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Sviluppo di rivelatori a emulsioni surriscaldate per spettrometria neutronica, con particolare applicazione al progetto SPES-BNCT

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Dottorato in Ingegneria “Leonardo da Vinci”

Corso di Dottorato di Ricerca in

SICUREZZA NUCLEARE E INDUSTRIALE

Tesi di Dottorato di Ricerca

Autore:

Angela Di Fulvio _____Firma____________

Relatori:

Prof. Francesco d’Errico _____Firma________________ Prof. Roberto Roncella _____Firma________________ Prof. Giorgio Curzio ________Firma________________ Prof. Paolo Colautti ________Firma________________

STUDIO E REALIZZAZIONE DI TECNICHE DI

SPETTROMETRIA E DOSIMETRIA NEUTRONICA:

APPLICAZIONE AL PROGETTO SPES-BNCT

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2

Indice

INTRODUZIONE... 3

1 BORON NEUTRON CAPTURE THERAPY ... 5

1.1 BNCT: REVISIONE DEI RISULTATI CLINICI E NUOVE PROSPETTIVE ... 5

1.2 SORGENTI DI NEUTRONI PER LA BNCT ... 8

2 SPETTROMETRIA NEUTRONICA: PRINCIPI E SISTEMI ... 17

2.1 STUDIO DI FATTIBILITÀ DI UNO SPETTROMETRO A SEMICONDUTTORE SIC CON STRUTTURA A “SANDWICH” ... 21

2.1.1 Stato dell’arte e caratteristiche elettriche... 21

3 IMPIEGO DI EMULSIONI SURRISCALDATE PER SPETTROMETRIA NEUTRONICA ... 29

3.1 GENERALITÀ SULLE EMULSIONI SURRISCALDATE PER APPLICAZIONI SPETTROMETRICHE ... 29

3.2 RISPOSTA AI NEUTRONI. ... 33

3.3 ... 33

3.4 RISPOSTA ALLE PARTICELLE CARICHE E SENSIBILIZZAZIONE AI FOTONI. ... 38

DISPOSITIVI E METODICHE DI RIVELAZIONE. ... 38

3.4.1 Dispositivi passivi. ... 38

3.4.2 Dispositivi attivi. ... 40

3.5 SISTEMA DI MISURA PRESSO L’ACCELERATORE LINEARE VAN DE GRAAF LNL-INFN ... 45

3.6 MISURE PRELIMINARI ... 47

3.7 MIGLIORAMENTI APPORTATI AL SISTEMA DI MISURA ... 48

3.7.1 Calibrazione termica ... 49

3.7.2 Realizzazione di un sistema di acquisizione dati integrato ... 52

3.8 INDIVIDUAZIONE DELLE CONDIZIONI OPERATIVE DEL RIVELATORE ... 53

3.8.1 Analisi della risposta in frequenza ... 55

3.8.2 Sistema Chopper di pulsazione del fascio protonico ... 58

3.9 MISURA DELLO SPETTRO DELLA REAZIONE BE(P.XN) ... 61

4 ALGORITMI DI DECONVOLUZIONE E CODICI IMPIEGATI ... 63

4.1 GRAVEL METODO DEI MINIMI QUADRATI NON LINEARE APPLICATO IN FORMA ITERATIVA ... 64

4.2 MAXED: MASSIMA ENTROPIA ... 67

4.3 ROOUNFOLD ... 69

4.4 FRUIT ... 69

4.5 ANALISI DELLE INCERTEZZE ... 71

4.6 APPLICAZIONI E CASI PRATICI ... 72

4.7 ANALISI “FEW CHANNEL”- SDD ... 74

4.8 LIMITAZIONI DELLE PROCEDURE DI DECONVOLUZIONE: AUTOVALORI E RISPOSTA ANGOLARE ... 74

5 EMULSIONI IN CAMPI DOSIMETRICI: LETTURA OTTICA E CAMPI IN RADIOTERAPIA ... 79

5.1 DOSIMETRIA IN CAMPI MISTI: PRINCIPALI CARATTERISTICHE E PROBLEMATICHE ... 79

5.2 CARATTERIZZAZIONE DI UN CAMPO MISTO PER RADIOTERAPIA 12-20MV ... 79

5.3 VALIDAZIONE DI UN FANTOCCIO IN PMMA ... 81

5.4 PROCEDURA DI CALIBRAZIONE ... 87

5.5 MISURE ... 88

5.6 CONFRONTO DEI DATI ... 94

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3

Introduzione

La BNCT (Boron Neutron Capture Therapy) è una modalità binaria di trattamento dei tumori, legata all’effetto cooperativo di due componenti, singolarmente inefficaci: l'assunzione di un farmaco contenete boro prima e l'esposizione ad una sorgente neutronica poi. Grazie all’elevata probabilità della reazione 10B(n,α)7Li (σ = 3840 b) e alla captazione differenziale del farmaco da parte delle cellule tumorali, metabolicamente più attive di quelle sane, è possibile determinare un effetto biologico nelle sole cellule cancerose, preliminarmente caricate con una sufficiente quantità di 10B. Essendo infatti il range medio dei prodotti di reazione (5 – 9 µm) ad alto LET confrontabile con il diametro cellulare medio, le cellule tumorali, prossime al centro di massa della reazione, subiscono la massima densità di ionizzazione. Quest'ultima determina molto probabilmente la molteplice rottura del filamento di DNA e quindi la morte cellulare. Tale trattamento risulta in definitiva appropriato per le forme tumorali in cui il tessuto neoplastico è frammisto a quello sano (melanomi maligni, gliomi, tumori epatici), per le quali le terapie convenzionali non offrono alcun sostanziale beneficio.

Le prime sperimentazioni, negli Stati Uniti (Brookhaven National Laboratory e MIT) ed in Giappone (Tokyo), risalgono agli anni ’50 e sono illustrate nel Capitolo 1; studi clinici successivi di fase I e II sono stati condotti anche in alcuni centri europei (Petten, Studsvik ed Helsinki). La BNCT incontra attualmente un rinnovato interesse grazie sia ai favorevoli risultati del trattamento di tumori epatici, gliomi cerebrali e tumori del colon-retto che all’introduzione di nuovi farmaci con veicolazione lipidica ed elevata selettività per i tessuti tumorali.. L'adozione della BNCT quale pratica clinica implica la sua integrazione nelle strutture ospedaliere. Per questa ragione è in atto il tentativo da parte di enti di ricerca, così come di major industriali, di realizzare facility di irraggiamento basate su compatti acceleratori (Accelerator Based BNCT - ABNCT), peraltro già ampiamente presenti all'interno degli ospedali per produzione di radiofarmaci e trattamenti radiodiagnostici e radioterapeutci. Con l’obiettivo di realizzare una facility sperimentale per il trattamento dei melanomi maligni (MM), basata su acceleratore, è nato, nel 2002, presso l’INFN-LNL, il progetto pluridisciplinare SPES-BNCT, nell’ambito del più ampio progetto SPES (Study and Production of Exotic Species). La produzione di neutroni avviene tramite la reazione 9Be(p,xn), su un un bersaglio spesso di berillio bombardato da protoni da 5 MeV. Per un trattamento ottimale dei MM, il flusso neutronico deve essere massimamente termico (flusso termico maggiore di 109 [cm-2s-1] e, in percentuale, superiore al 90% del flusso totale), pertanto è stato previsto un moderatore (BSA – Beam Shape Assembly), che produca, alla finestra di irraggiamento, un fascio neutronico termico e collimato. In particolare, al fine di progettare opportunamente il BSA, è necessario avvalersi di codici di calcolo di tipo Monte Carlo, che simulino il trasporto e le interazioni dei neutroni attraverso il moderatore. L’accuratezza di tali calcoli dipende direttamente dalla conoscenza dello spettro di emissione doppio-differenziale dei prodotti della reazione con protoni da 5 MeV su berillio. Il presente lavoro di dottorato ha come obiettivo lo sviluppo e l'applicazione di un sistema per la misura del suddetto spettro differenziale in un intervallo angolare da 0° a 135°, a completamento della campagna sperimentale già avviata dall’Università di Pisa (Laboratorio di Misure Nucleari - DIMNP) presso l’acceleratore di Van de Graaf CN-LNL nel 2007. Le misure sono condotte impiegando rivelatori ad emulsioni surriscaldate, mediante la tecnica spettrometrica BINS.

Allo scopo di caratterizzare lo spettro doppio-differenziale della reazione Be(p,xn), misure spettrometriche con tecnica BINS (Bubble Interactive Neutron Spectrometer), con emulsioni surriscaldate a base di diclorotetrafluoroetano (C2F4Cl2),sono state condotte presso l'acceleratore di Van de Graaf CN-LNL, ove è

riprodotta, con un fascio di protoni da 5 MeV, bersaglio spesso di berillio e corrente di fascio massima di 100 nA, la reazione 9Be(p,xn). Una panoramica degli strumenti impiegati è presentata nel Capitolo 2.Il

sistema BINS (Bubble Interactive Neutron Spectrometer), totalmente insensibile ai fotoni, si basa sulla variazione della sensibilità dei rivelatori in funzione della temperatura. È infatti possibile variare la soglia energetica di risposta del rivelatore, variandone la temperatura operativa, e così ottenere una matrice di funzioni di risposta, che consente di effettuare l'analisi dello spettro energetico dei neutroni incidenti. All’apparato di misura sono state apportate alcune modifiche: la ealizzazione di un "cono-ombra" in ferro-nylon; la selezione e messa a punto di uno scintillatore in ZnS in matrice di PMMA come rivelatore di riferimento per neutroni veloci, utile alla normalizzazione dei dati ottenuti; la calibrazione e taratura del

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4 sistema di controllo PID della temperatura ed infine il progetto e la realizzazione di un sistema automatico di controllo del fascio protonico.

I dati acquisiti nell’anno 2008 hanno confermato l’applicabilità della tecnica BINS a misure di tipo spettrometrico e hanno inoltre indicato la necessità di aumentare l’accuratezza delle misure condotte alle alte temperature, corrispondenti alle soglie di discriminazione energetica inferiori. Durante quattro campagne sperimentali successive (gennaio, maggio, luglio e dicembre 2009), sono state condotte misure con emulsioni di octafluorociclobutano (F8C4), sensibile, a parità di condizioni operative, a neutroni di energia

inferiore rispetto al diclorotetrafluoroetano (C2F4Cl2). Misure della componente gamma della reazione 9Be(p,xn) sono state poi condotte con un rivelatore HPGe con risoluzione 1.8 keV a 1.33 MeV. Tale

componente è responsabile di una dose addizionale al paziente, durante trattamento BNCT; essa è imputabile sia ai raggi gamma prodotti dalla reazione 9Be(p,xn) sia alle interazioni con il paziente e con i materiali costruttivi. Gli spettri preliminari a 0° rispetto alla direzione del fascio, sono risultati coerenti con quelli presenti in letteratura.

Le attività sperimentali, svolte presso l’acceleratore CN-LNL, e successivamente ripetute presso il DIMNP-Pisa, con una sorgente di AmBe da 30 mCi, hanno evidenziato la progressiva perdita di sensibilità delle emulsioni surriscaldate, all’aumentare della temperatura e del tempo di esercizio. È stata perciò indagata, con analisi NMR, l’eventuale presenza di prodotti radio indotti. L’esposizione di campioni a dosi progressivamente più elevate ha consentito di escludere la precedente ipotesi, non risultando evidente alcuna differenza tra i campioni esposti e i campioni di controllo. Responsabile della suddetta variazione si ritiene essere la solubilizzazione delle gocce termo e radio indotta, che determina la variazione della risposta del rivelatore. Sono state pertanto individuate le condizioni operative ottimali di impiego dei rivelatori. Limite intrinseco della versione del sistema BINS usato in precedenza è inoltre il rateo di conteggio massimo, che deve attestarsi intorno ad 1 cps. Una possibilità per aumentare il flusso neutronico al quale il rivelatore può essere correttamente irraggiato è quella di considerare la componente ad alta frequenza del segnale. È stato dunque selezionato ed acquistato il sensore ultrasonico selezionato (IDHG018), con frequenza centrale 1 MHz e ampiezza di banda 500 kHz; è stato progettato e realizzato un sistema di sostegno meccanico, integrabile con un sistema di controllo termico mediante celle Peltier.

E' stata contemporaneamente condotta un'analisi preliminare dei dati acquisiti, con il codice MAXED. Da tale analisi è emerso che i suddetti miglioramenti al sistema di misura hanno comportato l’acquisizione di dati, nel 2009, coerenti con quelli presenti in letteratura, sulla medesima reazione 9Be(p, xn) a 0°xiv. Alla

preliminare deconvoluzione dei dati acquisiti, ha fatto seguito una analisi di sensibilità dello spettro risultante ai parametri di calcolo utilizzati dal codice MAXED. La medesima operazione è stata condotta con altri codici di calcolo utilizzati per l'analisi di spettri neutronici acquisite con le differenti tecniche strumentali: UNFANA, GRAVEL, FRUIT e RooUNFOLD. Nella misura dello spettro neutronico emergente dalla reazione 9Be(p, xn) nell’ambito del progetto SPES-BNCT è anche attiva una collaborazione con il Politecnico di Milano, impegnato nella misura del medesimo spettro con una rivelatore a semiconduttorei. Uno studio comparativo

di confronto tra i due metodi è stato condotto. Oltre a evidenti differenze operative tra i due metodi, sono emerse possibili integrazioni, vista l'intrinseca differenza tra i principi fisici di rivelazione.

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5

1 Boron Neutron Capture Therapy

1.1 BNCT: revisione dei risultati clinici e nuove prospettive

L'isotopo stabile B10 ha un’elevata sezione d’urto di cattura per i neutroni termici e si disintegra in un atomo di elio e uno di litio.

10B + 1n  7Li + 4He+ 0.48 MeV + 2.31 MeV 94%

 7Li + 4He+ 2.79 MeV 6%

I prodotti della reazione 7Li ed 4He rilasciano un’energia pari a 2.4 MeV entro 5 e 9 µm rispettivamente,

nell’intorno dell’atomo di B10 (Kruger, 1940). Le cellule più vicine all’atomo di boro si fanno dunque carico della sua esplosione atomica. Qualora il boro sia presente in concentrazione maggiore in cellule neoplastiche, rispetto a quelle sane, le prime saranno selettivamente colpite e l’elevata energia per unità di percorso rilasciata dai secondari carichi della reazione ne determinerà la morte, a seguito di rottura multipla del filamento di DNA. Il principale problema dei farmacologi, tuttora aperto, è di trovare una molecola vettore per l'atomo di boro che sia in grado di concentrarsi in maniera altamente selettiva nel tessuto tumorale. Una breve panoramica dei risultati clinici e dei progressi della terapia è preceduta dall’esposizione dei parametri di merito della BNCT, che facilitano il confronto tra studi clinici ottenuti con piani di trattamento, veicolatori del boro e fasci neutronici diversi.

Tali parametri, elencati di seguito, sono stati sviluppati presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) in collaborazione con l’Università di Harvard, (Harling, 1990).

“advantage depth” (AD). L’AD fornisce una misura della profondità massima utile dal punto di vista terapeutico, è definita come la profondità nel tessuto in cui la dose terapeutica totale è pari alla dose totale nel tessuto normale. La dose terapeutica totale è la somma della dose di fondo totale e la dose dalla reazione 10B(n,alfa)7Li. La profondità in cui si verifica il vantaggio massimo (ADmax) si ha quando il rapporto della dose nel tumore ripetto a quella nel tessuto sano/sangue è infinito. Più realisticamente questo rapporto è di 3:1 a 4:1.

“advantage ratio” (AR). L'AR dà una misura della capacità di un fascio di trattamento di ridurre al minimo la dose integrale al tessuto sano, quando una dose tumoricida è impartita al tumore. L'AR unidimensionale è definito come l'integrale di dose che dovrebbe essere impartito al tessuto tumorale se fosse distribuito in modo uniforme all'interno del tessuto, diviso per la dose integrale che sarebbe in quel caso rilasciata al tessuto normale, lungo un asse unidimensionale fissato. È tipicamente utilizzato nei trattamenti di masse tumorali solide e tridimensionali, come i gliomi cerebrali.

“advantage depth dose rate” (ADDR), è il rateo di dose al tumore alla profondità AD. Dalla definizione precedente di AD, la ADDR è l'aliquota massima di dose al tessuto normale. L’ ADDR è stato sviluppato principalmente come criterio clinicamente significativo di intensità del fascio di neutroni epitermici.

La prima trattazione dettagliata degli effetti biologici e dell’applicazione terapeutica di questa tecnica binaria si deve a Gordon Locher nel 1936 (Locher, 1936), fino ad oggi nota con il nome di Boron Neutron Capture Therapy (BNCT). Sebbene un certo numero di studiosi abbia riconosciuto sin dall’inizio i vantaggi di questa tecnica, i primi studi, fino 1950, non hanno dato esiti positivi.

Prima ancora che la pratica della BNCT si consolidasse, infatti, furono intrapresi diversi tentativi per il trattamento selettivo di forme tumorali: Zahl, Cooper e Dunning sperimentarono gli effetti della somministrazione di farmaci contenti boro e litio (Zahl, 1941), mentre Tobias pensò all’applicazione della reazione di fissione nucleare in vivo, tramite captazione di 235U (Wasserman, 1948). È solo nel 1950 che,

presso i Laboratori Nazionali di BrookHeaven (BNL), furono eseguiti i primi trattamenti su pazienti, utilizzando, come sorgente neutronica, un reattore da 20 MW (Slatkin, 1986). Sebbene fosse stata

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6 quantificata una captazione differenziale, tra i tessuti tumorali e quelli sani, di circa un fattore tre (Sweet, 1952), nessun reale beneficio fu riscontrato dai pazienti trattati. Contemporaneamente, un’intensa linea di ricerca si dedicava allo sviluppo di nuovi farmaci veicolatori del boro e alle loro modalità di captazione differenziale (Kitao, 1975) (Deutsch, 1976). Una determinazione esatta della percentuale di captazione fu resa possibile dalla tecnica individuata da Fairchild nel 1986 (Fairchild, 1986), che non solo consentì di controllare la selettività della captazione, ma anche di risolvere uno dei principali problemi dei primi trattamenti: la necrosi radioindotta dei tessuti vascolari. Nei primi pazienti trattati, infatti, si riscontrava un ispessimento delle pareti dei vasi sanguigni a causa della proliferazione e dell’ingrossamento delle loro cellule, con conseguente occlusione vascolare: fu possibile concludere che tale riproduzione cellulare fosse stimolata dai prodotti della fissione del boro. La tecnica sviluppata da Fairchild e dai suoi collaboratori prevedeva di misurare la conconcentrazione di fissile B10, che è circa il 20% della miscela naturale, attarverso la misura dei raggi gamma da 478 keV che emergono, a seguito della cattura neutronica, nel 94% delle disintegrazioni di B10. La componente di flusso termico è calcolabile direttamente a partire dalla

conoscenza dello spettro, eventualmente moderato, del reattore. Era in questo modo possibile quantificare il contenuto di boro nel sangue in pochi minuti, nonché confrontare in vitro le prestazioni di numerosissimi farmaci potenziali veicolatori di boro anche in termini di rapporto di concentrazione non solo tra tessuti tumorali e sani, ma anche tra tessuti tumorali e sangue. I ricercatori di Shionogi in Giappone e Tolpin, Wellum e Berley presso il Massachusetts General Hospital poterono così individuare finalmente una versione stabile del borocaptato di sodio BSH (a partire dalla molecola anionica di B12H11SH2-) (Berley,

1978). Sebbene i primi risultati clinici, ad opera del Prof. Hatanaka presso la Tokyo University fossero incoraggianti (Kitamura, 1986), restava il problema della lieve tossicità del BSH. Oltre al BSH un altro vettore di boro, simile alla tirosina, dalle caratteristiche idonee al trattamento BNCT è stato individuato a partire dall’inizio degli anni ’70: la borofenialanina (BPA) (Lennarz, 1958), la sua efficace veicolazione e i primi trattamenti clinici sono stati verificati dai ricercatori dei BNL e del Beth Israel Hospital di New York.

Una nuova formulazione di BPA, nota come BPA-f, ovvero BPA legata a fruttosio è stata sperimentata clinicamente a partire dal 1994; da allora il BPA-fruttosio è diventato l’agente clinico di somministrazione del boro più frequentemente utilizzato (Diaz, 2003). Un’ulteriore possibilità di miglioramento è stata individuata, negli anni successivi, nella somministrazione intracarotidea di soluzione di BSH e BPA da soli o in combinazione con l'infusione di una soluzione di mannitolo iperosmotico in grado di oltrepassare (“disrupting”) la barriera emato-encefalica (BBB-D). Tale trattamento, sperimentato nel modello F98 di ratti con glioblastoma, ha comportato una maggiore concentrazione di boro nel tumore al cervello, da cui è risultato un aumento del tempo di sopravvivenza medio (MSTs) seguente la somministrazione intracarotidea di BPA e BBB-D (combinati o meno con BBB-D) rispetto alla somministrazione instravenosa dei soli BPA o BSA o di una loro combinazione (Barth R. Y., 2000). La storia della BNCT è infatti indissolubilmente legata al glioblastoma multiforme (GBM). Questo è un tumore dei tessuti gliali, che sono il supporto del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Le cellule gliali fungono da sostegno chimico e fisico dei neuroni. Esse costituiscono il 50% del volume del sistema nervoso. A differenza dei neuroni, le cellule gliali sono costantemente sottoposte a ciclo cellulare di nascita, differenziazione e procreazione (mitosi). È’ questa differenza che rende la probabilità di cancro delle cellule gliali di gran lunga superiore alla probabilità nei neuroni del SNC degli adulti. Microscopicamente, come suggerisce il nome "multiforme", la peculiarità è la varietà di forme delle cellule incontrate, che rende questa neoplasia particolarmente idonea al trattamento BNCT, non conformazionale, ma funzionalmente selettivo. Le caratteristiche del processo maligno sono la ploriferazione cellulare, il polimorfismo delle cellule tumorali associate alla mitosi, le alterazioni dell’architettura cellulare e molti altri cambiamenti secondari.

Altro target neoplastico idoneo al trattamento BNCT è il melanoma maligno (MM), una malattia aggressiva che comporta spesso la diffusione neoplastica locoregionale con totale frammistione di tessuto tumorale e sano, per la quale ad oggi non esiste ancora una tecnica, chirurgica o meno, di trattamento standard. Mentre infatti, durante le fasi iniziali della malattia, l’asportazione chirurgica offre una buona probabilità di guarigione, per le fasi più avanzate il trattamento radioterapeutico mostra effetti tossici da lievi (eritema, desquamazione secca, il colore della pelle modifiche) a molto gravi (ulcera, atrofia, teleangectasie), con conseguenti esiti estetici o funzionali (Archambeau, 1995). In questo contesto il carattere binario e selettivo

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7 della BNCT è ancora una volta interessante, essendo in grado di fornire alte dosi al tumore, riducendo quelle al tessuto normale.

Le ricerche degli ultimi 30 anni, successivamente all’introduzione della BPA-f, sulla BNCT hanno visto progressi relativamente lenti ma costanti, soprattutto nel campo della sperimentazione clinica. In particolare la terapia è stata estesa al trattamento di una varietà di altri tumori maligni. In questo ambito uno dei più rilevanti studi clinici randomizzati, per numero di pazienti, ha coivolto 573 pazienti con GBM ed ha attestato che la chirurgia, seguita dalla combinazione di temozolomide1 ed irradiazione fotonica, e 6 cicli successivi

temozolomide, otteneva risultati migliori della terapia standard costituita da chirurgia seguita da radioterapia (Stupp, 2005). L’aumento di sopravvivenza mediana era di soli 2.5 mesi ma questo dato era statisticamente significativo al di sopra dello 0.999. Inoltre, circa il 25% dei pazienti che aveva ricevuto questa terapia di combinazione era vivo a 24 mesi dal trattamento, che è un numero notevole visto il decorso tipico della malattia. Uno studio clinico più recente di confronto tra uno studio di fase II utilizzando BNCT (infusione di 6 ore di BPA-F) ed i dati retrospettivi da due rami di uno studio di Fase III con la radioterapia convenzionale (Skold, 2010) ha rivelato che l’efficacia del trattamento BNCT è almeno pari a quella della RT convenzionale da sola, sottolineando la rapidità del trattamento BNCT e la buona qualità della vita durante il decorso del trattamento, in rapporto alla radioterapia convenzionale.

Per quanto riguarda il trattamento clinico dei MM, invece, la prima esperienza clinica in pazienti con melanoma è stata eseguita da Mishima, dopo studi approfonditi in vitro e in vivo, con somministrazione del boro mediante BPA (Mishima, 1989). I trattamenti del MM con BNCT in Giappone sono proseguiti ad opera di Fukuda et al. (Fukuda, 1999) e di Busse et al. (Busse, 1997) negli Stati Uniti, ripettivamente nel 1999 e 1997. Tutti loro hanno mostrato risultati incoraggianti. Il progetto BNCT è stato avviato anche in Argentina nel 1998, dove nel 2003, è iniziata una sperimentazione clinica di fase I/II su melanoma cutaneo. Sono stati recentemente pubblicati i risultati (Menendez, 2009) di questa sperimentazione con BPA-f su sette pazienti. I rapporti tra la concentrazione di boro nel tumore e quella nel sangue (T/B) si sono assestati nell’intorno di 3.5, coerentemente con altri i valori medi esposti in letteratura, la dose massima ai tessuti sani risultava di circa 27.5 Gy-Eq, con un rapporto tra la dose massima tollerabile e la massima dose erogata (MTD/MDD) dello 0,13%. Dal punto di vista clinico non è stata osservata alcuna progressione della malattia durante il follow-up. Alcuni episodi di tossicità osservati hanno lentamente raggiunto la completa guarigione.

Tuttavia alcuni dei settori chiave hanno visto progressi poco significativi: nonostante lo sforzo di numerosi gruppi di ricerca (Ferrari, 2009) (Vicente, 2006), non sono stati individuati agenti più selettivi di somministrazione del boro, in grado di deporre una concentrazione di boro maggiore di 20 mg/gm nel tessuto tumorale. Essi costituirebbero un notevole miglioramento per la pianificazione di trattamenti ad oggi non ancora ottimizzati e, conseguentemente, come dimostrato da uno studio in vivo già citato in precedenza (Barth R. Y., 2000), per la sopravvivenza dei pazienti. Anche la dosimetria per BNCT è ancora poco accurata, poiché sfrutta ancora sostanzialmente il metodo di Fairchild e non è in grado attualmente di fornire informazioni in tempo reale sui contenuti differenziali di boro tra il tumore residuo e i tessuti sani da irradiare. Un altro grande problema è stata la totale dipendenza del trattamento dalla presenza di reattori nucleari, tuttavia questo scenario è destinato a cambiare in futuro, visto il notevole sforzo nello sviluppo di acceleratori lineari per la produzione di campi idonei al trattamento BNCT. Un trial clinico randomizzato all’interno di una struttura ospedaliera, dove tra l’altro sono già di comune impiego strutture acceleratrici, sarà un passaggio essenziale al fine di ottenere credibilità da parte di una vasta comunità di medici neuro-oncologi. Inoltre, questo aumento di interesse clinico dovrebbe tradursi in un aumento del numero di pazienti e di tipi di tumori trattabili.

La fotografia attuale della BNCT, fornita dal 14mo Congresso Internazionale sulla Terapia da Cattura del Boro, svoltasi nell’ottobre 2010 a Buenos Aires, rivela una situazione dinamica, in cui gruppi di ricerca internazionali hanno affrontato le problematiche precedentemente esposte e in molti casi presentato soluzioni tecnologiche in elevato stadio di avanzamento. In particolare,è in fase di completamento il nuovo reattore cinese dedicato per la BNCT, la cui sperimentazione clinica inizierà non appena si concluderanno le

1

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8 misure dei parametri di fascio in aria e in fantoccio. La facility di irraggiamento ospedaliera (In-Hospital Neutron Irradiator - IHNI-1) è basata su reattore di ricerca di potenza 30 kW, in grado di generare un fascio termico ed uno epitermico ai due lati opposti del reattore, nonché un fascio di neutroni termici progettato appositamente per la misura della concentrazione di boro nel sangue con metodi di attivazione gamma (Ke, 2009)

Anche le sorgenti neutroniche basate su acceleratore conoscono un notevole impulso, un ciclotrone per protoni (1.1 mA) da 30 MeV a Kyoto, in Giappone, sarà a breve sede di attività clinica, per il quale recenti risultati sperimentali attestano una fluenza di circa 109 cm-2s-1 di neutroni epitermici (Takata, 2010). Inoltre almeno altre quattro facility basate su acceleratore sono in costruzione nel mondo:

• Novosibirsk - Russia, (acceleratore tandem con corrente protonica fino a 10 mA e bersagio di litio bombardato da protoni di 1.915-2.5 MeV) (Kononov O. K., 2004)

• Legnaro - Italia; (acceleratore di protoni a radiofrequenza, energia 5 MeV e corrente 30 mA, bersaglio spesso di berillio) (Esposito, 2009) e (Fagotti, 2008)

• Soreq – Israele (fascio di protoni di energia 1.91-2.5 MeV e corrente 2-4 mA, bersaglio di litio liquido) (Halfon, 2009)

• Buenos Aires - Argentina (fascio di protoni accelerato da un TSQ - Tandem-Elettrostatic-Quadrupole – fino ad un’energia di 2.4 MeV e corrente 30 mA, bersaglio di litio) (Kreiner, 2011)

Dal punto di vista dosimetrico, sono in atto nuove strategie, sia computazionali che sperimentali, per rilevare la distribuzione del boro a livello microscopico, per impartire accuratamente la dose prescritta. Il controllo della distribuzione microdosimetrica, insieme all promessa di sviluppo di nuovi farmaci veicolatori, contribuirà alla progettazione di nuovi e più affidabili protocolli clinici e di individuare nuove applicazioni per altre forme neoplastiche.

Nell’ambito infine probabilmente più significativo, ovvero quello della sperimentazione clinica, studi raandomizzati sono in partenza a Taiwan, per il tumore testa-collo (Trials, 2010).

1.2 Sorgenti di neutroni per la BNCT

Come anticipato, caratteristica fondamentale di tutte le sperimentazioni cliniche BNCT condotte fino ad oggi è stato l'uso di reattori di ricerca come sorgenti di neutroni. Tuttavia, i reattori di ricerca, che possono essere stabilmente impiegati per applicazioni di BNCT, sono ancora in numero limitato e non tutti sono convenientemente situati vicino le infrastrutture mediche. Sussistono inoltre problematiche di concessione di licenze, gestione di requisiti di sicurezza, e necessità di procedure operative qualora si volesse introdurre un reattore in ambiente ospedaliero. Si giustifica così il notevole interesse nello sviluppo di acceleratori come sorgenti di neutroni per applicazioni di BNCT. Inoltre, grazie ai progressi nello sviluppo di farmaci borati e al miglioramento dei protocolli, i requisiti di intensità di flusso neutronicono sono attualmente ridotti rispetto al passato.

Prima di presentare le principali scelte tecnologiche fatte nell’ambito delle sorgenti per NCT, si analizzano brevemente le reazioni nucleari attraverso le quali è possibile ottenere sorgenti neutroniche, di cui si riporta la resa integrale a 0° in Fig.1.

1. 7Li(p,n)7Be 2. 9Be(d,n)10B 3. 7Li(d,n)24He 4. 9Be(p,n)9B 5. 13C(d,n)13N

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9 Fig 1 Resa integrata per le reazioni su bersagli spessi.

1.

7

Li(p,n)

7

Be

Fig 2. Resa doppio differenziale per neutron dalla reazione 7Li(p,n)7Be per gli angoli 0°, 45° e 90° su bersaglio di litio metallico e iniziale energia del protone di 2.3 MeV. (Kononov V. B., 2006)

Energia del neutrone (MeV)

R es a do pp io d iff er en zi al e (e V s r µ C )-1

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10 Fig 3. Distribuzione angolare per neutron dalla reazione 7Li(p,n)7Be per gli angoli 0°, 45° e 90° su bersaglio di

litio metallico e iniziale energia del protone di 2.3 MeV. (Kononov O. K., 2004)

La resa doppio differenziale e la distribuzione angolare per la reazione 7Li (p, n)7Be con protoni da 2.3 MeV sono presentate in Fig. 2 e 3. A causa dell’elevata anisotropia angolare ed all’incremento della componente a bassa energia dello spettro all'aumentare dell'angolo rispetto all’asse protonico primario, si potrà selezionare l’angolo della finestra di irraggiamento a seconda dell’energia media dello spettro di cui si necessita in base al tipo di trattamento da effettuare.

2.

9

Be(d,n)

10

B

La reazione 9Be(d, n)10B è esoergonica e tipicamente impiegata per generare fasci di neutroni con ciclotroni

ed energia deutonica di 14-50 MeV. Sebbene la resa neutronica da 9Be(d,n)10B sia circa 1.5 volte superiore

a quella della reazione 7Li(p,n)7Be (Tabella 1), il significativo aumento di energia (Fig. 4)dei neutroni rende necessaria una maggior moderazione che si potrebbe tradurre in un’inferiore efficienza di conversione spettrale.

Energia del neutrone (MeV)

R es a (s r µ C ) -1

Energia del neutrone (MeV)

R es a ne ut ro ni ca ( sr µ C M eV ) -1

Fig 4. Spettro neutronico della reazione 9Be(d,n)10B ad un angolo di 0°

(11)

11 In particolare, anche se il Q di questa reazione è piuttosto elevato, Q=4.36 MeV, alcuni autori riportano un picco di energia molto inferiore ad 1 MeV ( (Guzek, 1996). Tuttavia, oltre a questo picco a basse energie (circa 400 KeV), ne è presente anche uno intorno a 3.6 MeV (non riportato in Fig. A), corrispondente al livello di eccitazione 2.15 MeV nel 10B residuo. Questa contaminazione veloce può rendere difficoltosa la progettazione dello stadio moderatore.

3. 7Li(d, n)24He

La reazione 7Li(d, n)24He consente di generare neutroni di energia massima 18 MeV con deutoni da 1-2 MeV.Questa reazione presenta alcuni canali di uscita e gli spettri doppio differenziali dipendono in modo significativo dal loro contributo. I neutroni da 12 a 18 MeV sono generati nei canali che prevedono la formazione del nucleo composto di 8Be allo stato stabile e al primo livello eccitato. I neutroni lenti, con

spettro continuo, sono invece dovuti ai due canali in cui avviene la produzione di particelle alfa o 5He.In Fig. 5 è riportato lo spettro neutronico ottenuto con un target spesso di litio e un'energia del deutone di 2 MeV, misurato con la tecnica del tempo di volo.

4. 9Be(p,n)9B

La reazione Be (p, n), che sarà trattata più approfonditamente nel seguito, è in realtà costituita da molte reazioni distinte, quindi per Be(p,xn) si intendono tutte le reazioni in cui i neutroni vengono prodotti da un protone incidente di bersaglio di berillio (howard). La reazione Be (p,xn) procede tipicamente attraverso la formazione di un nucleo composto di boro, ma può anche procedere direttamente dallo scambio di cariche. Poiché la soglia d'eccitazione del primo stato eccitato del B è 4.64 MeV, ai canali di reazione oggetto di studio contribuiscono solo transizioni allo stato stabile, al di sotto di 5.0 MeV. Un aspetto peculiare del Be9 è che ha un’energia di legamen inferiore a qualsiasi isotopo stabile, pari a 1.67 MeV. Di conseguenza, il decadimento a tre corpi si può verificare per energie del protone incidente a partire da 1.85 MeV. Questo processo è tipicamente indicato come Be(p, p'n)Be.

5. 13C(d,n)13N R es a do pp io di ffe re nz ia le ( M eV s r µ A ) -1

Energia del neutrone (MeV)

R es a do pp io di ffe re nz ia le ( M eV s r µ A ) -1

Fig 5. Resa neutronic adlla reazione 7Li(d,n)24H at 0° con bersaglio spesso di litio

(12)

12 Questa reazione è caratterizzata da un Q-valore leggermente negativo: Q = -0.28 MeV, questa peculiarità, insieme alle buone proprietà meccaniche e al basso punto di fuzione del carboni, ne fanno un buon candidato per applicazioni BNCT. In particolare, per un’energia del deutone di 1.5 MeV, si riscontra nello spettro uno spettro di bassa energia con un picco, come atteso da considerazioni energetiche, a 500 keV (Colonna, 1999). Ciò nonostante, la resa a tutti gli angoli di questa reazione (resa massima differenziale di 6*10^7 n (sr µC)-1 circa) sembra troppo piccola per una applicazione pratica nella BNCT. Stime preliminari

indicano che un fascio epitermico di neutroni di intensità sufficiente può essere ottenuto solo con alcune centinaia di mA. A maggiore energia di fascio deutonico può corrispondere una significativo aumento della resa totale, anche se non necessariamente nello spettro epitermico, dal momento che, all’aumentare dell'energia del fascio primario corrisponde probabilmente un aumento della energia dei neutroni.

Tabella 1. Resa integrata, energia media, e il livello di contaminazione ad alta energia, misurata per diverse reazioni protone/deutone indotte. (Colonna, 1999)

Reazione

Energia

proiettile

(MeV)

Resa totale

(n/µC)

<E

n

> a 0° Frazione di neutroni

a 0° con E

n

> 1MeV

7

Li(p,n)

7

Be

2.5

9.8*10^8

0.6

0

9

Be(d,n)

10

B

2.5

3.9*10^7

0.4

0

7

Li(d,n)2

4

He

1.5

3.3*10^8

1.66

50%

9

Be(p,n)

9

B

1.5/4

6.0*10^7/1.3*10^9 0.55

0

13

C(d,n)

13

N

1.5

1.9*10^8

1.08

30%

Ad una prima analisi dei dati riassuntivi riportati nella Tabella 1, quanto a rateo di produzione ed energia media e massima dei neutroni per basse energie del proiettile, la reazione 7Li(p,n) sembra offrire i maggiori vantaggi. Tuttavia, il basso punto di fusione del litio (181°C) impone di introdurre vincoli stringenti nel progetto di un dispositivo per l’asportazione del calore dal bersaglio. Tali vincoli non si pongono per quanto riguarda berillio e carbonio, vista la loro buona conducibilità termica (201 W*m-1 *K-1 e 129 W*m-1 *K-1

rispettivamente).

Inoltre, l’intervallo energetico di lavoro ideale, specie per i tumori profondi, è quello epitermico; da questo punto di vista i fasci neutronici provenienti da reattore non sono immuni da una contaminazione di neutroni ad alta energia (energia > 25 keV), che può essere causa, se non opportunamente filtrata, di una notevole dose impartita alla pelle e alla superficie del cerebrale, nel caso di GBM, che pone a tutti gli effetti un limite alla dose che può essere al massimo rilasciata al tumore. Tale contaminazione veloce è però presente, come riportato in Tabella 1 anche per alcune delle reazioni considerate, ovviamente questo pone maggiori vincoli di prgetto al sistema flitrante/moderatore, che non deve limitarsi a rallentare le particelle nello spettro termico, ma ne deve concentrare il contenuto energetico all’interno della zona epitermica.

Alla luce delle reazioni nucleari analizzate, due tipi sono le sorgenti di neutroni da acceleratore che sono stati in passato interesse pratico per la ricerca BNCT e le sperimentazioni cliniche. Il primo gruppo di fonti è composto da impianti a neutroni veloci clinici esistenti, che possono essere modificati anche per la sperimentazione della radioterapia con neutroni veloci in combinazione con la BNCT (BNCT-augmented fast-neutron therapy), ad un costo aggiuntivo minimo2. La seconda tipologia di acceleratori di neutroni, pensati per trattamenti BNCT, è composta da facility progettate per generare fasci di neutroni termici ed epitermici.

2

Impianti di questa tipologia sono quelli presso l'Università di Washington, a Seattle, l'acceleratore lineare di protoni al Fermi National Accelerator Laboratory, in Illinois, il le strutture deutone ciclotrone strutture all’Harper Hospital di Detroit e di Essen, in Germania così come due acceleratori in Francia.

(13)

13 Esempio della prima tipologia è il Centro di Terapia Clinica Neutronica presso la University of Washington (UW), dove un acceleratore per neutroni veloci preesistente è stato utilizzato per studi clinici di augmented fast-neutron therapy. In questa struttura un fascio protonico è accelerato in un ciclotrone a una energia di 50.5 MeV. Il fascio risultante è diretto da una serie di magneti e dispositivi di messa a fuoco su un bersaglio spesso di berillio situato nella testa di trattamento. I neutroni prodotti sono successivamente diretti attraverso attraverso un collimatore multilamellare per produrre la forma desiderata del campo all'isocentro. Nell’intento di migliorare l’efficacia di accoppiamento delle due tecniche è stato progettato un nuovo bersaglio, per un nuovo target di produzione di neutroni in grado di produrre un fascio in grado di mantenere gli stessi profili di dose ottenibili con neutroni veloci, ma di aumentare la componente spettrale a bassa energia, migliorando l’efficacia del trattamento BNCT e lasciando inalterata quella del trattameno con neutroni veloci. In alcune cliniche (ad esempio, ad Amburgo e Munster in Germania e Snezhinsk in Russia), sono impiegati generatori di neutroni veloci basati sulla reazione T(d, n)4He. Un’ampia diffusione di tale tipo di generatori di neutroni per applicazioni in ambito ospedaliero è limitata dalle procedure di sicurezza in presenza di un bersaglio di trizio bersaglio ad alta attività, per le ovvie problematiche connesse alla contaminazione.

Le basi per l’ampio sviluppo, descritto nel paragrafo precedente, di sorgenti di neutroni per BNCT basate su acceleratori sono state poste dai ricercatori del MIT. Essi proposero per la prima volta, tra le altre esaminate, di sfruttare la reazione di protoni accelerati a bassa energia un bersaglio di litio, come sorgente di neutroni epitermici per BNCT. La soglia per la reazione 7Li(p, n)7Be di interesse è pari a circa 1,88 MeV. I neutroni

prodotti, per esempio, da 2,5 MeV di protoni che incidono su un bersaglio di litio hanno una energia massima di circa 800 keV nella direzione in avanti. Quindi sarà necessario un minor numero di stadi di filtraggio e moderazione al fine di produrre lo spettro epitermico desiderato, il confronto è, ovviamente, quello di uno spettro veloce di neutroni di fissione. Infatti alcuni studi hanno dimostrato che la qualità spettrale di uno spettro da acceleratore ottimizzato può essere quasi ideale, in alcuni casi del migliore dello spettro ottimo da reattore (Nigg D. M., 1997). D'altra parte, la produzione di neutroni da un acceleratore a basso energia può essere piuttosto inefficiente in termini di produzione di neutroni per particella carica incidente sul bersaglio, ponendo un vincolo di corrente di particelle sul bersaglio piuttosto alta e elevati tassi di deposizione di potenza associati. A partire dal 1994 altri gruppi di ricerca hanno cominciato ad esplorare le possibilità di sorgneti simili con spettro epitermico. Tra i partecipanti ad un workshop internazionale sul tema (Nigg D. , 1994) organizzato dal Dipartimento di Energia degli Stati Uniti, c’erano ricercatori provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Russia, Giappone, S vizzera, Italia, Australia, Germania, Israele ed India. Il consenso fu allora unanime nella realizzazione di sorgenti di neutroni basate su acceleratore di facile installazione a livello ospedaliero.

Una dimostrazione in tempi brevi di questo tipo ha avuto luogo presso il laboratorio del MIT per Beam Accelerator Applications (Klinkowstein, 1997). Il sistema si basava su un acceleratore tandem a 4 MeV in grado di produrre un fascio di protone o deutoni con corrente e potenza massima rispettivamente di 4 mA e 10 kW. Flussi neutronici potevano poi essere prodotti con bersagli convertitori di litio o berillio nei diversi rami del fascio resi disponibili a diversi angoli. Contemporaneamente i ricercatori del Università di Birmingham, nel Regno Unito, avevano sviluppato una variante leggermente diversa costituita da un acceleratore di protoni Dynamitron, un besarglio di litio bersaglio, e un dispositivo per l'estrazione di un fascio di neutroni, non parallelo al fascio incidente di protoni. Nei progetti precedenti, l'asse del carico in entrata del fascio incidente di particelle sul bersaglio era coincidente con l'asse uscente del fascio di neutroni. L'uso dell’approccio non coassiale deriva da alcune considerazioni pratiche considerazioni e fornisce alcuni vantaggi. Lo spettro dei neutroni emessi in direzione perpendicolare alla incidente, infatti, ha una energia inferiore rispetto alla media dello spettro di neutroni diretto in avanti, con una perdita relativamente trascurabile in termini di resa neutronica totale. Bisogna inoltre ricordare che i neutroni emessi in avanti possono comunque oresentarsi sul punto di irradiazione, ma solo dopo aver perso essere stati rallentati a seguito di almeno una interazione di diffusione, il risultato è che sarà necessario uno spesore inferiore utile al filtraggio e alla moderazione.

Altri interessanti progetti di ispirazione simile sono stati investigati in Russia (Kononov O. K., 2004), presso la Idaho State University e il MIT e, più recentemente, in Giappone (Bengua, 1003-1008).

(14)

14 Infine, durante la metà degli anni ‘90 il Laboratorio Nazionale di Idaho e la Idaho State University, hanno studiato la fattibilità di un acceleratore alternativo a due stadi di produzione di fotoneutroni a partire da un fscio accelerato di elettroni. In questa concezione fasci di elettroni di energie relativistiche incidono su bersagli schermati di tungsteno disposti lungo la circonferenza di un piccolo serbatoio cilindrico in cui circolasse acqua pesante (D2O) (Nigg D. M., 1997). Una frazione di energia del elettroni viene convertita nei

bersagli di tungsteno in rdiazione di bremsstrahlung diretta radialmente verso l’interno. I neutroni sono successivamente generati dalla fotodisintegrazione di deutoni dell’acqua pesante entro il serbatoio e diretti quindi verso il paziente attraverso un adeguato sistema si modulazione del fascio. Questo sistema, alle prime prove sperimentali, sebbene promettente dal punto di vista della resa neutronica, il controllo molto accurato del livello di contaminazione fotonica al punto di irraggiamento poneva limiti operativi difficilmente supreabili, che portarono all’effettivo abbandono del progetto.

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(17)

17

2 Spettrometria neutronica: principi e sistemi

I rivelatori a emulsioni surriscaldate, oggetto del presente lavoro di tesi, sono idonei, a seconda delle condizioni operative e del tipo di emulsione, sia per applicazioni spettrometriche che dosimetriche. In questo capitolo si affrontano brevemente le principali problematiche legate alla prima delle citate discipline misurisctiche e si elencano le principali soluzioni sperimentali e si presenta un’applicazione spettrometrica basata su rivelatore a semiconduttore.

Per spettro si intende la distribuzione dell’intensità delle particelle, nel presente caso neutroni, in funzione di un parametro, tipicamente energia, lunghezza d'onda, quantità di moto, massa, angolo di incidenza e qualsiasi altra quantità a queste correlata. In questo caso si parlerà di spettro neutronico in funzione dell’energia dei neutroni emessi dalla reazione Be(p,xn) e doppio-differenziale, ovvero dipendente dall’energia e dall’angolo di emissione nel sistema di riferimento del laboratorio. La conoscenza dello spettro risulta necessaria sia a livello speculativo, quando non sono noti i prodotti di una reazione ma anche a fini radioprotezionistici, in quanto, come noto, gli organismi internazionali ICRP/ICRU hanno fornito coefficienti ormai accettati a livello internazionale per la conversione delle quantità misurate in quelle significative da un punto di vista radioprotezionistico (International Commission on Radiological Protection (ICRP), 1996) al fine di rendere operativi i limiti di esposizione. Per i neutroni la quantità misurata è la fluenza: Φ(E)

Φ =  Φ, , Ω Ω ( 1 )

Per fluenza si intende il numero di particelle (dN) incidenti su una sfera di sezione da, è quindi data dal rapporto  . La distribuzione energetica delle particelle ΦE è invece il rapporto   è l’incremento di fluenza di

particelle nell’intervallo energetico tra E ed E + dE e può anche essere chiamata fluenza spettrale. Analogamente si definisce ΦΩ, in riferimento all’angolo di emissione. La rappresentazione completa di uno

spettro doppio-diffreneziale è pertanto quella riportata in (1), si osservi che con il pedice Ω si indica l’angolo solido, caratterizzato dagli angoli φ e θ, rispettivamente azimutale e di tilt, quindi in coordinate cartesiane per Ω vale Ω = (cos φ sen θ, sen θ sen φ, cos θ).

I coefficienti di conversione per tutte questa quantità in dose efficace, equivalente di dose personale, e equivalente di dose ambiente (vedere Capitolo V), hanno una forte dipendenza sia dall’energia delle radiazioni che dall'angolo di incidenza della radiazione. Risulta dunque importante conoscere, in assoluto e a priori, questi parametri per uno spettro incidente. Le principali problematiche nel progettare un dispositivo in grado di discriminare, quanto meno energeticamente, la radiazione neutronica incidente risiede nell’elevato intervallo energetico entro cui tali dispositivi devono operare, dai MeV al GeV, e conseguentemente, le diverse interazioni che caratterizzano gli intervalli, e la gamma de diversi spettri incontrati. La Figura 1 mostra tre esempi di campi di neutroni.

Come si può osservare, sono molto diversi tra di loro: in quello misurato all’interno della sala di un acceleratore (IAEA, 2001) lineare di alta energia sono presenti un picco veloce ed uno termico, successivo al rallentamento. Un tipico spettro da radionuclide 252-Cf non moderato, invece, presenta il picco di fissione. Infine lo spettro dalla radiazione Be(p,xn) con protoni da 5 MeV a 0°, è riportato come esempio dello spettro da una reazione nucleare.

Vista la molteplicità dei campi neutronici presenti in condizioni operative, tipicamente si dispone di alcuni spettri misurati in condizioni di campo note, noti con il nome di funzioni di risposta (Ri). Dunque la risposta

dell’i-esimo (zi) rivelatore in in un campo qualsiasi sarà data (2) dall’integrale del prodotto tra le funzioni di

risposta e la fluenza dello spettro in questione.

(18)

18 Fig 6. Esempi di spettri neutronici.

Dalla soluzione del problema inverso (vedi Capitolo IV) è possibile ricavare la flluenza in funzione dell’energia (Φ(E)) spettro del campo incognito, o meglio ottenere uno spettro a cui si è in grado di associare un valore di incertezza.

Tipicamente le funzioni di risposta sono raccolte in forma matriciale, a partire dalla discretizzazione della (2), si ha infatti:

z=R  ( 3 )

con R matrice delle funzioni di risposta e Φ vettore colonna della fluenza. Per i dettagli del passaggio da (2) a (3) si veda (Bartlett, 2003)

Come anticipato, nel presente lavoro il sistema spettrometrico è utilizzato per la caratterizzazione dei prodotti della reazione Be(p,xn). Tale spettro presenta un picco ad alta energia (≈3 MeV) ed un picco di evaporazione a circa 450 keV, come testimonia la Fig. 2, dove è riportata l’unica versione dello spettro con protoni da 5 MeV a 0° pubblicata in letteratura fino al 2010.

Per completezza, l’altro campo nel quale è stato utilizzato il sistema, è quello di un acceleratore lineare ad alta energia utilizzato in radioterapia, anche in questo caso si tratta di un campo misto, in quanto l’elevata energia dei fotoni, in alucuni casi più elevata dell’energia per singolo nucleone per atomi ad elevato numero atomico ( Eb≈ 8 MeV) può essere in grado di generare fotoneutroni. Tale componente ovviamente costituisce

una dose spuria per il paziente ed il personale.

Tra i parametri di merito, oltre alla possibilità di operare in ambienti dalle condizioni operative variabili (temperatura, umidità, pressione, tipiche all’interno di impianti nucleari), vi è l’insensibilità ai fotoni, oppure la capacità di discriminazione di questi ultimi. Condizione di lavoro inoltre auspicabile è l’elevata sensibilità, da un lato perché il tempo di accesso ai siti di misura è spesso limitato e dall’altro in quanto il rateo di dose equivalente è spesso limitato. Una sensibilità differenziale sarebbe ancora più auspicabile:, alta quando si rende necessario ridurre il tempo delle misure a basse dosi ed invece ridotta per ridurre al minimo il tempo morto e pile-up a dosi elevate.

I dispositivi attualmente impiegati, escludendo i rivelatori a emulsioni surriscaldate, per misure di tipo spettrometrico sfruttano sostanzialmente sei principi differenti, classificati in base alla modalità di misura: la misura dell’energia delle particelle cariche o dei nuclei di rinculo generati a seguito dell’interazione neutronica; la misura del tempo di volo; il rallentamento differenziale dei neutroni sorgente; lo sfruttamento di un set di reazioni di attivazione; la diffrazione neutronica e il rallentamento di un impulso attraverso un materiale specifico. Attraverso una breve panoramica di ciascun metodo, si ripercorrono le modalità di

(19)

19 interazione dei neutroni con la materia, (non saranno affrontati gli ultimi due metodi, trattandosi di misure indirette mutuate dalle tecniche di diffrattometria neutronica per l’analisi dei materiali, che richiedono l’uso di una sorgente pulsata).

1. Spettrometri che correlano l’energia del neutrone incidente a quella dei prodotti della reazione carichi, possono sfruttare due tipi di reazioni:

a. Scattering elastico, le particelle rivelate sono nuclei di rinculo. Nell’attraversare la materia, un neutrone può collidere con un nucleo atomico (l’interazione elettronica si considera trascurabile (Turner)3. Lo scattering è elastico quando l’energia cinetica del sistema neutrone-nucleo si conserva prima e dopo l’urto. In questo caso l’energia cinetica persa dal neutrone è uguale all’incremento di energia cinetica del nucleo di rinculo. In questa categoria rientrano i contatori proporzionali, in configurazione telescopica o meno. Mostrano tipicamente un FWHM del 10% e operano nell’intervallo energetico tra 0.05 a 4 MeV. Il limite superiore, dovuto sostanzialmente ad effetti di parete, si estende a 200 MeV se si utilizza la configurazione telescopica oppure scintillatori liquidi ed organici. Questi ultimi consentono di effettuare un’efficace disriminazione degli impulsi gamma. Inoltre la risoluzione energetica è di qualche % nell’intervallo 2-12 MeV (Klein, 2002), con una buona efficienza (20%) con rivelatori di qualche centimetro di diametro. Un rivelatore a configurazione telescopica E-∆E basato sulla rivelazione dei protoni di rinculo generati in uno spessore di polietilene antistante il rivelatore (Agosteo, 2010) è stato anche impiegato per la misura dello spettro Be(p,n). Per questo motivo, la configurazione del rivelatore sarà apporfondita nel Capitolo III.

b. Reazioni neutroni-indotte - si rivelano i prodotti elettricamente carichi. Le reazioni tipicamente utilizzate sono le seguenti: 3He(n, p)3H (Q = 0.764 MeV), 6Li(n, t)4He (Q = 4.786

MeV), 10B(n,α)7Li (Q=2.792 MeV), 9C(n,α)9Be (Q = -5.70 MeV) e 28Si(n,α)25Mg (Q=-1.65

MeV). Queste reazioni sono tipicamente impiegate in rivelatori basati su semiconduttori dove si adotta uno strato convertitore (ref) piuttosto che una struttura a Sandwich (Kluge, 1982) o una variazione delle proprietà del semiconduttore intrinseco per riuscire a rivelare neutron. Questi dispositivi raggiungono risoluzioni ottimali (1-2%), al costo tuttavia di una bassissima efficienza legata alle dimensioni dei rivelatori. Il tipico intervallo operativo di misura va da 0.05 a 20 MeV.

Configurazione innovativa di un rivelatore a semiconduttore SiC con LiF come convertitore, con una configurazione a “sandwich”, è stata anche studiata all’interno della presente tesi, per un possibile impiego in spettrometria neutronica, alcuni dettagli sono riportati nel paragrafo seguente.

2. Rallentamento differenziale –i neutroni termici sono rivelato da uno scintillatore (LiI in grado di discriminare la componente gamma), dopo essere stati opportunamente rallentati da un set di sfere di polietilene. Questo sistema è noto con il nome di Sfere di Bonner. Le reazioni sulle quali si basa il rallentamento sono fondamentalmente quelle di diffusione con materiali ad elevato potere di frenamento e rapporto di moderazione: H(n,n)H e C(n,n)C. Impiegando sfere di diametro progressivamente crescente si ottiene una funzione di risposta il cui picco corrisponde a una quotaparte energetica dello spettro neutronico che è stata rallentata in maniera più efficiente (IAEA, 2001). A partire dalle funzioni di risposta ottenute da un set di sfere di diametro diverso, è dunque possibile, attraverso il processo di deconvoluzione precedentemente descritto fare una stima dello spettro di partenza.

Il sistema basato sulle Sfere di Bonner risulta tutt’ora molto utilizzato per la caratterizzazione di campi neutronici, fondamentalmente grazie alla sua isotropia geometrica ed all’ampio intervallo energetico di misura: da pochi eV al GeV. Vincolo che tuttavia questo sistema pone è l’operare in

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Anche se il neutrone è elettricamente neutro, possiede uno spin, un momento magnetico e una distribuzione di carica al suo interno. Queste proprietà possono causare interazioni elettromagnetiche tra elettroni e neutroni, tali forze sono però estremamente deboli, vengono infatti spesso indicate come forze di interazione debole.

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20 condizioni di elevata omogeneità del campo, le stesse nelle quali sono state calcolate, tipicamente con metodo Monte Carlo, le funzioni di risposta. La risoluzione energetica dipende dal numero di sfere utilizzate e non è costante con l’energia, esistono comunque alcuni espedienti per migliorarla (Alevra, 2003). Quello basato sulle Sfere di Bonner è un ulteriore metodo di confronto, che è stato impiegato per la caratterizzazione della reazione Be(p,xn). Funzioni di risposta mediante metodo Monte Carlo sono state calcolate per il sistema in oggetto (al., 2010) e un’opportuna calibrazione è stata condotta presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione.

Fig 7. Funzioni di risposta simulate per rivelatori a sfere di Bonner – DIMNP.

3. Reazioni di cattura neutronica – rivelatori ad attivazione. La cattura neutronica di tipo radiativo, tipicamente impiegata per la produzione di radioisotopi, è una reazione in cui un nucleo, assorbendo un neutrone acquista energia e transisce in uno stato eccitato. Torna successivamente allo stato stabile attraverso l’emissione di un fotone gamma. Non avviene in questo caso trasmutazione, ma la forma isotopica del bersaglio varia. Nota la dipendenza temporale dell’attività indotta nei nuclei bersaglio si possono ricavare informazioni sul flusso neutronico incidente. Più in particolare, le sezioni d’urto di cattura per gli elementi varaino con l’energia, ad esempio, per elementi quali, ad esempio, rame (Eth= 11.9 MeV), zinco (Eth= 2.0 MeV), oro, (Eth= 8.6 MeV) la sezione di cattura ha

una soglia per neutroni veloci, al contrario, reazioni tipo 55Mn(n,γ)56Mn, 59Co(n,γ)60Co, 113In(n,γ)114In

avvengono più probabilmente per neutroni lenti. Lo sfruttamento di questo effetto di soglia intrinseco consente di ricavare anche in questo caso funzioni di risposta, che, una volta note, attraverso la deconvoluzione con i conteggi gamma misurati, consentono di stimare lo spettro iniziale. Poiché i materiali coinvolti in questo tipo di reazioni sono numerosi, è possibile ottenere spettri con un’elevata risoluzione energetica.

4. Misura del tempo di volo (Elevant, 2002). Si tratta di un metodo diretto, a differenza dei precedenti, e si basa sulla misura del tempo impiegato dal neutrone per compiere un percorso noto. È necessario quindi avere una rivelazione dell’evento di generazione e di quello di “arrivo”, possono entrambi essere monitorati con un rivelatore a scintillazione, o una camera a trasmissione. Per il momento di generazione si può anche scegliere di rivelare una particella emessa in contemporanea al neutrone. È una tecnica utilizzata nell’intervallo 1-15 MeV, che a prezzo di un set-up sperimentale abbastanza complesso, a 2.5 MeV, consente una risoluzione inferiore al 5%.

Figura

Fig 4. Spettro neutronico della reazione  9 Be(d,n) 10 B ad un angolo di 0°
Tabella 1. Resa integrata, energia media, e il livello di contaminazione ad alta energia, misurata per diverse  reazioni protone/deutone indotte
Fig 7. Funzioni di risposta simulate per rivelatori a sfere di Bonner – DIMNP.
Tabella 2. Proprietà di alcuni materiali semiconduttori.
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