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Accesso alla diagnosi precoce dei pazienti con tumore al polmone

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Academic year: 2021

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ONCOLOGIA MOLECOLARE

Accesso alla diagnosi precoce dei pazienti con tumore

al polmone

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SOMMARIO

premesse e introduzione ... 4

premessa ... 6

introduzione ... 8

le ragioni dell’analisi ... 8

la definizione delle problematiche ... 8

il modello del Tavolo di Lavoro ... 9

la composizione del Tavolo di Lavoro ... 10

dalle criticità alle proposte ... 11

capitolo 1 – elementi di contesto sulla diagnostica molecolare per il trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule ... 14

capitolo 2 – analisi del percorso attuale e standard ottimale ... 17

elementi del percorso attuale ... 19

le tempistiche medie del percorso attuale ... 19

criticità riscontrate in alcune Regioni ... 21

standard ottimale percorribile (linee guida) ... 21

la tempistica dei test nel percorso di diagnosi ... 24

indicatori ... 25

capitolo 3 – ulteriori proposte per un percorso ottimale di presa in carico del paziente con tumore al polmone ... 29

il materiale biologico al momento della diagnosi ... 31

il materiale biologico alla progressione neoplastica ... 35

i Centri di riferimento per la diagnosi molecolare (CRDM) ... 35

capitolo 4 – prospettive e nuovi LEA ... 37

Centri di riferimento ... 39

iter diagnostico ... 40

tariffe/rimborso ... 40

capitolo 5 – percezione del paziente ... 41

capitolo 6 – problematiche finanziarie ... 46

appendice 1 – questionario ... 49

FIGURE

Figura 1 - fasi del processo attuale di presa in carico del paziente e suo trattamento. ... 21

Figura 2 - fasi del processo di riferimento di presa in carico del paziente e suo trattamento ... 22

Figura 3 - esempio di un PDTA per il tumore al polmone ... 23

Figura 4 - fasi del processo di riferimento di presa in carico del paziente e indicatori ... 28

Figura 5 - Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ... 39

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premesse e introduzione

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premessa

Il SSN si è profondamente modificato in quest’ultimo decennio. Per diverse patologie, le determinanti tecnologiche, demografiche, epidemiologiche, sociali e via scrivendo hanno fatto sì che si assistesse al viraggio da patologie prevalentemente acute a patologie croniche, e questo ha determinato un forte impatto sui nostri sistemi di Welfare.

I tumori, tra queste patologie, sono sicuramente fra quelli a maggior impatto per prevalenza, incidenza, costi diretti ed indiretti, tanto sul versante sanitario che su quello sociale.

Federsanità ANCI, da sempre interprete di una lettura dei bisogni e degli scenari in una prospettiva di evoluzione del sistema sanitario, ha individuato nei modelli di offerta di terapie oncologiche un paradigma per cogliere la sfida del nuovo Welfare.

Infatti, la terapia oncologica è in grande evoluzione e procede verso un modello di medicina sempre più disegnata per le esigenze del paziente. Oggi, peraltro, tutta una serie di strategie terapeutiche – sia in senso di prevenzione, sia nella fase di indagine e cura – consente in diversi casi di “cronicizzare” la malattia. Pertanto, la crescita delle patologie oncologiche richiede, in concreto, di costruire percorsi assistenziali e di cura “differenziati e flessibili” in base ai bisogni del paziente specifico.

Però, tale cambiamento necessita di strumenti nuovi nonché reingegnerizzazioni dei processi produttivi atti a supportarlo e governarlo.

Un primo elemento riguarda l’attuale meccanismo di remunerazione. Infatti, questo segue fondamentalmente il criterio di tariffa per prestazione: cioè ad ogni prestazione corrisponde una tariffa. Questo vale per il ricovero (con i DRG) e per le prestazioni di diagnostica. Tali tariffe richiederebbero un continuo aggiornamento sulla base non solo delle prestazioni in sé, ma anche degli esiti di salute a cui queste prestazioni dovrebbero contribuire.

Un secondo elemento riguarda il concetto di rete clinica. L’enfasi, infatti, non va posta sulle singole prestazioni bensì sul percorso complessivo (PDTA) e dovrebbe focalizzare la ricerca degli esiti come driver, offrendo quindi spunti per quel cambio di paradigma che si descrive in questo Rapporto.

Si tratta di un lavoro volto a individuare, in termini prospettici, il PDTA come strumento operativo attraverso il quale si vengono a disegnare traiettorie orientate sempre più al processo di tutela complessiva della salute piuttosto che all’enfasi sulla singola prestazione. E qui sorge l’esigenza di individuare anche meccanismi di finanziamento che orientino gli operatori verso comportamenti appropriati ed integrati, in cui il raggiungimento dell’obiettivo di salute è l’oggetto del finanziamento e non la singola prestazione.

Il lavoro descritto in questo Rapporto conclusivo mette in evidenza che l’accesso tempestivo dei pazienti ai test molecolari, previsti per il carcinoma polmonare non a piccole cellule e per altre patologie oncologiche, incontra, ad oggi, diversi ostacoli.

La mancata emanazione del cosiddetto Tariffario comporta che, in assenza delle tariffe, le nuove prestazioni contenute nei LEA si traducono di fatto, in “diritti scritti solo sulla carta” e privi di strumenti effettivi di tutela. Anche nelle regioni dove sono state adottate le delibere regionali, l’attuazione delle disposizioni in materia di specialistica ambulatoriale è espressamente rinviata all’adozione di successivi provvedimenti, data

l’assenza della relativa regolamentazione ministeriale. Pertanto, l'incertezza sui tempi di adozione delle tariffe è un elemento che rischia di compromettere l'applicabilità dei nuovi LEA, attesi per tanti anni e finalmente pubblicati.

Inoltre, alla pubblicazione del provvedimento sulle nuove tariffe per la specialistica ambulatoriale dovrà far seguito l’adozione di apposite normative regionali per il relativo recepimento e l’annessa attuazione. Nel caso specifico trattato da questo Rapporto, occorre ricordare che per i test molecolari ALK/ROS1, il nomenclatore prevede che le Regioni provvedano all’individuazione degli ambulatori/laboratori che, per caratteristiche e requisiti, risultino idonei ad effettuare questo tipo di prestazione. L’implementazione, quindi, dipenderà dalle specifiche realtà sanitarie esistenti nelle singole regioni, circostanza che rende impossibile definire a priori le tempistiche di questa fase.

Pertanto, la pubblicazione dei nuovi LEA in Gazzetta Ufficiale non è purtroppo di per sé sufficiente a garantire l’immediata erogabilità di una prestazione a livello regionale poiché, come abbiamo visto, per la concreta fruizione è necessario che ciascuna regione adotti una specifica normativa di recepimento che, contestualmente, rechi disposizioni di attuazione che sappiano integrare le nuove norme con la rete dei servizi e delle prestazioni preesistenti sul territorio.

Sicuramente viviamo in un momento economico estremamente impegnativo.

Questo elemento però, da critico, può trasformarsi in un’opportunità. Le risorse, infatti, arriveranno sempre meno per aggiunta e sempre più per trasformazione. Una trasformazione dei nostri comportamenti secondo setting diagnostico-terapeutici che facciano dell’efficacia condivisa il driver e del guadagno in salute l’oggetto della remunerazione.

Una sfida importante, dunque, con alla base una filosofia che fa della condivisione multidisciplinare il cardine del proprio assunto concettuale, tesa a coinvolgere tutti i possibili e i potenziali stakeholder, dal mondo della medicina generale, alla specialistica ambulatoriale e al versante ospedaliero, fino alle Società scientifiche e alle Associazioni dei pazienti.

Una sfida che aspira a superare il problema del rincorrere improbabili traiettorie di risparmio, preludio ai tanto giustamente vituperati tagli lineari, ma vuole ragionare su quali comportamenti consentono oggi, e domani, di realizzare il minor consumo di risorse (della collettività) per quella specifica patologia. Oggi e domani vuol dire ragionare tanto in termini di cura che in termini di prevenzione, tanto primaria che delle complicanze. E’

necessario, pertanto, che i comportamenti degli attori siano allineati agli obiettivi di sistema. Questo obiettivo si realizza soltanto cambiando il paradigma attuale della remunerazione del sistema stesso, che se da un lato promette salute, dall’altro finanzia la malattia.

Angelo Lino Del Favero Presidente

Federsanità ANCI

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l’assenza della relativa regolamentazione ministeriale. Pertanto, l'incertezza sui tempi di adozione delle tariffe è un elemento che rischia di compromettere l'applicabilità dei nuovi LEA, attesi per tanti anni e finalmente pubblicati.

Inoltre, alla pubblicazione del provvedimento sulle nuove tariffe per la specialistica ambulatoriale dovrà far seguito l’adozione di apposite normative regionali per il relativo recepimento e l’annessa attuazione. Nel caso specifico trattato da questo Rapporto, occorre ricordare che per i test molecolari ALK/ROS1, il nomenclatore prevede che le Regioni provvedano all’individuazione degli ambulatori/laboratori che, per caratteristiche e requisiti, risultino idonei ad effettuare questo tipo di prestazione. L’implementazione, quindi, dipenderà dalle specifiche realtà sanitarie esistenti nelle singole regioni, circostanza che rende impossibile definire a priori le tempistiche di questa fase.

Pertanto, la pubblicazione dei nuovi LEA in Gazzetta Ufficiale non è purtroppo di per sé sufficiente a garantire l’immediata erogabilità di una prestazione a livello regionale poiché, come abbiamo visto, per la concreta fruizione è necessario che ciascuna regione adotti una specifica normativa di recepimento che, contestualmente, rechi disposizioni di attuazione che sappiano integrare le nuove norme con la rete dei servizi e delle prestazioni preesistenti sul territorio.

Sicuramente viviamo in un momento economico estremamente impegnativo.

Questo elemento però, da critico, può trasformarsi in un’opportunità. Le risorse, infatti, arriveranno sempre meno per aggiunta e sempre più per trasformazione. Una trasformazione dei nostri comportamenti secondo setting diagnostico-terapeutici che facciano dell’efficacia condivisa il driver e del guadagno in salute l’oggetto della remunerazione.

Una sfida importante, dunque, con alla base una filosofia che fa della condivisione multidisciplinare il cardine del proprio assunto concettuale, tesa a coinvolgere tutti i possibili e i potenziali stakeholder, dal mondo della medicina generale, alla specialistica ambulatoriale e al versante ospedaliero, fino alle Società scientifiche e alle Associazioni dei pazienti.

Una sfida che aspira a superare il problema del rincorrere improbabili traiettorie di risparmio, preludio ai tanto giustamente vituperati tagli lineari, ma vuole ragionare su quali comportamenti consentono oggi, e domani, di realizzare il minor consumo di risorse (della collettività) per quella specifica patologia. Oggi e domani vuol dire ragionare tanto in termini di cura che in termini di prevenzione, tanto primaria che delle complicanze. E’

necessario, pertanto, che i comportamenti degli attori siano allineati agli obiettivi di sistema. Questo obiettivo si realizza soltanto cambiando il paradigma attuale della remunerazione del sistema stesso, che se da un lato promette salute, dall’altro finanzia la malattia.

Angelo Lino Del Favero Presidente

Federsanità ANCI

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introduzione

le ragioni dell’analisi

Le trasformazioni del SSN, di cui si è fatto cenno nella premessa, vedono in alcune terapie oncologiche la conferma di quelle difficoltà dovute al cambiamento.

Sono difficoltà generali, che colpiscono in maniera diffusa le diverse fasi di un processo di diagnosi e cura: si va da percorsi che vedono coinvolti diversi attori le cui attività, ruoli o caratteristiche non sono puntualmente definite, alla mancanza di alcune direttrici nazionali o regionali nell’organizzazione o nella gestione del processo di diagnosi e cura, dalla carenza di fondi finanziari per effettuare gli investimenti che direttamente o indirettamente si ripagherebbero in breve tempo, alla definizione di PDTA omogeni, fino a tempistiche – che soprattutto nelle terapie oncologiche – sono determinanti nel trattamento stesso, e via scrivendo.

Partendo da questo quadro, Federsanità ANCI ha approfondito il tema del trattamento (soprattutto nella fase a monte) del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), come paradigma di una patologia soggetta a una forte trasformazione sia dal lato terapeutico sia dal lato organizzativo; soprattutto dove la definizione della eligibilità al trattamento diventa strategica per accedere al miglior trattamento stesso.

la definizione delle problematiche

In maniera più puntuale, fra le diverse criticità individuate dal Tavolo di Lavoro (si veda più avanti sulla composizione e metodologia di lavoro), alcune sono sembrate di particolare rilievo:

1. carenza di una governance regionale nel fissare priorità gestionali e organizzative nel trattamento di questa forma tumorale. Con tale affermazione si vuole enfatizzare la necessità di formalizzare dei PDTA.

Questi, infatti, sono poco numerosi. Va ricordato che l’assenza di un PDTA, non solo riduce il set delle garanzie per il paziente, ma non consente alle strutture erogatrici di definire puntualmente i carichi di lavoro, e i diversi fattori produttivi necessari;

2. difformità a livello regionale o intraregionale nelle procedure di diagnostica necessarie a definire l’eligibilità ai trattamenti terapeutici. Si è, infatti, osservato che l’offerta di prestazioni diagnostiche è differenziata sia nella completezza, che nella organizzazione e delle conseguenti tempistiche della risposta. Tale difformità, oltre ad essere un grave danno per i pazienti (e i cittadini), produce anche costi profondamente differenti;

3. difficoltà a comprendere il percepito del paziente. La medicina personalizzata è certamente un gran passo in avanti, ma diventa sempre più complessa (da spiegare e illustrare, nonché ad essere compresa) e questo si traduce spesso nel lasciare il paziente (e i familiari) in una condizione di forte disagio, di informazioni scarse e non funzionali alla comprensione reale delle patologie stesse (tali elementi sono inoltre associati a quello già difficile, di ricevere l’informazione di essere affetti da tumore);

4. presa in carico del paziente. Questo è uno dei maggiori punti dolenti (non solo nel caso della NSCLC, ma per moltissime patologie). Obiettivamente, esiste – tranne qualche eccezione – nel nostro sistema sanitario un problema di presa in carico del paziente; ossia il paziente si trova dinanzi alla richiesta

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di tutta una serie di attività collaterali connesse al proprio stato (prendere appuntamenti, individuare la documentazione – ricette, radiografie, … - da portare in occasione delle visite mediche, …) e difficoltà informative che richiederebbero un mediatore (il caregiver).

Infine, un elemento “trasversale” ribadito da tutti i partecipanti al Tavolo è il problema delle risorse finanziarie che si riflette direttamente o indirettamente sulle attività di cura e prevenzione.

Appare chiaro, pertanto, che queste criticità non sono specifiche per questa forma oncologica, ma sono presenti nel modello stesso di offerta del nostro SSN.

il modello del Tavolo di Lavoro

Federsanità ANCI si è sempre occupata di miglioramenti nei processi organizzativi e gestionali all’interno del sistema sanitario. Ovviamente, non è proprio compito approfondire tematiche di carattere clinico; ma è essenziale avere conoscenza da parte di clinici e di manager aziendali di quali siano i temi cruciali.

Da questi presupposti, si è deciso di istituire un Tavolo di Lavoro Federsanità ANCI

“Oncologia molecolare – Accesso alla diagnosi precoce dei pazienti con tumore al polmone”

con l’obiettivo di approfondire il tema del percorso diagnostico terapeutico dei pazienti con tumore al polmone (NSCLC), con una particolare attenzione agli aspetti organizzativi e gestionali strettamente connessi alla fase diagnostica.

Nello specifico, il Tavolo di Lavoro ha l’obiettivo di offrire degli spunti organizzativo- gestionali al fine di migliorare l’accesso alla diagnosi nei pazienti NSCLC e, evidenziate le precedenti quattro criticità, di ridurre queste.

Le differenze regionali nella diagnosi e nella gestione del percorso sono legate a numerosi aspetti tecnici, organizzativi e culturali (e purtroppo tali differenze sono presenti per tutte le patologie, non solo nei pazienti NSCLC).

L’importanza dell’attività del Tavolo e del suo oggetto di approfondimento sta nel fatto che il percorso di diagnosi del tumore al polmone non a piccole cellule è paradigmatico per tutta una serie di patologie (non solo oncologiche), poiché vengono a delinearsi fasi nuove (diagnostica, in questo caso) che richiedono di ripensare tutto il processo dalla fase di elaborazione alla fase di erogazione (ossia il processo a valle).

Infine, le riflessioni e le conclusioni del Tavolo – se viste in termini prospettici – evidenziano una metodologia di lavoro, di individuazione di spunti, di conoscenza delle problematiche, che può estendersi ad altre patologie il cui modello di diagnosi è all’interno della cd. medicina personalizzata.

Il modello del Tavolo di Lavoro ha avuto il pregio di focalizzare temi che partendo da analisi sulla clinica si evolvono in indicazioni gestionali e organizzative e in alcuni casi istituzionali.

1. PDTA. In molte realtà non sono stati predisposti PDTA regionali1ed i percorsi aziendali sono frutto, spesso, di una consuetudine interna non formalizzata (il PDTA aziendale non viene pubblicato o trasmesso in Regione).

1 Il livello regionale è quello più funzionale alla definizione di un PDTA specifico. Infatti, la diffusione del tumore al polmone non a piccole cellule è abbastanza contenuta. Pertanto, il livello regionale può essere quello più idoneo per un PDTA.

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2. Eligibilità. Assume, nel percorso di cura dei pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule, rilevanza il grado di eligibilità all’accesso alle cure attraverso la diagnostica molecolare (ALK e ROS1)2. Approfondendo il tema, è stato avviato un confronto fra procedure/percorsi/protocolli regionali per individuare le criticità e proporre possibili soluzioni che tendano a favorire l'implementazione di percorsi di diagnosi appropriati.

3. Benefici attesi. L’obiettivo del Tavolo è mirare ad elaborare proposte volte ad assicurare un’assistenza di qualità ai pazienti affetti da NSCLC in fase avanzata. Questo conduce a: (i) semplificazione e razionalizzazione delle procedure diagnostiche; (ii) ottimizzazione dei tempi di diagnosi e di trattamento; (iii) riduzione dei disagi per il paziente; (iv) riduzione dei costi e delle migrazioni sanitarie.

la composizione del Tavolo di Lavoro

Il presente documento ha visto il coinvolgimento attivo di una rappresentanza di soggetti istituzionali dedicati e di decision maker quali:

 AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici): Laura Del Campo

 AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica): Nicola Normanno, Silvia Novello;

 ANMDO (Associazione Nazionale Medici Dirigenti Ospedalieri): Luigi Aprea

 CIPOMO (Collegio Italiano Primari di Oncologia Medica Ospedalieri):

Giammauro Numico

 FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia):

Laura Del Campo, Francesca Traclò

 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori: Patrizia Monti

 ISS (Istituto Superiore di Sanità): Paolo Salerno, Domenica Taruscio

 Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano: Paolo Locatelli, Roberta Facchini, Marco Paparella

 REGIONI, ASL e Aziende Ospedaliere: direttori generali e direttori sanitari di:

Lazio, Puglia, Sicilia, Lombardia, Toscana, Piemonte, Campania, Veneto (Gaetano Rocco Aprea, Luigi Aprea, Attilio Bianchi, Gerardo Botti, Emilio Bria, Giovanna Elisiana Carpagnano, Enrico Desideri, Pierluigi Granone, Patrizia Monti, Umberto Ricardi, Antonio Russo, Hector Soto Parra)

 SIAPEC (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica):

Antonio Marchetti, Mauro Truini, Fiamma Buttitta

 WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe): Stefania Vallone

 Federsanità ANCI: Rosanna Di Natale, Anna Chiara Bernardini, Lorenzo Terranova.

2 Adottare la terapia farmacologica a popolazione NLSCLC non eligibile è inappropriato oltre che costoso.

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dalle criticità alle proposte

Nel primo incontro del Tavolo di Lavoro è stata evidenziata una serie di criticità presenti all’interno del sistema (tassonomia). Successivamente, sulla base delle proprie competenze/interessi si sono costituiti dei Gruppi di Lavoro (GdL) con l’obiettivo di stendere delle schede di lavoro. Ciascun GdL ha redatto un proprio documento inserito all’interno di un’analisi più generale.

Più specificatamente, i Gruppi di Lavoro si proponevano di offrire soluzioni/suggerimenti, con una prospettiva molto operativa.

Il Tavolo ha evidenziato diversi punti di criticità ma nel contempo ha cercato di individuare possibili soluzioni o comunque indirizzi propositivi per affrontare in maniera pragmatica tali criticità.

1. Esigenza di una governance più forte e omogenea a livello territoriale (regionale o di Area Vasta o aziendale)

Già le linee guida esistenti evidenziano l’importanza delle indagini diagnostiche somministrate al paziente con tumore al polmone. Viene condivisa la necessità di esplicitare e sistematizzare i PDTA delle patologie neoplastiche al polmone e che siano il frutto della piena collaborazione con tutte le professionalità necessarie.

In molte realtà non sono presenti PDTA regionali ed i percorsi aziendali sono frutto, spesso, di una consuetudine interna non formalizzata (il PDTA aziendale non viene pubblicato o trasmesso in Regione).

Un percorso informale non consente un controllo, una misurazione dei risultati ed il conseguente miglioramento organizzativo gestionale per consentire una diagnosi corretta (e anche rapida) ed un appropriato trattamento del paziente. Si è evidenziata la necessità che il PDTA sia predisposto e/o reso pubblico poiché rappresenta uno strumento utile e funzionale. Inoltre, al suo interno devono essere presenti indicatori di processo e di esito che permettano un monitoraggio delle attività e delle performance in un contesto di continuo miglioramento.

2. Differenze regionali – criticità nell’esecuzione dei test molecolari

Le differenze regionali nei test (adozione di differenti test, tempistiche, …) sono legate a numerosi aspetti tecnici, organizzativi e culturali (ovviamente questa dimensione è presente per tutte le patologie).

I punti di maggiore criticità, che fotografano profonde differenze regionali, riguardano i laboratori di diagnostica molecolare. Nello specifico: (i) la loro diffusione, (ii) la qualità delle attività, (iii) i diversi modelli di rimborsabilità/accessibilità alle attività.

I laboratori diagnostici molecolari sono distribuiti in maniera difforme sul territorio nazionale, questo comporta alcune criticità a livello logistico, differenti tra Regioni e tra Aziende della sanità pubblica, e vanno ad incidere sul percorso del paziente, in particolare sulle tempistiche che risultano fondamentali per l’efficacia delle cure. Pertanto, il “destino”

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di un paziente, per una patologia in cui la tempestività di diagnosi è basilare, risulta fortemente condizionato dal territorio di appartenenza.

La qualità dei laboratori esistenti in Italia è giudicata dal Tavolo abbastanza elevata.

Il problema emergente, soprattutto in talune realtà, è la scarsa adeguatezza del percorso (anche di tipo logistico) che porta alla gestione del materiale (adeguatezza del campionamento). E’ noto che la qualità del prelievo condiziona tutto il percorso. Un campione deve essere adeguato e sufficiente non solo per eseguire una diagnosi istologica ma anche per le indagini molecolari.

3. Difficoltà a comprendere il percepito del paziente

Non bisogna sottovalutare come le problematiche tecniche, economiche ed organizzative incidano sul paziente in un momento particolarmente sensibile della sua vita.

In un’ottica di miglioramento complessivo e reale è necessario comprendere e offrire adeguate risposte per il miglioramento della percezione del paziente sul percorso di diagnosi e cura.

4. Presa in carico del paziente e PDTA

Altra criticità riguarda la gestione del paziente. Questa – sempre considerando le sue condizioni cliniche e psicologiche - deve essere svolta in tutte le fasi (appuntamenti, esami, informazioni al paziente, recupero dei referti, …) da un case manager (che può essere un infermiere, un assistente sociale, …).

Nel caso del paziente metastatico è necessaria una procedimentalizzazione dei percorsi. Concretamente, ciò significa rendere automatica l’inclusione del test, come avviene già ad esempio per la mammella.

Risulta necessario stabilire uno standard ottimale e percorribile: costruire un percorso virtuoso stabilendo i tempi tecnici.

5. Scelta dei test

Le differenze nella scelta dei test (FISH/HIC per ALK e ROS1) sono in parte dovute a problemi di rimborsabilità (presenza della tariffa del test FISH/IHC nei nomenclatori) ma possono essere anche legate ad un aspetto culturale del Centro/medico (avvezzo ad una determinata metodica) e ad aspetti organizzativi.

La variabilità delle tempistiche è senza dubbio legata al contesto organizzativo:

presenza di un team multidisciplinare, laboratorio interno, ritiro del materiale, paziente interno/esterno, etc.

Va anche sottolineato che il problema dell’ottenimento del materiale può rappresentare un fattore ostativo nel rispetto delle tempistiche. Questo è un problema etico e organizzativo.

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Si sono individuati alcuni aspetti basilari nell’ambito dei processi organizzativi e/o gestionali dell’oncologia molecolare che il Tavolo ha approfondito nei successivi capitoli.

1) Analisi del percorso del test per l’individuazione dei casi di paziente con NSCLC, con una particolare attenzione alla tempistica;

2) Predisposizione di una serie di proposte volte a qualificare e migliorare il percorso del paziente;

3) Analisi delle prospettive riguardo ai test come strumenti per la definizione di percorsi sempre più personalizzati;

4) Percezione del paziente del processo di cura;

5) Problematiche finanziarie.

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capitolo 1 – elementi di contesto sulla diagnostica

molecolare per il trattamento del tumore al polmone

non a piccole cellule

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La diagnosi ed il trattamento precoce dei tumori migliora le possibilità di sopravvivenza dei pazienti (Cancer Day 2017 - OMS).

Secondo l’OMS dal riconoscimento dei sintomi all’inizio della terapia non dovrebbero trascorrere più di 90 giorni, al fine di ridurre ritardi nell’assistenza, evitare di perdere pazienti al follow-up e massimizzare l’efficacia delle terapie3. Ovviamente il target temporale può variare tra diversi sistemi sanitari e tra differenti tipologie di neoplasie. Le raccomandazioni prevedono una tempistica, per la richiesta di test diagnostici e consulenze specialistiche, nelle neoplasie polmonari, non superiore alle 2 settimane. 4

Risulta fondamentale, dati tutti i setting assistenziali, che la diagnosi precoce venga gestita con modelli organizzavi tempo-dipendenti.

La nuova frontiera della terapia oncologica personalizzata prevede che i pazienti eseguano dei test molecolari, per ottenere un trattamento mirato e individualizzato (eligibilità), basato sul profilo genetico5. Infatti, l’analisi della struttura e organizzazione del genoma (DNA) rappresenta un passo essenziale come metodo d’indagine sia in campo clinico sia nella diagnostica per un numero sempre maggiore di malattie genetiche.

Per diagnostica molecolare in oncologia medica s’intende solitamente la possibilità di identificare un organismo in base ad una o più sequenze geniche specifiche. In generale, i metodi di diagnostica molecolare a fronte di innegabili vantaggi, presentano però alcuni punti critici: richiedono un elevato grado di competenze tecniche da parte degli operatori, sono più costosi per quanto riguarda le apparecchiature e, in linea di principio, l'interpretazione dei risultati richiede un più qualificato livello di competenze6.

Nel campo terapeutico, inoltre, si stanno sempre più affermando farmaci la cui azione è svolta agendo su specifici bersagli biomolecolari. Per essi, al fine di scegliere nel modo più opportuno la strategia terapeutica, è quindi indispensabile conoscere la natura e lo stato di tale bersaglio biologico7.

Nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), lo studio delle caratteristiche molecolari del tumore del polmone, ha messo in evidenza il ruolo specifico di alcuni geni che rappresentano bersagli terapeutici

 EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor)

 ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase)

 ROS1

3 Cancer control: early detection. WHO Guide for effective programmes. Geneva: World Health Organization, 2007

4 Position Statement GIMBE: La diagnosi precoce dei tumori. Marzo 2017.

5 Linee guida CAP/IASLC/ AMP sull'esecuzione dei test molecolari.

6 Si veda dal sito dell’ISS la definizione di diagnostica molecolare http://www.iss.it/diam/?lang=1&id=8&tipo=14

7 Si veda ad esempio la definizione – con una caratteristica operativa offerta dal SSR della Regione Emilia Romagna

http://www.irst.emr.it/AssistenzaeRicerca/LaboratoriodiBioscienze/Diagnosticamolecolare/tabid/3925/Defaul t.aspx

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capitolo 2 – analisi del percorso attuale e standard

ottimale

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Il Tavolo di Lavoro ha evidenziato, nella presa in carico del paziente con tumore al polmone, alcune problematiche organizzative legate alle differenze tra percorso “ideale” e percorso “effettivo” del paziente.

Questo capitolo parte dalla fotografia di alcune criticità (vedi i punti di cui dalla pagina 11). Tali criticità richiedono di analizzare un vero e proprio processo produttivo8.

elementi del percorso attuale

Il percorso di seguito analizzato è frutto sia delle esperienze dei componenti del Tavolo di Lavoro, sia di un questionario (appendice 1) somministrato agli iscritti della SICT (Società Italiana di Chirurgia Toracica).

Il questionario, pur non essendo rappresentativo a livello statistico, mira ad analizzare il percorso attuale del paziente con tumore al polmone. In particolare, ha posto la propria attenzione alla diagnosi e alla tempistica per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, per operare un successivo confronto con il percorso ottimale.

Nello specifico, il questionario mirava ad indagare i seguenti aspetti:

 la definizione di una tempistica per ricevere una visita specialistica e per una diagnosi;

 un quadro delle indagini diagnostiche prescritte;

 la presenza o meno di valutazioni multidisciplinari;

 la tempistica per l’adozione dei test molecolari;

 eventuali barriere nell’esecuzione dei test.

le tempistiche medie del percorso attuale

La variabilità delle tempistiche è legata al contesto organizzativo. Infatti, fattori quali: (a) presenza di team multidisciplinare, (b) attività di un laboratorio interno, (c) percorso per il ritiro del materiale, (d) stato del paziente interno/esterno (ricoverato nella struttura o meno) influenzano i tempi medi di accesso e effettuazione del test.


Le differenze nella scelta dei test (FISH/HIC) sono in parte dovute a problemi di rimborsabilità (presenza della tariffa del test FISH nei nomenclatori regionali) ma possono essere anche legate ad un aspetto culturale del Centro/medico (avvezzo ad una determinata metodica) e ad aspetti organizzativi. 


Una valutazione multidisciplinare è auspicabile e la presenza di un team che ha al proprio interno diversi saperi e competenze, favorisce un funzionamento ottimale nel realizzare una diagnosi precoce ed un trattamento efficace.

La differenza all’interno del quadro italiano è elevata. In alcune realtà, la visita multidisciplinare si effettua al primo incontro, in altre non è disponibile un team.

8 Tecnicamente, infatti, la diagnosi e il trattamento sono vere e proprie fasi che possono essere riportate nell’ambito di un ordinario processo produttivo. Questo è definito come la combinazione di fattori di produzione (input) per realizzare dei prodotti o servizi che portano valore al consumatore. Tale percorso può essere misurato in termini di risultati (output o outcome). Va anche sottolineato che ogni trasformazione (come nel nostro caso inserire il paziente all’interno di un percorso di indagine e cura) per essere compiuta richiede una o più tecnologie (ossia macchine, farmaci, prodotti, …), conoscenze e competenze in grado di supportare il processo produttivo.

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La causa dell’assenza di un team è spesso imputabile a carenze di personale o a problematiche organizzative.

Risulta auspicabile un salto di qualità per definire il funzionamento di un team multidisciplinare con KPI specifici per attività, tempi e allocazione di risorse.

Le seguenti tempistiche medie del percorso sono il risultato dell’indagine condotta:

 tempo medio che intercorre tra la visita del MMG alla visita specialistica: 10 giorni (valore minimo 3 gg., valore massimo 20 gg.);

 solo al 33% dei pazienti con carcinoma non a piccole cellule viene richiesta un’indagine molecolare (valore minimo 20%, valore massimo 80%) ;

 il tempo medio dalla diagnosi al risultato del test molecolare è di 13 giorni (valore minimo 7 gg., valore massimo 30 gg.);

 il tempo medio dalla diagnosi a:

o trattamento chirurgico: 23 giorni (valore minimo 10 gg., valore massimo 30 gg.);

o radioterapia 34 giorni (valore minimo 15 gg., valore massimo 60 gg.);

o chemioterapia 22 giorni (valore minimo 5 gg., valore massimo 30 gg.).

L’indagine ha inoltre evidenziato criticità nell’esecuzione dei test molecolari a causa di:

 difformità regionali;

 problematiche organizzative.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, le difficoltà organizzative sono legate principalmente alla carenza di personale (in diverse realtà gli interventi finanziari hanno da diverso tempo bloccato il turn-over) e del materiale disponibile.

Risulta auspicabile la presenza di un laboratorio interno alla struttura di riferimento che cura l’effettuazione di una valutazione multidisciplinare nei pazienti con NSCLC.

Il percorso attuale può essere schematizzato seguendo il classico modello di riferimento illustrato nella Figura 1 che descrive le singole componenti del processo di presa in carico e il trattamento di pazienti con tumore al polmone nelle quattro fasi di: screening e prevenzione; diagnosi e stadiazione; terapia; follow-up (con possibile re-iterazione delle due fasi precedenti). Nella figura vengono anche riportati i tempi di riferimento rilevati per la situazione attuale per la fase di diagnosi e stadiazione.

(21)

Figura 1 - fasi del processo attuale di presa in carico del paziente e suo trattamento.

criticità riscontrate in alcune Regioni

Le UU.OO. di Anatomia Patologica di alcune Regioni, non sono molto spesso in condizione di coprire neanche i costi dei materiali (kit per immunoistochimica e per biologia molecolare) stante che l’attuale tariffario regionale sottostima le prestazioni citoistologiche tradizionali che oggi devono essere integrate dalla caratterizzazione immunofenotipica e addirittura non prevede alcuna remunerazione per le prestazioni di analisi biomolecolari erogate ai pazienti in regime di RO o DH. Ne consegue:

 il rischio di esitare diagnosi non corredate di adeguata caratterizzazione immunofenotipica;

 il rinvio dell’esecuzione delle analisi bio-molecolari ad una fase successiva su richiesta ambulatoriale da parte dell’oncologo.

standard ottimale percorribile (linee guida)

Risulta necessario stabilire uno standard ottimale e percorribile, costruendo un percorso virtuoso per la presa in carico e la gestione del paziente con tumore al polmone, che rispetti precisi tempi tecnici (a partire dal tempo di 20 giorni nel quale si dovrebbe concludere l’iter diagnostico).

Tale aspetto richiede la definizione di un percorso di riferimento che si collochi nel classico modello di riferimento illustrato nella Figura 1 come sopra definita. Nella Figura 2 seguente vengono riportati i tempi ottimali e percorribili per la situazione desiderata per la fase di diagnosi e stadiazione.

(22)

Figura 2- fasi del processo di riferimento di presa in carico del paziente e suo trattamento

La declinazione di questo modello generale di riferimento può essere articolata in un PDTA specifico per le patologie neoplastiche del polmone, che superi la situazione attuale di assenza di PDTA regionali e con percorsi aziendali che sono frutto, spesso, di una consuetudine interna non formalizzata9.

Un percorso informale non consente un controllo, una misurazione dei risultati ed il conseguente miglioramento organizzativo gestionale per consentire una diagnosi precoce ed un appropriato trattamento del paziente.

Solo a titolo esemplificativo si riporta un PDTA dell’Istituto Nazionale Tumori – IRCCS Fondazione Pascale.

9 E’ frequente che il PDTA aziendale non venga pubblicato o trasmesso alla Regione.

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Figura 2- fasi del processo di riferimento di presa in carico del paziente e suo trattamento

La declinazione di questo modello generale di riferimento può essere articolata in un PDTA specifico per le patologie neoplastiche del polmone, che superi la situazione attuale di assenza di PDTA regionali e con percorsi aziendali che sono frutto, spesso, di una consuetudine interna non formalizzata9.

Un percorso informale non consente un controllo, una misurazione dei risultati ed il conseguente miglioramento organizzativo gestionale per consentire una diagnosi precoce ed un appropriato trattamento del paziente.

Solo a titolo esemplificativo si riporta un PDTA dell’Istituto Nazionale Tumori – IRCCS Fondazione Pascale.

9 E’ frequente che il PDTA aziendale non venga pubblicato o trasmesso alla Regione.

Figura 3- esempio di un PDTA per il tumore al polmone

SI�

Modalità�CUP�

Prenotazione/accettazione�

Accesso�del�paziente�con�sospetto�tumore�

polmonare�al�percorso�diagnostico/stadiativo�

in�ambulatorio�

Anamnesi:�EO;�test�laboratorio�standard�

Indagini�strumentali:�RX�torace;�TC�

Flow�chart�paz ient e�K�

POLMONE�

Approfondimento�diagnostico�in�regime�di�

ricovero�ordinario�in�presenza�di:�

Lesione�polmonare�centrale� Lesione�polmonare�periferica� Versamento�pleurico�

Broncoscopia�per�istologia�o�

EBUS�o�navigatore�

endobronchiale�

Agoaspirazione�TAC�guidata�

o�navigatore�endobronchiale� Toracentesi�con�es.�citologico;�

se�recidivante�toracoscopia�con�

prelievo�bioptico�

Conferma�sospetto� NO � FINE�

SI�

STADIZIONE��e�DEFINIZIONE�CITOISTOLOGICA:�

TAC�cran io�e�total�body�con/senza�mdc;�RM�in�casi�selezionati;�PET�total�body;�esami�funzionali�

(ecocardio:�prova�da�sforzo;�PFR);�Eventuali�approfondimenti�diagnostici�da�definire�caso�per�caso�

NSLC � Microcitoma�

METASTASI�

SI�

NO�

METASTASI�

NO�

Chemioterapia�+�

radioterapia� Chemioterapia��

Follow�up� Follow�up�

PZ�operabile�

SI� NO�

Analisi�molecolare�

Visita�

anestesiologica� Valutazione�

multidisciplinare�

Follow�up�

Radioterapia�

Chemioterapia�

EGFR/AL K�mutato�

Eventuale�terapia�

audiovante�

Intervento�

chirurgico�

Follow�up�

EGFR/ALK�non�

mutato�

Terapia�

biologica� Chemioterapia�

Follow�up� Follow�up�

(24)

la tempistica dei test nel percorso di diagnosi

Un percorso informale e scollegato dall’algoritmo diagnostico non consente un controllo, una misurazione dei risultati ed il conseguente miglioramento organizzativo gestionale per giungere ad una diagnosi in modo e tempi adeguati e un conseguente appropriato trattamento del paziente. Infatti, la variabilità regionale ancora una volta presenta indici estremamente elevati.

Ne consegue, pertanto, che si rende necessaria l’elaborazione di un percorso standardizzato, con obiettivi predefiniti, volto alla tempestiva identificazione del subset di pazienti con caratteristiche biomolecolari, che possono tradursi in beneficio clinico, comprendente un vantaggio in termini di aspettativa e qualità di vita.

In questo contesto, per il carcinoma polmonare le alterazioni genetiche dei geni EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor) e ALK (Anaplastc Lymphoma Kinase) e ROS1 rappresentano oggi importanti bersagli terapeutici. Nello specifico, le mutazioni attivanti il dominio tirosinchinasico del gene EGFR sono state identificate sugli esoni 18, 19, 20 e 21 e rappresentano il più importante fattore predittivo di risposta a specifici inibitori tirosinchinasici quali gefitinib, erlotinib, afatinib.

La presenza della traslocazione del gene ALK è necessaria, invece, per selezionare i pazienti candidati a trattamento con altri inibitori tirosin-chinasici, tra cui crizotinib, l’unico attualmente disponibile in Italia.

Sia la mutazione di EGFR sia la traslocazione di ALK sono presenti prevalentemente nei pazienti affetti dall’istotipo adenocarcinoma (nel 13% e 5% dei casi, rispettivamente), frequentemente (ma non costantemente) associate a determinate caratteristiche epidemiologiche quali lo status di non fumatore, il sesso femminile, l’etnia asiatica e la giovane età.

Le più recenti linee guida nazionali AIOM-SIAPEC prevedono che la ricerca di tali mutazioni sia effettuata di routine nei pazienti con adenocarcinoma in stadio avanzato, ma anche (più in generale) nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in NSCLC misti con componente di adenocarcinoma o nei non altrimenti specificati (NAS) e nei tumori squamocellulari in quei pazienti non fumatori o deboli fumatori.

L’attuale indicazione per tali indagini molecolari è al momento della diagnosi negli stadi di malattia avanzati o recidivati dopo trattamento loco-regionale.

Al momento della progressione di malattia dei pazienti con mutazione di EGFR, la ricerca della mutazione T790M, responsabile di oltre il 50% dei meccanismi di resistenza deve essere considerata di routine. Infatti, è stato da poco approvato dall’AIFA osimertinib, farmaco specifico diretto contro la mutazione T790M che ha dimostrato di essere superiore alla chemioterapia standard. Per la determinazione di T790M ci si può avvalere in prima istanza, ma in Centri con adeguato expertise, della “biopsia liquida”. Qualora dovesse risultare negativa, viste le importanti implicazioni terapeutiche è necessaria la sua ricerca a livello tissutale. Altri test molecolari possono essere eseguiti, ma solo in previsione di inserimento in trials clinici, in quanto nessun altro farmaco “targeted” è ad oggi disponibile in Italia nella pratica clinica.

Il dialogo tra clinico e patologo è fondamentale per la corretta gestione del materiale biologico, spesso limitato trattandosi di malattia avanzata. Nei casi in cui non sia disponibile materiale adeguato, può essere indicato (sempre discutendone con il paziente) un ulteriore

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prelievo bioptico per permettere la determinazione molecolare quando clinicamente indicato.

Analizzando le condizioni benchmark, dopo il prelievo bioptico e il trasporto del materiale al dipartimento di Anatomia Patologica di riferimento (trasporto che dovrebbe avvenire nell’arco di 24 ore), la diagnosi istologica deve essere disponibile nell’arco di 5 giorni lavorativi.

Sempre rimanendo nell’ambito di uno standard benchmark il dato molecolare è stato stimato un tempo medio effettivo alla refertazione dei risultati di 5,62 giorni per EGFR e di 4,96 giorni per ALK (percorso diagnostico CAT maggio-dicembre 2016). Indubbiamente, questi valori rispecchiano un valore che le Regioni, e le singole istituzioni dovrebbero raggiungere.

Il rispetto di queste tempistiche e l’ottimizzazione delle risorse secondo standard qualificati consentirebbero un’adeguata gestione dell’iter diagnostico-stadiativo del paziente affetto da NSCLC avanzato.

L’ottenimento di maggiori quantità di materiale neoplastico, la conservazione delle cellule tumorali, la scelta della re-biopsia in caso di tumore oncogene-addicted in corso di resistenza farmacologica, l’ottimizzazione della gestione del materiale da parte di patologi, il rispetto di tempistiche definite rappresenteranno punti chiave nelle scelte decisionali in campo oncologico polmonare.

indicatori

Si è evidenziata la necessità che il PDTA rappresenti uno strumento utile e funzionale con la presenza al suo interno di indicatori di processo e di esito che permettano un monitoraggio delle attività e delle performance e un continuo miglioramento.

All’interno delle quattro macrofasi di percorso gli indicatori di performance possono essere categorizzati in quattro tipologie:

1. Indicatori di volume. Indicatori per il dimensionamento degli eventi relativi al processo di gestione (input, output, ecc.), che permettono di dimensionare la numerosità e la varietà degli eventi svolti e delle principali entità coinvolte sul processo.

Si riferiscono ad una situazione passata, permettono di avere una fotografica di quanto avvenuto nel periodo predefinito (mese, anno, ecc.) trascorso. Si riportano di seguito alcuni esempi di questa tipologia di indicatori:

a. Numero di pazienti diagnosticati con tumore al polmone (per tipologia es.

carcinoma a piccole cellule o non a piccole cellule)

b. Numero di pazienti in terapia per tumore al polmone (per tipologia es.

carcinoma a piccole cellule o non a piccole cellule)

c. Numero di esami diagnostici (per singolo paziente e totali per tipologia, es. indagini molecolari quali KRAS, EGFR, ALK, ROS1 altre indagini molecolari IHC o IHC + FISH)

d. Numero di casi in cui il materiale prelevato non si è dimostrato sufficiente per l’ulteriore indagine molecolare

e. Numero di pazienti con tumore al polmone indirizzati alle cure palliative (intese come sola terapia di supporto senza trattamento attivo)

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f. Numero di pazienti con diagnosi di tumore al polmone che hanno ricevuto un intervento chirurgico

g. Numero di casi di tumore al polmone discussi durante i meeting multidisciplinari

2. Indicatori di processo. Indicatori per il controllo del processo in termini di efficienza e qualità.

Permettono di valutare l’appropriatezza del processo rispetto a standard procedurali, obiettivi di qualità e aspetti normativi. Si riportano di seguito alcuni esempi di questa tipologia di indicatori:

a. Numero di pazienti con tumore al polmone che hanno ricevuto una diagnosi completa (esami diagnostici e visita clinica)

b. Numero medio di giorni dalla prima visita10con sospetta diagnosi di neoplasia alla diagnosi

c. Numero medio di giorni dalla visita pneumologica (sospetto diagnosi) alla diagnosi

d. Numero medio di giorni dalla richiesta del test molecolare alla ricezione dei risultati e, successivamente, alla diagnosi

e. Numero medio di giorni dalla diagnosi definitiva all’inizio terapia primaria f. Numero di incontri multidisciplinari (su casi di tumore al polmone) g. Clusterizzazione e durata media dei meeting interdisciplinari

h. Numero medio di giorni di ricovero per pazienti con tumore al polmone (se possibile stratificato per comorbilità)

i. Numero medio di ricoveri per pazienti con tumore al polmone

j. Numero medio di visite ambulatoriali di controllo per pazienti con tumore al polmone (se possibile distinto per tipologia di paziente: pazienti operati, pazienti in trattamento attivo, pazienti in follow up)

Questa tipologia di indicatori diventa molto significativa se valutata durante l’esecuzione del processo, in modo da abilitarne il monitoraggio dell’avanzamento e al fine di identificare eventuali situazioni di criticità rispetto al fluire corretto delle attività.

3. Indicatori di saturazione delle risorse. Indicatori di allocazione e saturazione delle risorse (umane, diagnostico-terapeutiche e fisiche) utilizzate per lo svolgimento del processo. Si riportano di seguito alcuni esempi di questa tipologia di indicatori:

a. Numero di pazienti con tumore al polmone trattati con chemioterapia (per tipo) e, se disponibile, relativo costo medio

b. Numero di pazienti con tumore al polmone trattati con terapia biologica (per tipo) e, se disponibile, relativo costo medio

c. Numero di pazienti con tumore al polmone trattati con radioterapia (per tipo) e, se disponibile, relativo costo medio

d. Numero casi di mobilità attiva regionale per pazienti con tumore al polmone

e. Costo dei ricoveri ospedalieri per pazienti con diagnosi principale con tumore al polmone

10 Non sempre la visita è una visita pneumologica

f. Numero di risorse professionali (per ruolo) che partecipano ai meeting interdisciplinari

4. Indicatori di outcome. Indicatori per la valutazione dell’esito clinico conseguente al trattamento della paziente. Ci si riferisce in particolare a:

a. Tasso medio di sopravvivenza libera da progressione di malattia (numero di mesi senza segni evidenti di malattia)

b. Tasso di sopravvivenza globale a 5 anni dalla diagnosi (numero di pazienti con tumore al polmone che sopravvivono dopo 5 anni dalla diagnosi) Attraverso queste quattro tipologie di indicatori è possibile dimensionare i volumi in gioco all’interno del processo e quindi le risorse necessarie per la gestione dello stesso. La correlazione tra i dati delle diverse tipologie permette di valutare al contempo l’efficienza del processo e dell’erogazione dei servizi, l’efficacia e la qualità. Per ogni indicatore possono inoltre essere identificati i range di riferimento per volumi, tempi ed esiti relativamente alle best practice.

In base alla disponibilità di dati a livello nazionale, regionale o di singolo ente è possibile inoltre entrare ad un livello di analisi che considera la singola macro-fase del processo andando a definire il profilo di consumo delle risorse della macro-fase. La definizione del profilo di consumo di risorse può permettere di identificare aree di criticità (es. alti consumi a fronte di scarsa produttività e/o qualità del processo) da andare a rivedere o al contrario best practice in termini di efficacia e/o efficienza da andare a valorizzare o ad estendere.

Il processo di riferimento con sintesi dei principali indicatori è rappresentato nella figura seguente.

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f. Numero di risorse professionali (per ruolo) che partecipano ai meeting interdisciplinari

4. Indicatori di outcome. Indicatori per la valutazione dell’esito clinico conseguente al trattamento della paziente. Ci si riferisce in particolare a:

a. Tasso medio di sopravvivenza libera da progressione di malattia (numero di mesi senza segni evidenti di malattia)

b. Tasso di sopravvivenza globale a 5 anni dalla diagnosi (numero di pazienti con tumore al polmone che sopravvivono dopo 5 anni dalla diagnosi) Attraverso queste quattro tipologie di indicatori è possibile dimensionare i volumi in gioco all’interno del processo e quindi le risorse necessarie per la gestione dello stesso. La correlazione tra i dati delle diverse tipologie permette di valutare al contempo l’efficienza del processo e dell’erogazione dei servizi, l’efficacia e la qualità. Per ogni indicatore possono inoltre essere identificati i range di riferimento per volumi, tempi ed esiti relativamente alle best practice.

In base alla disponibilità di dati a livello nazionale, regionale o di singolo ente è possibile inoltre entrare ad un livello di analisi che considera la singola macro-fase del processo andando a definire il profilo di consumo delle risorse della macro-fase. La definizione del profilo di consumo di risorse può permettere di identificare aree di criticità (es. alti consumi a fronte di scarsa produttività e/o qualità del processo) da andare a rivedere o al contrario best practice in termini di efficacia e/o efficienza da andare a valorizzare o ad estendere.

Il processo di riferimento con sintesi dei principali indicatori è rappresentato nella figura seguente.

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Figura 4- fasi del processo di riferimento di presa in carico del paziente e indicatori

(29)

capitolo 3 – ulteriori proposte per un percorso

ottimale di presa in carico del paziente con tumore al

polmone

(30)
(31)

il materiale biologico al momento della diagnosi

Le proposte

(1) Per assicurare ai pazienti con carcinoma non a piccole cellule del polmone in fase avanzata una gestione diagnostica e terapeutica corretta e coerente con le attuali linee guida, si propone l’attivazione un modello assistenziale “cost-effective” che preveda la contemporanea esecuzione della caratterizzazione morfologica, immunofenotipica e biomolecolare in centri selezionati con volumi di attività tali da assicurare la tempestività e l’attendibilità necessarie per la pianificazione del miglior trattamento, garantendo la continuità assistenziale nelle strutture del SSN e riducendo il fenomeno della migrazione sanitaria.

Allo stato attuale la scelta del trattamento medico da proporre al paziente con malattia metastatica si basa sulle caratteristiche dello stesso e sulle caratteristiche biologiche della malattia. Per tale motivo le linee guida delle società di oncologia medica italiana, europee e americana impongono che per i pazienti affetti da carcinoma non a piccole cellule in fase metastatica debbano essere forniti all’oncologo medico non soltanto una precisa tipizzazione istologica, ma anche un pannello di markers biomolecolari necessari per pianificare il“miglior trattamento”.

Alcuni test molecolari, definiti non-in situ, richiedono DNA estratto da preparati istologici o citologici mentre i test in situ necessitano di sezioni di tessuto o cellule da destinare ad analisi immunoistochimiche e/o test FISH. Pertanto, la qualità e la quantità del materiale biologico tumorale rappresentano un punto critico in tutto il percorso diagnostico-terapeutico.

A tal proposito, circa due terzi dei pazienti con tumore al polmone non sono candidabili all’intervento chirurgico e dispongono soltanto di una minuta biopsia e/o di un prelievo citologico. Tale materiale, per quanto minimale, può permettere di effettuare indagini molecolari e consentire al paziente di essere trattato con farmaci mirati riconosciuti dall’AIFA, o eventualmente di entrare in trials clinici in cui specifiche analisi molecolari vengono richieste. Tuttavia, è importante sottolineare che, nel contesto di biopsie già di per sé minute, la componente neoplastica utile può risultare esigua e insufficiente oppure parzialmente sufficiente per i test molecolari. Particolarmente in questi casi, l’anatomopatologo ha la responsabilità clinica ed etica del tessuto in suo possesso e, sulla base del prelievo disponibile, dovrà decidere caso per caso quanti esami morfologici effettuare, inclusi i test immunoistochimici per la caratterizzazione tumorale, e quale priorità dare ai test molecolari.

Inoltre, va considerato che, sulla base delle conoscenze sempre più approfondite riguardo alle alterazioni geniche suscettibili di un trattamento farmacologico mirato e dei nuovi farmaci approvati per la pratica clinica, il numero dei test molecolari necessari per definire la migliore terapia sta progressivamente aumentando e conseguentemente aumenta anno dopo anno la quantità di tessuto necessaria per l’esecuzione delle indagini molecolari.

La terapia del tumore polmonare è stata notevolmente modificata dalla introduzione nella pratica clinica di farmaci biologici rivolti verso specifiche alterazioni geniche. Queste nuove acquisizioni hanno portato a cambiamenti anche nell’approccio

(32)

diagnostico per la corretta definizione del tipo istologico di tumore polmonare che rappresenta lo snodo principale nell’iter terapeutico che il paziente dovrà affrontare11. Sia la caratterizzazione morfologica che la individuazione di specifiche alterazioni molecolari (quali le mutazioni di EGFR e i riarrangiamenti del gene ALK1 e ROS1) sono necessarie per la scelta terapeutica e richiedono una adeguata disponibilità di materiale biologico. Oggi pertanto è indispensabile la determinazione dello stato mutazionale del gene EGFR per il trattamento di I linea con erlotinib, gefitinib o afatinib, e la determinazione della traslocazione del gene ALK/ROS1 per il trattamento con crizotinib.

Recentemente, l’anatomopatologo è chiamato a valutare anche altri marcatori, quali PDL1 e PD1, in funzione della immunoterapia, e altri biomarker (Kras, Braf, HER2, RET, MET) potrebbero a breve entrare a far parte della caratterizzazione molecolare del paziente con cancro polmonare avanzato. Tutto ciò implica la possibile difficoltà a rispondere compiutamente alle richieste per mancanza di materiale biologico.

E’ altresì necessaria la determinazione dello status di PDL1 per la selezione dei pazienti idonei al trattamento con il farmaco immunoterapico Pembrolizumab, dopo progressione a chemioterapia a base di platino e soprattutto a breve per il suo impiego in prima linea (in pazienti con PDL1 ≥ 50%).

Allo stato attuale presso la maggior parte delle strutture sanitarie questo processo diagnostico-terapeutico presenta le criticità qui di seguito esplicitate.

1. Nella prima fase la caratterizzazione morfologica della neoplasia viene effettuata su materiale istologico e/o citologico, preferibilmente ottenuto in corso di procedure diagnostiche a bassa invasività quali la broncoscopia tradizionale con biopsia e/o spazzolato mirato o trans- bronchiale, l’ecoendoscopia con agoaspirato linfonodale trans bronchiale, l’ago- biopsia/ago aspirato trans parietale TAC guidato o la semplice toracentesi eseguite cura del chirurgo toracico, dello pneumologo o del radiologo interventista in regime di ricovero ordinario (RO) o, preferibilmente, in day hospital (DH) o in regime ambulatoriale.

Stante il carattere poco invasivo delle suddette procedure, il campione è inevitabilmente di ridotte dimensioni o esclusivamente citologico e pertanto il rendimento diagnostico e l’attendibilità sono fortemente condizionati non solo dalla esperienza specifica del patologo ma anche dal volume e dalla continuità di casi afferenti alla struttura, potendo qui definire come

“attendibile” un Centro che effettui almeno 100 nuove diagnosi/anno di carcinoma del polmone su prelievi ottenuti da procedure a bassa invasività.

2. La semplice definizione dell’istotipo, già di per se condizionata da quanto sopra esposto, non è più sufficiente al fine di effettuare la scelta terapeutica appropriata stante che oggi il carcinoma non a piccole cellule e non squamoso può beneficiare della terapia medica con farmaci biologici sulla base del profilo biologico della neoplasia per la cui caratterizzazione è necessario effettuare almeno i test biomolecolari sotto indicati:

a. mutazioni del gene EGFR e k-RAS, che possono essere eseguiti presso le UO di Anatomia Patologica attrezzate con laboratorio di biologia

11 The 2015 World Health Organization Classification of Lung Tumors, Journal of Thoracic Oncology, Volume 10, 1243-1260, 2015.

(33)

molecolare e/o presso i laboratori di biologia molecolare di strutture private o pubbliche del territorio, utilizzando ricetta rossa regionale;

b. traslocazione del gene ALK/ROS1, che viene determinata presso le UO di Anatomia Patologica attrezzate con metodica IHC e/o FISH;

c. status di espressione di PDL1, che viene determinata presso le UO di Anatomia Patologica attrezzate con metodica IHC.

3. Questo articolato processo diagnostico di tipizzazione istologica e caratterizzazione biomolecolare della neoplasia, avviene molto frequentemente in fasi successive, non coordinate e spesso in centri con insufficienti volumi di attività. Ciò comporta le seguenti ulteriori criticità:

a. mancata valutazione nella fase iniziale dell’adeguatezza del campione al fine di effettuare i test necessari per la scelta terapeutica con farmaci biologici;

b. ingiustificato consumo di gran parte del campione, di per sé già di piccola quantità, ai fini della sola diagnosi di istotipo;

c. studio molecolare effettuato solo in seconda battuta, su richiesta dell’oncologo, con necessità di rivalutare il campione e inviarlo da un laboratorio all’altro, in strutture regionali o extra-regionali diverse da quelle in cui è stata effettuata la prima diagnosi, con non pochi rischi di inattendibilità legati anche alla metodologia della prima processazione oltre che ad ingiustificabili ritardi nell’inizio della terapia;

d. forzata rinuncia da parte dell’oncologo ad iniziare rapidamente e in prima istanza, quei trattamenti che necessitano di una valutazione molecolare preventiva, non offrendo al paziente la migliore cura;

e. necessità di sottoporre i pazienti ad ulteriori procedure diagnostiche finalizzate alla caratterizzazione del profilo biomolecolare con aumento del rischio e dei disagi per i pazienti;

f. ritardo nei tempi;

g. ingiustificata lievitazione dei costi.

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