi raccolti non costituivano un monopolio dei dirigenti medesimi, ma venivano acquisiti da tutti gli uomini dell’azienda”, Melis Federigo, Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XIV, con una nota di paleografia commerciale di Elena Cecchi, Firenze, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1972, cit. p. 15;

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18 influenzare il mercato e quindi la richiesta di determinati prodotti. Ed è proprio per conoscere i mercati europei che il Datini periodicamente, “alla chiusura di un esercizio”23

- in genere ogni due anni -, richiama nella propria sede la documentazione prodotta presso le proprie filiali, per effettuare una scrupolosa analisi delle carte

prodotte e, quindi, delle transazioni avvenute, decidendo le future strategie di mercato in base alle previsioni da lui elaborate24.

Sebbene fornisca notizie economiche meno dettagliate rispetto ai quaderni contabili, la lettera mercantile ci informa degli aspetti più disparati della vita dei mercanti del tempo, mostrando, oltre alle capacità lavorative, anche le qualità individuali e le doti morali degli operatori economici, che si relazionano col proprio superiore spesso in forma confidenziale, esprimendo pareri personali e sensazioni sull’esperienza vissuta lontano dalla propria terra.

23

Toccafondi Diana, L’Archivio Datini: Formazione e trasmissione di un archivio mercantile, cit. p. 3;

24

cfr. Frangioni Luciana, Le fonti aziendali Datini per la storia (seconda metà XIV secolo - inizi XV), in Dove va la storia economica? Metodi e prospettive, secc. XIII-XVIII. Atti della “XXXXII Settimana di Studi”, 18-22 aprile 2010, a cura di Francesco Ammannati, Firenze, Firenze

(15)

19

I. 3 STUDI SULLA DOCUMENTAZIONE DELL’ARCHIVIO DATINI

Ripercorrendo la storia dell’archivio abbiamo visto come le prime opere scientifiche sulla documentazione dell’Archivio Datini furono edite solo dopo la riscoperta di quest’ultimo, avvenuta nell’ultimo trentennio dell’Ottocento. Il primo a cimentarsi in uno studio sul personaggio di Francesco Datini fu Cesare Guasti, che pubblicò già nel 1880 l’opera, Ser Lapo Mazzei. Lettere di un notaro a un mercante del secolo XIV con altre lettere e documenti25, dopo una prima analisi effettuata sulla corrispondenza privata26. Per vedere pubblicazioni successive riguardanti l’Archivio Datini, dobbiamo attendere il primo decennio del Novecento quando furono edite le opere del professor Giovanni Livi e, successivamente, di Sebastiano Nicastro 27.

Negli anni Venti, furono due gli studiosi che più si interessarono al carteggio datininano: Enrico Bensa, giurista genovese ed esperto di diritto commerciale marittimo, che dedicò gli ultimi anni della sua vita allo studio della documentazione d’archivio pubblicando anche alcuni testi28

, tra cui il più importante rimane Francesco di Marco da Prato. Notizie e documenti sulla mercatura italiana del secolo XIV; e Renato Piattoli, paleografo e diplomatista presso l’Università di Firenze, che diede alle stampe numerosi saggi e volumi sul mondo della mercatura e dei mercanti,

25

Guasti Cesare, Ser Lapo Mazzei. Lettere di un notaro a un mercante del secolo XIV con altre lettere e documenti, Firenze, Le Monnier, 1880;

26

Ne dà notizia Giampiero Nigro in L’Istituto Datini e la storia economica (secc. XIII-XVIII), in Dove va la storia economica? Metodi e prospettive, secc. XIII-XVIII. Atti della “XXXXII Settimana di Studi”, 18-22 aprile 2010, a cura di Francesco Ammannati, Firenze, Firenze University Press, 2011, p. 4;

27

Livi Giovanni, L'archivio di un mercante toscano del secolo XIV. (Francesco di Marco Datini), in “Archivio storico italiano”, vol. LXI, 1903, pp. 425-431; sempre del Livi è la monografia dal titolo Dall'Archivio di Francesco Datini mercante pratese, celebrandosi in Prato addì XVI d'agosto MDCCCX auspice la Pia Casa de' Ceppi il V Centenario della morte di Lui, Firenze, Lumachi, 1910; Nicastro Sebastiano, L'Archivio di Francesco Datini in Prato. Inventario, in “Gli archivi della storia d'Italia”, s. II, vol. IV, a cura di G. Mazzantini, G. Degli Azzi, Rocca San Casciano, Tip. Cappelli, 1915, pp. XXIV-76;

28

Bensa Enrico, Di alcune importanti notizie attinenti alla storia del diritto commerciale che emergono dai documenti dell'Archivio Datini, Genova, 1923; ID, Il testamento di Marco Datini, in "Archivio storico pratese", V, 1925, pp. 74-78; ID, Margherita Datini, in "Archivio storico

pratese", VI, 1926, pp. 1-14; e il già citato Francesco di Marco da Prato. Notizie e documenti sulla mercatura italiana del secolo XIV, Milano, F.lli Treves, 1928;

(16)

20 occupandosi anche delle vicende legate al mercante di Prato, come nell’opera

L'origine dei fondaci datiniani di Pisa e Genova in rapporto agli avvenimenti politici29.

Un profondo interesse verso le carte del Datini fu nutrito dal senese Armando Sapori, archivista e poi docente di storia economica a Firenze, che tra il 1937 e il 1938 diede vita ad un Centro di Studi Datiniani, ente nato con lo scopo di superare gli studi “a campione” che erano sino ad allora stati condotti, per procedere “alla pubblicazione integrale dei carteggi e dei documenti, nonché dei più significativi libri di

commercio”30. Lo scoppio del secondo conflitto bellico causò l’interruzione dell’ambizioso progetto di trascrivere l’immensa mole di documenti, che, nel

frattempo, fu spostata dall’Archivio di Firenze a Prato, considerato il più alto rischio di bombardamenti nell’attuale capoluogo di regione. L’iniziativa intrapresa da Armando Sapori, seppur interrotta e mai più ripresa nel dopoguerra, permise comunque allo studioso di pubblicare una serie di opere inerenti all’archivio e al suo mercante31

. Svincolata dalla precedente iniziativa, l’opera di Federigo Melis merita senza ombra di dubbio una maggior attenzione rispetto quanto fatto con gli altri studiosi che si sono cimentati nello studio della documentazione datiniana. Per cogliere l’importanza

29

Della vasta produzione, basta in questa sede ricordare i testi di Renato Piattoli: Il codicillo del testamento di Marco Datini, in “Archivio storico pratese”, VII, 1927, pp. 20-22; ID, La novella del Convegno di Savona del 1407 dalla lettera di un mercante, in “Giornale storico e letterario della Liguria”, n.s., vol. V, 1929, IV, pp. 224-226; ID, L'origine dei fondaci datiniani di Pisa e Genova in rapporto agli avvenimenti politici, Prato, Ind. grafica pratese G. Bechi & C., 1930; ID, Un mercante del Trecento e gli artisti del suo tempo, Firenze, Olschki, 1930; ID, Un intraprendente mercante toscano a Calvi nel 1397, in “Archivio storico di Corsica”, IX, 1933, pp. 277-279; ID, Due lettere inedite di Francesco Datini da Prato a Giovanni Dominici, in “Memorie domenicane”, 1934, pp. 95-103; ID, La sosta di un mercante a Piombino alla fine del Trecento, in “Bollettino storico livornese”, vol. I, Livorno, Arti grafiche S. Belforte & C., 1937.

30

Del Treppo Mario, Federigo Melis, storico, in Studi in memoria di Federigo Melis, vol. I, Napoli, Giannini ed., 1978, cit. p. 16;

31

Sapori Armando, Ser Lapo Mazzei, in “Archivio storico pratese”, XXVI, 1950, pp. 3-16; ID, Economia e morale alla fine del Trecento: Francesco di Marco Datini e ser Lapo Mazzei, in ID., Studi di storia economica, secoli XIII-XIV-XV, vol. I, Firenze, Sansoni, 1955, pp. 155-179; ID, Per l'edizione dei documenti datiniani, in ID., Studi di storia economica, vol. III, Firenze, Sansoni, 1967, pp. 481-485; ID, Cambiamento di mentalità del grande operatore economico tra la seconda metà del Trecento e i primi del Quattrocento, in ID., Studi di storia economica, vol. III, Firenze, Sansoni, 1967, pp. 457-485;

(17)

21 dell’operato del Melis basta sfogliare i volumi Aspetti della vita economica medievale (studi nell’Archivio Datini di Prato) e Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XIV, entrambi pubblicati dalla Casa Editrice Leo S. Olschki, per trovare al loro interno un’infinità di informazioni, frutto di faticosi anni di studio sulle carte

mercantili. La ricerca melissiana traeva spunto dal più vasto progetto di ricostruire un’ampia storia economica della Toscana lungo i secoli XI-XVII, attraverso lo studio dei numerosi documenti d’archivio conservati in ambito regionale. Folgorato

dall’archivio Datini, lo studioso si cimentò in un lavoro che lo vide impegnato giorno e notte32, voglioso com’era di ricostruire l’organizzazione che Francesco aveva dato alla propria azienda, che ora, attraverso la trascrizione del carteggio e l’analisi delle

operazioni commerciali e finanziarie, risultava chiara e confermava la tesi dello studioso sulla ripresa dell’economia toscana dopo la peste del XIV secolo. Per svelare al grande pubblico i suoi recenti studi, Melis decise d’organizzare una grande mostra che illustrasse la figura e l’attività del Datini. Dopo aver superato i problemi

organizzativi (legati a finanziamenti e conflitti di giurisdizione) e l’inimicizia nata, e per nulla velata, col Sapori, la “Mostra Internazionale dell’Archivio Datini” veniva inaugurata il 7 maggio del 1955, la cui straordinaria importanza fu sottolineata dalla presenza di ben due Presidenti della Repubblica : il capo dello Stato uscente, Luigi Einaudi, e quello entrante, Giovanni Gronchi. La mancata partecipazione dei più importanti studiosi di storia economica non intaccò il successo dell’iniziativa, giudicata di “altissimo valore scientifico e didattico”33, e che mise in luce tutto il potenziale della documentazione conservata presso l’archivio. Le pubblicazioni che ne seguirono misero in mostra l’organizzazione aziendale, i metodi di pagamento e il

32

Così scrive la moglie del Melis sui “provanti” anni vissuti dallo studioso nel seminterrato del palazzo vescovile: “Non potevamo contrarre altri debiti, essendone già oberati, per la vita disperatamente zingaresca che conducevamo da anni, e soprattutto per lo “sfruttamento” della “miniera” Datini, nel cui archivio mio marito si era sepolto dal 1953. Nei locali umidissimi e malsani nel seminterrato del Palazzo Vescovile, dove i documenti furono trasferiti a seguito dei lavori di restauro della sede originaria, il palazzo Datini, si dovette ricorrere a stufe elettriche, che vennero rivolte più a protezione delle “carte” che delle persone; e comunque sempre insufficienti a riscaldare quegli ambienti […]. Mio marito vi trascorreva tutta la giornata, salvo il breve intervallo del pranzo […] fino a tarda ora.” in Del Treppo Mario, Federigo Melis, storico, cit. pp. 19-20;

33

(18)

22 sistema bancario, il funzionamento del servizio postale, il sistema di trasporti e

comunicazioni34.

I numerosi temi affrontati spinsero parecchi studiosi a cimentarsi nello studio delle carte datiniane e a pubblicare il risultato delle loro ricerche. Tra i lavori di maggior interesse vanno citate le opere di Cesare Ciano35 e di Marcello Berti36, mentre una nota a parte, non del tutto positiva, merita il volume di Iris Origo, pubblicato nel 1957. Il volume della studiosa inglese, che riscontrava un largo consenso tra gli esperti e un più vasto pubblico di lettori, forniva secondo il Melis un’immagine negativa dell’uomo Datini, elaborata attraverso un errato uso della documentazione. Non si fece attendere, infatti, la pronta risposta dello studioso italiano, che criticò aspramente nel saggio A proposito di un nuovo volume sul «mercante di Prato» l’uso delle fonti e

l’interpretazione che ne veniva data, sottolineando gli errori commessi dalla Origo e dimostrando la netta differenza tra il suo attento metodo di ricerca e il lavoro

34

Riporto qui solo alcune delle numerose pubblicazioni di Melis Federigo: Nell'Archivio Datini di Prato. La documentazione più remota del giornale in partita doppia (1403), in “Archivio storico pratese”, XXIX, 1953, pp. 3-24; ID, L'Archivio di un mercante e banchiere trecentesco: Francesco di Marco Datini da Prato, in “Moneta e credito”, 25, VII, 1954, pp. 60-69; ID, Influenza datiniane nel sistema economico europeo. Secoli XIV-XV, in “Notizie nostre”, vol. II, 1954, 9, pp. 2-11; ID, Note di storia della banca pisana nel trecento, Pisa, Pubblicazioni della Società Storica Pisana, 1955; ID, Archivio di Francesco di Marco Datini, in “Archivio storico italiano”, CXIV, 1956, pp. 588-89; ID, Piccola guida della Mostra Internazionale dell'Archivio Datini Prato, in III congresso internazionale degli Archivi, Firenze, Siena, Tip. “La Galluzza” di U. Periccioli, 1956; ID, A proposito di un nuovo volume sul «mercante di Prato», in “Economia e Storia”, vol. VI, 1959, pp. 737-763; ID, Francesco Datini come operatore economico, in “Economia e storia”, IX, 1962, pp. 195-198; ID, Il problema Datini. Una necessaria messa a punto, in “Nuova Rivista Storica”, vol. L, 1966, pp. 682-709; ID, Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XIV, con una nota di paleografia commerciale di Elena Cecchi, Firenze, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1972; ID, I trasporti e le comunicazioni nel Medioevo, con introduzione di Michel Mollat, a cura di Luciana Frangioni, Firenze, Le Monnier, 1985;

35

Ciano Cesare, Banchieri e mercanti a Pisa nella seconda metà del Trecento, in “Bollettino Storico Pisano”, XXXI-XXXII, 1962-63, pp. 277-284; ID, La "pratica di mercatura" datiniana (sec. XIV), Milano, Giuffrè, 1964; ID, La banca nella pratica e nell’etica medievale, in “Cultura e scuola”, 15, 1965, pp. 74-81; ID, A bordo della nave di Giovanni Carrocci nel viaggio da Porto Pisano a Palermo (1388-1389), in “Economia e storia”, XIII, 1966, 2, pp. 141-183;

36

Berti Marcello, La Compagnia Datini e la piazza di Pisa nella seconda metà del Trecento (a proposito di un libro recente), in “Bollettino storico pisano”, vol. XXXI-XXXII, S.E.I.T., Livorno, 1962-1963, pp. 255-276;

(19)

23 “superficiale” dell’inglese37

. Come ha sottolineato Giampiero Nigro, “il volume della Origo non è un testo di storia economica, non solo perché sfiora in modo superficiale gli aspetti più squisitamente legati alla azione manageriale del mercante, ma perché non coglie […] l’univocità dell’azione dell’individuo in quanto uomo e in quanto attore economico.”38

In tale intento riuscì, invece, il Melis che nel volume Aspetti della vita economica medievale (studi nell’Archivio Datini di Prato), grazie all’adozione di un metodo statistico e quantitativo, delineò a 360 gradi la figura del Datini nel corso della sua vita familiare ed economica.

Sull’onda del trionfo della mostra Internazionale e degli studi condotti sulla documentazione contabile, il Melis promosse la fondazione a Prato, nel 1967, di un Centro Internazionale di Storia Economica Medievale, che diventerà nel 1969,

l’Istituto Internazionale di Storia Economica F. Datini, nato per approfondire gli studi riguardanti tale ambito, con uno specifico interesse per l’età preindustriale. L’adesione di personalità di spicco tra gli studiosi di storia economica internazionale, primo fra tutti Fernand Braudel - presidente del primo comitato scientifico, composto da 31 membri -, e l’attività didattica svolta dallo stesso Melis, al fine di istruire una nuova classe di studiosi capaci di trascrivere, interpretare e analizzare la fonte mercantesca, hanno consentito all’Istituto di porsi come uno dei più importanti centri nell’ambito della ricerca storica. Venuta meno la presenza del Melis39, e registrato l’abbandono di Braudel dal ruolo di presidente del comitato, negli anni ’80, l’Istituto dovette

fronteggiare un ridimensionamento degli investimenti e un calo nella presenza degli

37

Così si esprime il Melis a riguardo: “…carteggi e libri risultano consultati parzialmente…”, “quanto alla contabilità, l’elenco dei libri segnalato dalla stessa autrice non è esauriente e,

principalmente si nota l’omissione dei libri di Prato…”, ed ancora: “La data d’apertura del fondaco di Genova è indicata dalla Origo al 1388 (pag. 61), mentre deve intendersi al 1392; nessun

documento (registri, carteggio) presenta il 1388 o può generare dubbi in proposito”, in A proposito di un nuovo volume sul «mercante di Prato», cit. p. 738 e p. 746;

38

Nigro Giampiero, L’Istituto Datini e la storia economica (secc. XIII-XVIII), in Dove va la storia economica? Metodi e prospettive, secc. XIII-XVIII. Atti della “XXXXII Settimana di Studi”, 18-22 aprile 2010, a cura di Francesco Ammannati, Firenze, Firenze University Press, 2011, cit. p. 7;

39

Federigo Melis scomparve nel 1973 in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, già da lungo tempo cagionevole. Dopo sei anni di corsi di specializzazione nell’Istituto, gli insegnamenti vennero sospesi, per riprendere a cinque anni di distanza dall’interruzione, dovuta alla morte del Maestro, sotto la guida del Professor Pampaloni;

(20)

24 studiosi alle settimane di studio40. I numerosi temi indagati dal Melis vengono ripresi ed approfonditi dai suoi numerosi allievi nell’ultimo ventennio del secolo, durante il quale l’interesse e la volontà di investigare i più importanti fondaci legati all’azienda Datini hanno portato alla pubblicazione di ampie parti, o integrale in pochi casi, del carteggio41. Tra i numerosi ricercatori che hanno analizzato la documentazione

dell’archivio, due studiosi in particolare meritano una citazione: Luciana Frangioni e Giampiero Nigro, oggi direttore della Fondazione. La vastissima attività di ricerca svolta dalla Frangioni mette in luce il mondo commerciale lombardo, quello della piazza d’Avignone e il sistema di produzione metallurgico42

. L’attenzione del Nigro,

40

L’Istituto, che dal 2007 si è costituito come Fondazione alla quale aderiscono circa 10.000 soci, organizza Settimane di Studi e Corsi di Specializzazione per giovani laureati interessati ad

approfondire gli studi storico-economici;

41

Carteggio pubblicato: Le lettere di Margherita Datini a Francesco di Marco (1384-1410), a c. di V. Rosati, Prato, Cassa di Risparmi e Depositi di Prato, 1977; Le lettere di Francesco Datini alla moglie Margherita (1385-1410), a c. di Elena Cecchi, Prato, Società Pratese di Storia Patria, 1990; Luciana Frangioni, Milano fine Trecento. Il carteggio milanese dell'Archivio Datini di Prato, I, Testo e bibliografia, II, Documenti, Firenze, Opus Libri, 1994; Il carteggio di Gaeta nell'Archivio del mercante pratese Francesco di Marco Datini. 1387-1405, a c. di Elena Cecchi Aste, Gaeta, Edizioni del Comune di Gaeta, 1997;

42

Frangioni Luciana, Sui modi di produzione e sul commercio dei fustagni milanesi alla fine del Trecento. Problemi economici e giuridici, in “Nuova Rivista Storica”, vol. XLI, 1977, V-VI, pp. 493-554; ID, Una cotta di maglia milanese a Firenze sulla fine del Trecento, in Studi in memoria di Federigo Melis, vol. II, Firenze, Giannini Ed., 1978, pp. 479-495; ID, Note per l’edizione di un carteggio mercantile milanese della fine del Trecento, in Studi dedicati a Carmelo Trasselli, a cura di Giovanna Motta, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1983, pp. 379-387; ID, Organizzazione e costi del servizio postale alla fine del Trecento. Un contributo dell’Archivio Datini di Prato, in

“Quaderni di storia postale”, n. 3, Prato, 1983; ID, L’azienda trasporti di Francesco Datini (con trascrizione del relativo quaderno del 1402), in “Studi di Storia Medioevale e di Diplomatica”, 7, 1983, pp. 55-117; ID, I costi del servizio postale alla fine del Trecento, in Aspetti dell'economia siciliana alla fine del XIV secolo. Da una lettera di Manno d'Albizo a Francesco Datini, in “Studi in memoria di Federigo Melis”, vol. II, Napoli, Giannini ed., 1978, pp. 464-474; ID, I risultati di esercizio della bottega Datini di Avignone (1385-1402), in Studi in memoria di Mario Abrate, Torino, Università degli Studi - Istituto di Storia economica, 1986, pp. 447-452; ID, Milano e i paesi catalani nel carteggio Datini di fine Trecento, in “Archivio Storico Lombardo”, vol. CXVIII, 1992, pp. 37-128; ID, Mercanti viaggiatori nel Basso Medioevo. Un nuovo contributo dell’Archivio Datini di Prato, Campobasso, Arti Grafiche La Regione, Università degli Studi del Molise, 1992; ID, Milano fine Trecento. Il carteggio milanese dell'Archivio Datini di Prato, vol. I: Testo e bibliografia, vol. II: Documenti, Firenze, Opus Libri, 1994; ID, Produzione e commercio degli speroni nella metà del Trecento: il contributo dell'Archivio Datini di Prato, Università degli studi del Molise, Campobasso 1995; ID, Il commercio dei prodotti metallurgici nella seconda metà del

(21)

25 invece, è rivolta all’analisi dei rapporti commerciali con le aziende iberiche e, a

distanza di trent’anni, l’attività di ricerca continua, arricchita da nuove pubblicazioni, ultima delle quali Francesco di Marco Datini. L'uomo il mercante, all’interno del quale trovano spazio i saggi della già citata Frangioni, di Michele Cassandro43, di Marcello Berti44, di Maria Giagnacovo45 e di Simonetta Cavaciocchi46, che illustrano “l’universo Datini”, con approfondimenti dedicati al “personaggio” Datini, alla sua dimora, alle otto compagnie create e ai loro mercati di sbocco.

Per quanto riguarda la documentazione inerente alla Sicilia, mancano ancora oggi degli studi che coprano con interezza il carteggio da e per l’isola, e, soprattutto, una trascrizione integrale della corrispondenza, compito arduo ma necessario se si vuol indagare approfonditamente sull’attività del Datini nell’isola e, di conseguenza, sull’economia siciliana. Gli studi più approfonditi svolti finora sono di Domenico Ventura, che svolge un’analisi approfondita del commercio laniero, del rapporto tra

Trecento, in Dalla corporazione al mutuo soccorso. Organizzazione e tutela del lavoro tra XVI e XX secolo. Atti del convegno (Imperia, 15-17 maggio 2003), Milano, Franco Angeli Editore, 2004, pp. 343-346; ID, Le fonti contabili per lo studio delle attività produttive non agricole (secc. XIV-XV), in La contabilità nel bacino del Mediterraneo, secc. XIV-XIX, a cura di Paola Pierucci, Milano, Franco Angeli Editore, 2009, pp. 84-94; ID, Il carteggio commerciale della fine del XIV secolo: layout e contenuto economico, in “Reti Medievali Rivista”, vol. X, 2009, pp. 123-161, distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”; ID, Le fonti aziendali Datini per la storia (seconda metà XIV secolo - inizi XV), in Dove va la storia economica? Metodi e prospettive, secc. XIII-XVIII. Atti della “XXXXII Settimana di Studi”, 18-22 aprile 2010, a cura di Francesco Ammannati, Firenze, Firenze University Press, 2011, pp. 373-388;

43

Cassandro Michele, Aspetti della vita dell’uomo e del personaggio, in Francesco di Marco Datini. L'uomo il mercante, pp. 3-56;

44

Berti M., La compagnia di Pisa nel difficile contesto politico, in Francesco di Marco Datini. L'uomo il mercante, pp. 287-328;

45

Oltre al saggio La tavola di Francesco e della sua famiglia allargata, contenuto nel volume del Nigro, vanno ricordati della stessa autrice: Una fonte aziendale per la storia delle “alimentazioni” del basso Medioevo, Campobasso, Arti Grafiche La Regione, Università degli Studi del Molise, 1992; ID, Economia e peste a Genova alla fine del Trecento attraverso il carteggio Datini, in “Storia economica”, III, 2000, pp. 97-131; ID, Mercanti a tavola. Prezzi e consumi alimentari dell'azienda Datini di Pisa (1383-1390), Firenze, Opus Libri, 2002; ID, Genova, Provenza e Catalogna alla fine del Trecento. Materie prime e sostanze coloranti nell'attività di un'azienda toscana, Campobasso, Università del Molise, 2002;

46

Autrice dell’intero capitolo “Una casa grande e bella”, suddiviso nei quattro diversi saggi: Il mercante e il murare, Costruire come fatto economico, Il gusto dell’abitare, Francesco Datini e i pittori, pp. 135-234;

(22)

26 economia, guerra, epidemie e schiavitù47, mentre Giovanna Motta, pur interessandosi alla figura del mercante, in un solo saggio fa un uso diretto della documentazione dell’archivio Datini48

. I due saggi che Francesco Giunta dedica alla documentazione datiniana e la Sicilia, dato il ristretto numero di pagine, offrono solo un piccolo contributo alla storia economica isolana49. Per le considerazioni sulle condizioni economiche e sociali della Sicilia bassomedievale e del ceto mercantile presente nell’isola rimangono sempre valide le datate opere di Carmelo Trasselli50

, che

47

Ventura Domenico, Aspetti economico-sociali della schiavitù nella Sicilia medievale, in “Annali della Facoltà di economia e commercio dell’Università di Catania”, vol. XXIV, 1978, pp. 77-130; ID, Pirateria, guerra ed economia in Sicilia tra medioevo ed età moderna, in “Annali del

Mezzogiorno”, vol. XIX, 1979, pp. 11-102; ID, Sul commercio siciliano di transito nel quadro delle relazioni commerciali di Venezia con le Fiandre (secoli XIV-XV), in “Nuova Rivista Storica”, vol. LXX, 1986, pp. 15-32; ID, Dall'Archivio Datini: spedizioni d'armi nella Sicilia del Vicariato (1387-1390), in “Archivio Storico Pratese”, vol. LXV, 1989, pp. 85-107; ID, Cronaca di un riscatto. Dalle lettere di Giovanni Carocci, mercante pisano "schiavo" in Tunisi (1384-1387), in “Ricerche storiche”, vol. XXII, 1992, pp. 3-20; ID, Epidemie e attività commerciale. La Sicilia di fine Trecento nei documenti dell'Archivio Datini, in “Società e storia”, vol. XVII, 1994, pp. 723-740; ID, L’azienda Datini e il mercato di pannilana in Sicilia, in “Annali della Facoltà di Economia dell’Università di Catania”, vol. XLII, 1996, pp. 263-310;

48

Motta Giovanna, Aspetti dell'economia siciliana alla fine del XIV secolo. Da una lettera di Manno d'Albizo a Francesco Datini, in Studi in memoria di Federigo Melis, vol. II, Napoli, Giannini ed., 1978, pp. 507-527; Sulla figura del mercante, sempre della stessa autrice, si veda il recente saggio: L’ascesa dei singoli e il cambiamento della società. I mercanti e il processo di transizione nelle economie dell’età moderna, in Rapporti diplomatici e scambi commerciali nel Mediterraneo moderno. Atti del convegno internazionale di studi, Fisciano 23-24 ottobre 2002, a cura di Mirella Mafrici, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 21-39;

49

Giunta Francesco, Economia e storia della Sicilia trecentesca nei documenti dell'Archivio Datini, in Studi dedicati a Carmelo Trasselli, a cura di Giovanna Motta, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1983, pp. 399-407; ID, Società, economia e politica nel Quattrocento sardo, siciliano e napoletano, in “Annuario dell’Istituto Storico Italiano per l’età moderna e contemporanea”, vol. XXIX-XXX, 1977-78, pp. 285-307;

50

Autore di innumerevoli scritti, ricordo qui i saggi: Sull’economia siciliana nei secoli XIV e XV, in “Annali della facoltà di economia e commercio dell’Università di Palermo”, anno II, n. 2, Palermo, Editrice Lilia, 1948, pp. 70-77; ID, La canna da zucchero nell’agro palermitano nel secolo XV, in “Annali della Facoltà di economia e commercio dell’Università di Palermo”, vol. VII, fasc.1, 1953, pp. 115-124; ID, Il mercato dei panni a Palermo nella prima metà del XV secolo, in “Economia e Storia”, vol. IV, 1957, pp. 140-166; ID, Nuovi documenti sui Peruzzi, Bardi e Acciaiuoli in Sicilia, in “Economia e Storia”, vol. III, 1956, pp. 179-195; ID, Prezzi dei panni a Palermo nel XIV secolo, in “Economia e Storia”, vol. III, 1956, pp. 88-90; e i più recenti volumi: Mediterraneo e Sicilia all’inizio dell’epoca moderna (Ricerche quattrocentesche), Cosenza,

(23)

27 spaziano dagli argomenti prettamente finanziari al mondo della produzione agricola, aggiornate dai più recenti scritti di Stephan Epstein51, Giuseppe Petralia52 e Pietro Corrao53. Mancano quindi ricerche storiche legate alla documentazione Datini e alle tante tematiche che questa può offrire, data soprattutto l’assenza per il territorio isolano di simili archivi mercantili54.

Pellegrini Editore, 1977; ID, Storia dello zucchero siciliano, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia editore, 1982;

51

Epstein Stephan R., Istituzioni politiche, economia regionale, commercio internazionale: il caso della Sicilia tardo medievale, in Istituzioni politiche e giuridiche e strutture del potere politico ed economico nelle città dell’Europa mediterranea medievale e moderna. La Sicilia, a cura di Andrea Romano, Messina, Accademia peloritana dei Pericolanti, 1992, pp. 43-64; ID, Potere e mercati in Sicilia. Secoli XIII-XVI, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1996; Governo centrale e comunità locali nella Sicilia tardo-medievale: le fonti capitolari (1282-1499), in La Corona di Aragona in Italia (secc. XIII-XVIII), XIV Congresso di Storia della Corona di Aragona, vol. III, Sassari, Carlo Delfino Editore, 1996, pp. 383-416;

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Mancano per la Sicilia Tre-Quattrocentesca archivi di mercanti. Per sopperire a tale assenza si fa un ampio ricorso alle fonti notarili, indispensabili per la ricostruzione dei beni mobili e immobili, dei crediti e dei debiti dei mercanti isolani. I formulari notarili d'altronde, pur informandoci sui prodotti esportati, sui contratti di commenda, sulle societas maris, sulle assicurazioni prese sulle merci, sul noleggio, il cambio e il prestito marino, rimangono avidi d’informazioni per quanto riguarda le notizie politiche e sociali.

Figura

Tabella redatta dal Melis, che riassume il sistema aziendale creato dal Datini tra il 1382 e il 1410 9

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