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7. Verso territori... un po’ meno sospesi

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Academic year: 2021

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Verso territori...

un po’ meno sospesi

Al termine di questo percorso di studio proviamo a fare sintesi della acquisizioni che ci sono pervenute e a immaginare alcune li-mitate indicazioni per lo sviluppo del tema delle aree interne e del caso di studio, sia in termini conoscitivi che progettuali.

La chiave unificante dell’approfondimento che abbiamo condotto è rappresentata dalla definizione e dal contributo allo studio delle aree interne, ampia categoria di identificazione territoriale, moto-re della Strategia Nazionale. Tale iniziativa, di carattemoto-re primaria-mente economico e politico è bene ricordarlo, costituisce di fatto il primo tentativo di sistema per l’intervento in queste ampie zone del Paese e nell’ambito dei programmi di finanziamenti econo-mici europei si pone come una novità assoluta.

Alla luce di questo fatto, la Strategia rappresenta sicuramente un dato rilevante sotto ogni punto di vista. Nel proseguo dell’indagine ci siamo occupati di comprendere con maggior precisione, le com-plesse dinamiche di funzionamento dell’iniziativa: per quanto in larga parte pertinenti a uno studio procedurale riguardante la dia-lettica fra le istituzioni coinvolte, da quest’esame si traggono signi-ficative indicazioni sul metodo di lavoro della Strategia, che abban-dona una logica di intervento rigidamente centralista, scendendo al dialogo con i livelli locali più direttamente coinvolti. Sono cioè i

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ter-ritori, che alla luce delle possibilità offerte dalla Strategia, si dichia-rano in una progettualità che riguarda il proprio futuro.

Ma oltre a questi aspetti, lo studio dei documenti ha consenti-to di individuare alcune criticità sulla meconsenti-todologia dell’opera-zione: lacune almeno in parte comprensibili se si tiene a mente il carattere generale delle intenzioni e dello strumento, e che tutta-via costituiscono a nostro parere un passaggio non trascurabi-le, che necessita di ulteriori approfondimenti.

La nostra proposta, che come abbiamo visto si è manifestata nel-la scelta dell’area di studio, è quelnel-la di correggere i criteri per nel-la classificazione dei livelli di perifiericità del territorio nazionale. In questo senso dunque, la matrice presentata al capitolo uno e adottata dalla Strategia come schema attraverso il quale introdur-re nei territori le categorie di centralità o marginalità, non sembra dettagliare al meglio la situazione reale dei contesti locali. A tale proposito, vista la ristrettezza del caso da noi rappresentato, oc-correrebbero ulteriori studi di più ampia scala e distribuzione tali da poter rendere valutabili generalizzazioni di questo assunto. Si segnalano comunque due possibilità correttive:

• in primis l’individuazione di aree omogenee indipendentemente da limiti amministrativi. Aver considerato come riferimento mi-nimo per l’individuazione delle aree le singole realtà comunali porta all’esclusione immediata di tutti quei contesti che appar-tengono a un unico ambito paesaggistico, ambientale, storico e sociale e che si trovano in condizioni intermedie, spesso in si-tuazioni geografiche di confine, la cui lettura non è consentita proprio in ragione della frammentazione amministrativa. • da quanto esaminato sembra poi necessario introdurre

all’in-terno delle considerazioni iniziali di identificazione delle aree interne, alcuni elementi di carattere urbanistico e sociologico. Ciò nella duplice necessità di comprendere meglio la defini-zione della categoria territoriale e di non trascurare aspetti di organizzazione sociale che sono una chiave identitaria di let-tura e di interpretazione di questi contesti.

Ecco quindi la ragione dell’ampio approfondimento del secondo e del terzo capitolo, che hanno lo scopo di dimostrare come l’accezio-ne di territori interni, non sia in realtà un dato immediatamente e esclusivamente associabile a indicatori di perifericità fisica o a

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stan-dard qualitativi o di distanza per l’accessibilità a servizi ritenuti fon-damentali. Dinamiche sociali depressive, scadimento delle qualità ambientali e paesaggistiche, difficoltà sempre maggiori nella for-nitura dei servizi, trasformazioni urbanistiche e decadimento della qualità economica e del capitale territoriale sono infatti fenomeni propri di tutti quei territori per cui oggi, e da qualche decennio, si pone con più urgenza un problema funzionale. Tutte quelle aree cioè, in cui si è interrotto il ciclo vitale territorializzazione-deterritoria-lizzazione-riterritorializzazione, come indicato da Magnaghi e dalla scuola dei territorialisti, sono oggi interessate dalle tendenze evi-denziate dalla Strategia per le Aree Interne.

Non solo dunque i comuni remoti o le zone più distanti dai poli urbani; piuttosto tutti i contesti che sono in attesa, da anni e tal-volta da decenni, di individuare per se stessi una direzione di svi-luppo e una vocazione prevalente. In questa nuova e ancora fluida categoria, che può includere al proprio interno realtà reciproca-mente molto dissimili, ci interessano particolarreciproca-mente i territori ex-rurali, quelli che a partire dal secondo dopoguerra, hanno per-so la propria caratterizzazione legata a un sistema agricolo tradi-zionale di sussistenza, senza riuscire ad acquisirne una nuova. Sono in maggioranza queste aree i nostri territori sospesi. Quelli che provengono da un passato secolare di carattere rurale, che nelle varie forme assunte nel Paese, ha contibuito a definire le relazioni fra le comu-nità umane, la costruzione del paesaggio, gli usi e i costumi della popo-lazione insediata e a formare una storica coscienza di luogo dramma-ticamente e repentinamente occultata nell’ultimo secolo.

Uno spunto necessario offerto e proposto da questo lavoro è dun-que rappresentato da una mappatura di dun-queste zone; come im-maginiamo ci si possa aspettare, in questa nuova geografia della marginalità, come direbbe il paesologo Franco Arminio, sarebbero comprese anche aree molto meno remote in termini fisici e geogra-fici. Parallelamente si dovrebbero identificare le dinamiche storiche che hanno prodotto le attuali condizioni di marginalità, evidente-mente diversificate sia per un possibile diverso passato, sia (e anche per le aree un tempo rurali del Paese) per le varie modalità orga-nizzative dell’attività agricola e della struttura sociale.

Alla definizione di questa edizione riveduta della classificazione delle aree interne potrebbe concorrere lo studio di alcuni feno-meni che interessano proprio queste zone. Esse sono infatti luogo della compromissione e del degrado o della riqualificazione e del

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riuso di un importante patrimonio edilizio, organizzato in centri storici di piccole dimensioni talvolta di grande interesse dal punto di vista urbanistico e architettonico. Sono lo scenario e l’ambien-te della rappresentazione e della sperimentazione di percorsi cul-turali di straordinaria singolarità sia nel campo delle arti visive e figurative, sia per quel che riguarda le esperienze percettive e col-lettive come nel caso della paesologia. Ancora, molto spesso i ter-ritori sospesi sono teatro di scontri e contrasti fra interessi diver-genti in molteplici ambiti; dalle opere pubbliche, alle infrastrutture fino alle politiche di razionalizzazione dei servizi. I dintorni locali, le Fringe Belt di Michael Conzen sono poi un contesto vitale dal punto di vista sociale, per lo sviluppo o la persistenza di un tessuto di relazioni che struttura le comunità e il loro comportamento in relazione al territorio e all’ambiente in cui vivono, per il quale si attivano facilmente sensibilità di partecipazione di rilevante entità. Qui infine, si impone la necessità di risolvere o di declinare nuo-vamente la questione ambientale e paesaggistica, che si presenta con urgenza per il progressivo e sempre più marcato arretramento dell’attività dell’uomo a presidio del proprio territorio.

La Valfreddana rappresenta un esempio delle difficoltà sopra rife-rite. Suddivisa in quattro ambiti amministrativi, ciascuno dei quali appartenente a diverse categorie di perifericità territoriale secondo la Strategia, si trova oggi in una condizione di difficile interpretazio-ne. Il suo passato è quello di una zona di confine, relativamente pros-sima al centro politico ed economico della città eppure storicamente incapace di costruire le condizioni per un percorso di sviluppo ar-monico e unitario. Dal dopoguerra in poi, in particolare, aumentano gli squilibri interni all’area, con una sempre più marcata frammen-tazione sottolineata da scelte urbanistiche diverse e da una comu-ne e diffusa incapacità comu-nel contrastare la perdita e l’invecchiamento della popolazione, l’arretramento quasi totale dell’agricoltura, la contrazione e l’abbassamento qualitativo del livello dei servizi. In particolare, a motivo della suddivisione amministrativa, lo studio della Valfreddana si presenta come un’operazione estremamente complessa e difficoltosa. Al particolare contesto di comprensorio di frazioni si unisce un grande problema conoscitivo, dovuto soprat-tutto alla quantità, qualità e organizzazione dei dati disponibili. Confermiamo e estendiamo ai territori sospesi la considerazione avanzata da Mauro Volpiano per i centri storici, che indica come non trascurabile un problema di conoscenza per questi contesti. Queste

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mancanze, che impongono una ineludibile riflessione al termine di questo lavoro, possiamo imputarle a quella questione funzionale propria di queste aree, a quel ciclo interrotto di riterritorializzazio-ne che oltre a non proporre riterritorializzazio-nessuna prospettiva per il presente e il prossimo futuro dei territori, ha rimosso o resi inadeguati gli stru-menti tradizionali per la conoscenza di questi contesti.

Si sottolinea l’importanza concettuale di questo passaggio, dal mo-mento che le attuali fonti della pianificazione locale, adottano pro-prio questi strumenti i quali sono responsabili di produrre una co-noscenza parziale, lacunosa e talvolta scorretta delle evidenze del territorio. Su di esse si basano ipotesi e strategie progettuali che evidentemente sono il risultato di una lettura territoriale non fedele alla realtà; e si potrebbero trarre conferme di questo aspetto nelle numerose e inattuate previsioni urbanistiche che hanno interessato nel tempo le varie porzioni della Valfreddana.

Alla luce di un’oggettiva impossibilità di ottenere un livello di cono-scenza territoriale fedele e pertinente alla reale situazione del ter-ritorio, abbiamo immaginato due possibili direzioni di approfondi-mento che costituiscono dei segmenti integrativi per la costruzione di un quadro conoscitivo dell’area, possibile nella sua completezza, solo correggendo le incongruenze di cui sopra. Dal punto di vista urbanistico, mantenendoci a un livello di scala territoriale, abbiamo indagato alcuni aspetti della lettura geografica della Valfreddana, secondo le elaborazioni di Conzen e Turri, soffermandoci in parti-colare sulle caratteristiche dell’impianto urbano e della sua evolu-zione dei nuclei insediativi del territorio, accompagnandolo da un raffronto in senso diacronico dell’evoluzione degli spazi aperti, pa-rametro particolarmente significativo per la percezione della qualità ambientale e paesaggistica del territorio.

Parallelamente abbiamo rivolto a un campione significativo la popolazione, un questionario sulla percezione della qualità del-la vita in un territorio a bassa densità da parte dei suoi abitanti. La scelta di un metodo di analisi quantitativo proprio degli stru-menti di indagine della sociologia territoriale, ha così integrato le conoscenze mancanti per la ristrettezza dei dati a disposizione, mostrando un quadro estremamente significativo della Valfred-dana e della sua comunità. Un’area complessa che conosce se stessa in maniera assai approfondita; che si riconosce come pun-ti di forza un’alta qualità paesaggispun-tica e ambientale; che soffre e talvolta gravemente, la mancanza dei servizi e la scarsa organiz-zazione di quelli esistenti; e che individua la necessità

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stringen-te di investimenti multisettoriali per la creazione di diversificastringen-te occasioni di lavoro sul territorio in grado di attivare piccole filie-re produttive e di riportate popolamento e vitalità nei paesi.

In sintesi, al termine di questo lungo e appassionante percorso, possiamo indicare alcune conclusioni che ci auguriamo possano essere stimolo per la prosecuzione delle ricerche e del lavoro:

• è necessario in prima battuta, alla luce della complessità dei fe-nomeni che interessano tutti i territori marginali, riformulare le categorie della marginalità, considerando questioni di carattere sociale e urbanistico;

• al fine di poter pervenire a un quadro conoscitivo utile alla com-prensione delle aree marginali, è necessario affinare le tecniche e i metodi di rilevazione dei dati di interesse per indagini e anali-si urbanistiche, non dimenticando di operare frequenti passaggi di scala, utili a una conoscenza adeguata di relazioni e dinami-che proprie di contesti territoriali più minuti;

• indichiamo, a tale proposito, due possibili direzioni di indagine che mirano ad approfondire importanti relazioni urbanistiche per questa categoria territoriale (studio degli impianti urbani e degli spazi aperti) e a integrare il livello di conoscenza del tessuto sociale dei contesti locali attraverso un dato percettivo proveniente dalla sua popolazione (questionario sulla qualità della vita percepita). Auspichiamo dunque una replicazione di tali indicazioni ad altri simili contesti locali, favorita anche da un sempre più evoluto si-stema di strumenti conoscitivi.

Riguardo alle proposte progettuali, che possiamo avanzare e sommariamente richiamare come ultima acquisizione del lavo-ro, il dato più significativo riguarda l’impossibilità di procedere a una progettazione unisettoriale volta alla creazione o alla risco-perta di un’identità e vocazione dominante per il territorio.

Si impone cioè la ricerca di soluzioni e di proposte progettuali e di pianificazione in grado di intercettare e organizzare la vitali-tà espressa dal contesto locale in molteplici settori, dal turismo, all’agricoltura; dal recupero edilizio ai nuovi servizi e così via. A tale proposito, sono utili i percorsi presentati nei numeri uno, due e quattro di Scienza del Territorio, la rivista della Società dei Territorialisti, che ha scelto di inaugurare la sua recente storia,

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parlando proprio dell’ Italia interna. Dalle esperienze riporta-te si mostra chiaramenriporta-te come il riscatto della marginalità trovi forza nell’attivazione di contesti singolari, in grado di farsi por-tatori di segnali di inversione di tendenza. E’ il caso del grup-po di azione Progetto BAREGA nel Sud della Sardegna; o gli studi sulle nuove forme di popolamento rurale che interessa-no in particolare il centro e il interessa-nord Italia e molte altre ancora.1

Conoscenza e multisettorialità dunque, per interrompere un pre-sente incerto e rendere questi territori… un po’ meno sospesi.

1 Per maggior dettagli consultare i tre numeri di Scienza del Territorio. Ritorno alla terra-vo-lume 1, Firenze University Press, Anno 2013. Ritorno alla terra-voterra-vo-lume 2, Firenze University Press, Anno 2014. Riabitare la montagna-volume 4, Firenze University Press, Anno 2016.

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