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Capitolo 2 Dosimetri per neutroni ad emulsioni surriscaldate.

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Capitolo 2

Dosimetri per neutroni ad emulsioni surriscaldate.

2.1 Principi fisici di rivelazione neutronica.

I rivelatori a emulsioni surriscaldate sono costituiti da dispersioni uniformi di goccioline di idrocarburi e carburi alogenati in un gel a base acquosa o polimerica, [10].

Con principio analogo alle camere a bolle, gli ioni liberati dalla radiazione incidente possono innescare la transizione di fase delle goccioline, generando bolle di vapore. Questo fenomeno, che nelle camere a bolle è consentito dalla modulazione dello stato pressorio di un liquido omogeneo, nei rivelatori in oggetto è invece possibile mantenendo le goccioline in uno stato di surriscaldamento per un tempo indefinito. Infatti le condizioni di temperatura, pressione e volume dei carburi ne caratterizzano uno stato metastabile, come visibile nel diagramma di stato in Figura 12.

Figura 12. Diagramma di stato dell'emulsione, in grigio la fase metastabile, [4].

In tali condizioni la probabilità che particelle microscopiche e/o sacche di gas normalmente presenti all’interfaccia con le superfici di contenimento agiscano da siti di nucleazione eterogenea e inneschino dunque la transizione di fase è molto elevata. Tuttavia, grazie a complesse tecniche di emulsificazione, [11], nei rivelatori a bolle il liquido permane in questo stato surriscaldato di metastabilità. Il liquido è, in altre parole, frazionato in circa 104-105 goccioline di diametro variabile tra 20 e 100 µm e disperso nella matrice geliforme. È evidente la necessità che il fluido sia privo di

(2)

siti di nucleazione eterogenea e degassificato, nonché inerte, immiscibile e sufficientemente viscoso, affinché le goccioline non si muovano11 o reagiscano con esso e sia dunque possibile contarle al termine dell’irraggiamento. Tali rivelatori sono inoltre estremamente adatti a numerose applicazioni al variare del numero, delle dimensioni, della composizione chimica e della temperatura delle gocce. Ad esempio carburi alogenati con un moderato grado di surriscaldamento possono essere impiegati per la rivelazione di neutroni veloci, in quanto l’ebollizione delle gocce può essere innescata soltanto dagli ioni liberati dai neutroni con energie superiori a determinate soglie. Un maggior grado di surriscaldamento permette invece di rivelare anche radiazioni debolmente ionizzanti, quali fotoni ed elettroni.

La teoria della nucleazione radioindotta comprende nozioni di fisica nucleare – interazione tra neutrone incidente e nucleo del mezzo matriciale; fisica atomica – interazione tra gli ioni, prodotti della reazione e il fluido – e fisica dei fluidi – processi dinamici generanti la bolla di vapore. È quindi facile comprendere il perché non esista una trattazione che descriva in modo analitico e completo il fenomeno di nucleazione delle bolle. È comunque possibile modellizzare, previe alcune ipotesi ed approssimazioni, sia l’interazione tra i neutroni incidenti e le molecole costituenti il fluido, che la vaporizzazione dei carburi vera e propria.

Per quanto riguarda il primo fenomeno, si consideri un flusso φ di neutroni (u.d.m. n° neutroni/cm2 s) di energia E incidente su di un liquido di volume V, densità ρ e peso molecolare M,

contenente N gocce surriscaldate. Nell’ipotesi che il numero di vaporizzazioni sia molto inferiore ad N, si può calcolare il tasso di vaporizzazione ψ (n°eventi/s) come:

( )

N0 V E M ρ ψ =ϕ σ    (2.1)

dove N0 è il numero di Avogadro e σ(E) la sezione d’urto efficace. In questo specifico caso, σ(E)

esprime la probabilità di interazione tra un neutrone incidente ed una molecola del fluido, considerando non solo la dipendenza dall’energia della particella incidente, ma anche il grado di surriscaldamento del liquido, [11].

Al momento dell’interazione, il nucleo è “sganciato” dalla sua nube elettronica e si sposta nel fluido depositandovi progressivamente la sua energia fino ad arrestarsi, in seguito ad eventi di collisione elettronica o cattura. È possibile valutare l’energia media persa dallo ione nel percorso unitario, ovvero il potere frenante, -dE/dx, al variare dell’energia e da esso calcolare il Range R per uno ione incidente di energia Ej (spessore minimo necessario al frenamento dello ione) come:

11 Esistono anche rivelatori, utilizzati in Real Time, in cui la bolla è immediatamente registrata alla sua formazione e poi, libera di muoversi nel fluido, fuoriesce dal gel matrice.

(3)

0 j E dE R dE dx =

− (2.2)

Figura 13. Potere frenante (MeV·cm2/mg) in funzione dell'Energia, [10].

In Figura 13 si può osservare l’andamento del potere frenante al variare dell’energia dello ione (in questo caso il massimo in corrispondenza di Em è relativo a nuclei che hanno interagito con il

neutrone incidente mediante scattering elastico). Esistono dati tabulati, [10] di dE

dx e relativo R,

tuttavia essi sono poco attendibili se Ej è circa eguale a Em, poiché la derivazione quantitativa di

dE

dx perde di validità se avviene uno scambio di cariche tra le particelle interagenti.

La teoria della “spiga termica” (Seitz), [11] è invece un modello unanimamente accettato per la descrizione del fenomeno di vaporizzazione. Secondo questo approccio semi-empirico, basato sulla termodinamica della nucleazione spontanea isotermica, quando gli ioni attraversano un liquido, la loro energia cinetica si trasferisce come calore e si creano scie di cavità di vapore.

Affinché una cavità di vapore insorta nel liquido si accresca e generi in condizioni isoterme una bolla stabile, è necessario fornire un quantitativo minimo di Energia Libera (∆G). Il ∆G si ottiene considerando il contributo dell’energia di volume ceduta nella transizione di fase liquido-vapore (∆GV) e quello di superficie richiesto per formare l’interfaccia di separazione tra le due fasi

(∆GS). 2 4 3 4 3 S V G G G π γ R π P R ∆ = ∆ + ∆ = ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ ∆ ⋅ (2.3)

Il raggio critico Rc, visibile in Figura 14, oltre il quale gli embrioni delle bolle si accrescono,

(4)

(

)

2 2 1 C l s l v R P v p p v

γ

γ

⋅ ⋅ = ≈ ∆    − ⋅ −        (2.4)

dove γ è la tensione superficiale, ∆P il gradiente di pressione tra le due fasi (ps il valore di

saturazione) e ν il volume specifico, mentre i pedici l e v indicano la fase liquida e quella vapore.

Figura 14. Variazione di Energia Libera di Gibbs con il raggio della bolla.

L’energia critica di nucleazione eterogenea Wo, radioindotta nei liquidi surriscaldati, può essere

ricavata utilizzando la seguente espressione, derivata da Skripov, [11] per le camere a bolle:

+

=

dT

d

T

p

p

H

W

W

v l l s G o

σ

σ

ν

ν

/

)

3

1

)(

(

2

1

(2.5) 2 2 3 ) / 1 ( ) ( 3 16 v l l s G p p W

ν

ν

πσ

− − = (2.6)

in cui ∆H è il calore latente di evaporazione del liquido. Il primo fattore WG rappresenta il lavoro, o

energia libera, richiesto per la nucleazione omogenea, ossia la nucleazione isotermica spontanea di una bolla di raggio critico in equilibrio con l’ambiente circostante. WG corrisponde al ∆GMAX ed

equivale alla differenza tra l’energia libera di superficie della bolla e il lavoro fatto nell’espansione contro la pressione del liquido.

I due termini del secondo fattore esprimono invece il lavoro aggiuntivo richiesto quando il liquido non è abbastanza surriscaldato per sperimentare nucleazione omogenea e dunque la vaporizzazione è di tipo eterogeneo ed è provocata da una particella ionizzante.

Wo supera WG di oltre un ordine di grandezza e aumenta ulteriormente quando si considerano le

perdite di energia che si hanno nella formazione delle bolle. Si tratta dell’azione combinata di forze viscose, trasferimento di energia cinetica al liquido ed emissione di onde sonore. Il limite superiore delle perdite per la forza viscosa e per l’energia cinetica Wirr si può esprimere come, [11]:

(5)

3 2

2

'

irr c

W

=

π ρ

R R



(2.7) dove 1 3 4 l c D R R ν

ρ

ρ

      =

 è la velocità di formazione della parete di vapore, intendendo con

l p k D c

ρ

=

⋅ la diffusività termica, k la conducibilità termica ecp il calore specifico del liquido.

Il rapporto G o

W W

η

= è un utile indice dell’efficienza del processo di nucleazione effettivo in confronto a quello isotermico reversibile di nucleazione omogenea e vale tipicamente 1/20. Il valore di η è riconducibile, sempre con riferimento alla teoria della “spiga termica”, ai fattori dinamici coinvolti nella deposizione di calore lungo il percorso degli ioni all’interno del liquido surriscaldato. Durante tutte le fasi del processo: a partire dall’insorgenza delle cavità di vapore fino alla nucleazione della bolla, gran parte dell’energia è infatti spesa in calore latente di vaporizzazione; conduzione di calore; lavoro contro le forze viscose e altre perdite. In tal modo solo una piccola frazione è quella che rimane nella bolla, disponibile per il processo di nucleazione.

2.1.1

Risposta ai neutroni.

In Tabella 4 sono riportati alcuni carburi alogenati tipicamente impiegati nelle emulsioni, [11].

Tabella 4. Carburi di comune impiego, [11].

Denominazione Chimica Numeri CAS Identificativo del refrigerante Formula bruta Punto di ebollizione Tb (°C) a Temperatura critica Tc(°C) Diclorotetrafluoroetano 76-14-2 R-114 C2Cl2F4 3.65 145.7 Monooclorodifluoroetano 75-68-3 R-142b C2H3ClF2 -9.14 137.15 Octafluorociclobutano 115-25-3 C-318 C4F8 -6.99 115.22 Diclorofluorometano 75-71-8 R-12 CCl2F2 -29.76 118 Tetrafluoroetano 811-97-2 R-134a C2H2F4 -26.07 101.2 Esafluoropropano (HFP) 116-15-4 - C3F6 -29.40 85.0 Monocloropentafluoroetano 76-15-3 R-115 C2ClF5 -39.17 79.9 Octafluoropropano 76-19-7 R-218 C3F8 -36.65 71.95

aAlla pressione atmosferica (101 kPa)

I carburi attualmente di impiego più comune nei dosimetri ad emulsioni surriscaldate sono l’R-12 e il C-318, alcuni studi, [21] hanno tuttavia indagato le caratteristiche di altri fluidi, considerando che i clorofluorocarburi sono in interdizione dal mercato. In particolare sono stati valutati come potenziali sostituti alcuni materiali che si trovano nello stato surriscaldato a temperatura e pressione

(6)

ambiente: il propano (C3H8), il propilene (C3H6), l’esafluoropropilene (HFP, Tabella 4) e

l’1,1,1,2-tetrafluoroetano (HFC, C2F4H2). Solo quest’ultimo mostra una felice convergenza di caratteristiche:

• Indissolubilità delle gocce nella matrice acquosa (al contrario del propano e del propilene); • Insensibilità alla radiazione gamma (al contrario dell’ HFP);

• Risposta in funzione dell’energia del fascio neutronico incidente simile a quella dell’R-12; • Aumento lineare della risposta con la temperatura.

Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, è noto che all’aumentare del surriscaldamento del fluido diminuisce l’energia necessaria alla nucleazione della bolla e ciò si traduce in un aumento spurio di risposta del dosimetro, tarato per un determinato spettro incidente. Sarebbe dunque auspicabile una totale indipendenza della risposta dalla temperatura. Sebbene essa non sia raggiunta neanche dall’HFC, si verifica che il coefficiente di correzione, da introdurre per effettuare la compensazione termica a 20°C, è lineare (Figura 15) e la risposta coincide con quella indicato per l’R-12, [22], corretta con un fattore non lineare.

Figura 15. Coefficiente di compensazione termica per l'esafluoropropilene in funzione della temperatura (°C) [21].

Una quantità estremamente utile al confronto tra carburi diversi, in termini sia di raggio critico che di energia di vaporizzazione, è il Surriscaldamento Ridotto (s), calcolato in 2.8.

b c b T T s T T − = − (2.8)

s è adimensionale ed esprime il surriscaldamento del fluido, ovvero l’incremento di

temperatura rispetto alla temperatura di ebollizione (Tb), normalizzato rispetto al

∆T (Tc - Tb) necessario al raggiungimento della Tc, temperatura critica oltre la

quale sussiste solo la fase aeriforme.

Figura 16. Surriscaldamento ridotto: temperature d'interesse.

(7)

L’efficacia di tale parametro è immediatamente comprensibile confrontando la sensibilizzazione ai neutroni termici di emulsioni surriscaldate di R-12, R-142 B e R-114 in funzione della temperatura operativa e del surriscaldamento ridotto (Figura 17).

Figura 17. Risposta in funzione della temperatura ridotta (T/Tc) e del surriscaldamento ridotto.

Come è possibile osservare, tutti i carburi alogenati diventano sensibili ai neutroni termici per valori di surriscaldamento ridotto almeno pari a 0.33, oltre il quale la risposta ha un andamento a forma di sigmoide fino alla saturazione per s > 0.45. Sebbene la stessa informazione circa l’esistenza di una soglia termica di sensibilizzazione possa essere ricavata anche dalla risposta in funzione della temperatura, il surriscaldamento ridotto mostra anche una uniformità di comportamenti delle emulsioni in risposta ai neutroni termici, come riportato in Tabella 5

Tabella 5. : Parametri termodinamici corrispondenti alla sensibilizzazione ai neutroni termici di R-12, R-142B e R-114, [11]

Carburo Alogenato T(°C) s Wirr(keV) Rc(µm)

17.0 0.330 17.0 0.047 17.5 0.334 16.1 0.046 R-12 18.0 0.337 15.2 0.044 41.0 0.343 17.8 0.044 41.5 0.346° 16.9 0.043 R-142B 42.0 0.350 16.0 0.042 50.5 0.330 17.85 0.047 51.0 0.333 16.8 0.046 R-114 51.5 0.337 15.9 0.045

Dalla Tabella 5 risulta infatti che i valori di Wtotraggiungono, in tutti i carburi alogenati, il livello

dei 17 keV in corrispondenza di un surriscaldamento ridotto s > 0.33. Questi dati termodinamici sono in perfetto accordo con la descrizione analitica della reazione di cattura (Capitolo 1) che avviene tra i neutroni termici incidenti e i nuclei dell’emulsione. Infatti nei carburi alogenati contenenti Cl (come R-12, R-142B ed R-114), la nucleazione delle bolle nello spettro epitermico è

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innescata dai prodotti della reazione esoenergetica di cattura 35Cl(n,p)35S, che genera uno ione zolfo di energia esattamente pari a 17 keV (con elevato potere ionizzante ed un range di circa 0,04 µm nelle gocce) ed un protone da 598 keV, [10].

Generalizzando, si osserva che emulsioni di diclorofluorometano (R-12) già a temperatura ambiente sono sensibili a neutroni termici ed epitermici. Per determinare la risposta dei rivelatori in tale regione dello spettro, ove non sono disponibili fasci puri di neutroni monoenergetici, si utilizzano simulazioni Monte Carlo delle interazioni dei neutroni con i nuclei di Cl. Ad ogni energia primaria dei neutroni la risposta è maggiore della corrispondente sezione d’urto della reazione (Figura 18). Questo riflette gli effetti moderanti del gel, che rallenta i neutroni incidenti aumentando la loro probabilità d’interazione con l’atomo di cloro. Infatti, per energie inferiori a 100 keV circa il 50% dei neutroni primari collide nei rivelatori con una media di due interazioni, valore che sale a tre per neutroni con energia al di sotto di 1 eV.

Figura 18. Risposta in fluenza calcolata tramite simulazione Monte Carlo, relativa a rivelatori a R-12 in confronto alla sezione d’urto della reazione 35Cl(n,p)35S,.[4]

Per quanto riguarda invece le risposte ai neutroni veloci12, aumentando il surriscaldamento del liquido diminuisce l’energia minima che i neutroni o le particelle cariche secondarie devono cedere alle gocce per innescarne l’evaporazione. In questo intervallo dello spettro la rivelazione dei neutroni si deve a reazioni di scattering elastico ed anelastico e di cattura che avvengono sia all’interno che in prossimità delle gocce. Si osservano in Figura 19 soglie energetiche variabili con la temperatura, superate le quali la risposta risulta pressoché piatta.

12Le risposte in fluenza qui presentate sono state acquisite irraggiando le emulsioni con fasci di neutroni monoenergetici nell’intervallo tra 25keV e 19 MeV.

(9)

Figura 19. Risposte in fluenza relative a emulsioni di vari alocarburi (R-12, R-142B, C-318, R-114) in funzione dell'energia dei neutroni, registrate a diverse temperature (25 °C (○), 30 °C (□), 35 ° C(◊), 40 °C(▲)), [11].

Si ricorda che tale comportamento non è comune ai fluidi drogati, ovvero carburi a cui sono aggiunte sostanze che modificano l’efficienza intrinseca delle gocce (litio o bismuto usati per modificarne la sensibilità, rispettivamente, ai neutroni termici e a quelli di energia superiore a 20 MeV).

Le soglie di rivelazione dei carburi alogenati C-318 ed R-114 (Enth) sono riportate nelle

Tabelle 6 e 7 per temperature operative dai 25 ai 40°C (con un’incertezza di ± 0.5 °C). In corrispondenza di ogni soglia le tabelle riportano le massime energie (Eion) impartite ai nuclei

attraverso scattering elastico o reazioni anelastiche con le molecole degli alocarburi; sono riportati inoltre i range di rinculo degli ioni (Rion), il raggio critico (Rc) e l’energia di vaporizzazione (Wtot).

In Tabella 6 si ossrerva che almeno uno dei due ioni di rinculo del C-318 può fornire l’energia di nucleazione stimata, trasferita entro un intervallo pari al diametro critico, 2Rc, o al raggio critico.

(10)

Tabella 6. Soglie di rivelazione dei neutroni nell’ottafluorociclobutano (C-318), [11]

Tabella 7. Soglie di rivelazione dei neutroni nel diclorotetrafluoroetano (R-114), [11].

Quest’ultima osservazione non è valida per l’R-114 che, per soglie energetiche elevate, presenta un range molto maggiore del diametro critico. Nell’ipotesi dunque che i valori di Wtot siano

corretti e siano state considerate tutte le particelle ionizzanti di rilievo, si conclude che, quando T(°C) Enth (keV) Ion Eion (keV) Rion ( µm ) Wo (keV) Rc(µm)

12C 7.1 0.036 40 25 19F 4.7 0.018 7.7 0.033 12C 19.9 0.097 35 70 19F 13.3 0.045 14.1 0.044 12C 40.9 0.193 30 144 19F 27.4 0.090 26.6 0.057 12C 160.5 0.664 25 565 19F 107.3 0.361 52.5 0.077

T(°C) Enth (keV) Ion Eion (keV) Rion ( µm ) Wo(keV) Rc(µm)

12C 160.5 0.683 19F 107.3 0.386 35Cl 61.0 0.116 40 565 37Cl 57.9 0.110 55.2 0.077 12C 340.8 1.189 19F 228.0 0.772 35Cl 129.6 0.240 35 1200 37Cl 123.0 0.227 104.2 0.101 12C 511.2 1.592 19F 342.0 1.092 35Cl 194.4 0.356 30 1800 37Cl 184.5 0.337 209.4 0.135 12C 1430.1 3.028 19F 950.0 2.2550 32P l 699.8 1.3780 35Cl 540.1 0.945 25 5000 37Cl 512.5 0.903 463.1 0.188 12C 4203.5 6.380 19F 2812.0 4.210 32P 1748.7 2.834 35Cl 1598.8 2.218 19 14800 37Cl 1516.9 2.187 1476.1 0.298 12C 5396.4 7.778 19F 3610.0 4.930 32P 2215.3 3.283 35Cl 2052.5 2.612 18 19000 37Cl 1747.4 2.575 1852.4 0.326

(11)

l’energia di vaporizzazione aumenta, essa deve essere distribuita su una lunghezza efficace, Leff,

superiore al diametro critico, proporzionale, secondo alcuni, [11], al raggio critico.

2.1.2

Risposta alle particelle cariche e sensibilizzazione ai fotoni.

Modulando il grado di surriscaldamento delle emulsioni è anche possibile discriminare fotoni, elettroni e particelle cariche. In particolare gradi medio bassi di surriscaldamento permettono la rivelazione di particelle a basso LET, quali protoni (attraverso le reazioni nucleari che avvengono nell’emulsione). Valori più alti di surriscaldamento invece consentono di distinguere non solo protoni, in questo caso attraverso interazioni tipo scattering Coulombiano, ma anche fotoni grazie agli elettroni secondari. In particolare, le emulsioni surriscaldate sono state anche sfruttate per la conferma fisica del diverso trasferimento lineare di energia delle particelle13. La Figura 20 riporta due fiale, in cui sono contenute due emulsioni diverse (R-114 e R-115), in cui è indotta la formazione di bolle da protoni di 62 MeV. In particolare, si osserva come i protoni nell’R-114 (Figura 20.a) siano in grado di indurre la formazione di bolle solo nella prima parte del loro range, fin tanto che possiedono energia superiore alla soglia di innesco delle reazioni nucleari indotte da protoni. Quando invece il medesimo fascio protonico è rallentato all’interno del carburo alogenato R-115 (Figura 20.b), è possibile osservare l’intero range delle particelle e l’aumento della densità di ionizzazione alla fine del percorso, corrispondente al picco di Bragg.

1 cm 1 cm

Figura 20. Effetto di protoni di 62 MeV emulsioni di R-114 (a) e R-115 (b), [11].

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2.2 Dispositivi e metodiche di rivelazione.

2.2.1

Dispositivi passivi.

Misure di neutroni cosmici ad alta energia a bordo di aerei e stazioni spaziali e rivelazione di fotoneutroni generati dai fasci di raggi X ad alta energia usati in radioterapia sono solo alcune delle applicazioni per le quali sono impiegati con grande efficacia dosimetri ad emulsioni surriscaldate passivi. Si tratta, in generale, di una fiala contenente l’emulsione surriscaldata e dotata vari sistemi di chiusura:

• tappi a vite che permettono di applicare una pressione superiore alla tensione di vapore del carburo, causandone la ricondensazione in fase liquida. In questi dosimetri il conteggio delle bolle avviene tipicamente per ispezione visiva (Figura 21 a));

• tappi con pipette graduate integrate, attraverso le quali, è possibile correlare il volume di gel spostato dall’espansione al numero di bolle formate (Figura 21 b) e c)).

Figura 21. Dosimetri SDD passivi, [11].

Questi dosimetri, anche noti come BDD (bubble damage detectors, [13]), presentano una buona sensibilità, che va da meno di una bolla fino ad alcune decine di bolle per µSv e una vita operativa anche maggiore di quella dichiarata dai costruttori. È interessante inoltre osservare le modalità di soluzione di due delle principali problematiche che si sono poste nei primi utilizzi delle emulsioni surriscaldate. In particolare, i sistemi di ricompressione meccanica a vite sono stati uno dei primi espedienti per rendere di nuovo utilizzabile il dosimetro anche dopo la formazione di un elevato numero di bolle, eventualmente anche espanse da gas e vapore liberato dalla matrice polimerica. La risposta del dosimetro è anche problematicamente influenzata dalla temperatura, che è in grado di

(13)

variare lo stato di surriscaldamento del fluido e conseguentemente l’efficienza della rivelazione dei neutroni, senza che l’operatore possa porvi rimedio. Allo scopo di compensare gli errori di lettura causati dalla temperatura, sono stati impiegati liquidi a basso punto di ebollizione o materiali termicamente espandibili, posti al di sopra della superficie libera dell’emulsione. In questo modo la tensione di vapore del liquido o il volume occupato dal materiale espandibile, aumentando con la temperatura ambiente, esercitano una pressione in grado di compensare automaticamente gli effetti della temperatura.

La risposta in aria e su fantoccio, misurata in vari esperimenti con sorgenti calibrate di neutroni monoenergetici nell'intervallo compreso tra qualche centinaio di keV e circa 10 MeV, presenta un andamento praticamente coincidente con il coefficiente di conversione da fluenza ad equivalente di dose personale (Figura 22): questo è un risultato di grande interesse che suggerisce la scelta di questi dispositivi come dosimetri per neutroni di energie medio alte.

Figura 22. Fluenza di risposta, RΦ(E), dei rivelatori a bolle su fantoccio (○) e in aria (●), normalizzati con neutroni di 2.5 MeV, paragonata con il coefficiente di conversione da fluenza a dose equivalente personale, Hp(10), [11]

Tali rivelatori sono stati sensibilizzati anche ai neutroni termici ed epitermici attraverso l’addizione di 6Li14 e a quelli di energia superiore a 20 MeV, grazie all’introduzione di schermi piombo15. Limiti intrinseci di tali dosimetri passivi restano pur sempre la necessità dell’intervento dell’operatore umano per la lettura della dose, sia che il conteggio – sempre più difficile all’aumentare del numero di bolle – avvenga direttamente o per mezzo di telecamere; la necessità di calibrazione per convertire correttamente il numero di bolle nella dose equivalente e l’usura nel tempo del dosimetro e del suo sistema di compensazione termica.

14 La risposta ai neutroni è indiretta; infatti la formazione delle bolle è dovuta alle particelle α prodotte dalla reazione di cattura 6Li(n, α)3H.

(14)

2.2.2

Dispositivi attivi.

Coniugare l’ottima risposta in termini di fluenza propria dei dosimetri ambientali ad emulsioni surriscaldate, [13] (Figura 23) e la praticità e robustezza richiesti da dispositivi portatili per uso personale è l’obiettivo principale degli sviluppatori degli APD/SDD (Active Personnel Dosemeter/Superheated Drop Detectors).

Figura 23. Risposta di SDD con R-12 a 31.5°C: ( – ) calcolato con tecniche MCNP e (o) dati sperimentali, raffrontata al coefficiente di conversione da fluenza a dose equivalente personale (- -),, [13] .

Riguardo alla Figura 24, necessita chiarire che il minimo in corrispondenza della zona neutronica epitermica, dove la risposta, come già ricordato, è calcolata con metodi Monte Carlo, non rappresenta un ostacolo all’impiego delle emulsioni surriscaldate nell’industria nucleare, poiché lo spettro presente intorno agli impianti nucleari presenta solo un picco di fissione ad alta energia ed un picco termico.

Nell’ottica di migliorare le prestazioni degli APD/SDD, un problema tutt’ora aperto è la scelta di una tecnica di conteggio delle bolle che consenta in tempo reale una lettura di dose equivalente affidabile, al fine di individuare sorgenti ed eventi improvvisi generanti campi radiativi con emissioni superanti i limiti di dose consentiti, in attuazione al principio ALARA16.

Il primo meccanismo individuato per trasdurre la formazione delle bolle ne sfruttava, registrandola, l’onda di pressione generata in corrispondenza di ciascuna nucleazione. Infatti la rapida espansione della bolla, in seguito all’evaporazione della goccia, è caratterizzata da impulsi pressori oscillatori di circa 10 ms di durata, facilmente rilevabili da un trasduttore acustico.

Un’evoluzione di tale tecnica è consistita nell’impiego di due trasduttori acustici piezoelettrici (PZE) allo scopo di effettuare un doppio controllo per discriminare gli eventi spuri

16 ALARA: as slow as reasonably achievable, si tratta di un principio ispiratore dei provvedimenti di radioprotezione in considerazione di fattori economico-sociali[4].

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dovuti a vibrazioni esterne. All’immediato controllo per anticoincidenza è affiancata un'analisi della forma dell’impulso per mezzo di un microprocessore che permette di riconoscere le features caratteristiche del segnale generato dall’evaporazione di una goccia (Figura 24) e così contare solo queste. Con questo sistema, sfruttando particolari accorgimenti meccanici per disaccoppiare meccanicamente la fiala contenente l’emulsione dal telaio dell’apparecchio, è possibile utilizzare questi dosimetri in ambienti con un livello di rumorosità di oltre 100 dB, [19].

Figura 24. Evoluzione temporale e analisi armonica di impulsi emessi dall'ebollizione di una goccia surriscaldata in presenza di (a) una bolla, (b) 200 bolle, (c) 500 bolle all'interno della fiala, [11].

Grazie al conteggio acustico è possibile registrare l’evaporazione di tutte le gocce presenti nell’emulsione, considerando pur sempre la perdita di linearità che si registra alla diminuzione di gocce di liquido disponibili a enucleazione, [2]: questo è un vantaggio dei dispositivi attivi rispetto a quelli passivi, limitati dalla già accennata difficoltà di conteggio visivo, possibile solo fino a qualche centinaio di bolle. Inoltre i dosimetri neutronici elettronici attivi basati sull’utilizzo di rivelatori a bolle sono praticamente immuni ai disturbi esterni e altre particelle (zero-background). Un ulteriore miglioramento è apportato da un sistema di regolazione della temperatura dell’emulsione. In questo caso la sensibilità al grado di surriscaldamento è sfruttata per conformare in maniera ottimale la risposta del dosimetro al coefficiente di conversione tra fluenza ed equivalente di dose personale Hp(10). In particolare, si ottiene un’ottima risposta nell’intervallo dai

neutroni termici fino a quelli veloci, utilizzando emulsioni di R-12 stabilizzate a 31.5°C, [11]. Il dispositivo, dotato di un termistore ad elevata sensibilità e di un manicotto di riscaldamento, effettua un controllo automatico della temperatura, regolandone il valore non appena il sensore ne valuta uno scostamento dal valore ottimale di operatività; uno schema è riportato in Figura 25.

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Figura 25. EPD/SDD. In evidenza le unità funzionali.

Le risposte in equivalente di dose fornite da questo tipo di dispositivi sono state studiate testando i rivelatori con più di 150 diverse distribuzioni energetiche di neutroni, [11]. Dai risultati riportati in Figura 26 si osserva che, normalizzando i dati con la risposta alla sorgente di 252Cf, più del 95% dei punti si trova entro un intervallo del 20% e il 70% entro il 10%. Questi valori sono stati inoltre verificati direttamente sul campo, intorno a siti di stoccaggio di combustibile esaurito e a impianti di potenza.

Figura 26.Risposta di dispositivi elettronici a campi neutronici ricorrenti: risposta calcolata a spettri di reattori catalogati (○); risposte alle sorgenti moderate di Cf e Am-Be, calcolata (□) e misurata (■); normalizzazione con

sorgente nuda di Cf (●), [11].

Recentemente è stato presentato un prototipo di dosimetro elettronico personale (Electronic Personal Dosemeter, EPD HpSLAB, Figura 27), [14] basato sul conteggio acustico delle bolle sopra descritto. Il sensore neutronico di questo dosimetro è una fiala di 12 ml, contenente un’emulsione di circa 50.000 goccioline di R-12. Il supporto della fiala è montato parallelamente all’apparecchiatura elettronica, in modo da avere maggiore compattezza. La regolazione di temperatura è effettuata da un sensore di temperatura allo stato solido e a basso consumo. La serie di test eseguita su questo prototipo mostra che le risposte in termini di equivalente di dose alle sorgenti di Am-Be, Cf e ad una vasta gamma di altri spettri si trovano entro il 10% del valore di riferimento di 13 bolle/µSv,

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mentre le risposte a neutroni con energia compresa tra i 70 keV e 5 MeV sono entro il 25% del riferimento. La risposta ai neutroni ad alta energia sottostima la dose (40% meno del riferimento), mentre quella ai termici la sovrastima (50% più del riferimento), ma può essere corretta con l’introduzione di filtri albedo ricchi di boro. La soglia di rivelazione minima del dosimetro, calcolata con una deviazione standard di circa il 33%, è invece pari a 1 µSv.

Figura 27.EPD-HpSLAB – versione prototipale di un EPD.

Il BTI BD-PND (BTI Bubble Detector Personal Neutron Dosemeter) ed il BTI BDT (BTI Bubble Detector Thermal Neutrons), [15] sono invece alcuni dei dosimetri SDD commerciali della Bubble Technology Industries. Essi hanno una struttura interna schematizzata in Figura 28 e si presentano come in Figura 29 b).

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Figura 29. BTI BD-PND b) e sistema di lettura a), [15].

Il BD-PND consiste in una fiala contente gocce di liquido surriscaldato in una matrice polimerica ed è corredato di un sistema automatico di compensazione termica in un range che va da 20 a 37°C, ed un tappo a vite per la ricompressione delle bolle al termine del turno lavorativo. Il sistema di lettura avviene mediante un apparecchio esterno, che, all’inserimento della fiala, conta il numero di bolle e registra quindi la dose17 in un file contenente il codice identificativo della fiala, ottenuto mediante lettura del relativo codice a barre, e le informazioni relativa alla stessa, all’utente.

Versione semplificata del BDT-PND è il BDT, che, in tutto strutturalmente eguale al precedente, presenta una sensibilità ottimale per i neutroni termici.

Dalle risposte in equivalente di dose, riportate in Figura 30, si osserva che, utilizzando anche in questo caso dati normalizzati con la risposta alla sorgente di 252Cf, sussiste una buona coincidenza con il fattore di conversione da fluenza a equivalente di dose Hp(10), [16].

Figura 30. Risposta dei dosimetri BDT e BD-PND al variare dell’energia, confrontata con il valore di hp(10), [16].

17 Il calcolo della dose è effettuato tenendo conto della sensibilità della fiala e di altri parametri che la caratterizzano, che sono registrati nello strumento di lettura ed associati al codice identificativo della singola fiala.

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Problematica non completamente risolta è invece la scarsa accuratezza, che diminuisce all’aumentare della dose, [17]. Malgrado si annoverino tali dispositivi come dosimetri elettronici personali attivi, [18], in realtà la lettura della dose non avviene in tempo reale, sebbene sia possibile vedere le bolle ad occhio nudo, ma solo alla fine del turno lavorativo introducendo il dosimetro in un apposito lettore.

Figura

Figura 12. Diagramma di stato dell'emulsione, in grigio la fase metastabile, [4].
Figura 13. Potere frenante (MeV·cm 2 /mg) in funzione dell'Energia, [10].
Figura 14. Variazione di Energia Libera di Gibbs con il raggio della bolla.
Tabella 4. Carburi di comune impiego, [11].
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Riferimenti

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