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L’Azione di Classe italiana. Effetti (e rimedi) nel rapporto tra banche e clienti - Judicium

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L’Azione di Classe italiana

Effetti (e rimedi) nel rapporto tra banche e clienti Di Aldo Frignani* e Paolo Virano**

1. Premessa.

Si sa che a volte i giornalisti “titolano” in modo da attribuire all’articolo un significato diverso dalla realtà storica che poi, per dovere di cronaca, devono raccontare nel corpo del testo, così da scindere i contenuti e dividere i lettori in due fasce, coloro i quali sfogliano o “vedono” il giornale, e cioè si fermano al titolo, da chi invece legge interamente il testo e si può così render conto dell’opinione (del taglio) che il giornalista si è fatto della notizia.

Immaginate allora se anche gli operatori del diritto si fossero limitati a leggere alcuni “titoli” comparsi sulla Gazzetta Ufficiale nell’ultimo periodo:

“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”1;

“...provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”2;

“Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”3.

Bene, per fortuna chi si occupa di diritto in Italia ha ormai una certa dimestichezza con questo modo di scrivere del legislatore (e dei giornalisti!) e non si lascia trarre in inganno dai titoli ma cerca di approfondire l’esame del testo delle norme che ormai si susseguono con una rapidità disarmante. Cercheremo di far chiarezza, seguendo un ordine cronologico, sul contenuto delle norme sopra citate che, lo sveliamo subito, disciplinano in realtà (con altrettanti abrogazioni e

* Ordinario di diritto privato dell’Unione europea all’Universita` di Torino.

** Avvocato, Studio Legale Frignani e Associati.

1 Legge 24 dicembre 2007, n. 244, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007 - Supplemento ordinario n. 285.

2 Legge 3 agosto 2009, n. 102, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonchè proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2009 - Supplemento ordinario n. 140.

3 Legge 23 luglio 2009, n. 99, "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009 - Supplemento ordinario n. 136.

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rinvii), la nuova Azione di Classe (perchè non dirlo nel titolo?).

2. Genesi dell’Azione di Classe.

Da diverso tempo si parlava di introdurre anche4 nel nostro ordinamento la

“Class Action”. Ciò per dare risposte all’esigenza avvertita da una certa categoria (o classe) di soggetti omogenei che si trovava a dover tutelare i proprio interessi (o dell’intera classe) nei confronti, spesso, di grandi enti economici. Il problema è certamente noto e non vogliamo qui entrare nel dettaglio. Il punto è che, dopo diversi studi e proposte da parte di diversi organi anche parlamentari, nessuno si sarebbe mai immaginato che il Parlamento, prima dei festeggiamenti natalizi del 2007 e con un “coup de théâtre” (anzi, per un errore di votazione di un Senatore), introducesse quella che in allora era denominata “Azione Collettiva Risarcitoria”.

La legge contenitore era, lo abbiamo accennato, la finanziaria del 2007 (l.

244/2007) che con l’art. 2, commi dal 445 al 449, ha introdotto un nuovo articolo, il 140 bis, al Codice del Consumo. La confusione è evidente: con una legge in materia di “formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” si istituiva una forma italiana di Class Action che però, invece di essere accorpata al codice di procedura civile, ove era giusto che trovasse casa, veniva “infilata” nel codice del consumo, creando una serie infinita di critiche (negative) sull’operato del legislatore.

Quel “nuovo” istituto, per fortuna, non è mai entrato in vigore perchè è stato oggetto di due proroghe che hanno consentito di far approvare una nuova (praticamente in tutto) versione dell’Azione di Classe. Infatti, con la legge Legge 3 agosto 2009, n. 102, “recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali" il legislatore all’art. 16, ha previsto che “All'articolo 2, comma 447, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come da ultimo modificato dall'articolo 19, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, le parole: «decorsi diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti:

«decorsi ventiquattro mesi».

Sembra uno scioglilingua, invece quei ventiquattro mesi sono poi quelli

4 Per approfondire la materia anche sul piano comparatistico rimandiamo, di questi stessi autori, a

“Le Class Actions nel diritto statunitense: tentativi (non sempre riusciti) di trapianto in altri ordinamenti”, in Diritto ed Economia dell’Assicurazione, 2009, I, 5; TROCKER, Class actions negli USA – e in Europa?, in Contratto e Impresa / Europa, 2009, I, 178.

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che sanciranno l’entrata in vigore dell’Azione (nuovo testo) il 1 gennaio 2010.

Facendo un passo indietro, torniamo al nove luglio 2009, data di approvazione da parte del Senato (senza apportare modifiche all’Atto della Camera n. 1441-TER-B, licenziato solo 8 giorni prima) della nuova formulazione dell’art. 140-bis del codice del consumo che introduce nel nostro ordinamento l’“Azione di Classe”. La novella sostituisce in larga misura la precedente versione del citato articolo (Azione Collettiva Risarcitoria), anche se i cambiamenti possono essere considerati come una correzione dell’impianto di fondo della precedente versione. In ogni modo sarebbe fuori luogo un raffronto delle vecchie norme con le presenti, è per questo che, onde evitare confusioni in una materia già di per se poco chiara, nella presente esposizione non si faranno che alcuni cenni chiarificatori alla precedente normativa.

Prima di inoltrarci nella disamina della nuova azione, sembra utile spendere poche parole sul modo con il quale la norma ha visto la luce. Se da un lato la precedente formulazione dell’art. 140 bis cod. consumo non sembrava ai più una norma che si potesse ben adattare al nostro ordinamento, tanto che il legislatore se ne era accorto rinviandola, come detto, per due volte consecutive in attesa di un intervento più puntuale, crediamo che anche in questa caso una maggiore cautela avrebbe consigliato una analisi più approfondita di un istituto processuale per noi del tutto nuovo e così incisivo sulla tutela dei diritti dei consumatori (o anche di altri?). Come la prima formulazione venne approvata sotto lo “spettro” di un errore di votazione, pare che anche quest’ultimo intervento non abbia trovato un largo consenso nei nostri delegati al Parlamento. Sembrava infatti che la strada da seguire per l’introduzione dell’azione di classe italiana fosse quella definitivamente tracciata con l’approvazione, avvenuta in data 28 gennaio 2009, di un testo unificato di alcune proposte di legge da parte della Commissione giustizia della Camera. Su questo lavoro si concentravano pertanto le discussioni e gli approfondimenti dei cultori della materia e dei rappresentati delle varie associazioni.

In questo quadro si deve posizionare l’intervento del Governo che ha voluto inserire, a proroga dell’entrata in vigore dell’azione collettiva risarcitoria già avvenuta (1 gennaio 2010), quindi in assenza di ragioni d’urgenza, un

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emendamento al progetto di legge sulle “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” che, già a partire dal titolo della legge, mal si concilia con una riforma così importante delle norme di procedura civile del nostro ordinamento.

3. Delimitazione temporale.

Per prima cosa occorre capire da quando si potrà utilizzare la nuova forma di tutela. Abbiamo già visto che l’entrata in vigore è stata prolungata sino al 1 gennaio 2010. Però, proprio per sedare un lungo dibattito che era nato in relazione alla precedente norma sulla irretroattività o meno della norma, il legislatore, al comma 2 della legge n. 99/2009, ha stabilito che le disposizioni dell’art. 140 bis si applichino solo “agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”, e cioè dal 15 agosto 2009.

Viene pertanto sancita la irretroattività della norma, tenendo conto che il momento rilevante non sarà quello della manifestazione del danno patito dal consumatore, bensì il momento in cui l’impresa ha posto in essere la condotta lesiva. Pensiamo, ad esempio, ad un danno cagionato da un prodotto difettoso. Se il prodotto è stato venduto (l’art. 119 cod. consumo parla di “messa in circolazione”) prima del 15 agosto 2009 e il danno si manifesterà dopo questa data, i consumatori non potranno avvalersi di questa forma di tutela di classe.

4. Ambito di applicazione.

Fatte alcune brevi premesse ora vediamo i contenuti dell’art. 140 bis cod.

consumo partendo dall’ambito, soggettivo e oggettivo, di applicazione della nuova Azione.

4.1. Ambito soggettivo. I consumatori e gli utenti.

L’art. 140 bis, comma 1, del cod. consumo individua quali soggetti attivi, cioè coloro i quali possono esercitare l’Azione, i consumatori e gli utenti.

Ricordiamo che la disciplina dell’Azione non può essere scollegata dal complesso generale delle norme contenute nel codice del consumo, ove volutamente o meno il legislatore l’ha collocata. Dobbiamo allora rapportare il contenuto dell’art. 140 bis primo comma con l’art. 3, lett. a) dello stesso codice, che definisce il consumatore come qualsiasi “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale

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eventualmente svolta”.

Appare chiaro che non potranno pertanto esercitare l’Azione le società e i soggetti che, anche in forma individuale, esercitino una attività d’impresa o professionale5.

Soggetti passivi invece potranno essere tutte le “imprese”, pertanto, come si immaginava anche per la precedete versione dell’istituto, rientrano tutti quei soggetti, in forma individuale o societaria, che il nostro ordinamento fa rientrare nella vasta categoria di impresa.

Soggetti esclusi restano sicuramente gli enti pubblici (ai quali il Ministro Brunetta riserverà un trattamento a parte6), mentre vista la previsione di sospensione del procedimento nel caso di pendenza di un giudizio amministrativo (comma 6), si può legittimamente pensare che rientrino tra i soggetti passivi anche le imprese “pubbliche” e quelle che gestiscono servizi pubblici. Molto probabile che siano comprese le aziende municipalizzate e le aziende autonome create all’interno degli Enti per la fornitura di beni e servizi. Qui la norma dovrà ovviamente essere coordinata con l’altrettanto nuova e sino ad ora incerta proposta di introduzione della Class Action contro la pubblica amministrazione.

Rinviamo pertanto ogni ulteriore precisazione al momento in cui tale legge sarà in vigore dato che, questo è già chiaro oggi, il soggetto che non rientra nella Azione

“privata” potrebbe rientrare, a contrario, in quella “pubblica” che pare non preveda rimedi risarcitori ma solo inibitori.

Resta il nodo dei professionisti che, a nostro modo di vedere7 (e ci permettiamo di dire che non è una visione di parte) non rientrano tra i soggetti passivi. Crediamo infatti che il termine “impresa” debba essere letto esclusivamente nel senso proprio che gli attribuisce il codice civile (art. 2082

5 Con ciò, chiaramente, non si vuole sostenere che un imprenditore non possa mai far valere l’Azione. Non lo potrà fare se quel prodotto acquistato è strumentale alla propria attività, non è così nell’ipotesi riguardi invece un proprio consumo personale. Ad esempio, se un imprenditore acquista una giocattolo per il proprio figlio che si rivela pericoloso, potrà ovviamente prender parte o promuovere l’Azione.

6 Il 15 ottobre 2009 il Governo ha approvato una “bozza” di decreto legislativo di attuazione della

“Riforma Brunetta” in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che, al suo interno, contiene anche una forma di “class action” nel settore pubblico che si prefigge l’obiettivo non di conseguire un risarcimento del danno, ma di ottenere il

“sollecito ripristino dell’efficienza del servizio”. Maggiori approfondimenti su http://www.innovazione.gov.it/ministro/salastampa/notizie/6766.htm

7 Altri dicono il contrario: si veda ad esempio, su questa materia, la Circolare n. 19244 del 16 ottobre 2009 di Confindustria.

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c.c.). Il professionista non è un imprenditore.

4.2. La legittimazione.

Legittimato ad esperire l’azione è anche un singolo componente della classe il quale può (ma non deve: ... anche mediante associazioni) avvalersi di associazioni o comitati. Questa è certamente una novità rispetto alla precedente formulazione che pretendeva invece la necessità che ad avviare l’azione fosse una associazione (riconosciuta o meno) dei consumatori.

L’ampia autonomia, rispetto alla precedente disposizione, allarga ovviamente il campo d’azione lasciando che ogni singolo consumatore, magari incoraggiato dal proprio legale di fiducia, si renda parte attiva per l’avvio dell’

Azione di Classe. Certo un ruolo importante continueranno a rivestirlo le associazioni dei consumatori che però ora non sono più i soli soggetti titolari dell’azione. Se questo sia un bene o un male lo vedremo a partire dal 1 gennaio, sicuramente la norma così come è stata formulata supera i paventati contrasti con la nostra Carta fondamentale8, ma dall’altra parte il pensiero corre oltre oceano e vede anche da noi il rischio che ha indotto il legislatore americano ad introdurre forme di restrizione alla Class Action9.

4.3. Ambito oggettivo.

La nuova Azione di Classe si avvicina di più alla Class Action anglosassone, pur discostandosene largamente quanto ai contenuti. La nostra Azione prevede, infatti, la possibilità di ottenere un risarcimento del danno, ed in ciò compie un grande passo in avanti rispetto alle azioni collettive “inibitorie” che

8 Si è scritto su questo argomento per il fatto che alcune forme di azione di classe (quelle più vicine alla Class Action americana) avrebbero potuto essere in contrasto con la nostra Costituzione in quanto imponevano ai singoli soggetti la partecipazione all’azione senza ottenere il loro consenso (opt-out), oppure, obbligandoli ad aderire ad una associazione dei consumatori senza poter agire autonomamente. Su questi temi si veda P. RESCIGNO, Sulla compatibilità tra il modello processuale della “class action” ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., 2000, 2228; LENER, L’introduzione della class action nell’ordinamento italiano del mercato finanziario, in Giur. comm., 2005, I, 273.

9 E’ noto che negli Stati Uniti a volte si “abusi” della Class Action trasformando l’azione in uno strumento di guadagno da parte di pochi a scapito dei numerosi membri della classe. Su questo tema rimandiamo a P.F.GIUGGIOLI, Class action e azione di gruppo, Cedam, Padova. 2006, pp.

65-67: “la vera funzione delle class actions è di far arricchire gli avvocati”. Preoccupazione che colpisce da tempo la dottrina americana: J.C.COFFEE, cit., 877; T. SMITH, Th. LANG, US Antitrust Class Actions: Lessons for Europe, relazione alla IBA Conference di Chicago settembre 2006, i quali parlano di over deterrence e del rischio per i convenuti di pagare fino a sei volte i danni.

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anche le norme comunitarie ci imposero di applicare10. Ma l’ambito di applicazione dell’azione nostrana non riguarda tutte le tipologie di illecito (contrattuale ed extra contrattuale), ma solo un ristretto numero di casi delimitati dal comma 2 dell’art. 140 bis.

Condizione essenziale per l’esercizio dell’azione è poi che vi sia la lesione di “diritti omogenei” e “identici” di una pluralità di utenti e consumatori. Deve pertanto esserci, non solo una pluralità (due o più) di soggetti lesi, ma anche la presenza di un elemento comune che consenta di considerarli un’unica “classe”.

Vale a dire che i consumatori o gli utenti devono essere accomunati:

i) dal medesimo comportamento illecito tenuto dall’impresa, ii) dallo stesso diritto leso da quel comportamento,

iii) dal medesimo danno (anche di ammontare diverso) che sia derivato da quella condotta.

Vediamo ora i singoli casi in cui può essere esercitata l’Azione.

4.3.1. I diritti contrattuali.

L’aziona tutela innanzitutto

“a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile”.

L’utilizzo dei termini “diritti contrattuali” esclude, come accennato, che si possa esercitare l’Azione per tutelare un illecito aquiliano (art. 2043 c.c.), ma estendendo il risarcimento di natura contrattuale anche ai “contratti conclusi mediante moduli o formulari” (art. 1342 c.c.) e a quelli che contengono

“condizioni generali di contratto” (art. 1341 c.c.). Questa nuova formulazione, che comprende anche l’art. 1341 c.c., sembra pertanto inglobare tutta una serie di situazioni che invece, a detta di alcuni, non avrebbero trovato spazio nella precedente. Ci riferiamo, ad esempio, a tutte quelle situazioni che pur ricadendo in contratti con “condizioni generali”, ove cioè non vi è una vera e propria negoziazione (il compratore decide se acquistare o meno, ma non le clausole del

10 Si veda la Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 1998 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, in http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31998L0027:IT:HTML.

Tale Direttiva è stata attuata dal nostro Paese con il D. lgs. 224/2001 andando a modificare la legge 281/1998 sulla “disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti” che oggi trova spazio negli artt. 139 e ss. del Codice del Consumo.

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contratto) come ad esempio accade nei locali commerciali o in caso di condizioni generali di contratto solo affisse e non fatte sottoscrivere agli utenti.

Rientrano pertanto anche tutti i contratti di tal fatta che siano stipulati anche solo verbalmente o mediante l’acquisto on-line, cosa che prima era quanto mai discussa.

4.3.2. La responsabilità del produttore.

Con l’Azione di Classe si potranno far valere

“b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale”. Si tratto pertanto della “responsabilità per danno da prodotti difettosi” contenuta negli artt. da 114 a 127 del cod. consumo e cioè quelle situazioni nelle quali il prodotto difettoso abbia cagionato un danno sia alla persona che lo abbia utilizzato sia a cose anche diverse dal prodotto stesso. In queste ipotesi, lo si ricorda brevemente, il consumatore non ha l’obbligo di dimostrare la colpa del produttore ma semplicemente, secondo un criterio di responsabilità oggettiva, che il prodotto fosse difettoso, il danno ed il nesso causale tra il danno e il difetto (art. 120 cod. consumo).

4.3.3. Pratiche commerciali scorrette.

L’elencazione tassativa delle forme di danno tutelabili con l’Azione di Classe continua poi con

“c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette ...”.

La norma richiama direttamente quelle pratiche commerciali disciplinate dagli artt. 18 e seguenti del cod. consumo, e cioè quelle attività poste in essere dalle imprese per promuovere sotto forme diverse (in particolare nelle diverse tipologie di pubblicità) la vendita dei propri prodotti in modo “ingannevole”, così influenzando indebitamente la scelta da parte del consumatore.

L’ambito di applicazione, delineato dall’art. 18 del cod. consumo è molto ampio, dato che la norma si applica “ad ogni forma di comunicazione commerciale in qualsiasi modo effettuata”. Ove l’impresa attui pertanto una forma di pubblicità dei propri prodotti idonea ad “ingannare” le aspettative del consumatore, sotto aspetti diversi come il prezzo, le qualità del prodotto, la

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provenienza ecc., oppure nel caso di pubblicità di prodotti pericolosi per la salute o per i soggetti interessati (bambini), potrà entrare nel mirino della “classe” di quei soggetti che ritengano di aver subito un danno dal comportamento scorretto tenuto dall’impresa nel momento in cui quest’ultima pubblicizzava in modo

“ingannevole” il proprio prodotto.

4.3.4. Comportamenti anticoncorrenziali.

Come ultima ipotesi si prevedono i danni derivanti “c) ... da comportamenti anticoncorrenziali”. Questa ultima categoria riguarda tutti i danni che siano eziologicamente collegati alla violazione della normativa antitrust, e cioè derivanti da tutti quei comportamenti che sono vietati dalla l. 10 ottobre 1990 n. 287 o da altra norma a tutela della concorrenza (ad es. il T.U. della Radiotelevisione, D. lgs. 177/05). Intese restrittive della concorrenza e abusi di posizione dominante, prima o dopo l’accertamento per mano dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato11, potranno essere invocate da “classi di consumatori o utenti” che ritengano di essere stati lesi, seppur in via mediata, da tali comportamenti. Si pensi, ad esempio, alle intese tra aziende sulla formazione dei prezzi dei prodotti (cartello di prezzi) o posizioni dominanti che abbiamo causato un innalzamento del prezzo dei prodotti venduti. In questi casi i consumatori potranno avanzare azioni12 finalizzate alla restituzione (sotto la forma di risarcimento del danno) di quanto riescano a dimostrare di aver pagato in più rispetto a quello che sarebbe stato il prezzo formato in libera concorrenza.

La memoria corre subito, ad esempio, al caso dello scambio di informazioni tra le compagnie di assicurazione sui premi di polizza RC Auto che

11 Il comma 6 del 140 bis prevede che il tribunale possa “sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente”. Questa sarà certamente l’ipotesi più probabile, cioè quella che la classe di consumatori attenda una decisione dell’autorità garante preposta che abbia accertato e sanzionato un illecito antitrust per poi agire e chiedere un risarcimento del danno.

12 La legittimazione del “consumatore finale” ad esperire una azione di risarcimento del danno asseritamente patito a causa di illecito antitrust è stata affermata dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 4 febbraio 2005, n. 2207, in Foro it., 2005, 1, 1014, con nota di PALMIERI e PARDOLESI. In quella decisione i giudici di piazza Cavour che hanno riconosciuto alle Corti d’appello la competenza funzionale ex art. 33, 2° comma, l. 287/90. Ci domandiamo allora come si possa coordinare quella norma con quella dell’Azione di Classe che invece demanda la competenza ai Tribunali. Si potrebbe pertanto verificare una incongruenza ove l’azione ordinaria debba essere esercitata dinanzi alla Corte d’appello (che volutamente è giudice specializzato) mentre l’eventuale Azione di Classe dovrebbe essere esperita avanti al Tribunale.

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l’AGCM ha sanzionato nell’anno 200013. Ancora oggi vi sono strascichi delle migliaia di cause avviate dagli assicurati che pretendevano il risarcimento del danno per aver pagato un premio più elevato a causa dell’intesa. Premettiamo subito (stiamo tranquilli gli assicuratori!) che questo è un caso che oggi non potrebbe essere oggetto di una Azione di Classe, dato che i fatti “lesivi” risalgono al 1995 quindi ben prima dello spartiacque del 15 agosto 2009. In futuro però questa tipologia di violazioni potrà godere di una forma di tutela che, oltre a garantire una decisione uguale per tutti i consumatori (in quelle cause si sono registrate decisioni di accoglimento e di rigetto molto diverse a seconda della sede giudiziaria adita), avrebbe permesso di non “intasare” gli uffici giudiziari italiani (ed anche la Suprema Corte di Cassazione alla quale approdarono ed approdano tutt’oggi centinaia di ricorsi) con un netto risparmio di tempo e di denaro.

5. Stop alla reiterazione delle Azioni.

Un importante chiarimento rispetto alla vecchia norma giunge dal comma 14 che fa luce su un altro punto dibattuto da coloro che si misuravano sull’interpretazione del “vecchio” 140 bis. Ora si prevede espressamente che:

i) “è fatta salva l'azione individuale dei soggetti che non aderiscono all'azione collettiva”,

ii) “non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione ...”.

Si conferma pertanto, in linea con quanto previsto al comma 3, il sistema dell’opt-in14, ma si chiarisce espressamente che non è possibile avanzare più Azioni di Classe contro la medesima impresa e che nel caso in cui ciò dovesse accadere, le azioni dovranno essere riunite. Il tutto facendo salva la possibilità che il singolo consumatore, che non aveva preso parte all’azione, possa sempre (nel rispetto delle norme sulla prescrizione) agire individualmente secondo gli

13 In Boll. n. 30 del 14 agosto 2000, pp. 5-73.

14 Opt-in e opt-out identificano le due diverse modalità per l’individuazione dei soggetti coinvolti nell’azione: nel primo caso (opt-in) gli effetti (positivi o negativi) dell’azione si estenderanno solo verso coloro che hanno espressamente deciso di aderire all’azione di classe, nel secondo caso (opt- out), tipico della Class Action americana, tutti coloro che fanno parte di una medesima classe (che dovrà pertanto essere ben delimitata dal giudice) subiranno o beneficeranno degli effetti dell’azione salvo che non abbiano espressamente e preventivamente manifestato la volontà di

“uscire” dalla procedura.

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ordinari meccanismi procedurali.

Va da sé che l’adesione all’Azione di Classe “comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo”

(comma 3), salvo quanto previsto dal comma 15 e cioè che “le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito”.

6. Ulteriori cenni sulla procedura. Effetti della sentenza.

In questa sede non possiamo addentrarci sulla procedura che viene delineata nei commi 4 e seguenti dell’art. 140 bis. Ci limitiamo ad illustrare qualche punto che riteniamo essere di particolare importanza rimandando alla lettura della norma per i dovuti approfondimenti.

Intanto ci sembra il caso di osservare che il legislatore ha inteso (sulla scia di quanto ha già fatto con l’introduzione del “procedimento sommario di cognizione”, art. 702 bis c.p.c.) lasciare una certa autonomia procedurale al giudice che si troverà a dover portare avanti una Azione di Classe15. Quale Giudice? Competente è il “tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa” (comma 4)16. La domanda si propone poi con citazione da notificare anche al Pubblico Ministero (“il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità).

Altro aspetto rilevante è che nella nuova azione è stato previsto un

“filtro all’ingresso”17, cioè il giudice, all’esito della prima udienza, dovrà dichiarare l’ammissibilità o meno della domanda. Questa dovrà essere dichiarata inammissibile:

i) “quando è manifestamente infondata”, ii) “ quando sussiste un conflitto di interessi”,

15 In proposito si richiama il comma 11 dell’art. 140 bis ove il giudice, “con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e sollecita gestione del processo. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”.

16 Si rimanda alle perplessità sopra esposte nella nota 15 nel caso si tratti di una Azione basata su un illecito antitrust. Rimarchiamo infatti un contrasto tra il citato comma 4 e l’art. 33, 2° comma, l.

287/90.

17 Un pò come accade con la Certification order della Rule 23 statunitense.

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iii) “quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2”,

iv) “quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe”.

Se il giudice dichiara ammissibile la domanda pronuncia una ordinanza con la quale:

i) “fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità”;

ii) “definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione;

iii) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell'attore, sono depositati in cancelleria” (comma 9).

La definizione della “classe”, quindi la specificazione di quali debbano essere gli elementi e i criteri da utilizzare per ammettere o meno i consumatori \ utenti alla partecipazione all’Azione18, è una delle attività più delicate che il legislatore ha riservato al giudice, pur trattandosi di una Azione basata sull’opt- in19. Una corretta e chiara individuazione di questi criteri permetterà infatti al giudice di escludere in modo immediato tutte quelle domande che vengono avanzate da soggetti che non presentano “diritti individuali omogenei”, mentre ove questi criteri lascino dei margini di discrezionalità si potranno poi avere degli effetti negativi sui tempi del processo dato che il giudice, di volta in volta, dovrà analizzare la specifica domanda rallentando il processo.

In seguito il giudice dovrà disporre, con una larga discrezionalità garantitagli dal legislatore, le modalità di prosecuzione del giudizio al termine del quale il tribunale:

i) “pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all'azione” o

18 Che sarà parte importante del contenuto della pubblicità perchè il destinatario della stessa deve facilmente riconoscersi nella fattispecie e capire subito se può far parte della classe o meno.

19 Ancor più gravoso sarebbe il compito con un sistema di opt-out, infatti in quel caso la delimitazione della classe ha effetti diretti su tutti i componenti della classe che non dichiarino espressamente di non aderire.

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ii) “stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme”.

iii) “In caso di accoglimento di un’azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate”.

Si abbandona pertanto la vecchia impostazione che prevedeva una doppia fase di giudizio (prima l’accertamento del se e del come era dovuto il risarcimento per poi demandare ad un nuovo giudizio l’attribuzione ai singoli dell’ammontare del danno da liquidare) per una più celere definizione delle vertenze con una sentenza che potrà essere di due tipi:

1) una sentenza di condanna al risarcimento del danno da quantificarsi da parte del giudice in via equitativa (art. 1226 c.c.), con l’effetto che si esclude la possibilità di entrambe le parti di far accertare (e quindi di aprire un contraddittorio sul) quantum debeatur. Questa imposizione di una decisione in

“equità necessaria” potrebbe avere l’effetto di snellire la procedura, anche se è facile immaginare che possa comportare delle decisioni di condanna anche ove un danno non sia stata effettivamente patito (o sia stato patito in misura diversa) dal consumatore.

2) Una sentenza che, pur sempre definibile di condanna, fissi criteri automatici di calcolo per quantificare il danno. Ipotizziamo si tratti di decisioni che stabiliscano un danno pari ad una data percentuale del prezzo pagato (rimborso del 20% del prezzo) o in misura fissa per ogni singola prestazione resa dall’impresa soggetta alla procedura. Non siamo pertanto di fronte a una mera decisione di accertamento visto che i criteri di calcolo sono prestabiliti e non modificabili e per questo non si dovrà ricorrere nuovamente al giudice per la loro determinazione. Tali calcoli matematici potranno infatti essere eseguito dalla stessa impresa che, come vedremo, ha interesse a liquidare le somme entro 180 giorni dalla decisione o dallo stesso consumatore ove debba procedere con l’atto di precetto.

3) Una terza strada è quella che si apre nel caso in cui l’Azione venga promossa nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità. In questo

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caso la decisione equitativa dovrà essere mediata e coordinata con le disposizioni previste nelle “carte dei servizi” con le quali le aziende erogatrici devono stabilire degli standard di qualità del servizio pubblico e le modalità di ristoro agli utenti nei casi in cui tali standard non vengano rispettati.

La sentenza, che vincola tutti gli aderenti (e ovviamente l’impresa convenuta) qualsiasi sia l’esito della stessa, in deroga alle regole generali della procedura civile, non è immediatamente esecutiva, lo sarà solo trascorsi 180 giorni dalla decisione. Ciò permette di incentivare il pagamento da parte dell’impresa che, ove ottemperi spontaneamente entro questo termine, andrà esente dal pagamento di “ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza” (comma 12).

Trascorsi inutilmente i 180 giorni le parti potranno agire secondo gli ordinari criteri per porre in esecuzione la sentenza.

Lasciamo al lettore l’iniziativa di approfondire gli ulteriori aspetti della procedura rimandandone la lettura alle ulteriori disposizioni contenute nell’art.

140 bis.

7. L’Azione nei confronti delle Banche.

La nuova formulazione, prevedendo la non retroattività della norma per gli illeciti compiuti prima del 15 agosto 2009, taglia fuori tutta quella parte di contenzioso che riguardava il fenomeno dei bonds in default (Cirio, Parmalat, Argentina ecc.). Ma ci si domanda da più parti cosa possa accadere per il futuro.

Crediamo che il problema dell’applicabilità della Azione di Classe alle Banche possa essere scisso in tre parti.

7.1. Con riferimento ai servizi di negoziazione di strumenti finanziari.

Un primo aspetto da considerare riguardare il caso di clienti retail in cui questi agiscano per chiedere un risarcimento del danno causato dal mancato rispetto della normativa contenuta nel TUF. In particolare tutte quelle regole volte a imporre all’intermediario i doveri di diligenza, correttezza e trasparenza (art. 21 TUF) nell’esercizio della propria attività. Ora, non crediamo che, quand’anche si potesse ipotizzare una violazione degli obblighi di informativa comune ad un certo gruppo di clienti, questo sia sufficiente per superare il primo controllo di ammissibilità dell’azione. Questo perchè la violazione dell’informativa, perchè

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possa comportare una responsabilità dell’intermediario, deve sempre essere rapportata alla situazione particolare nella quale si trova ogni singolo cliente, valutando la violazione con riferimento, ad esempio, al grado di esperienza in materia finanziaria, al portafoglio del cliente, alla propensione al rischio anche in rapporto alle precedenti esperienze di investimento. In altre parole, non si potrà mai avere una classe omogenea di diritti lesi perchè, anche a fronte di una violazione (comune) delle norme di informativa, occorrerà sempre verificare, caso per caso, se esista un nesso causale tra tale violazione e il danno per il quale il cliente pretende il risarcimento.

Diverso potrebbe essere il caso della fattispecie prevista dall’art. 100 bis del TUF. Ove si dovessero ripresentare casi (come quelli citati sopra) ove vengano venduti prodotti finanziari oggetto di operazioni di collocamento riservate ad operatori “qualificati” (con tutte le specifiche che la norma prevede) a clienti che “qualificati” non sono, siccome qui non rileva la posizione “personale”

del singolo cliente, ma solo la violazione di una norma che prevede il divieto di vendere questi prodotti, crediamo che si possa ragionevolmente ammettere una Azione di Classe. Si tratterebbe infatti di un esercizio da parte di una classe di soggetti che chiede la restituzione del denaro investito (male) sulla base della medesima violazione di legge (identico fatto costitutivo).

Una ulteriore ipotesi potrebbe delinearsi nel caso in cui l’investitore lamenti un danno causato da un prospetto informativo incompleto o inveritiero. Il cliente sarebbe pertanto indotto in errore dalla falsità del prospetto informativo ed il danno deriverebbe dalla perdita di valore degli effetti che non avrebbe comperato ove avesse avuto un corretta prospettazione del rischio (negli Stati Uniti queste posizioni sono tutelate dalle Securities Class Actions20).

Crediamo che in questo caso ben si possa sostenere che il comportamento dannoso dell’intermediario sia antecedente alla stipulazione del contratto di acquisto dei prodotti finanziari, quindi, volendo semplificare, si tratterebbe di una responsabilità extra contrattuale che non rientra pertanto nelle ipotesi tassative della nuova Azione di Classe. Resta pur sempre la possibilità che la falsità del prospetto informativo venga vista come una “pratica commerciale

20 Si rimanda anche in questo caso a FRIGNANI, VIRANO, op. cit.

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scorretta”, quindi azionabile sotto questo diverso profilo.

7.2. Con riferimento ai contratti bancari.

I contratti bancari, rientrando come tipologia tra quelle previste dal comma 2, lett. a) dell’art. 140 bis, potranno dar luogo ad Azioni di Classe. Sempre volgendo lo sguardo al passato (ante 15 agosto 2009, quindi non più tutelabile con questa forma di Azione) si può ad esempio ricordare come l’illegittimità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, che diede avviso a diverse azioni contro le banche, oggi avrebbe potuto generare una Azione di Classe. E così per il futuro nel caso in cui il contratto “standard” preveda clausole poi rivelatesi illegittime (si pensi ad un contratto che preveda ancora la commissione di massimo scoperto), tutti i sottoscrittori potranno unirsi ed avanzare una Azione di Classe per ottenere il risarcimento di un danno che, come vedremo, potrà anche essere liquidato equitativamente, quindi anche in assenza di prova del quantum debeatur.

7.3. Banche, pratiche commerciali scorrette e comportamenti anticoncorrenziali.

Il campo di azione dei consumatori \ utenti delle banche può non trovare limiti nella casistica riguardante le pratiche commerciali scorrette. Ogni qual volta ci si trovi dinanzi a un messaggio pubblicitario che induca in modo ingannevole il cliente ad acquistare un determinato prodotto (bancario) o, dopo l’acquisto, a non permettere l’esatto esercizio dei diritti nascenti dal contratto, si potrà attivare una Azione di Classe per la tutela dei diritti omogenei lesi. Lo stesso dicasi ove gli istituti bancari siano incappati in condotte lesive della libera concorrenza (cartelli sui prezzi, scambi di informazioni ecc.) che abbiano potuto creare un danno nei

“contratti a valle” stipulati dagli utenti.

8. Conclusioni.

Abbiamo velocemente passato in rassegna la nuova Azione di Classe che meriterebbe di essere maggiormente approfondita su diverse problematiche interpretative sulle quali si dovranno misurare i legali delle parti e i magistrati aditi. Dal primo di gennaio è facile immaginare che alcune associazioni dei consumatori faranno a gara per accaparrarsi le prime Azioni21, pur nell’incertezza

21 Su internet è facile trovare iniziative in questo senso, si veda ad es. http://www.class-action.it/ .

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e con il pericolo di incorrere negli errori tipici delle novità legislative. Certo è che le imprese dovranno vigilare, sia al loro interno, sia cercando di creare sin da subito un pool di esperti anche esterni che possano, da una parte, essere in grado di dare risposte immediate nel caso in cui si dovessero trovare a dover resistere in una Azione di Classe, onde evitare che la “sorpresa” favorisca ancor di più la controparte che, di per sè, è avvantaggiata, lo abbiamo visto, da alcune facilitazioni tra le quali quella di maggior rilievo è il “giudizio equitativo”.

Ma l’attività dovrà anche essere di tipo preventivo che tocca la

“governance” ed i metodi di attuazione del D. lgs. n. 231 del 2001. Si impone certamente un controllo, ulteriore, di tutti i contratti che vengono sottoposti agli utenti, così come si renderà necessaria una maggior attenzione sulle problematiche legali che riguardano le materie della concorrenza e dei diritti dei consumatori in generale. Ricordiamo che l’Azione di Classe è una norma procedurale e non di diritto sostanziale, sarà su questi ultimi argomenti, letti alla luce della nuova Azione che i legali interni delle imprese dovranno volgere lo sguardo per evitare di incappare in cause che, essendo addirittura pubblicizzate per ordine di un giudice, potranno raccogliere molte più adesioni rispetto al passato convincendo anche quei soggetti che altrimenti non si sarebbero mai spinti a “far causa”. Torniamo a dire: le norme in materia di pratiche commerciali scorrette, di concorrenza e di tutela dei consumatori andranno “rilette” con grande attenzione e non semplicemente “sfogliate”.

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