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Normativa italiana sulla tutela delle acque Premessa Introduzione

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Academic year: 2021

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Introduzione

Premessa

L'acqua è una risorsa finita e vulnerabile, essenziale per la vita sulla terra, per lo sviluppo e per l'ambiente.

Sulla terra si calcolano circa 1 miliardo e 370 milioni di chilometri cubi di acqua contenuta negli oceani, senza contare l'enorme quantità presente nelle profondità del globo o quella presente nelle calotte glaciali, nel sottosuolo, nei laghi e nei fiumi, nei ghiacciai.

Il problema dell'importanza strategica dell'acqua nasce proprio dal fatto che, pur essendo presente in quantità enormi sul nostro pianeta, pochissima è quella pura, non salata e non inquinata da sostanze velenose e batteri, essa inoltre è mal distribuita. Di tutta l'acqua presente in varie forme sulla terra, il 97,5% è salata e del restante 2,5%, circa il 70% è ghiacciata nelle calotte polari.

L'altro 30% è soprattutto presente sotto forma di mistura al suolo (terra umida, fanghi) o nelle falde acquifere. Meno dell'1% ( circa lo 0,0007% del totale dell'acqua del mondo) è di pronto accesso per gli usi umani nei fiumi, nei laghi, nelle sorgenti e nelle riserve del sottosuolo.

La domanda di acqua è in continuo aumento e i rifornimenti, specialmente delle falde acquifere, non riescono a tenerne il passo.

L’evoluzione del clima e le attività antropiche stanno progressivamente riducendo la disponibilità e la qualità della risorsa idrica in molte aree.

Le normative europee e di conseguenza anche quelle italiane, per una corretta gestione della risorsa idrica sono finalizzate a tutelarne la qualità e la quantità.

Normativa italiana sulla tutela delle acque

Il quadro normativo italiano di riferimento è rappresentato dal D. Lgs. 152/1999 che recepisce la direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e la

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direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole

Gli obiettivi del decreto, descritti nel primo articolo, possono essere così riassunti: • prevenzione e riduzione dell'inquinamento e risanamento dei corpi idrici inquinati; • miglioramento dello stato delle acque e protezione di quelle destinate ad usi particolari; • consumo oculato delle risorse idriche ed in particolare delle acque potabili;

• mantenimento della capacità di autodepurazione dei corpi e della loro idoneità a conservare la vita di specie animali e vegetali ampie e ben diversificate.

Per ottenere ciò il decreto individua i seguenti strumenti:

• individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

• tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni,

• rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

• adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici; • individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone

vulnerabili e nelle aree sensibili;

• individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.

Il decreto introduce, per la prima volta in Italia, la definizione legislativa generale di scarico, di agglomerato e il concetto, innovativo rispetto alla normativa precedente, di carico massimo ammissibile per ciascun corpo idrico al fine di conservarne la buona qualità o per consentirne il miglioramento rispetto alle condizioni più scadenti.

Fra le tante vengono fornite anche le seguenti definizioni:

- acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

- acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;

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- acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue civili, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento.

Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono rispettare i valori limite di emissione forniti nell'Allegato 5.

La nuova impostazione proposta dal decreto sposta l'attenzione dal controllo del singolo scarico all'insieme degli eventi che determinano l'inquinamento dei corpi idrici: non è infatti sufficiente controllare che uno scarico rispetti i limiti di emissione, ma bisogna garantire che l'insieme degli scarichi e delle altre attività non siano comunque tali da pregiudicare la qualità del corpo idrico. Questo importante concetto permette di impostare l'azione di prevenzione e di risanamento, avendo come riferimenti precisi traguardi di riduzione dei carichi inquinanti relativi alle esigenze ed alle caratteristiche qualitative di ciascun corpo idrico.

Oltre alla prevenzione dell'inquinamento, l'altro punto cardine del decreto è rappresentato dal risparmio idrico che si basa, da un lato sull'eliminazione degli sprechi e sulla riduzione dei consumi, dall'altro sull'incremento del riciclo e del riutilizzo.

Riutilizzo delle acque reflue

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio visto l’articolo 26, comma 2, del suddetto D. Lgs 152/1999 ha emanato il regolamento recante le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (Decreto Min. Ambiente n. 185).

Obiettivo del provvedimento è la limitazione delle acque superficiali e sotterranee, la riduzione dell’impatto sui corpi idrici recettori e il risparmio attraverso l’utilizzo multiplo delle acque reflue: tutto ciò per tutelare la qualità e la quantità delle risorse idriche italiane. Le acque reflue recuperate, che devono avere degli standard di qualità ambientale e requisiti chimico-fisici e microbiologici indicati dal decreto, possono avere le seguenti destinazioni:

• uso irriguo: per l’irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale sia a fini non alimentari, nonché per l’irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative e sportive;

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• uso civile: per il lavaggio delle strade nei centri urbani, per l’alimentazione di sistemi di riscaldamento o raffreddamento , per l’alimentazione di reti duali, separate da quelle delle acque potabili , con esclusione dell’utilizzo diretto di tale acqua nelle abitazioni private ad eccezione degli scarichi dei servizi igienici;

• uso industriale: come acqua antincendio, di lavaggio, di processo, per i cicli termici dei processi industriali con l’esclusione di usi che comportano il contatto tra queste acque e alimenti, prodotti farmaceutici e cosmetici.

Per dare tutte le garanzie ambientali ed igieniche nel riutilizzo delle acque reflue, il decreto prevede che le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate siano separate e realizzate in maniera tale da evitare rischi di contaminazione alla rete di adduzione e distribuzione delle acque per uso potabile e adeguatamente contrassegnate.

Nell’allegato al decreto sono riportati i requisiti minimi di qualità delle acque reflue recuperate all’uscita dell’impianto di recupero.

Il riutilizzo delle acque reflue depurate può essere considerato un espediente innovativo ed alternativo nell’ambito di un uso più razionale della risorsa idrica. Il vantaggio economico del riutilizzo risiede nel fornire alla comunità un approvvigionamento idrico, almeno per alcuni usi per i quali non si richieda acqua di elevata qualità, a costi più bassi, poiché il riciclo costa meno dello smaltimento.

Scopo e organizzazione del lavoro

Quello dell’acqua e del suo risparmio è oggi un problema molto sentito in modo particolare in quei settori ad elevato sfruttamento delle risorsa idrica come quello conciario.

Dal grafico in Figura I si vede che nel comprensorio si consumano quantità molto consistenti d’acqua che variano sensibilmente con l’andamento del mercato e che si attestano all’incirca su valori pari a 5,8 milioni di metri cubi anno.

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Figura I: consumo di acqua negli ultimi anni nel comprensorio del cuoio

Per dare un’idea del consumo d’acqua basti pensare che per ogni chilo di pelle prodotta sono utilizzati nella filiera mediamente 40 litri d’acqua, e che tale volume è già il frutto di una evoluzione del processo se si pensa che negli anni '50 per ogni chilo di pelle ne venivano impiegati circa il doppio.

Si capisce quindi che l’acqua è una risorsa fondamentale dell’intero settore e una razionalizzazione del suo impiego è oggi una necessità per evitare in futuro il depauperamento di tale risorsa e problemi di dissesto idrogeologico dell’intera area.

La presente tesi rientra in un progetto più ampio di messa a punto di sistemi alternativi di trattamento terziario e di disinfezione di acque di depurazione, finalizzati all’ottenimento di acque con un grado di qualità tale da poter essere impiegate nel ciclo del cuoio.

Con il trattamento si cerca di ottenere un'acqua che abbia parametri chimico-fisici e batteriologici che rientrino nei limiti imposti dal Decreto n.185 del Ministero dell'Ambiente, e contemporaneamente che garantisca elevati standard di qualità della pelle trattata con tale acqua.

In particolare fra i possibili tipi di trattamento è stato esaminato quello con ozono per individuare se l'impiego di un tale reagente potesse bastare a garantire un'acqua con caratteristiche tali da essere utilizzata per produrre pelli di ottima qualità.

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Data la natura del trattamento in esame, la sperimentazione è stata condotta su reflui civili, poiché, a differenza dei reflui industriali, presentano un minor carico inquinante e una minore salinità come si può vedere dai dati riportati in Tabella I.

Civile (medio) Industriale (medio)

pH 7,05 8,05 Conducibilità (µS) 2700 9400 SS (mg/l) 19,45 161 COD (mg/l) 43,29 468 TOC (mg/l) 9,37 125 Cl- (mg/l) 560 2950 SO42- (mg/l) 180 1550

Tabella I: valori medi di alcuni parametri caratteristici, rispettivamente, dei reflui civili e industriali

La valutazione del trattamento viene fatta considerando essenzialmente i seguenti aspetti: - qualità dell’acqua e rispetto dei limiti legislativi imposti della normativa di riferimento

(DM 185);

- prestazioni merceologiche e tecniche del cuoio finito paragonate a quelle che si ottengono attualmente con acqua di pozzo;

- costi sostenibili dalle aziende.

I tre aspetti presi in considerazione possono anche fornire validi criteri per un confronto fra il trattamento con ozono ed altri metodi di depurazione delle acque civili attualmente in fase di studio.

Da un punto di vista dell'organizzazione del lavoro, inizialmente sono state analizzate le due tipologie di impianti più direttamente coinvolte e cioè le concerie e il depuratore Aquarno di S. Croce sull'Arno.

Vengono infatti descritti sia il processo di concia, sia l'impianto di depurazione Aquarno, limitatamente alla parte inerente al trattamento dei reflui civili, che sono quelli analizzati nel presente lavoro.

È stato ritenuto opportuno riportare i dati trovati in letteratura in merito alle proprietà dell'ozono e alla sua chimica in acqua al fine di rendere più chiaro il lavoro sperimentale svolto.

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La verifica sperimentale è stata suddivisa in due parti: la prima consiste nell'ottimizzazione del trattamento attraverso il raggiungimento di un compromesso fra grado di miglioramento delle caratteristiche dell'acqua e costi di produzione dell'ozono; la seconda riguarda la valutazione delle pelli ottenute impiegando l'acqua trattata in alcune fasi della concia.

La sperimentazione è stata svolta presso PO.TE.CO., polo tecnologico conciario di Santa Croce sull'Arno.

Figura

Figura I: consumo di acqua negli ultimi anni nel comprensorio del cuoio
Tabella I: valori medi di alcuni parametri caratteristici, rispettivamente, dei reflui civili e industriali

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