Capitolo 5
Conclusioni
L’algoritmo realizzato ha permesso di individuare i picchi di ammiccamento (e quindi il rate blinking), rispetto all’attività elettrica spuria proveniente dai muscoli adiacenti e dal rumore di fondo, e di valutare l’attività media dei muscoli frontali e peribuccali dei soggetti in esame, attraverso misure oggettive, non basate sull’osservazione.
La sperimentazione condotta con i pazienti affetti da malattia di Parkinson e con i soggetti di controllo reclutati dal dottor Carlo Maremmani presso l’Ospedale di Carrara ha permesso di acquisire un ampio pattern di dati indicativi della qualità delle performance dei soggetti in studio.
Un’accurata analisi dei dati acquisiti ha mostrato come sia possibile estrapolare dalle registrazioni effettuate, parametri sensibilmente discriminanti che mettono in evidenza le differenze esistenti tra i due gruppi di soggetti in studio, sia in relazione all’ammiccamento spontaneo, che alla mimica del volto.
La strumentazione utilizzata (elettromiografo presente nella struttura ospedaliera, ed elettrodi di superficie) e l’analisi effettuata sui segnali registrati si sono quindi mostrati idonei nell'individuare i segni di alterazione della mimica facciale e dell’ammiccamento spontaneo nei soggetti affetti da morbo di Parkinson rispetto ai soggetti sani di controllo.
Si può pensare in un futuro alla realizzazione di uno strumento ad hoc per l’applicazione in studio, che impieghi elettrodi wireless e di dimensione ulteriormente ridotta, per una registrazione meno invasiva e maggiormente accurata.
I risultati positivi ottenuti, in considerazione della limitata dimensione del campione in studio, specie in relazione alla notevole variabilità biologica del BR e del comportamento del volto, dovranno essere verificati in popolazioni più ampie ed usando anche diversi protocolli sperimentali.
Se questi risultati venissero confermati, sarebbe possibile pensare alla prospettiva di un futuro impiego di tale metodica nella fase di diagnosi precoce di malattia di Parkinson e di monitoraggio della stessa nel corso del tempo, in maniera quantitativa e oggettiva.
La messa a punto di terapie più efficaci è in continua evoluzione; in particolare esistono dei farmaci attualmente in via di sperimentazione che potranno contribuire a rallentare la progressione della malattia. Questi trattamenti vanno
iniziati il più presto possibile e protratti per l’intero decorso della malattia. Rallentando la progressione della malattia, è possibile mantenere in questi pazienti una qualità della vita soddisfacente più a lungo.
Da una recente sperimentazione clinica è emerso che in pazienti trattati precocemente con rasagilina la progressione della malattia, valutata con la scala UPSDR (Unified Parkinson’s Disease Rating Scale), risultava più lenta rispetto a pazienti diagnosticati nello stesso momento ma che avevano iniziato lo stesso trattamento nove mesi dopo, e sono in corso studi analoghi su altri farmaci antiparkinson.
Naturalmente il trattamento precoce dipende in larga parte da una diagnosi precoce; pertanto è essenziale riuscire a individuare i primi segnali della malattia di Parkinson, stabilendo nuovi criteri diagnostici che rivedano gli attuali adatti a descrivere solo i sintomi motori più evidenti, presenti quando la malattia è in uno stadio già avanzato.