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CAPITOLO 3 LE SEGRETERIE NEL PRINCIPATO MEDICEO DI COSIMO I

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CAPITOLO 3

LE SEGRETERIE NEL PRINCIPATO MEDICEO DI COSIMO I

Nella struttura del principato mediceo le segreterie sono gli organi che più immediatamente sono a contatto con il principe e ne eseguono la volontà. Sono lo strumento principale di cui si servono i regnanti di casa Medici per instaurare l’assolutismo e per garantire la vitalità del loro dominio.

In particolare Cosimo I, consapevole dell’importanza di un’efficace diplomazia, se ne serve per instaurare il proprio potere.

Le sue scelte sul versante delle riforme istituzionali, delle scelte militari, dell’accentramento amministrativo, della diplomazia e della burocratizzazione, portano consistenti cambiamenti, muovendosi molto spesso sul filo delle opportunità piuttosto che seguendo un disegno precostituito verso un regime autocratico1. Un segnale e un elemento fondamentale di questo processo è costituito dalla organizzazione delle segreterie2, le quali, proprio perché si trovano nell’intersezione fra governo e corte, contribuiscono a garantire stabilità al regime e centralità alla figura del principe. Cosimo cerca, quando gli è possibile, di staccarsi dalla minoranza che lo appoggia e non appena il suo potere assoluto comincia a rafforzarsi oppone alle magistrature politiche, composte da cittadini, tecnici di fiducia ai quali rimette la trattazione degli affari pubblici3. I segretari, insieme agli auditori, sono gli strumenti del governo personale; ad essi è affidato l’effettivo disbrigo degli affari, prima trattati da commissioni di cittadini e dai magistrati dell’ordinamento repubblicano. Per effetto di questa sostituzione il principe si emancipa dai legami degli ordinamenti tradizionali, li subordina alla sua volontà e li piega per servire ad uno scopo ben diverso da quello previsto dai riformatori del 15324.

1

M. FANTONI, La corte del granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma, Bulzoni, 1994.

2

La riorganizzazione delle segreterie sarà perfezionata da Ferdinando I (1587-1609) e da Cosimo II (1609-1621).

3

A. ANZILOTTI, La crisi della Repubblica fiorentina, Roma, Multigrafica Editrice, 1969, p. 122-123.

4

Si tratta di due categorie che meritano particolare attenzione: quella degli auditori e quella dei segretari. I primi possono essere definiti una sorta di “ministri”, in quanto responsabili di determinati settori degli affari dello Stato. Partecipano alle riunioni delle principali magistrature cittadine, vi rappresentano la persona del duca e riescono così a garantire con questo continuo collegamento, il potere nelle mani del Duca. Sono dottori in materie giuridiche, ed hanno molta esperienza nel loro settore. Tre sono le cariche di Auditore: delle Riformagioni, Fiscale e della Giurisdizione. Le prime due sono ricoperte da Jacopo Polverini, e alla sua morte affidate rispettivamente a Francesco Vinta ed Alfonso Quistelli. Auditore della Giurisdizione è Lelio Torelli fino al 1576. Sono anche consulenti del duca che in alcuni casi affida loro il ruolo di giudici. I secondi sono uomini di fiducia del duca. Questa ricerca cerca di delineare la fisionomia e le competenze di quest’ultimo gruppo di funzionari, più numeroso rispetto a quello degli auditori.

(2)

Per i primi anni del principato di Cosimo I è molto arduo cercare di ricostruire l’organizzazione della segreteria e le competenze affidate a ciascun segretario. Non sembra sia neppure possibile parlare di distinzioni di mansioni proprio perché i poteri degli organi e degli uffici dipendono soltanto dalla volontà del principe, la cui concezione del potere non ammette limitazioni di alcun tipo, e tanto meno contrasti5. Tuttavia, proprio per accentrare sempre di più il potere nelle proprie mani, Cosimo si contorna di persone che non appartengono alla vecchia classe oligarchia, ma possiedono tutti i requisiti per costituire una burocrazia competente e efficiente6.

Cosimo non fa altro che inserirsi perfettamente nel sistema che si sta diffondendo nelle principali corti europee perché, tra la prima metà del XVI secolo e la prima del XVII, la carica di segretario assume un ruolo di rilievo in tutti i sistemi di governo che si costituiscono nell’Europa occidentale.

Francesco Sansovino nella sua celebre opera “Del segretario” scrive “la degnità del segretario è tanto importante che i teologi l’hanno agguagliata a gli angeli più vicini a Dio perch’egli è prossimo al principe ne’ servizi, non del corpo o della facultà, ma dello spirito […] che rende l’ufficio onoratissimo e degno” e continua sostenendo che il segretario è colui che “ […] procaccia più l’utile del suo signore che il suo proprio e particolar bene “7.

Il segretario si presenta come un personaggio nuovo soprattutto nei modi di essere e agire e meglio di ogni altro rappresenta il rigore e l’efficacia del potere monarchico; altro

5

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Carteggio Universale di Cosimo I de’ Medici. Inventario a cura di Anna Bellinazzi e Claudio Lamioni, Giunta Regionale Toscana/La Nuova Italia, Firenze, 1982, p. XXII.

6

G. SPINI (a cura), Potere centrale e strutture periferiche nella Toscana del ‘500, Firenze, L. Olschki, 1980, pp. 29-31.

7

F. SANSOVINO, L’avvocato e il segretario, a cura di Piero Calamandrei, Le Monnier, Firenze, 1942, p. 151. Scrive ancora il Sansovino, “ […] Quelli che servono i principi hanno maggior peso e più travaglio degli altri, onde di conseguenza son più stimati e onorati del mondo […]. Ora conoscendosi per ognuno quanto sia d’importanza questo ufficio onorato, diciamo che a volersi far degno di tanto grado, bisogna ch’il segretario innanzi a tutte l’altre cose, sia letterato, fedele, di bello e piacevole ingegno, industrioso e prudente. Quanto alla letteratura non è dubbio alcuno che non può essere per il suo carico, se non è conoscitor delle dottrine e delle lingue più usate, e nelle quali scrive comunemente. Dell’usate diciamo che la latina e la volgare hanno il primo luogo […]. Ancora che il segretario avesse dottrina, industria e prudenza, con tutte le altre onorate qualità che si richieggono a una persona eccelente, e non fosse fedele, non farebbe nulla, perché nocendo con macchia pur troppo grande con l’infedeltà al suo signore, vituperebbe se medesimo. Però egli si dee ricordare d’esser il cuore e la mente della corte […]. Onde la sua taciturnità sarà uguale alla grandezza del carico, acciochè non si perda per leggerezza quel che con fatica e con lunghezza di tempo l’uomo si acquista nelle menti de’ grandi, cioè il buon nome che importa più che tutte ricchezze del mondo […]. Alle predette parti si voglino aggiungere la piacevolezza e l’ingegno, col quale si condiscono tutte l’altre sue qualità […]. Resta che il segretario sia industrioso cioè diligente […]. S’ingegni adunque il segretario d’esser sempre con la persona del principe o poco lontano […]. Nel carattere della scrittura, sia copioso di figure, ma soprattutto abbia bellissima mano nella cancelleresca, la quale è così detta perché si usa e si conviene a’ cancellieri cioè segretari […]. Tale adunque vogliamo che sia il segretario […] cioè che colui è vero e compiuto segretario, che, stimando il proprio onore e la grandezza, procaccia più l’utile del suo signore che il suo proprio e particolar bene […]”.

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non è che la risposta pratica che il potere dà ai nuovi e più vasti bisogni che deve fronteggiare.

La storiografia arriva a considerare la carica di segretario come uno degli elementi costitutivi del processo di formazione dello stato moderno e dell’assolutismo. Il trionfo del segretario si configura così come il trionfo della modernizzazione sulla società e sulle strutture di potere tradizionali. La contemporaneità del fenomeno negli Stati della penisola ed europei è sicuramente determinata dal fatto che comuni sono i problemi che i regnanti devono affrontare sia in politica che nell’amministrazione e le risposte che trovano sono simili nello spazio e nel tempo8. Il fatto poi che i segretari siano stati usati come elementi cardine dei sistemi di governo sia monarchici che repubblicani è dipeso sia dalla crescita delle competenza tecniche necessarie alla pratica di governo sia alle ottime prove dimostrate dai cancellieri e segretari che operavano nelle magistrature trecentesche e quattrocentesche.

Nella Toscana medicea già il duca Alessandro si avvale dell’esperienza e dell’abilità dei segretari che si occupano del governo di Firenze e indirizzano, per conto di Clemente VII, la politica del Duca9. Ma, nonostante la figura e il significato del segretario risentano dei giudizi positivi e negativi sul regime mediceo, è Cosimo I che, nello sforzo di costruire un nuovo Stato, individua nei segretari i collaboratori più fidati e validi e in una efficiente diplomazia lo strumento per accentrare nelle proprie mani il poetere assoluto.

Questi soggetti, indipendentemente dalla carica ricoperta e dal ruolo svolto, hanno in comune alcune caratteristiche: appartengono a famiglie fedeli ai Medici, provengono dal contado e dal resto del dominio, se non addirittura da altri Stati, e sono in genere di modeste origini10. Si tratta di “uomini nuovi”, la cui carriera e fortuna è legata al benvolere del Duca. La loro formazione è simile: la maggior parte ha studiato diritto nello studio di Pisa o ha accumulato esperienza al seguito di qualche signore. Il loro ingresso nel governo avviene o tramite la parentela con un altro segretario o perché presentati da uno potente.

8

F. ANGIOLINI, Dai segretari alle « segreterie » :uomini ed apparati di governo nella Toscana medicea (metà XVI secolo- metà XVII secolo) in Società e Storia, XV, 58, 1992, pp. 701-705.

9

B. LITCHFIELD, Emergence of a bureaucracy. The Florentine Patricians, 1530-1790, Princeton University Press, Princeton, 1896, p. 77, “[...] Later, among the councillors of Alessandro De’ Medici in the 1530s were Cardinal Innocenzo Cybo and Francesco Campana, who had experience in the administration and diplomacy of Rome under Clemente VII and had been sent to Florence with the Medici restoration, in the hope that they would help to secure the young duke’s position in the city [...]”.

10

Florence et la Toscane, 14.-19. siècles : les dynamiques d'un état italien / sous la direction de Jean Boutier, Sandro Landi, Olivier Rouchon, Rennes, Presses universitaires, 2004, p. 74.

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Altri invece come Lelio Torelli devono il loro successo e l’ingresso nel sistema del potere alla loro fama di grandi giuristi11.

Sono impiegati dal principe nelle più diverse attività, dalla semplice mansione di scrivani, all’incarico più delicato di inviati presso le corti estere o di inviati in missioni speciali. Trattano e assistono alle trattative in nome del principe fuori dallo Stato e lo coadiuvano nella gestione degli affari interni. Rispetto ad auditori e provveditori, i segretari sembrano rimanere, nonostante gli incarichi affidategli, nella sfera privata dell’attività del principe; come scrive Elena Guarini Fasano i segretari operano come “consiglieri subalterni e esecutori della volontà ducale”, legati “verticalmente con il Principe”12. Cosimo si avvale della loro esperienza e competenze ma non permette che l’autorità politica sia demandata a nessuno nemmeno dei suoi più fedeli collaboratori.

Alcuni sono prelati appartenenti agli ordini minori, altri vescovi, molto spesso dottori in legge e, appaiono spesso in veste di supplicanti per il possesso di benefici ecclesiastici in cui essi stessi o i loro parenti sono interessati, o nelle liste dei gratificati del Duca. Loro caratteristiche sono lo zelo, la perizia, il valore tecnico e la capacità di destreggiarsi tra gli umori cittadini, perchè hanno di mira solo ed esclusivamente la soddisfazione del principe. Solitamente il loro compito è quello di sottoporre al signore le suppliche a lui indirizzate, tenere la corrispondenza e scrivere per il Duca i “rescritti”13. Questo incarico, affidato al Torelli in quanto auditore, consiste nell’esame delle petizioni inviate dai sudditi al principe e decise “per rescritto” sia in via di grazia che di giustizia. Le suppliche, ricevute da un segretario, sono esaminate dal primo auditore e dal Duca; riguardano le materie più disparate, soprattutto la giustizia criminale. Il loro accoglimento spesso comporta la violazione delle leggi emanate dal Duca stesso il quale, per porre rimedio agli abusi

11

E. STUMPO, I ceti dirigenti in Italia nell’età moderna. Due modelli diversi:nobiltà piemontese e patriziato toscano, in I ceti dirigenti in Italia in età moderna e contemporanea, Atti del Convegno, Cividale del Friuli, 10-12 settembre 1983, a cura di Amelio Tagliaferro, Udine, Del Bianco Editore, 1984, p. 179.

12

E. FASANO GUARINI, I giuristi e lo stato nella Toscana medicea cinquecentesca, in Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del cinquecento, Firenze, L. Olschki Editore, 1973, vol. I, p. 239.

13

E. TADDEI, L’auditorato della giurisdizione, in G. SPINI (a cura), Potere centrale e strutture periferiche nella Toscana del ‘500, op. cit. , p. 30.

A. ANZILOTTI, La crisi costituzionale della repubblica fiorentina, op. cit. , p. 125. I memoriali giornalieri presentati dai segretari al duca, contenenti i riassunti del carteggio, documentano un allargarsi dell’azione pubblica di Cosimo che si amplia nell’ amministrazione e nella protezione di più ampi interessi e classi precedentemente trascurate. Al duca pervengono le informazioni dei rettori del dominio, le suppliche dei privati e della comunità, i ricorsi di enti e di persone singole e le raccomandazioni. Il principe è consapevole, in questo modo, di stringere intorno a sé sempre più persone, che riconoscono in lui una forza di difesa e di sostegno. I rescritti che il Duca esprime sono numerosi e spesso recitano: “produca le sue ragioni, chè non se li mancherà giustizia” o “intendiamo si facci il giusto in ognuno e nessuno sia defraudato” , o anche “perchè è giusto e santo si eseguisca” in ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del Principato, f. 617, c. 270.

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connessi all’esercizio di questa facoltà, emana disposizioni che tendono a regolare il corso e il disbrigo delle suppliche, senza però ottenere alcun risultato apprezzabile.

Per mezzo di questo personale i Medici possono accentrare tutti gli affari del governo nelle proprie mani. La loro funzione è importantissima e il Duca cerca in loro un appoggio alla sua politica personale, guadagnandosi fautori con la retta amministrazione della giustizia.

Infatti per Cosimo risulta più facile amministrare la giustizia con l’aiuto di uomini di fiducia e amici, piuttosto che intervenire nelle lotte dei privati e sanarle con la propria autorità14.

Il Primo Segretario, in particolare, assume la funzione di ministro e consigliere del principe15. Si tratta di una carica meno istituzionalizzata rispetto a quella degli Auditori, ma più importante per le attribuzioni e il contatto diretto con il sovrano16.

Gli uffici della segreteria sono molto probabilmente collocati nelle stanze di palazzo Vecchio, sotto la Depositeria. Lo spazio dove lavorano i dieci segretari al servizio di Cosimo I è esiguo. Da un inventario del 155317 si ricava che l’arredamento della stanza è molto semplice: tre deschi, due lucerne, due panche e quattro calamai di pietra probabilmente fissi18. Per far fronte ai rigori dell’inverno il semplice ufficio è dotato di un camino come testimonia la presenza di alari con finimenti d’ottone.

Quando non sono impegnati in missioni diplomatiche i segretari vivono a stretto contatto con il Duca in palazzo Vecchio, come testimonia una lettera inviata da Clemente Coppini a Pier Francesco Riccio nel febbraio 155119.

3.1 segretari alla corte di Cosimo I

Per quel che riguarda il numero di quelli che operano alla corte del Duca si possono trovare notizie nei ruoli della corte medicea20. Nel 155121 sono stipendiati dalla corte e con

14

A. ANZILOTTI, La crisi costituzionale della Repubblica fiorentina, op. cit. , p. 123.

15

F. DIAZ, Il granducato di Toscana. I Medici, op. cit. , p. 90.

16

Bisogna ricordare che talora il primo segretario è anche un Auditore. È il caso di Lelio Torelli, Primo Segretario e Auditore della Giurisdizione.

17

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Libro debitori e creditori della guardaroba di sua Eccellentia Illustrissima, n. 28: “M. D. L. III. Inventario della Guardaroba et delle robbe che sono per el palazzo di Sua Eccellenza Illustrissima inventariate per Messer Giuliano del Tovaglia, Messer Giovanni Ricci e Mariotto Cecchi questo dì XXV d’ottobre 1553”.

18

C. CONTI, La prima reggia di Cosimo I de’ Medici nel palazzo già della signoria di Firenze descritta e illustrata coll’appoggio d’un inventario inedito del 1553 e coll’aggiunta di molti altri documenti, Firenze, Giuseppe Pellas Editore, 1893.

19

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1176, ins. 9, c. 1r. , lettera di Clemente Coppini da Firenze al Riccio del 9 febbraio 1551, “ […] Dormiamo il s. or Pirro et io nelle camere dove stava don Pedro et il giorno mi sto di sopra. Et perché giù in dette stanze non mi è parso a proposito il mangiare […] habbiamo cominciato a mangiare nella prima stanza di Guardarobba […], che mi par a proposito […]”.

(6)

la funzione di segretari, il vescovo Marzio Marzi Medici, collaboratore intimo di Cosimo I, con l’assegno annuo di fiorini 150, Lorenzo Pagni, con 150 fiorini annui, Pirro Musefilo, conte della Sassetta, con 132 fiorini annui, Jacopo Guidi da Volterra, con 124 fiorini annui, Cristiano Pagni da Pescia, con 84 fiorini l’anno, Domitiano Cappelli, segretario alle suppliche, con 100 fiorini annui, Giovanni Conti dal Bucine, con 84 fiorini annui, Vincentio Riccobaldi da Volterra, con 84 fiorini all’anno, Agnolo Dovizi da Bibbiena, con 96 fiorini annui e Clemente Coppini, Girolamo d’Ancona, con 72 fiorini annui22.

Nel 155223 sono stipendiati dalla corte i segretari sopraddetti e messer Clemente Coppini, con lo stesso incarico.

Nel 155324, 155425, 1555 e 155626 si ritrovano stipendiati gli stessi segretari, con il medesimo salario, tranne Domitiano Cappelli, segretario alle suppliche che non compare nel 1554.

Nomi dei segretari dal 1540 sino al 169227 si trovano anche negli elenchi compilati da contemporanei o in epoca posteriore.

20

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 391. Dall’analisi della documentazione emerge che nel 1551 la corte medicea è composta da 284 persone , dai segretari del duca fino agli staffieri e al personale di servizio.

21

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 391, da c. 3v. a c. 9r. , ruolo tenuto da Lattanzio Gorini per il 1551: “Al nome dello onnipotente Dio et della gloriosa sempre vergine santa Maria et di tutti i santi e sante del paradiso ad ciò restiamo in gratia del bene operar. Cotesto libro mezzambolognesi in coperta dicordonano rosso titolato a fuora salariati M. D. L. I et dello Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca Cosimo de Medici Duca di Firenze in su il quale si descriveranno tutti e salariati della corte sua e quanto habbino di provvisione el mese pianterannosj debitori alle loro poste de danari resi pagheranno oro mese per mese. Secondo l’ordine havuto da sua Eccellentia Illustrissima statuito primo anno cominciando allj primo di marzo 1550 et di firenze primo febbraio 1551 tenuto questo libro et da pagarsi detti salarj per me Lattantio di domenico gorinj secondo l’ordine et commessione da detta sua Eccellenza Illustrissima”.

Le unità archivistiche delle Depositeria sono libri che contengono i ruoli della corte medicea. Sono libri coperti in cuoio cordovano con impressioni sulla coperta ed ornati con lo stemma mediceo. Vi sono registrati tutti coloro che ricevono uno stipendio o una provvisione dal Duca, con l’impostazione per ognuno del relativo conto di dare e avere. Ogni carta aperta contiene non più di due conti; a destra sta scritto il nome e la qualifica e il relativo stipendio per il quale si fa creditore, a sinistra le rate mensili pagate. La provvisione è annua, ma nel caso di licenza o altro, cessa.

22

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 391, a c. 4r. si aggiunge messer Cristoforo de Herera, “secretario della Illustrissima et eccellentissima Duchessa”, con l’assegno annuo di 252 fiorini.

23

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 392, da c. 2 vero a c. 8.

24

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 393, da c. 1 a c. 8.

25

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 1514, da c. 2 a c. 8.

26

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Depositeria. Parte antica, n. 394, da c. 22 a c. 50.

27

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Manoscritti, n. 321, “Arrolati dalla corte di Toscana dal 1540 sino al presente estratti da vari libri della serenissima casa”; da p. 7 a p. 8, “Libro Debitori e Creditori dell’Eccellentissimo Signor Duca de’ medici Duca di Fiorenza dell’anno 1540 segnato F che si conserva nell’Archivio del Monte delle Graticole”, sono elencati come segretari Agnolo Vescovo de Marzi, Pierfrancesco Riccio, Pasquino Bertini, segretario della signora Maria, Pirro Musefilo, Ugolino Grifoni, Vincentio Riccobaldi da Volterra;

da p. 9 a p. 15,“Libro di debitori e Creditori dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca Cosimo de’ Medici Duca di Firenze dell’anno 1542 segnato F che si conserva nell’Archivio del Monte delle Graticole”, sono nominati Lelio Torelli da Fano, Auditore di Sua Eccellenza, Cristiano Pagni, segretario e Pierfrancesco

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Da un elenco del 156328 si evince che la segreteria di Cosimo I è composta da: Jacopo Guidi, “vescovo di Penna secretario absente”,Lorenzo Pagni, Bartolomeo Concini, Bernardo Giusti, Domiziano Cappelli, alle suppliche, Vincenzo Riccobaldi, Clemente Coppini, Francesco Orlandi, Emilio Vinta e Bartolomeo Foresti.

Un altro elenco dei segretari di Cosimo I con note biografiche si trova nel IV volume dell’ “Indice della Segreteria Vecchia”29 dove figurano i nomi di Francesco Campana, Lelio Torelli, Pirro Musefilo, Pier Francesco del Riccio, Agnolo de Marzi, Marzio vescovo

de Ricci “posto sul principio di questo ruolo si vede anco dal medesimo libro, che era Tesoriere di Camera di Sua Excellentia, perché gli sono pagate somme grandissime da varj Camarlinghi, et egli paga molte migliaia all’Imperatore per la consegna de Castelli et paga donativi grandi, limosine”;

da p. 17 a p. 20,“Libro dell’Eccellentissimo Signor Duca Cosimo primo del 1543 segnato F che si conserva nell’archivio del Monte delle Graticole. Non vi è intitolazione; ma pare Libro di Debitori e Creditori”, sono nominati Lelio Torelli, Pierfrancesco Riccio e Cristiano Pagni;

da p. 22 a p. 24, “Libro dell’Eccellentissimo Signor Duca Cosimo primo del 1544 segnato H che si conserva nell’archivio del Monte delle Graticole”, si elencano Pierfrancesco Riccio, Ugolino Grifoni, Lorenzo Pagni, Emilio Ferretti;

da p. 30 a p. 31, “Libro Debitori, e Creditori segnato L del 1547 dell’Eccellentissimo Signor Duca cosimo primo del 1546 segnato K che si conserva nell’archivio del Monte delle Graticole”, si elencano Lorenzo Pagni, Domitiano Cappelli, segretario alle suppliche, Jacopo Guidi, Giovanni Francesco Lottini;

da p. 39 a p. 41, “Libro de Debitori e Creditori segnato B del 155° dell’Eccellentissimo Signor Duca Cosimo che si conserva nell’archivio del Monte delle Graticole”, si nominano Bartolomeo Concino, “segretario di Sua Eccellenza appresso il suo Ambasciatore alla Corte Cesarea”, Pirro Musefilo, “mandato a Napoli al Signor Viceré”, Lorenzo Pagni, Cristofano Herera, Jacopo Guidi, Cristiano Pagni, Domitiano Cappelli alle suppliche, Vincentio Riccobaldi da Volterra, Agnolo Dovizi da Bibbiena, Clemente Coppini;

p. 61, “Provveditore Straordinario de Signori Nove. Cominciato adì primo di marzo 1563 per finire per tutto febbraio 1564”, “26 sono i Salariati della Corte, e fra essi gl’infrascritti Segretari”, Lorenzo Pagni, Jacopo Guidi, Bernardo Giusti, Giovanni Conti, Vincentio Riccobaldi, Clemente Coppini, Francesco Orlandi, Emilio Vinta, Bartolomeo Foresti;

p. 73, “Ruolo dell’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Duca Cosimo del 1563”,si elencano segretari Jacopo Guidi, Lorenzo Pagni, Bartolomeo Concino, Bernardo Giusti, vincentio Riccobaldi, Clemente Coppini, Francesco Orlandi, Emilio Vinta, Bartolomeo Foresti;

p. 78, “Ruolo dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca Cosimo del 1566”, si elencano segretari Bartolomeo Concino, Antonio Serguidi, Francesco Orlandi, Pietro Paolo Corboli, Belisario Vinta, Bernardino Grazzini, Jacopo Dani;

p. 157, “Ruolo dei stipendiati segnato M dell’Illustrissimo et Eccellentissimo signor Duca Cosimo del 1559, che si conserva nell’Archivio del Monte delle Graticole”, sono segretari Jacopo Guidi, Cristiano Pagni, Bartolomeo Concino, Bernardo Giusti, Domitiano Cappelli, Giovanni Conti, Vincentio Riccobaldi, Clemente Coppini, Jacopo Dani, Francesco Orlandi “sendo stato ancor quest’anno 1560 appresso lo Imbasciatore si Sua Eccellenza in Francia, e pagato da lui, si cancella”, Neri Raspucci, Emilio Vinta, Antonio Serguidi p. 164, “Ruolo dei stipendiati dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca Cosimo del 1562 segnato O, che si conserva nell’Archivio del Monte delle Graticole”, si elencano segretari Jacopo Guidi, Bartolomeo Concino, Bernardo Giusti, Domitiano Cappelli, Giovanni Conti, Vincentio Riccobaldi, Clemente Coppini, Jacopo Dani, Francesco Orlandi, Neri Raspucci, Emilio Vinta, Bartolomeo Foresti.

28

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea Medicea, n. 299, ins. 3, c. 6v. , “Spese ordinarie amovibili. Salariati della Casa d’ogni qualità distintamente”, “Ruolo de salariati della corte di sua Eccellentissima Illustrissima di quanto hanno el mese di provvisione in quest’anno 1563”;

fascicolo 8, “[…]quelli che sono stati licenziati dal Rolo del Signor Duca. Segretari”, sono Andrea Abertanj, Bernardo Grazini, Domitiano Cappelli, Emilio Vinta, Vincenzo Riccobaldi, Francesco Orlandi, Bartolomeo Foresti, Bernardo Justi, Clemente Coppini, Neri Raspucci, Antonio Serguidi;

Miscellanea Medicea, n. 447, ins. 3, si trovano i nomi di Pietro di Paolo Corboli, Andrea Albertani, Bernardino Grazzini, Baccio Giovannini, Nofri Rosselli, Antonio Serguidi, Jacopo Dani.

29

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Indice della Segreteria Vecchia, vol. IV, CC. 92-95r. , “Serie dei Segretari di Stato e di Guerra, che anno servito i Gran Duchi della Casa Medici cominciando da […]”e vis sono elencati tutti i segretari che hanno servito Cosimo I, Francesco, Ferdinando I, Cosimo II, Ferdinando II, Cosimo III e Gian Gastone.

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di Marzi, Ugolino Grifoni, Lorenzo Pagni, Jacopo Guidi, Bartolomeo Concini, Francesco Babbi, Agnolo Dovizi, Bernardo Giusti, Neri Raspucci, Pietro Gelido, Lorenzo Corboli, Andrea Albertani, Pietro Paolo Corboli, Alberto Lucci, Bernardo Grazini, Domiziano Cappelli, Iacopo Dani, Emilio Vinta e Bellisario Vinta.

Non è possibile ricostruire le mansioni di tutti i segretari perché non si sono trovati i provvedimenti di nomina, ma sicuramente la segreteria ha una sua organizzazione e i segretari sono controllati dal primo segretario che distribuisce gli incarichi.

Il primo segretario di Cosimo I è Francesco Campana. Gli succede, nel 1546, Lelio Torelli30, che già ricopre la carica di auditore dal 1539 e in tal modo ha poteri amplissimi fino a quando rimane nelle grazie di Cosimo. Il Torelli dirige la segreteria “di camera”, la quale assume l’organizzazione di un vero e proprio ufficio che percepisce anche alcuni diritti31. Al di sotto del Torelli si costruisce progressivamente un nucleo più numeroso del precedente di addetti alla segreteria con la qualifica di “segretario” e con compiti vari, dalla soprintendenza ad alcuni rami dell’amministrazione interna alla rappresentanza temporanea presso Stati esteri.

I compiti dei segretari di Stato sono inizialmente limitati alla più stretta collaborazione con il principe nello svolgimento del lavoro quotidiano32. Con il passare del tempo

30

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Magistrato Supremo, Deliberazioni pubbliche, n. 4307, c. 18r. , Libro Primo, 18 giugno 1546-10 novembre 1549: “Die Primo octobris 1546. Electioni di messer Lelio per secretario di sua eccellentia. Havendo per lunga prova cognoscuto l’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca di Fiorenza et per sua Eccellenza li Magnifici suoi luogotenenti et Consiglieri le rare et lo devoti virtù di Messer Lelio Torelli da Fano uditor di Sua Eccellentia et quanto quelle mostrino el sono ricognosciute et premiate ogni giorno più. Et perciò trovandosi la secreteria principale del Duca Palazzo priva del suo primo cancelliere e secretario per la seguita morte di messer Francesco Campana, giudicando degno successore suo nel detto uffitio Esso messer Lelio servati le cose da servarsj et ottenuto el partito solo […]. Deliberarono et Deliberan et Deputorono per grazia di sua Eccellentia et a bene placito di quella El detto Messer Lelio Torelli da fano in Primo Secretario del Palazo di sua Eccellentia in luogo del predefunto Messer Francesco et li honore salari et chanchi consueti Dichiarando che la presente elettione s’intenda haver hauto principio quello al pagarlo del salario del Detto Uffitio il dì della morte di Messer Francesco per haver Messer Lelio da quel giorno fino al presente essercitato i negoci della secreteria santissima Et questo in ogni miglior modo. Die XII Ottobris 1546”.

31

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea Medicea, 29, n. 20, disposizioni per la segreteria di camera, anonima e s. d. : “Alla persona di Sua Excellentia assista ogni giorno uno dei segretari per ordine. Alla segreteria comparischino i segretari almeno una volta il giorno perché si possi far distributione de le facende. Tutte le lettere e patenti et speditione di qual si voglia sorte, che vanno fermate dalla mano di Sua Excellentia si debbono scriver el metter in netto di man propria delli segretarii. Non possa nelle cose et spedizioni della segreteria metter mano né a scriver, né a regestar, né ad altro alcuna persona la quale non sia descritta et nominata nel numero o dei segretari, o dei cancellieri o de li auditori o dei registratori. Ogni segretario tenghi registro di tutte le sua spedizioni, qualunque si siano et in fine di ogni mese facci metter in netto dal suo cancelliere il regestro di tutto il mese, et si consegni al primo segretario il quale habbi cura di farlo conservare nell’archivio delle scritture a ciò deputato. Tutte le patenti et spedizioni aperte siano scritte dal medesimo segretario che le scrive, oltre a la mano del primo segretario. Non si ponga il sigillo ad alcuna speditione aperta senza la mano del primo segretario et senza la registratura. Degli emolumenti non si ecceda la tassa, et tutta la tassa si paghi in una sola volta et in un luogo solo. Chi non serve non partecipi, ma chi fosse absente per servitio et ordine del signor Duca, tanto partecipi, come se fosse presente”.

32

A. D’ADDARIO, Burocrazia, economia e finanze dello Stato Fiorentino alla metà del Cinquecento, in Archivio Storico Italiano, CXXI, 1963, pp. 396-399.

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assumono una figura giuridica nuova e sono collocati al vertice della politica e dell’amministrazione declassando gli Auditori e la Pratica Segreta33. I titoli che assume il primo segretario di Cosimo I sono quelli di “gran cancelliere” e di “guarda sigillo” e confermano, pur nell’indeterminatezza del riferimento a una vera e propria funzione distinta dalle altre, il carattere della delicatezza e della riservatezza di questo ufficio che appare anche dalla consultazione delle filze del “Carteggio dei segretari” e dalla considerazione della personalità di coloro che sono insigniti della carica. Come si ricava da una relazione cinquecentesca sullo Stato fiorentino, la paga annua del primo segretario è di 198 scudi annui contro i 90 degli altri, e questo ne sottolinea ancora di più l’importanza34.

Durante il trentennio della carica del Torelli si verifica l’aumento del numero dei segretari, la distribuzioni di mansioni più articolate e l’aumento di importanza delle mansioni attribuite a uno o più collaboratori del primo segretario. Figura centrale del sistema burocratico dello stato cosimiano rimane comunque quella del primo segretario. Secondo una relazione Seicentesca35 mansioni del primo segretario sono: esame e segnatura di tutti i memoriali e le suppliche inviate al granduca; partecipazione alla Pratica Segreta, dove occupa il primo posto; concessione delle licenze di possesso di tutti i benefici ecclesiastici; informazione circa le suppliche relative alla giurisdizione delle Ruote di Firenze e Siena; firma degli ordini e decreti emanati dal granduca in unione al Magistrato Supremo;rilascio di patenti di nomina ai rettori e altri funzionari nelle terre del dominio, concessione delle licenze di stampa di libri e di trasporto dei libri proibiti; concessione di franchigia doganale a studenti e professori che si trasferiscono all’Università di Pisa, e informazione circa i requisiti che rendono possibile la ammissione ad essa. Vista la varietà delle attribuzioni è facile che si verifichino interferenze tra le competenze dell’Auditore delle Riformagioni e quelle del Primo Segretario, carica più recente, meno istituzionale della prima, sorta come immediato tramite della volontà personale del principe. Di questi problemi si è consapevoli ai vertici stessi del governo

33

Gli auditori e la Pratica Segreta hanno goduto nell’ordinamento cosimiano un primato indiscusso nei confronti del Magistrato Supremo, del Senato e del Consiglio dei Duecento, cioè dei massimi organi costituzionali previsti dalla riforma del 1532. Il fatto che i segretari declassino queste due magistrature ne mette in risalto ancora di più l’importanza all’interno del sistema politico e amministrativo.

34

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del Principato, n. 633, c. 7 “Ufficj e Stato della città di Firenze”, si tratta di un’ampia relazione generale sullo Stato Fiorentino, compilata per ordine di Cosimo I tra il 1551 e gli inizi del 1552. È un’ampia raccolta di dati statistici e di notizie diverse raggruppate sistematicamente per informare il duca dell’ordinamento amministrativo, dei quadri della burocrazia, delle finanze, dell’ economia, delle forze armate, delle fortificazioni dello Stato. Si può considerare la fonte più autorevole dalla quale si ricavano notizie, oggi non più facilmente reperibili, perché sparse e frammentarie, sui primi decenni del principato.

35

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Carte Strozziane, I serie, f. 15, memoria anonima, senza data, ma facilmente riconducibile ai primi del ‘600, c. 28. Per il testo completo si veda in appendice il documento n. 5.

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tanto che Paolo Vinta, primo segretario sotto il governo di Ferdinando I, in una lettera del 3 febbraio 1606 al fratello Bellisario, anch’egli segretario dal 1587, sostiene l’utilità di incorporare le funzioni dell’Auditore delle Riformagioni in quelle del Primo Segretario, dato che in gran parte coincidono.

L’attenzione di questa ricerca si è concentrata sui segretari particolari che hanno operato alle dipendenze del duca Cosimo I e che hanno assunto un ruolo molto importante nel consolidamento del principato mediceo a Firenze. I segretari particolari, come Lorenzo e Cristiano Pagni, Pier Francesco Riccio, Francesco Campana, Bartolomeo Concini, Lelio Torelli, Ugolino Grifoni, Agnolo Dovizi,Francesco Babbi e Iacopo Guidi vengono impegnati sia in missioni diplomatiche presso le corti estere sia tengono il carteggio del principe per gli affari pubblici e privati e sono gli intermediari tra il Duca e tutti coloro che a lui si rivolgono. A loro vengono affidati anche incarichi particolari e sono i suoi fedeli informatori di tutto ciò che avviene nella corte e fuori lo Stato.

Prima di trattare del loro operato, si ritiene utile premettere alcune note biografiche sui segretari oggetto della ricerca.

3.1.1 Francesco Campana

Nasce a Colle Val d’Elsa alla fine del XV secolo da una famiglia di origini non nobili36. Il padre, Giovanni Battista di Biagio Campani, è medico o artigiano; la madre, Caterina di Niccolò Staccini, è discendente di una casata antica, ma povera. Ha due fratelli, Niccolò e Camillo, e due sorelle, Laura e Ginevra.

Francesco decide di prendere il cognome Campana, già appartenente ad una illustre famiglia fiorentina, per nascondere l’umiltà delle proprie origini37. Appena può, abbandona Colle Val d’Elsa e si trasferisce a Firenze dove, nel 1516, entra a servizio dei Medici.

In breve tempo diventa un personaggio influente a corte. Gli vengono affidati incarichi importanti: già il 22 dicembre del 1516 deve trovare per Michelangelo dei locali

36

M. G. CRUCIALI TRONCARELLI, “Francesco Campana” in Dizionario biografico degli italiani, vol. XVII, Roma 1974, pp. 341-345.

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Indice delle Segreteria Vecchia. Tomo VI, cc. 89-93, “Serie dei segretari di Stato e di Guerra, che hanno servito i G. Duchi della Casa medici cominciando da Cosimo I”.

37

Molto probabilmente un avo di Francesco era campanaio del Comune di Colle Val d’Elsa. I notai per distinguerlo da altri o identificarlo adoperavano il qualificativo del mestiere. È molo probabile che in origine gli individui di questa famiglia fossero indicati con l’aggiunta dell’espressione “delle campane” che tradotto in latino “de campanis” dai notai, diventasse “de’ Campani” in volgare in F. DINI , Francesco Campana e i suoi in Archivio Storico Italiano, V Serie, XXIII, 1899, pp. 290-291.

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idonei per la lavorazione del marmo38. Tuttavia sono poche le notizie relative alla sua attività in questo periodo e si sa solamente che serve fedelmente Lorenzo duca d’Urbino39 e collabora con Goro Gheri, dal quale apprende i segreti del mestiere di segretario e consigliere politico.

Passa quindi al servizio del cardinale Giulio de’ Medici in qualità di camerario e vi rimane anche quando questi è eletto al soglio pontificio nel 1523. È in questa occasione che recita, di fronte al nuovo papa, l’orazione panegirica per la morte di Adriano VI: l’ “Adrianum Sextum pontificem maximum oratio panegyrica per Franciscum Campanam Collensem”.

Poco si conosce della sua attività tra il 1523 e il 1527. Sicuramente gode dell’appoggio

di Clemente VII che l’anno successivo gli affida una missione particolarmente delicata. Il re Enrico VIII avanza la richiesta di scioglimento delle nozze con Caterina d’Aragona ed

il papa incarica il cardinale Campeggio, inviato come legato a latere, di esaminare la questione .Poiché il re inglese in quel momento è suo alleato nella guerra contro l’imperatore, Clemente VII affida al cardinale una bolla che concede il divorzio con l’ingiunzione però di mostrarla solo privatamente ad Enrico e al cardinale di York. Il re e il cardinale inglese ne pretendono invece la pubblicazione immediata. Il Campeggio cerca di resistere alle pressioni senza però troppo successo. Le condizioni politiche cambiano quando, dopo l’assedio di Napoli nell’agosto del 1528, il papa si schiera decisamente dalla parte dell’imperatore. Ovviamente cambia anche l’atteggiamento del pontefice nei confronti di Enrico VIII, ormai un alleato superfluo, e si impone una revisione dell’atteggiamento favorevole al divorzio. A questo scopo viene inviato in Inghilterra il Campana con l’ordine di bruciare la bolla concessa precedentemente dal pontefice. Per adempiere al suo incarico, il 12 dicembre 1528, munito di salvacondotto, il Campana parte alla volta dell’Inghilterra e il 28 dello stesso mese giunge a Chambéry dove incontra il Salviati40 che, il 1 gennaio, lo presenta a Francesco I. Il 17 gennaio giunge alla corte inglese dove è accolto con molti onori perché si crede incaricato di risolvere favorevolmente la questione del divorzio. Durante i colloqui con il re e il cardinale di York

38

R. BAROCCHI (a cura), Carteggio di Michelangelo Buonarroti, I, p. 235, lettera di Domenico Buoninsegni da Roma a Michelangelo in Firenze del 22 dicembre 1516, “Carissimo Michelagnolo, con questa lettera si scrive a Bernardo Niccholini, dove sono lettere ad diritte a messer Ghoro, che chomettono per presti quanto aiuto e favore a l’opera della facciata sia possibile. E anchora si li dicie che, volendo voi grano o orzo o altre chose per vitto vostro e di vostri huomini per a Charrara, che operi che lo possiate trarre da Pisa […] Scriversi anchora a messer Francesco Champana, che facci opera che si truovi modo delle stanze dove s’abbino a lavorare li marmi; e però sarete con Baccio, e ordinate bene ogni cosa, chè le dette lettere ò fatte scrivere i’ nomi di monsignore. […]”.

39

R. GALLUZZI, Istoria del granducato di Toscana, op. cit. , pp. 134-135.

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Il Salviati è legato pontificio in Francia e in questa occasione rimane molto colpito dalla capacità del Campana e ne scrive al fratello Iacobo in termini elogiativi.

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si mostra molto disponibile e sottolinea le buone intenzioni del papa, alla fine, pur fra accese discussioni, Francesco41 riesce nella sua missione, brucia la bolla e il 26 maggio riparte alla volta dell’Italia.

Nel 1529 passa al servizio della Repubblica fiorentina su ordine del papa che vuole porre al fianco del nipote Alessandro, destinato a diventare il capo della città, un consigliere fidato ed abile42.

Primo segretario durante il gonfalonierato di Simone Tornabuoni, il 1° maggio 1531 diviene primo cancelliere della Repubblica43 ed il 6 luglio legge nella sala dei Duecento la bolla solenne di Carlo V che proclama Alessandro de’ Medici capo di Firenze e del suo governo.

Serve fedelmente Alessandro ricoprendo la carica di segretario e svolgendo un ruolo importante di contrappeso rispetto ai consiglieri di origine aristocratica come Matteo Strozzi, Francesco Vettori e Roberto Acciaiuoli. Serve fedelmente il Duca e questi lo ricompensa concedendo al fratello Niccolò il titolo di “iustitieri” nel Ducato di Civita di Penne44.

Accompagna il 3 gennaio 1536 a Napoli il Duca che si deve discolpare di fronte a Carlo V delle accuse dei fuoriusciti . In un memoriale, indirizzato a Angelo Marzi, riporta l’atto di accusa redatto dai fuoriusciti su ordine dell’imperatore, le loro richieste, la risposta dei sostenitori dei Medici, l’intervento dell’Aldobrandini e le conclusioni di Carlo V45.

Il 6 gennaio 1537, assieme al cardinale Cibo, è il primo a venire a conoscenza dell’assassinio di Alessandro; sono loro a prendere le decisioni più urgenti. Fanno trasferire segretamente il corpo del Duca morto in S. Lorenzo, scrivono ad Alessandro Vitelli, comandante delle truppe imperiali a venire in città al più presto e con il maggior

41

R. GALLUZZI, Istoria del granducato di Toscana, op. cit. , p. 134, il comportamento del Campana insospettisce il re inglese che quando si accorge che il segretario è partito improvvisamente entra in sospetto e dice: “ista Campana male sonat”; tenta di farlo raggiungere ma senza esito.

42

Le doti del Campana sono riconosciute da tutti; Francesco Vettori in una lettera a Filippo Strozzi del 14 aprile 1531 lo indica come uno dei più adatti a collaborare alla profonda mutazione politica che il nuovo governo sta per realizzare.

43

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Signori, carteggio, missive. Registri della prima Cancelleria, 58, c. 30r. , sul margine della pagina si legge “Defunto Domino Alexio Lapaccino, vacuus redditus fuit locus usque ad diem primam 1531, quo tandem die assumptus fuit dominus Franciscus Campanus de Colle”.

44

Niccolò deve molto al lustro goduto a corte dal fratello Francesco e questo emerge in una lettera inviata a Lorenzo Pagni da Bologna nel maggio 1541 in ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio Universale, lettera di Niccolò Campana da Bologna a Lorenzo Pagni del 18 maggio 1541, “Appresso per altra mia intendo M. Francesco mio fratello essere ammalato et mi meraviglio non ne avere niente da V. S. la quale prego voglia essere contenta tenermene avvisato, che so che quella sa bene, che noi non haviamo altro al mondo che lui et perso lui haviamo perduto ogni cosa […]”, lettera trascritta interamente in F. Dini, Francesco Campana e i suoi, op. cit. , p. 299.

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numero di uomini possibili e tengono nascosta la notizia per far trascorrere la giornata tranquillamente.

Nei giorni successivi, quando si apre la disputa per la successione ad Alessandro, si schiera a fianco del Cibo, del Vitelli e di Maurizio Albertoni su posizioni imperiali, confidando nella presenza dei soldati spagnoli e cercando di rafforzare il predomino di Carlo V sulla città. Per questi motivi appoggia l’elezione di Giulio, figlio illegittimo di Alessandro, ancora fanciullo e quindi facilmente manovrabile. Ma prevale il gruppo degli aristocratici capeggiato dal Vettori e dal Guicciardini che riescono a far eleggere Cosimo de’ Medici al fine di svincolare la città dalla tutela imperiale. Questa è sicuramente una sconfitta per il Campana che subito mostra una certa reticenza nei confronti del nuovo sovrano, tanto che preferisce portare come pretesto una malattia piuttosto che scrivere la lettera di riconciliazione ai cardinali Salviati, Ridolfi e Gaddi, capi dell’opposizione medicea.

Cambia ben presto atteggiamento e fa di tutto per farsi confermare nella carica di primo segretario, carica che ricopre sino alla fine con la massima cura. E per riuscire nel suo intento non esita a convincere Bernardo Giusti, suo concorrente, a licenziarsi dal servizio del nuovo principe.

La sua opera è fondamentale per Cosimo. Grazie al Campana ed a altri fidati collaboratori, il Duca riesce a gettare le basi del suo potere. Le caratteristiche del primo segretario rientrano in quelle riconosciute per la maggior parte dei più fidati collaboratori di Cosimo. Ha modeste origini e perciò è totalmente legato al suo signore: svolge il suo compito in modo abile, è versato nelle pratiche politiche, è esecutore più che creatore, è uno dei principali interpreti e strumenti del voler del principe.

Nella sua carriera dispensa molti consigli a Cosimo. Lo convince della necessità di una energica politica assolutistica all’interno dello stato e di una graduale conquista dell’autonomia nei confronti di Carlo V. È lui che suggerisce di chiedere, nel maggio del 1537, all’ambasciatore imperiale, Ferdinando da Silva conte di Cifuentes, il riconoscimento della stessa autorità goduta da Alessandro e la consegna delle fortezze di Firenze, Livorno e Pisa, ancora occupate dagli spagnoli.

Nemico di Paolo III, spinge Cosimo ad assumere un atteggiamento ostile nei suoi confronti e lo induce a rifiutare la proposta di matrimonio con la nipote Vittoria Farnese nel gennaio 1537.

Nel 1536 è inviato a Nizza per discutere con l’imperatore di alcuni problemi toscani non ancora risolti, come la restituzione delle fortezze e il progetto di matrimonio del duca

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con Margherita d’Austria. Raggiunge il cardinale Cibo a Massa e da La Spezia si imbarcano insieme alla volta di Genova e di Nizza dove arrivano il 10 maggio. Cosimo deve più volte difendere il suo segretario, ad esempio, dalle accuse dell’Aguilar di maneggi, arroganze e vanterie o da quelle di don Giovanni de Luna, comandante della guarnigione spagnola a Firenze, che tramite vuole mettere in cattiva luce Cosimo presso l’imperatore. Ma le calunnie non vengono credute e Francesco aumenta la propria credibilità alla corte fiorentina.

Particolarmente importante è il ruolo svolto dal Campana nell’ambito della politica interna nel biennio 1538-1539. Riesce ad allontanare il cardinale Cibo, che tenta in tutti i modi di screditare Cosimo offrendo protezione a Giulio, figlio illegittimo di Alessandro, e inscenando attentati alla vita di questi accusando Biagio della Campana, personaggio vicino a Cosimo.

Nel 1540 interviene nella controversia sulla riscossione delle decime straordinariamente imposte su tutti i benefici ecclesiastici italiani dal papa, ordinando insieme al Torelli, agli Otto di Guardia Balìa l’emissione di un bando che sospenda ogni pagamento finché non si sia raggiunto un accordo con il pontefice. Nel 1541 è a Genova per accompagnare il Duca a rendere omaggio all’imperatore.

Gode di parecchi benefici: nel 1535 ha un canonicato nel duomo, già appartenuto al Berni. In seguito riceve la pieve di Cavriglia in Valdarno, la chiesa di San Romolo in Firenze, la cappella dell’abbazia di Dovadola, la prioria di Montughi, la pieve di Miransù, la chiesa di Montui, la prioria di San Antonio a Fano. Alcuni storici credono che abbia rivestito l’abito ecclesiastico, anche a causa della sua attività a fianco del pontefice, ma in realtà pare sicuro che egli sia restato sempre laico.

Ottimo letterato, sembra però che abbia composto una sola opera, la Virgiliana quaestio pubblicata a Bologna nel 1526 e dedicata a Ercole Gonzaga. Nella prefazione dell’edizione milanese del 1540 il Campana dichiara di avere intenzione di scrivere altre quaestiones virgiliane, ma non riesce nel suo proposito. Diventa console dell’Accademia fiorentina il 7 febbraio del 1545 e per un certo periodo, prima che ne sia predisposta la sede definitiva, la ospita nella propria casa.

Nel 1546 tiene come accademico una lettura pubblica di un sonetto del Petrarca, l’ “Amor che nel pensier mio vince e regna”. Frequenta molti letterati come Guglielmo Pazzi, che gli dedica la sua traduzione latina della “Poetica” di Aristotele; Leonardo Giacchini, che gli dedica a sua volta quella del “De praecognitione” di Galeno, e il Varchi, che gli dedica la sua “Dichiarazione” sulla seconda parte del sedicesimo canto del Purgatorio.

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Tav. V. Giorgio Vasari, Francesco Campana legge il diploma imperiale concesso a Cosimo I, Palazzo Vecchio

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È molto legato a Pier Vettori46 e nel 1538 lo persuade ad accettare l’incarico di lettore presso lo studio fiorentino con una provvisione di 300 scudi annui.

Particolarmente decisiva è l’azione di Francesco nella riorganizzazione dello Studio pisano47 disciolto sin dal 1494. Vi si dedica con particolare cura dal 1543-1544, impegnandosi nella ricerca di scolari e di illustri professori e strutturando l’Università sul modello di quella di Pavia.

Su sua commissione l’architetto Giuliano Baglioni progetta nel 1532 un palazzo a Colle, incompiuto, e trasforma nel 1539 la canonica di San Martino a Montughi in villa.

Durante gli ultimi anni della sua vita ha un peso sempre meno rilevante nella vita politica fiorentina, anche per un evidente peggioramento delle condizioni di salute48.

È certo però che sul suo allontanamento ha influito l’ostilità della moglie di Cosimo Eleonora di Toledo che pretende dal marito una maggiore sottomissione nei confronti della Spagna. Nonostante questo, è lui a ricevere il giuramento di fedeltà delle truppe che presiedono le fortezze, restituite nel 1543.

Scarse sono le notizie circa il figlio del Campana; in una lettera del settembre 1546 la madre del segretario lo raccomanda a Cosimo, primo fra gli altri nipoti legittimi e i figli. Molto probabilmente il Duca legittima il giovane per rescritto perché potesse ottenere i benefici ecclesiastici che il diritto canonico non riconosce ai figli illegittimi49.

46

Molto fitta è la corrispondenza tra il Campana e il Vettori e se ne può trovare una parte al BRITISH MUSEUM, Add. Mss. 10.265; 10.276.

47

Per le nuove modalità di organizzazione dello Studio di Pisa si veda il capitolo II.

48

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Minute di lettere, 8, c. 1r. , lettera inviata da Cosimo al cardinale di Burgos il 1 settembre 1546, “Messer Francesco Campana mio secretario sta male et da tutti i medici è temuto resolutamente che la vita sua non arrivi a tutto domani, però desidererej chepoi ch’ io perdo un così vecchio homo raro e fedel servitore, che seco insieme non si perdessino alcuni suoi benefitj di quali ne mando la nota Signoria Vostra accio che per amor mio vogli”, Cosimo è particolarmente affranto per le condizioni di salute del suo segretario e questo si evince dalle lettere che invia nei primi giorni di settembre del 1546, dove lo elogia e si duole per la perdita di un così valido e fidato collaboratore; questa ne è un esempio.

49

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio Universale, f. 378, c. 499r. , lettera di Caterina Campani da Colle a Cosimo I a Firenze del 26 settembre 1546, “[…] L’inopinata morte della B. M. di Mess. Francesco mio figliuolo m’ha di sorte afflicta ch’ho differito fino a oggi a far con questa quello che dovevo fare il primo giorno di condolermi con V. Ecc. et racc. li quello sventurato suo figliuolo et gli altri miei figli. Et certo che ho giusta causa di restare quel poco tempo che debbo vivere in continuo dolore et amaritudine dappoichè negli ultimi anni della vita mia mi trovo a piangere chi secondo l’ordine della natura doveva più presto aversi a dolere della mia sorte che privata di un tal figlio dal quale dipendeva il sostegno et ben essere della casa mia. Et tanto più mi doglio che sendo lui come è giudicio universale di quelle qualità che era et tale che gli altri suoi pari sogliono in perpetuo rilevare […]. Et anchor ch’io mi prometta et renda certa che da lei medesima sia per farlo come fino a qui si vede che ha fatto nondimeno a mia satisfatione et conforto ho voluto scriverle la presente et maxime che qui si trova uno il quale era poco amico di mio figliuolo atteso che in cambio de benefitii da lui ricevuti l’aveva pagato di ingratitudine […] in F. DINI, Messer Francesco Campana e i suoi, in Archivio Storico Italiano, Serie V, XXXVI, Firenze, 1905, pp. 355-356.

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Poche sono le immagini che ci sono giunte del primo segretario di Cosimo. In un ritratto, il Vasari lo rappresenta in una delle stanze di Palazzo Vecchio mentre legge il privilegio imperiale concesso al Duca di Firenze50.

Muore nella prima metà di settembre nel 1546 ed è sepolto nella chiesa di S. Romolo.

3.2.2 Lelio Torelli

Lelio Torelli nasce a Fano il 28 ottobre 148951, discendente da due importanti famiglie cittadine, i Torelli e i Costanzi. Il padre, Antonio di Malatesta Torelli, è uomo di giustizia e la madre, Camilla di Antonio Costanzi, appartiene a una famiglia molto onorata della città. Fin dalla tenera età dimostra di avere doti fuori dal comune e, in occasione della nomina del sommo Magistrato della città di Fano, recita un’orazione davanti al Consiglio pubblico.

A undici anni, quando già conosce il latino, si trasferisce allo Studio di Ferrara dove uno zio materno, Jacopo Costanzi, insegna latino e greco. Nonostante il padre voglia che il figlio segua gli insegnamenti della medicina, il giovane si orienta verso quelli della filosofia e del diritto. A diciassette anni si trasferisce allo Studio di Perugia e a ventidue si addottora in Legge.

La conoscenza delle lingue classiche52 gli permette di entrare in contatto con i principali letterati dell’epoca: Pier Vettori, Trifone Gabrielli, Pietro Maffei, Pietro Bembo, Monsignor della Casa, Andrea Dazzi, Antonio Petrei, con i quali intrattiene una fitta corrispondenza.

50

G. VASARI, Ragionamenti del signor Giorgio Vasari sopra le invenzioni da lui dipinte in Firenze nel Palazzo Vecchio con D. Francesco Medici allora principe di Firenze, Pisa, Presso Niccolò Capurro co’ Caratteri di F. Didot, 1823, opera in forma dialogica tra Giorgio Vasari e il principe Francesco, pp. 217 e sgg. , Giornata seconda, Ragionamento Sesto, “[…] G – V. E. dice bene; qui è quando dopo la morte del Signor Duca Alessandro, i Quarantotto Cittadini, che rappresentano lo Stato, chiamarono e crearono il Signor Cosimo nuovo Duca della loro Repubblica Fiorentina; e quel Signore armato accanto a lui è il Signor Alessandro Vitelli, e quell’altro è il Signor Ridolfo Baglioni. P – Li conosco benissimo:ma quel vestito di rosso non è il Cardinal Cibo, che era luogotenente di quel collegio, e dell’imperatore? G – V. E. l’ha riconosciuto. P – Ditemi, che fanno tutti a sedere così quietamente? G – Messer Francesco Campana Segretario del Duca ritratto in naturale, come la vede, legge il privilegio dell’imperatore. P – Mi par di conoscere fra questi cittadini, che ci avete ritratti, Messer Ottaviano de’ Medici e Messer Francesco Guicciardini. G – Sono essi; e questi che seguitano sedendo sono: Matteo Strozzi, Palla Rucellai, Francesco Vettori, Luigi Guicciardini, Francesco Antinori, Prinz[…]alle della Stufa, Baccio Capponi, Ruberto Acciajoli e Messer Matteo Niccolini; parte de quali fanno reverenza al Duca […]”.

51

D. M. MANNI , Vita del celebre senatore Lelio Torelli, Firenze, Pagano, 1770, p. 3.

52

Compone molte opere e per avere un esempio del suo sommo poetare riporto l’epigramma del che ha per titolo “De Caede Radagasi Getarum Regis” dove si legge : “ Barbarus infesto Radagasus Medicis ictu/Dum ruit, et jam spes concidit omnis, ait:/Florentem at minor hanc, atque Urbem excindere Romam/Gloria erat, dextra quam cecidisse tua/”.

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Dopo la laurea, è nominato podestà di Fossombrone e, quando ritorna a Fano, è scelto come capo del Magistrato cittadino e inviato a Roma al servizio di papa Leone X e poi a Firenze presso il futuro pontefice Clemente VII.

A ventisette anni sposa Lia di Paolo Marcolini appartenente a una importante famiglia di Fano e donna di rara bellezza. Ha da lei nove figli, sei dei quali maschi.

Nel 1524 si rende artefice della liberazione di Fano dal principe di Macedonia, Costantino Scanderbech de’ Comneni; per tale azione, come sostiene Filippo Sassetti nelle Lodi lette all’Accademia Fiorentina in onore della sua morte, desta l’invidia dei nemici e le preoccupazioni della Chiesa. Infatti Clemente VII ha paura che il giovane, come è riuscito a liberare la città dall’oppressione una prima volta, possa farlo ancora e la possa sottrarre all’influenza della Chiesa. Per questo ordina al Vescovo di Pavia di liberarsi di lui. Questi invece lo invita a presentarsi al papa per giustificarsi e il pontefice, accortosi che si tratta di un uomo retto e leale, lo giudica ideale per il governo di uno Stato. Infatti nel 1529 è eletto governatore della città di Benevento e, secondo quanto scrive Monsignor Stefano Borgia nelle sue Memorie di Benevento, si adopera per mantenere in pace la città.

Nel 1530 è chiamato da Pandolfo Malatesta signore di Rimini, per sedare i tumulti sorti tra i cittadini ma fugge dalla città prima che Pandolfo sia cacciato dal pontefice.

Nel 1531è nominato auditore della Ruota Civile di Firenze53 e vi è confermato anche alla fine del mandato per altri tre anni.

Dopo l’avvento del principato, si guadagna il favore di Alessandro dei Medici; il Duca gli affida affari di grande rilievo e diventa suo Auditore. Nel 1537 ne recita l’orazione funebre, “Oratio in Alexandri Medicis ducis funere abita pridie idus martias MDXXXVI”.

Entra poi nelle grazie di Cosimo I, dal quale è nominato auditore il 24 settembre 153954. In qualità di primo auditore riceve la “cura dello Studio di Pisa” e il “carico delle suppliche e dei memoriali”. Interviene a compilare gli statuti dell’Accademia fiorentina ed ne è eletto console. Esercita con maggiore solerzia e impegno l’ufficio dello Studio pisano ed è amato da tutti gli studiosi, così delle lingue come delle scienze.

Con motuproprio del 1° ottobre 1546 succede al Campana come “primo cancelliere et secretario del Palazzo di Sua Eccellenza”55. Egli dirige il lavoro della segreteria “di

53

B. VALORI, Vita di M. Lelio Torelli da Fano, Bologna, Nicola Zanichelli, 1866, p. 15 e sgg.

54

R. GALLUZZI , Istoria del Granducato di Toscana, op. cit. , libro I, p. 135.

55

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Magistrato Supremo, 4307, c. 18r. ,“Die Primo octobris 1546 Electioni di messer Lelio per secretario di sua eccellentia. Havendo per lunga prova cognoscuto l’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Duca di Fiorenza et per sua Eccelenza li Magnifici suoi luogotenenti et Consiglieri le rare et le devoti virtù di Messer Lelio Torelli da Fano uditor di Sua Eccellentia et quanto quelle mostrino el sono ricognosciute et premiati ogni giorno più. Et perciò trovandosi la secreteria principale del Duca Palazzo priva del suo primo cancelliere et secretario per la seguita morte di

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camera” la quale assume l’organizzazione di un vero e proprio ufficio e , come si evince da un documento, percepisce persino alcuni diritti56.

Molti sono i letterati che ne esaltano la personalità, la giustizia e la lealtà: lo fanno Benedetto Varchi, Pier Vettori e Pietro Bembo.

È nominato membro della Pratica segreta ed ha parte negli affari più importanti come il più ascoltato consigliere di Cosimo I, specialmente in materie legali.

Nel 1552 è nominato console dell’Accademia fiorentina, per la quale collabora alla compilazione degli statuti, così come alla compilazione delle Costituzioni dell’Ordine di Santo Stefano,

Il 14 agosto 1571 ottiene la cittadinanza fiorentina e il 1 maggio dello stesso anno è nominato membro del Senato dei ’48. Il 1 maggio 1575 diventa membro del Magistrato supremo. Inoltre, per sottolineare la sua fedeltà alla persona del Duca, gli è concesso il Padronato della chiesa di san Pier Buonconsiglio, trasmissibile agli eredi.

Esercita la professione con solerzia; durante la sua lunga attività di avvocato pone fine a Firenze a liti lunghissime e decide molte cause d’onore tra uomini illustri.

Il Duca gli affida cause e affari importanti. Ne lascia testimonianza nella sua opera anche Giovan Battista Adriani che scrive: “Dovendo il Granduca, diss’egli, conoscere, e decidere molte cause di ragione, ha un principale Auditore Mess. Lelio Torelli da Fano dottissimo in ragion Civile, ed uomo di eccellente giudizio, e di lunga pratica”.

La sua fama a corte viene oscurata da quella di Bartolomeo Concini che si distingue particolarmente nelle trattative per la guerra di Siena.

messer Francesco Campana, giudicando degno successore suo nel detto uffitio Esso messer Lelio servati le cose da servarsj et ottenuto el partito solo […] Deliberarono et Deliberan et Deputorono per grazia di sua Eccellentia et a bene placito di quella El detto Messer Lelio Torelli da fano in Primo Secretario del Palazo di Sua Eccellentia in luogo del predefunto Messer Francesco et li honorj salari et chanchi consueti Dichiarando che la presente elettione s’intenda haver hauto principio quello al pagarlo del salario del Detto Uffitio il di della morte di Messer Francesco per haver Messer Lelio da quel giorno fino al presente essercitato i negoci della secreteria santissima Et questo in ogni miglior modo Die XII Ottobris 1546”.

56

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Miscellanea medicea, 29, n. 20. , “Per la secreteria di Camera. Alla persona di Sua Excellentia assista ogni giorno uno dei segretari per ordine. Alla segreteria comparischino i segretari almeno una volta il giorno perché si possi far distributione de le facende. Tutte le lettere et patenti e speditione di qual si vogli sorte, che vanno fermate dalla mano di Sua Excellentia si debbono scriver et metter in netto di man propria delli segretarii. Non possa nelle cose et spedizioni della segreteria metter mano né a scriver, né a regestar, né ad altro alcuna persona la quale non sia descritta et nominata nel numero o dei segretari, o dei cancellieri o de li auditori o dei registratori. Ogni segretario tenghi regestro di tutte le sua spedizioni, qualunque si siano et in fine di ogni mese facci metter in netto dal suo cancelliere il regestro di tutto il mese, et si consegni al primo segretario il quale habbi cura di farlo conservare nell’archivio delle scritture a ciò deputato. Tutte le patenti et spedizioni aperte siano soscritte dal medesimo segretario che le scrive, oltre a la mano del primo segretario. Non si ponga il sigillo ad alcuna speditione aperta senza la mano del primo segretario et senza la registratura. Degli emolumenti non si ecceda la tassa, et tutta la tassa si paghi in una sola volta et in un luogo solo. Chi non serve non partecipi, ma chi fosse absente per servitio et ordine del signor Duca, tanto partecipi, come se fosse presente”.

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Tav. VI. Giorgio Vasari. Lelio Torelli, Palazzo Vecchio, Firenze

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Ottiene la contea di Ciborio, castello pertinente alla Badia di Classis nella diocesi di Sarsina, con canone di una libbra di cera bianca e un’entrata da 300 ducati l’anno.

È colpito da molti lutti che affronta con forza d’animo: quello del fratello Jacopo, professore nello Studio di Perugia, quello della moglie, con la quale vive ben cinquantatre anni, e quelli dei figli, di cui l’ultimo, Francesco, teneramente amato, caduto in infermità, muore mentre il Torelli presta servizio nello Studio di Padova.

La sua attività letteraria è ampia. Cura l’edizione delle Pandette da un famoso codice “Digestorum seu pandectarum libri quinquaginta ex florentinis Pandectis repraesentati, Florentiae MDLIII in officina Laurentii Torrentini ducalis typographi” già in possesso della Repubblica di Pisa, poi portato a Firenze dopo la conquista di quella città. Nel 1542 è pubblicato a Firenze un suo

opuscolo senza il nome dell’editore nel quale sono pubblicati alcuni studi preliminari sulle Pandette fiorentine: “Ad Gallum et legem Velleam”, “Ad Catonem et Paulus” e “De militis ex casu”.

Dimostra di avere particolarmente a cuore il proprio lavoro. Nonostante abbia qualche problema agli occhi, probabilmente lippitudine, non si risparmia e continua a trattare negozi importanti con solerzia. Suole dire spesso che “chi mette mano al dì d’oggi ha men da fare in quel di domane”57.

Gode fino all’ottantasettesimo anno di una buona salute e muore il 27 marzo 1576. Il Vasari lo ritrae in Palazzo Vecchio insieme a Noferi Bartolini, arcivescovo di Pisa, mentre Cosimo impartisce ai capitani che vadano a Serravalle in soccorso delle truppe imperiali58.

3.2.3 Bartolomeo Concini

Bartolomeo Concini nasce a Terranova Bracciolini, nel Valdarno aretino, nel 1507 da Giovanni Battista di Matteo59. Cosimo, volendo premiare i servigi di quest’ultimo, riconosce alla famiglia una discendenza dai Conti della Penna, consorti dei Signori di Talla

57

Ivi, p. 25.

58

Ragionamenti del signor Giorgio Vasari sopra le invenzioni da lui dipinte in Firenze nel Palazzo Vecchio con D. Francesco Medici allora principe di Firenze, Pisa, Presso Niccolò Capurro co’ Caratteri di F. Didot, 1823, pp. 220-221, “[…]P - Or veniamo al terzo tondo, nel quale veggo il Duca a sedere, e a canto gli è Messer Noferi Bartolini arcivescovo di Pisa, e Messer Lelio Torelli primo segretario e Auditore, e innanzi a se ha molti Capitani e Signori; che fanno? G – Comanda a que Signori Capitani, che vadano a dar soccorso a Seravalle, dove nel lontano V. E. vede il soccorso

59

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Indice della segreteria vecchia, op. cit. , c. 89.

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Cittadinario del quartiere di S. Giovanni, II, c. 31v. , “Consorterie del quartiere San Giovanni. Indice del Registro Terza. Gonfaloni, chiavi, vaio, Drago Lion d’Oro”, c. 1 “Libro di consorterie del Quartiere di Santo Giovanni Cominciato di Luglio 1600”.

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